Giustizia: la prigione di Angelo Rizzoli… e le prigioni italiane di Ivan Scalfarotto (Parlamentare Pd) www.ilpost.it, 20 marzo 2013 Questa mattina sono stato molto colpito dall’articolo sulla vicenda di Angelo Rizzoli, firmato da Corrado Zunino sulla prima pagina di Repubblica. Rizzoli è ricoverato nel padiglione penitenziario dell’ospedale Sandro Pertini di Roma dal 14 febbraio, in custodia cautelare, per bancarotta fraudolenta. Il problema è che Rizzoli è in condizioni di salute molto precarie a causa di una sclerosi multipla da cui è affetto da quando era ragazzo, malattia che gli ha procurato una serie di complicazioni come il diabete, da cui sono derivati l’insufficienza renale e un infarto. Finito di leggere l’articolo ho pensato che la politica non può limitarsi a votazioni, scazzi personali e tagli di spese di rappresentanza. E mi sono ricordato che da 5 giorni, in quanto parlamentare, posso visitare le carceri di questo nostro paese. Carceri che, come ha ben ricordato la nostra presidente Laura Boldrini nel suo discorso d’insediamento, sono luoghi in cui i detenuti vivono in condizioni spesso disumane e degradanti. Così ho preso la metro fino a Tiburtina e poi un taxi fino al Pertini. Ho suonato al campanello del padiglione penitenziario, mi sono qualificato e mi hanno aperto. Sono stato accolto da un agente estremamente cortese che mi ha chiesto il tesserino di parlamentare - che non apre evidentemente solo le porte delle tribune VIP degli stadi, come pare di capire dai giornali in questi giorni, mi ha fatto lasciare le mie cose in un armadietto e mi ha condotto a fare un giro per la struttura. È un ospedale. Un ospedale con i cancelli alle porte delle stanze, ma pur sempre un ospedale. Ci sono 15 pazienti detenuti, uomini e donne. La particolarità è che non sono concentrati lì per tipo di malattia, come avviene negli altri reparti, ma sulla base della loro condizione personale di detenuti. Sono poi gli specialisti a ruotare a seconda delle patologie dei degenti. L’ospedale è pulito, le stanze grandi. In ogni stanza un solo paziente. Le sbarre, manco a dirlo, alle finestre. Quando siamo arrivati davanti alla stanza di Rizzoli, hanno aperto il cancello blu con una pesante chiave dorata. Sono entrato e mi sono presentato. “Dottor Rizzoli, come sta? Sono Ivan Scalfarotto”. Mi ha detto che mi conosceva, mi ha fatto le congratulazioni per l’elezione. Mi ha invitato a sedere. Gli ho detto che avevo letto la sua intervista sul giornale di questa mattina e mi ha guardato strabuzzando gli occhi, perché non aveva rilasciato alcuna intervista. E poi non può leggere i quotidiani. Così abbiamo ricostruito, come del resto Zunino dice anche nel testo del suo articolo, che in realtà il testo è stato il frutto della conversazione che Rizzoli ha avuto con il Garante dei diritti dei detenuti, Avvocato Angiolo Marroni. Abbiamo parlato per una mezz’ora. Rizzoli è allettato per ventiquattro ore al giorno, paralizzato da tutto il lato destro. Viene messo su una sedia a rotelle per qualche decina di minuti al giorno, ma non può muoversi perché non può far girare la ruota col braccio destro che non funziona. Non può alzarsi perché non può avere un bastone a disposizione a causa del regolamento carcerario che, ovviamente, non lo prevede. Per fortuna non ha problemi di decubito perché il materasso è quello giusto. Il tema è che le condizioni della sclerosi multipla si aggravano se non viene fatta un’apposita fisioterapia, che in una struttura penitenziaria non può essere fatta. E anche le condizioni dei reni stanno peggiorando. L’ho trovato sereno, dice che lo trattano bene. Non me ne sono stupito, davvero la struttura e il personale mi sono sembrati efficienti e professionali. Però mi ha detto anche che nei quaranta giorni in cui è stato ricoverato, dal giorno dell’arresto, è stato interrogato solo una volta, e frettolosamente. Ora io non sono né un giudice né un medico. Ma mi ha fatto impressione vedere un uomo di quell’età e in quelle condizioni di salute essere rinchiuso in una struttura carceraria. Per la mia mente, per la mia coscienza, per la mia lontana ma amatissima formazione giuridica, la libertà personale dovrebbe essere qualcosa di cui non essere privati mai, salvo che non sia assolutamente indispensabile. Con gli occhi del profano, e senza voler entrare nel merito, non posso non dire che la situazione di Angelo Rizzoli mi è sembrata abnorme. L’attesa di 40 giorni per un interrogatorio che confermasse la necessità di lasciarlo dov’è ora, mi è sembrata troppo lunga. Ho la massima fiducia nel lavoro dei giudici, ma devo dire che non sarei stupito se a Rizzoli fossero riconosciuti rapidamente almeno gli arresti domiciliari. A me non pare, in tutta coscienza, che la situazione sia sostenibile ancora molto a lungo. Concludo questo post anticipando subito l’osservazione di chi mi dirà che anche Rizzoli è uno della casta e io sono andato a trovare un riccone e non un povero Cristo. Negli ultimi giorni mi è già stata rimproverata la simpatia (nel senso tecnico dell’immedesimazione) con Giusy Versace, priva delle gambe, perché di cognome si chiama Versace e quindi (testuale) “lei sì che può permettersi venti protesi”. Poi ho sentito criticare Laura Boldrini perché figlia di buona famiglia e raccomandata e, si sa, i raccomandati si fanno mandare di corsa in Ruanda a occuparsi di profughi. Oggi non mi stupirei di essere rimproverato per essere andato a trovare un ex editore dal nome importante. Rispondo dunque che mi piacerebbe essere dovunque si possa sollevare un problema. E se il problema si può affrontare andando a trovare Angelo Rizzoli, io ci andrò tutte le volte che serve. Così come non mi farò togliere la grazia di sentirmi ispirato dalla gioia di vivere di Giusy Versace. E non smetterò di commuovermi pensando che Laura Boldrini è la Presidente della Camera. Indipendentemente da chi sono e da dove vengono. Perché spero in mondo migliore e non mi farò fregare dall’incazzatura generale che sento intorno a me. Che è legittima, per carità, ma non è un terreno sul quale partire per ricostruire. Marcucci (Pd): condizioni di Angelo Rizzoli incompatibili con il carcere (Ansa) “Le condizioni di salute di Angelo Rizzoli sono assolutamente incompatibili con il carcere. Il trattamento riservato all’imprenditore è inspiegabile. Aspettiamo la decisione dei Pm, che non possono ignorare le perizie mediche e dovrebbero consentire all’imprenditore, che è in attesa di giudizio, di potersi curare a casa”. Lo afferma il senatore del Pd Andrea Marcucci, in merito al caso del produttore cinematografico, che oggi sulle pagine del quotidiano La Repubblica ha lamentato la sua situazione nel carcere romano di Rebibbia, all’interno della struttura protetta Sandro Pertini. “Ad oltre un mese dalla sua detenzione - si domanda il parlamentare - possibile che sussistano ancora le circostanze previste dal Codice in materia di custodia cautelare? Inoltre, mi chiedo come il gravissimo stato di salute di Rizzoli, confermato anche dalla perizia del Gip, sia ritenuto idoneo alla reclusione?. Siamo di fronte ad un caso eclatante, mi auguro che la Magistratura assuma una decisione urgente ispirata dal senso di giustizia e dall’umanità” conclude Marcucci. Bondi (Pdl): per Rizzoli giustizia disumana (Ansa) “Credo che i vertici delle nostre istituzioni democratiche dovrebbero informarsi e verificare la legittimità delle motivazioni che hanno spinto alcuni magistrati a decidere per la detenzione carceraria di una persona affetta da una grave malattia come quella da cui è affetto il dottor Angelo Rizzoli. Una giustizia disumana è una giustizia che contraddice e nega i fondamenti di verità e di moralità che sono a fondamento della giustizia stessa”. Lo afferma in una nota il coordinatore del Pdl, Sandro Bondi. Giustizia: Bernardini (Radicali); dalle carceri innumerevoli segnalazioni di casi disperati Agenparl, 20 marzo 2013 “Sono ormai innumerevoli le segnalazioni di casi disperati di detenuti che non vengono curati e, a quel che mi risulta, trattasi di fenomeno a cui il Ministero della Giustizia e il Servizio Sanitario Nazionale presente in tutti gli istituti penitenziari non riescono a far fronte. Oggi, in particolare, segnalo tre casi emblematici che non hanno trovato e non trovano risposta pur essendo stati segnalati da tempo all’Amministrazione penitenziaria. La prima: nel famigerato carcere di Vicenza (vedi Interpellanza Urgente 2/01752 presentata nella scorsa legislatura), Carmine Multari si trova in condizioni così gravi che il suo avvocato Paolo Mele ha chiesto provocatoriamente di essere carcerato al suo posto. Il detenuto ha una seria forma di neoplasia alla lingua e da una settimana non riesce più a nutrirsi oltre a provare dolori lancinanti all’orecchio, alla testa, al collo. In un mese è dimagrito 12 chili. La seconda vicenda riguarda un detenuto nel carcere di Paola, R.C. per il quale dall’inizio dell’anno è stato disposto il trasferimento in un centro diagnostico e terapeutico senza che nulla sia avvenuto. L’uomo, quasi cinquantenne, è stata operato al cuore nel luglio scorso ed è dimagrito di 40 chili. La madre settantunenne, malata e pensionata al minimo, non lo vede dal periodo dell’intervento chirurgico perché non è nelle condizioni di spostarsi da Roma a Paola (Cs). Perché non lo si è ancora mandato nei centri clinici di Rebibbia o di Regina Coeli? La terza è relativa ad un ragazzo detenuto a Rebibbia che ieri sera ha tentato il suicidio ed è stato salvato dai compagni di cella. S.F. è affetto da disturbo bipolare. Si trova a Rebibbia G11 e nella sua cella non molto tempo fa è morto di infarto un altro detenuto, Antonio S. La notizia mi è stata data dalla madre impaurita e disperata. In Italia è stata abolita la pena di morte, ma in carcere è pienamente in vigore la “pena fino alla morte”, come i comunicati di Ristretti Orizzonti, sempre più oscurati, documentano ogni giorno. Da tempo mi chiedo cosa facciano i magistrati interessati, in particolare quelli di sorveglianza, di fronte ai trattamenti disumani e degradanti cui sono sottoposti i detenuti italiani”. Lo ha detto Rita Bernardini, già deputata radicale, membro della Commissione Giustizia. Giustizia: Testa (Radicali): centinaia detenuti malati e incompatibili col regime carcerario Agi, 20 marzo 2013 Dichiarazione di Irene Testa, Segretaria dell’Associazione Il Detenuto Ignoto: “Magistrati di Sorveglianza non danno seguito a istanze di incompatibilità, sono centinaia i detenuti che ne avrebbero diritto. Sono circa il 73% i detenuti malati ristretti in molte carceri italiane. Le patologie più comuni sono i disturbi psichici (26,1%), il 25% tossicodipendenze, seguiti dalle malattie dell’apparato digerente (19,3%) e da malattie infettive e parassitarie (12,5%). Sono circa 500 i disabili che in condizioni penose, peggio che da terzo mondo, affrontano la sopravvivenza in carcere. Il signor Rizzoli, come anche tutti gli altri detenuti ignoti, hanno diritto alle cure, e i magistrati di sorveglianza non dovrebbero ignorare le centinaia di istanze di incompatibilità col carcere che rimangono inapplicate”. Giustizia: domani conferenza stampa del Dap per presentare progetto dei circuiti regionali Il Velino, 20 marzo 2013 Nel corso della conferenza stampa che si terrà giovedì 21 marzo 2013 alle 11,30, nella sede di via del Gonfalone 29 (via Giulia) a Roma, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria presenta il progetto dei circuiti regionali. Il progetto è stato avviato dal Dap con la circolare del 30 maggio 2012 con cui sono state emanate le linee di indirizzo agli organi regionali dell’Amministrazione penitenziaria per la realizzazione, nel distretto di competenza, di un circuito penitenziario fondato sulla differenziazione degli istituti per tipologie detentive. L’obiettivo che ci si propone e la caratterizzazione degli istituti penitenziari, graduandoli non solo in relazione alla posizione giuridica dei ristretti (imputato-condannato), ma anche al loro livello di pericolosità”, determinato dal tipo di reato, dal fine pena, dai risultati emersi nel corso dell’osservazione condotta in carcere. Con i circuiti regionali si realizza, quindi, una nuova geografia penitenziaria tesa, oltre che ad una più razionale distribuzione delle risorse, a garantire la territorialità della pena, migliorare la qualità di vita dei detenuti e le condizioni di lavoro del personale penitenziario, rafforzare il trattamento rieducativo del condannato, aumentare le misure alternative alla detenzione. Il progetto sarà presentato dal capo del Dipartimento Giovanni Tamburino. Alla conferenza stampa parteciperanno i vice capi e i direttori generali del Dap. Giustizia: processo per morte Cucchi; chiuso dibattimento, 8 aprile requisitoria del Pm Ansa, 20 marzo 2013 Ultima udienza dibattimentale oggi del processo per la morte di Stefano Cucchi, il geometra romano fermato nella Capitale il 15 ottobre 2009 per droga e morto una settimana dopo all’ospedale Sandro Pertini. Sono stati sentiti in aula, davanti alla III Corte d’assise, gli ultimi due consulenti della difesa (sotto processo ci sono sei medici, tre infermieri e tre agenti penitenziari); il prossimo 8 aprile la parola passerà ai pm Vincenzo Barba e Francesca Loy per la requisitoria e le loro conclusioni. “È stato un evento improvviso e imprevedibile”. Anche i professori Claudio Buccelli a Aldo Carnevale sono stati concordi nel definire così la morte di Cucchi. Da parte del personale del “Pertini” non c’è stata alcuna responsabilità, ha spiegato Buccelli - il quale ha tentato di ribaltare le tesi dei periti nominati dalla Corte, secondo i quali Cucchi morì di malnutrizione. “Nei casi di morte di questo tipo - ha spiegato Carnevale - i pazienti perdono 250 grammi di peso al giorno se si astengono completamente dal bere e dal mangiare. Impossibile che Cucchi abbia perso 10 chili di peso in quattro giorni”. Ad avviso dei consulenti, quindi, sarebbe stata una morte improvvisa dovuta a problemi cardiaci. L’8 aprile, la discussione dei Pm; nelle udienze successive, gli interventi delle parti civili e delle difese. Entro maggio la sentenza. Veneto: Zaia; italiani sarebbero contenti di pagare altre tasse per costruire nuove carceri Ansa, 20 marzo 2013 “Gli italiani sarebbero contenti di pagare altre tasse per costruire nuove carceri”: a dirlo il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia. “Se fosse un potere delle Regioni - ha rilevato, nel corso di una trasmissione di Rete Veneta che andrà in onda stasera - non avremmo alcuna difficoltà a costruire nuovi penitenziari, li inseriremmo nel nostro piano di opere pubbliche se ci dessero i trasferimenti. Sono d’accordo che non si possono vedere quattro persone chiuse in cinque metri quadrati e che sia necessario ricordare il ruolo rieducativo che una pena detentiva deve avere, però non si devono svuotare le carceri ma costruirne di nuove”. Per Zaia bisogna anche “inasprire le pene, far lavorare i carcerati e far scontare la pena agli stranieri nella loro patria, magari ci potrebbe pure essere un incentivo da parte nostra. Un anno di carcere a Casablanca - ha osservato - è senz’altro peggio di cinque in Italia”. Rispetto alla liberazione di Pietro Maso, il giovane veronese che nel 1991 uccise i genitori per ottenere l’eredità, Zaia ha invitato a stendere “un velo di silenzio”. “Il suo debito l’ha pagato, 22 anni di carcere li ha scontati - ha concluso - e non sono pochi, nonostante permanga l’interrogativo su quale reato occorra compiere in Italia per meritare l’ergastolo”. Veneto: Associazione Difesa Consumatori; in 2 anni 280 persone in lavoro pubblica utilità Adnkronos, 20 marzo 2013 Svolgere lavoro gratuito al servizio della collettività invece di dover pagare migliaia di euro di multa e rischiare il carcere, e vedersi inoltre dimezzare il periodo di confisca della patente. È la possibilità offerta a chi in auto o moto viene trovato alla guida sotto l’effetto di alcol o droga, introdotta nel nuovo codice della strada a luglio 2010. Da allora, i tre uffici di esecuzione penale esterna del Veneto, servizi dell’amministrazione penitenziaria, hanno preso in carico 280 persone, di cui 266 nel solo anno 2012, mentre sono 158 le persone attualmente seguite dal personale del solo Uepe di Venezia, Treviso e Belluno. Adico, Associazione Difesa Consumatori, sensibile al tema delle misure alternative alla detenzione e della giustizia riparativa, per contribuire a una maggior diffusione delle informazioni sul tema e sensibilizzare sui pericoli del bere e guidare ha aperto lo Sportello “Alcol e Patente” compilando il form presente nello Sportello si verrà messi in contatto con un esperto in grado di fornire informazioni e orientare il consumatore che volesse conoscere meglio il funzionamento del Lpu o che, multato per guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, cercasse un supporto pratico per accedere al servizio. “Lo scopo dell’apertura dello Sportello è sensibilizzare le persone sull’importanza di non bere prima di mettersi al volante, informando sui rischi connessi -spiega il presidente di Adico, Carlo Garofolini - e sui vantaggi rappresentati dal Lavoro di pubblica utilità (Lpu): sia sul fronte del valore educativo e sociale della pena, che su quello della tutela anche economica delle famiglie coinvolte, che possono così evitare di pagare migliaia di euro di sanzione che potrebbero davvero gettarne molte sul lastrico, soprattutto in una fase di crisi economica come questa”. Marche: nel 2012 l’Ombudsman ha trattato oltre 900 fascicoli, 125 richieste dai detenuti Redattore Sociale, 20 marzo 2013 Report dell’Autorità di garanzia. Con un +25,6 per cento è la difesa civica (barriere architettoniche, trasporto e sanità) è il settore che registra il maggior incremento di pratiche. I minori segnalati o sottoposti a procedimenti giudiziari sono stati 46. È la prima volta che nelle Marche l’Autorità di garanzia nel corso della sua storia ventennale supera la soglia dei 900 fascicoli trattati in un anno nei quattro settori di competenza (difesa civica, tutela infanzia e adolescenza, diritti dei detenuti, difesa cittadini stranieri). Nel 2012 sono state aperte 454 pratiche, alle quali si aggiungono le 449 archiviate, con un aumento degli esiti positivi pari al 5,9%. Da questo dato parte la Relazione 2012 dell’Ombudsman regionale, presentata stamattina a Palazzo Leopardi dal presidente dell’Assemblea legislativa, Vittoriano Solazzi, e dal Garante regionale Italo Tanoni. Il report, la cui proposta grafica è stata curata dagli studenti del liceo artistico Mannucci di Ancona, presenta nel dettaglio tutti i progetti realizzati, le risorse impiegate, le collaborazioni avviate con le istituzioni e gli ordini professionali, gli obbiettivi raggiunti e quelli fissati per i prossimi anni. “La scelta di creare un’unica figura di garanzia si sta dimostrando molto efficace - ha sostenuto il presidente Solazzi -. L’ombudsman delle Marche è uno tra i più attivi in Italia, un vero fiore all’occhiello, sicuramente è diventato un punto di riferimento irrinunciabile per tutti i cittadini e i dati puntuali riportati in questa relazione confermano la capacità di creare una rete di tutela che va al di là della mera funzione delle competenze di ufficio”. Il Report, suddiviso nelle 4 aree di competenza e corredato da statistiche e dati aggiornati, fotografa tutta la casistica trattata ed è uno degli obblighi previsti dalla Legge 23 del 2008 che istituisce l’Ombudsman. Una legge, la prima in Italia, che ha unificato una pluralità di competenze in un solo istituto di garanzia, in linea con molte altre nazione europee. Le parole chiave che riassumono le azioni intraprese nel 2012 sono “mediazione, indipendenza, prevenzione, cura” - scrive nella premessa l’Ombudsman regionale. “Quello che presentiamo oggi è un bilancio positivo in tutti i settori - ha detto Tanoni. L’ufficio sta funzionando a regime e riesce adeguatamente a soddisfare le esigenze che emergono nel territorio e che spesso non trovano risposte adeguate nelle istituzioni”. Gli esposti. Il numero dei cittadini che ha avanzato esposti e reclami negli ultimi dieci anni è raddoppiato. Grazie anche alle nuove tecnologie, la comunicazione con l’Ombudsman si è intensificata e le informazioni sono più accessibili (il sito www.ombudsman.marche.it ha registrato 19185 accessi, con una media di 52 visitatori giornalieri). Con un +25,6 per cento la Difesa Civica è il settore che registra il maggior incremento di pratiche rispetto al 2011. I principali problemi sollevati dagli utenti riguardano le barriere architettoniche, il trasporto pubblico, la sanità. Ma sono le questioni ambientali quelle che registrano la maggiore crescita, sia sul versante dell’accesso agli atti, che in materia di diritto. Sul fronte della tutela dei bambini, l’aumento dei divorzi e delle separazioni (+4,2 per cento dal 2002 al 2009) espone i minori ad una crescente conflittualità familiare. Nel 2010 sono stati coinvolti nelle Marche oltre 2000 minorenni, di cui 1465 figli in affido. “Una vera e propria emergenza educativa - secondo l’Ombudsman - di fronte alla quale istituti come quello della mediazione e dell’affido rappresentano sempre più una risposta obbligata delle istituzioni”. I minori segnalati o sottoposti a procedimenti giudiziari sono stati 460, secondo i dati forniti dall’Ufficio servizi sociali per i minorenni, e le tipologie più frequenti di reato sono contro la persona (abusi sessuali, stalking) 21 per cento e contro il patrimonio (furti, danneggiamenti, atti vandalici) 64 per cento. Da qui una capillare azione formativa avviata dal Garante con gli insegnanti e gli educatori e un progetto dedicato alla legalità per insegnare ai ragazzi il rispetto delle regole. La pagina carceri si apre con la questione sovraffollamento, 1225 detenuti contro una capienza regolamentare di 775. Un dato che vede le Marche al 4° posto in Italia, nonostante il maggiore utilizzo della struttura di Barcaglione sollecitato dall’Ombudsman, “uno dei primi risultati concreti ottenuti da questa autorità di garanzia, con l’appoggio dell’intero Consiglio regionale” - spiega Tanoni che lo scorso anno ha ricevuto 125 richieste di colloquio da parte dei detenuti. La competenza più recente affidata al Garante è la difesa dei cittadini stranieri dalle discriminazioni, 20 i fascicoli aperti e 12 quelli risolti. Vicenza: detenuto malato tumore; provocazione dell’avvocato “vado in cella al posto suo” Giornale di Vicenza, 20 marzo 2013 L’avvocato difensore di un detenuto di 48 anni, affetto da una grave forma di tumore, sollecita con urgenza il “rinvio dell’esecuzione”. L’appello: “In carcere ci sono scarafaggi ed escono acque nere dai lavabi, ha bisogno urgente di farsi visitare e operare. Le sue condizioni di salute sono talmente gravi, la sua sofferenza fisica e psichica talmente atroce, che propongo al giudice di incarcerare me al posto di questo mio cliente ammalato. Sì, avete capito bene: la sconto io la pena al posto suo, nella sua cella, per il tempo necessario a visitarlo, operarlo e consentirgli di riprendersi”. La provocazione dell’avvocato Paolo Mele senior, da sempre attento ai problemi dei carcerati, è tale fino ad un certo punto: la gravissima forma di tumore che ha colpito un suo cliente non ha ancora smosso la pietà dei giudici del tribunale di sorveglianza. Dopo l’ultima, accorata richiesta del 6 marzo scorso, alla quale non ha avuto risposta, l’avvocato Mele ieri ne ha presentato una nuova, in cui baratta la sua libertà a favore dell’assistito. “Come uomo, come legale, come cittadino di uno Stato civile e come cristiano chiedo di dare la possibilità a quel detenuto di curarsi”. La malattia di cui soffre Carmine Multari, 48 anni, residente a Lonigo, ha subito un progressivo peggioramento. Il malato sta scontando una condanna definitiva a 2 anni e mezzo di reclusione per truffa, appropriazione indebita e ricettazione commesse in passato fra il Veneto e la Toscana. “L’ho visto lunedì pomeriggio - ha detto il legale - e la situazione è sempre ed estremamente grave”. Lo sfortunato detenuto è stato infatti colpito da una seria forma di neoplasia alla lingua. Nell’ultimo mese è dimagrito di 12 chili, ed ha riferito al suo avvocato che “da una settimana non riesce a mangiare, né a deglutire”. Avverte dolori lancinanti che “si irradiano all’orecchio, alla testa e al collo”. Fatica moltissimo a parlare, ed è costretto a restare con la bocca aperta in maniera innaturale. “Che la situazione sia gravissima viene confermato anche dalla documentazione sanitaria”. Altamura (Ba): carcere dove sono rinchiusi e protetti detenuti responsabili di reati sessuali La Repubblica, 20 marzo 2013 Segnali di cambiamento del sistema carcerario italiano, addirittura rispetto i cosiddetti sex offenders. Per gli altri reclusi sono “infami”; per gli agenti di polizia penitenziaria “protetti”; per gli psicologi e per gli operatori degli istituti carcerari sono violentatori, molestatori, pedofili. In tutta Italia ci sono meno di una decina istituti di pena dedicati. Attualmente ad Altamura ci sono circa 100 detenuti, 20 dei quali in semilibertà. Ci sono casi in cui si avverte la tendenza ad andare verso una nuova concezione della pena giudiziaria. Peccato però che siano ancora casi isolati, come quello del carcere di Altamura, dove gruppi di auto-aiuto, assistenza psicologica, attività lavorativa, rappresentano - appunto - dei segnali di cambiamento del sistema carcerario italiano, addirittura rispetto un genere di reati fra i più odiosi: i reati sessuali. Per gli altri detenuti sono “gli infami”; per gli agenti di polizia penitenziaria “i protetti”; per gli psicologi e per gli operatori degli istituti carcerari sono i sex offenders, violentatori, molestatori, pedofili, tutti coloro che hanno commesso reati sessuali. Il nuovo corso. Da qualche anno a questa parte, il sistema carcerario italiano assicura loro dei reparti protetti o delle case circondariali dedicate, dove i sex offenders accedono ad attività trattamentali che i detenuti per reati comuni, ospitati in carceri promiscue e sovraffollate, si sognano: colloqui individuali e di gruppo con psicologi e psicoterapeuti, percorsi rieducativi o riabilitativi. E poi ancora recupero degli anni scolastici, attività lavorative, iniziative ricreative ed artistiche, spazi e tempo per lo sport. Con il paradosso che proprio coloro che si sono macchiati dei reati più odiosi accedono a opportunità maggiori e migliori dei detenuti comuni, e con la prospettiva di una sempre maggiore “libertà” da garantire all’interno dell’istituto di pena. Per 22 ore in cella nelle carceri “normali”. “I reati sessuali - spiega a riguardo Caterina Acquafredda, direttore della casa circondariale di Altamura, nel Barese, destinata ad ospitare esclusivamente sex offenders - secondo la gerarchia valoriale dei detenuti sono reati “infami”. I sex offenders, perciò, sono costantemente a rischio di sicurezza passiva. Rischiano di subire violenza, intimidazioni, atti di intolleranza, al pari dei collaboratori di giustizia, oppure dei detenuti appartenenti alle forze dell’ordine. Per questo, nel caso non ci siano nell’istituto di pena reparti protetti, è necessario prevedere sistemi e strumenti di tutela per questi detenuti. Siccome però il personale carcerario è costantemente sottodimensionato, l’unica tutela che è possibile applicare è quella di evitare il contatto con gli altri detenuti. Accade così che un sex offender passi 22 ore al giorno in cella. Non ci dobbiamo poi meravigliare se la Corte Europea dei diritti dell’uomo sistematicamente condanna l’Italia per trattamenti inumani e degradanti per i propri detenuti”. Una decina in tutta Italia. Le carceri destinate ad ospitare esclusivamente sex offenders sono, in tutta Italia, meno di una decina. Attualmente il carcere di Altamura ospita circa 100 detenuti, 20 dei quali in semilibertà. Qui lavorano 50 agenti di polizia penitenziaria e, grazie anche alla collaborazione con l’azienda sanitaria locale e con i servizi sociali del comune, un team di medici e infermieri, e una equipe composta da psicologi, psicoterapeuti, psichiatri, assistenti sociali ed educatori. Catanzaro: detenuto morì durante udienza in tribunale, assolto medico che l’ha soccorso Agi, 20 marzo 2013 Si è concluso con un’ampia assoluzione il giudizio abbreviato a carico di Antonio Tavano, imputato per un presunto caso di colpa medica nella sua qualità di medico del Carcere di Siano-Catanzaro, a seguito della morte del boss cosentino Giuseppe Cirillo, deceduto in un’aula del tribunale di Catanzaro il 24 maggio del 2007. Il giudice dell’udienza preliminare ha accolto pienamente le richieste della difesa del dottore, affidata agli avvocati Enzo Ioppoli e Felice Fioresta, ed ha scagionato con formula ampia Tavano. Il procedimento a carico di quest’ultimo scaturì dal decesso di Cirillo, ex capo del locale di Sibari e poi collaboratore di giustizia, che morì durante un’udienza davanti al Tribunale di sorveglianza di Catanzaro, dove era comparso assieme all’avvocato Aurelia Rossitto per chiedere la sospensione della pena proprio a causa di quei problemi cardiaci che lui lamentava e che sarebbero stati a suo dire incompatibili con la permanenza in carcere, dove l’uomo si trovava per scontare una condanna a 14 anni di reclusione. Per una presunta colpa medica dovuta a cure inadeguate fu quindi indagato il dottore Antonio Tavano, in servizio al carcere, per il quale tuttavia la Procura della Repubblica concluse con una richiesta di archiviazione. L’opposizione del legale della famiglia di Cirillo portò poi a disporre l’imputazione coatta del medico, che oggi comunque è stato completamente assolto. Lecce: restyling del verde attorno al carcere di Borgo San Nicola… ci pensano i detenuti www.lecceprima.it, 20 marzo 2013 Tre uomini reclusi nel penitenziario leccese hanno piantato essenze di mirto e leccio, varcando il cancello sotto lo sguardo discreto e soddisfatto del direttore, Antonio Fullone. È il primo passo di un progetto di formazione più ampio. L’ultimo dei loro pensieri è stato quello di proteggersi dal sole, giù piuttosto caldo in una giornata che, finalmente, sa di primavera. Tre detenuti del carcere di Borgo San Nicola, insieme agli uomini dell’Agenzia regionale per le attività irrigue e forestali - sotto lo sguardo del direttore, Antonio Fullone -, hanno sistemato con cura pianto di mirto e leccio negli spazi verdi lungo il viale che porta al penitenziario. Una sorta di biglietto da visita per una struttura finita molte volte sotto osservazione per il problema, comune a tutte le carceri italiane, del sovraffollamento. Un’attività comune, quasi banale quella di oggi, di quelle, insomma, che non attirerebbero l’attenzione dei passanti ma che, nel caso specifico ha assunto un grande significato simbolico e che racchiude il senso di potenzialità di inclusione sociale ancora in gran parte da scoprire da scoprire all’interno del sistema carcerario italiano. Si tratta di un progetto pensato per dare ad un numero maggiore di carcerati una formazione pratica che possa essere spesa in attività di utilità pubblica, sia dentro che fuori dall’istituto di pena dove attualmente sono recluse, a fronte di circa 800 dipendenti tra agenti di polizia penitenziaria e personale, 1.200 persone. Un numero comunque elevato, considerata la capienza, ma che nei primi mesi del 2013 è diminuito rispetto al picco dello scorso anno, grazie ad un ricorso più selettivo alla detenzione che rientra nell’ambito di provvedimenti legislativi e di direttive politiche finalizzate a tamponare la questione del sovraffollamento. Alla questione ha fatto esplicito accenno anche la neo presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini, dopo che già, nel discorso di fine anno, c’era stato un passaggio piuttosto netto del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. A proposito del penitenziario leccese - che è tra i più grandi del Paese - mancano solo pochi dettagli procedurali per il via libera alla costruzione del nuovo padiglione. Al momento il direttore non è in grado di dire se servirà ad aumentare la popolazione carceraria, accogliendo nuovi detenuti, oppure se, come auspicabile, verrà utilizzato per diminuire l’attuale densità di persone rinchiuse nella stessa cella. Cosa se ne farà spetta stabilirlo all’amministrazione penitenziaria centrale, naturalmente su input della classe dirigente. Presente anche l’assessore all’Ambiente del Comune di Lecce, Andrea Guido, che ha avviato con la direzione del penitenziario una collaborazione che riguarda, tra l’altro, anche l’avvio della raccolta differenziata. Trani: il Consiglio provinciale approva Odg per la riapertura del carcere di Spinazzola www.traniweb.it, 20 marzo 2013 Il Consiglio provinciale di Barletta Andria Trani ha approvato stamani all’unanimità dei presenti un ordine del giorno con cui si chiede e sollecita un provvedimento urgente per la riapertura e l’utilizzo del carcere di Spinazzola. “La chiusura del carcere di Spinazzola è in netta contraddizione con l’affermazione e la constatazione di una conclamata emergenza penitenziaria tristemente in atto ed in virtù della condanna della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo” si legge nell’ordine del giorno approvato, che sarà trasmesso alla conferenza dei sindaci della Bat (al fine di darne una maggior valenza politica), al Ministero della giustizia, alla presidenza del Consiglio dei ministri ed alla presidenza della Repubblica. “La Corte europea dei diritti umani di Strasburgo - recita il documento approvato dal Consiglio provinciale - ha per la quarta volta condannato l’Italia per il trattamento inumano e degradante di sette carcerati detenuti negli Istituti penitenziari di Busto Arsizio e Piacenza. Nello specifico la Corte ha stabilito che l’Italia viola i diritti dei detenuti, tenendoli in celle di meno 3 metri quadrati. Nella sentenza, oltre alla condanna del pagamento di un ammontare di euro 100.000 ai detenuti per danni morali, la Corte invita l’Italia a porre immediatamente rimedio al sovraffollamento carcerario. Il piano carceri, varato nel novembre del 2011 dal precedente governo, prevedeva la costruzione di nuovi penitenziari e l’ampliamento di quelli esistenti, oltre al ricorso di pene alternative al carcere. Con decreto emanato dal Ministero della giustizia, a firma dell’ex ministro Angelino Alfano, fu disposta la chiusura dell’Istituto penitenziario di Spinazzola, sezione distaccata di Trani. Nel corso di diverse visite all’Istituto, effettuate da diversi parlamentari, consiglieri regionali, provinciali e autorità civili, si è potuto osservare da vicino come, grazia al quotidiano impegno del personale e della direzione (nonostante le immancabili difficoltà e criticità che caratterizzano il sistema penitenziario nazionale), l’Istituto di Spinazzola ha conseguito brillanti risultati. Risultati conseguiti nonostante le modiche risorse a disposizione, impressionando positivamente per l’organizzazione, l’ordine e la pulizia degli ambienti, apparsi scrupolosamente curati a partire dagli ambienti di uso comune e dai servizi, sino alle sezioni detentive, al cui interno è stato possibile osservare il funzionamento di numerose iniziative trattamentali a favore della popolazione detenuta, tutte connotate da concretezza ed effettiva valenza risocializzante in termini di costituzione di un bagaglio professionale realmente spendibile una volta in libertà, facendo riferimento ai corsi professionali relativi all’installazione di impianti elettrici, alla lavorazione della cartapesta, al restauro di mobilio d’epoca, nonché alla realizzazione di oggettistica ed alla lavorazione della pelle mediante tecniche artigianali di pregio ed altri ancora”. “Urge riorganizzare - conclude il testo dell’ordine del giorno - il lavoro del personale addetto anche puntando sull’utilizzo di interventi di automatizzazione, vigilanza in remoto e solarizzazione, che potrebbero essere realizzati anche attraverso progetti trattamentali finanziati dalla Cassa delle ammende”. Milano: don Gino Rigoldi; Ipm Beccaria azzerato… tra direttrice e agenti troppe divisioni Il Giorno, 20 marzo 2013 Pare che al Beccaria “non si pigliassero proprio”, la direttrice e il comandante. Quando uno diceva “giorno” l’altra rispondeva “notte” e viceversa, o comunque c’erano troppe incomprensioni, troppi motivi di litigio e di dissenso fra i due: Daniela Giustiniani e Nico Costa si sono dimessi entrambi nel giro di tre giorni, fra martedì e giovedì della scorsa settimana (come anticipato ieri da Il Giorno, ndr). Prima il comandante e poi la direttrice. Il motivo in due parole: “Problemi cronici”, sintetizza don Gino Rigoldi, energico cappellano del carcere minorile milanese, oltre quarant’anni passati insieme ai “ragazzi difficili” di via Calchi Taeggi. Padre, come mai la situazione era diventata tanto esplosiva? “Mettiamola così: c’erano divisioni interne ormai insanabili”. Quali erano i motivi di scontro? “Differenze di vedute sui metodi. La direttrice aveva forse un approccio più morbido coi ragazzi, ma comunque non è che il comandante fosse un duro che voleva punirli. Tutt’altro. Il fatto è che i due non andavano d’accordo”. Che succede adesso? “Adesso arriveranno Nuccia Micciché e Alfio Bosco: nuova direttrice e nuovo comandante. Ma resteranno poco, tre mesi al massimo. Quindi bisognerà rimettere mano alla squadra in via definitiva”. Di cosa ha bisogno il carcere? “Di persone che sappiano fare squadra. I ragazzi devono vedere figure coese, capaci di lavorare bene insieme e di progettare il futuro”. Cosa pensa della carenza di personale fra gli agenti? Anche quella ha contribuito a inasprire gli animi? “Il problema c’è e si sente molto, ma non si dica che siamo allo sbando, perché non è vero affatto. È vero però che gli agenti sono ben al di sotto del numero previsto, sono spesso costretti a turni doppi, fino a 16 ore. Sono giovani, vengono quasi tutti dal Sud o dalla Sardegna, hanno la famiglia e gli affetti lontani. Non è facile, non è per niente facile, nemmeno per loro”. I rischi poi aumentano per tutti... “Per forza. La notte in cui scoppiò l’incendio dentro al carcere, nel settembre scorso, di turno si era ritrovato un solo agente. Poi arrivarono i rinforzi, ma può ben immaginare”. E i detenuti? “I ragazzi del Beccaria sono cambiati molto in questi anni. Quando arrivai, nel 1971, erano muscolari, istintivi, sbruffoni. Adesso, invece, mi sembrano timidi e introversi. Hanno soprattutto bisogno di qualcuno che voglia ascoltarli e che sappia prenderli sul serio. E poi vogliono affetto, a volte lo chiedono in un modo così forte e spontaneo che io ne resto stupito. Don, fammi una carezza, dammi un abbraccio. È incredibile. Che poi io tiro un po’ via, perché non sono uno a cui piacciono troppo le smancerie”. Se potesse cambiare qualcosa? “Noi non siamo un’isola, c’è tutto un mondo fuori di qui. E per quanto possiamo impegnarci per il recupero di questi ragazzi, è fuori che devono trovare l’accoglienza, il lavoro, l’inserimento”. E per quelli che sembrano più incontenibili, come il Piccolo Vallanzasca (il ragazzo di 15 anni che aveva organizzato una rivolta nel carcere, ndr)? “Oh, ma lui è migliorato tantissimo, ha fatto grandi progressi, è molto maturato. Quasi non lo si riconosce più. Pensi che lo abbiamo pure battezzato. Sa, qui dentro abbiamo una liturgia tutta nostra”. E lei che ruolo ha in questa liturgia? “Io? Io faccio il papa. Roma: detenuto muore overdose, compagno cella accusato di omicidio colposo e spaccio Il Messaggero, 20 marzo 2013 Omicidio colposo e spaccio di eroina in carcere, a Regina Coeli. È stato individuato ed è finito sotto processo il pusher che il 10 febbraio 2012 ha fornito una dose di eroina killer a un compagno di cella. È Idemudia Osagie, 25enne nigeriano, incensurato. Si era prestato a fare il corriere della droga per conto di alcuni narcotrafficanti. L’aveva ingerita e, quando era stato arrestato, aveva espulso 23 ovuli di 15 grammi. Uno, però, l’aveva trattenuto per sé e, a Regina Coeli, secondo l’accusa, l’avrebbe ceduto in cambio di cibo. Eroina purissima che ha ucciso Tiziano De Paola, un tossicodipendente di 30 anni di Tor Bella Monaca, appena arrestato per piccolo spaccio. De Paola non aveva saputo rinunciare alla droga e al mattino era stato ritrovato sotto le coperte, ucciso da un’overdose fulminante. Ieri il gip Alessandrina Tudi-no ha accolto la richiesta del pm Perla Lori e ha rinviato a giudizio il corriere nigeriano che gliel’ave-va fornita. Le giustificazioni del giovane, tuttora detenuto, non hanno convinto il giudice. “Non volevo spacciare in carcere - ha detto durante l’udienza - i compagni di cella, però, quando hanno saputo di quell’ovulo mi hanno aggredito per ottenerlo”. Per il pm invece la cessione a De Paola era stata volontaria. La morte invece sarebbe una conseguenza colposa. “De Paola - per il pm - decedeva in conseguenza di un arresto cardiorespiratorio secondario alla recente assunzione di eroina”. Il legale del corriere nigeriano, l’avvocato Giacomo Marini, intanto, spera di ottenere il minimo della pena dopo il dibattimento. “Non punto a un rito alternativo - ha annunciato - vogliamo un processo che faccia emergere le pecche del carcere e le modalità di svolgimento di questa grave vicenda che rientra nella complessa situazione carceraria”. All’indomani della morte di De Paola, quando le cause del decesso erano ancora ignote, era arrivata la denuncia del garante regionale dei detenuti. “Regina Coeli - aveva detto -è un carcere ingestibile. La Costituzione parla di pena e reinserimento, qui c’è solo pena. Mancano guardie, educatori, psicologi”. Alle 6,30 del mattino Tiziano De Paola non aveva risposto all’ appello della polizia penitenziaria. Nessun movimento sotto la coperta logora. Neanche il suo compagno di cella - al quarto braccio - si era accorto di nulla. Chieti: biblioteca a cura dei detenuti, corsi di grafica… e c’è anche chi studia per la laurea Il Centro, 20 marzo 2013 Una piccola stanza con un computer e libri ordinati e catalogati. Questo angolo della casa circondariale teatino è molto particolare. Accompagnati dagli agenti di polizia penitenziaria, direttrice e docenti del corso di biblioteconomia di base, riusciamo a visitarlo e scopriamo come l’ingresso della struttura, un corridoio abbastanza lungo sia interamente dipinto, opera di un ex detenuto, con scene delle quattro stagioni. Una biblioteca al passo con i tempi, dove per ogni libro c’è una scheda informatica, in grado di dire in un attimo dove prenderlo. È questo solo uno degli aspetti che la convenzione tra il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del ministero della giustizia, la direzione della casa circondariale di Chieti e il Comune di Ortona ha reso possibile. Un lavoro sui circa 2500 volumi del patrimonio librario di Madonna del Freddo, catalogati con procedure di standard europeo, che ha fatto di questa realtà bibliotecaria, attiva da tempo nel carcere teatino, un fiore all’occhiello del sistema, competitiva con le realtà esterne. Sono stati per questo coinvolti 5 detenuti, che hanno seguito un corso di circa 92 ore, tra lezione frontale e tirocinio diretto, seguiti in prima persona da Tito Vezio Viola, direttore della biblioteca comunale di Ortona e Stefania Basilisco, funzionario giuridico-pedagogico. Ieri sono stati consegnati ai ragazzi del corso i certificati delle competenze acquisite, che raccontano di come oggi siano in grado, tra le altre, di avviare una procedura completa di organizzazione documentaria, partendo dall’inventario, per andare avanti con la classificazione e la targhettatura di collocazione, fino alla selezione dei dati necessari alla materiale immissione nell’elenco digitale. “La cultura nella vita di un individuo è fondamentale”, dice la direttrice della casa circondariale di Chieti, Giuseppina Ruggero, “rende liberi, perché, a esempio, insegna i propri diritti, rafforzando la consapevolezza del vero cittadino. Ecco perché per noi questa azione sulla biblioteca è stata molto importante. Spesso è l’ignoranza che fa commettere errori”. Alla cerimonia di consegna dei certificati è intervenuto anche il sindaco di Ortona, Vincenzo D’Ottavio. “Approfittate dell’opportunità di leggere e studiare che vi viene data”, dice ai detenuti, “prendete tutto quello che vi serve, per poter un domani, fuori, riscattare il vostro onore”. Il desiderio c’è. Tant’è che sorprendono i dati di un questionario sui bisogni di lettura a cui i detenuti hanno risposto in massa. “Gli autori più gettonati “, racconta Stefania Basilisco, “sono Ammaniti e Baricco, così come i generi giallo, attualità ed economia. Non manca la richiesta di titoli in lingua originale, soprattutto rumeno, francese e arabo. Vogliamo che la nostra biblioteca sia su standard attuali e non abbia nulla da invidiare a quelle esterne”, continua Basilisco “sarà attivo anche il prestito interbibliotecario con la biblioteca di Ortona, sperando di poterlo attivare anche con altre realtà”. Tito Viola ha dedicato a questo corso tante energie e i ragazzi in qualche modo glielo riconoscono con il regalo di una copia del libro Storia dell’anno Mille, di Guerra e Malerba. “L’avevo perso tanti anni fa”, commenta commosso il bibliotecario, “questo corso ha sviluppato in loro competenze, oggi certificate con estrema autenticità. I ragazzi hanno lavorato e studiato con una dedizione completa, facendo un lavoro di gran qualità”. Letture e corsi di grafica e c’è chi studia per la laurea Le ali della libertà possono avere il profumo dell’inchiostro sui libri. Vito Pagano, 28 anni, in quelle pagine che ha sfogliato nel lavoro di catalogazione è riuscito a oltrepassare col pensiero le sbarre che lo tengono separato dal resto del mondo e degli affetti. “Ho sempre amato molto leggere” racconta, “sono iscritto all’università, in Scienze della comunicazione, indirizzo di giornalismo. Con questo corso di formazione per la nostra biblioteca ho avuto modo di sfogliarne diversi di libri. Mi piacciono molto quelli della scrittrice giapponese Banana Yoshimoto. Leggere, in questi spazi, ti aiuta a evadere col pensiero, a sopportare di più la distanza dagli affetti”. Dice che continuerà a studiare per la laurea, ha voglia di riscatto, nei suoi occhi azzurri leggi la voglia di vita che un errore non riesce a spezzare. Dei detenuti che hanno voluto frequentare questo corso, soltanto alcuni decidono di parlare. Oltre a Vito ci sono altri due. Tommaso Musicco ha 34 anni: “Oltre questo corso”, dice, “ne sto facendo uno di impaginatore grafico. A giugno, se tutto va bene, prendo anche un attestato in lingua inglese. Spero mi possano dare qualche opportunità in più quando esco di qui”. “Per me è stata un splendida occasione”, dice Adamo Campanella, “ringrazio davvero tanto di avermi coinvolto”. Sassari: le opere dei detenuti-artisti dedicate ad Antonio Gramsci arrivano in pinacoteca La Nuova Sardegna, 20 marzo 2013 L’associazione “Casa natale Antonio Gramsci”, presieduta da Albertino Coni, decide di dotarsi d’una pinacoteca interamente dedicata all’intellettuale più letto e conosciuto al mondo ed indice un premio di pittura titolato all’artista alerese Peppinetto Boy, prematuramente scomparso. Premio diviso in due sezioni: “I luoghi Gramsciani”, aperta a tutti, e “Gramsci visto da dietro le sbarre” riservata ai detenuti. Giusto perché da dietro le sbarre il piccolo grande Antonio mostrò al mondo il suo essere uomo a tutto tondo, politico, intellettuale, marito, padre e fratello, regalando al mondo pagine indimenticabili per bellezza, profondità ed umanità. Una sezione, quella dedicata ai carcerati, che ha visto la partecipazione di 15 case di detenzione dove i reclusi hanno risposto “sì” alla circolare diramata dal Ministero di Grazia e Giustizia che riprendeva il bando lanciato dalla “Casa natale”. Nei giorni scorsi il responso della giuria (presidente Alberto Coni, Ivo Serafino Fenu, Alberto Muro Pelliconi e Massimo Spiga) che ha decretato i vincitori che riceveranno i premi il 13 aprile prossimo in occasione di una giornata di studio in via di programmazione. Ad aggiudicarsi i premi nella sezione “I luoghi Gramsciani” sono stati Antonio Arceri e Salvatore Palita mentre per “Gramsci visto da dietro le sbarre” la palma d’oro è invece andata ad Alfonso Sansone detenuto presso l’istituto di pena di Taranto; il secondo premio è stato quindi assegnato alle opere inviate dai ragazzi della Casa Circondariale di Macomer seguiti da Antonio Cristiano detenuto presso il carcere di Volterra. La giuria ha infine deciso di premiare al quarto posto ex equo le opere di Alessandro Giunchi e Ignazio Taurino, detenuti rispettivamente a Ravenna e Taranto. Germania: a Berlino si inaugura domani prigione a “cinque stelle” ed è già polemica Agi, 20 marzo 2013 Si inaugura domani a Grossbeeren, una trentina di chilometri a sud di Berlino, la nuovissima prigione di Heidering, una struttura a cinque stelle in grado di ospitare 648 detenuti, con ampia libertà di movimento all’interno ed una modernissima cucina comune ogni 18 persone. Diversi giornali tedeschi polemizzano mettendo in evidenza che il nuovo carcere ha palestre e strutture sportive migliori di quelle delle scuole e dei licei berlinesi. A differenza dell’aeroporto della capitale, i cui costi di costruzione sono esplosi e la cui inaugurazione è stata già rinviata tre volte, senza che ancora si sappia quando entrerà finalmente in servizio, Heidering è stata realizzata nei tempi previsti e con un costo di 118 milioni di euro, come era stato preventivato. La struttura è dotata solo di celle singole, ognuna delle quali ha una superficie di oltre 10mq e dispone di un vano separato per il bagno, oltre al fatto che le finestre hanno un’altezza di un metro e mezzo e sono del tutto apribili. Ma il fiore all’occhiello della nuovissima prigione sono le strutture sportive, con tre campi di calcio, una pista per la corsa ed una palestra di 800 metri quadri. Nelle zone comuni di soggiorno, che possono accogliere fino a 18 detenuti, c’è anche una loggia con un balcone protetto da inferriate sul quale è possibile prendere aria, fumare e bere anche un caffè. L’architetto che ha progettato il carcere, Josef Hohensinn, spiega che ogni loggia della struttura è “un simbolo, una piccolezza con cui si riesce ad ottenere un’alta qualità della vita”. Per il portavoce dei Verdi nel parlamento della città-Stato di Berlino, Dirk Behrendt, la nuova struttura è invece “la prigione più superflua della Germania”, anche perché nella capitale il numero di reclusi è in diminuzione rispetto alle previsioni. Stati Uniti: a Guantánamo raddoppiato numero detenuti in sciopero fame, adesso sono 24 Tm News, 20 marzo 2013 Il numero dei detenuti in sciopero della fame nella prigione di Guantánamo è quasi raddoppiato dalla scorsa settimana, con almeno due prigionieri che sono stati ricoverati a causa della disidratazione. Il capitano Robert Durand - scrive il sito di Al Jazeera - ha confermato che oggi 24 prigionieri sono in sciopero della fame, mentre lo scorso 11 marzo erano in 15. Si tratta della protesta più diffusa finora mai resa nota nella struttura di massima sicurezza di Guantánamo, ma secondo Durand non ci sono elementi per dire che lo sciopero della fame si estenderà a tutti i 166 prigionieri, come riportato da alucni media. I detenuti accusano le guardie di maltrattamenti, di sottrazione di beni personali, ma anche di gesti offensivi nei confronti del Corano. Stati Uniti: in Colorado, ucciso il direttore delle prigioni dello Stato Tm News, 20 marzo 2013 Il direttore esecutivo delle carceri del Colorado è stato trovato morto nella sua abitazione a pochi chilometri da Colorado Springs, a sud di Denver. Tom Clements, ai vertici del dipartimento di Correzione dello Stato dal 1979 e direttore delle prigioni dal 2011, sarebbe stato ucciso ieri sera da un colpo di arma da fuoco. Tuttavia, spiega Cnn, le autorità stanno ancora lavorando per chiarire le dinamiche e identificare l’assassino. Secondo le prime indiscrezioni, Clements sarebbe stato ammazzato sulla soglia di casa, mentre apriva la porta. Sposato, padre di due figlie, l’uomo aveva 58 anni ed era a capo di 20 penitenziari e un carcere minorile dello Stato. Iran: capodanno persiano; rilasciati detenuti politici, ma è solo una licenza di pochi giorni Aki, 20 marzo 2013 In occasione del Capodanno persiano, le autorità iraniane hanno concesso la libertà a un gruppo di detenuti politici, ma il provvedimento ha validità solo per pochi giorni. Come riferisce a Radio Zamaneh, la nota avvocatessa Nasrin Sotudeh, l’attivista Emad Bahavar, il segretario dell’Associazione Islamica Studentesca Mehdi Khodai, la giornalista Mahsa Amrabadi e il religioso riformista hojjatoleslam Ahmadreza Ahmadpour sono tra i prigionieri che hanno ottenuto il permesso dell’autorità giudiziaria di festeggiare il capodanno in famiglia. Al momento non si conosce la durata della licenza, che potrebbe coincidere con i 13 giorni di festività durante i quali le scuole e le università restano chiuse. Bahavar, membro del partito d’opposizione ‘Nehzat-e Azadì (Il Movimento per la Libertà) islamico-progressista, è stato arrestato nel 2010 e condannato a 10 anni di reclusione per “aver agito contro la sicurezza nazionale e aver offeso le alte cariche dello Stato”. Ha già scontato tre anni consecutivi di reclusione nella prigione di Evin a Teheran. L’avvocatessa Sotudeh, molto attiva nel campo dei diritti umani, è stata arrestata nell’estate del 2010 e condannata a sei anni di reclusione per “aver attentato alla sicurezza nazionale, facendo propaganda contro la Repubblica Islamica e per aver collaborato con gli oppositori al governo iraniano”. L’avvocatessa non potrà esercitare la sua professione per 20 anni. Khodai è stato arrestato nel 2009 e condannato a sette anni di carcere per “aver attentato alla sicurezza nazionale, organizzando manifestazioni antigovernative”. Amrabadi, giornalista riformista, è stata condannata a cinque anni di reclusione perché riconosciuta colpevole di “aver attentato alla sicurezza nazionale e di aver fatto propaganda contro la Repubblica Islamica, sostenendo con i suoi articoli le ideologie deviate di Mir Hossein Mousavi e Mehdi Karroubi”, due leader riformisti. Secondo le organizzazioni per i diritti umani sono diverse decine gli iraniani che si trovano in carcere per reati politici o di opinione.