Colloqui intimi: nulla di cui scandalizzarsi di Elton Kalica Ristretti Orizzonti, 26 novembre 2013 Recentemente "The Economist" ha dedicato un articolo ai colloqui intimi in carcere intitolandolo, No laughing matter, che significa "Non c'è nulla da ridere". È curioso, ma il titolo risponde probabilmente alla reazione che l'opinione pubblica ha su questo argomento in America e in Inghilterra. Vale a dire che, quando un giornale parla di colloqui intimi in carcere, il rischio è quello di suscitare nel lettore una risata. Ovviamente il tema è serio, e il giornale - che sulla questione penale ha sempre avuto una posizione progressista schierandosi contro la pena di morte e appoggiando progetti di riforma dell'attuale sistema penale - esprime già la sua posizione critica con il sottotitolo "Sempre più carceri consentono i colloqui intimi, a parte la Gran Bretagna e l'America". Pratica insolita recensire un articolo, ma leggere altri che scrivono le stesse cose che noi diciamo da anni, fa sentire meno soli in questa nostra battaglia per introdurre i colloqui intimi in Italia. Sulle pagine di Ristretti abbiamo raccontato di posti dove i colloqui intimi ci sono già, come Svizzera, Spagna, Russia, Albania e Kazakhstan. E visto che The Economist ci ricorda oggi come in Arabia Saudita e in Iran ci sono i colloqui intimi per i detenuti sposati, e come più recentemente, il Qatar ha mostrato le villette all'interno del "Central Prison" dove i detenuti potranno ricevere visite prolungate di moglie e figli, così come la Turchia ha fatto entrare le telecamere a riprendere le quattro stanze matrimoniali arredate all'interno del carcere di Mus, credo che valga la pena recensire un articolo di poche migliaia di battute. Credo che l'esempio dei colloqui intimi nei paesi musulmani sia importante anche per l'Italia cattolica, perché significa che si può fare ovunque. Gli esempi sono tanti. Così l'articolo ci ricorda come molti Paesi permettono le visite anche a detenuti non sposati, e altri ancora sono andati oltre, come Costarica, Israele e Messico che hanno esteso i colloqui intimi anche a partner dello stesso sesso. Negli Stati Uniti invece solo cinque Stati consentono le "conjugal visits", mentre la Gran Bretagna no. Il dibattito sintetizzato da The Economist riporta alcune posizioni, come quella di un funzionario del Dipartimento in Ohio che sostiene di non permettere i colloqui intimi per evitare la diffusione di malattie e di gravidanze, quella di Chris Hensley, un criminologo dell'università di Tennessee, che assegna una connotazione deviante anche alla stessa frase "conjugal visits". L'inglese Paul Nuttall, parlamentare europeo, scarta invece ogni tipo di studio sull'affettività in carcere definendolo uno spreco e "denunciando" che le carceri sono già come dei "campi di riposo" invece che dei luoghi di punizione. Un argomento simile a quello del nostro ex-ministro Castelli, che aveva definito le carceri italiane degli "alberghi a 5 stelle". Eppure, ricorda The Economist, molte ricerche suggeriscono che i colloqui intimi non solo riducono la violenza in carcere, ma riducono la recidività anche dopo il carcere, in quanto aiutano a mantenere i legami familiari. In Canada i detenuti possono fare, ogni due mesi, un colloquio che può durare fino a tre giorni, dove possono entrare coniugi, partner, figli, genitori e persino i suoceri. Insomma un sistema dei colloqui come quello canadese è considerato anche dall'Economist come un esempio di progresso perché assegna maggior valore ai colloqui intimi, come descritto anche dalla compagna di un uomo detenuto in Canada: "Cuciniamo insieme, giochiamo a carte, a bingo, e siamo una famiglia... I bambini imparano a conoscere il loro padre". "I colloqui", confessa il detenuto, "ci fanno sapere che là fuori c'è ancora qualcuno che si preoccupa di noi". Se i colloqui intimi sono un privilegio per alcuni Stati americani, ai detenuti negli altri Stati rimane la speranza che le cose cambino se arriva un governo diverso. In Italia invece è difficile fare previsioni. Le proposte di legge sull'affettività in carcere sono state tante (Folena, Pisapia, Manconi, 1997; Boato, 2002; Malabarba, 2006; Amalia 2010; Della Seta e Ferrante, 2012) e quando c'è stata la prima proposta di legge, il tema dei colloqui intimi non ha provocato risate, ma ha suscitato scandalo. I giornali hanno parlato di celle a luci rosse, oppure di sesso libero in galera: un surreale ritorno alle reazioni clericali (il sesso fuori dalle mura domestiche come peccato) e conservatrici (il sesso come lusso che non si deve concedere a ladri e assassini). Tuttavia sembra che si respiri una nuova aria per quanto riguarda i diritti dei detenuti, soprattutto perché l'Italia è stata condannata più volte da Strasburgo. E allora, la nostra convinzione è che oggi si possa parlare di affettività o di sessualità in carcere dicendo agli italiani "non c'è nulla di cui scandalizzarvi!". E intanto speranzosi aspettiamo di vedere che, tra le varie riforme messe in atto dal Governo per rendere il sovraffollamento più sopportabile, ci sia anche l'apertura dei colloqui. A Padova domenica scorsa, dopo ripetute richieste della nostra redazione, si è sperimentato un primo colloquio prolungato, dove nella palestra del carcere alcuni detenuti hanno potuto trascorrere qualche ora con i propri cari, fuori dalla solita stanza e senza il solito cronometro delle sei ore mensili. La palestra si prestava bene anche alla corsa dei bambini, che per una volta si sono visti i padri lanciarsi al loro inseguimento, senza dover adempiere all'esigenza di compostezza dettata dalla sala colloqui. Tuttavia, sarebbe tutto più dignitoso se si potesse stare in un luogo intimo, lontano dagli occhi degli altri, e poter essere genitori o figli, amici o amanti, per una notte intera. Giustizia: carceri più aperte, per diminuire i reati di Gianluca Amadori Il Gazzettino, 26 novembre 2013 Carceri più aperte; più lavoro e attività per i detenuti; maggior ricorso alle pene alternative. Se ne parla da anni, ma ben poco (o quasi nulla) è stato fatto finora per affrontare in maniera concreta la questione del sovraffollamento dei penitenziari e, più importante ancora, per cercare di trasformare davvero la pena in uno strumento di rieducazione. Ben vengano, dunque, i progetti del ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri, la quale ha recentemente annunciato l'aumento delle ore d'aria e delle occasioni di lavoro in carcere. Non è questione di buonismo. Le statistiche parlano chiaro: nei penitenziari più "aperti" dove i detenuti sono impegnati in varie attività, diminuisce il numero di recidive. Ovvero la persona che esce dal carcere si trova più difficilmente a commettere altri reati. E lo stesso accade grazie all'utilizzo delle misure alternative e dei vari benefici, dai permessi alla semilibertà. Sbaglia due volte, dunque, chi ritiene necessario - e non sono pochi - gettare la chiave dopo aver chiuso in cella chi ha commesso un reato. Sbaglia non soltanto dal punto di vista umano (in quanto ogni persona ha diritto ad essere trattata con dignità e rispetto, come dice la Costituzione), ma anche dal punto di vista più utilitaristico: più un detenuto è trattato male, tenuto in celle anguste e sovraffollate, senza alcuna concreta occasione di reinserimento nella socità, più è pericoloso per gli altri. Una lezione in questi senso ci arriva da Padova, uno dei penitenziari all'avanguardia in Italia. Al Due Palazzi numerosi detenuti hanno la possibilità di lavorare e un gruppo ha messo in piedi, assieme alla collaborazione alcuni volontari, perfino una rivista - Ristretti Orizzonti - che si occupa dei temi della giustizia e della pena e che, nel corso degli anni, è diventato un punto di riferimento perfino per il ministero della Giustizia, alla luce dell'approfondimento che riserva ai dati e alle statistiche sul tema. Dal carcere i detenuti incontrano spesso anche gli studenti per raccontare i loro errori; per spiegare che la società non è divisa rigidamente in "buoni" o "cattivi"; per invitarli a stare attenti perché può capitare a tutti un giorno di sbagliare e di ritrovarsi improvvisamente dall'altra parte. Da dietro le sbarre, al Due Palazzi, ci sono storie che meritano di essere raccontate: dall'ex spacciatore tunisino che è diventato un grande pasticcere, al giovane albanese che, scontando una dura condanna per sequestro di persona si è laureato e, ora che è tornato uomo libero, ha deciso di restare in carcere come volontario per aiutare gli altri. Le esperienze positive dei penitenziari più "illuminati" devono diventare di esempio e di modello: solo così si potrà affrontare (e risolvere) l'emergenza carceri in Italia. Giustizia: carceri e volontariato... ma non sminuiamo le professionalità di Bruno Contigiani Il Fatto Quotidiano, 26 novembre 2013 Anna Maria Cancellieri, non poteva mancare al Convegno "Più sicurezza, più gratuità, meno carcere" organizzato a Milano dalla Sesta Opera San Fedele, per il novantesimo anniversario della nascita. Dopo le sentenze Torreggiani e Sulejmanovic contro Italia, accantonato il tema amnistia, la riduzione del numero dei detenuti in carcere e un maggiore grado di vivibilità sono i nuovi cogenti obiettivi del Ministero di Grazia e Giustizia. In realtà più che lo spirito umanitario "doveroso", che ha spinto a concedere i domiciliari anche a Giulia Ligresti, a indirizzare verso una carcerazione "degna del paese che ha dato i natali a Beccaria" è il timore di incorrere in nuove pesanti sanzioni pecuniarie da parte dell'Europa. Infatti, fino ad oggi, più che Beccaria la realtà del nostro sistema carcerario ricordava Silvio Pellico. Torniamo al titolo del convegno, si tratta di un'offerta fatta da una parte autorevole del volontariato legata alla Chiesa (lato Gesuiti) basata sull'assioma che un aumento della gratuità, letta come fiducia da parte della società civile verso chi ha commesso un reato è in grado di innestare un circolo virtuoso, con meno delinquenza, meno recidive (si eviteranno le cosiddette porte girevoli) e le carceri saranno meno affollate, anche grazie al ricorso a pene alternative. La nuova carcerazione "dinamica" con celle aperte per almeno 8 ore al giorno, corsi di formazione, sport, cultura, assistenza famigliare, prevede anche carceri a tema (tutti i sex offender riuniti, sic) e una cancellazione degli Opg (gli ospedali psichiatrici giudiziari, quelli che si sa quando si entra ma non quando si esce), con una redistribuzione di chi ha problemi psichici in poli Regionali. Queste novità, bellissime nelle intenzioni della Guardasigilli e degli organizzatori del San Fedele di Milano, hanno un punto di forza e di debolezza proprio nel concetto di gratuità, riferito al volontariato, che dovrebbe offrire la propria opera gratuitamente. Una tendenza quanto mai à la page, che nelle istituzioni, centrali e locali, ma anche nelle aziende con il lavoro non pagato camuffato da stage, sta prendendo sempre più piede. Per una serie di motivi storici e culturali, non ultima la prevalenza delle organizzazioni cattoliche nel terzo settore, da noi, lavoro volontario continua a essere sinonimo di gratuito, di non profit senza profitto. Cosa che non accade in molte altre parti del mondo, dove spesso i volontari hanno diritto a una paga, se non di essere qualificati come social worker, e dove le imprese sociali (quante sono da noi?) offrono lavoro e redistribuiscono gli eventuali profitti. In qualità di volontario spero in un cambiamento di rotta, almeno per non fare discriminazioni tra chi si può permettere di lavorare gratis e chi no, e poter avere sempre maggiori professionalità a disposizione del sociale, perché non sempre serve solo scodellare riso. Giustizia: alla Camera riforma custodia cautelare e relazione su messaggio Napolitano 9Colonne, 26 novembre 2013 Potrebbe essere approvata già questa settimana in Commissione Giustizia la riforma della custodia cautelare, soprattutto se i relatori Rossomando (Pd) e Sarro (Fi) completeranno l'esame dei circa 60 emendamenti (più i subemendamenti presentati alle loro otto proposte) che, secondo lo stesso Sarro, sarebbero "animati da una logica comune". L'obiettivo è dunque quello di arrivare ad un accordo su testo il più possibile condiviso. Previsto anche il voto sul primo decreto correttivo della riforma della geografia giudiziaria (eventuali richieste dei deputati su altre situazioni particolari, ha spiegato il sottosegretario Berretta, verranno tenute in considerazione in un secondo decreto) e della relazione da trasmettere all'Assemblea sul messaggio inviato alle Camere dal Presidente della Repubblica sull'emergenza carceri. Tre i documenti presentati: quello della maggioranza, semplicemente istruttorio sui vari argomenti toccati dal Capo dello Stato, e quelli di M5S e Lega, che contengono invece delle indicazioni politiche, compreso il secco no a qualsiasi ipotesi di amnistia o indulto. Prosegue poi il dibattito, avviato nelle scorse settimane, sulle proposte di legge su emersione alla legalità e tutela dei lavoratori delle aziende confiscate alla criminalità organizzata, responsabilità civile dei magistrati e introduzione del reato di depistaggio, cui si aggiunge un ddl del Pd per l'istituzione della direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e delle direzioni distrettuali antiterrorismo. Domani, martedì 26, nuova tornata di audizioni sulla riforma dei reati ambientali: previsti gli interventi di rappresentanti di Confindustria, di Vincenzo Paticchio, Comandante del Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente) e di Raffaele Piccirillo, presidente del Gruppo di studio per l'individuazione di strategie e priorità politiche per l'analisi, la revisione e l'attuazione della normativa in materia di tutela dell'ambiente. Giustizia: Ospedali Psichiatrici Giudiziari, un tour per dire "basta" di Michele Sasso L'Espresso, 26 novembre 2013 Nel 1978 i "matti" di Franco Basaglia costruirono un cavallo per sfondare i cancelli dei manicomi. Ora la stessa scultura ha fatto il giro di 18 città. Per continuare la campagna contro gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, che avrebbero dovuto essere smantellati entro marzo. Ma resteranno in piedi almeno fino al prossimo aprile. Con le mille persone che vi sono ancora rinchiuse. Un cavallo di cartapesta per chiedere la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, i famigerati Opg. Il sogno dell'innovatore della salute mentale Franco Basaglia è ancora lontano, così gli organizzatori di stopopg.it si sono inventati il "Viaggio di Marco Cavallo". Uguale a quello azzurro, alto quattro metri, che quarant'anni fa sfondò il muro di cinta del manicomio di Trieste, seguito da centinaia di ricoverati, diventando il simbolo della loro liberazione. Nonostante la legge che nel 2011 ne ha stabilito la chiusura, i sei Opg italiani infatti sono ancora in funzione: l'ennesima proroga ha spostato l'addio ai reparti ad aprile 2014. Così, ancora adesso, oltre mille persone restano internate, rinchiuse in luoghi che rappresentano "un oltraggio alla coscienza civile del nostro Paese, per le condizioni aberranti di vita", denunciano dal comitato nazionale che riunisce decine di associazioni in tutta Italia, dalla Cgil all'Auser, fino a Gruppo Abele e Arci. Il viaggio: 18 città per un cavallo Il sistema repressivo è il contrario della terapia per i "matti". Per questo motivo Marco Cavallo continua il suo galoppo verso l'inarrestabile processo di cambiamento, in sella alla Legge 180. Partito il 12 novembre dal Parco di San Giovanni dove è iniziata la rivoluzione di Basaglia, il tour-cavalcata ha toccato ex manicomi, università, teatri, sedi di sindacati e associazione fino all'incontro a Roma con il presidente del Senato Piero Grasso il 21 novembre: "Sono particolarmente lieto di poter accogliere oggi questo cavallo di legno e cartapesta, simbolo di una battaglia iniziata nel 1973 e che, pur tra tante difficoltà, ancora continua". Rimesso in piedi con i resti dell'originale, ha macinato 3.400 chilometri per fare cortei e spettacoli teatrali, reading e incontri in diciotto città piccole e grandi. Al Campus Einaudi con centinaia di studenti dell'Università di Torino, in Liguria all'ex ospedale psichiatrico di Quarto per chiedere che quel posto abbandonato rinasca come polo socio sanitario e centro culturale. Fino in Sicilia nell'inferno dell'Opg di Barcellona Pozzo di Gotto per incontrare gli internati e il mondo che gli sta intorno. Il finale al Palazzo Reale di Milano (il 25 novembre) passando dal rinato ex ospedale psichiatrico Paolo Pini diventato ostello, ristorante e orto comunitario. Fermi al secolo scorso Il viaggio di Marco Cavallo ha un obiettivo: chiudere, per sempre, gli Ospedali psichiatrico-giudiziari, reparti fuori legge in cui vengono reclusi gli autori di reato che il giudice abbia stabilito esser "incapaci di intendere e di volere". Persone ammalate che negli Opg finiscono per aggravare le proprie sofferenze: "La condizione di cattività e costrizione tipica dei manicomi rende impossibile la cura: perché sono luoghi in cui la persona perde la propria dignità. In carcere si vive ai limiti della sopportazione e ci si smarrisce. Figuriamoci ad una persona quanto può far male a una persona che soffre di disagio psichico marcire tra quattro mura", attacca Stefano Cecconi del comitato Stop Opg. "Come è possibile che dopo la legge 180 siamo ancora a questo punto?" si interrogano dal comitato StopOpg. Oltre seicento detenuti potrebbero uscirne fin da ora, ma vengono trattenuti anche al termine della loro pena. Il motivo? Spesso succede perché non c'è nessuno in grado di prendersene cura e allora meglio tenerli dentro. Lo sostiene anche la Commissione parlamentare di inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del Servizio sanitario nella relazione finale dello scorso gennaio: "Le persone che hanno cessato di essere socialmente pericolose devono essere senza indugio dimesse e prese in carico, sul territorio, dai Dipartimenti di salute mentale". Uomini e donne che potrebbero tornare a vivere perché hanno scontato la pena, come gli altri detenuti, ma continuano a vivere dietro le sbarre. Poi ci sono quelli che potrebbero godere delle misure alternative, al pari degli altri reclusi, per iniziare il loro difficile cammino di ritorno nella società. Praticamente impossibile per i malati di mente. Così rischiano di decadere persino le indicazioni della Corte Costituzionale, che con due sentenze (nel 2003 e 2004) ha dichiarato possibile e necessario svolgere la misura di sicurezza fuori dall'Opg, per rispondere al bisogno di cura delle persone con soluzioni adeguate, che i centri di detenzione non garantiscono. È stata persa, ricordano le associazioni, anche l'occasione di mettere mano alla legge che alimenta i nuovi ingressi nei reparti psichiatrico-giudiziari. Occorre modificare alla radice gli articoli del codice penale, altrimenti gli Opg continueranno, in qualche modo, a servire. Sono infatti gli articoli del codice Rocco che, associando "follia" (incapacità di intendere e di volere) a "pericolosità sociale", hanno mantenuto in vita un canale "parallelo e speciale" riservato ai malati di mente. Com'era con i manicomi prima della legge Basaglia. Pronti all'ennesimo rinvio? La soluzione sarebbe facile: l'apertura di centri di salute mentale attivi giorno e notte. "Se vuoi chiudere devi fare qualcosa che garantisca assistenza" continua Cecconi: "invece stanno facendo una porcata: la costruzione di piccoli Opg regionali". Le Regioni infatti caldeggiano la creazione di nuove strutture, grazie anche ai fondi stanziati dal ministero della Salute. Entro il 30 novembre il compito di scrivere i programmi per le nuove strutture e mettere a punti i percorsi terapeutico-riabilitativi. Ma la road map arranca come ha confermato in Parlamento il sottosegretario alla Salute Paolo Fadda: "Anche per le Regioni più efficienti sarà quasi impossibile rispettare il termine previsto dalla norma". Tradotto significa l'ennesimo rinvio. E l'incubo Opg di taglia regionale si avvicina. Invece di sei grandi strutture una quarantina di mini-carceri. Con un paradosso: più posti di quelli attuali. Solo in Piemonte si spenderanno 12 milioni di euro per costruire due residenze con 70 posti, più degli attuali internati presenti in regione. Anche a Reggio Emilia sono stati indirizzati oltre 9 milioni di euro dal Ministero della Salute e altri 525mila staccati dalla Regione Emilia Romagna. Sono i fondi che il Governo Monti ha stanziato: 174 milioni di euro. Per il solo 2012 sono 117 milioni e 57 per l'anno seguente "finalizzati alla realizzazione e riconversione delle strutture, mentre lo stanziamento per il loro funzionamento e per l'adeguamento del personale ammonta a 38 milioni per il 2012 che saliranno a 55 milioni annui a partire dal 2013". Una montagna di soldi per continuare con la logica del manicomio. Giustizia: Majorino; chiusura Opg, governo aumenti risorse per centri salute mentale Adnkronos, 26 novembre 2013 No ai mini-OPG, più fondi ai centri di salute mentale come alternativa agli ospedali psichiatrici giudiziari. Lo chiede al Governo Pierfrancesco Majorino, assessore alle Politiche sociali e Cultura della salute del Comune di Milano, che oggi a Palazzo Reale ha aperto un convegno organizzato da StopOpg nell'ambito della rassegna itinerante Il viaggio di Marco Cavallo, partita il 12 novembre da Trieste e approdata in 16 città di 10 regioni. La tappa di Milano è quella conclusiva. Marco Cavallo è un grande cavallo di cartapesta azzurra alto quasi 4 metri, diventato ai tempi della legge Basaglia simbolo della chiusura dei manicomi. "La chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari - afferma Majorino - deve essere accompagnata da soluzioni rispettose della dignità e dei diritti delle persone. Per questo, anche da Milano, diciamo no ai cosiddetti mini-OPG che ripropongono la logica dell'internamento. E chiediamo che vengano potenziati i Centri di salute mentale, nei quali sviluppare inclusione sociale, lavorativa e abitativa. Il Governo deve mettere a disposizione le risorse adeguate, altrimenti tutto ricadrà sui territori che, ancora una volta, verrebbero lasciati soli ad affrontare i problemi in modo emergenziale". Giustizia: a Urbania (Pu) convegno sulle esperienze di teatro-carcere da tutta Italia Vita, 26 novembre 2013 A Urbania sabato 30 novembre e domenica 1 dicembre si tiene il convegno "I teatri delle diversità": tema portante l'esperienza teatrale inframuraria, che continua da almeno 30 anni, ma anche tanto altro. Ecco il programma. Il 30 novembre e 1 dicembre prossimi ad Urbania avrà luogo la quattordicesima edizione del Convegno internazionale su "I teatri delle diversità" promosso dall'omonima rivista fondata da Emilio Pozzi e Vito Minoia nel 1996. L' iniziativa, a cura del Teatro Aenigma - Centro Internazionale di Produzione e Ricerca all' Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo", con il Patrocinio dell'Ateneo Feltresco, promuove eventi artistici e riflessioni approfondite su diversi aspetti del Teatro di Interazione Sociale. In questa occasione saranno presenti docenti, registi, attori e operatori che lavorano artisticamente nei luoghi del disagio valorizzando la diversità. Nelle due giornate si alterneranno momenti di spettacolo e di riflessione su esperienze artistiche e ricerche. Il tema principale sarà quello del teatro in carcere con due sessioni di lavoro: la prima dedicata alle esperienze sceniche negli otto istituti penitenziari marchigiani, a conclusione di un progetto unitario biennale con gli operatori che intervengono nei differenti contesti; la seconda, con il coinvolgimento di alcune selezionate esperienze nazionali, dopo la stipula del Protocollo d'Intesa tra il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria attraverso l'Istituto superiore di studi penitenziari (Ministero della Giustizia) e il Coordinamento nazionale teatro in carcere, organismo fondato proprio a Urbania tre anni fa e che oggi annovera al suo interno 44 compagnie da 14 Regioni italiane. Altri temi in evidenza nel Convegno saranno: il rapporto tra marionette e terapia, anche alla luce delle più recenti iniziative della Associazione francese "Marionnette et Thérapie" ed un focus di natura spettacolare su due esperienze consolidate (quelle di Néon Teatro di Catania e Stalker Teatro di Torino, entrambe con un curriculum trentennale) e molto rappresentative del campo dei Teatri delle diversità, oggetto di riferimento per gli studi innovativi promossi dalla Rivista omonima che gode di sempre maggiore credibilità in ambito accademico internazionale. Il Convegno si apre a conclusione dello spettacolo "Nessuno escluso" di Néon Teatri per le scuole di Urbania programmato alle ore 9.00 di sabato 30 novembre. Dopo i saluti delle autorità previsti alle 10.15, l'intera mattinata è dedicata al Progetto regionale di Teatro in carcere nelle Marche con interventi di Cooperativa Koinema, Fondazione Teatro delle Muse, Associazione teatrale Sassi nello Stagno, Teatro Aenigma, Compagnia teatrale Art'ò, Compagnia teatrale La Pioletta, Associazione LaGrù, Associazione Teatroaponente, Simone Guerro. Nel pomeriggio sono previste due tavole rotonde: la prima dedicata a marionette e burattini, coordinata dal maestro di fama internazionale Mariano Dolci, docente a contratto di Teatro di Animazione all'Università di Urbino, sulle valenze educative e terapeutiche dei pupazzi animati in diverse esperienze narrate da esperti italiani come Corrado Vecchi e Rosario Perricone; la seconda, dal titolo "Le poetiche degli artisti nelle attività di gruppo" sarà condotta da Valeria Ottolenghi, esponente del direttivo della Associazione Nazionale dei Critici di Teatro, e darà conto, attraverso le testimonianze degli operatori, delle esperienze di teatro in carcere recentemente condotte a Vigevano, Padova, Saluzzo, Venezia e Bamenda (Camerun) da Mimmo Sorrentino, Maria Cinzia Zanellato, Grazia Isoardi di Voci Erranti, Michalis Traitsis di Balamòs Teatro, frate Stefano Luca. Ancora un doppio appuntamento a conclusione di serata al Teatro Bramante con la replica dello spettacolo "Nessuno escluso" di Nèon Teatro (regia di Monica Felloni, direzione artistica di Piero Ristagno), al quale è stato assegnato il "Premio Teatri delle diversità 2013" (in collaborazione con l'Associazione Nazionale dei Critici di Teatro) e la performance "Action" di Stalker Teatro, direzione artistica di Gabriele Boccacini. La sessione domenicale si aprirà alle 10 con gli interventi del regista fiorentino Francesco Gigliotti, insieme ad alcuni allievi del Teatro Universitario Aenigma su "Studio sulle tecniche performative delle maschere e del recitare all'improvviso" e di Yosuke Taki (regista e studioso giapponese) su "Rigenerare il Kyogen con la linfa della Commedia dell'Arte". Quello del confronto e della contaminazione tra le Tradizioni ed i linguaggi teatrali è uno degli orizzonti che la Rivista ha sempre volentieri esplorato in chiave interculturale. A seguire una riflessione sul poema "Profezia" di Pier Paolo Pasolini a cura del professor Peter Kammerer con il coinvolgimento dell'attrice Graziella Galvani e di studiosi e testimoni del pensiero dell'intellettuale friulano (Angela Felice, Paolo Garofalo, Mirella Pol Bodetto). Si tratta in questo caso della prima iniziativa del Centro Studi "Catarsi-Teatri delle diversità Emilio Pozzi", in forma di anticipazione sui temi del XV Convegno della rivista (Urbania, novembre 2014). Per tutta la durata del Convegno nella Sala Volponi "Percorsi interiori" -Teatro in Carcere mostra fotografica di Franco Deriu sul lavoro del Teatro Aenigma nella Casa Circondariale di Villa Fastiggi a Pesaro. La manifestazione, ideata e coordinata da Vito Minoia, studioso di Teatro educativo e inclusivo e direttore della Rivista europea Teatri delle diversità, è Patrocinata dall'Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo", dalla Provincia di Pesaro e Urbino (assessorato alle politiche culturali) Patrocinata e sostenuta dalla Regione Marche (Assessorato alla cultura), dal Ministero dei Beni, Attività Culturali e Turismo (Dipartimento generale dello spettacolo dal vivo) e da altri Enti, Associazioni di Volontariato e Cooperative del Territorio. Lettere: presto sarò scarcerato ma la libertà è un incubo di Claudio Pomes La Sicilia, 26 novembre 2013 Ho passato più tempo dentro il carcere che in libertà. Sono un detenuto da quando ero giovanissimo. Ho 47 anni, ed attualmente sono ristretto al carcere di Enna. Purtroppo, e mentre lo scrivo sorrido, tra poco sarò scarcerato. Un momento che sogno da anni, ogni giorno che passa si trasforma in un incubo. Fuori da qui, infatti, io sono solo e non so dove andare. Il carcere di Enna tra i tanti che ho girato mi ha ridato la speranza e la fiducia nella vita. Da qualche mese infatti lavoro, con quello che qua dentro chiamano art. 21, pulendo le stanze dell'amministrazione e della direzione. Dopo anni di diffidenza la fiducia che mi è stata data, sia dalla direttrice del carcere che dal capo dell'area educativa, mi hanno ridato forza. La mia vita non è stata facile. Sono stato abbandonato da piccolo e ho trascorso la mia infanzia in istituto, ho lavorato e per un periodo avevo anche aperto una piccola ditta e vivevo con una ragazza di Bergamo con la quale sognavo un futuro migliore. Purtroppo quando sbagli una volta è difficile ricominciare. Per noi è tutto più complicato e spesso la strada più facile è quella di tornare a rubare. Da 19 mesi sono ad Enna. Qui ho trovato degli operatori che mi ascoltano, che mi hanno guardato, per la prima volta, come un uomo. Lavoro e ho avuto l'opportunità di frequentare la scuola e un corso professionale di computer dove ho imparato tanto. Dentro il carcere sono al caldo, ho un pasto, ho un letto, posso lavarmi. Ma appena fuori? Quando questi cancelli si apriranno io mi troverò davanti al baratro. Non ho un lavoro, non ho una famiglia, non ho soldi, non ho una casa. Io il mio debito con la giustizia l'ho pagato e voglio cambiare vita. Vivo nel terrore perché so già che se nessuno mi aiuterà io in carcere ci tornerò presto. Si parla tanto di carceri sovraffollati, di disumanità, di disservizi, io ad Enna ho ricominciato a sorridere e vorrei poterlo fare fuori, in quella società che oltre che civile dovrebbe essere responsabile dando corso a quel reinserimento di cui tanto si parla. Attraverso le pagine di questo giornale voglio chiedere aiuto perché la vita è bella e non voglio sprecarla dentro una cella di un carcere. Veneto: il Presidente Zaia; contro criminalità leggi più incisive e nuove carceri Ansa, 26 novembre 2013 Luca Zaia chiede leggi più incisive per i malviventi e nuove carceri. "La recrudescenza della criminalità c'è - ha detto il presidente del Veneto - e i dati lo stanno a dimostrare. Non è un problema di mancanza di addetti ai lavori nelle forze di polizia. è un problema di leggi, perché i malviventi vanno puniti per bene. Perché un ladro che entra in una casa per rubare, molto difficilmente va in galera in questo Paese. E i tecnici ci dicono che quando una persona viene pizzicata a rubare, minimo l'ha fatto dieci volte prima senza mai aver avuto problemi con la giustizia". Per Zaia "bisogna inasprire le pene, non chiudere le carceri, non fare gli indulti, ma costruire nuovi penitenziari e lasciare i malviventi in galera". "Il Parlamento - ha concluso - potrebbe anche darsi un bel colpo di reni e fare leggi molto più incisive". Rovigo: nuovo Garante dei detenuti è Sebastiano Rizzioli, succede a Livio Ferrari www.rovigooggi.it, 26 novembre 2013 Diritti delle persone senza libertà, niente rinnovo per Livio Ferrari. È Sebastiano Rizzioli il nuovo Garante dei diritti alle persone private della libertà personale sul territorio di Rovigo. Succede a Livio Ferrari che se ne occupa dalla nascita del servizio nel 2008. Il sindaco Bruno Piva ha deciso di nominare quale nuovo Garante per i diritti delle persone private nella libertà personale, il rodigino avvocato Sebastiano Rizzioli, docente all'Università di Ferrara e di Rovigo e ricercatore. Con questa nomina il sindaco ha voluto "dare la possibilità ad un'altra persona, sensibile e di spessore, competente sui temi della giustizia e dei diritti, di crescere in questo tipo di servizio, così particolare e delicato". Il sindaco ringrazia il Garante uscente Livio Ferrari, per quanto ha fatto. La figura del Garante nel Comune di Rovigo è stata istituita nel 2008 con delibera di Consiglio Comunale e i suoi compiti sono definiti dallo Statuto e dal Regolamento dell'ente. Che cosa fa il Garante? Ha il compito di tutelare i diritti fondamentali riconosciuti dalla Costituzione quali il diritto alla salute, al lavoro, all'istruzione. Egli deve inoltre vigilare sul rispetto della normativa prevista dall'Ordinamento Penitenziario, dal relativo Regolamento e da tutte le norme che possano riguardare i detenuti. Il Garante, rispetto a possibili segnalazioni che giungano alla sua attenzione attraverso telefonate, e-mail, lettere, si rivolge all'autorità competente per chiedere chiarimenti o spiegazioni, sollecitando gli adempimenti o le azioni necessarie per il ripristino di diritti del detenuto eventualmente violati, o parzialmente attuati. Promuove inoltre iniziative per sensibilizzare la cittadinanza sui problemi della reclusione e su quelli successivi del reinserimento nella società civile e mantiene contatti periodici con le associazioni maggiormente rappresentative nell'ambito dell'esecuzione penale per uno scambio reciproco di informazioni e proposte. Il Garante è un organo monocratico che svolge le sue funzioni in piena autonomia e indipendenza; deve però riferire al Sindaco, alla giunta, al consiglio comunale, sulla attività svolta e sulle iniziative intraprese, sui problemi insorti o irrisolti, presentando apposita relazione annuale. Savona: detenuto in semilibertà muore in incidente stradale a Cairo Montenotte www.rsvn.it, 26 novembre 2013 Il cadavere di un uomo carbonizzato è stato trovato a bordo di un furgone in località Vignaroli a Rocchetta di Cairo verso l'ora di cena. Secondo quanto accertato dai carabinieri l'uomo, un sessantenne in regime di semi libertà, al volante del mezzo avrebbe urtato contro un ostacolo trovato lungo la strada. Il furgone, come impazzito e senza controllo, si è ribaltato. L'uomo che si trovava a bordo vi è rimasto incastrato dentro l'abitacolo ed è morto nel successivo incendio. È stato un passante, dopo aver visto del fumo in zona, ad avvertire i vigili del fuoco e quindi i carabinieri. Quando i soccorritori sono arrivato sul posto ormai non c'era praticamente più nulla da fare. Hanno fatto la macabra scoperta e segnalato l'accaduto al magistrato di turno. Inevitabile in questi casi l'autopsia per poter chiarire meglio ogni aspetto della tragedia. Ancona: Popolari per Jesi; incontro sulle condizioni di vita nelle carceri italiane www.viverejesi.it, 26 novembre 2013 Venerdì 29 novembre 2013, alle ore 18.00, l'Associazione "I Popolari per Jesi" organizza un incontro pubblico su "Le condizioni di vita nelle carceri italiane: richiami internazionali, scadenze e prospettive di riforma". Relatore sarà l'avv. Samuele Animali, presidente di Antigone Marche, già garante dei detenuti, dei minori e difensore civico della Regione Marche. Introdurrà l'Avv. Ernesto Caprari, presidente dell'Associazione "I Popolari per Jesi" e modererà il Dott. Giorgio Berti, assistente sociale del Ministero della Giustizia. L'incontro, che si terrà a Jesi, presso Area 18, sede dell'Associazione I Popolari, in Via Pergolesi, 8 (primo piano), servirà ad affrontare alcuni temi posti al centro dell'attuale dibattito politico e sociale nell'ottica della tutela dei diritti di tutte le persone. Saranno comunicati dati statistici, descritte alcune situazioni di non rispetto dei diritti ed inoltre sarà illustrata la posizione dell'Unione Europea su questo argomento. Poiché la questione carceri riguarda tutti si cercherà anche di capire come sia possibile affrontare questo tema in tempo di crisi. Queste saranno alcune delle domande che aiuteranno a capire ed approfondire una questione che interpella tutti ma che ancora trova tanta distrazione e risposte insufficienti. Catanzaro: reportage fotografico Uil "Lo scatto dentro, perché la verità venga fuori" www.catanzaroinforma.it, 26 novembre 2013 L'iniziativa "Lo scatto dentro, perché la verità venga fuori" della Segreteria Nazionale della Uil-Pa Penitenziari che sta interessando le carceri di tutta Italia, giovedì 28 novembre farà tappa nella Casa Circondariale di Catanzaro. Dopo aver toccato, e fotografato, le carceri di moltissime città, fra cui quelle di Trento, Firenze, Cagliari, Palermo, Venezia, Avellino, Bologna, Milano, Paliano, Pavia, Monza, Lanciano, Lecce, Bolzano, Ascoli Piceno e Lucca, giovedì sarà la volta del penitenziario del capoluogo calabrese. Gennarino De Fazio, segretario nazionale del sindacato, spiega il senso dell'iniziativa: "Giovedì - dice - insieme a Salvatore Paradiso, componente della direzione nazionale e Coordinatore Provinciale per Catanzaro, ispezioneremo i luoghi di lavoro della Casa Circondariale catanzarese e ne documenteremo lo stato attraverso un servizio fotografico. L'ambizioso "obiettivo" che ci prefiggiamo documentando lo stato di inciviltà e di degrado in cui si scontano le pene detentive è quello di contribuire alla maturazione delle coscienze sullo stringente tema penitenziario cercando di alimentare la flebile luce dei riflettori che vi sono puntati e che, nonostante l'accorato messaggio alle Camere del Presidente Napolitano, rischia costantemente di affievolirsi ulteriormente. Attraverso una quarantina di scatti fotografici, - aggiunge - renderemo uno spaccato oggettivo della Casa Circondariale di Catanzaro che non solo è il più grande ed importante carcere della Calabria, ma che con la prossima apertura del nuovo padiglione detentivo si candida a divenire anche uno dei maggiori nel Mezzogiorno e d'Italia. Certamente pure in questa occasione - sottolinea - saremo in grado di documentarne luci (poche) ed ombre (molte) e di riuscire a portare fuori dalle mura i motivi per i quali l'Italia è stata condannata e posta in mora dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo per le condizioni inumane e degradanti della detenzione". Per Salvatore Paradiso, componente della direzione nazionale del sindacato, "il carcere di Siano la cui edificazione risale agli anni ‘80 è, con ogni probabilità, da collocare nel novero delle cc.dd. carceri d'oro, presenta tutti i segni inesorabili del tempo. Difatti, oltre che con l'emergenza penitenziaria caratterizzata dal sovraffollamento detentivo e dalla penuria di risorse umane ed economiche, deve fare i conti con la decadenza della struttura. Ripetutamente negli anni e nei mesi scorsi ne abbiamo, quasi del tutto vanamente, segnalato le infiltrazioni di acqua piovana, le disfunzione alla rete idrica e fognaria, la mancanza di adeguata manutenzione e la presenza di colonie di ratti. A causa dell'assoluta esiguità dei fondi disponibili, - dice - poco incisivi sono peraltro apparsi i pur apprezzabili tentativi della Direzione di renderne più accoglienti e civili gli ambienti. Probabilmente, però, qualsiasi descrizione, per quanto dettagliata, non riesce a raccontare la realtà come potrà farlo la verità nuda e cruda che cercheremo di "imprigionare" negli scatti fotografici". Venerdì 29 dicembre 2013 alle ore 10.30, la Uilpa Penitenziari, nella sala riunioni della Casa Circondariale di Catanzaro, incontrerà gli organi di informazione per descrivere la situazione rilevata e distribuire i DVD contenenti le riprese fotografiche. Immagini che saranno in seguito disponibili anche sul sito internet www.polpenuil.it, nella sezione "Lo scatto dentro", e di cui è consentita la pubblicazione attesa l'autorizzazione preventiva richiesta ed ottenuta dal Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria. Torino: detenuti-giardinieri riqualificano il viale intitolato ad Adelaide Aglietta di Paolo Coccorese La Stampa, 26 novembre 2013 Per arrivare al carcere "Lorusso Cutugno" bisogna lasciare via Pianezza, curvare a destra e infilarsi in una striscia di cemento sormontata dagli alberi e dalle erbacce. Una "brutta strada" prima di tutto per quel senso di disordine, di sporcizia e di abbandono tipico di una angolo di periferia che, forse per la vergogna, è poco curato. Ma a pochi mesi dalla cerimonia che le ha finalmente dato un nome - oggi per tutti è via Aglietta, il viale sarà affidato ad una squadra speciale di giardinieri. Detenuti che, per la prima volta a Torino, lasceranno le proprie celle per lavorare e renderla più bella. Se la sperimentazione del progetto, che si intitola "Semaforo Verde", andrà a buon fine, potrebbe avviarsi una piccola rivoluzione per la manutenzione delle aiuole, dei giardini e dei parchi della città. Per la prima volta, infatti, con l'intesa firmata tra la direzione del penitenziario, la Casa di Carità e la Circoscrizione 5, ad un gruppo di detenuti sarà affidata un lavoro di "pubblica utilità", ovvero un intervento che prevede la sistemazione, la pulizia e l'abbellimento delle aree di verde pubblico che circondano gli edifici dell'istituto "Lorusso Cutugno". Per incominciare saranno autorizzati a lasciare la casa circondariale cinque persone scelte con un'accurata selezione. Dopo aver frequentato i corsi di giardinaggio, il gruppo dovrà rendere più accogliete via Aglietta, ripulendola dai rifiuti, tagliando le sterpaglie. E non solo. I detenuti dovranno studiare un piano di abbellimento del viale con la sistemazione di aiuole fiorite, di alcune panchine e di altri elementi di arredo. Lavoro che durerà due anni e che è pronto a patire nelle prossime settimane. L'iniziativa garantirà un diritto che spesso non viene assicurato a chi vive dietro le sbarre. "La Costituzione parla chiaro - dice il provveditore regionale dell'amministrazione penitenziaria, Enrico Sbriglia -. La pena deve avere un valore riabilitativo per evitare che una persona, terminata la reclusione, sia spinto a fare altre reati". Impegno che può diventare utile alla collettività. "In futuro i detenuti potrebbero curare anche altre zone come il vicino Parco delle Vallette", dicono Raffaele Barillaro e Giuseppe Agostino, coordinatori della Circoscrizione 5 che ha finanziato il progetto stanziando quasi 2 mila euro per l'acquisto dell'attrezzatura. E se i detenuti-giardinieri sono prassi comune in altre città, a Torino la novità dovrà superare anche le paure del quartiere. "I detenuti saranno controllati e utilizzeranno degli attrezzi scelti per non essere fonte di pericolo - dice il provveditore Sbriglia -. Ogni giorno in Italia dal carcere escono in tanti per andare a lavorare. Detenuti che non sono pericolosi criminali e che hanno tutto l'interesse di impegnarsi in queste attività". Ai partecipanti spetterà una piccola borsa lavoro. "Il mio sogno è vederli tagliare l'erba del Valentino" dice Sbriglia che è stato assessore al Comune di Treviso dove tutti i parchi sono curati dai detenuti, facendo risparmiare l'amministrazione". Annotazione che potrebbe interessare anche all'assessore al Bilancio, del comune di Torino. Pesaro: emergenza carceri, i detenuti si devono considerare una possibile risorsa da Lions Club Pesaro Host www.viverepesaro.it, 26 novembre 2013 I Lions Club Pesaro Host, Pesaro Della Rovere e Gabicce Mare, presieduti rispettivamente da Massimo Quaresima, Anna Maria Gubbini, Cristina Manzini, costantemente sensibili a temi coinvolgenti la società, quale appunto è il funzionamento del sistema penitenziario nel nostro paese ed, in particolare, nel territorio di appartenenza, hanno organizzato un inter-meeting. Un inter-meeting - aperto al pubblico considerato il comune interesse - per meglio approfondire, soprattutto, la dura esistenza, cui sono costretti a vivere quotidianamente i detenuti ed, in specie, quanto è correlato alla possibilità di praticare, durante il periodo di reclusione, un'attività lavorativa all'esterno del carcere, in maniera che sia così più agevole, poi, il loro reinserimento comunitario. Dopo i saluti dei presidenti, l'incontro, coordinato da Cristina Manzini, si è iniziato e concluso, con l'intervento della giovane poetessa Laura Corraducci, - svolge, insieme ad un gruppo cattolico, pure un'attività di volontariato nella Casa Circondariale di Villa Fastiggi, nella sezione maschile dei condannati per reati sessuali - che ha letto alcune sue avvincenti ed appassionate poesie, dopo la famosa "Ballata del Carcere di Reading" di Oscar Wilde. Il detenuto Spartaco Ambrosio che ritiene la situazione del carcere pesarese un po' migliore di quella nazionale ha, tuttavia, manifestato la carenza di momenti di svago, di formazione e, quindi, di crescita. Proprio perché è avvilente e deleterio non sapere come spendere il tempo e si è pervasi da una gran tristezza, si è deciso di dar vita ad un progetto, che ha avuto un buon viatico, di formazione giornalistica, vale a dire, la realizzazione della Rubrica "Il nuovo Penna libera tutti", inserita nel settimanale d'informazione diocesano di Pesaro, Fano, Urbino, "Il nuovo amico", di cui è responsabile. La redazione è composta di nove collaboratori, alcuni dei quali, pensano di continuare quest'attività nella vita sociale quando potranno fruire della definitiva libertà. La dott.ssa Ilse Runsten provveditore dell'Amministrazione regionale penitenziaria ha delineato come sono strutturate le Marche dal punto di vista carcerario. I detenuti sono 1050, di cui il 40% stranieri ed il 20% tossicodipendenti. Il sovraffollamento è del 20% (il maggiore nelle Case circondariali). Esistono carenze di polizia penitenziaria e di altri operatori, nonché di risorse economiche. Il detenuto deve stare, secondo la norma, almeno otto ore della giornata al di fuori della stanza, ove pernotta, in genere, di 3 m² per tre persone, rispetto ai 7 m² della normativa europea. Si è ipotizzato un nuovo Istituto carcerario a Camerino. Un costo elevato e del tutto improduttivo è quello delle "porte girevoli", vale a dire, di detenuti rimessi in libertà, passati tre o quattro giorni dal loro arresto, dopo che sono stati sottoposti a una serie di visite e di colloqui. Le proposte sono di favorire le uscite e di ridurre le entrate negli Istituti di pena per i reati di modesta entità, ricorrendo a manovre alternative come la detenzione domiciliare. La pena dovrebbe avere una funzione educativa e l'acquisizione di un'esperienza professionale faciliterebbe il reinserimento nella vita sociale, nell'ottica che il detenuto rappresenta sempre una possibile risorsa per il paese. La dott.ssa Daniela Grilli direttrice dell'Ufficio detenuti del Provveditorato ha manifestato la necessità che quanti fanno parte del territorio in ambito, sia pubblico, sia privato - per questi è previsto uno sgravio degli oneri fiscali previdenziali fino all'80% -, si aprano alla collaborazione perché il più agevole reinserimento sociale della persona detenuta, dipende da tale apertura. È una scommessa, ma vale la pena impegnarsi in questa direzione. Si sta puntualizzando un sito Internet, ove chiunque sia interessato può acquisire tutte le informazioni tecniche necessarie. Ulteriori delucidazioni sono state fornite in risposta ai quesiti rivolti agli oratori. Taranto: allontanati i "boss" promotori della rivolta nel carcere "Carmelo Magli" di Gianni Svaldi Corriere del Mezzogiorno, 26 novembre 2013 Sono stati allontanati i "boss" promotori della rivolta che ieri ha provocato ore di grande tensione nel carcere di Taranto. Questa - stando a quanto si è appreso - è la conclusione di 12 ore intense per la casa circondariale "Carmelo Magli". Tutto è iniziato venerdì sera quando si è scatenata la protesta inscenata da circa 200 detenuti che hanno sbattuto violentemente le pentole contro le inferriate e gettato nei corridoi farina e oggetti. Durante la rivolta sono state anche danneggiate le serrature di alcune stanze. Iniziata verso le 20 e terminata intorno all'una, ha riguardato tre sezioni detentive: giudicabili, appellanti e ricorrenti. Lanciati acqua, farina olio nei corridoi. La protesta, come detto, sarebbe partita da alcuni boss locali ai quali è stato vietato di spostarsi da una stanza all'altra dopo le 17 (divieto del resto previsto dal regolamento carcerario). "Il Sappe - fa notare Federico Pilagatti, segretario nazionale del sindacato, il quale ha reso noto il fatto - nei giorni scorsi aveva informato il prefetto della situazione presente presso il carcere di Taranto e quanto avvenuto nella serata di ieri lo sta a dimostrare. Fortunatamente si è evitato il peggio grazie al sangue freddo ed alla professionalità degli operatori penitenziari e dei vertici del carcere che sono riusciti dopo alcune ore a ristabilire la calma", nonostante le carenze di personale. Il Sappe preannuncia un incontro per il 27 novembre con il provveditore regionale dell'amministrazione penitenziaria al quale chiederà di rivedere il piano di apertura di una nuova sezione detentiva per 50 detenuti circa in concomitanza dei lavori di costruzione di una sezione per 200 posti "in mancanza di un adeguamento concreto di personale di Polizia Penitenziaria. Se ciò non avverrà - avverte Pilagatti - le manifestazione di protesta saranno molto dure e pesanti poiché non si può giocare con la sicurezza e la vita dei poliziotti penitenziari e dei cittadini di Taranto". Novara: dopo la visita al carcere, la Senatrice Biondelli interroga il Ministro www.novara.com, 26 novembre 2013 Sovraffollamento, numero di detenuti in attesa di giudizio e la mancanza di un contratto di categoria per il personale penitenziario sono solo alcune delle questioni messe sul tavolo dal documento. A seguito della visita alla casa circondariale di Novara organizzata dai Giovani Democratici novaresi, la Senatrice Franca Biondelli ha presentato un'interrogazione parlamentare al Ministro della Giustizia, relativa all'eccessiva presenza di detenuti all'interno delle strutture italiane e sulla complessa situazione inerente ai contratti di categoria della dirigenza penitenziaria. Dopo Grecia e Serbia, l'Italia è, infatti, il paese del Consiglio di Europa con il maggior sovraffollamento nelle carceri, dove per ogni 100 posti ci sono 147 detenuti ed è anche al terzo posto per numero assoluto di detenuti in attesa di giudizio, dopo Ucraina e Turchia. "Il problema del sovraffollamento dei penitenziari italiani tocca tutta la popolazione carceraria: 64.323 i detenuti reclusi (compresi nel totale dei detenuti anche quelli in semilibertà) nei 205 istituti di pena italiani, a fronte di una capienza regolamentare di 47.668 posti, poco meno di un terzo, ossia 22.770 sono i detenuti non italiani (che rappresentano il 35,1% della popolazione carceraria). Minima è la componente femminile, il 4,3% del totale dei detenuti ovvero 2.821 donne (di cui 1.102 straniere). Al 30 giugno 2013, sono 52 i bambini sotto i 3 anni che vivono in carcere con le madri (51 detenute)- continua il documento- Inoltre al problema del sovraffollamento carcerario è strettamente collegato quello della cronica carenza di personale e di conseguenza della negazione di fatto di alcuni diritti fondamentali dei detenuti, primo tra tutti quello sancito dall'articolo 27 della nostra Costituzione che prevede la rieducazione del condannato". Per tanto nell'interrogazione della Senatrice Biondelli si chiede al Governo "quali misure urgenti il Ministro intenda adottare al fine di rendere effettivo il diritto sancito dall'articolo 27 della nostra Costituzione predisponendo un numero adeguato di personale in particolar modo di quello dirigenziale, di quello giuridico pedagogico e sociale e, anche e soprattutto, quali iniziative urgenti il Ministro intenda adottare per addivenire in tempi rapidi alla stipula del primo contratto di categoria della dirigenza penitenziaria". Verona: Rida, ex rapinatore, ora sacrestano islamico "Prego Allah, rispetto Gesù" Corriere Veneto, 26 novembre 2013 Ex rapinatore in un programma di reinserimento nella chiesa di San Nicolò all'Arena: "No, Allah non s'arrabbierà". "Ma quanto è bella questa nostra chiesa? Senti quanto bene si sta qui? E che pace c'è?". Si arriva a Rida, giovanotto marocchino di 34 anni, seguendo piano piano le sue tracce, dentro la chiesa di San Nicolò all'Arena, in pieno centro a Verona, come fosse Pollicino: uno straccio con il lucidante per il legno nei primi banchi, il giubbino blu da uomo accanto all'altare, l'odore di una Camel appena accesa sulla porta della canonica. "Perdona, sto facendo una piccola pausa" si scusa subito, sorridendo e senza meravigliarsi di chi lo cerca per scrivere di lui. Già, perché Rida è musulmano e da un anno esatto è sacrestano nella cattolica e centralissima parrocchia di San Nicolò, dietro piazza Bra. Dopo cinque anni di carcere per vari precedenti, fra cui una rapina ("Tanti, tantissimi sbagli, ma dai, non parliamone"), Rida ha scontato il sesto, in regime di affidamento, accettando un tirocinio proprio nel ruolo di sacrestano a servizio di don Marco e don Roberto. "In questo posto mi trattano come uno di famiglia, sto bene - racconta -. I rapporti umani qui sono vissuti a pieno; sono legato al parroco e a sua sorella, mangio con loro, mi invitano a casa. Qui rispettano la mia religione, ho potuto fare anche il Ramadan. Le cinque Salat quotidiane rivolte alla Mecca? Voglio essere sincero: le faccio, nei limiti del possibile e degli impegni che ho". Ecco, la religione: non ha paura, Rida, del suo Allah? "No, sono convinto che non devo averne - spiega -: questo è un lavoro onesto dove non faccio del male a nessuno, perché mai dovrebbe arrabbiarsi? E poi che si preghi Gesù, Allah o Budda, sempre un Dio si segue e si rispetta. In modi diversi". I volontari del progetto Esodo, che si occupano del reinserimento lavorativo e sociale degli ex detenuti, in questi giorni "pressano" con affetto il ragazzo: si avvicina la scadenza del tirocinio e si avvicina pure la scadenza della pena, deve decidere cosa fare. "A San Nicolò sto bene, spero di proseguire qui - sottolinea -, ma devo essere di nuovo sincero e dire a voi quello che ripeto agli operatori: in questi anni mi sono abituato a vivere il presente, ho qualche difficoltà a pensare al futuro, non mi espongo nei progetti. Vuoi sapere il motivo? In realtà è solo paura di starci male. Ecco, ora l'ho detto". La chiacchierata si interrompe: alcuni parrocchiani chiedono informazioni, la chiesa va preparata per la messa prefestiva. "Scusami un attimo, poi continuiamo, sai", spiega gentile, ormai maestro di diplomazia con il pubblico. "Questa chiesa va anche difesa - confessa - devo tener d'occhio le cassette delle offerte, a volte arrivano anche degli ubriachi: chiedono con insistenza qualcosa, io faccio da intermediario, e li convinco a fatica ad allontanarsi. Li vedi, poi, questi candelabri? Sono del ‘600, devo starci ben attento". Da fuorilegge a custode delle regole. Sorride. Sì, alla fine è così. Ma Rida, che parla bene l'italiano (è arrivato nel 2000, quattro anni da clandestino e poi quei "tanti sbagli" che è meglio non continuare a ricordargli), ha anche un'altra passione: Verona. "Quando conosci questa città, non riesci più ad allontanartene, ha un potere che non so spiegare - si emoziona. Mia sorella, nei momenti difficili, mi ha sempre chiesto di raggiungerla a Treviso, dove abita: anche ora mi propone di ricominciare dalle sue parti. Io ho sempre rifiutato, anche in questi giorni. Da questa città non mi sono mai mosso e non voglio farlo. Io sto bene qui. E poi, guarda come è bella questa chiesa". Crotone: convegno Csv; per il carcere serve un volontariato organizzato, non dei singoli www.cmnews.it, 26 novembre 2013 Il carcere è da sempre considerato come luogo di espiazione, carico di sofferenze e privazioni psicologiche. Ma dalla società civile, anche a seguito della recente condanna dell'Italia per violazione dell'art. 3 della Convenzione europea dei Diritti Umani dovuta ad una serie di criticità, viene la richiesta di una maggiore attenzione nei confronti della vita carceraria che non è da considerarsi "altro" dalla società. Il volontariato svolge un ruolo fondamentale per il recupero ed il reinserimento sociale dei detenuti - c'è anche la legge 354 del 1975 a riconoscerlo - ma c'è bisogno che il volontariato si dia un'organizzazione davvero incisiva nell'attivazione di processi inclusivi. Il seminario sul ruolo del volontariato penitenziario in Calabria - tenutosi venerdì al Grand Hotel Lamezia di Sant'Eufemia grazie all'iniziativa congiunta dei cinque Centri di Servizio calabresi - è stato pensato per dare sfogo a questa esigenza, perché mai come in questo momento storico c'è bisogno di un volontariato consapevole che lavori in sinergia e non più in concorrenza con l'amministrazione penitenziaria. Esistono, tuttavia, sostanziali differenze in fatto di numero di volontari operativi al Sud rispetto al Nord: nel 2011, come ha fatto notare Piero Caroleo, coordinatore regionale dei CSV, degli oltre 11mila volontari che operano nelle carceri italiane, solo il 20% risiede al Sud. In Calabria, addirittura, le persone autorizzate a svolgere attività di volontariato ex art. 17 sono solo 106, mentre il numero di assistenti volontari che collaborano con l'Ufficio di Esecuzione Penale Esterna per le pene alternative al carcere scende spaventosamente a due. Restringere la propria attività tra le sbarre è, però, pura illusione: don Silvio Mesiti, cappellano della casa circondariale di Palmi, si è detto convinto del fatto che qualunque tipo di attività vada integrato con l'area educativa e sociale, poiché è all'esterno che viene a formarsi la cultura della sopraffazione, ed è lì che serve fare prevenzione per evitare che si arrivi a delinquere. Per aiutare il detenuto occorre capire chi è e che tipo di contesto familiare ha alle spalle: ed è nell'educare la società civile all'accoglienza che il volontariato ritrova la sua primaria funzione. Sinergia necessaria tra amministrazione penitenziaria e volontariato È indubbio che il volontariato organizzato abbia maggiori possibilità di raggiungere risultati rispetto a quello meramente assistenziale. Ed anche l'amministrazione penitenziaria ha bisogno del volontariato coordinato per fare in modo che il detenuto non torni più a delinquere una volta scontata la pena: ma fin quando non si finirà di considerare la "questione carcere" come avulsa dalla società - ha sottolineato Rosario Tortorella, provveditore vicario dell'Amministrazione Penitenziaria della Calabria - non si potrà fare prevenzione, ed evitare così che al carcere si arrivi. "È importante non avere un'idea preconcetta del carcere e del modo di fare volontariato, perché il carcere appartiene a tutta la collettività", ha dichiarato Tortorella. I provvedimenti che si stanno discutendo all'interno della commissione Palma vanno nella direzione di un ampliamento delle occasioni di vita in comune, grazie anche alla disponibilità dei volontari, ma ciò non toglie che operare all'interno delle carceri sia complicato, proprio perché diversificati sono i tipi di reato che vengono commessi. Ci sono poi problematiche che rendono la vita detentiva ancora più gravosa: basti pensare che, dei 2800 detenuti nei dodici istituti di pena calabresi, 212 sono in carico al servizio sanitario nazionale in quanto tossicodipendenti, 736 sono quelli condannati per reati diversi da quelli della criminalità organizzata ed il 32% è in attesa di giudizio, e quindi teoricamente innocente fino alla sentenza definitiva. Quando il direttore della Casa Circondariale di Catanzaro, Angela Paravati, definisce il carcere come un'organizzazione strutturale complessa per la presenza di varie figure professionali, ed il volontariato che si fa all'interno non paragonabile a quello comune, lo fa quindi a ragion veduta. Mai come nel volontariato penitenziario occorre specializzarsi, perché non tutti i detenuti sono gli stessi: è un volontariato "verso i cattivi", che soprattutto in Calabria risente dei pregiudizi familiari, e che può essere oggetto di strumentalizzazioni con conseguente mancato rispetto delle regole carcerarie. Dal punto di vista dei volontari che hanno deciso di confrontarsi con questa realtà, l'esigenza di operare in gruppi riconoscibili e coesi e non più singolarmente, ed in rete con le associazioni che operano all'esterno per il reinserimento sociale, con le associazioni di immigrati e con le comunità terapeutiche, è diventata ormai consapevolezza. Basta con il ruolo di supplenza che è stato loro cucito addosso: è ora che si riapproprino della funzione di accompagnamento che anche il Coordinamento dei gruppi di Volontariato Penitenziario (Seac) riconosce, come ha avuto modo di chiarire la presidente nazionale Luisa Prodi. E nell'espletamento della sua attività di relazione, il volontariato non può operare a prescindere dalla formazione continua, in un rapporto di collaborazione con gli operatori e gli agenti di polizia penitenziaria. Della stessa lunghezza d'onda Alberto Mammolenti, referente regionale della Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia, che ha rimarcato l'importanza della modifica dell'art. 78 della legge del ‘75 per far sì che il volontario venga riconosciuto in quanto appartenente ad un'organizzazione, all'interno della quale acquisire l'esperienza e la conoscenza delle regole necessarie per operare. Ci vuole infatti una preparazione notevole per aiutare una persona tra le sbarre che chiede di trovare un senso alla sua vita ed alla pena che sta scontando. E l'aiuto va ben oltre la detenzione, perché, una volta scontata la pena, il detenuto, senza una solida rete familiare alle spalle, non alcuna possibilità di farcela. Si dovrebbe ragionare, dunque, sull'opportunità di prevedere strutture alternative e centri di accoglienza, magari con l'utilizzo dei beni confiscati. Auspici e proposte Dopo le testimonianze rese da alcuni volontari che operano da tempo all'interno degli istituti di pena di Paola, Laureana di Borrello, Locri e Catanzaro, dal funzionario della Regione Calabria Cesare Nisticò è stata avanzata la proposta di creare più organismi (consultivo, operativo ed esecutivo) che facciano da "ponte" tra le associazioni, gli istituti di pena e le istituzioni. E Mario Nasone, presidente del CSV di Reggio Calabria, ed in rappresentanza dei cinque Centri di Servizio, ha raccolto la richiesta - assieme a quella di Prodi e Mammolenti di provvedere ad un monitoraggio dei detenuti una volta liberi, e di non trascurare le loro famiglie di origine, che spesso pagano il prezzo più alto - della costituzione di un tavolo tecnico tra le parti per gettare le basi ad una nuova politica regionale di inclusione sociale. "Le politiche di inclusione sociale convengono alla comunità, sia dal punto di vista economico che sociale - ha dichiarato Nasone - Non dimentichiamo che la maggior parte dei detenuti calabresi ha meno di trent'anni, e che un giovane salvato è un manovale in meno per l'ndrangheta". Ma senza la costituzione di una rete per lo scambio di esperienze, ed una formazione decentrata di tipo tecnico e conoscitivo delle varie tipologie di carcerati, non si va da nessuna parte, ha infine aggiunto Nasone. Ravenna: incontro con detenuti per parlare della giornata contro violenza alle donne Ansa, 26 novembre 2013 Un incontro con una sessantina di detenuti per parlare della giornata internazionale contro la violenza alle donne. è l'iniziativa che ha avuto protagoniste l'assessore alle politiche e cultura di genere Giovanna Piaia del Comune di Ravenna e delle operatrici di Linea Rosa che si sono recate, su invito della direttrice Carmela di Lorenzo, al carcere per incontrare i detenuti. L'assessora Piaia ha voluto, in una nota, sottolineare "l'importanza del dialogo con gli uomini per promuovere valori di rispetto nelle relazioni con le donne". Ascoli: dai detenuti-redattori del Marino l'invito a partecipare alla Colletta Alimentare Ristretti Orizzonti, 26 novembre 2013 Quest'anno parte dal supercarcere di Ascoli Piceno l'invito a partecipare e contribuire anche con una piccolissima donazione alla giornata nazionale della colletta alimentare, attraverso questo articolo che i redattori-detenuti di Io e Caino hanno inviato a tutti i quotidiani. Come nelle due precedenti edizioni, anche per il 2013 il nostro istituto parteciperà alla giornata della colletta alimentare, fissata al 30 novembre prossimo, sia dall'interno che all'esterno. Le derrate interne le raccoglieremo attraverso la spesa settimanale. I detenuti che vorranno, potranno indicare nella lista personale i generi da donare al Banco Alimentare scrivendoci affianco: "Per la Colletta Alimentare". Queste confezioni non saranno consegnate in cella come avviene per il resto della spesa ma saranno conservate negli scatoloni che sabato mattina i responsabili del Banco verranno a ritirare. L'invito a partecipare alla raccolta interna è stato esteso anche alla sezione penale che ospita i 41 bis. Dopo aver caricato i nostri scatoloni, i volontari della Colletta accompagneranno nel centro commerciale più vicino anche quattro nostri compagni che dedicheranno un permesso premio alla giornata di solidarietà. Muniti di pettorina e carrello della spesa, i detenuti affiancheranno per tutto il tempo gli altri volontari nelle operazioni di raccolta e stoccaggio. Partecipare a questa iniziativa ci ha avvicinato, o riavvicinato, al problema della fame: una piaga che sta coinvolgendo fasce sempre più ampie di popolazione. E ci ha spinto a non restare a guardare ma ad approfittare di questa occasione per dare una mano concreta. Nel 2012 abbiamo raccolto diversi scatoloni di derrate e quest'anno ci proponiamo di alzare ulteriormente l'asticella della partecipazione. E non per apparire più generosi ma semplicemente perché se un pane ha donato il sorriso a una persona, raddoppiare la dose significa raddoppiare anche il nostro buonumore. Ed ecco che acquista ancora più significato il motto del Banco ripreso anche da Papa Francesco: "Condividere i bisogni per condividere il senso della vita". La giornata della colletta alimentare è stata presentata in carcere, nella redazione di Io e Caino, da Massimo Capriotti e Loide Di Sante. Ha colpito molto tutti l'intervento di Armando, un nostro compagno di detenzione. "Quando ero piccolo - ha raccontato Armando - una volta l'anno in Albania arrivavano i pacchi dall'Italia. C'erano vestiti e cose da mangiare che noi non avevano mai visto. Li portavano dei signori vestiti bene e profumati che noi ammiravamo molto. I miei genitori, la sera, ci invitavano sempre a pregare per i signori italiani che una volta l'anno ci portavano tutte queste belle cose in regalo. Adesso sono cresciuto, sto in carcere e ho la possibilità, nonostante tutte le difficoltà che ci sono qui dentro, di donare qualcosa a chi ne ha bisogno per vivere. E sono felice di sapere che magari là fuori c'è qualcuno che prega per me". Vittorio Moledda, della redazione di Io e Caino Siracusa: le autobiografie dei detenuti di Cavadonna diventano testo teatrale di Enzo Papa La Sicilia, 26 novembre 2013 È diventato un grande irrisolto problema. Nessun governo è riuscito mai a dare forma civile al nostro sistema carcerario, per tanti aspetti ancora di stampo borbonico, neppure prendendo semplicemente a modello sistemi di altri Paesi assai più civili, come quelli nordeuropei. E dunque si continua coi proclami, con le contestazioni, con gli appelli presidenziali, con i pannelliani digiuni, con le ipocrite lamentele diventate ormai grottesche, e intanto schianti e folgori d'apocalissi si registrano quasi quotidianamente nei nostri istituti di pena. Gli inquilini involontari che affollano le nostre carceri vivono "desviviendo" (verrebbe da dire con Americo Castro), come dire che hanno sotto gli occhi il lento e ineluttabile rovinio della loro storia personale, il declino inesorabile della loro esistenza osservato con occhi da requiem e con l'animo acerbo, ma anche con la consapevolezza dell'intricato labirinto in cui sono invischiati. Le nostre superaffollate carceri, che dovrebbero avere una funzione rieducativa, in effetti hanno ben poco di rieducazione, contrariamente a quanto i nostri padri costituzionali avevano stabilito, con l'art. 27: "Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato", e inoltre che "l'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva". Sappiamo tuttavia, che nelle nostre carceri convivono promiscuamente condannati in via definitiva e detenuti in attesa di giudizio, cioè non colpevoli, in una situazione di assoluto degrado, inaccettabile e offensiva di ogni semplice forma di civiltà. A conforto di quanto adesso così brevemente accennato, mi giunge adesso, come dono gradito, un opuscolo, più che un libricino di una sessantina di pagine, del tutto fuori norma. Viene dal carcere siracusano di Cavadonna, stampato a spese dello studio legale dell'avv. Corrado V. Giuliano, con una presentazione di Ettore Randazzo, noto penalista e già Presidente nazionale delle Camere Penali, che vale come una scudisciata sul ceffo bistrato della nostra indifferente normalità. "Lunedì" è il suo titolo, "Laboratorio autobiografico Cavadonna" il sottotitolo, Pippo Ruiz il curatore, postfazione di Angela Barresi, Linda Favi, Angela Gianì e una toccante testimonianza del Direttore del carcere Aldo Tiralongo. Di che si tratta? Ogni lunedì (e spesso anche il giovedì) nella sala della biblioteca del carcere di Cavadonna si sono seduti attorno a un tavolo, ad alleviare la malsania di quel luogo tossicoso e grifagno, detenuti, educatori, volontari e docenti i quali da anni "hanno avviato un percorso di consapevolezza di sé e di capacità di narrarsi che ha comportato e continua a comportare l'appropriazione di strumenti narratologici di cui i detenuti erano del tutto all'oscuro". Il libretto è in effetti una trascrizione, che diremmo quasi teatrale, di uno di codesti tartarei incontri, "messo in scena" da Pippo Ruiz, il valoroso docente animatore e coordinatore del Laboratorio, che è sì autobiografico in quanto di sé e solo di sé parlano i detenuti, ma si fa anche, nel contempo, letterario e teatrale insieme. Ne vien fuori un interessante esperimento che fa estrarre dall'umana forsennatezza lacerti di umanità che riescono a sgombrare la nostra anima dai pregiudizi e dall'indifferenza e a non considerare i detenuti rugginosi rottami umani. Come si fa a non plaudire a quanto accade a Cavadonna, a questa interessante attività culturale che sembra veramente seguire alla lettera il nobile assunto della "rieducazione del condannato"? Ed è tanto più valido oggi che il carcere, per dirla con Ettore Randazzo, "comprime talmente la dignità personale da sfiorare oggettivamente (seppure non intenzionalmente) la tortura". Tutte cose indubbiamente ben conosciute dalla famiglia Ligresti e dal Ministro Cancellieri che senza dubbio avrebbe condiviso l'idea-proposta dell'avv. Randazzo di creare per i detenuti in attesa di giudizio luoghi di sicurezza alternativi al carcere, civili e rispettosi dei diritti costituzionalmente garantiti. Busto Arsizio: 5 minuti in cella... anche il jazz di Max De Aloe per far riflettere www.varesenews.it, 26 novembre 2013 Oltre 250 persone hanno visitato nei primi tre giorni l'installazione in centro città. Mercoledì 27 novembre il musicista darà il suo contributo dalle 14.30 alle 16.30 a Palazzo Marliani Cicogna. Chiudere un musicista in una cella detentiva con il proprio strumento e un piccolo numero di persone a fare da pubblico. Questa è live in 8m² , l'ulteriore sfida del progetto Extrema Ratio che vuole puntare anche sul binomio di arte ed impegno sociale, che da sempre hanno trovato grandi affinità e sostegno reciproco. Infatti dal 22 novembre fino all'1 dicembre a Palazzo Marliani Cicogna (piazza Vittorio Emanuele) di Busto Arsizio è stata posizionata un'istallazione forte e folle: la riproduzione fedele di una cella di un carcere di 8 metri quadrati dove il pubblico può farsi rinchiudere per cinque minuti. Nei primi tre giorni sono state oltre 250 le persone che si sono fatte "incarcerare" dai ragazzi del Liceo Crespi e dei Boy scout. Mercoledì 27 novembre, dalle ore 14.30 alle 16,30, Extrema Ratio aggiunge un'ulteriore provocazione ospitando uno dei musicisti più atipici della scena jazz italiana, Max De Aloe, che realizzerà live in 8m² , dei piccoli set di concerto all'interno della cella stessa. Max De Aloe è stato invitato non solo perché è un virtuoso polistrumentista e uno tra i più accreditati armonicisti jazz in ambito europeo ma anche perché nasce proprio a Busto Arsizio. E non è un caso che questo progetto prenda forma a Busto Arsizio, dove esiste un'importante casa circondariale che ospita più di 400 detenuti, pur essendo strutturata per averne 170. L'iniziativa è organizzata da Enaip Lombardia insieme ad Associazione Vol.Gi.Ter, Cooperativa Intrecci, Fondazione Exodus e Fondazione Cariplo. Tra i promotori troviamo la Casa Circondariale di Busto Arsizio, l'Ufficio Esecuzione Penale Esterna di Varese, il Comune di Busto Arsizio, il Liceo Crespi e Agesci sempre di Busto A. "La nostra intenzione - spiegano gli organizzatori - è quella di "chiudere" la gente in una cella per alcuni minuti dando l'occasione di fermarsi e riflettere sulla condizione carceraria nazionale. Vogliamo suggerire e approfondire la possibilità di una diversa concezione della pena, denunciando il sovraffollamento nelle carceri e sostenendo percorsi di umanizzazione e di sostegno ad attività rieducative che tengano al centro la dignità della persona". Proprio in questi giorni esce "Mutamenti", un CD dal vivo realizzato da Max De Aloe con la violoncellista brasiliana Marlise Goidanich in un'ex miniera di talco della Val Malenco, a testimonianza dell'abitudine del musicista lombardo a progetti non sempre ortodossi. "Live in 8m² è un'ulteriore occasione per fare musica che abbia in sé anche un alto valore simbolico e di sensibilizzazione - spiega Max De Aloe. Sono onorato di questo invito che prosegue un progetto già realizzato un paio di anni fa per portare la didattica della musica all'interno della casa circondariale di Busto Arsizio. Onorato anche di contribuire con la mia musica far riflettere sulle condizioni spesso inumane di sovraffollamento in cui versano le carceri italiane e di scarsa capacità alla reale riabilitazione del detenuto". Max De Aloe ha all'attivo più di 30 album, concerti in varie parti del mondo e collaborazioni con prestigiosi musicisti, poeti, scrittori, registi. Verona: la musica della Fondazione Arena risuona tra le sbarre del carcere di Montorio Ansa, 26 novembre 2013 Inizia questa settimana nel carcere veronese di Montorio, a cura di Maestri dell'orchestra del Fondazione Arena, un ciclo di incontri aperti a tutti gli allievi dei corsi scolastici. Si tratta di un'iniziativa che ha incontrato la disponibilità della direzione del carcere, volta al recupero di sentimenti, emozioni e suoni per quanti, detenuti, sono separati dalla normalità della vita quotidiana. "L'ascolto, il coinvolgimento, le indicazioni che scaturiranno dai partecipanti a questa proposta - spiega Margherita Forestan, Garante dei diritti delle persone detenute - consentiranno di arrivare ad un vero e proprio programma di ascolto da proporre successivamente a tutta la popolazione detenuta attraverso un concerto". "Non un'offerta di sollievo momentaneo - aggiunge, bensì la presa di contatto con composizioni e modi diversi di fare musica, qualcosa da portare con sé e a cui ricorrere quale bagaglio culturale". "Si tratta di una proposta - conclude Forestan - che consentirà alla Direzione di valutare la possibilità di sviluppare successivamente un'azione più ampia. La musica è un altro modo per legare il fuori e il dentro, mettere in relazione sensibilità diverse, quelle di chi è rinchiuso e quelle di chi è libero, è l'espressione di tutti i nostri sentimenti -conclude la Garante- dunque un territorio aperto, libero, da percorrere con i mezzi di cui si dispone, che porta ben oltre gli angusti spazi di una cella". Russia: sta per essere varata un'amnistia, che farà uscire un certo numero di detenuti di Massimo Boffa Il Foglio, 26 novembre 2013 In Russia (a questo proposito evidentemente meno forcaiola dell'Italia) sta per essere varata un'importante amnistia, che farà uscire dalle carceri un certo numero di detenuti. La misura di clemenza verrà annunciata il 12 dicembre, in occasione del ventesimo anniversario della Costituzione, quella fatta approvare da Boris Eltsin nell'autunno del 1993, subito dopo il bombardamento del parlamento ribelle. C'è molta attesa nel paese: da settimane si discute sulla stampa su quali potranno essere i criteri, quali tipi di reati verranno inclusi e, soprattutto, quali dei detenuti più noti verranno liberati. Da molti commentatori l'amnistia viene vista come l'occasione di un gesto distensivo nei confronti di quella parte dell'opinione pubblica che, negli ultimi due anni, si è schierata contro il Cremlino. Del resto, la scorsa settimana, Vladimir Putin ha compiuto un gesto senza precedenti da quando è al potere. Ha incontrato, con grande rilievo mediatico, alcuni dei capi dell'opposizione extraparlamentare, cioè del movimento di protesta di piazza Bolotnaja: tra di essi, il miliardario Mikhail Prokhorov leader della Piattaforma civile, Vladimir Ryzhkov del partito Parnas, Sergei Mi-trokhin di Jabloko. È chiaro il tentativo di avviare un dialogo tra il potere e la parte meno estrema dell'opposizione che si è mobilitata nelle piazze. Al termine dell'incontro, dedicato a raccogliere suggerimenti per il discorso che Putin terrà a dicembre sullo stato del paese, tutti si sono dichiarati soddisfatti, da una parte e dall'altra. Si è discusso anche dell'amnistia, e Ryzhkov ha esortato il presidente a liberare i cosiddetti "prigionieri politici", consegnandogli una lista di settanta detenuti compilata dal Memorial per i diritti umani. La lista comprende, tra gli altri, i dodici arrestati nel corso dei disordini di piazza del maggio 2012 e le due Pussy Riot. Putin ha promesso che valuterà "con attenzione" le loro proposte. Si vedrà. Tanto più che le pressioni provenienti dal paese non sono certo univoche. Anche in Russia le grandi masse non amano i gesti di clemenza. Il presidente dovrà esercitare la propria leadership per trovare un punto di equilibrio tra spinte di segno opposto. "Dovrà stare attento", commenta ad esempio il noto politologo Gregorij Trofimchuk. "A differenza degli occidentali, una ampia parte del popolo russo considera Putin non poco democratico, ma troppo. Altro che clemenza, tutti i sondaggi rivelano che la maggioranza è favorevole al ritorno della pena di morte (mentre Putin è sempre stato contrario). È istruttivo andare a leggere i programmi dei molti nuovi partiti che si sono registrati in seguito alla riforma che ha liberalizzato il sistema politico: gran parte chiedono di restaurare la pena capitale". Cari amici che invocate la caduta di Putin, convinti che ne risulterebbe maggiore libertà, be careful what you wish for. Arabia Saudita: una condanna a morte e 19 al carcere per attacco consolato Usa del 2004 Aki, 26 novembre 2013 Un tribunale saudita ha emesso una condanna a morte e 19 pene detentive fino a 25 anni di carcere nei confronti degli imputati al processo sull'assalto al consolato degli Stati Uniti a Gedda nel 2004, in cui cinque persone persero la vita. Lo riferisce l'agenzia ufficiale di Riad, Spa, la quale aggiunge che i giudici si occuperanno di altri 35 imputati dello stesso processo entro questa settimana. L'agenzia non fornisce informazioni sull'identità dei condannati ne sulla data fissata per l'esecuzione. L'attentato del 2004 è stato ricollegato ad al-Qaeda. Kuwait: membro della famiglia regnante condannato alla pena di morte Tm News, 26 novembre 2013 Sheikh Faysal Abdallah Al Sabah uccise un nipote nel 2010. La Corte di cassazione del Kuwait ha confermato oggi la pena capitale pronunciata contro un membro della famiglia regnante per l'omicidio del nipote. Lo ha reso noto una fonte giudiziaria. Sheikh Faysal Abdallah Al Sabah è stato riconosciuto colpevole di aver ucciso Sheikh Basel Salem Al Sabah nel palazzo di quest'ultimo nel giugno del 2010, apparentemente a seguito di una lite sulla composizione del direttivo di un club sportivo. La sentenza è definitiva ma la pena può sempre essere commutata in ergastolo dall'emiro del Paese dove le esecuzioni si effettuano tramite impiccagione. Sheikh Basel era nipote dell'ex emiro, Sheikh Sabah Salem Al Sabah, e figlio dell'ex ministro della Difesa e dell'Interno, Salem Al Sabah. Le esecuzioni sono riprese quest'anno in Kuwait dopo una moratoria che durava dal 2007. Circa 50 detenuti si trovano attualmente nel braccio della morte. Ucraina: la Tymoshenko entra in sciopero della fame a oltranza Tm News, 26 novembre 2013 Per chiedere a presidente di firmare accordo associazione all'Ue. L'ex primo ministro ucraino Yulia Tymoshenko, condannata a sette anni di prigione, è entrata oggi in uno sciopero della fame a oltranza come forma di protesta estrema per la decisione di Kiev di bloccare l'accordo di associazione all'Unione europea. Lo scrive l'agenzia di stampa Interfax. "Come segno di unità con voi, io annuncio uno sciopero della fame indefinito per chiedere che Yanukovich firmi l'accordo di associazione", ha dichiarato Tymoshenko in una lettera letta dal suo legale Serhyi Vlasenko in Piazza Europa, a Kiev, dove è in corso una maniferazione di protesta per la decisione della Rada, il parlamento ucraino, di fermare l'accordo che doveva essere firmato durante il summit del Partenariato orientale previsto il 28-29 novembre a Vilnius. Decine di migliaia di persone sono scese in piazza contro la decisione della Rada. I manifestanti si sono confrontati in violenti scontri con la polizia ucraina. Molti portavano bandiere dell'Ue. Il presidente ucraino Yanukovich oggi ha lanciato un appello alla "pace" in ucraina. "Io voglio che la pace e la calma regnigno nella nostra grande famiglia ucraina", ha detto Yanukovich in un discorso televisivo alla nazione, pubblicato anche sul sito internet presidenziale. Yanukovich ha affermato che il presidente "non farà mai niente per danneggiare l'ucraina e il suo popolo". La liberazione di Tymoshenko, leader dell'opposizione condannata a sette anni di prigione per abuso di potere e detenuta in ospedale per le sue precarie condizioni di salute, è una delle condizioni poste da Bruxelles per l'accordo. La Rada non ha approvato ancora un progetto di legge che prevede la possibilità di cura all'estero per i detenuti malati, che avrebbe permesso di aggirare il problema permettendo a Tymoshenko di curarsi in Germania. Contestualmente ha bloccato la firma dell'accordo di associazione. La posizione del governo ucraino, espressa dal primo ministro Mykola Azarov la scorsa settimana, è che la decisione di non firmare l'accordo è dovuta "esclusivamente a ragioni economiche". L'Ue, dal canto suo, ha affermato di ritenere ancora sul tavolo l'accordo di associazione e ha puntato il dito contro la Russia. "L'offerta di firmare un accordo di associazione e una zona di libero scambio senza precedenti è ancora sul tavolo" hanno affermato il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy e il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso. "Pur essendo consapevoli delle pressioni esterne subite dall'Ucraina, pensiamo che considerazioni a breve termine non debbano nascondere i benefici a lungo termine che questa partnership potrebbe apportare" hanno aggiunto i due dirigenti europei. "Relazioni più forti con l'Unione europea non si realizzano a detrimento delle relazioni tra i nostri partner dell'Est e dei loro altri vicini, come la Russia" hanno affermato ancora Van Rompuy e Barroso, aggiungendo che la Ue è "sempre disposta a chiarire con la Russia l'impatto positivo reciproco di una crescita del commercio e degli scambi con i nostri vicini".