Giustizia: amnistia e indulto… che fine hanno fatto? di Marco Marsili La Voce, 24 novembre 2013 Partiamo da qualche numero: la popolazione carceraria conta circa 64.800 reclusi di cui meno di 39.000 condannati definitivamente. Circa 24.600 detenuti sono in attesa di processo di primo grado o di appello o, ancora, di ricorso. A fronte di questi numeri, la capienza regolamentare delle carceri è di 47.615 posti, le celle misurano 12mq bagno compreso e nelle stesse sono detenute da 2 a 4 persone. Secondo l’art. 22 del codice penale, i condannati all’ergastolo dovrebbero trascorrere la notte in celle singole ma, a causa del sovraffollamento, tutto questo non succede. È giusto sapere che, secondo le statistiche, dei 24.600 detenuti in attesa di processo, circa la metà sarà assolta e sicuramente farà causa allo Stato per ingiusta detenzione. Nella relazione del guardasigilli sull’amministrazione della Giustizia del 2011 si legge che lo Stato ha speso circa 46 milioni di euro in risarcimenti nei confronti di persone detenute ingiustamente. Tutti i discorsi su amnistia e l’indulto auspicati dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, dal ministro Cancellieri e condivisi da vari esponenti politici si sono arenati, congelati. Gli unici che continuano la battaglia sono i Radicali con Marco Pannella impegnato in scioperi della fame e della sete e i simpatizzanti del suo partito impegnati in sit-in davanti alle carceri italiane. In realtà, il ministro Cancellieri al centro di una bufera per il caso Ligresti continua ad esercitare pressioni affinché il Parlamento prenda in considerazione il tema del sovraffollamento delle carceri ma, in realtà, il ministero è al lavoro per una riforma della custodia cautelare che interesserebbe i famosi 24.600 detenuti citati nelle prime righe. Di questi 24.600 carcerati ci sono 8.657 persone accusate di spaccio di droga, 3.564 di rapina e 2.792 di omicidio volontario. I restanti 9.587 detenuti sono in carcere per estorsione, ricettazione, furto e violenza sessuale. Ci sono poi da ricordare i 1.000 detenuti per la legge Bossi-Fini che trasforma in reato la condizione di clandestinità. Ma cosa c’è dietro alla non volontà di approvare l’amnistia e l’indulto? Secondo alcuni partiti, il mascherato tentativo di fornire un salvacondotto a Berlusconi, la paura che i diritti dei detenuti possano prevalere sul diritto alla sicurezza degli italiani, la violazione del principio di legalità e certezza della pena. Si teme che il messaggio che potrebbe essere letto dagli italiani di fronte a un simile provvedimento equivalga a “si può delinquere, tanto prima o poi arriva l’indulto”. Schierati contro amnistia e indulto spiccano il Movimento 5 stelle e i Renziani. Ciò che è assurdo è proprio che sia Beppe Grillo che Matteo Renzi in passato si erano espressi favorevoli all’amnistia e all’indulto. Nel 2011 Beppe Grillo scriveva sul suo blog: “Marco Pannella si sta battendo per una causa giusta, contro le morti in carcere, ogni anno più di 150, molte di queste oscure e riportate purtroppo con regolare cadenza su questo blog. Non ci vogliono più carceri, ma meno detenuti”. Nel 2012 il sindaco di Firenze, Matteo Renzi scriveva al leader dei Radicali: “Con grande apprensione e la piena solidarietà, da oggi introdurremo nelle nostre priorità istituzionali le necessarie misure affinché si possa limitare e riparare al collasso della giustizia e della sua appendice ultima delle “catacombe” carcerarie, luoghi di sofferenze atroci, di tortura e di morte quotidiana sperando, con forza e caparbietà, che il Parlamento italiano conceda un provvedimento di amnistia e si attivi con atti urgenti per porre rimedio all’emergenza carceraria, al vergognoso sovraffollamento delle nostre strutture penitenziarie, non come soluzione ma come punto di partenza per una riforma strutturale della giustizia, con misure alternative alla carcerazione, in primis per i tossicodipendenti”. Nel 2013 il Movimento 5 stelle ha guadagnato poltrone alla Camera e al Senato, il Pd si avvia alle primarie e il sindaco di Firenze ha buone possibilità di vincere quindi: se Grillo e Renzi continuassero a sposare questa causa perderebbero voti e consensi. Non sia mai! Giustizia: colpiscono la Cancellieri per evitare le riforme e l’amnistia di Dimitri Buffa www.clandestinoweb.com, 24 novembre 2013 Non è difficile capire il perché di tanto accanimento mediatico - forcaiolo contro Anna Maria Cancellieri da parte di quotidiani come “Il Fatto”, “Repubblica” o in parte lo stesso “Libero”, per non parlare dei talk show di massimo ascolto tipo “Ballarò” o “Servizio pubblico”: sono le idee precise e coraggiose di questo ministro in materia di riforme della giustizia e di carceri che fanno paura. E lei che è molto coraggiosa, o almeno dimostra di esserlo, se il giorno dopo il voto di non sfiducia incassato alla Camera con 405 voti a favore aveva subito rilanciato sull’amnistia e sull’indulto come unici mezzi per affrontare l’emergenza ed evitare le super sanzioni della Corte europea dei diritti dell’uomo del prossimo maggio, oggi in un convegno dedicato a questi temi e alle riforme possibili in materia di giustizia ha di nuovo evidenziato come vada cambiata la ratio della custodia cautelare e quella della pena. In pratica la Cancellieri non si è messa “a cuccia”, come pure dall’interno del governo Letta qualcuno le ha consigliato, ma ha continuato da dove era stata interrotta. Nel convegno di oggi ha ricordato la pesante sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo che incombe sull’Italia in seguito al caso Torreggiani e ha tracciato tre linee di riforma del sistema penitenziario che dovranno essere attuate entro maggio: maggior ricorso alle pene alternative, più attività lavorative e ricreative e nuove e migliori strutture. “Una prima linea d’intervento è sul fronte normativo - ha detto il ministro - dove vanno ridotti i flussi d’ingresso e garantito un accesso più fluido alle pene alternative al carcere”. Poi ha sottolineato la necessità di “un mutamento del regime di detenzione”. La Cancellieri ha stigmatizzato una delle spietatezze burocratiche del sistema carcerario, quella per cui tutti i detenuti, a prescindere dal reato commesso, trascorrano al massimo due ore fuori dalla cella. E ha promesso che “entro aprile l’80% dei detenuti potrà trascorrere otto ore fuori dalla cella e dedicarsi ad attività lavorative, sportive e musicali.” Non manca ovviamente “un terzo fronte”. Che riguarda la “creazione di nuovi posti carcere” e un “cambiamento del modello di carceri che abbiamo”. “Molte strutture risalgono al periodo dell’Unità d’Italia, al periodo borbonico - ha detto l’ex prefetto - e entro maggio avremo 4500 posti letto in più e nel 2015 altri 12 mila”. Nel frattempo si deve lavorare soprattutto “sull’ammodernamento, su nuove strutture sulla falsariga di carceri modello come quelli di Bollate, Firenze e Rebibbia”. Ovvio che dal punto di vista di chi ragiona come certi pm che si vedono nei talk show di maggiore audience, o i loro interfaccia mediatici, tanto iper attivismo non vada giù. Il loro teorema è che adesso la Cancellieri “vista la figura che ha fatto”, dovrebbe starsene zitta e fare occupare di carceri e di giustizia gli altri. Cioè loro. Magari anche quelli che hanno non poco contribuito a buttarci nella attuale situazione di paese super condannato in Europa per le vessazioni che infligge ai propri detenuti e per la scarsa qualità delle sentenze penali e civili. Nonché per la loro lentezza nell’arrivare a un giudicato. Per non parlare delle migliaia di errori giudiziari, duemila l’anno negli ultimi 25 anni come dicevano i dati tirati fuori dal “Tempo” in un’inchiesta rimasta memorabile perché fatta riesumando numeri che i burocrati di via Arenula tenevano ben nascosti anche all’attuale ministro. Insomma quelli che vivono di “giustizia spettacolo” non ne vogliono sapere delle idee della Cancellieri che vanno sotterraneamente “combattute” criminalizzando lei e tutta la sua famiglia. Ma la Cancellieri, cui va il nostro appoggio incondizionato per il lavoro sinora svolto e per quello che svolgerà, ha già dimostrato di essere forse l’unico ministro di questo governo ad avere quelle famose “palle d’acciaio” di cui altri si sono vantati in Europa in maniera quanto meno avventurosa. Daje così Annamaria. Giustizia: Cancellieri; più pene alternative, celle aperte 8 ore e Garante dei detenuti Ansa, 24 novembre 2013 Nel corso del suo intervento a un convegno sul sistema carcerario il ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri ha ricordato la pesante sentenza della Corte Europea dei diritti dell’Uomo che incombe sull’Italia in seguito al caso Torreggiani e ha tracciato tre linee di riforma del sistema penitenziario che dovranno essere attuate entro maggio: maggior ricorso alle pene alternative, più attività lavorative e ricreative e nuove e migliori strutture. “Una prima linea d’intervento è sul fronte normativo - ha detto il ministro - dove vanno ridotti i flussi d’ingresso e garantito un accesso più fluido alle pene alternative al carcere”. Il secondo fronte riguarda il mutamento del regime di detenzione: il ministro ha ricordato come al momento tutti i detenuti, indipendentemente dal reato commesso, trascorrano al massimo due ore fuori dalla cella: “Entro aprile l’80% dei detenuti potrà trascorrere otto ore fuori dalla cella” e dedicarsi ad attività lavorative, sportive, musicali”. “Stiamo lavorando sul regime di detenzione - ha spiegato il ministro, prima il detenuto aveva solo due ore di libertà, indipendentemente dal tipo di reato, è invece importante che escano”. Il Ministero sta anche “lavorando con la Siae” per poter far musica in carcere, “che è forte elemento di aggregazione”. Il dicastero della Giustizia è anche al lavoro, con le squadre di atleti della Polizia penitenziaria, per fare in modo che, in queste otto ore, i detenuti pratichino anche attività sportive. “Il terzo fronte riguarda la creazione di nuovi posti carcere e soprattutto un cambiamento del modello di carceri che abbiamo” ha proseguito il ministro. “Molte strutture risalgono al periodo dell’Unità d’Italia, al periodo borbonico. Entro maggio avremo 4.500 posti letto in più e nel 2015 12mila posti in più, ma bisogna lavorare soprattutto sull’ammodernamento, su nuove strutture sulla falsariga di carceri modello come quelli di Bollate, Firenze e Rebibbia”. Introdurremo il garante del detenuto “Introdurremo la figura del garante nazionale del detenuto”. Lo ha detto il ministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri, durante il suo intervento ad un convegno a Milano sui carceri italiane. Il ministro ha voluto sottolineare che la nuova figura “sarà molto operativa, la faremo, e dobbiamo fare in modo che attorno ci sia una fascia di assistenza legale, perché ci sono molti detenuti abbandonati a se stessi”. Il ministro della Giustizia ha ricordato che “in alcune realtà, sia pure ancora esigue (Roma Rebibbia, Firenze, Milano Bollate) si sono realizzate positive esperienze di attivazione di sportelli di supporto legale per i detenuti, grazie all’opera volontaria e gratuita anche di personalità di rilievo. Si tratta di buone prassi che possono essere estese e eventualmente regolamentate nell’ambito di un testo normativo organico”. La creazione di un Garante nazionale “costituirebbe un passo significativo verso la costituzione di quell’organismo nazionale indipendente la cui istituzione è prevista dal Protocollo opzionale della Convenzione contro la tortura, già ratificato dall’Italia, e per il quale il nostro Paese ha un anno (che scadrà a maggio 2014) per darvi attuazione”. Andremo in Europa a testa alta L’Italia, a maggio, andrà in “Europa a testa alta a raccontare quello che ha fatto” sulle carceri. Lo ha assicurato il ministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri, durante un convegno a proposito delle misure che l’Italia deve adottare per uscire dalla procedura europea di infrazione per il sovraffollamento e le condizioni di vita dei detenuti nelle carceri italiane. “C’è già un’inversione di tendenza - ha proseguito, siamo passati dai 69.900 detenuti del 2010 ai 64.900 di oggi. L’Europa ci ha fatto sapere che apprezza il miglioramento del sistema normativo e organizzativo. L’Italia a maggio andrà a testa alta in Europa a raccontare quello che ha fatto”. Giovani del Pd contestano ministro Cancellieri I manifestanti hanno chiesto le dimissioni del Guardasigilli e ironizzato sul caso Ligresti con il gioco del Monopoli. Un gruppetto dei Giovani Democratici, sezione giovanile del Pd, sabato mattina ha contestato il ministro Anna Maria Cancellieri, in occasione della sua partecipazione a un convegno su giustizia e carceri. “Ci sono stati 26 morti per suicidio in carcere da quando è iniziato il mandato del ministro Cancellieri - ha detto Giacomo Marossi dei Giovani Democratici Milano - mentre solo una detenuta ha ricevuto un trattamento degno. Siamo qui per chiedere le di dimissioni del ministro, che ha dimostrato un trattamento ineguale per i detenuti. Esistono detenuti di Serie A, che hanno il numero di telefono del ministro memorizzato sul cellulare, e detenuti di Serie B, che non hanno alcuna via preferenziale”. I manifestanti, una dozzina, hanno letto ad alta voce i nomi di tutti i detenuti morti in carcere. Ma la contestazione ha assunto anche il tono dello sberleffo, alcuni dei Giovani Democratici distribuito carte stile “Imprevisti” del gioco “Monopoli” che recitano: “Telefonata della Cancellieri-Esci di prigione”. “Le probabilità, per un detenuto italiano di ricevere il medesimo trattamento della Ligresti sono 1 su 65.000. Contestiamo la cancellieri per aver piegato ai suoi personali interessi l’apparato giudiziario e carcerario. Denunciamo - ha detto Giacomo Marossi, segretario cittadino - lo scandalo di questa raccomandazione che, seppur legale, assume un aspetto tragico di fronte alle condizioni drammatiche delle carceri italiane. Uno sputo in faccia alle migliaia di detenuti non figli di e non eccellenti che scontano tra mille sofferenze la loro pena”. “Ci chiediamo però se il ministro - conclude - si sia speso nello stesso modo per ognuna delle 26 persone morte suicide in carcere durante il suo mandato e per tutte quelle che hanno rischiato la stessa triste fine”. Ferri: valorizzare il volontariato all’interno degli istituti “Occorre puntare sulla valorizzazione del ruolo del volontariato all’interno degli istituti penitenziari”. Lo ha sottolineato il sottosegretario alla Giustizia Cosimo Maria Ferri, partecipando oggi a Milano al Convegno organizzato da Sesta Opera, associazione di volontariato penitenziario, dedicato al tema del volontariato all’interno delle strutture penitenziarie. Il volontario è infatti, ha sottolineato il sottosegretario, un soggetto di riferimento e supporto per il detenuto anche sotto il profilo dell’assistenza al recluso in relazione al percorso penitenziario ed alle prospettive di ammissione ai benefici alternativi alla detenzione. In alcune realtà è già attivo uno “sportello” di informazione e ausilio per i detenuti ed i loro familiari, in grado di orientare i soggetti che si trovano a dover affrontare un’esperienza detentiva nelle istanze alla magistratura di sorveglianza e negli altri percorsi rieducativi. Si tratta di un’esperienza da diffondere e rafforzare, anche per la sua diretta incidenza sul versante del sovraffollamento delle carceri. È quindi necessario, ha concluso Ferri, “uscire dalla occasionalità di esperienze anche eccellenti, ma che non fanno fare un salto di qualità al sistema attraverso una politica a due tempi quindi, che garantisca, assieme ad un irrobustimento delle garanzie di difesa del cittadino un potenziamento delle misure di risocializzazione”. Molteni: non sono dei villaggi turistici “Abbiamo massimo rispetto per la dignità dei detenuti che è un diritto, ma i penitenziari non sono dei villaggi turistici. La proposta del ministro dimezzato Anna Maria Cancellieri di istituire nelle carceri attività ludico ricreative di musica e sport oltre a 8 ore d’aria per i detenuti rappresenta l’ennesimo schiaffo morale nei confronti delle vittime dei reati e nei confronti delle forze dell’ordine che con fatica e difficoltà garantiscono la sicurezza dei cittadini. Dalla bocca del ministro non esce mai una sola parola a favore delle vittime dei reati e questa è una vera e propria ingiustizia”. Lo dichiara Nicola Molteni, capogruppo della Lega Nord in commissione giustizia di Montecitorio. Giustizia: Antigone; istituire subito Garante diritti delle persone private della libertà Ristretti Orizzonti, 24 novembre 2013 Dichiarazione di Patrizio Gonnella, presidente di Antigone: “Va istituito subito il Garante nazionale delle persone private della libertà. Bisogna dare a chi è nelle mani dello Stato spazi e occasioni adeguate di tutela. L’Italia ha l’obbligo di introdurlo nell’ordinamento giuridico entro aprile 2014. Infatti ha ratificato il Protocollo Opzionale alla Convenzione contro la Tortura che ci costringe a dare vita a un Organismo Nazionale di Ispezione, Prevenzione e Monitoraggio. Lo hanno già fatto molti paesi europei: l’Inghilterra, la Francia, la Germania, la Spagna. Paesi governati da forze politiche di destra o di sinistra. Dal 1997 in Italia si parla della figura dell’Ombudsman che abbia compiti di ispezione e protezione dei diritti delle persone chiuse in carceri, caserme, commissariati, Cie. Esistono già pendenti varie ipotesi di legge. L’On.le Coccia ha ripreso la proposta di legge di iniziativa popolare. Al senato vi è la proposta di Luigi Manconi. Si faccia subito. È questa una delle tre leggi iniziativa popolare sulle quali sono state raccolte le firme da tantissime associazioni: A nome di A Buon diritto, Acat Italia, L’Altro Diritto, Associazione 21 luglio, Associazione difensori di Ufficio, A Roma, insieme - Leda Colombini, Antigone, Arci, Associazione Federico Aldrovandi, Associazione nazionale giuristi democratici, Associazione Saman, Bin Italia, Consiglio italiano per i rifugiati - Cir, Cgil, Cgil - Fp, Conferenza nazionale volontariato giustizia, Cnca, Coordinamento dei Garanti dei diritti dei detenuti, Fondazione Franca e Franco Basaglia, Fondazione Giovanni Michelucci, Forum Droghe, Forum per il diritto alla salute in carcere, Giustizia per i Diritti di Cittadinanzattiva Onlus, Gruppo Abele, Gruppo Calamandrana, Il detenuto ignoto, Itaca, Libertà e Giustizia, LILA Onlus - Lega Italiana per la Lotta contro l’Aids, Medici contro la tortura, Naga, Progetto Diritti, Ristretti Orizzonti, Rete della Conoscenza, Società della Ragione, Società italiana di Psicologia penitenziaria, Unione Camere penali italiane, Vic - Volontari in carcere.” Benevento: dramma nel carcere di Capodimonte, detenuto 29enne si impicca in cella Ristretti Orizzonti, 24 novembre 2013 Lo hanno trovato impiccato con una coperta alla finestra della cella nella quale era detenuto da qualche tempo. Suicidio, ipotizzano al momento gli inquirenti per la morte di M.I., un 29enne originario di Taranto. Il dramma si è consumato ieri pomeriggio nel carcere di contrada Capodimonte. A far scattare l’allarme sono stati gli agenti della Polizia penitenziaria che durante un normale giro d’ispezione hanno trovato il giovane già morto. Secondo una prima ricostruzione, dopo aver strappato a strisce la coperta che era sul suo letto, il detenuto avrebbe legato un lembo alle sbarre della finestra. A quel punto si sarebbe stretto l’altro capo al collo e si sarebbe lasciato andare. All’arrivo degli agenti, purtroppo, non c’era già più nulla da fare. Inutile l’intervento dei medici della struttura detentiva e dell’ambulanza. Su disposizione del sostituto procuratore Nicoletta Giammarino, sul posto è intervenuto il medico legale, la dottoressa Monica Fonzo, che ha effettuato il sopralluogo. Successivamente, al termine dei primi accertamenti, il magistrato ha disposto il trasferimento della salma nell’obitorio dell’ospedale Rummo. Nelle prossime ore sarà eseguita l’autopsia che dovrà accertare le cause della morte. Non è la prima volta che nel carcere di Benevento si registrano episodi del genere. Lo scorso 14 ottobre un poliziotto penitenziario aveva salvato un altro detenuto che aveva tentato di togliersi la vita impiccandosi con degli asciugamani. Non era andata così, invece, nell’aprile del 2010 quando Carmine B., 39 anni, di Napoli, che aveva da poco cominciato a collaborare con la giustizia, si era ucciso utilizzando una calzamaglia sportiva che aveva legato alla porta della cella. Ed ancora, precedentemente, nel 2005: un giovane di Benevento, Cosimo Altieri, di 31 anni, si era impiccato con i lacci delle scarpe e Osvaldo R., 61 anni, si era ucciso strozzandosi con un lembo del lenzuolo. Osapp: Polizia penitenziaria non ne può più di lavorare in queste condizioni Presso la casa circondariale di Benevento l’ennesimo tragico, estremo gesto, messo in atto da un detenuto, quello di togliersi la vita tramite l’impiccagione; il fatto e accaduto intorno alle ore 15.20, quando un agente della locale Polizia Penitenziaria, dopo nemmeno una 20 di minuti dopo aver effettuato la conta numerica dei detenuti e aver accertato il suo normale status in vita, duranti il giro nella sezione per la somministrazione della terapia unitamente all’infermiere, giunti presso la stanza del mal augurato , lo vedono appeso alla finestra, immediatamente l’intervento dei due operatori, staccato, adagiato al suole mentre l’infermiere adotta il primo intervento nel cercarlo di rianimare il poliziotto avverte i sanitari il comandante x la prassi del caso, immediato l’arrivo degli stessi, gli uni ne attestano il decesso e l’altro inizia purtroppo le modalità giuridiche avvisando in primis il magistrato di turno e prassi a seguire. Oltre al dispiacere che si vuole sottolineare da parte del personale di Polizia Penitenziare per il decesso di un giovane di anni 29, e con rabbia che si grida che la Polizia non ne può più di lavorare in condizioni date dalla carenza di personale e dal sovraffollamento dei detenuti, Benevento a tutto ciò non ne è immune, le istituzione a vari livelli blaterano da tempo remote soluzioni o ipotesi in tal senso, ma a tutt’oggi nulla di fatto o in atto. Non occorre costruire nuovi carceri, basta avviare quelli esistenti da tempo e mai avviati per carenza di personale, tagli economici ad ambio raggio; Amnistia / Indulto ammortizzatore temporaneo, non risoluzione, bisognerebbe incominciare da riforme strutturali in materia di giustizia / detenzione, pene alternative. Con fiducia si spera che il governo ascolti le OO.SS. di categoria in tal proposito, ormai si è al collasso sia x detenuti che x gli agenti della Polizia Penitenziaria. Giovani Democratici: profondamente colpiti dal suicidio nel carcere di Benevento “Siamo profondamente colpiti dal suicidio di un giovane ragazzo nel carcere di Benevento. Questo è l’ennesimo dramma che si consuma all’interno degli istituti penitenziari italiani, sempre più somiglianti a veri e propri lager che a luoghi di riabilitazione sociale, come previsto dalla nostra Costituzione”. Così in una nota congiunta Antonella Pepe, segretario regionale Gd Campania, Antonio Iavarone, segretario provinciale Gd Benevento, Raffaele Bonavita, responsabile legalità Gd Benevento. “Di fronte a queste tragedie nessuno può guardare dall’altra parte. Come ha più volte ammonito l’Europa, il sistema carcerario italiano lede i diritti umani, punisce il disagio anziché contenerlo”, aggiungono. “Come Giovani Democratici, insieme a tante associazioni, abbiamo da luglio avviato una campagna di sensibilizzazione e con i nostri eletti in Parlamento - in particolare Valentina Paris, Fausto Racini e Laura Coccia - abbiamo presentato delle proposte di legge riguardanti: il grave sovraffollamento, ormai endemico, l’introduzione del reato di tortura, l’istituzione del garante nazionale dei detenuti e la depenalizzazione di alcuni reati come quelli collegati all’uso delle droghe leggere. La civiltà di un Paese si misura dall’attenzione ai luoghi del disagio, per questo saremo promotori nelle prossime settimane di ulteriori iniziative di riflessione, a partire dalla provincia di Benevento”. Taranto: Sappe; detenuti protestano contro sovraffollamento con pentole contro inferriate Ansa, 24 novembre 2013 Circa 200 detenuti ieri sera hanno sbattuto violentemente le pentole contro le inferriate delle celle e hanno gettato nei corridoi alcuni oggetti per protestare contro le condizioni di vita nel carcere di Taranto, dove il numero dei reclusi supera più del doppio la capienza massima. Lo rende noto Federico Pilagatti, segretario nazionale del Sappe, sindacato di polizia penitenziaria. “Durante la protesta - spiega il sindacalista - sono state anche danneggiate alcune serrature di alcune stanze. Il Sappe nei giorni scorsi aveva avena informato il prefetto della situazione presente presso il carcere di Taranto e quanto avvenuto nella serata di ieri lo sta a dimostrare”. Fortunatamente, aggiunge Pilagatti, “si è evitato il peggio grazie al sangue freddo ed alla professionalità degli operatori penitenziari che sono riusciti dopo alcune ore a ristabilire la calma. Il Sappe mercoledì prossimo incontrerà il provveditore regionale “a cui chiederà - osserva Pilagatti - di rivedere il piano di apertura di una nuova sezione detentiva in concomitanza dei lavori di costruzione di una sezione per 200 posti in mancanza di un adeguamento concreto di personale di polizia penitenziaria”. Se ciò non avverrà, conclude il segretario del Sappe, “le manifestazione di protesta saranno molto dure e pesanti poiché non si può giocare con la sicurezza e la vita dei poliziotti penitenziari e dei cittadini di Taranto”. Teramo: i Radicali visitano il carcere di Castrogno, Pannella abbraccia Rosci tra le sbarre Il Centro, 24 novembre 2013 I radicali tornano a far visita a Castrogno ed incontrano i detenuti del carcere teramano, tra i quali anche Davide Rosci, condannato in primo grado a sei anni per gli scontri di Roma del 2011. Assieme a Rosci, i radicali Marco Pannella, Rita Bernardini, Vincenzo Di Nanna, Ariberto Grifoni, Rosa Quasibene ed il consigliere regionale del Pdl Riccardo Chiavaroli hanno incontrato i 403 detenuti rinchiusi nella casa circondariale di Teramo: una visita che è stata molto apprezzata dagli ospiti del carcere i quali, sostengono i radicali, hanno acclamato Pannella con cori e applausi. I detenuti hanno chiesto informazioni in merito all’iter per l’amnistia e l’indulto in Parlamento, ma hanno anche raccontato le proprie storie ed esperienze in carcere. C’è chi da 6 mesi non rivede la propria figlia di 11 anni, e chi non può più permettersi un avvocato. “Castrogno ha una capienza di 231 posti, dei 403 detenuti 290 sono in regime aperto”, dichiara Bernardini. “tutto ciò è illegale, i condannati scontano una pena illegale, per la quale l’Italia è stata anche condannata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. La maggior parte delle persone vive in cella o in corridoio, non c’è attività scolastica, formazione professionale che reinserisca il detenuto nella società e vi sono problemi di salute”. Bernardini sostiene come il personale del carcere sia insufficiente, così come gli educatori, gli psicologi ed il personale sanitario. “Il magistrato di sorveglianza dovrebbe visitare frequentemente il carcere, dato che è responsabile del trattamento delle persone rinchiuse, e dovrebbe accertarsi delle loro condizioni di vita, ma qui non l’hanno mai visto”, continua il segretario dei radicali, in sciopero della fame assieme a Pannella per sensibilizzare l’opinione pubblica sui temi dell’amnistia e dell’indulto. I radicali intendono sollecitare il Parlamento affinché venga calendarizzata la questione della giustizia sollevata anche dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Sandro Petrongolo Belluno: grazie al Progetto Esodo 200 percorsi individuali di reinserimento dei detenuti di Martina Reolon Corriere delle Alpi, 24 novembre 2013 Quasi 200 percorsi di inclusione sociale e lavorativa negli ultimi tre anni. È il bilancio dell’attività svolta in provincia di Belluno grazie al progetto Esodo, voluto da Fondazione Cariverona, dalla Caritas diocesana e dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria - Provveditorato regionale per il Triveneto, con l’obiettivo di garantire il recupero sociale e il reinserimento lavorativo dei detenuti, ex detenuti e persone in esecuzione penale esterna. L’iniziativa, oltre a quella di Belluno, ha coinvolto le province di Verona e Vicenza. In totale la Fondazione ha investito oltre 5 milioni di euro in tre anni, nel Bellunese poco più di un milione: 440 mila euro nel 2011, circa 280 mila nel 2012 e nel 2013. La ripartizione territoriale delle disponibilità economiche ha tenuto conto anche della concentrazione della popolazione carceraria nei diversi territori: Belluno costituisce circa il 20%. Alla cifra complessiva si aggiungono all’incirca 140 mila (3%) per le azioni di coordinamento provinciale e interprovinciale. I risultati dei primi tre anni del progetto Esodo sono stati forniti durante un convegno tenutosi venerdì mattina al Teatro Ristori di Verona. Tre le aree di azione in cui si è declinato il progetto. In quella della formazione a Belluno sono stati attivati 8 corsi che hanno coinvolto 60 partecipanti, per un totale di 920 ore di formazione erogate. Nell’area residenzialità sono state realizzate complessivamente 7 accoglienze abitative con l’erogazione di 1.417 giornate di residenzialità. I percorsi conclusi hanno avuto una durata media di 7,6 mesi. Al 31 agosto 2013 erano inoltre 30 i percorsi di sostegno alla persona attivati, con oltre 769 colloqui. Un centinaio infine i progetti per l’inclusione lavorativa, modulati in base alle capacità e alla tenuta delle persone prese in carico. Nel dettaglio, 30 azioni di orientamento, un inserimento in laboratori occupazionali, 31 tirocini con durata media di circa 6,2 mesi e 38 contratti di lavoro prevalentemente a tempo determinato. I contratti occupazionali hanno riguardato per il 90% circa cooperative sociali e per il 10% aziende e imprese. Per tutte le azioni proposte, nella maggior parte dei casi, nello specifico oltre la metà, si è trattato di detenuti. Non sono mancati però ex detenuti e persone soggette a misure alternative e cautelari. Scopo del progetto è quello di portare dignità all’interno delle carceri. Uno degli strumenti più importanti per raggiungere quest’obiettivo è assicurare il lavoro all’interno e all’esterno del carcere. Nuoro: lavoro per dimenticare il carcere, progetto con 10 ex detenuti oggi in libertà vigilata di Francesco Pirisi La Nuova Sardegna, 24 novembre 2013 Dopo il carcere, la prospettiva di una vita nuova nelle aziende agricole della provincia. È l’esperienza che vivono 10 ex detenuti del Nuorese, oggi in libertà vigilata. Un progetto di reinserimento pianificato dalla Provincia dentro il bando “Ad Altiora” dell’Unione Europea. Partner dell’iniziativa: cooperative sociali ed enti pubblici, a iniziare dall’Uepe (Ufficio esecuzione penale esterna) del ministero della Giustizia. Ieri la presentazione nella sala del vecchio mercato civico, dove hanno trovato spazio i banchi di prodotti delle aziende che in questi mesi accolgono i borsisti,, che rimarranno occupati sino a gennaio. Ne hanno parlato, per la Provincia il coordinatore del progetto, Tullio Sanna, e l’assessore delle Politiche sociali, Giuseppe Dessena. Altri elementi di illustrazione da Antonello Comina e don Pietro Borrotzu presidenti rispettivamente delle cooperative sociali “Il Seme” e “Ut Unum Sint” che hanno selezionato i detenuti e fatto il monitoraggio sull’andamento del progetto. I borsisti sono originari di Nuoro, Oliena, Onifai, Loculi, Desulo e Siniscola. Tutti con pene per lo più in scadenza nel 2014. Con loro anche un cittadino rumeno, il più giovane della compagnia. In questi primi 8 mesi hanno lavorato nelle attività di coltivazione e agriturismo. Nell’ex mercato sono stati loro i protagonisti. Pietro Puggioni, 50 anni di Loculi, ex guardia penitenziaria: “Sono impiegato nell’azienda Ruiu, un’esperienza positiva anche sotto l’aspetto umano: ho trovato un’altra famiglia. Mi hanno occupato nell’allevamento, nell’agriturismo e nella fattoria didattica”. Otto mesi nei campi per cercare di dimenticare anche la brutta vicenda giudiziaria: 2 anni e 8 mesi di condanna per avere consegnato in carcere un coltello a un detenuto: “Ho sbagliato e pago, anche se avrei sperato in una seconda possibilità, magari con un impiego non a contatto con le celle”. Bilancio di lavoro e reinserimento oltre le aspettative anche per Gianfranco Corda, 50 i anni di Nuoro, e Antonio Selis, 29 anni di Siniscola, impiegati a Fonni nell’azienda Serusi, specializzata nell’agricoltura biologica. Parla la padrona, Giovanna Loi: “Sono come dei figli. Sono animati da tanta buona volontà e dal desiderio di chiudere col passato. E pensare che all’inizio eravamo un pò titubanti sul fatto di aderire al progetto: confronti di chi sta in carcere c’è sempre una certa ritrosia”. Le stesse cose le raccontano i titolari dell’azienda Sos Astores di Fonni, che hanno accolto il nuorese Santino Gusai, Sebastiano Lutzu, di Mamoiada e il giovane rumeno. E così Giovanni Maria Pala, dell’azienda Su Gardosu di Galtellì. La speranza di tutti gli ex carcerati è che il progetto possa continuare oltre la scadenza di gennaio. L’opportunità più interessante è il bando ““Lav…Ora”“ della Regione: una serie di progetti personalizzati, dove si indica soggetto svantaggiato, azienda pronta all’assunzione e attività. “Abbiamo fatto la richiesta e speriamo bene”. spiega l’assessore Giuseppe Dessena. San Severo (Fg): 5 detenuti al lavoro per il Comune, si occuperanno di pulizia e verde pubblico Apcom, 24 novembre 2013 Saranno cinque i detenuti della Casa Circondariale di San Severo che grazie al protocollo di intesa firmato dal Comune svolgeranno volontariamente mansioni di pulizia e manutenzione del verde pubblico. Infatti, in questi giorni, il Sindaco Gianfranco Savino ha sottoscritto un protocollo di intesa con la Casa Circondariale relativo al progetto sperimentale per lo svolgimento di attività di utilità sociale a favore della comunità locale da parte di cinque detenuti. L’intesa rientra nell’ambito del protocollo d’intesa triennale stipulato tra L’Associazione nazionale comuni d’Italia (Anci) la regione Puglia ed il Provveditorato regionale dell’Amministrazione Penitenziaria per la Puglia (Prap), per la promozione di attività lavorative extramurarie dei detenuti in favore delle comunità locali. Il protocollo è stato sottoscritto, oltre che dal Sindaco di San Severo, dal Direttore della Casa Circondariale Dr. Francesco Paolo Sagace, il Comandante della Polizia Penitenziaria Commissario Giovanni Serrano e dall’Assessore al personale Raffaele Bentivoglio. Attualmente nella Casa Circondariale di San Severo sono ristretti circa un centinaio di detenuti. L’intesa realizzata tra Comune ed Amministrazione Penitenziaria contribuirà a garantire l’inserimento sociale della popolazione detnuta. Ascoli: accordo tra Tribunale e Ente Costiero, i detenuti puliranno spiaggia di Alba Adriatica Il Messaggero, 24 novembre 2013 I detenuti del carcere di Ascoli Piceno, aiuteranno il Comune nella pulizia dell'arenile di Alba Adriatica. Ma non solo: la collaborazione tra l'ente costiero, la casa circondariale di Marino del Tronto e il tribunale di sorveglianza, consentirà di utilizzare, nel contesto di un programma specifico di recupero, nell'attività di pulizia e manutenzione anche di altre zone del territorio. Il progetto, illustrato dal sindaco Tonia Piccioni, prevede, a partire da metà dicembre con cadenza quindicinale, la presenza di alcuni detenuti che saranno impegnati nelle attività di pulizia. "E' un progetto che abbina l'aspetto di natura sociale" spiega la Piccioni, " e anche alcune specifiche esigenze dell'ente, che deve fare i conti con forze umane sempre limitate". Esperti nel reinserimento e l'inclusione sociale, parlano di modalità molto positiva, che altri paesi europei mettono in pratica da decenni. La formula "Detenuti, ma utili" potrebbe essere allargato, anche per dare segno tangibili di un cambiamento, rispetto ad un totale isolamento del carcere nel tessuto sociale del territorio dove opera. Salerno: nel comune di Pazzano un Centro per ospitare i malati psichici dimessi dagli Opg La Città di Salerno, 24 novembre 2013 Il centro di Pazzano trasformato in un carcere per detenuti con problemi psichici. È l’ipotesi a cui sta lavorando la direzione dell’Asl Salerno. Va precisato che al momento, come sottolinea il direttore generale Antonio Squillante, è solo un’ipotesi. “Come azienda sanitaria - spiega il manager - abbiamo un obbligo importante, che è quello di eliminare le strutture Opg (ospedali psichiatrici giudiziari). Per farlo, sono stati previsti dei finanziamenti europei per realizzare strutture per detenuti malati di mente. Stiamo cercando di individuare, in tutta la provincia, i luoghi idonei a ospitarle. Tra le possibili sedi potrebbe esserci anche l’immobile di proprietà dell’Asl che si trova in località Pazzano. Ma non c’è nulla di definitivo, siamo ancora in una fase embrionale e di valutazione”. Per la costruzioni di nuove carceri da destinare ai malati psichici sono stati stanziati diversi milioni di euro. Ma da tempo e da più parti è stata sollevata la necessità del recupero della struttura di Pazzano che, fino a due anni fa, è stata utilizzata come centro diurno per disabili “Sole Luna”, nell’ambito dei servizi sociosanitari del Piano di zona. Da allora, il Centro è chiuso e, da qualche tempo, è diventato ostaggio di vandali e ladri che, in più occasioni, l’hanno devastato. Per la riattivazione si era mosso anche il sindaco Voza, che ha proposto di realizzare nell’edificio, dislocato su due livelli, una comunità per tutelare i non autosufficienti Frosinone: due detenuti sotto accusa per aver estorto denaro a compagni di reclusione Il Messaggero, 24 novembre 2013 Due detenuti del carcere di Frosinone sono accusati di concorso in estorsione e tentativo di induzione a rendere dichiarazioni mendaci all’Autorità giudiziaria. Le indagini iniziate nel luglio del 2013 quando una donna ha tentato di introdurre e consegnare, in occasione dei consueti colloqui, al figlio detenuto all’interno della locale Casa Circondariale la somma di 500 euro. Un tentativo che ha fatto ipotizzare altre attività criminose commesse all’interno del carcere, attività accertate dalle indagini che hanno svelato come i due indagati, già reclusi per fatti di droga, tra le mura carcerarie avevamo messo su una attività estorsiva. I carabinieri hanno quindi accertato che i due, con pestaggi e violenze di ogni genere, avevano letteralmente avuto il sopravvento sul loro compagno di cella il quale chiedeva soldi alla madre per assecondare il volere dei due. Vantavano un credito di circa tremila euro maturato per un non ben specificato spaccio di droga. Per questo la madre, attraverso vari sistemi, era riuscito ad onorare circa la metà del debito. Si sono ripetute poi aggressioni e percosse ai danni del giovane per costringerlo a ritrattare quanto aveva affermato agli investigatori proprio nel corso delle indagini. Mondo: parte dall’Africa la sfida alla Corte penale internazionale di Emma Bonino (Ministro degli Esteri) L’Unità, 24 novembre 2013 In questi giorni si è rischiato un pericoloso indebolimento dell’attività della Corte penale internazionale a causa dei processi aperti contro i massimi vertici politici del Kenya. I procedimenti avviati dall’Aja a carico del presidente del Kenya, Kenyatta, e del suo vice, Ruto, continuano a costituire un elemento di tensione tra la Corte e numerosi Stati africani. I quali hanno chiesto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite di sospenderli per 12 mesi, in applicazione dell’art.16 dello Statuto di Roma. Ieri, all’Aja, si è aperta l’Assemblea degli Stati parte della Corte. A catalizzare gli sforzi delle diplomazie presenti è - appunto - la delicata questione dei rapporti tra la Corte e gli Stati africani. Dobbiamo confrontarci con grande onestà e apertura con queste critiche: quella di parzialità e pregiudizio, frutto della constatazione che il maggior numero di procedimenti della Corte tocchi situazioni avvenute sul continente africano; quella di rappresentare un potenziale fattore di destabilizzazione, quando ad essere perseguiti sono i capi di Stato e di governo - magari anche democraticamente eletti - di Paesi dall’equilibrio istituzionalmente fragile. Dopo il mancato accoglimento venerdì scorso dell’istanza africana alle Nazioni unite, l’Assemblea degli Stati parte, alla quale interverrò stamattina in qualità di ministro degli Esteri italiano, è un’importante occasione di confronto, nella consapevolezza che i momenti difficili presentano anche grandi opportunità di ulteriore crescita e riaffermazione del valore di questa istituzione. E, in questo senso, l’Italia sosterrà ed incoraggerà con convinzione ogni tentativo di trovare soluzioni che, nel pieno rispetto dei principi dello Statuto di Roma, vengano incontro alle esigenze dei paesi africani. Oggi, quindici anni dopo l’adozione dello Statuto di Roma, continuo a ritenere che la Corte rappresenti un baluardo fondamentale nella lotta all’indifferenza verso atrocità come il genocidio, i crimini di guerra e i crimini contro l’umanità. Non solo. Si tratta di uno strumento di pace, di giustizia per le vittime, di diplomazia preventiva e di promozione di una cultura della legalità e della responsabilità individuale. La sua istituzione e i suoi principi in quanto espressione di una determinazione comune a mettere fine all’impunità dei responsabili di crimini disumani, sono oggi più che mai per la comunità internazionale una storica conquista che non può essere messa in discussione. Al di là delle tensioni, al centro delle discussioni dei prossimi giorni saranno le tematiche della cooperazione tra Corte penale internazionale e gli Stati parte e, in particolare, il principio di complementarietà tra giurisdizione penale internazionale e giurisdizioni nazionali, e l’impatto dell’attività della Corte sulle vittime e sulle comunità colpite dai più gravi crimini internazionali. L’attenzione dell’Italia è e rimane focalizzata sulle vittime. Senza giustizia non avranno pace e senza pace non potranno contribuire al processo di riconciliazione nazionale da cui parte la rinascita delle società che hanno subito le più gravi atrocità. Da qui, l’importanza che l’Italia attribuisce alla partecipazione delle vittime nei processi e alla diffusione della conoscenza della Corte presso le comunità colpite. Il messaggio che intendo dare ai miei colleghi è che senza la collaborazione ed il sostegno politico della comunità internazionale la Corte non può perseguire i propri obiettivi. Ma per far questo, è necessario che tutti gli Stati aderiscano e ratifichino lo Statuto di Roma. Se la soglia di 122 Stati parte - ultimo il Costa d’Avorio che ha ratificato lo scorso febbraio - rappresenta un traguardo di rilievo, non può tuttavia dirsi sufficiente ad assicurare la lotta senza confini all’impunità. Allo stesso tempo, gli Stati parte devono assicurare la propria attiva collaborazione con la Corte, in primo luogo nell’esecuzione dei mandati d’arresto emessi a L’Aja, fatto, questo, che non sempre avviene con tempismo. Non dimentichiamo che anche l’Italia, pur avendo promosso l’istituzione della Corte e ratificandone immediatamente lo Statuto, ha poi impiegato un decennio prima di adeguare il proprio ordinamento interno, mettendola così in condizione di cooperare pienamente. Sta a noi tutti gli Stati parte continuare con convinzione e perseveranza ad assicurare il necessario sostegno politico e finanziario alla Corte. Senza collaborazione “attiva”, senza un impegno comune e la determinazione nel voler far funzionare le Corte, la conquista del primo segmento di giurisdizione penale internazionale, così faticosamente ottenuta, si troverebbe insieme indebolita e svilita. Albania: 7 ergastolani evadono dopo essere riusciti a disarmare i guardiani del carcere Associated Press, 24 novembre 2013 Sette detenuti, condannati all’ergastolo per omicidio, sono evasi dalla prigione di Drenova, 170 km a Sud di Tirana. Lo rende noto la polizia albanese. “I carcerati, tutti accusati di omicidio e condannati all’ergastolo, sono armati” sottolinea la polizia chiedendo alla popolazione di rimanere al riparo perché gli evasi “sono pericolosi”. È in corso una imponente caccia all’uomo e sono stati avvisati i Paesi confinanti, Grecia e Macedonia. Per i media di Tirana, i sette sono riusciti a disarmare i guardiani del carcere. Bahrein: arrestati 2 ex detenuti Guantànamo, sospettati di pianificare atto terroristico Amsa, 24 novembre 2013 Le autorità del Bahrein hanno arrestato due cittadini provenienti dai paesi del Golfo, sospettati di pianificare un "atto terroristico" nel regno. I due, la cui nazionalità non è stata resa nota, sono ex detenuti della base americana di Guantànamo, ha riferito un capo della polizia. Secondo quanto riporta l'agenzia ufficiale Bna erano entrati in Bahrain con passaporto falso e una grande quantità di denaro.