Il nero, il colpevole perfetto di Biagio Campailla e Carmelo Musumeci Ristretti Orizzonti, 20 novembre 2013 Che cosa ami negli altri? Le mie speranze. (Nietzsche). Vi ricordate di Roverto Cobertera, l'uomo di colore con doppia cittadinanza domenicana e statunitense condannato all'ergastolo? Per dimostrare la sua innocenza la scorsa estate aveva portato avanti uno sciopero della fame per due mesi e mezzo e per le sue condizioni di salute era stato ricoverato all'ospedale per ben due volte. Per lui la Redazione di "Ristretti Orizzonti" aveva lanciato un appello esortandolo a interrompere il digiuno e chiedendo al Presidente della Camera dei deputati di intervenire in tal senso. Tempo fa, dopo che ci aveva confidato che voleva iniziare di nuovo lo sciopero della fame per riaffermare la sua innocenza, gli avevamo detto: "Roverto, se sei innocente, vale solo per te, per noi e per chi ti crede. A molti là fuori non interessa sapere se tu sei innocente. Gli basta sapere che non eri uno stinco di santo, oltretutto sei pure nero. Ai buoni basta poco per farti sparire dalla società". E lui scrollando la testa con tristezza ci aveva risposto: "L'avvocato mi aveva detto che saremmo stati assolti parlando al plurale, invece sono stato condannato e la condanna la sto scontando solo io al singolare". La sua risposta ci ha fatto sorridere amaramente e gli abbiamo replicato che gli avvocati perdono la causa, ma la galera la scontiamo noi. Ebbene, per lui ora ci sono delle importanti novità perché il suo accusatore, e reo confesso di quell'omicidio, per cui era stato condannato all'ergastolo, ha ritrattato le accuse. E di suo pugno ha scritto all'avvocato di Roverto affermando: "(...) Io non so niente della vita del signor Cobertera Roverto, ma so che a quell'omicidio lui non ha partecipato (...) In tutto quello che io ho detto sull'omicidio non c'è neanche una verità, tutto ciò è stato inventato da me e questo è un peso che non sopporto (...)". Da un paio di giorni Roverto è ringiovanito e non smette più di sorridere perché a giorni il suo avvocato presenterà la richiesta di revisione del suo processo. E la sua gioia è diventata anche la nostra, perché quando esce, e noi speriamo davvero che esca, un ex ergastolano, è un po' come se uscissimo tutti noi. Giustizia: Strasburgo "nelle carceri italiane maltrattamenti e troppi detenuti" di Marco Zatterin La Stampa, 20 novembre 2013 La delegazione di Strasburgo ha visitato le carceri italiane nel maggio scorso. Si può cominciare dall'invito ad "assicurare che i detenuti dell'Ucciardone ricevano regolarmente un adeguato quantitativo di prodotti per l'igiene personale". Oppure da quelli di Vicenza che hanno denunciato "frequenti maltrattamenti fisici, come calci e pugni". O ancora da Bari, dove si è trovata "una cella con undici persone in 20 metri quadrati". Il risultato non cambia. La Commissione per la Prevenzione della tortura del Consiglio d'Europa ha visitato alcune le case di pena italiane e ha scritto un doloroso rapporto con più scuri che chiari. Il che, ovviamente, non rappresenta certamente una sorpresa. La delegazione dell'assemblea strasburghese (che non è una istituzione dell'Ue) ha messo sotto la sua lente le prigioni italiane nel maggio 2012. è stata in sei penitenziari, tre centri psichiatrici e uno di detenzione e espulsione per extracomunitari (Bologna). Il dramma di fondo è la "preoccupazione per il sovraffollamento persistente" dei bagni penali, sebbene, "in generale, i detenuti hanno parlato favorevolmente delle condizioni del trattamento". Però le botte fanno male, a chi le subisce e all'immagine del Paese. I commissari raccontano di "alcune denunce di maltrattamenti o uso eccessivo della forza" da parte delle forze dell'ordine, al momento del fermo e durante la detenzione: "In numerose occasioni sono state trovate prove mediche per le accuse nei registri sanitari delle prigioni". La maggior parte delle proteste è attribuita a cittadini stranieri, in particolare quelli arrestati nell'area di Milano. Un po' ovunque, i pubblici ufficiali si sarebbero distinti per "abusi verbali di natura razziale". Secondo quanto riferisce l'Ansa, l'allarme maltrattamenti sarebbe legato anche ai casi di Stefano Cucchi (deceduto nel 2009 durante la custodia cautelare), come a quelli della Diaz di Genova del 2011 e di Mario Gugliotta (il giovane picchiato nel 2010 allo Stadio di Roma). I nomi non vengono fatti, ma i riferimenti sono considerati reali, sottolineando che poche indagini su esponenti delle forze dell'ordine hanno portato a condanne. Vengono violati anche i diritti più elementari, avverte il Consiglio d'Europa. A Milano e Missina, si fa notare, non c'è traccia della documentazione cartacea con la traduzione delle garanzie concesse a chi è fermato, cosa che fortunatamente "succede nella maggior parte dei centri". A Palermo, la maledizione si inverte: "Le informazioni vengono date solo agli stranieri e non a chi parla italiano". L'appello al governo italiano perché corregga la situazione segue immediato. In attesa del "Piano carceri", il rapporto nota come dalla missione 2008 a quella 2012 la popolazione carceraria è salita da 59 a 66 mila, mentre la capacità è cresciuta a 43.012 a 45.585. Le condizioni materiali, comunque, "sono per molti aspetti adeguate negli istituti, con l'eccezione dell'Ucciardone, dove gran parte delle celle è in cattivo stato di conservazione e l'igiene lascia molto a desiderare". C'è parecchio da lavorare, dicono a Strasburgo. Visto che si tratta di essere umani, andrebbe fatto in fretta. Giustizia: l'Italia nel mirino di Strasburgo per maltrattamenti sui detenuti Ansa, 20 novembre 2013 In Italia succede troppo spesso che persone fermate dalle forze dell'ordine o incarcerate subiscano maltrattamenti ed anche che le indagini su questi episodi, quando condotte, finiscano senza l'individuazione di precise responsabilità. Questa, in sintesi, la denuncia contenuta nei due rapporti sul Belpaese pubblicati oggi dal Comitato per la prevenzione della tortura (Cpt) del Consiglio d'Europa dopo il via libera giunto dall'Italia. Nei rapporti - redatti sulla base di visite condotte nel nostro Paese nel 2010 e 2012 - oltre che sui maltrattamenti, il Cpt ritorna anche sulla questione del sovraffollamento dei penitenziari, definito nel caso della prigione di Bari "inaccettabile", e sul regime del 41bis, che non deve essere eliminato ma rivisto. Ma è sui maltrattamenti subiti da persone arrestate o incarcerate e sulle misure che l'Italia deve adottare per individuare, indagare e condannare questi casi che i due rapporti si concentrano. Per dimostrare che le autorità non stanno facendo tutto ciò che dovrebbero contro i maltrattamenti il Cpt elenca nei due rapporti una serie di casi. Dalle denunce ricevute soprattutto da persone straniere percosse nella maggior parte dei casi dalle forze dell'ordine nella zona di Milano, a quelle ricevute nella prigione di Vicenza sui maltrattamenti inflitti dalle guardie penitenziarie, o quella di un tunisino picchiato perché, per non essere rimpatriato, aveva ingoiato delle pile. Nel rapporto 2010, pur non facendo i nomi (a cui però si può risalire facilmente in base ai particolari riportati) ma riferendosi solo al "caso A" e "caso B", il Cpt analizza nel dettaglio anche le vicende di Stefano Cucchi e Mario Gugliotta. Oltre a quella, indicata come "caso C", di un detenuto maltrattato nella prigione di Castrogno (Teramo). Attraverso tutti questi esempi il Comitato mette in luce il fatto che spesso i maltrattamenti passano inosservati. E anche quando sono oggetto di indagine, queste raramente portano a delle condanne. Per rafforzare questa sua tesi, il Cpt evidenzia che nel caso di Cucchi e Gugliotta il magistrato davanti al quale furono portati i due non verbalizzò la presenza di lesioni, ne richiese una visita medica immediata, da cui poter trarre elementi per aprire un'indagine. Il Cpt è critico pure sui risultati delle indagini che vengono condotte. Sempre nel caso Cucchi, il Comitato domanda al governo italiano come mai sia stata scartata in fase d'inchiesta l'ipotesi che l'uomo possa essere stato maltrattato prima di arrivare al tribunale di Roma. E per il caso del carcere di Castrogno, sottolinea che l'inchiesta è stata chiusa nonostante ci fosse una registrazione che provava i maltrattamenti. Il Cpt punta poi il dito sulla mancata apertura di un'inchiesta nonostante che nel 2012, nell'arco di due mesi, al carcere di San Vittore vennero redatti ben 18 referti medici su altrettante persone che quasi certamente erano state maltrattate prima di arrivare lì. Infine il Comitato, nel rapporto 2010, critica in modo esplicito il processo sulla vicenda di Bolzaneto e della Diaz durante il G8 di Genova. Secondo il Comitato "il risultato del processo mette in dubbio l'efficacia del sistema che deve determinare le responsabilità delle forze dell'ordine e del personale penitenziario per i maltrattamenti". Giustizia: Gerardi (Radicali); Consiglio d'Europa torna (giustamente) a censurare il 41-bis Public Policy, 20 novembre 2013 "Il Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d'Europa è tornato nuovamente a censurare le misure imposte ai detenuti ristretti al 41-bis, in quanto non rispettose della finalità rieducativa della pena e dei principi di umanità previsti dall'articolo 27 della Costituzione e dai trattati internazionali. Con questo ennesimo monito, il Consiglio d'Europa chiede al Governo e al Parlamento di rendere meno afflittive alcune delle principali misure che caratterizzano il cosiddetto carcere duro, a partire da quella che riduce il tempo trascorso fuori della cella ad appena due ore giornaliere". Lo dichiara in una nota Alessandro Gerardi, membro del Comitato radicale per la giustizia Piero Calamandrei. "Non andrebbe mai dimenticato, infatti, che qualsiasi misura, pur volta esclusivamente alla tutela della sicurezza, non può mai travalicare il confine segnato dal rispetto dei diritti fondamentali degli uomini e portare alla inflizione di trattamenti disumani o degradanti". "Da questo punto di vista - continua Gerardi - il rapporto del Comitato per la prevenzione della tortura dimostra quanto sia giusta e doverosa la lotta nonviolenta che Marco Pannella ha ripreso a condurre dalla mezzanotte dello scorso 11 novembre proprio con l'obiettivo di far fuoriuscire l'Italia dalla condizione di flagranza criminale rispetto alle condizioni delle nostre carceri e allo stato in cui versa l'amministrazione della giustizia". Giustizia: l'Italia fa diventare vittime anche i mafiosi "grazie" al regime di 41-bis di Dimitri Buffa www.clandestinoweb.com, 20 novembre 2013 Nelle carceri italiane anche i mafiosi condannati dopo tre gradi di giudizio appaiono come vittime all'Europa, a cospetto della crudeltà vendicativa dello stato italiano. E questo grazie ai continui inasprimenti del regime detentivo dell'articolo 41 bis del regolamento penitenziario. Come se non bastassero tutte le altre censure che ogni giorno ci piovono in capo dalla Corte europea dei diritti dell'uomo a proposito delle carceri e del loro sovraffollamento che rendono disumano il regime di detenzione e addirittura infernale la carcerazione detentiva, adesso dal Comitato contro la tortura del Consiglio d'Europa, che è un organismo politico e non giudiziario, ci piove in testa questa ulteriore tegola. Sul banco degli imputati, ancora una volta il decreto sicurezza che porta i nomi di Roberto Maroni e dell'attuale ministro dell'Interno Angelino Alfano. Misure ritenute demagogiche, buone solo a creare problemi nelle carceri, varate in questo clima di campagna elettorale permanente nel 2009 a puro scopo propagandistico. C'è da dire che la corte costituzionale ha lasciato ben poco in piedi di quel decreto, ma a preoccupare il comitato europeo contro la tortura è, per esempio, il fatto che i mafiosi non possano "godere" di almeno quattro ore d'aria come tutti i detenuti, anche i più pericolosi, hanno diritto. Poi sotto la lente sono finiti anche i pestaggi tra le quattro mura delle celle o delle camere di sicurezza. Si è parlato del caso di Stefano Cucchi, episodio di infamia assoluta delle istituzioni ormai per antonomasia. Ancorché poi sfruttato politicamente da qualche personaggio in cerca di visibilità. La nuova censura europea sulla giustizia italiana avviene in conseguenza di una visita che questo "Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d'Europa" aveva effettuato in Italia nel maggio 2012, trovando condizioni di sovraffollamento "inaccettabili" come quella del carcere di Bari dove 11 detenuti erano in una cella di 19,60 metri quadri. Nel rapporto si legge anche che nel carcere di Vicenza la delegazione europea avrebbe ricevuto numerose accuse di maltrattamenti fisici, come calci e pugni". E ancora: "un serio sovraffollamento è stata una delle ragioni di preoccupazione in tutti gli istituti visitati". Le condizioni materiali, scrivono quelli del comitato, "erano per molti aspetti adeguate negli istituti visitati, con l'eccezione dell'Ucciardone di Palermo, dove gran parte delle celle erano in cattivo stato di conservazione e il livello di igiene lasciava molto a desiderare". Le strutture sanitarie sono invece giudicate di "buon livello nelle strutture visitate". Ma "rimane problematica la garanzia della riservatezza delle visite mediche dei detenuti e dei dati medici". La delegazione, inoltre, ha ricevuto una serie di denunce di maltrattamenti fisici da parte di polizia e carabinieri, in particolare nella zona di Milano e soprattutto sulla pelle dei cittadini stranieri. Per quanto riguarda la detenzione di immigrati a causa della famigerata Bossi Fini, sono state anche ricevute alcune notizie sull'uso eccessivo della forza da parte di carabinieri e agenti di polizia durante le operazioni di ispezione nel Cie di Bologna. Così, ancora una volta in materia di giustizia, l'Italia è il pregiudicato d'Europa, un vero e proprio stato canaglia che fa compiangere all'Europa persino il destino dei mafiosi condannati in via definitiva all'ergastolo. Giustizia: malattie in carcere, in 5 anni 100 posti in più per i detenuti disabili di Elisa Manici www.superabile.it, 20 novembre 2013 Quanti sono i detenuti disabili o con problemi fisici in Italia? Impossibile quantificarli con precisione, visto che molti si trovano al di fuori delle sezioni appositamente attrezzate: 131 posti per i disabili, 130 per i minorati fisici, 217 per malati di Hiv e 46 per affetti da Tbc. L'Italia è un Paese che vive sulle emergenze. Così, perché l'attenzione dei media si volgesse, sia pur minimamente, verso le condizioni dei detenuti ammalati o disabili, è stato necessario che la ministra Cancellieri finisse nell'occhio del ciclone per l'ormai arcinoto caso Giulia Ligresti. Nei giorni scorsi sono poi avvenuti due episodi che fino a pochi giorni prima non avrebbero avuto risonanza alcuna: il senatore Luigi Manconi è andato a Rebibbia, in visita a un giovane, Brian Gaetano Bottigliero, affetto da grave insufficienza renale al punto da essere in attesa di trapianto, chiedendone la scarcerazione; un detenuto, a Regina Coeli, ha tentato il suicidio cercando di impiccarsi, ma è stato salvato dal suo compagno di cella che vive in sedia a rotelle. Quanti sono, dunque, i detenuti con disabilità o problemi di salute? è un dato quasi impossibile da ottenere con certezza: l'ordinamento penitenziario prevede che le persone in condizioni di salute particolarmente gravi possano espiare la pena fuori dal carcere (quando non rimangono più di 4 anni da scontare), ai domiciliari o in strutture sanitarie, ma per provare a inserirsi in questo percorso è necessaria la perizia di un medico, che può essere smentita dal tribunale di sorveglianza. Si calcola quindi che solo una parte dei detenuti con disabilità o malattie importanti risiedano nelle sezioni apposite delle carceri: nell'episodio del detenuto in carrozzina che ha salvato il compagno di cella, riportato dal garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni, è evidente che il disabile risieda in una cella standard, e non in una sezione apposita. Le celle, per i disabili, sono una trappola infernale, dato che le carceri, per la loro stessa natura, traboccano di barriere architettoniche, e spesso i disabili sopravvivono in qualche modo grazie alla solidarietà dei compagni di cella. Le cifre fornite dal Dipartimento amministrazione penitenziaria, aggiornate al 15 novembre, mostrano che, almeno per quanto riguarda numero di sezioni e disponibilità di posti nelle sezioni ufficialmente deputate a ospitare detenuti con problemi, le condizioni, rispetto a 5 anni fa, sono nettamente migliorate. A fronte di 64.758 detenuti per una capienza di 47.615 posti (dati aggiornati al 30 settembre), i detenuti che si trovano in sezioni mediche non patiscono il problema del sovraffollamento. Disabili. Per disabilità il Dap intende essenzialmente quella fisica: i disabili mentali fanno un altro percorso, negli ospedali psichiatrici giudiziari, ma quella è tutta un'altra partita. Il numero di posti a disposizione è schizzato dai 32 per 16 presenze effettive del 2008, ai 131 posti odierni, per 67 presenze effettive, divisi tra 24 sezioni attrezzate di altrettanti istituti penitenziari. Il numero dei detenuti disabili nelle sezioni dedicate si è quindi quadruplicato negli ultimi 5 anni. Picco massimo a Messina, con 35 presenze per 22 posti, a seguire Parma con 15 presenze, per un totale che arriva a 67, considerando tutto il Paese. Minorati fisici. Questo nome, antiquato e la cui semantica rimanda a un concetto - ampiamente dismesso - di non piena funzionalità sociale della persona, è stato mantenuto nonostante già nel 2008 il suo abbandono fosse annunciato come prossimo. Nell'organizzazione carceraria, si riferisce ai casi in cui la disabilità motoria è più lieve rispetto alla disabilità tout court. Sostanzialmente invariata la situazione di questa categoria rispetto al 2008: allora c'erano 143 posti in 4 sezioni apposite, per 21 presenze, mentre oggi ci sono tra i 130 e 141 posti (a seconda che si consideri la capienza "regolamentare" o quella "tollerabile") divisi in 5 sezioni, per un totale di 26 presenze, 24 delle quali a Parma e 2 a Turi. Hiv. Ci sono in Italia 10 sezioni attrezzate a ospitare malati di Hiv, per un totale di 217 posti, di cui 190 risultano occupati. Le presenze più alte si riscontrano a Regina Coeli, con 36, seguita da Pisa con 31, da Milano Opera con 27, e da Rebibbia con 24. Tbc. Solo l'istituto di Paliano ha una sezione destinata ai malati di Tbc da 46 posti, di cui al momento 6 occupati. Centri clinici. Sono in totale 17 i centri diagnostici terapeutici presenti nelle carceri italiane, per un totale di 614 posti, di cui occupati 542. Il 96 per cento dei detenuti in Italia sono uomini, e il carcere è costruito soltanto a loro misura. Anche per quanto riguarda le sezioni speciali appena elencate, solo quelle per disabili e i centri clinici prevedono qualche posto femminile: uno soltanto per le detenute disabili, e 9 nei centri clinici, per un totale di 13 presenze (il massimo della capienza "tollerabile"). Nelle altre, nessun posto per le donne, a conferma ulteriore del fatto che molti numeri reali sfuggono a questa rilevazione ufficiale. Giustizia: con Marco Pannella per l'Amnistia, da domani sit-in davanti alle carceri Notizie Radicali, 20 novembre 2013 Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano con il suo primo messaggio alle Camere ha sottolineato come i tanti interventi immaginabili per risolvere la situazione inumana delle carceri, e la situazione della giustizia a essa collegata appaiono parziali, in quanto inciderebbero verosimilmente pro futuro e non consentirebbero di raggiungere nei tempi dovuti il traguardo tassativamente prescritto dalla Corte europea. Ritengo perciò necessario - ha scritto il Presidente - intervenire nell'immediato (il termine fissato dalla sentenza ‘Torreggiani' scadrà, come già sottolineato, il 28 maggio 2014) con il ricorso a rimedi straordinari". Che fine ha fatto l'indicazione contenuta nel messaggio di inizio ottobre? ?Che fine hanno fatto i "rimedi straordinari" di amnistia e indulto? ?In Italia la giustizia è ?insensatamente lenta? e senza alcun rispetto dei diritti umani fondamentali, tanto per l'irragionevole durata dei processi ?(violazione art.6 della Convenzione Europea sui diritti dell'Uomo) ?quanto per i trattamenti inumani e degradanti (violazione art. 3 della stessa Convenzione)? a cui sottopone i suoi cittadini detenuti. Le carceri, infatti, sono luoghi gestiti e amministrati dallo Stato, in cui proprio lo Stato quotidianamente costringe i propri rappresentanti a lavorare e operare trasgredendo e oltraggiando le sue stesse leggi. Le istituzioni si dividono: da una parte i vertici lamentano e riconoscono la barbarie in atto, dall'altro l'agenda politica e istituzionale ignora l'emergenza, coperta e legittimata dall'assenza di informazione ?e dibattito ?pubblico sul tema. La necessità di informare gli italiani sulle cause della disfatta della giustizia in Italia è stata riconosciuta dall'Autorità garante per le comunicazioni che ha prescritto alla Rai una compensazione di trattazione e approfondimento, ad oggi del tutto inevasa. Dall'8 gennaio scorso la Corte Europea dei diritti dell'uomo ha accertato in Italia la violazione "strutturale" dell'art. 3 della Convenzione europea che, sotto la rubrica "proibizione della tortura", pone il divieto di pene e di trattamenti disumani o degradanti a causa della situazione di sovraffollamento carcerario in cui 7 dei ricorrenti si sono trovati (tre di loro erano difesi dagli avvocati radicali Giuseppe Rossodivita e Flavia Urcioli)?. La Corte ha affermato, in particolare, che "la violazione del diritto dei ricorrenti di beneficiare di condizioni detentive adeguate non è la conseguenza di episodi isolati, ma trae origine da un problema sistemico risultante da un malfunzionamento cronico proprio del sistema penitenziario italiano, che ha interessato e può interessare ancora in futuro numerose persone" e che "la situazione constatata nel caso di specie è costitutiva di una prassi incompatibile con la Convenzione". Marco Pannella da anni "dialoga" con il potere ricorrendo alla nonviolenza, al Satyagraha, affinché le istituzioni rispettino la propria legalità. Dall'11 al 14 novembre ha condotto un altro sciopero totale della fame e della sete sostenuto dalla mobilitazione nonviolenta di migliaia di detenuti e loro familiari attivati e coordinati dalle sorelle Alessandra e Francesca Terragni. La sua richiesta è rivolta ai Presidenti delle Camere per "convocare i Presidenti dei gruppi parlamentari affinché la questione venga calendarizzata" e al Governo perché agisca fattivamente e si prenda le sue responsabilità. Un'iniziativa ?che, ancora una volta come in passato, vuole arrivare al cuore dello Stato: per trasmettere, attraverso il proprio indebolimento fisico, energia e forza alle istituzioni affinché facciano ciò che devono per rispettare le leggi, i propri annunci, le proprie dichiarazioni. Perché l'Amnistia serve a tutti i cittadini (anche a quelli liberi). Aderisci allo sciopero" A sostegno dell'iniziativa di Marco Pannella, Rita Bernardini (Segretaria Nazionale di Radicali italiani), Marco Beltrandi (già deputato radicale) e la militante radicale pugliese Annarita di Giorgio hanno intrapreso lo sciopero della fame dalla mezzanotte dell'11 Novembre. Per raccogliere ulteriori adesioni all'iniziativa radicale, per ricordare alla politica il messaggio di Napolitano e per dare forza al Ministro Annamaria Cancellieri che ha definito l'amnistia un "imperativo categorico morale", sono previsti sit-in, coordinati da Luigi Mazzotta (membro della Giunta di Radicali italiani) giovedì 21 novembre davanti alle carceri dove familiari innocenti sostano, spesso per ore, prima di poter incontrare per un colloquio il proprio congiunto detenuto. I sit-in si terranno giovedì 21 Novembre a partire dalle ore 9.00 nelle seguenti città: Agrigento: presso il carcere di Sciacca Caserta: presso lanuova casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere (dalle ore 7.00 alle 12.00) Catania: presso il carcere Piazza Lanza Genova: presso il carcere Marassi Napoli: presso il carcere Poggioreale Padova: presso il carcere Due Palazzi (il sit ini si terrà sabato 23 novembre), Roma: presso il carcere Rebibbia e presso il carcere Regina Coeli Salerno: presso il carcere di Fuorni Teramo: presso il carcere di Castrogno dove ci saranno anche Marco Pannella e Rita Bernardini per una visita assieme al Consigliere Regionale Ricardo Chiavaroli e il radicale teramano Ariberto Grifoni Verona: presso il carcere di Montorio Vicenza: presso il carcere San Pio X Giustizia: amnistia e indulto, cresce l'attesa tra i detenuti, sit-in presso le carceri www.supermoney.eu, 20 novembre 2013 Amnistia e indulto 2013, ultime notizie: cresce l'attesa per le misure auspicate da Napolitano e condivise da vari esponenti politici, tra cui il ministro Cancellieri, per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. Dopo il primo fervore sulla questione dell'amnistia e l'indulto la discussione sembra essersi arenate, tra la volontà di procedere dapprima contro la custodia cautelare (per una sua più parca applicazione), i guai del ministro Cancellieri e la politica in genere che sembra essersi concentrata maggiormente altrove. Per amnistia e indulto le ultime notizie vedono tuttavia la rinnovata, forte presenza dei Radicali. Come comunicato ieri sul sito ufficiale, difatti, oltre al recente sciopero della fame e della sete di Pannella sono stati organizzati per la giornata di domani 21 novembre, dalle ore 9.00, diversi sit-in davanti alle carceri italiane. Ecco quali sono quelle riportate nell'elenco dei sit-in: Agrigento, carcere di Sciacca, Caserta, nelle vicinanze della casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere, Napoli, davanti a Poggioreale, Genova, davanti al carcere Marassi, Catania, presso Piazza Lanza, Roma, a Rebibbia e Regina Coeli, Salerno, presso il carcere di Fuori, Teramo, davanti al carcere di Castrogno con Pannella e Rita Bernardini, Verona, davanti al carcere di Montorio, Vicenza, davanti al carcere San Pio X e Padova, dove il sit-in si terrà tuttavia il 23 novembre al carcere Due Palazzi. Come dicevamo il discorso su amnistia e indulto 2013 sembra essersi bloccato, creando frustrazione tra i tanti che attendevano il dibattito sulla questione: le motivazioni sembrano essere principalmente due, la volontà di intervenire prima sulla custodia cautelare e i grandi sconquassi politici degli ultimi tempi, dalla scissione del PDL al congresso del PD, passando per i guai della Cancellieri, sui quali la politica è al momento concentrata. Giustizia: Ospedali Psichiatrici Giudiziari, chiuderli non basta... riconquistare la dignità di Anita Eusebi Il Manifesto, 20 novembre 2013 Parte da Barcellona Pozzo di Gotto, in Sicilia, il viaggio di Marco Cavallo nel mondo di fuori per incontrare gli internati Quella degli Ospedali psichiatrici giudiziari è una drammatica realtà che si trascina ormai da troppo tempo, capace di sopravvivere imperturbabile all'evoluzione delle conoscenze psichiatriche e al superamento dell'istituzione manicomiale sancito ormai 35 anni fa dalla legge 180. La mancata chiusura degli Opg lo scorso 31 marzo 2013, come era stato richiesto in seguito al lavoro della Commissione d'inchiesta del senato presieduta da Ignazio Marino del 2010, il rinvio di un anno, il rischio di un'ulteriore proroga, insieme alle gravi carenze di risorse economiche e umane nei servizi di salute mentale a livello territoriale, sono un chiaro segno di come funzionano, o meglio non funzionano, le cose. Gli Opg sono grandi istituzioni totali difficili da estirpare dal nostro tessuto legislativo ancora basato sul codice Rocco del 1930, sulla non imputabilità, sulle misure di sicurezza e sul binomio malattia-pericolosità, in realtà privo di alcun contenuto scientifico. "Chiuderli sarebbe una scelta di civiltà, - per dirla con le parole dell'allora magistrato di sorveglianza di Napoli Igino Cappelli - il manicomio giudiziario è un'istituzione due volte da negare perché due volte violenta e due volte inumanamente e irrazionalmente totale: come carcere e come manicomio". Ma più di 1.000 sono ancora oggi le persone recluse in questi luoghi, definiti "indegni per un Paese appena civile" dallo stesso presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Sono persone private di ogni diritto e soggettività, spesso legate e violate, alle quali è urgente restituire il loro volto, la loro storia, la cittadinanza nel senso più ampio del termine, la dignità di essere umani. Il rischio di un nuovo impantanamento dell'iter di chiusura ripropone all'attenzione dell'opinione pubblica la questione degli ospedali psichiatrici giudiziari e mobilita importanti istituzioni e associazioni nell'ambito della salute mentale nell'iniziativa Il viaggio di Marco Cavallo nel mondo di fuori per incontrare gli internati, promossa a livello nazionale dal comitato StopOpg e da Collana 180 - Archivio Critico della Salute Mentale, alla quale Napolitano ha conferito la medaglia del presidente della Repubblica in segno di personale apprezzamento. Il cavallo azzurro realizzato quarant'anni fa dai "matti" nel Laboratorio P di Giuliano Scabia e Vittorio Basaglia, all'interno dell'ospedale psichiatrico di San Giovanni diretto da Franco Basaglia, è di nuovo protagonista di una grande battaglia di civiltà, forte della sua valenza simbolica contro ogni forma di discriminazione ed esclusione sociale. Fino al 25 novembre sarà infatti in viaggio al fianco di Stop Opg e farà visita nelle sedi dei sei ospedali psichiatrici giudiziari esistenti (Barcellona Pozzo di Gotto, Aversa, Napoli Secondigliano, Montelupo Fiorentino, Reggio Emilia e Castiglione delle Stiviere). "Marco Cavallo è la crisi della psichiatria delle certezze, è la dignità riconquistata, è la Costituzione prima di tutto", afferma Peppe Dell'Acqua, già direttore del dipartimento di salute mentale di Trieste, portavoce del Forum salute mentale nonché tra i curatori della Collana 180. "Come Garibaldi e i Mille, si imbarcherà a Quarto alla volta della Sicilia, e da lì poi risalirà la penisola per visitare tutti gli ospedali psichiatrici giudiziari e per aprirli", prosegue Dell'Acqua. Il gigante di legno e cartapesta torna così a scalciare con forza davanti ai letti di contenzione, alle porte chiuse, alle miserie di quelli che dovrebbero essere luoghi di cura, ribadendo che la dignità di un uomo esiste a prescindere dal suo stato di salute e dai reati che abbia commesso, sempre e ovunque. Ma non basterà chiudere gli Opg per abolirli, e Marco Cavallo è critico verso le decine e decine di "strutture residenziali speciali", alias mini Opg, in programma di realizzazione in tutta Italia. "Si dirà che saranno dei luoghi migliori commenta Dell'Acqua - ma non saranno i fiori alle finestre e le stanze pulite e ordinate a restituire i diritti e i doveri di una piena e reale cittadinanza alle persone ora internate". Il rischio è che restino sempre e comunque luoghi di esclusione e di isolamento, in cui medici e infermieri torneranno ad avere il mandato di cura e custodia secondo la vecchia logica manicomiale. "Il problema è che non si stanno costruendo 200-300 posti a livello nazionale per coloro che abbiamo il dovere di trattare in modo adeguato, ma piuttosto mini Opg per un totale di 1.017 posti letto - spiega Stefano Cecconi, portavoce nazionale di StopOpg - e per di più si sta costruendo in regioni dove non c'è altro, dove questa non può che sembrare l'unica soluzione ragionevole". In altre parole, il ricorso all'internamento a fronte della povertà dei servizi. In evidenza dunque il problema del rafforzamento delle reti territoriali, insieme alla necessità di lavorare sul codice penale, e ancora sul piano scientifico, etico e culturale, per costruire percorsi alternativi, fermo restando che ci sono altri "matti da slegare", dimenticati nell'istituto giuridico, obsoleto e inumano, dell'Opg Giustizia: "la sfiducia sarebbe contro il governo", Letta costringe il Pd a sostenere Cancellieri di Dino Martirano Corriere della Sera, 20 novembre 2013 Il premier all'assemblea disinnesca le minacce. Oggi il voto alla Camera In tanti erano per le dimissioni. E Renzi: Enrico? Io non ci metterei la faccia. Alla Camera si vota alle 13, per appello nominale, sulla mozione di sfiducia individuale presentata dal M5S contro Annamaria Cancellieri, il ministro della Giustizia, finita al centro di un virulento scontro politico a causa delle sue telefonate con i familiari di Salvatore Ligresti (l'imprenditore arrestato a luglio insieme alle figlie per il falso nel bilancio della compagnia Fonsai). Il Guardasigilli - che non è indagata anche se ieri il procuratore di Roma Pignatone, ricevuti gli atti da Torino, ha aperto per competenza un fascicolo senza ipotesi di reato - prenderà la parola al termine di un dibattito presumibilmente molto acceso ma, alla fine, dovrebbe poter contare su quasi tutti i voti della maggioranza delle "larghe intese", al netto però di qualche forte maldipancia all'interno del Pd. Ieri sera, all'assemblea di gruppo del Pd, il presidente del Consiglio Enrico Letta non ha concesso alternative ai suoi compagni di partito: la mozione di sfiducia contro il ministro Cancellieri "è frutto di una campagna aggressiva molto forte e slegata dal merito. Vi chiedo di considerarla per quello che è: un attacco politico al governo. E la risposta deve esser un atto politico. Un rifiuto". L'operazione fiducia incondizionata al ministro Cancellieri - preparata e sostenuta dal presidente del Consiglio, in continuo contatto con il Quirinale - non è stata indolore per i democratici visto che Matteo Renzi aveva detto a Enrico Letta che se voleva dettare la linea doveva partecipare all'assemblea Pd ("e metterci la faccia, ma io non lo farei") prima di accettare di adeguarsi alle decisioni del gruppo: "Il ministro dovrebbe dimettersi... Ma non faremo sgambetti, ci adegueremo", aveva detto il sindaco di Firenze quando ancora non si era capito che il capo del governo (per altro impegnato ieri con la macchina dei soccorsi per l'alluvione in Sardegna) avrebbe partecipato alla assemblea del gruppo. In quelle ore il fuoco di sbarramento dei renziani è stato molto violento: "Se cambia il ministro della Giustizia il governo Letta è più forte", ha teorizzato a metà pomeriggio il segretario in pectore del Pd nella sua "enews". A quel punto, da Palazzo Chigi è iniziata a filtrare la nuova agenda pomeridiana di Letta nella quale di punto in bianco, dopo una visita lampo ad Olbia, era stata inserita la partecipazione del premier all'assemblea del gruppo del Pd. A quel punto, pure tra mille distinguo, c'è stato il segnale che nel Pd tutti aspettavano, da Renzi, a Cuperlo, ad Epifani: "Sì alla fiducia, se la chiede Letta". E così a Pippo Civati (Pd) - che ha provato in tutti i modi a raccogliere le 63 firme necessarie per presentare una mozione di sfiducia del Pd contro la Cancellieri - non è rimasto che dichiarare che così "a perdere è stato il Partito democratico". Musica per le orecchie dei grillini. Beppe Grillo, sul suo blog, ha scritto che "Letta, Civati e Renzi sono tre cuculi... Che hanno cambiato idea, per meri fini elettorali, sul passo indietro del ministro Cancellieri". Per il M5S, invece, "un ministro della Giustizia che si sia lasciato condizionare nel suo operato dai suoi rapporti con la famiglia Ligresti" porta con sé "un'ombra indelebile". Violenta l'espressione di Renato Brunetta (Forza Italia) sul ministro Cancellieri: "Per Renzi donna cannone da tirare su Letta....", è infatti il titolo apparso sul mattinale del partito poi diffuso su Twitter da Brunetta. Invece Sandro Bondi (Forza Italia) ha puntato le sue critiche sul Colle: "La nota del Quirinale dell'altra sera, alla vigilia di un dibattito parlamentare e in perfetta sintonia con le dichiarazioni dei magistrati sul caso del ministro Cancellieri, è l'espressione più inusuale di un sistema che si regge da tempo su un ruolo di garanzia e di supplenza politica del presidente della Repubblica". Giustizia: Renzi (Pd); la Cancellieri si dimetta... non è un problema giudiziario ma politico Adnkronos, 20 novembre 2013 "L'idea che ci siamo fatti dell'intera vicenda Ligresti è che la legge non sia uguale per tutti e che se conosci qualcuno di importante te la cavi meglio. È la Repubblica degli amici degli amici: questo atteggiamento è insopportabile". Lo scrive Matteo Renzi. "I media scrivono che il ministro Cancellieri dovrebbe dimettersi se le arrivasse un avviso di garanzia. Non la penso così e so che adesso non tutti saranno d'accordo con me: le dimissioni non dipendono da un avviso di garanzia", sottolinea il sindaco di Firenze. "Non è un problema giudiziario, dunque, è peggio: è un problema politico. E allora posso spiegare perché io sono per le dimissioni di Cancellieri, indipendentemente dall'avviso di garanzia o meno". "La questione - prosegue Renzi - non è la telefonata per interessarsi a un caso di salute ma la credibilità del racconto proposto dal ministro, che chiama la famiglia di tre arrestati e un latitante dicendo che non è giusto ciò che sta accadendo. Ma il ministro è un essere umano, si dice: dunque coltiva i suoi rapporti d'amicizia. Certo, fa benissimo, non siamo robot. Ma proprio perché è intima di quella famiglia, quando ci sono i procedimenti giudiziari non mette naso, non telefona, sta fuori: altrimenti perde l'autorevolezza necessaria a fare il Guardasigilli. Proprio perché sei amico di quelle persone, stai lontano da quel caso". "Cancellieri - prosegue Renzi - è una servitrice dello Stato e delle istituzioni: lei per prima sa che il responsabile del ministero della Giustizia deve avere caratteristiche peculiari di assoluto prestigio". "Purtroppo, dico purtroppo, questa vicenda ha minato l'autorevolezza istituzionale e l'idea di imparzialità del ministro della Giustizia. Talleyrand diceva: "è peggio di un crimine, è un errore". Il ministro non ha fatto niente di criminale, sia chiaro: ha sbagliato. Prima lo ammette, meglio è, innanzitutto per lei. Ecco perché secondo me dovrebbe dimettersi. Sono stato sufficientemente chiaro? Aspetto le critiche". Quanto alla questione dell'avviso di garanzia, Renzi aggiunge: "L'avviso di garanzia è un atto di tutela verso l'indagato, non è una sentenza di condanna: vent'anni di giustizialismo soprattutto mediatico hanno trasformato uno strumento a favore della difesa in una condanna preventiva. Un Paese civile, un Paese che cambia verso, è un Paese in cui non basta un'informazione di garanzia per condannare una persona. Se diventerò segretario del Pd su questo tema vorrei combattere una battaglia culturale". Giustizia: Sergio Divina (Lega): detenuti potrebbero produrre energia pedalando cyclette di Alessandro Camilli www.blitzquotidiano.it, 20 novembre 2013 Pedala e pagati la luce. Questa, in sintesi, l'idea del senatore leghista Sergio Divina. Una proposta presentata, non per la prima volta, con un emendamento alla legge di stabilità e destinata ai detenuti in carcere. Emulo forse del celeberrimo visconte Cobram, il temutissimo direttore totale animatore delle corse ciclistiche di Fantozzi e colleghi, il senatore Divina, già soprannominato il "Pedivella", ripropone ad ogni occasione la sua idea: far produrre ai detenuti l'energia elettrica che consumano attraverso delle semplici cyclette collegate a dinamo. Un'idea talmente geniale e rivoluzionaria per il Pedivella che già più volte l'ha presentata all'attenzione delle Camere. E il fatto che venga regolarmente bocciata non scalfisce minimamente l'intento riformatore del senatore leghista. Anzi, ogni stop rappresenta per il Pedivella l'occasione per migliorare, limare e definire la sua proposta. In primis va sottolineato il carattere volontario che il Pedivella vuole per la sua iniziativa. Non tutti quindi obbligati a pedalare, ma solo chi vorrà. Un bel passo avanti considerando che lo stesso Divina, parlando di privilegi intollerabili per i detenuti, inseriva in questa categoria l'assistenza sanitaria completa a questi destinata. Ma se la pedalata è volontaria, come convincere i delinquenti sfaticati a pedalare? Esattamente come face il visconte. Per Fantozzi e colleghi, in caso di buone performance, c'erano scatti di carriera e, per i pigri, punizioni e vessazioni. E così, nelle carceri, alle pedalate corrisponderebbero sconti di pena. Meglio dell'uovo di Colombo, energia pulita e gratuita. Lo stesso Pedivella, con magnanimità d'animo, si è già detto disposto a seguire la gestione degli accordi per la fornitura di bici e dinamo, oltre che i rapporti con i gestori della rete elettrica. I detenuti infatti, solitamente ragazzoni in forze, potrebbero produrre più di quanto serva ai penitenziari, e l'eccedenza si potrebbe rivendere sul mercato. Inspiegabile come nessuno abbia potuto pensarci prima. Altro che indulti e amnistie, svuota carceri o ristrutturazione dell'edilizia carceraria. Il problema dei detenuti può essere risolto altrimenti: basta stare seduti su scomode panche in 5 o 6 chiusi in celle fatte per due persone e via a della sana attività fisica. Attività che si potrebbe anche strutturare sulle 24 ore così che, invece di avere il 2 detenuti per ogni letto, si potrebbe avere sempre un detenuto a letto e uno in bici. Peccato che la verve riformatrice del Pedivella resterà, ancora una volta, lettera morta. Un riformatore così, un genio capace di mixare le fonti alternative di energia con la mano tosta su chi ha sgarrato, uno capace di inventare la ruota carceraria e di mettere alla ruota, democraticamente s'intende, i detenuti, uno che magari ci tira fuori qualche euro da questa umanità deviante e deviata, uno così dove lo trovi se non in Italia, anzi Padania, anzi Lega? Veneto: amnistia e stato di diritto, presìdi dei Radicali davanti alle carceri di Maria Grazia Lucchiari (Giunta di Segreteria di Radicali Italiani) Ristretti Orizzonti, 20 novembre 2013 Amnistia e stato di diritto, presidio dei Radicali davanti alle carceri italiane per una battaglia che ha i giorni contati. Entro il 28 maggio 2014, infatti, l'Italia deve porre rimedio all'attuale sovraffollamento carcerario, una condizione di gravissima emergenza che si è trasformata in un fenomeno di illegalità permanente. I giudici europei chiamano in causa l'Italia per la violazione dell'art. 3 della Corte europea dei diritti dell'uomo, il divieto di tortura e trattamenti inumani e degradanti. L'anno scorso a maggio una sentenza della Cedu ha costretto il nostro paese a risolvere entro un anno questa emergenza e a risarcire con 90mila euro 7 detenuti che avevano fatto ricorso contro le disumane condizioni in cui stavano scontando la pena. Già oggi il nostro paese è uno dei responsabili maggiori dell'arretrato che grava sulla Corte di Strasburgo a causa dell'eccesso di ricorsi pendenti contro l'Italia per la violazione dell'articolo 6 della Cedu, vale a dire l'irragionevole durata del processo. Una situazione che si aggraverà in ragione dei ricorsi pendenti presenti, e in previsione della valanga di quelli futuri che arriveranno dai reclusi nelle carceri italiane per la violazione dell'art. 3. Lo Stato italiano mentre punisce un imputato per avere infranto la legge nel contempo viola la Costituzione, la Cedu, l'ordinamento penitenziario e il regolamento di esecuzione. Marco Pannella continua una battaglia pluriennale per interrompere la flagranza di reato e restituire alla Repubblica la sua legalità, si tratta di un obbligo costituzionale che impegna il Parlamento e che ci deriva dalla condanna di Strasburgo. Trasformare la crisi della giustizia nelle carceri in una opportunità di cambiamento strutturale è una impostazione che i Radicali hanno sempre dato a questa battaglia. Ed è una impostazione accolta pienamente dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ha utilizzato lo strumento costituzionale di un messaggio alle Camere per richiamare il Parlamento a intervenire senza ulteriori deroghe sulla grave condizione delle carceri e della giustizia del Paese. Eppure tutto ciò è ignorato dalle valutazioni delle forze politiche. Marco Pannella ha ripreso l'iniziativa nonviolenta del digiuno affinchè i Presidenti delle Camere e i Presidenti dei gruppi parlamentari si attivino con urgenza per dare risposta all'obbligo posto dal presidente della Repubblica. Giovedì 21 novembre i militanti Radicali insieme ai famigliari dei detenuti manifesteranno contemporaneamente davanti alle carceri di Agrigento, Caserta, Catania, Genova, Napoli, Roma, Vicenza, Verona, Salerno, Teramo. Teramo: il carcere di Castrogno nel mirino Strasburgo per maltrattamenti di Alessandra Lotti www.primadanoi.it, 20 novembre 2013 Il caso del 2009 finisce nel dossier del comitato per la prevenzione della tortura. In Italia succede troppo spesso che persone fermate dalle forze dell'ordine o incarcerate subiscano maltrattamenti ed anche che le indagini su questi episodi, quando condotte, finiscano senza l'individuazione di precise responsabilità. Questa, in sintesi, la denuncia contenuta nei due rapporti sul Belpaese pubblicati dal Comitato per la prevenzione della tortura (Cpt) del Consiglio d'Europa dopo il via libera giunto dall'Italia. Nei rapporti - redatti sulla base di visite condotte nel nostro Paese nel 2010 e 2012 - oltre che sui maltrattamenti, il Cpt ritorna anche sulla questione del sovraffollamento dei penitenziari, definito nel caso della prigione di Bari "inaccettabile", e sul regime del 41bis, che non deve essere eliminato ma rivisto. Ma è sui maltrattamenti subiti da persone arrestate o incarcerate e sulle misure che l'Italia deve adottare per individuare, indagare e condannare questi casi che i due rapporti si concentrano. Per dimostrare che le autorità non stanno facendo tutto ciò che dovrebbero contro i maltrattamenti il Cpt elenca nei due rapporti una serie di casi. Dalle denunce ricevute soprattutto da persone straniere percosse nella maggior parte dei casi dalle forze dell'ordine nella zona di Milano, a quelle ricevute nella prigione di Vicenza sui maltrattamenti inflitti dalle guardie penitenziarie, o quella di un tunisino picchiato perché, per non essere rimpatriato, aveva ingoiato delle pile. Nel rapporto 2010, pur non facendo i nomi (a cui però si può risalire facilmente in base ai particolari riportati) ma riferendosi solo al "caso A" e "caso B", il Cpt analizza nel dettaglio anche le vicende di Stefano Cucchi e Mario Gugliotta. Oltre a quella, indicata come "caso C", di un detenuto maltrattato nella prigione di Castrogno (Teramo). Il caso Teramo Il penitenziario abruzzese viene così descritto: "con una capacità ufficiale per 231 detenuti, la struttura che si trova alla periferia della città, costruita nel 1986 comprende una piccola sezione per un massimo di 21 donne e quattro blocchi di detenzione per gli uomini. Al momento della visita era sovraffollato: ospitava 29 donne e 360 uomini". La delegazione lamenta il fatto che durante la visita non avrebbe ricevuto i documenti richiesti come "le copie complete delle relazioni sulle indagini dei morti nel penitenziario nel 2008 e 2009. In particolare, non sono state fornite copie dei risultati dell'autopsia o le conclusioni del pubblico ministero sulle circostanze della morti. Così come non sono state fornite statistiche richieste sui procedimenti penali e/o disciplinari in materia di presunti maltrattamenti da parte delle forze dell'ordine e del personale carcerario". La commissione ricorda che "sei suicidi sono stati registrati nel carcere di Teramo dal 2005, vale a dire circa uno all'anno, mentre in passato se ne sono registrati meno frequentemente". "Sia a Teramo che nel carcere di Viterbo", si legge ancora nel dossier, "molti prigionieri classificati come bisognosi di vigilanza elevata o molto elevata hanno affermato che il personale del carcere controllava le loro celle poche volte e solo attraverso lo spioncino, invece di entrare nella cella e coinvolgere il detenuto in una conversazione, e che il personale spesso non ha risposto alle loro richieste di assistenza". E poi ancora: "diversi detenuti con bisogno di alta sorveglianza a Teramo e a Viterbo sono morti per asfissia utilizzando cappi improvvisati (lenzuola, biancheria intima o elementi prefabbricati) per impiccarsi ad una finestra o ad un gancio apposto dal detenuto nel bagno della cella". Annotazioni anche alla voce salute: "un cenno particolare va fatto per cure dentarie fornite nel carcere di Teramo: una consultazione dei registri ha mostrato che i detenuti di determinate nazionalità sembrava non avere effettivo accesso a tali cure". Il caso C E nel dossier si ritrova anche un caso del 2009 che fece molto scalpore in Abruzzo supportata da un file audio shock. Un membro del personale del carcere (alto ufficiale) nel carcere di Teramo ha espresso la preoccupazione che un detenuto indisciplinato fosse stato picchiato davanti ad altri detenuti. Nel dialogo si parlava di maltrattamenti in questi termini: "Non lo sai che ha menato al detenuto in sezione?". E l'altro: "Io non c'ero, non so nulla". Il tono di voce cresce: "Ma se lo sanno tutti?" Pochissimi secondi e poi: "In sezione un detenuto non si massacra, si massacra sotto. Abbiamo rischiato una rivolta perché il negro ha visto tutto". "Il 2 novembre 2009, in una lettera al direttore del carcere", si legge nel dossier, "l'ufficiale in questione ha confermato che le parole del registrato erano sue, specificando sia il contesto particolare in cui le aveva dette sia le persone coinvolte. Ha negato che un prigioniero era stato picchiato. Il fascicolo di indagine specifica che l'incidente di cui la registrazione si è verificato il 22 settembre 2009. Il detenuto raccontò di essere stato preso a calci e pugni dal membro del personale di fronte agli altri detenuti. Egli ha detto che un altro membro del personale ha fermato il collega. Egli ha inoltre affermato che appena cinque minuti dopo il ritorno alla sua cella, è stato scortato in un ufficio personale ed era stato preso a pugni e calci più volte, con il risultato che sei giorni dopo sentiva ancora dolore alla testa e alla parte destra posteriore del torace. Un mese dopo i fatti il pubblico ministero responsabile ha aperto un'inchiesta sull'incidente e ha ordinato, tra l'altro, un esame medico più approfondito del detenuto , che ha affermato che il maltrattamento gli aveva causato la frattura di una costola. Il problema alle costole era stato evidenziato anche da una radiografia ma fu impossibile determinare se la costola fosse stata effettivamente rotta a causa dell'incidente in questione. E infatti il caso venne archiviato. Attraverso tutti questi esempi il Comitato mette in luce il fatto che spesso i maltrattamenti passano inosservati. E anche quando sono oggetto di indagine, queste raramente portano a delle condanne. Il caso Cucchi Per rafforzare questa sua tesi, il Cpt evidenzia che nel caso di Cucchi e Gugliotta il magistrato davanti al quale furono portati i due non verbalizzò la presenza di lesioni, ne richiese una visita medica immediata, da cui poter trarre elementi per aprire un'indagine. Il Cpt è critico pure sui risultati delle indagini che vengono condotte. Sempre nel caso Cucchi, il Comitato domanda al governo italiano come mai sia stata scartata in fase d'inchiesta l'ipotesi che l'uomo possa essere stato maltrattato prima di arrivare al tribunale di Roma. E per il caso del carcere di Castrogno, sottolinea che l'inchiesta è stata chiusa nonostante ci fosse una registrazione che provava i maltrattamenti. Il Cpt punta poi il dito sulla mancata apertura di un'inchiesta nonostante che nel 2012, nell'arco di due mesi, al carcere di San Vittore vennero redatti ben 18 referti medici su altrettante persone che quasi certamente erano state maltrattate prima di arrivare lì. Infine il Comitato, nel rapporto 2010, critica in modo esplicito il processo sulla vicenda di Bolzaneto e della Diaz durante il G8 di Genova. Secondo il Comitato "il risultato del processo mette in dubbio l'efficacia del sistema che deve determinare le responsabilità delle forze dell'ordine e del personale penitenziario per i maltrattamenti". Napoli: nel carcere di Poggioreale sovraffollamento e condizioni sanitarie pessime Il Velino, 20 novembre 2013 Hanno lanciato un grido d'allarme le parlamentari Laura Coccia e Valentina Paris in seguito alla visita presso il carcere di Poggioreale. Le rappresentati dei Giovani Democratici hanno denunciato una condizione di grande disagio sia per i detenuti che per il personale. "I numeri sono drammatici. La struttura che potrebbe contenere un massimo di 1200 individui, detiene circa 2600 persone - hanno fatto sapere Coccia e Paris - di questi mille sono definitivi, mille in attesa di giudizio e seicento tra appellanti e ricorrenti". Secondo quanto hanno riportato le due parlamentari in alcuni padiglioni sono presenti circa 100 persone, con disponibilità di un unico bagno e un solo agente di polizia penitenziaria. Poche le attività di recupero e reinserimento, solo 200 reclusi, su un totale composto per la stragrande maggioranza da italiani, si dedicano al lavoro o attività formative per l'inserimento nel mondo professionale. "La formazione al lavoro e il recupero dell'istruzione perduta negli anni scolastici è fondamentale per evitare la reiterazione del reato. Molti di questi detenuti - ha dichiarato Laura Coccia - entrano ed escono continuamente dal carcere. Il primo modo per evitare la povertà e quindi la recidività è dar loro un'opportunità di lavoro una volta scontata la pena". La visita rientra nello svolgimento della campagna "3 Leggi" promossa dall'associazione Antigone, alla quale aderiscono i Giovani Democratici. Oggi i funerali del giovane morto in carcere "Mio figlio era malato non doveva stare lì. Si trovava nel Padiglione Avellino, nella cella 6, assieme ad altre 11 persone. In tre anni non sono stati capaci di trovare una comunità. Alla fine ero riuscita a trovarla io, ero disposta anche a pagare io tutto, ma me l'hanno assassinato". È disperata Nobilia Scafuro, la mamma di Federico Perna, un giovane di Latina, 34 anni, è morto l'8 novembre scorso nel carcere di Poggioreale dove era detenuto. I funerali di Federico si sono svolti oggi. La donna si è affidata a due legali per poter capire la causa reale della morte di figlio. "Il Perna - come hanno comunicato gli avvocati Camillo Auteri e Fabrizio Cannizzo - era carcerato dal 2010 e stava scontando la pena detentiva per aver scippato una borsa ed un cellulare, sempre al fine di potersi successivamente procurare la droga, infatti il soggetto era tossicodipendente. Dalle successive notizie apprese la causa morte è stata ipotizzata come ictus. Sembrerebbe incompatibile tale versione con lo stato in cui è stato ritrovato il Perna, ovvero perdita di grossi getti di sangue dalla bocca, cosa che sembrerebbe essersi ripetuta anche nell'autoambulanza durante lo spostamento da poggio Reale al Pronto Soccorso. La perdita di sangue dalla bocca, il Perna l'aveva confessato alla madre qualche giorno prima durante l'ultima visita". La mamma di Federico non riesce a darsi pace. "Quando l'ho visto due giorni prima che morisse - ha spiegato la Scafuro - aveva lividi e stava male". L'autopsia, disposta dopo la denuncia presentata alla Procura di Napoli, è stata eseguita il 14 novembre dal medico legale Giugliano, nominato dalla Procura. All'autopsia ha assistito anche il medico scelto dalla famiglia di Federico. Per il deposito della perizia si dovrà attendere 90 giorni. "Federico era affetto da cirrosi epatica in stadio avanzato. Si tratta di una patologia grave - ha raccontato la mamma - e necessitava di cure specifiche". A conferma delle dichiarazioni della Scafuri c'è la documentazione presentata dai legali della donna: "A causa di questa malattia - hanno spiegato gli avvocati Auteri e Cannizzo - il Perna aveva già avuto 2 dichiarazioni di incompatibilità con il regime carcerario, a firma dei Direttori dei Carceri di Viterbo e di Secondigliano suffragate da perizie dei medici interni alle strutture carcerarie, istanze promosse alle Procure della Repubblica di riferimento ed al Magistrato di Sorveglianza che comunque non le accoglieva non acconsentendo al ricovero del Perna presso le Strutture e Comunità protette all'uopo dedicate". Le indagini sono state affidate dalla Procura della Repubblica di Napoli al Pubblico Ministero Pasquale Ucci. Roma: oggi visita a Regina Coeli e conferenza stampa del Senatore Luigi Manconi Agi, 20 novembre 2013 Il presidente della Commissione Diritti umani di Palazzo Madama, Luigi Manconi, visiterà domani insieme alla senatrice a vita Elena Cattaneo Brian Gaetano Bottigliero al centro clinico del carcere romano di Regina Coeli. Con loro il professore Giuseppe Remuzzi, Direttore del Dipartimento di Medicina e Dipartimento dei Trapianti presso l'Azienda Ospedaliera Papa Giovanni XXIII di Bergamo e Coordinatore delle Ricerche presso l'Istituto Mario Negri Bergamo nonché massimo esperto in nefrologia d'Italia. Al termine della visita è prevista una conferenza stampa in Sala Nassyiria, alle 12,30, massimo esperto in nefrologia d'Italia. Brian Gaetano Bottigliero è affetto da grave insufficienza renale ed è sottoposto a dialisi tre volte a settimana. Dal suo ingresso in carcere nel luglio 2011 ha perso oltre 18 chili. "La visita - ha dichiarato Manconi - servirà a dimostrare ulteriormente, con competenza scientifica incontestabile, che la situazione di salute di Brian Gaetano Bottigliero non è compatibile con la condizione carceraria e l'inconsistenza della motivazione portata dal Tribunale per negare la detenzione domiciliare, vale a dire che vi sarebbe pericolo di fuga e di reiterazione del reato". Reggio Calabria: riparte il progetto di giustizia riparativa, intesa tra Csv ed Uepe Quotidiano di Calabria, 20 novembre 2013 Tecnicamente si chiama giustizia riparativa ed è una occasione che viene offerta ai soggetti autori di reato, diversi da quelli associativi e di grande allarme sociale, che si vogliono riabilitare di farlo anche aiutando gli altri, attraverso un servizio alla comunità volontario. Emilio Molinari, Dirigente dell'Uepe (Ufficio Esecuzione Penale Esterna del Dap) e Mario Nasone, presidente del Centro Servizi al Volontariato Dei Due Mari, si sono incontrati ed hanno deciso di riprendere il progetto di giustizia riparativa già sperimentato negli scorsi anni in forza di protocollo d'intesa stipulato tra i due organismi. Una attività quella svolta nella provincia di Reggio che aveva registrato risultati lusinghieri tanto da essere stata considerata a livello nazionale dal sistema di Csv Net una buona prassi da esportare anche in altre realtà del paese. Una sperimentazione che assieme ad altre che si stanno realizzando in Italia può anche dare un contributo al dibattito politico che si è aperto sui temi del carcere, delle misure alternative, del contrasto alla recidiva. Un dibattito che non si limiti a decidere modifiche della legislazione , amnistie e indulti, ma si spera porti a ripensare il concetto stesso di pena riportandolo allo spirito dell'art. 27 della Costituzione ed alla sua funzione non solo afflittiva ma anche rieducativa. La spinta a riprendere questa esperienza è venuta soprattutto dal Tribunale di Sorveglianza e dal suo nuovo Presidente Vincenzo Pedone, il quale crede fortemente nella valenza educativa e risarcitoria di questa modalità di esecuzione della pena. La Magistratura di Sorveglianza infatti la prevede con sempre maggiore frequenza per i soggetti che chiedono una misura alternativa alla detenzione, in particolare l'affidamento al servizio sociale, un beneficio che viene dato richiedendo - oltre all'impegno lavorativo e familiare - anche una qualche forma di impegno verso le vittime del reato o comunque a favore della collettività. Un servizio di volontariato che li metta a contatto, attraverso le associazioni di volontariato e del terzo settore, con i più deboli ed i sofferenti (anziani, disabili, poveri), nella tutela ambientale del territorio e attraverso il quale essere stimolati a comprendere non solo il proprio errore, ma qualcosa di sé stessi. Per mettersi in discussione e recuperare i valori autentici della vita. Se chi ha sbagliato - in particolare i più giovani - entra in contatto con le persone più deboli non imparerà qualcosa solo da loro ma anche dall'esempio di chi li aiuta come volontario: capirà che esistono altri modelli di riferimento, non solo quelle che un tempo si chiamavano le cattive compagnie. Per cambiare e non solo espiare una pena. Se funziona sarà un elemento -assieme ad altri - per la Magistratura e per il servizio sociale di verificare la reale volontà di ravvedimento dell'autore del reato e quindi decidere per l'estinzione della pena. Riparare evoca la necessità di ricucire un rapporto con la comunità che si è lacerato a seguito della commissione del reato. L'illegalità è una vera e propria rottura del patto di cittadinanza tra reo e società, un patto che va ristabilito attraverso una condotta di vita e dei comportamenti consequenziali. Il protocollo sottoscritto tra Uepe e Csv garantisce una corretta azione di integrazione tra i due organismi ed in particolare la formazione, il coordinamento degli interventi, il supporto degli operatori dell'Uepe alle associazioni che aderiranno al progetto e che saranno iscritte ad un apposito Albo. Una novità di questa nuova fase del progetto è l'adesione anche degli altri Enti del terzo settore che è arrivata attraverso il portavoce Luciano Squillaci che ha invitato i vari Enti aderenti a collaborare a questa attività di grande rilievo sociale. Una attività importante a sostegno di questo progetto è quella che si realizza ogni anno all'interno della casa circondariale di Reggio Calabria con la Direttrice Maria Carmela Longo la quale organizza periodicamente assieme al Csv ed al Tribunale di Sorveglianza incontri su questo tema, favorendo la partecipazione oltre che di Magistrati e di personalità religiose anche di familiari di vittime della ndrangheta. Incontri importanti per fare maturare nei detenuto una coscienza critica e spingerli in percorso personali di ravvedimento che per alcuni possono trovare sbocco anche nell'adesione ai percorsi di giustizia riparativa. Martedì 3 dicembre alle ore 16 c/o la sede del Csv di via Frangipane è stato programmato un incontro con le associazioni di volontariato e con gli organismi del terzo settore che aderiranno al progetto. Firenze: domani Garante detenuti Franco Corleone in visita all'Opg di Montelupo Ansa, 20 novembre 2013 Ultima tappa nelle strutture penitenziarie della Toscana. Domani il Garante incontra il provveditore regionale Carmelo Cantone e i garanti comunali e provinciali della regione. Giovedì 21 novembre alle 10, il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, Franco Corleone, sarà all'Ospedale psichiatrico di Montelupo. "L'incontro - anticipa Corleone - servirà per offrire sia alla Regione che all'amministrazione penitenziaria prospettive future dopo la chiusura della struttura. L'auspicio - conclude il Garante - è quello che la Toscana faccia da apripista rispetto ad altre regioni, che la chiusura dello psichiatrico sia fatta nei tempi dell'iniziativa autonoma e non in quelli delle proroghe". Domani, mercoledì 20 novembre nell'ufficio del Garante (via dei Pucci, 1, a Firenze) si terrà un incontro di lavoro con il provveditore regionale Carmelo Cantone e con i garanti comunali e provinciali della Toscana. L'iniziativa ha l'obiettivo di individuare azioni comuni per contrastare il sovraffollamento nelle celle e per migliorare la vita in carcere. Trieste: Garante diritti dei detenuti, confermato il compenso di 5.400 euro all'anno Asca, 20 novembre 2013 La posizione è ricoperta da Rosanna Palci, docente, laureata in Pedagogia con perfezionamento in Criminologia. Il 28 febbraio 2012 è stata istituita la figura del "Garante per i diritti dei detenuti", come previsto dal mandato del Sindaco, richiamatosi espressamente all'articolo 3 della Costituzione Italiana. Il regolamento allegato a detta delibera e parte integrante della medesima disponeva, all'art. 6, comma 1, la determinazione da parte della Giunta Municipale di un'indennità mensile a carico del bilancio del Comune, sulla base degli indirizzi del Consiglio. Con deliberazione giuntale n. 252, dd. 11 giugno 2012 è stato determinato il suddetto compenso nella misura di 450,00 euro mensili, al lordo di tutti gli oneri previsti dalla legge, con particolare riferimento alle ritenute fiscali, alle eventuali ritenute previdenziali e alle eventuali imposte come l'Iva. Per i motivi esposti in premessa, è stata autorizzata la spesa complessiva di euro 5400,00 a carico dell'esercizio finanziario 2014 per provvedere all'erogazione del compenso del "Garante per i diritti dei detenuti". Il ruolo è tutt'ora ricoperto dalla docente, laureata in Pedagogia con perfezionamento in Criminologia, Rosanna Palci. Roma: domani sit-in Radicali per amnistia, abolizione dell’ergastolo e introduzione reato di tortura Il Velino, 20 novembre 2013 Domani 21 novembre, due delegazioni dell’associazione Radicali Roma si riuniranno fuori dalle carceri romane di Rebibbia e di Regina Coeli per presenziare e coordinare due sit-in di cittadini che chiedono amnistia e indulto, abolizione dell’ergastolo e introduzione del reato di tortura. L’appuntamento è in via Longo angolo via Majetti (Rebibbia) e in passeggiata del Gianicolo (Regina Coeli) dalle ore 9 del mattino e si svolgerà contemporaneamente presso molte altre case circondariali del territorio nazionale. Lo scopo delle manifestazioni, spiega una nota, è quello di rispondere con la nonviolenza alla violenza e alla patente illegalità dello Stato e della Giustizia nonché di ricordare alla politica: che il presidente Giorgio Napolitano, con il suo recente messaggio alle Camere, ha invocato “rimedi straordinari” per le inumane condizioni carcerarie; che il ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri ha da poco definito l’amnistia un “imperativo categorico morale”; che migliaia, anzi milioni, di cittadini italiani sono coinvolti a vario titolo nell’irragionevole durata dei processi, nell’abuso della custodia preventiva o sono direttamente vittime di trattamenti inumani e degradanti nelle strutture penitenziarie. Con l’occasione si raccoglieranno le adesioni dei detenuti e dei loro parenti, nonché dei cittadini romani, al Satyagraha avviato l’11 novembre scorso da Marco Pannella, che parteciperà al sit-in presso Regina Coeli, insieme a Rita Bernardini, neo eletta segretaria di Radicali italiani che domani sarà al suo decimo giorno di sciopero della fame. Domani sit-in protesta Radicali davanti Marassi Per protestare contro il sovraffollamento delle carceri, compresi quelli liguri, per domani, giovedì 21 novembre, i Radicali di Genova hanno organizzato un sit-in di protesta davanti al carcere di Marassi. La manifestazione, che si svolge in tutta Italia, avrà inizio alle 9 e vi parteciperanno anche i parenti dei detenuti. “È ormai trascorso più di un mese dal messaggio alle Camere del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sulla questione carceraria - spiegano i Radicali in una nota - pronunciato in seguito alla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo che condanna l’Italia a pesanti sanzioni a causa del malfunzionamento cronico del sistema penitenziario italiano. Che fine ha fatto l’indicazione contenuta nel messaggio di inizio ottobre? Che fine hanno fatto i rimedi straordinari di amnistia e indulto?”. Con il sit-in militanti e familiari vogliono ricordare “alla politica il messaggio di Napolitano e dare forza al Ministro Annamaria Cancellieri che ha definito l’amnistia un imperativo categorico morale”. Modena: internato nella Casa Lavoro Castelfranco detenuto aggredisce agenti, 2 feriti Ansa, 20 novembre 2013 Un internato ha aggredito un agente e un sovrintendente della polizia penitenziaria ieri durante una perquisizione straordinaria nella casa di lavoro di Castelfranco Emilia. L’agente ha avuto una prognosi di cinque giorni, il sovrintendente ha subito la frattura di un dito. Lo ha reso noto il sindacato della polizia penitenziaria Sappe. “Ci riferiscono - rileva il segretario generale aggiunto del Sappe, Giovanni Battista Durante - che presso la casa di lavoro di Castelfranco si registra un costante incremento degli internati, alcuni dei quali potrebbero presentare problemi di natura psichiatrica, per cui andrebbero ricoverati in strutture diverse. Questo dimostra, comunque, che la questione dei soggetti con problemi psichiatrici o, comunque, pericolosi non può e non deve essere sottovalutato, come spesso avviene, attraverso richieste di chiusura di queste ed altre strutture come gli ospedali psichiatrici giudiziari”. Il sovraffollamento, prosegue Durante, “sta colpendo in modo sproporzionato anche il carcere Sant’Anna di Modena dove, dopo l’apertura del nuovo padiglione detentivo, i detenuti sono arrivati a 600. Proprio nel nuovo padiglione sono frequenti gli eventi critici come le proteste e le aggressioni a causa di problemi organizzativi e della mancanza di servizi. Molti problemi sono stati causati dal cattivo funzionamento delle docce, all’interno del reparto. Una nuova struttura dove, ci dicono, non funziona quasi niente. Inoltre, molti problemi sono causati anche dalla mancanza di mezzi: spesso il trasporto dei detenuti deve essere effettuato con le macchine destinate al trasporto del personale, oppure con automezzi noleggiati e non idonei, in quanto non hanno il vetro divisorio interno. Tutto ciò causa gravi problemi di sicurezza al personale”. Santa Maria Capua Vetere (Ce): solidarietà detenuti per alluvionati Sardegna con asta manufatti Ansa, 20 novembre 2013 Gesto di solidarietà dai circa 100 detenuti del carcere militare di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) che ieri hanno donato dei lavori frutto dell’attività di artigianato realizzata all’interno del penitenziario alla responsabile del Centro Italiano Femminile di Santa Maria, associazione senza scopo di lucro che da anni presta assistenza alle donne in difficoltà. Si tratta di tre natività in ceramica, due tegole decorate in ceramica e due orologi in legno; i manufatti verranno poi messi all’asta dall’associazione e il ricavato andrà alle vittime del ciclone che si è abbattuto sulla Sardegna. La donazione è avvenuta nel corso di una cerimonia fortemente voluta dagli stessi detenuti della struttura gestita dallo Stato Maggiore dell’Esercito. Roma: domani convegno in Senato per chiedere chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari La Presse, 20 novembre 2013 “Il viaggio di Marco Cavallo nel mondo di fuori per incontrare gli internati”. È il titolo di un convegno che si svolgerà domani alle ore 9.15 nella Sala Nassiria del Senato, a cui prenderà parte una delegazione del Comitato Stop Opg. Al centro del convegno la richiesta della chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari, dire no ai mini Opg o manicomi regionali e chiedere l’apertura di centri di salute mentale h24. Sarà presentato anche un viaggio di Marco Cavallo con il comitato iniziato il 12 novembre da Trieste per attraversare 10 Regioni. Il grande cavallo azzurro di cartapesta, alto quasi 4 metri, è diventato un simbolo da quando, nel 1973 a Trieste, ruppe i muri del manicomio di San Giovanni dando il via all’inarrestabile processo di cambiamento e alla Legge 180. Marco Cavallo è la storia della libertà riconquistata dagli internati. Interverranno Pietro Grasso, presidente del Senato, Valeria Fedeli, vicepresidente del Senato, Stefano Cecconi della Cgil e portavoce del Comitato Stop Opg, Peppe Dell’acqua del Forum salute mentale, Annamaria De Angelis di Unasam Associazione di familiari e utenti, Emilia De Biasi, senatrice e presidente della 12esima commissione permanente Igiene e sanità. Roma: Comitato Stop Opg; tappa a Roma, oggi e domani, del viaggio di "Marco Cavallo" Adnkronos, 20 novembre 2013 Tappa a Roma, oggi e domani, del viaggio di "Marco Cavallo", la macchina teatrale che riproduce un cavallo azzurro in cartapesta che quarant'anni fa sfondò il muro di cinta del manicomio di Trieste, diventando poi il simbolo della rivoluzione di Franco Basaglia che portò, con la legge 180 del 1978, alla chiusura dei manicomi. Una due giorni, sottolinea una nota della Cgil, di un tour promosso tra gli altri dal Comitato Stop Opg - costituito da un vasto cartello di associazioni tra cui la Cgil - per chiudere gli Ospedali psichiatrici giudiziari, per dire no ai mini Opg manicomi regionali, per aprire i centri di salute mentale h24. La tappa romana di Marco Cavallo prevede domani, presso la sede nazionale della Cgil in corso d'Italia 25 l'arrivo alle ore 18. A seguire Massimo e Marco Foschi reciteranno il Dialogo di Marco Cavallo con gli internati in Opg. Giovedì, doppio istituzionale appuntamento presso il Senato e la Camera, la mattina alle 9 con l'incontro tra una delegazione di Stop Opg e il presidente di palazzo Madama, Pietro Grasso. Nel pomeriggio, invece, alle 14 in piazza Montecitorio Marco Cavallo saluterà il presidente della Camera, Laura Boldrini. Marco Cavallo cittadino onorario Barcellona Pozzo di Gotto Marco Cavallo, il gigantesco equino azzurro di cartapesta simbolo della rivoluzione di Basaglia a Trieste, che sta compiendo un tour in Italia per chiedere la chiusura degli Opg e la sostituzione con punti di assistenza h24, è diventato cittadino onorario di Barcellona Pozzo di Gotto. Nel corso della sua visita nel centro messinese, dove si trova ancora uno dei sei Opg italiani, il sindaco Maria Teresa Collica ha insignito Marco Cavallo dell'onorificenza consegnando la fascia tricolore che poi alcuni ospiti della struttura hanno provveduto a mettere al collo del finto animale. Pistoia: venerdì convegno organizzato dall'Associazione "Cittadini anche in Carcere" Il Tirreno, 20 novembre 2013 "Cittadini anche in Carcere", nato come coordinamento nel novembre del 2011, si è costituita come associazione di volontariato con lo scopo si svolgere iniziative a favore dei detenuti, di evidenziare, sensibilizzare e coinvolgere le istituzioni ed anche i cittadini sulle condizioni disumane in cui si trovano. La prima iniziativa con la quale l'associazione debutta è un convegno dal titolo "Legge Bossi-Fini, Legge Fini-Giovanardi e sovraffollamento carcerario. Quadro normativo e esperienze concrete". L'iniziativa si terrà venerdì prossimo, 22 novembre, a partire dalle 16 presso la "Sala Terzani" della Biblioteca San Giorgio di via Sandro Pertini. I relatori dell'evento saranno la dottoressa Claudia Sterzi, segretaria dell' Ara (Associazione radicale antiproibizionista); il professor Emilio Santoro, docente di etica del diritto dell'Università di Firenze e direttore de "L'Altro Diritto", centro di documentazione su carcere, marginalità e devianza. Previsto poi l'intervento del professor Nedo Baracani, già docente di Scienze della formazione all'Università di Firenze e delegato dal rettore per il polo universitario penitenziario della Toscana. "Questo convegno - spiegano gli organizzatori in una nota stampa diffusa ieri - ha lo scopo di sottolineare che "reati" come quello della clandestinità e quello del consumo di droghe leggere rendono sempre di più il carcere sovraffollato, non degno di un Paese civile e costituisce inutile "tortura" che non risponde minimamente alle finalità riabilitative che invece dovrebbe avere". Una situazione che vive anche la casa circondariale pistoiese, dove circa 150 detenuti si pigiano in celle che sarebbero sufficienti per una sessantina di persone. Una situazione che più volte hanno denunciato sia esponenti radicali - Marco Pannella stesso si è recato al Santa Caterina lo scorso Natale - sia l'Ordine degli avvocati, che ha dato vita a diverse iniziative di sensibilizzazione sulla situazione che si vive nel carcere e sulla privazione di diritti fondamentali. Torino: Osapp; detenuto per omicidio aggredisce un agente, colpendolo con pugni Agi, 20 novembre 2013 Un detenuto per omicidio ha aggredito oggi pomeriggio un agente di polizia penitenziaria nel carcere di Torino. Protagonista dell'episodio avvenuto al piano terra del Padiglione A del carcere di Torino, secondo quanto riferisce l'Osapp, un detenuto italiano, 40enne, in carcere da due settimane circa per avere ucciso a coltellate l'anziana zia. L'uomo avrebbe aggredito a pugni l'agente di polizia penitenziaria, che lo accompagnava al rientro dal tribunale. L'agente è stato portato per accertamenti all'ospedale Maria Vittoria di Torino. "Si tratta dell'ennesimo episodio - dice Leo Beneduci, segretario generale dell'Osapp - che vede la polizia penitenziaria vittima del sistema carcerario e del disinteresse della politica". Reggio Calabria: il Vescovo ai detenuti "cambiate vita, la Madonna vi conforterà" Ansa, 20 novembre 2013 "La Madonna ci conforterà se noi glielo permettiamo. In che cosa consiste questo permesso? Nel creare nella nostra vita le condizioni della conversione. Cosa vuol dire convertirci? Cambiare vita e riparare il male che abbiamo fatto. Dobbiamo offrire segni di conversione". Lo ha detto l'arcivescovo di Reggio Calabria, mons. Giuseppe Fiorini Morosini, ai detenuti del carcere reggino nel corso dell'omelia pronunciata durante la messa in occasione dell'arrivo nella struttura del quadro della Madonna della Consolazione. "La Madonna - ha aggiunto - non ci può consolare se noi siamo causa di sofferenze per altri. Quando sono venuto a celebrare per voi a settembre, il giorno dopo il mio arrivo a Reggio, vi consegnai un messaggio, che scaturiva da una premessa. Vi dissi che non giudicavo nessuno, che tra voi si trova una gamma svariata di situazioni: chi si sente innocente, chi non capito, chi invoca perdono, chi si sente odiato e respinto, chi spera nella riconciliazione. A voi dissi l'altra volta: fatevi messaggeri verso parenti ed amici perché cessino tutte le forme di illegalità, di violenza, di sopraffazione. Non ci può essere consolazione fino a quando c'è commercio di droga; fino a quando ci sono attentati contro cose e persone; fino a quando non c'è fedeltà nel matrimonio; fino a quando si uccide; fino a quando si imbroglia il prossimo; fino a quando non rispetta il bene comune; fino a quando sul battesimo cristiano facciamo prevalere quello dell'affiliazione al crimine". "Tutti abbiamo accolto trionfalmente la Madonna, quando è venuta in Cattedrale. Tutti abbiamo chiesto la consolazione della Madonna. Ma intanto solo in quest'ultimo mese in città, ci sono stati numerosi attentati al vivere sociale, che costituiscono la fonte della nostra paura e della nostra angoscia. Come può consolarci Maria, se succedono ancora questi fatti?". Palermo: detenuti, medici, architetti e giuristi... per far parlare "Il sapere del corpo" di Giuseppe Allegra www.ilsitodipalermo.it, 20 novembre 2013 Una giornata dedicata agli studenti di giurisprudenza e un laboratorio di 30 ore di etica applicata rivolto a detenuti e guardie penitenziarie del carcere di Gazzi, a Messina. C'è tutto questo ne "Il sapere del corpo", progetto pilota di ricerca e formazione alla bioetica, realizzato su impulso della filosofa e ricercatrice messinese Giusi Venuti nell'ambito di "Cogitazioni". "Il sapere del corpo" prenderà il via giovedì 21 novembre, alle 9.30, all'Università degli Studi di Messina, nell'Aula Salvatore Pugliatti presso la Facoltà di Giurisprudenza (in piazza Pugliatti). Interverranno la penalista Lucia Risicato, il neurologo Paolino La Spina e l'architetto Luciano Marabello e sarà messa in scena una performance liberamente tratta dal romanzo di formazione "Non mi avrete mai" di Gaetano Di Vaio e Guido Lombardi, a cura di Angelo Campolo, Alba Sofia e Giusi Venuti. Parteciperanno, inoltre, il sindaco di Messina Renato Accorinti, il sindaco di Capo d'Orlando, Enzo Sindoni, il direttore del carcere di Gazzi, Fulvio Tessitore, il presidente dell'Istituto siciliano di bioetica, Girolamo Cotroneo, e la docente Marianna Gensabella, membro del Comitato nazionale di bioetica. Lo scopo è quello di mantenere fortemente intrecciati ambiti che spesso si affrontano separatamente e che sono, appunto, la ricerca filosofica su temi di portata etica e le arti performative. Da più parti viene invocata l'umanizzazione delle pratiche. Ma in nome di cosa? Perché o per chi cambiare in un tempo vuoto di contenuti, di speranze e di sogni? Che senso ha parlare di umanizzazione se non si crea, prima, uno spazio - tempo in cui queste questioni vengano assimilate non come una pesante aggiunta teorica ma come un necessario cambiamento di prospettiva? Come si può, davvero, lavorare per l'umano se non si affinano le sensibilità? Su questi spunti si confronteranno filosofi, attori, musicisti, architetti, giuristi e neurologi, con l'intento di promuovere l'attivazione di un laboratorio di etica applicata per detenuti e guardie penitenziarie. Il progetto, inoltre, è stato già approvato dall'Asp di Messina per la formazione di medici e paramedici. Il senso è quello di provare a fare ricerca sulle Scienze Umane non limitandosi ad osservare da lontano, ma andando a vedere come le cose stanno, non con l'occhio compassionevole di chi, stando dall'altra parte della barricata, vuole "salvare anime", ma di chi - in nome di quella vulnerabilità che, da sempre, il teatro ci invita a guardare - vuole testare la competenza acquisita con persone e luoghi resi invisibili dall'indifferenza della post - modernità. "Obbedendo al dinamismo interno al fare teatro - sottolinea Giusi Venuti, responsabile del progetto - si vuol portare avanti questa ricerca con un'inversione di movimento: non saranno i partecipanti a dover andare a teatro, ma saranno gli scienziati e gli artisti che, per non morire di asfissia andranno dentro ai luoghi in cui vivono queste persone". L'idea è, dunque, quella di favorire un concetto di scienza come lavoro che tiene in equipe persone provenienti da diversi ambiti di ricerca, a cui tocca il compito etico di ripensare la formazione come costruzione culturale complessa che, distendendosi nel tempo e ancorandosi al potere performativo delle arti, possa innescare una maggiore consapevolezza. Lamezia Terme: venerdì incontro formativo per volontari in carcere www.zoomsud.it, 20 novembre 2013 Il sovraffollamento delle carceri italiane, con tutte le problematiche ad esso connesse, è all'attenzione del Consiglio d'Europa e della Corte europea dei diritti dell'uomo. In Calabria il dato del sovraffollamento raggiunge picchi elevatissimi, specie se lo si compara a quello della riduzione sproporzionata del numero di agenti penitenziari assegnato ai dodici istituti di pena dislocati in regione. Il volontariato non può stare a guardare. I risvolti sociali del dramma di chi vive in carceri vetuste anche dal punto di vista strutturale sono tanti, ed implicano un'azione congiunta di sensibilizzazione a tali preoccupanti problematiche. L'incontro formativo per volontari ed aspiranti tali fissato dai cinque Centri di Servizio per il Volontariato calabresi per venerdì 22 novembre, presso il Grand Hotel Lamezia di Sant'Eufemia, mira ad approfondire la questione ed a promuovere azioni per il recupero ed il reinserimento sociale dei detenuti: per tutta la giornata, dalle 10 alle 17, le associazioni si interrogheranno sulle possibilità di intervento assieme alle istituzioni competenti, chiamate a dare risposte alle criticità sollevate. Sono previsti gli interventi di Pietro Caroleo, coordinatore dei Centri di Servizio promotori dell'iniziativa; di Silvio Mesiti, cappellano della Casa Circondariale di Palmi; di Rosario Tortorella, provveditore vicario dell'Amministrazione Penitenziaria regionale; di Angela Paravati, direttore della Casa Circondariale di Catanzaro; di Luisa Prodi, presidente nazionale del Seac (Coordinamento dei gruppi di volontariato penitenziario che operano in Italia); di Alberto Mammolenti, referente regionale della Conferenza nazionale Volontariato Giustizia e di Alessandra Celi, dirigente settore Politiche Sociali della Regione Calabria. A moderare l'incontro sarà Francesco Cosentini, responsabile per la Calabria del coordinamento degli enti ed associazioni di volontariato penitenziario; le conclusioni saranno invece affidate a Mario Nasone, presidente del CSV di Reggio Calabria. Per la portata sociale della giornata formativa regionale, si pregano gli organi di stampa di diffondere il programma dell'incontro e di prendervi parte ai fini della resa puntuale della notizia. Firenze: presentato "Alice, la guardia e l'asino bianco", libro scritto dai detenuti di Sollicciano www.gonews.it, 20 novembre 2013 Presentato alle Oblate il volume "Alice, la guardia e l'asino bianco", curato da Monica Sarsini. Dopo il successo di "Alice nel Paese delle domandine", risalente a due anni fa, il Consiglio regionale della Toscana ha presentato oggi alla Biblioteca delle Oblate una seconda pubblicazione curata da Monica Sarsini, dal titolo "Alice, la guardia e l'asino bianco", edizioni Le Lettere, incentrata anch'essa sul microcosmo della detenzione femminile. "Questo libro ci porta a leggere l'esperienza della carcerazione con gli occhi delle detenute dell'istituto penitenziario di Sollicciano che hanno svolto un percorso di scrittura creativa", ha spiegato la consigliera Daniela Lastri, componente dell'Ufficio di presidenza dell'Assemblea toscana. "Si tratta di uno spaccato di vita carceraria che cerca un riscatto e una riabilitazione attraverso l'arte della scrittura". Parlando del volume, che reca come sottotitolo la significativa dicitura "Racconti delle detenute di Sollicciano", la consigliera ha aggiunto: "Alice, una detenuta autrice, dichiara che la carcerazione dovrebbe privare l'individuo solo della libertà personale, ma al tempo stesso dovrebbe rieducarlo, fargli prendere coscienza dei propri errori, garantirgli di non perdere il rispetto per la propria dignità personale. E questi racconti lo dimostrano. Attraverso la narrazione le detenute si svelano, prendono consapevolezza di sé, parlano a loro stesse ed attraverso questo libro a ciascuno di noi, mentre idealmente si rivolgono alla società italiana a cui chiederanno una seconda opportunità, quando avranno terminato di scontare la pena". E ancora: "Siamo davanti ad un testo ricco di contenuti, di umanità e di spunti preziosi per i cittadini e gli amministratori. Raccoglierà consensi ancora maggiori rispetto alla prima pubblicazione della Sarsini, a cui va la mia più sincera gratitudine per il lavoro che ha svolto in questi anni". Alla presentazione del volume, sotto il coordinamento della editor di narrativa Roberta Mazzanti, sono intervenuti anche il docente Giuseppe Di Chiara dell'Università di Palermo e il provveditore Carmelo Cantone dell'Amministrazione penitenziaria della Toscana. Nella sala conferenza delle Oblate, inoltre, era presente la curatrice del volume. E si è svolta anche una performance teatrale di Valeria Landi. L'iniziativa promossa dal Consiglio regionale rientra nelle manifestazioni correlate alla Festa della Toscana 2013, dedicata alla diversità sociale e all'integrazione, sotto lo slogan "Una comunità, le mille voci della Toscana", allo scopo di "fotografare" la realtà regionale a partire dalle "diversità" e dal desiderio di "farsi comunità". Il libro raccoglie i racconti che le detenute della sezione femminile del carcere di Sollicciano hanno scritto al termine di un corso di scrittura creativa tenuto in quella casa circondariale dalla stessa Sarsini. Anche "Alice nel Paese delle domandine", il libro di due anni fa, presentava racconti scritti dalle detenute del carcere di Firenze e venne anch'esso presentato nell'ambito della Festa della Toscana. Russia: caso Greenpeace; libero su cauzione l'attivista italiano Cristian D'Alessandro Il Velino, 20 novembre 2013 Lo ha deciso il tribunale di San Pietroburgo. Sono dieci gli ambientalisti rilasciati, resta in carcere l'australiano Colin Russell. 59 sindaci firmano la Dichiarazione di Solidarietà. Libertà su cauzione per l'attivista italiano Cristian D'Alessandro. Lo ha stabilito martedì pomeriggio (alle 17,30 ora locale) il tribunale di San Pietroburgo secondo quanto riportato dal canale Twitter di Greenpeace. Sale così a dieci il numero di attivisti, detenuti in Russia dal 18 settembre, rilasciato dietro pagamento di una cauzione. In mattinata la brasiliana Ana Paula Alminhana Maciel è stata la prima non russa a cui è stata concessa questa misura, seguita dal neozelandese David John Haussmann, dall'argentino Miguel Hernan Perez Orsi, dall'italo - argentina Camila Speziale (la più giovane del gruppo), dal canadese Paul Ruzycki e dal polacco Tomasz Dziemianczuk. "Questa è la più bella notizia che ho avuto negli ultimi due mesi, ma giustizia sarà fatta solo quando tutte le accuse assurde verranno cancellate" è il commento a caldo della madre di Ana Paula. "Una persona che fa solo del bene per il pianeta, come mia figlia, deve essere riconosciuta per le sue azioni non accusata ingiustamente. Questo è l'unico modo per avere fiducia nel futuro". Stati Uniti: detenuto Guantánamo "lasciateci morire in pace… o dite al mondo la verità" Huffington Post, 20 novembre 2013 "Siamo stanchi, per favore lasciateci morire in pace o dite al mondo la verità". Un urlo straziante, disperato. È quello di Shaker Aamer, ultimo detenuto inglese recluso nel carcere di massima sicurezza di Guantánamo, raccolto dalle telecamere di 60 Minutes, il programma di inchieste giornalistiche della Cbs, che per prima ha avuto accesso al penitenziario. Da undici anni a Guantánamo, Ammer è uno degli ultimi 164 detenuti ancora rinchiusi nel carcere. Il volto della prigione non è più quello conosciuto negli anni dell'amministrazione Bush, ma le condizioni di reclusione sono ancora durissime, come testimoniano le esclusive immagini di 60 Minutes. Ed è proprio nel corso di una delle interviste registrate dalla giornalista Lesley Stahl che i microfoni intercettano lo sfogo di Aamer: "Per favore colonnello, ci tratti come degli esseri umani, non degli schiavi". Grida raccolte senza la possibilità di mostrare il volto del detenuto. "Non possiamo camminare neanche mezzo metro senza le catene. È questo un trattamento da esseri umani o da animali?" Immagini molto forti che mostrano anche una breve rivolta dei detenuti contro le porte delle celle in un'ala di massima sicurezza mentre è in corso l'intervista. Immagini che la stessa giornalista si sorprende non siano state censurate dall'Esercito. "Lo abbiamo fatto per le guardia, per mostrare a tutti che cosa devono fronteggiare", le risponde il colonnello John Bogdan, capo della base. Svizzera: per 17enne detenuto si spendevano 29 mila franchi al mese, ora è a Uitikon Corriere del Ticino, 20 novembre 2013 La procura zurighese dei minorenni ha deciso di trasferire "Carlos" - il 17.enne pluripregiudicato finito al centro dell'attenzione dei media per un programma di presa a carico che costava allo Stato 29.000 franchi al mese - nel centro di esecuzione delle misure per adolescenti e giovani adulti di Uitikon (ZH). La decisione è stata presa per "motivi legati alla sicurezza", ha reso noto oggi l'avvocato del giovane. La procura dei minorenni ha peraltro respinto la richiesta di riprendere la presa a carico individuale del giovane. "Carlos" - questo il nome fittizio del giovane - si trovava dall'inizio di settembre nella sezione minorile del penitenziario Limmattal di Dietikon (ZH). Il suo caso era scoppiato in seguito alla messa in onda di un reportage della televisione svizzero-tedesca SRF dedicato ad un giudice dei minorenni zurighese. Sistemato in un appartamento di 4 locali e mezzo, il giovane seguiva corsi quotidiani di thai boxe ed era seguito di una decina di specialisti. Nel reportage televisivo si è cercato di garantire l'anonimato del ragazzo, ma vari media sono riusciti a pubblicare sempre più dettagli, compreso l'indirizzo dell'appartamento dov'era alloggiato. In seguito ai numerosi articoli di stampa, il Ministero pubblico zurighese aveva deciso di trasferire il giovane in una struttura chiusa "per la sua stessa protezione". La vicenda ha anche portato alla stesura di un rapporto interno al termine del quale il consigliere di Stato zurighese Martin Graf (Verdi), responsabile del Dipartimento cantonale di giustizia, ha annunciato che non ci saranno più "trattamenti di lusso" per i minorenni responsabili di gravi reati. Il ragazzo ha iniziato la sua carriera criminale all'età di 9 anni, rendendosi colpevole di furti, atti di violenza e detenzione illegale di armi. Due anni fa "Carlos" ha pugnalato gravemente alla schiena un altro giovane. Le misure di presa a carico individuale sono state organizzate dal giudice dei minorenni dopo che il ragazzo ha passato circa dieci mesi in prigione e in una clinica psichiatrica.