Giustizia: al via progetto “Circuiti regionali”, detenuti differenziati in base a pericolosità Agi, 21 marzo 2013 Differenziazione degli istituti penitenziari, che, d’ora in poi, saranno caratterizzati sulla base della tipologia del detenuto, la sua pericolosità e la sua posizione giuridica. Prende così la luce il progetto “Circuiti regionali” messo a punto dal Dap, per trovare soluzioni al sovraffollamento, alle drammatiche condizioni di vita dei reclusi, e alle difficoltà lavorative, in tale contesto, del personale penitenziario, con uno sguardo al trattamento rieducativo e alle misure alternative. La nuova “geografia penitenziaria” è stata presentata oggi dal capo del Dap, Giovanni Tamburino, e prenderà il via in aprile dall’istituto di Carinola, in Campania, che diventerà una Casa di reclusione per detenuti di media sicurezza, con la sperimentazione di una custodia attenuata. “Sarà un avvio graduale - ha spiegato il vice capo del Dap, Luigi Pagano - perché serve tempo e un forte apporto dalla società esterna. Tutto questo porterà anche ad un aumento nella sicurezza”. Quello presentato oggi, secondo il capo del Dap Tamburino, non è una “panacea”, ma sicuramente “un passo avanti”, di fronte a “insufficienze talvolta molto gravi del nostro sistema penitenziario che, purtroppo, hanno portato anche a condanne dell’Italia da parte della Corte europea. Abbiamo dei punti di arretratezza, con una insufficiente differenziazione dei detenuti e un’idea carcero centrica”. I nuovi circuiti differenziati, in particolare, prevedranno una sorta di regime aperto, con la possibilità per i detenuti di media sicurezza di passare il tempo in spazi comuni per la socializzazione; verrà previsto anche una maggiore attenzione “territoriale”, ossia la possibilità per i reclusi di vivere in un carcere vicino alla famiglia. Questa la situazione, regione per regione, che sarà delineata con la nuova geografia penitenziaria: in Abruzzo, il carcere di Sulmona sarà dedicato interamente ai detenuti di alta sicurezza (41 bis, criminalità organizzata e terrorismo), l’istituto di Vasto sarà destinato a casa lavoro, con una piccola sezione circondariale per gli arrestati, mentre a Pescara ci sarà un reparto a regime aperto, uno di osservazione psichiatrica e una sezione femminile. In Basilicata, invece, sia a Potenza che a Matera saranno attivate sezioni a regime aperto, mentre in Calabria, il carcere di Catanzaro ospiterà in un nuovo padiglione (300 posti) detenuti di media sicurezza (ossia detenuti comuni), gli istituti di Crotone e Laureana di Borrello saranno destinati a custodia attenuata, così come l’istituto di Paola. Il penitenziario di Lamezia Terme sarà soppresso. Per quanto riguarda la Campania, a Napoli Secondigliano sarà implementata la sezione di alta sicurezza e ridotta quella a media sicurezza; quest’ultima, invece, sarà aumentata a Santa Maria Capua Vetere e ad Avellino. L’istituto di Ariano Irpino sarà adibito solo alla media sicurezza, mentre, in futuro, quello di Benevento sarà destinato solo alla media sicurezza, previa l’individuazione di istituti a cui assegnare i detenuti in alta sicurezza. In Emilia Romagna, sarà implementata la presenza di detenuti alta sicurezza a Parma, che, invece, non saranno più reclusi in quello di Piacenza. I nuovi padiglioni da 160 posti a Modena e Piacenza saranno destinati alla media sicurezza. Nel Lazio, a Rebibbia nuovo complesso, i posti per l’alta sicurezza saranno ridotti a 50, e saranno previsti custodie attenuate a Rebibbia reclusione, Velletri e Rieti. A Frosinone verrà implementata l’alta sicurezza, che verrà invece chiusa a Civitavecchia, destinata a casa circondariale media sicurezza. In Liguria l’istituto di Chiavari sarà una cosa di reclusione con regime aperto, mentre in Lombardia, a Milano Opera verrà ridotta l’alta sicurezza di un centinaio di posti e implementata la media sicurezza. Gli istituti di Pavia (con polo psichiatrico), Monza e Vigevano (dove resta l’alta sicurezza femminile) saranno destinati alla media sicurezza, mentre il carcere di Voghera sarà adibito ad alta sicurezza con una piccola sezione a media sicurezza. Nelle Marche, sarà dedicato a detenuti ad alta sicurezza il carcere di Fossombrone, mentre saranno destinati a custodia attenuata gli istituti di Ancona, Barcaglione e di Macerata Feltria. In Piemonte, verrà implementata l’alta sicurezza a Saluzzo, mentre in Puglia, le carceri di Altamura e la sezione Italia di Trani verranno adibite a custodia attenuata e sarà prevista una sezione di reclusione a Lecce. In Sardegna, verranno chiuse le carceri di Iglesias e Macomer, mentre saranno case di reclusione ad alta sicurezza gli istituti di Tempio Pausania e Oristano. I nuovi istituti di Cagliari e Sassari ospiteranno invece i detenuti in media sicurezza e in 41 bis. Una custodia a regime attenuato sarà avviata ad Alghero. In Sicilia, verranno soppressi gli istituti di Mistretta, Modica e Nicosia, e chiuse le sezioni femminili di Enna, Ragusa, Agrigento, Trapani e Palermo Pagliarelli. Il nuovo padiglione di Catania Bicocca sarà destinato alla media sicurezza e un polo femminile verrà istituito a Palermo Ucciardone. A Palermo Pagliarelli sarà implementata l’alta sicurezza dei giudicabili e il nuovo padiglione destinato alla media sicurezza. In Toscana il carcere di Volterra sarà destinato alla media sicurezza, mentre San Gimignano avrà una vocazione prettamente ad alta sicurezza. Ai detenuti più pericolosi sarà destinato il nuovo padiglione di Livorno e Gorgona sarà qualificata come sezione distaccata di Livorno. Soppressi gli istituti di Grosseto ed Empoli (quest’ultimo solo quando sarà disponibile Montelupo Fiorentino. Nel triveneto, verrà chiuso il carcere di Gorizia, mentre Tolmezzo sarà adibito all’alta sicurezza. Custodia attenuata a Vicenza e Verona. In Umbria, infine, il nuovo padiglione dell’istituto di Terni sarà adibito a media sicurezza e Orvieto avrà la custodia attenuata. Giustizia: Pagano (Dap); miglioreranno condizioni vita di reclusi e personale penitenziario Adnkronos, 21 marzo 2013 Rendere omogenee le varie categorie di detenuti per razionalizzare risorse e interventi. Questo l’obiettivo del progetto “Circuiti regionali” presentato dal Dap, finalizzato a migliorare le condizioni di vita dei reclusi e del personale penitenziario, ponendo in primo piano il trattamento rieducativo e le misure alternative. “Esiste la possibilità, in base alla formula regolamentare del 2000, di creare dei circuiti regionali differenziandoli per tipologia giuridica e pericolosità - spiega Luigi Pagano, vice capo del Dap - Graduando tutti gli istituti che si trovano nelle regioni, dal 41 bis passando all’alta e media sicurezza fino alla custodia attenuata”. Così facendo si rendono omogenee le varie categorie e si razionalizzano le risorse. Con il nuovo progetto, infatti, “un istituto ad alta sicurezza - spiega Pagano - inserirà più agenti di polizia penitenziaria, se invece l’istituto è fondamentalmente a custodia attenuata metterà altre figure professionali all’interno. Questo avverrà senza rinunciare, per nessuna categoria tranne che per il 41bis, all’attività di trattamento. Basti dire che l’Orso d’oro a Berlino è stato vinto da detenuti che si trovavano in sezione di alta sicurezza”. “Creando questa differenziazione possiamo centrare meglio l’attività di trattamento e la sorveglianza sul detenuto - aggiunge Pagano - Cercando anche di aprire quanto più possibile non solo gli spazi all’interno del carcere ma anche il tempo del loro utilizzo. Oggi, purtroppo, qualche istituto di pena al massimo concede le ore d’aria. Noi invece - sottolinea - vogliamo cercare di accentrare tutti i servizi, incominciando da quelle che sono le custodie attenuate per i detenuti a bassa pericolosità e progressivamente adattarlo a tutti gli altri”. “Se vogliamo salvare un detenuto dobbiamo prevenire. Uscire dalla logica custodiale, creando dei poliziotti penitenziari che coordinano e interagiscono con le altre figure professionali presenti nel carcere”. L’obiettivo è “aprire le carceri” perché “parlare di reinserimento sociale e non aprire le carceri è evidente una contraddizione in termini”. Questo processo di trasformazione prevede anche l’apertura alla stampa “in modo da diradare la nebbia che caratterizza le carceri”. Tra i cambiamenti che saranno effettuati “la riorganizzazione dei circuiti anche attraverso lo spostamento dei detenuti valutando le singole situazioni che devono rispondere anche a principi di territorializzazione. Vogliamo creare un circolo virtuoso - rimarca il vice capo del Dap - Cercheremo di rispettare al massimo i diritti dei detenuti ma al contempo pensiamo anche alle condizioni del personale di polizia penitenziaria”. Giustizia: Tamburino (Dap); nell’ultimo anno abbiamo risparmiato quasi 15 milioni di € Dire, 21 marzo 2013 “Come Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria nell’ultimo anno abbiamo risparmiato quasi 15 milioni di euro”. Ad annunciarlo è il capo del dipartimento Giovanni Tamburino durante la conferenza stampa di presentazione del “Progetto circuiti regionali” tenutasi questa mattina presso il museo criminologico di Roma. “Nell’ultimo anno abbiamo operato con notevole attenzione a tutto quello che potesse essere spreco, con uno sforzo rilevante di riduzione della spesa. Uno sforzo che ha avuto risultati”. Soltanto per le missioni del personale, ha spiegato il capo del Dap tra il 2011 e il 2012 si sono risparmiati ben 7,7 milioni di euro. “Nel 2011 abbiamo speso 22,9 milioni - ha spiegato Tamburino, mentre nel 2012 ne abbiamo spesi 15,3”. Risparmi anche sulla voce vestiario. “Grazie ad una migliore forma di contrattazione abbiamo risparmiato, sempre in un anno, 3,5 milioni”. Spese sotto osservazione anche sugli automezzi, dal carburante alle riparazioni. “In questo caso - ha aggiunto Tamburino - c’è stato un risparmio di 3,2 milioni”. Risparmi che hanno riguardato anche la festa del corpo di polizia. “Nel 2011 erano stati spesi 397 mila euro - ha spiegato il capo del Dap - , nel 2012 abbiamo speso solo 19 mila euro”. Risparmi, ha aggiunto Tamburino, che hanno portato ad “una riduzione di poco meno di 15 milioni che è una piccola goccia nel grande bilancio del dipartimento, però, occorre tenere presente che molte parti di questo bilancio sono vincolate, come quello che riguarda il vitto dei detenuti o le spese per le forniture e gli stipendi del personale”. Ulteriori risparmi, infine, si otterranno anche dal progetto presentato oggi dal Dap. “L’effetto sarà positivo - ha spiegato, perché i detenuti in questo circuito saranno più vicini a casa. Uno degli elementi fondamentali di questo regime, infatti, è che oltre ad avere questa maggiore apertura ci sarà anche una vicinanza al territorio e questo diminuirà le traduzioni e i costi relativi”. Giustizia: Sappe; progetto circuiti penitenziari è bluff, mancano soldi e lavoro per detenuti Adnkronos, 21 marzo 2013 “Il progetto dei circuiti penitenziari studiato dall’Amministrazione penitenziaria è in realtà un bluff. Il superamento del concetto dello spazio di perimetrazione della cella e la maggiore apertura per i detenuti deve associarsi alla necessità che questi svolgano attività lavorativa e che il Personale di Polizia penitenziaria sia esentato da responsabilità derivanti da un servizio svolto in modo dinamico, che vuol dire porre in capo ad un solo poliziotto quello che oggi lo fanno quattro o più agenti, a tutto discapito della sicurezza”. Lo dichiara Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe. “Questo progetto elaborato dal Capo Dap Tamburino e dal vice capo Pagano in realtà non prevede affatto lavoro per i detenuti e mantiene il reato penale della colpa del custode - continua Capece - È quindi un progetto basato su basi di partenza sbagliate e non è certo abdicando al ruolo proprio di sicurezza dello Stato che si rendono le carceri più vivibili (per i detenuti, è ovvio)”. La situazione penitenziaria è sempre più incandescente e rincorrere la vigilanza dinamica ed i patti di responsabilità con i detenuti, come vorrebbe il Dap, è una chimera: cosa dovrebbero fare tutto il giorno i detenuti, girare a vuoto nelle sezioni? - prosegue il sindacalista. In carcere quello che manca è il lavoro, che dovrebbe coinvolgere tutti i detenuti dando quindi anche un senso alla pena e invece la stragrande maggioranza dei ristretti sta in cella 20 ore al giorno, nell’ozio assoluto”. “Il progetto che Tamburino e Pagano vorrebbero propinare - afferma Capece - risponde alla solita logica discendente che scarica sui livelli più bassi di governance tutte le responsabilità, tenuto conto, a titolo esemplificativo ma significativo, che la vigilanza dinamica, ritenuta congeniale al nuovo modello, mal si concilia con il regime di vigilanza intensificata nei confronti di quei detenuti ritenuti a rischio di suicidio”. “In altri termini - chiarisce il sindacalista - il modello della vigilanza dinamica, che vorrebbe sostituire nelle carceri l’agente di sezione con le pattuglie a cui demandare la sicurezza di un certo ambito detentivo, può essere sintetizzato per dirla in termini prosaici, e quindi scrostandolo dalle diversive teorizzazioni, in arrangiatevi con le poche risorse a disposizione: modello che non può di certo assurgere a scriminante del reato contestato dalle Procure della Repubblica nel caso in cui si verifichino eventi critici, né tanto meno può dirsi che meriti l’esborso di soldi pubblici da destinare a momenti di formazione in tal senso che pur sono in atto”. “Il Sappe, pertanto - conclude il segretario del Sappe - è disposto a sedersi ad un tavolo per discutere possibili soluzioni per mitigare gli effetti negativi del sovraffollamento, purché i vari progetti regionali sui circuiti penitenziari siano ratificati dai vertici del Dap e dalla competente Magistratura di Sorveglianza mediante l’apposizione in calce delle rispettive firme, che diano vita, questo sì, ad un patto di responsabilità, o meglio di corresponsabilità davanti ad ogni Autorità Giudiziaria, tra il livello di amministrazione centrale, regionale e periferico”. Giustizia: 66mila detenuti nelle carceri italiane, da inizio anno 221 tentati suicidi, 6 evasioni Redattore Sociale, 21 marzo 2013 Dato del Dap aggiornato al 18 marzo 2013. Oltre 12mila in attesa di primo giudizio, mentre sono 39.653 i condannati in via definitiva. La capienza regolamentare è di quasi 46 mila posti. Sono 65.995 i detenuti in Italia al 18 marzo 2013, di cui ben il 18,7 per cento (oltre 12 mila) in attesa di primo giudizio, su una capienza regolamentare delle strutture detentive di quasi 46 mila posti. Questo l’ultimo dato aggiornato fornito dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria durante la conferenza stampa in corso presso il Museo criminologico a Roma di presentazione del “Progetto circuiti regionali”. Secondo i dati del Dap, i condannati in via definitiva sono il 60 per cento, cioè 39.653. Lombardia, Campania, Lazio e Sicilia le regioni col maggior numero di detenuti: 9.233 per la regione Lombardia, 8.412 in Campania, 7.201 nel Lazio e 7.080 in Sicilia. Nel 2013 221 tentati suicidi, 6 evasioni Dall’inizio del 2013 sono 221 i tentati suicidi registrati nei penitenziari italiani. A fornire il dato è il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, che rileva come siano avvenute nel periodo compreso tra il 1* gennaio e il 19 marzo, 6 evasioni, 3 dal carcere di Varese, 2 da quello di Parma e 1 da quello di Modica. “C’è un numero enorme di tentati suicidi - ha rilevato il vice capo vicario del Dap Simonetta Mattone, durante una conferenza stampa - ma grazie al personale di polizia penitenziaria e alla sua preparazione, si riesce a sventarli. I suicidi sono una realtà drammatica, ma rispetto alla popolazione in carcere, sono un fenomeno estremamente contenuto”. Sulle evasioni dal carcere, Mattone ha aggiunto: “Si tratta di fatti gravi, ma non c’è nessuna emergenza. I casi italiani sono meno rispetto alla media europea”. Giustizia: chiusura Opg prorogata al 2014; le Regioni non hanno strutture alternative… Il Velino, 21 marzo 2013 Il Consiglio dei ministri ha approvato, su proposta del Ministro della salute, un decreto legge che contiene interventi urgenti per gli Ospedali psichiatrici giudiziari. Viene prorogata al primo aprile 2014 la chiusura degli Opg in attesa della realizzazione da parte delle Regioni delle strutture sanitarie sostitutive. Nel decreto si sollecitano le Regioni a prevedere interventi che comunque supportino l’adozione da parte dei magistrati di misure alternative all’internamento, potenziando i servizi di salute mentale sul territorio. Si prevede, in caso di inadempienza, un unico commissario per tutte le Regioni per le quali si rendono necessari gli interventi sostitutivi. Dap: impossibile rispettare termine chiusura del 31 marzo Il capo del Dap Tamburino: “Il ministero della Giustizia ha fatto tutto quello che era nelle sue competenze. Il passaggio alle regioni sta comportando una impossibilità di rispettare il termine originario”. Sarà impossibile rispettare i termini di chiusura degli Opg su tutto il territorio nazionale, fissato per il 31 marzo. Ne è convinto il capo dipartimento del Dap, Giovanni Tamburino, intervenuto sulla questione a margine della presentazione del “Progetto circuiti regionali” tenutasi questa mattina a Roma. “La situazione è che il ministero della Giustizia, in particolare il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha fatto tutto quello che era nelle sue competenze - ha spiegato Tamburino. Il passaggio alle regioni, che sono venti e hanno livelli di attuazione diversi tra di loro, sta comportando una impossibilità di rispettare il termine originario che era il 31 marzo”. Ritardi che però non cambiano la sostanza della sorte degli ospedali psichiatrici giudiziari. “Tutte le regioni hanno fatto dei notevoli passi in avanti - ha detto Tamburino. Il percorso che porterà sicuramente alla chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari ha già compiuto dei passi notevoli”. Giustizia: chiusura Opg prorogata al 2014; sconforto e molte proteste dalle Associazioni Redattore Sociale, 21 marzo 2013 Il senatore del Pd Ignazio Marino: “È inaccettabile e intollerabile consentire che queste strutture restino aperte anche solo un giorno in più”. La richiesta: “Si nomini un commissario”. “Gravissimo il rinvio di un anno”. Così il senatore del Pd Ignazio Marino commenta la notizia della proroga al primo aprile 2014 della chiusura degli Opg. “Il governo - continua Marino - ha deciso per il rinvio di un anno della chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari. Da Presidente della Commissione d’Inchiesta sul servizio sanitario nazionale sono riuscito a far approvare dal parlamento una legge che oltre a prevedere la chiusura dei manicomi criminali per il 31 marzo 2013 stanziava anche 272 milioni di euro per la costruzione di nuove strutture e 55 milioni di euro ogni anno per il personale medico e tecnico. Ora quei soldi sono lì, fermi, e il governo uscente ci comunica che nulla è stato fatto per più di mille persone che a tutt’oggi continuano a essere internate in luoghi che ledono la loro dignità, luoghi definiti “di tortura” dal Consiglio d’Europa. Come lo stesso capo dello Stato Giorgio Napolitano ha detto riferendosi agli OPG, è inaccettabile e intollerabile per un paese che si definisce appena civile consentire che queste strutture restino aperte anche solo un giorno in più. Chiedo la nomina immediata di un Commissario ad hoc che prenda in carico la situazione e agisca dove governo nazionale e regioni hanno fallito”. Gonnella (Antigone): fallimento governo tecnico “Rimandare di un anno la chiusura degli ospedale psichiatrici giudiziari dimostra il fallimento del governo dei tecnici che avrebbero avuto tutto il tempo per organizzare il superamento di questi ghetti”. Lo dichiara Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone, che si batte per i diritti nelle carceri. “Si trattava di sistemare circa mille persone, molte delle quali ospitate impropriamente negli Opg, la cui chiusura è stata stabilita da una legge che aveva persino la copertura finanziaria, 50 milioni di euro”, spiega Gonnella. Tutto ciò nonostante il capo dello Stato si fosse speso perché gli Opg venissero cancellati - ricorda Gonnella - “l’estremo orrore degli ospedali psichiatrici giudiziari è inconcepibile in qualsiasi Paese appena civile” disse Napolitano. “A questo punto è necessario che il prossimo governo affronti il problema per evitare che un altro anno passi senza che sia fatto nulla, o in alternativa - conclude Gonnella - la sanità e il Dap procedano autonomamente prendendo in carico gli internati”. Comitato StopOpg: Regioni si attivino subito “Ora gli strumenti ci sono tutti: norme, decreti, fondi. Ma bisogna partire subito per realizzare la chiusura degli Opg”. Questo il commento di Giorgio Cerquetani, del comitato StopOpg Lazio, alla notizia della proroga al 1 aprile 2014 (vedi lancio precedente). Secondo Cerquetani, in questo anno di proroga si riuscirà a portare a termine il percorso che vede il passaggio degli internati dagli ospedali psichiatrici giudiziari alle strutture alternative previste dalla legge. “Si tratta di un’occasione per potenziare i Dipartimenti di salute mentale, visto che i fondi sono stati stanziati”, aggiunge Cerquetani. “Ora noi chiediamo che entro quest’anno le regioni si attivino e che le Asl prendano in carico più pazienti possibile e che prevedano per loro percorsi terapeutici individualizzati. Finora questo è avvenuto con il contagocce, a causa delle criticità che presentano i Dipartimenti della salute mentale. Ma ora ci sono i fondi ed è importante che il discorso degli Opg sia inquadrato in quello più generale della salute mentale”. Giustizia: detenuto e bloccato a letto, una “tortura di Stato” per Angelo Rizzoli di Stefano Zurlo Il Giornale, 21 marzo 2013 L’editore indagato è in carcere nell’ala dell’ospedale Pertini da oltre un mese. Ma le condizioni di salute sono incompatibili: senza fisioterapia la sclerosi avanza. Quando è arrivato a Rebibbia, il giorno di San Valentino, gli hanno sequestrato il bastone insieme a tutti gli oggetti personali. Solo che senza il bastone non può camminare. Frana sotto il suo stesso peso che non riesce a sostenere. Hanno provato con un deambulatore, ma lui non lo sa usare. La settimana scorsa, dopo un mese di stallo, la famiglia gli ha fatto avere un secondo bastone che però ha fatto la fine del primo: è a Rebibbia, in attesa di essere radiografato come impone la burocrazia carceraria. È passato più di un mese dall’arresto e l’unica cosa che Angelo Rizzoli ha ottenuto è quella di essere detenuto in un reparto di ospedale, al Pertini, a tutti gli effetti una succursale di Rebibbia. La parola chiave di questo mistero doloroso è la compatibilità: nell’Italia delle carceri colabrodo, da cui si esce con una certa facilità specialmente se si ha sulle spalle una condanna pesantissima, le condizioni di salute di Angelo Rizzoli sono compatibili con il carcere. E quindi deve stare in cella, sia pure nell’enclave del Pertini. Lo sappiamo, permessi, sconti, indulti, semi - infermità abbreviano le pene degli assassini. Le accorciano. Talvolta, come per magia, le cancellano. Da Ferdinando Carretta a Ruggero Jucker e Pietro Maso la nostra storia è un susseguirsi di liberazioni anticipate e sorprendenti. Ma se non sei stato condannato, insomma se sei in custodia cautelare e vale per te la famosa presunzione d’innocenza sancita, nientemeno, dalla Costituzione, e se poi sei pure malato, anzi malato grave, allora per te si mette male. Malissimo. Angelo Rizzoli, un cognome che è un brand del made in Italy, un passato che riporta all’archeologia giudiziaria targata P2 e un presente come produttore per la tv, è stato ammanettato il 14 febbraio scorso per bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale: avrebbe provocato, “con dolo e per il profitto personale”, il fallimento di quattro società controllate. L’accusa è seria e la sua consistenza verrà valutata in un processo, se ci si arriverà. Il punto è un altro. Angelo Rizzoli è, purtroppo, un catalogo di malattie. Aveva 18 anni quando il suo fisico fu aggredito da un male terribile: la sclerosi a placche. Oggi che ne ha 70 è ancora vivo, ma il suo fisico è stato debilitato dalla patologia e da quel che la sclerosi si è portata dietro, come un corteo di sventure. Il diabete mellito, la cardiopatia con tanto di infarto, l’ipertensione arteriosa, la pancreatite, l’emiparesi al braccio destro. E non è finita. “I reni lavorano sempre meno - spiega preoccupata la moglie Melania De Nichilo, medico chirurgo, parlamentare uscente del Pdl, pure indagata nella stessa inchiesta - non ho potuto vederlo per venticinque giorni, poi l’ho incontrato due volte, l’ultima ieri, e l’ho trovato molto debilitato. I reni vanno di male in peggio. Siamo a un passo dalla dialisi”. In questa situazione ci si chiede perché non siano stati concessi a Rizzoli gli arresti domiciliari. Avrebbe potuto inquinare le prove in combutta con la moglie? Lei, Melania De Nichilo, aveva immediatamente dato la sua disponibilità ad interrompere per il momento ogni contatto con il consorte e a trasferirsi altrove. Niente da fare. Rizzoli resta al Pertini. La perizia disposta dal gip stabilisce che i malanni ci sono tutti, ma comunque il malato può stare in carcere. La consulenza di parte, affidata a un nefrologo del Gemelli, il professor Luigi Tazza, evidenzia invece il rischio di morte. Una via di mezzo evidentemente non c’è. Lui sta nel suo letto in reparto: non cammina e non può farsi la doccia. A casa ha un bagno attrezzato, con la maniglia. Al Pertini no. “Non riesco - ha spiegato all’avvocato Angiolo Marroni e a Repubblica - rischio di cadere” e così viene lavato dagli infermieri in stanza. Umiliazioni. Immobilità. I giornali, che poi sono la sua vita, li vede come un miraggio: il personale, in questi tempi di austerity, è stato tagliato e non si trova un agente chi glieli possa portare. Quindi fa a meno di leggerli, per la prima volta nella sua vita. Ma questo è il meno quando il bollettino medico è un mezzo disastro. “I medici e gli agenti penitenziari sono seri, ma purtroppo - lancia l’allarme Rizzoli - la sclerosi, senza il contrasto della fisioterapia, avanza più veloce”. Non provare a fermarla è una tortura di Stato, sia pure perfettamente legale. Sabato Angelone verrà ascoltato dai Pm. Speriamo che subito dopo sia rimandato, finalmente, a casa. In carcere con la sclerosi “Nessuno mi sta curando” “Mi trattano bene. I medici mi seguono, gli agenti penitenziari sono seri. Non ho rimostranze da fare, dico solo che qui dentro la mia malattia invalidante può solo peggiorare. Ed è una malattia rischiosa”. Risponde così a Repubblica, grazie all’intermediazione del garante dei diritti dei detenuti del Lazio, Angelo Rizzoli, ricoverato nel reparto protetto dell’ospedale Pertini, a proposito della sua malattia, la sclerosi a placche, che senza riabilitazione o fisioterapia avanza velocemente. Ma “l’unica certezza è che i domiciliari mi sono stati negati”. In questi “trentacinque giorni ho parlato solo con il giudice per le indagini preliminari. Venti minuti, aveva fretta” e ora “sabato dovrei vedere i pubblici ministeri, credo che in quell’occasione si deciderà il mio futuro”. Rizzoli è ricoverato nello stesso reparto dove morì Stefano Cucchi, e la sorella Ilaria lancia un appello perché “non faccia la fine di mio fratello”. “Mi accorgo - dice - che ancora una volta nella realtà delle carceri la burocrazia è senza umanità”. Giustizia: l’appello di Ilaria Cucchi per Angelo Rizzoli “non faccia la fine di mio fratello” La Repubblica, 21 marzo 2013 Ilaria Cucchi, il senatore del Pd Luigi Manconi dice che Angelo Rizzoli è steso nello stesso letto dove è morto suo fratello dopo essere stato picchiato dalle forze dell’ ordine. “Risulta anche a me, è inquietante”. Che cosa ne pensa? “Supero il dolore e mi accorgo che ancora una volta nella realtà delle carceri la burocrazia è sopra tutto, è senza umanità”. La moglie di Rizzoli si è occupata, da medico e da parlamentare, del decesso di suo fratello. “Ci sono fili comuni che danno i brividi, spero che il finale sia diverso. Durante il processo per accertare la verità sulla morte di Stefano ho ascoltato agenti di polizia penitenziaria dire che mio fratello è rimasto quattro ore su una panca di ferro. Aveva la schiena rotta, ma c’ erano ostacoli burocratici a spostarlo. La verità è che un detenuto diventa importante solo quando muore, è l’ unico modo per intralciare la burocrazia del carcere”. La sua candidatura al Parlamento è naufragata con la sconfitta di Rivoluzione civile. “Avrei voluto presentare una legge per l’ amnistia dei reati minori. Ora posso combattere in un solo modo: portando in giro la mia storia. Le persone normali non hanno interesse per le carceri, credono sia una storia che non li riguarderà mai”. Verini (Pd): solleverò in Aula il caso Rizzoli "Ho intenzione di intervenire questa sera stessa in Aula per sollevare il caso, denunciato in questi giorni dall’opinione pubblica, di un detenuto affetto da "sclerosi multipla con emiparesi spastica emisoma destro che lo obbliga a deambulare con il solo uso del bastone. Che soffre anche di ipertensione arteriosa, di una grave insufficienza renale cronica prossima alla dialisi, di diabete mellito. E' anche affetto da una pregressa angina, con interessamento ai tre vasi coronarici e da una progressiva mielopatia compressiva del midollo cervicale, che aggrava l'emiparesi del braccio destro. A questo detenuto sono stati negati gli arresti domiciliari. E in questi giorni è rinchiuso nel reparto detentivo dell'Ospedale Pertini. Giace nello stesso letto dove morì Stefano Cucchi, uno dei casi più terribili e inquietanti del'inferno carceri in Italia. Questo detenuto ha un nome famoso e importante: Angelo Rizzoli. Ma non parliamo di un nome. Parliamo di un uomo gravemente malato. Noi rispettiamo sinceramente la magistratura e la sua autonomia. Ma questo non ci impedisce, non ci può impedire di denunciare situazioni come questa. Penso anch'io che negare i domiciliari ad una persona in queste condizioni sia incredibile. L'impressione è quella di un accanimento immotivato e privo di umanità. Queste cose riguardano in questo momento Angelo Rizzoli, ma saranno decine e decine i casi di giustizia non giusta, di abnorme carcerazione preventiva, di permanenza in carcere in condizioni bestiali, come più volte il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e le stesse istituzioni europee hanno denunciato. Ed è di straordinario valore l'annuncio dato dal papa Francesco di recarsi il prossimo giovedì santo al carcere minorile di Casal del Marmo. Per questo, Presidente, la prego di raccogliere l'appello di tante persone, a partire da quello - particolarmente significativo - di Ilaria Cucchi - e di rappresentare questi sentimenti con urgenza e in tutte le sedi, sentimenti che credo condivisi da tutta l'aula, sulla situazione del detenuto Angelo Rizzoli, nel quadro della drammatica situazione delle carceri italiane, non degne di un Paese civile. Lo dichiara il deputato Pd Walter Verini. Cicchitto (Pdl): a Rizzoli si nega possibilità di cura “Angelo Rizzoli è affetto da una malattia degenerativa gravissima, oltre a varie patologie che rendono la situazione ancora più urgente. Mi domando come mai, nel terzo millennio, in un Paese che fa parte dell’Europa come l’Italia sia ancora possibile mantenere un uomo in detenzione negandogli la possibilità di curarsi. Su Repubblica c’è una intervista di Rizzoli che dovrebbe mettere in crisi ogni persona civile. Se ha un senso l’istituto dell’arresto domiciliare, questo è uno di quei caso in cui dovrebbe essere adottato senza alcuna esitazione”. È Quanto afferma in una nota Fabrizio Cicchitto, esponente del Pdl. Tamburino (Dap): caso Rizzoli, problema riguarda l’ospedale Il capo dipartimento del Dap Giovanni Tamburino sulla vicenda di Angelo Rizzoli, attualmente nel reparto detentivo dell’ospedale Pertini di Roma: “I problemi che lamenta non dipendono dall’amministrazione penitenziaria”. “Non conosco esattamente la posizione di Rizzoli ma i problemi che lamenta non dipendono tanto dall’Amministrazione penitenziaria, quanto da quella ospedaliera”. Giovanni Tamburino, capo dipartimento del Dap, risponde così quando gli si chiede della situazione di Angelo Rizzoli, a suo tempo editore del Corriere della Sera, poi imprenditore televisivo, arrestato lo scorso 14 febbraio per bancarotta fraudolenta patrimoniale. Rizzoli fatica a muoversi, ha la sclerosi multipla (da quando aveva 18 anni), soffre di diabete mellito, ha una cardiopatia (ha avuto un infarto), oltre a insufficienza renale cronica prossima alla dialisi, ipertensione arteriosa, pancreatite, oltre ad una pregressa mielopatia che comprime il midollo cervicale e aggrava l’emiparesi del braccio destro. Attualmente è ospitato presso il reparto detentivo dell’ospedale Sandro Pertini di Roma. “Non conosco esattamente la posizione di Rizzoli - spiega Tamburino a margine della presentazione del “Progetto circuiti regionali” tenutasi questa mattina a Roma (vedi lancio precedente) - se non per aver letto qualcosa sui giornali: mi sembra di aver capito che Rizzoli si trova ricoverato in ospedale, e che lamentava che essendo in un reparto detentivo di un ospedale non venisse sufficientemente seguito, che stava lì senza ricevere le cure che sperava di ottenere” “Questo - dice il capo dipartimento Dap - è un problema diverso che non dipende tanto dall’Amministrazione penitenziaria, ma dall’organizzazione ospedaliera: se questo detenuto sta in un reparto ospedaliero potrà subire le conseguenze di qualunque paziente che in quel reparto non viene assistito come si attenderebbe. Ma lo dico in astratto perché non conosco il caso specifico di Rizzoli”. Sardegna: Consiglio regionale contro “Circuiti” e chiusura di carceri Iglesias e Macomer L’Unione Sarda, 21 marzo 2013 Il progetto “Circuiti regionali” predisposto dal Dap prevede una rivoluzione delle carceri anche nell’Isola. Netta opposizione del presidente del Consiglio regionale. Carceri distinte non più solo in “alta” e “media” sicurezza, ma istituti che prevedano un “regime ordinario” e uno “aperto” con custodia attenuata per i meno pericolosi. Il progetto del Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria “Circuiti Regionali” vedrà la luce “a breve” e distinguerà le modalità di custodia a seconda della pericolosità dei detenuti, e non solo per la loro posizione giuridica. Illustrando il piano per alleviare il sovraffollamento e migliorare le condizioni lavorative all’interno delle carceri il capo del Dap, Giovanni Tamburino, ha spiegato che si andrà a regime il prima possibile: si partirà nella prima decade di aprile dall’istituto di Carinola, in Campania, che da carcere di alta sicurezza diventerà un istituto di media sicurezza, a custodia attenuata. “Sappiamo che non è la panacea, anche perché non riguarderà tutti i 65mila detenuti - ha detto Tamburino - ma è un passo avanti importante, che farà da prologo per ulteriori sviluppi per una maggiore efficienza”. In base al progetto, in Sardegna verranno chiuse le carceri di Iglesias e Macomer. Saranno case di reclusione ad alta sicurezza gli istituti di Tempio Pausania (Nuchis) e Oristano (Massama). I nuovi istituti di Cagliari (Uta) e Sassari ospiteranno, invece, i detenuti in media sicurezza e in 41 bis. Una custodia a regime attenuato sarà avviata ad Alghero. “Ci mobiliteremo per difendere le carceri di Iglesias e Macomer”. Così la Presidente del Consiglio regionale, Claudia Lombardo, commenta il progetto “Circuiti regionali” messo a punto dal Dap e presentato questa mattina a Roma. In Sardegna il Dipartimento prevede appunto la chiusura nei due centri penitenziari del Sulcis e del Marghine e la riorganizzazione del sistema con l’istituzione di un circuito fondato sulla differenziazione degli istituti per tipologie detentive su base regionale. “Va bene la razionale ricerca di risparmiare risorse pubbliche - ha sottolineato la presidente Lombardo - ma non si può chiudere un carcere, come quello di Iglesias, che rappresenta una risorsa del territorio, perché è funzionale per gli agenti che vi operano e perché può vantare un’ottima gestione dei detenuti, soprattutto in un momento di emergenza per le carceri italiane, in cui è indispensabile migliorare la qualità di vita dei detenuti e le condizioni di lavoro del personale penitenziario”. “Lo Stato non può abbandonare i territori più deboli - ha concluso la Presidente - è necessario invece potenziare e migliorare, non sopprimere lo stato sociale, ricorrendo a formule di risparmio che rappresentano una forte penalizzazione per le comunità del Sulcis e del Marghine. È l’ennesima sconfitta per il cittadino che merita servizi e diritti nel territorio”. Sicilia: verso la chiusura delle carceri di Modica, Mistretta e Nicosia; protestano i sindaci www.telenovaragusa.com, 21 marzo 2013 È stato reso noto da parte del Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria che presto il Ministero della Giustizia darà attuazione al decreto con cui il ministro Severino ha stabilito i criteri della riorganizzazione delle carceri, prevedendo la chiusura degli istituti di Modica, Mistretta e Nicosia. Si tratta di criteri che riguardano la presunta anti economicità delle strutture periferiche. Il sindaco di Modica, Antonello Buscema, si rivolge ai parlamentari: “Esattamente come nel caso del Tribunale, il carcere di Modica potrà essere chiuso effettivamente solo dopo che quello di Ragusa verrà adeguatamente ristrutturato e riorganizzato per accogliere più detenuti. Ancora una volta, i costi di questa trasformazione saranno probabilmente tali da non giustificare una tale penalizzazione per il nostro territorio. E ancora una volta i tagli vengono fatti in modo lineare, astenendosi dalla valutazione delle singole realtà locali e rischiando di sacrificare proprio le situazioni più virtuose ed efficienti. Infatti, esattamente come nel caso del Tribunale, i criteri alla base di provvedimenti di questo tipo - scrive il sindaco di Modica - non dovrebbero essere solo quelli economici. Mentre si affronta il grave problema del sovraffollamento delle carceri e del mancato rispetto dei diritti dei detenuti, l’istituto penitenziario di Modica - scrive il sindaco Antonello Buscema - opera in modo esemplare, e il trattamento dei detenuti si avvicina al modello costituzionale dell’esecuzione della pena molto più della media degli istituti italiani. Ebbene, invece di essere premiato e incentivato nella sua azione, viene chiuso. Proprio nei giorni scorsi ho ricevuto una lettera da parte di un gruppo di detenuti, che hanno fatto un pubblico appello per la salvezza del carcere, facendo presente che qui vengono trattati “come persone”, in condizioni più che dignitose e come in una casa famiglia. Non potendo in questo momento rivolgermi ad altri che a voi, - dice il sindaco Buscema nella missiva ai parlamentari - Vi invito a prendere a cuore questo problema e a sollecitare il nuovo Governo a rivedere queste decisioni”. Umbria: Regione approva Rapporto su inclusione sociale di soggetti in esecuzione penale Ansa, 21 marzo 2013 La Giunta regionale, su proposta della vicepresidente ed assessore alle Politiche sociali, Carla Casciari, ha approvato il rapporto sull’attuazione del progetto interregionale “Interventi per il miglioramento dei servizi per l’inclusione socio-lavorativa dei soggetti in esecuzione penale” ed ha avviato la costituzione di un Tavolo di governance e di uno tecnico per l’inclusione sociale e lavorativa delle persone detenute ed ex detenute. Il progetto interregionale al quale la Regione Umbria - si legge in un suo comunicato - ha aderito, prevede il rafforzamento della governance socio - istituzionale favorendo la programmazione partecipata di progetti destinati alle persone in esecuzione penale sistematizzando le buone prassi realizzate con le singole progettazioni. In particolare prevede la ricognizione e l’analisi sullo stato della programmazione sociale degli interventi di inclusione socio lavorativa anche attraverso l’implementazione dei modelli organizzativi di reinserimento delle persone soggette a provvedimenti dell’autorità giudiziaria privativi o limitativi della libertà personale, la formazione congiunta degli operatori volta allo sviluppo di competenze sulla programmazione degli interventi, sulla progettazione a livello locale e sull’utilizzo delle risorse finanziarie comunitarie, nazionali e locali, sul lavoro in rete, coordinamento e gestione delle risorse e delle iniziative rivolte ai soggetti svantaggiati; la comunicazione e diffusione delle azioni poste in essere ed il monitoraggio e la valutazione. Nel report si illustra il lavoro svolto dalla Regione nel primo anno di attività del progetto, ma anche di quanto fatto in base all’Accordo interregionale per l’attuazione dell’iniziativa. Dai dati forniti dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria si evidenzia che al 31 dicembre 2011, dei 1681 detenuti negli Istituti dell’Umbria - di cui 72 sono donne - lavorano in 303, tra i quali 10 donne. Sono 275 i detenuti lavorano alle dipendenze del Dap: 224 ai servizi d’istituto, 30 addetti alle lavorazioni penitenziarie, 20 alla manutenzione ordinaria fabbricati, uno servizi extra murari. I restanti 28 - di cui una donna - lavorano alle dipendenze di soggetti diversi dall’amministrazione penitenziaria: 8 in regime di semi - libertà, 8 di lavoro all’esterno, 2 lavorano in istituto per conto d’imprese e 10 per cooperative. ‘Per costruire uno stabile sistema di governance e definire delle modalità di confronto costanti e strutturate tra le Amministrazioni a vario titolo impegnate nel reinserimento socio lavorativo delle persone soggette a provvedimenti dell’autorità giudiziaria - ha detto la Casciari - abbiamo previsto l’istituzione di due organismi permanenti di collaborazione e coordinamento intra - istituzionale ed inter-istituzionale. Questo sistema, condiviso tra la Regione Umbria, il Provveditorato Regionale dell’Amministrazione penitenziaria, gli Enti Locali e gli altri attori sociali presenti sul territorio nasce dall’esigenza di creare un definito, costante ed efficace rapporto a rete tra gli operatori istituzionali e gli operatori del sociale, tutti coinvolti nella realizzazione delle condizioni generali di legalità, sicurezza e di recupero sociale. L’obiettivo di questa attività è la definizione di un programma quadro di livello politico istituzionale che evidenzi i pilastri imprescindibili per un’efficace governance degli interventi di reinserimento sociale e lavorativo delle persone in esecuzione penale e un programma operativo che contempli le possibili azioni, strumenti, procedure, risorse, prassi operative applicabili per un efficace intervento di inclusione sociale delle persone sottoposte ad esecuzione penale. Il Tavolo di governance avrà il compito di dare l’indirizzo politico e operare le scelte, individuando le linee di intervento per la programmazione di azioni d’inclusione sociale, nonché di offrire gli strumenti e le risorse al fine di promuovere la concreta attuazione dei programmi e degli interventi in favore dei soggetti sottoposti ad esecuzione penale e sarà composto dagli assessori regionali al Welfare, Istruzione, politiche del lavoro, politiche della formazione e sicurezza Urbana, dal Provveditore regionale dell’ Amministrazione Penitenziaria, dal Garante regionale delle persone sottoposte a provvedimenti restrittivi della libertà personale, dagli assessori provinciali al lavoro e formazione professionale e dall’Anci regionale. Sarà presieduto dall’assessore regionale Welfare che attuerà i necessari raccordi con l’Assessorato alla Salute. Il Tavolo Tecnico rappresenta invece una task force integrata tra le diverse amministrazioni impegnate nel percorso di inclusione sociale e le associazioni di volontariato coinvolte nel settore ed avrà il compito di specificare strumenti, procedure di attuazione, tempi, risorse umane, materiali, finanziarie, modalità di monitoraggio delle azioni e interventi posti in essere. Sarà composto dal Coordinatore regionale Conoscenza e Welfare, dal Dirigente del Servizio Regionale Politiche attive del lavoro, dal Dirigente del Servizio Regionale Inclusione sociale e integrazione sociosanitaria, associazionismo, volontariato e cooperazione, dalle Direttrici Uepe di Perugia e Spoleto, dai Direttori degli istituti di pena dell’Umbria, dai Dirigenti dei Comuni sede di istituto penitenziario di Perugia, Terni, Spoleto e Orvieto, dal Dirigente dell’Ufficio dell’Esecuzione Penale Esterna del Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria, dal Dirigente dell’Ufficio del Trattamento Intramurale del Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria, da tre rappresentanti della Conferenza regionale volontariato giustizia e dal Garante regionale delle persone sottoposte a provvedimenti restrittivi della libertà personale. Concludendo la vicepresidente Casciari ha menzionato in breve le politiche sociali della Regione Umbria per l’esecuzione penale. ‘La Regione - ha detto - nell’ambito delle proprie competenze opera con l’obiettivo di diminuire le recidive di reato e, conseguentemente, di aumentare la sicurezza per il territorio. Gli ultimi dati a disposizione su scala nazionale evidenziano che 7 detenuti su 10, circa il 65 per cento, alla fine della detenzione, tornano a delinquere se il periodo di detenzione è stato espiato solo in carcere senza possibilità di inserimento lavativo. La percentuale si abbassa sensibilmente se si considerano i soggetti sottoposti ad esecuzione che hanno avuto la possibilità di lavorare per i quali la reiterazione del reato è compresa fra il 12 e il 19 per cento. La Regione ha sviluppato azioni formative finalizzate a favorire l’occupazione finanziate con Fondo sociale europeo, in collaborazione con le amministrazioni provinciali, i soggetti del Terzo settore e azioni promozionali nei confronti delle istituzioni del territorio, del volontariato, della cooperazione, dell’associazionismo e delle imprese che si sono concretizzate in alcuni progetti territoriali per l’integrazione e l’inclusione lavorativa dei detenuti ed ex detenuti con il coinvolgimento sia degli istituti di pena, che del mondo del lavoro e produttivo”. Piacenza: al carcere delle Novate stop a detenuti ad alta pericolosità dopo riorganizzazione www.piacenza24.eu, 21 marzo 2013 Novità per il carcere delle Novate. Secondo la nuova organizzazione, che prevede circuiti differenziati in base pericolosità, a Piacenza non arriveranno più detenuti ad alta pericolosità. Si tratta delle nuove direttive, che stanno cercando di riorganizzare gli istituti di pena italiani. In Emilia Romagna sarà implementata la presenza di detenuti alta sicurezza a Parma, che, invece, non saranno più reclusi in quello di Piacenza. I nuovi padiglioni da 160 posti a Modena e nella nostra città, quindi, saranno destinati alla media sicurezza. In Basilicata, sia a Potenza che a Matera saranno attivate sezioni a regime aperto, mentre in Calabria, il carcere di Catanzaro ospiterà in un nuovo padiglione (300 posti) detenuti di media sicurezza (ossia detenuti comuni), gli istituti di Crotone e Laureana di Borrello saranno destinati a custodia attenuata, così come l’istituto di Paola. Il penitenziario di Lametia Terme sarà soppresso. Per quanto riguarda la Campania, a Napoli Secondigliano sarà implementata la sezione di alta sicurezza e ridotta quella a media sicurezza; quest’ultima, invece, sarà aumentata a Santa Maria Capua Vetere e ad Avellino. L’istituto di Ariano Irpino sarà adibito solo alla media sicurezza, mentre, in futuro, quello di Benevento sarà destinato solo alla media sicurezza, previa l’individuazione di istituti a cui assegnare i detenuti in alta sicurezza. Nel Lazio, a Rebibbia nuovo complesso, i posti per l’alta sicurezza saranno ridotti a 50, e saranno previsti custodie attenuate a Rebibbia reclusione, Velletri e Rieti. A Frosinone verrà implementata l’alta sicurezza, che verrà invece chiusa a Civitavecchia, destinata a casa circondariale media sicurezza. In Liguria l’istituto di Chiavari sarà una cosa di reclusione con regime aperto, mentre in Lombardia, a Milano Opera verrà ridotta l’alta sicurezza di un centinaio di posti e implementata la media sicurezza. Gli istituti di Pavia (con polo psichiatrico), Monza e Vigevano (dove resta l’alta sicurezza femminile) saranno destinati alla media sicurezza, mentre il carcere di Voghera sarà adibito ad alta sicurezza con una piccola sezione a media sicurezza. Sassari: il giudice chiede l’aiuto dei Comuni per dare lavoro a detenuti ed ex detenuti La Nuova Sardegna, 21 marzo 2013 Non assistenzialismo, fondi da sottrarre a Comuni già dissanguati da tagli e patto di stabilità. Ma innovazione, idee, pure finanziati da bandi come quello della Fondazione “Con il Sud”, per fare futuro di chi esce dal carcere. Per strapparlo alla recidiva, che risucchia l’ex detenuto in un nuovo reato 7 volte su 10. E che invece si abbatte quasi totalmente - dimostrano le statistiche - se durante la detenzione il recluso inizia a lavorare. Con questo spirito ieri giudici del tribunale di Sorveglianza di Sassari, amministratori locali, assistenti sociali e direttori di carceri si sono confrontati per trovare il modo di dare attuazione ad una legge rimasta lettera morta. La norma concepita nel 2000 (la numero 328) individua un sistema integrato di servizi sociali, che assegna ai Comuni il ruolo di propulsore nell’inventare il futuro delle fasce deboli. “E quale fascia è più debole degli ex detenuti?”, ha ricordato il presidente del Tribunale, Antonella Vertaldi, che ha chiamato a raccolta gli enti e chiesto, candidamente, di non “essere lasciata sola”, ovviamente nel tentativo di creare lavoro pure per i detenuti. Gli amministratori - presenti i sindaci di Sassari, Lodè, Codrongianos, assessori di Sassari, Alghero, Ossi, assistenti sociali di Banari, Nule, Uri, Nuoro, Bultei - hanno fatto presente che non è la volontà a mancare. Ma anzitutto, le risorse. E poi, forse, un altro ostacolo è costituito dal fattore “culturale”, per dirla col primo cittadino di Lodè, 1.600 anime, franco nel dire che - probabilmente - “se in una zona come la mia dò lavoro a detenuti che vengono da fuori, poi succede il finimondo”. Nel senso che presumibilmente - ha ammesso Graziano Spanu - una zona dove la disoccupazione sfiora il 40, 50 per cento, ha forse ben poco da offrire agli ex reclusi. Eppure l’attenzione c’è. Da tempo Lodè manda una bibliotecaria a Mamone, la colonia penale di Onanì, “perché bisogna partire dalla cultura” per far tornare i detenuti nella società. Gianfranco Degesu, provveditore regionale del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, ha invece ricordato come in Sardegna, nonostante tutto, la recidiva sia più bassa che nel resto d’Italia. E che l’isola “è stata scelta per ospitare quattro carceri, che sostituiranno le vecchie sedi, proprio per i suoi anticorpi” ad un certo tipo di criminalità, quella mafiosa. “Ecco perché l’arrivo dei detenuti al 41bis non deve spaventare”, è stata la conclusione. Difficile attivare la macchina del lavoro dei detenuti all’esterno. Sebbene qui a Sassari, San Sebastiano offra già esempi virtuosi, con quei detenuti che da un anno stanno digitalizzando l’archivio del vecchio carcere di Tramariglio. E altre detenute a breve inizieranno a realizzare gioielli, ha ricordato la garante dei detenuti Cecilia Sechi. Ma bisogna putare su idee innovative, ha ricordato Giampaolo Cassitta, direttore Ufficio detenuti e trattamento Prap. E poi l’assessore ai servizi sociali di Alghero (Romina Caula) e di Sassari (Michele Poddighe) si sono detti disponibili a facilitare l’ impiego di detenuti nella sistemazione dell’archivio della Sorveglianza. Civitavecchia (Rm): oggi convegno… in carcere deve andare solo chi desta allarme sociale www.trcgiornale.it, 21 marzo 2013 Situazione carceraria e carceri cittadine: realtà e problematiche, misure cautelari. Sono questi gli argomenti discussi questo pomeriggio nel corso del primo convegno organizzato dell’associazione di Avvocatura Indipendente per la Giustizia, svoltosi nel carcere di via Tarquinia. “In Italia - ha sostenuto Fabrizio Serra, Vice Presidente dell’associazione - il problema principale delle carceri è il sovraffollamento. Ci sono 66mila detenuti su una capacità di 45mila. Questa situazione determina una durezza della detenzione stessa”. “Una vera piaga - ha spiegato invece Antonio Carlevaro, Presidente di Avvocatura Indipendente - è il fatto che oltre il 40% dei detenuti è in carcere in attesa di giudizio. Bisogna essere arrestati solo dopo la condanna, possibilmente dopo un processo breve. È necessario inoltre una consistente depenalizzazione, nonché privilegiare gli arresti domiciliari”. “I tossicodipendenti che vengono arrestati - ha sottolineato il Sindaco Tidei - non vengono recuperati, ma tra loro vi è una grande diffusione di malattie, tra cui la Tbc e l’Hiv. Il carcere non è espiazione e non si esce migliori di come si è entrati. Ci vogliono operazioni di recupero e di risocializzazione. Il Governo non ha voluto spendere soldi per rafforzare l’organico della giustizia, e il prossimo Parlamento deve saper organizzare questo importante settore. Serve una riforma seria”. “Il carcere non responsabilizza - ha concordato Silvana Sergi, direttrice della Casa Circondariale di Civitavecchia - e ci deve entrare solo chi desta allarme sociale. Noi seguiamo la strada del dialogo e crediamo nei risultati di questo processo di apertura”. È stato quindi un funzionario della struttura penitenziaria di via Tarquinia a spiegare le condizioni di vita del detenuto all’interno del carcere cittadino: “Abbiamo la possibilità di far muovere il detenuto in più spazi, perché qui non c’è il sovraffollamento, dunque non c’è bisogno di un comportamento adattivo. Non c’è isolamento, ma coinvolgimento. Gli educatori non potrebbero lavorare con un eccessivo numero di detenuti, che è importante ascoltare per capire la loro storia e cosa li abbia spinti a commettere un reato”. I relatori che hanno presenziato sono stati la direttrice del penitenziario Patrizia Bravetti, direttrice del penitenziario; Antonio Carlevaro, Presidente di Avvocatura Indipendente; Fabrizio Serra, Vice Presidente dell’associazione; Paolo Mastrandrea, Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Civitavecchia; il Sindaco Pietro Tidei; Silvana Sergi, direttrice della Casa Circondariale di Civitavecchia; Pietro Messina, Presidente della Camera Penale di Civitavecchia; Giovanni Giorgianni, coordinatore Gip del Palazzo di Giustizia cittadino; Cinzia Gauttieri, Presidente della Camera Penale di Roma; Cesare Gai, consigliere della Camera Penale di Roma. Roma: il 28 marzo Papa Francesco sarà in visita all’Ipm di Casal del Marmo La Presse, 21 marzo 2013 Il 28 marzo, Giovedì Santo, Papa Francesco farà la lavanda dei piedi ai ragazzi detenuti nell’Istituto Penale per minori di Casal del Marmo a Roma. Lo ha reso noto il direttore della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi. Un fuori programma rispetto alle consuete celebrazioni della Settimana Santa, che, per il resto, “si svolgeranno invece secondo l’uso abituale”. Il portavoce della Santa Sede ha ricordato che il Papa Benedetto XVI ha visitato il carcere minorile di Casal del Marmo il 18 marzo 2007, dove ha celebrato la messa nella Cappella del ‘Padre Misericordiosò. Lombardi ha spiegato che il pontefice “il 28 marzo celebrerà al mattino nella basilica di San Pietro la Messa Crismale, e al pomeriggio si recherà” presso il carcere minorile nella periferia romana “per la celebrazione della Messa nella Cena del Signore alle 17.30”. Casal del Marmo: 72 posti, tanti detenuti stranieri L’Istituto penale minorile di Casal del Marmo a Roma è strutturato in un complesso architettonico molto ampio di circa 12 mila metri quadrati. I detenuti maschi sono alloggiati in due palazzine di 24 posti ciascuna; una terza palazzina ospita la sezione femminile composta da altri 24 posti. È molto elevata la percentuale di detenuti extracomunitari. Ampio quindi il ricorso della struttura ai mediatori culturali. La difficile situazione che a volte si vive all’interno della struttura è testimoniata anche da alcuni fatti di cronaca: ad esempio, lo scorso 29 gennaio due giovani romeni, entrambi maggiorenni, sono evasi dopo aver colpito un volontario in testa con martello, ma sono stati bloccati poco dopo dalla polizia penitenziaria. Nell’istituto sono organizzate attività scolastiche e prescolastiche (per gli analfabeti). Previste anche attività di formazione lavoro con laboratori di falegnameria, tappezzeria e pizzeria. Per le ragazze, invece, c’è un laboratorio di sartoria. Roma: il Papa a Casal del Marmo… commenti di politici, operatori sociali e penitenziari Severino: grazie per messaggio amore e speranza a giovani detenuti “La profonda semplicità e la toccante immediatezza di Papa Francesco nel rispondere al richiamo dei bisognosi, degli emarginati, degli ultimi, rappresentano uno stimolo di riflessione per l’intera collettività. Di persone sofferenti nelle nostre carceri ce ne sono purtroppo tante. Troppe”. Così il ministro della Giustizia Paola Severino accoglie la notizia della visita del Pontefice giovedì prossimo, durante la Settimana Santa, nell’istituto per minori di Casal del Marmo. “I giovani in carcere sono ancor più bisognosi. Di fiducia e speranza, innanzitutto. Le parole di vicinanza e il calore che il Papa porterà loro saranno un dono straordinario, un atto di amore che nella cerimonia religiosa del giovedì Santo si conclude con la lavanda dei piedi. Un gesto, questo, che tutti i ragazzi - anche quelli di fede non cattolica - vivranno con forte emozione. Da parte mia, come ministro della Giustizia prossimo alla scadenza del mandato, considero uno straordinario privilegio poter concludere in questo modo un percorso cominciato quindici mesi fa, con la visita di papa Benedetto XVI nel carcere romano di Rebibbia. Era il 18 dicembre del 2011, pochi giorni prima del Natale. Ora si avvicina la Pasqua ed avrò l’onore di esser presente quando Papa Francesco porterà il suo messaggio di amore e speranza ai giovani di Casal del Marmo. Poi, finito il mio mandato, continuerò a battermi insieme agli altri cittadini comuni che credono nelle misure alternative alla detenzione e nel principio del carcere come extrema ratio”. Garante Lazio: gesto di grande attenzione per ultimi “Con la sua decisione di celebrare la messa del giovedì Santo fra i minori ospiti dell’Istituto di Casal del Marmo, il Santo Padre ha lanciato un grande segnale di attenzione verso coloro che questa società tiene ai margini”. Lo dichiara, in una nota, il Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni commentando la notizia che Papa Francesco celebrerà uno dei riti di preparazione alla Pasqua nell’Istituto penale minorile di Casal del Marmo. Nei giorni scorsi il Garante aveva scritto una lettera di ringraziamento ai neo presidenti di Camera e Senato, Laura Boldrini e Pietro Grasso, per aver voluto ricordare, nei loro discorsi di insediamento, la difficile situazione in cui versano le carceri italiane. “Le più alte cariche dello Stato ed ora anche il Santo Padre - ha aggiunto Marroni - hanno voluto sottolineare che le carceri sono un’emergenza nazionale. Spero che il gesto altamente simbolico di Papa Francesco, così come le parole dei presidenti Boldrini e Grasso ed i ripetuti appelli del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, servano a riportare la drammatica situazione del sistema carcerario italiano al centro dell’agenda politica nazionale e ad inaugurare, finalmente, una nuova stagione di tutela istituzionale dei diritti degli ultimi”. Direttrice Casal del Marmo: qui dolore e speranza, un onore ricevere Papa “Papa Francesco ha scelto un luogo di dolore e al tempo stesso di speranza e riconversione”. Lo afferma Liana Giambartolomei, direttrice del carcere minorile di Casal del Marmo, dove giovedì prossimo, durante la Settimana Santa, il Pontefice ha scelto di far visita ai 50 ragazzi detenuti, che hanno tra i 14 e i 21 anni. La direttrice ha appreso la notizia della visita del Papa verso le 11. “Siamo ancora in una fase di comprensione e di organizzazione - spiega - non abbiamo ancora avvisato i ragazzi e quindi nemmeno potuto osservare le loro reazioni. È soltanto un onore - dice - ricevere il Papa. Il suo gesto merita rispetto ed apprezzamento. Io sono laica, ma le sue parole sulla bontà, sulla bellezza, sull’amore, ai miei occhi e a quelli di tante altre persone sono messaggi apprezzabilissimi. È altrettanto apprezzabile è aver scelto il nostro carcere”. L’età prevalente dei reclusi è 17 anni, i loro reati vanno dal furto all’omicidio. Tra di loro non ci sono sudamericani, la maggior parte sono nordafricani, in particolare tunisini e marocchini; molti anche i romeni e i rom provenienti dall’ex Jugoslavia. “Il nostro è un luogo dove c’è tristezza - aggiunge - povertà d’animo, povertà materiale ed anche purtroppo cognitiva. Tutto ciò rende i nostri ragazzi davvero bisognosi. Sono sicura che Papa Francesco vorrà incontrarli e vorrà stabilire un contatto diretto con i nostri ragazzi”. La direttrice è a Casal del Marmo dal gennaio del 2012, ma dal ‘99 aveva la funzione di vice direttrice. “Il nostro istituto - spiega - vive grazie anche alla preziosa collaborazione dei volontari che prestano la loro opera nella fattoria, nella falegnameria e soprattutto nei giorni di festa, come Natale, Pasqua o Ferragosto, quando i dipendenti non ci sono”. Giambartolomei ricorda la visita al carcere minorile di Benedetto XVI: “ci fu un’enorme risonanza nei giorni precedenti attraverso i mass media e quando Benedetto XVI arrivò, i ragazzi espressero tutto il loro entusiasmo. In quell’occasione c’era tantissima gente e fu celebrata dal Papa una messa nella nostra cappella. A stabilire come si muoverà Papa Francesco sarà sicuramente il Vaticano, ma credo che anche questa volta il Pontefice celebrerà la funzione religiosa nella nostra cappella”. Molti dei ragazzi sono musulmani, ma nonostante questo la domenica spesso partecipano alla messa organizzata dal cappellano Padre Gaetano. “Sono fragili e destrutturati - sostiene la direttrice - non so se ci sia davvero uno spessore in questo sentimento religioso, ma partecipano alla funzione. Credo che accoglieranno la visita di Papa Francesco con gioia”. Capo Cappellani carceri: messa a Casal del Marmo segnale forte La decisione di Papa Francesco di celebrare la messa del giovedì santo nel carcere minorile romano di Casal del Marmo “è un segnale forte, che testimonia l’attenzione e la sensibilità di questo Papa ai problemi del mondo della giustizia”. Una notizia “che ci apre il cuore e speriamo che apra il cuore anche ai politici italiani affinché si rendano conto dell’emergenza carceri, e si riesca a fare qualcosa di concreto per uscirne”. A parlare è don Virgilio Balducchi, ispettore generale dei cappellani delle carceri. Il gesto di Papa Francesco “è sicuramente in continuità con altri Papi, lo stesso Benedetto XVI aveva visitato e celebrato messa, nel 2007, nel carcere di Casal del Marmo. E non si tratta di una decisione occasionale, perché Papa Bergoglio lo faceva normale nella sua diocesi di Buenos Aires, e ha sempre avuto una costante attenzione ai problemi del mondo della giustizia. La situazione carceraria è difficile in Argentina - osserva don Balducchi - come lo è quella italiana. E anche il carcere minorile di Roma sta vivendo un momento complicato”. Il Papa dunque “va a trovare una delle sue chiese, proprio come le parrocchie alle quali rivolge un’attenzione particolare”, conclude don Balducchi. Antigone: a Casal del Marmo gesto che colpisce, ne siamo grati “È simbolico, significativo e importante allo stesso tempo”. Così Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone, commenta la decisione di Papa Francesco di celebrare la messa pomeridiana del giovedì Santo nell’Istituto penale per minori di Casal del Marmo. Una visita che ha un profondo “valore fattuale - aggiunge Gonnella - È una cosa che colpisce, di cui noi siamo grati al Papa che sin dall’inizio del suo insediamento ha parlato di poveri e di sofferenza, e ora va in quei luoghi dove si soffre. Uno di questi è proprio l’istituto penale per minori. Il Papa sappia che troverà quelli che non hanno avuto la fortuna e i mezzi per evitarsi la pena. Molti di loro sono extracomunitari e ragazzini rom, cioè quelli che a parità di reato commesso dagli italiani vanno ugualmente a finire in carcere”. “Ormai - prosegue il presidente di Antigone - negli istituti minorili è presente chi ha commesso reati di sangue o quelli che non hanno sostegno all’esterno per andare in comunità o in famiglia. Però bisogna dire che, nonostante il sistema denoti problemi e fatiche, comunque funziona, tanto che le carceri minorili, a differenza di quelle per gli adulti, non sono affollate, gli spazi sono assicurati. Insomma, il nostro sistema carcerario minorile e in generale la nostra giustizia minorile è stata un buon esempio che dovrebbe essere imitato anche dalla giustizia per gli adulti”, conclude Gonnella. Rimini: per la Festa del papà incontro tra i detenuti ed i loro figli minori Ristretti Orizzonti, 21 marzo 2013 Il 19 marzo è stata una giornata particolare per la Casa Circondariale di Rimini che ha celebrato la “Festa del Papà” organizzando un inedito e commovente incontro tra i detenuti ed i loro figli minori. Un’intera mattinata in cui i detenuti hanno avuto la possibilità di scambiare e condividere con i propri bambini pensieri, disegni e alcuni regali da loro stessi realizzati nei laboratori di ceramica e cartonaggio. Alcuni volontari hanno animato l’incontro con musiche, giochi e piccole magie per i bambini. Durante l’incontro sono state lette anche alcune pagine del libro di favole “Un folletto per amico” che gli autori, Amedeo Blasi e Silvio Biondi, rispettivamente educatore e agente di Polizia Penitenziaria in servizio nel carcere di Rimini, hanno illustrato e donato ai presenti. Prima del saluto ogni genitore ha donato al proprio figlio un vasetto con il bulbo di una piantina raccomandando al proprio caro di curarne la crescita. Un modo semplice ed amorevole per rinsaldare il vincolo affettivo e dare continuità a un rapporto segnato dalle privazioni imposte ad entrambi dalla carcerazione. L’iniziativa è giunta al termine del progetto “Padri al di là delle sbarre” a cui, dall’ottobre dell’anno scorso, hanno partecipato detenuti di diverse nazionalità. Nell’ambito del progetto si sono tenuti incontri con psicologi del Servizio Tutela Minori dell’Azienda USL ed approfondimenti sul tema del sostegno alla genitorialità curati da esperti del Centro per le Famiglie. Sono state realizzate, inoltre, la “Festa del Babbo Natale in carcere” , una rassegna video sulla paternità ed è stato attivato un laboratorio di attività manuali creative. Il progetto, nato con l’obiettivo di promuovere azioni di sensibilizzazione e valorizzazione del ruolo genitori ale, ha catturato l’interesse non solo dei detenuti e dei loro familiari ma anche di diverse realtà sociali e istituzionali del territorio. I detenuti coinvolti hanno avuto modo di sviluppare riflessioni sulle tematiche proposte e alcuni hanno tratto slancio e motivazione per dare più forza al loro impegno riabilitativo. Al progetto, coordinato dall’Area Educativa del carcere, hanno collaborato il Comune e la Provincia di Rimini, il Centro per le famiglie, l’Associazione Madonna della Carità, l’Azienda Usl, l’Associazione “S. Zavatta” e l’Associazione “Amici del mulino Sapignoli” di Poggio Berni. Il direttore della Casa Circondariale di Rimini, dott.ssa Parla Mercurio India: stampa contro governo; non fa nulla per i 109 connazionali detenuti carceri italiane Asca, 21 marzo 2013 “L’Italia si è beffata dell’India rifiutando di lasciare che i suoi marines affrontassero la legge indiana. Ma per ironia, 109 detenuti indiani si troverebbero nelle carceri italiane. E sembra che il governo indiano abbia fatto ben poco per aiutarli”. Così il sito del “Times of India” in un articolo che dedica ai cittadini indiani detenuti nelle carceri italiane. Come riferisce il quotidiano indiano, il ministro degli Esteri, Salman Khurshid, lo scorso novembre aveva fornito questi dati alla camera alta del Parlamento indiano, la Rajya Sabha, confermando le statistiche già fornite nel febbraio 2010. Questo significa, per il Times of India, “o che nessun indiano è stato rilasciato negli ultimi due anni o che semplicemente il governo non ha seguito i casi”, sui quali, a detta delle governo indiano, non avrebbe ricevuto informazioni dall’Italia. “Il minimo” che il governo di Nuova Delhi deve fare, ha detto l’avvocato indiano Avi Singh, è fare in modo che “l’ambasciata indiana in Italia scopra dettagli e persegua i casi”. Marò convocati dalla procura militare di Roma Latorre e Girone indagati per “violata consegna”. Si indaga anche per “dispersione di armamento militare”. L’iscrizione nel registro degli indagati risale all’uccisione dei due pescatori del Kerala. Intanto il permesso elettorale con cui i due fucilieri sono tornati in Italia scade venerdì prossimo. Marò convocati dalla procura militare di Roma Latorre e Girone indagati per “violata consegna”. Il fuciliere Salvatore Girone è stato interrogato dalla procura militare di Roma e risulta indagato assieme a Massimiliano Latorre per i reati di “violata consegna aggravata” e “dispersione di oggetti di armamento militare” in relazione ai fatti che nel febbraio del 2012 portarono alla morte di due pescatori indiani al largo delle coste del Kerala. Latorre e Girone erano imbarcati in servizio anti - pirateria a bordo della petroliera “Enrica Leixe”. Ipotizzando il reato di violata consegna aggravata, la procura militare intende verificare se l’uso delle armi da parte dei due marò sia stato corretto, ovvero se siano state rispettate le regole d’ingaggio e le disposizioni che regolano il servizio di protezione a bordo dei mercantili. Il reato di dispersione di oggetti di armamento militare, invece, fa riferimento alla dispersione dei proiettili sparati dai due fucilieri di Marina. In procura si è presentato anche Latorre, non ascoltato perché già sentito una decina di giorni fa. I militari sono arrivati in procura intorno alle 15 e vi sono rimasti fino alle 19,15. Stato Uniti: Riforma dell’immigrazione mette a rischio le aziende che gestiscono le carceri Tm News, 21 marzo 2013 Sono oltre 3.000 i lobbisti impegnati nel confronto in corso a Washington sulla riforma dell’immigrazione, a nome di 656 clienti, tra cui figurano anche le aziende private che gestiscono le carceri e che risultano essere tra quanti avranno più da perdere da una riforma complessiva della questione. “Legalizzare le persone che sono qui e non rafforzare l’azione di incriminazione di quanti attraversano il confine risulterà devastante per l’industria privata delle carceri che dipende veramente dalla detenzione di massa degli immigrati illegali”, ha detto al Financial Times Bob Libal, di Grassroots Leadership, associazione che si batte per abolire un sistema carcerario che punta al profitto. Secondo il quotidiano della City, queste aziende private avrebbero beneficiato del forte incremento del numero di detenuti determinato dalla cosiddetta “Operation Streamline”, introdotta nel 2005 dall’amministrazione Bush, che ha previsto la detenzione nelle carceri federali delle persone individuate al confine. Le prigioni create per gli immigrati sono quasi esclusivamente gestite da aziende private, guidate da Corrections Corporation of American (Cca) e Geo Group. Le due imprese hanno speso rispettivamente 17 milioni e 2,7 milioni di dollari negli ultimi 10 anni in azioni di lobbying, ma entrambe hanno negato di voler influenzare la riforma. “Non facciamo lobby per o contro le politiche di immigrazione o per politiche di polizia o detenzione”, ha detto Steve Owen, dell’azienda Cca. Tuttavia la stessa azienda ha informato i suoi azionisti dei rischi posti dalla riforma: i contratti con l’Agenzia americana che si occupa di prigioni, immigrazione e dogana hanno rappresentato il 25% delle entrate del 2011. “Ogni cambiamento riguardo all’immigrazione illegale potrebbe avere ripercussioni sul numero delle persone arrestate e condannate, quindi potrebbe potenzialmente ridurre la richiesta di strutture correttive per ospitarle”, si legge nel rapporto annuale del 2011. Anche Geo Group, in un documento depositato nel 2011 alla Sec, ha sottolineato che “le leggi di riforma dell’immigrazione al vaglio di parlamentari e politici a livello locale, statale e federale, potrebbero avere effetti negativi su di noi”. Allo stesso modo ha negato di aver “mai fatto lobby, direttamente o indirettamente, su questioni relative all’immigrazione”. Tuttavia, il database previsto dalla legge che regola le attività di lobby rivela che in passato entrambe le aziende hanno fatto pressioni sul Congresso su questioni legate all’immigrazione. Stati Uniti: progetto prevede 150 milioni di dollari per ristrutturare carcere Guantánamo Tm News, 21 marzo 2013 Gli Stati Uniti, ormai abbandonata l’idea di chiudere il controverso centro di detenzione per le persone sospettate di terrorismo, a Cuba, stanno invece pensando di realizzare delle nuove costruzioni, per dare vita a un progetto che prevede un nuovo ospedale, mense e alloggi per i militari. A riportare la notizia è Nbc News. Il progetto è stato presentato al Pentagono mentre nel centro di detenzione aumentano le proteste tra i detenuti, che stanno anche mettendo a repentaglio le proprie vite con lo sciopero della fame, secondo quanto riferito da alcuni legali. Le autorità militari hanno confermato che il numero di persone in sciopero della fame è più che triplicato nelle ultime due settimane, da sette a venticinque, e che otto detenuti sono stati nutriti a forza. Alcuni avvocati difensori hanno scritto una lettera al Congresso riportando che “più di due dozzine di uomini hanno perso conoscenza”. I vertici militari hanno negato che la vita dei detenuti sia mai stata in pericolo, ma hanno ammesso che la frustrazione e la rabbia tra i detenuti è aumentata negli ultimi tempi, dopo la promessa mancata del presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, di chiudere Guantánamo. Sono “devastati” per questo motivo, ha ammesso un generale. Medio Oriente: ministro palestinese per gli Affari dei detenuti consegna lettera a Obama Aki, 21 marzo 2013 Il ministro palestinese per gli Affari dei detenuti, Issa Qaraqe, ha consegnato al presidente Barack Obama in visita a Ramallah una lettera con i desiderata delle famiglie dei detenuti che gli chiedono di intervenire con le autorità israeliane. In particolare, a Obama è stato segnalato il caso di Samer Issawi, le cui condizioni di salute sono estremamente critiche dopo 232 giorni in sciopero della fame. “Oltre mezzo milione di cittadini palestinesi sono stati in carceri (israeliane, ndr) dal 1967 e circa 4900 sono detenuti ora, tra uomini, donne, bambini, deputati, anziani, dipendenti pubblici, militanti, ex ministri e politici, si legge nella missiva, che denuncia che questi vivono in condizioni disumane e soggetti a procedure abusive, sottoposti a leggi militari che violano il diritto internazionale e le convenzioni a tutela dei diritti umani”. Kuwait: insultò emiro su twitter, tribunale estende condanna a 5 anni Adnkronos, 21 marzo 2013 Un tribunale kuwaitiano d’appello ha esteso a cinque anni di carcere la condanna emessa nei confronti di un commerciante accusato di aver insultato l’emiro su Twitter. Si tratta della pena massima per questo tipo di reato, ha spiegato il suo avvocato, Jasser al-Jidei. In precedenza il tribunale aveva condannato a due anni di carcere Bader al-Rashidi, accusato di aver pubblicato su Internet notizie false che potevano danneggiare la sicurezza nazionale e miravano al rovesciamento della leadership del Kuwait. Jidei ha detto che i tweet attribuiti a Rashidi provengono da un computer che il suo cliente ha comprato di seconda mano.