Giustizia: Barani e Gozi, “traghettatori” per calendarizzazione proposte radicali riforma Ansa, 15 maggio 2013 Due “traghettatori”, uno al Senato ed uno alla Camera, per calendarizzare in questa legislatura il “corpus” di proposte di legge in tema di giustizia, depositate dai radicali che non siedono più in Parlamento. Il primo ad “offrirsi” è Lucio Barani, prima Pdl e ora Gal, che da “socialista radicale e tesserato”, ha promesso di calendarizzare queste 24 proposte di legge che, spiega Rita Bernardini “messe tutte insieme sono la risposta a quella necessaria riforma della Giustizia che il Paese chiede da 30 anni. Rimango comunque convinta che l’unica riforma seria sia la legge di Amnistia”. Alla Camera si è invece proposto di riprendere queste iniziative legislative il deputato del Pd, Sandro Gozi. “Abbiamo letto con preoccupazione che questo governo non considera all’ordine del giorno la questione della giustizia: questo è un grave errore perché si tratta della più urgente questione sociale, economica e civile da risolvere”, protesta Rita Bernardini ricordando che le proposte dei radicali vanno dall’abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale, alla responsabilità civile dei magistrati, passando per disposizioni che “possono sembrare meno importanti ma che sono fondamentali per non sconvolgere, come ora, lo stato di diritto” come l’istituzione dell’anagrafe pubblica delle carceri e del garante nazionale dei detenuti. “Una riforma è improcrastinabile, stiamo ancora con leggi degli anni 40 che servono solo a mantenere in vita la lobby dei magistrati”, afferma Barani che annuncia: “chiederò a Berlusconi di dire basta con i proclami e di passare ai fatti facendo una riforma. È ora di dire basta con la giustizia spettacolo”. Giustizia: Bonino (ministro degli Esteri); dopo condanne Corte Strasburgo voltare pagina Adnkronos, 15 maggio 2013 Dopo essere stati “i primi ad essere condannati dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo per lunghezza dei processi, violazione dei diritti della difesa e situazione carceraria”, l’Italia deve voltare pagina. A dichiararlo è stato il ministro degli Esteri Emma Bonino nel corso dell’audizione davanti alle commissioni Esteri di Camera e Senato. “Vi assicuro che non solo dal punto di vista umano è intollerabile - ha aggiunto il ministro, sottolineando che se parlasse da radicale direbbe “di tutto e di più” - ma noi siamo firmatari delle convenzioni, le abbiamo anche negoziate, poi le abbiamo volute, poi le abbiamo anche firmate”. Il ministro ha poi ricordato che domani sarà a Strasburgo al Consiglio d’Europa: “non sarà proprio una visita semplicissima, ma spero di potermi impegnare anche con il vostro aiuto ad una pagina diversa della nostra civiltà giuridica di cui andiamo fieri. Spero sia davvero un nuovo inizio. Per essere un Paese credibile dobbiamo adeguare le richieste esterne con le pratiche interne. Se vi parlassi da radicale vi direi di tutto di più, ma sono qui da ministro. Nonostante questo, essere stati condannati più volte dalla Corte europea dei diritti dell’uomo sulla giustizia, sulla lentezza dei processi e sulla situazione delle carceri è una cosa intollerabile”. Giustizia: Sabelli (Anm); la “pacificazione” è affermare stato diritto e rispetto delle regole Ansa, 15 maggio 2013 Parlare di pacificazione tra politici e magistrati “è un’offesa perché sembra ci sia una guerra tra due contendenti. Si tratta invece di affermare lo Stato di diritto e il rispetto delle regole”. Lo ha affermato a Sky Tg 24 il presidente dell’Anm, Rodolfo Sabelli. “Se per pacificazione - ha aggiunto riferendosi alle vicende giudiziarie di Berlusconi - si parla di avere riguardo per qualcuno allora leviamo dalle aule la scritta la legge è uguale per tutti”. In Italia, ha detto ancora “il processo è già di per sé una garanzia con i tre gradi di giudizio”. “L’anomalia nel Paese - ha aggiunto - è il non rispetto della giurisdizione, il non voler accettare l’indipendenza e l’autonomia della magistratura”. “Troppo spesso si parla di riforma della Giustizia - ha affermato Sabelli - ma la riforma che serve non è quella che abbiamo ascoltato da Berlusconi alla manifestazione di Brescia. In Italia c’è una criminalità dilagante che si insinua nella pubblica amministrazione. C’è l’emergenza carceri per cui l’Europa ci ha messo in mora. Queste sono le riforme da fare”. Giustizia: l’Ucpi su detenzione e diritti umani… 41-bis, reato di tortura, ergastolo ostativo Adnkronos, 15 maggio 2013 Detenzione e diritti umani: dal regime del 41 bis al reato di tortura, fino all’ergastolo ostativo. Tutti temi che saranno al centro del Convegno dell’Unione Camere Penali, organizzato a Milano dall’Osservatorio carcere Ucpi, venerdì e sabato, presso la Sala Alessi di Palazzo Marino. Venerdì interverranno tra gli altri, il direttore scientifico dell’Istituto Europeo di Oncologia Umberto Veronesi che nei mesi scorsi ha lanciato il Manifesto contro l’ergastolo e che introdurrà i lavori, il capo del Dap Giovanni Tamburino, la togata del Csm Giovanna Di Rosa, Vladimiro Zagrebelsky, in qualità di direttore del laboratorio dei diritti fondamentali, che parleranno di 41 bis. Interverrà anche l’avvocato Roberto Bruni, responsabile del centro Marongiu, che illustrerà alcune proposte in tema di custodia cautelare e carcere. Nel pomeriggio, nella sessione dedicata al reato di tortura, tra gli altri, il presidente dell’Ucpi Valerio Spigarelli, il vice presidente dell’Anm Anna Canepa e il presidente di Antigone Patrizio Gonnella. Sabato mattina, nella sessione di chiusura dedicata all’ergastolo ostativo, oltre agli interventi del sindaco di Milano Giuliano Pisapia, del consigliere del Csm Vittorio Borraccetti e del presidente della Camera Penale milanese Salvatore Scuto, è previsto un contributo di Carmelo Musumeci, ergastolano protagonista della campagna per l’abolizione dell’ergastolo che ha riportato questo delicato tema al centro del dibattito. Giustizia: Sappe; richiesta di risarcimento danni per i lavoratori penitenziari aggrediti Adnkronos, 15 maggio 2013 “Il Sappe contro l’inefficienza dell’Amministrazione ha contattato il suo ufficio legale e sta preparando una richiesta di risarcimento danni per tutti i lavoratori aggrediti, poiché ciò è stato dovuto all’inerzia della stessa”. Lo riferisce una nota di Federico Pilagatti, segretario nazionale Sappe che pone l’attenzione su “quanto sta avvenendo nel carcere di Bari, dove ieri sera un altro agente è stato preso a pugni e mandato in ospedale dallo stesso detenuto che negli ultimi tempi ne ha aggredita al 4 procurando agli stessi fratture e contusioni varie”. “È incredibile l’inerzia dell’amministrazione penitenziaria che nonostante abbia tutte le opzioni per risolvere la questione a tutt’oggi ha lasciato libero il detenuto di fare quello che vuole e mettere tutto il carcere in subbuglio”, prosegue il sindacalista. “Bastava applicare gli articoli dell’ordinamento penitenziario per riportare tutto sotto controllo - continua la nota - mentre così facendo si sta decimando il personale che a questo punto ha paura poiché non viene né tutelato né posto in condizione di controbattere. Il Sappe, sindacato autonomo polizia penitenziaria considerato l’inefficienza dell’amministrazione penitenziaria chiede l’intervento del prefetto poiché la situazione se non sanata potrebbe creare non pochi problemi di ordine e sicurezza pubblica”, conclude Pilagatti. Giustizia: “si curi in carcere”, respinta la richiesta di Provenzano di sospendere la pena Ansa, 15 maggio 2013 “Visite anche specialistiche e ricoveri in centri qualificati” per l’ergastolano di mafia: per i magistrati di sorveglianza non c’è alcuno spazio giuridico per provvedimenti di maggior tutela Il tribunale di sorveglianza di Bologna ha respinto l’istanza di sospensione dell’esecuzione della pena, per motivi di salute, per il capomafia Bernardo Provenzano. “La situazione sanitaria e clinica del detenuto - scrivono i giudici ai legali del boss - non integra i presupposti di legge né per il differimento di pena obbligatorio, né di quello facoltativo”: per il collegio la sospensione della pena é ipotizzabile quando le condizioni di salute del detenuto sono tali da richiedere cure e trattamenti indispensabili non praticabili né in carcere né in ospedali civili o altri luoghi di cura. “Provenzano - si legge nel provvedimento - è stato ed è tuttora sottoposto a visite, accertamenti clinici e interventi chirurgici in ambiente carcerario e, se del caso, anche in luogo esterno di cura presso il locale ospedale e, quindi, in una struttura sanitaria altamente specializzata e, quando si è reso necessario anche per un tempo prolungato. Nel momento in cui le esigenze di ricovero sono venute meni, è stato dimesso”. La vicinanza con l’ospedale di Parma, poi, secondo i giudici consente ricoveri anche d’urgenza. “Quindi - è la conclusione dei magistrati - non si comprende di quali cure” potrebbe “beneficiare all’esterno” Provenzano, che già non gli “vengano assicurate in ambiente carcerario”. Toscana: il Consiglio regionale si occupa di carceri; criticità per la sanità e il reinserimento www.nove.firenze.it, 15 maggio 2013 L’Italia è il primo paese in Europa per numero di detenuti in attesa di giudizio. Diversi i nodi da sciogliere per quanto riguarda il sovraffollamento degli istituti penitenziari. Anche la Toscana sta vivendo una vera e propria emergenza sul fronte carcerario: basti dire che nei 18 penitenziari della nostra regione, a fronte di una capienza di 3.261 detenuti, si registra un sovraffollamento del 127,2 per cento. Le situazioni peggiori sono quelle di Sollicciano (956 carcerati contro una capienza di 520 posti), il Ranza di San Gimignano (404 detenuti per 235 posti) e Pistoia (140 per 74 posti). La questione delle carceri toscane è stata ampiamente dibattuta oggi in sede di consiglio regionale. Un progetto specifico sulla sanità carceraria, una sezione di custodia attenuata per donne con bambini fino a tre anni, e una piena attuazione del piano straordinario di edilizia penitenziaria sono i provvedimenti approvati a maggioranza. L’aula ha invece respinto la proposta di risoluzione, in parte collegata a quella della maggioranza, presentata dai consiglieri del Pdl Alberto Magnolfi (capogruppo), Paolo Enrico Ammirati, Roberto Benedetti e Stefania Fuscagni, e da Giovanni Donzelli (FdI), Marina Staccioli (Misto) e Giuseppe Del Carlo (Udc): giudicando che gli “obiettivi enunciati dal Consiglio” non possono “prescindere da una organica riforma del sistema giudiziario”, la risoluzione impegnava la Giunta a sostenere, presso il Governo e il Parlamento, “il processo riformatore, come condizione imprescindibile per superare l’odierna inaccettabile vergognosa situazione carceraria anche in Toscana”. Respinta, infine, anche la proposta di risoluzione, con primo firmatario Giovanni Donzelli (FdI), che impegnava la Giunta ad attivarsi presso Parlamento e Governo per attuare il Piano straordinario di edilizia penitenziaria, “colmare le carenze di organico” del personale penitenziario, “realizzare accordi internazionali per far scontare sempre più la pena nei paesi di origine” dei condannati stranieri “che hanno commesso reati in Italia”, “snellire i processi” per ridurre “il ricorso alla carcerazione preventiva” e “assicurare e incrementare la possibilità, prevista dalla legge Fini-Giovanardi, di far scontare in comunità di recupero le pene relative a reati connessi alla droga”. “Occorre urgentemente affrontare la questione ragionando su una valida riforma della giustizia e della carcerazione preventiva”, ha affermato il capogruppo Udc in Consiglio regionale, Giuseppe Del Carlo. “Senza dimenticare - continua l’esponente centrista - le forze dell’ordine, che quotidianamente svolgono un lavoro difficile e pericoloso senza i dovuti mezzi; l’eliminazione dei conflitti sociali, che spesso sfociano in aggressioni e proteste; un sistema giudiziario che dovrebbe essere più snello e meno farraginoso; e il diritto sacrosanto alla salute per i detenuti”. Secondo Giuseppe Del Carlo, “c’è bisogno di un forte impegno della Regione per migliorare le condizioni di vita all’interno degli istituti carcerari. Ma l’Amministrazione penitenziaria deve, in modo tassativo, provvedere a quel gap organizzativo a causa del quale oggi siamo nella black list dell’Europa che ha concesso un anno all’Italia per risolvere queste problematiche”. Ricordando che l’Italia, ormai da molti anni, “è sempre sotto sentenza del tribunale europeo per quel che riguarda la condizione carceraria”, Rosanna Pugnalini (Pd) ha affermato che “è necessario dare risposte ad alcune priorità”. E a questo proposito ha ricordato l’esigenza di dare attuazione “ad un programma di edilizia carceraria fattibile”, di garantire “gli interventi di sanità carceraria”, di lavorare “per ampliare il ricorso alle misure di detenzione alternative” e fare “un minor ricorso all’uso della custodia cautelare in carcere” attraverso “lo snellimento dei processi”. Le pene, ha ricordato Pugnalini, “devono essere severe e certe per tutti” ma devono essere scontate “garantendo il rispetto della dignità delle persone e il recupero e reinserimento dei detenuti nella società”. Daniela Lastri (Pd) si è soffermata, in particolare, sulla situazione del carcere fiorentino di Sollicciano, “che accoglie un numero di carcerati ben oltre il limite di capienza” e dove i tagli finanziari hanno prodotto “problemi per l’acquisto dei prodotti per le pulizie, e la riduzione delle attività delle cucine e delle lavanderie”. Inoltre, “servirebbe una manutenzione della strutture, dove ci sono infiltrazioni d’acqua e condizioni di invivibilità”. Due le questioni su cui puntare: garantire attività capaci di dare senso e dignità ai carcerati e attuare il protocollo d’intesa tra Regione e amministrazione penitenziaria per realizzare, nell’immobile della Madonnina del Grappa di Firenze, la sezione a custodia attenuata per donne con bambini fino a tre anni. “L’elemento assente dal dibattito, e invece centrale visto le condanne europee, è lo stato di salute del nostro sistema giudiziario”. Lo ha affermato Pieraldo Ciucchi (Misto), secondo cui “è necessario riformare la giustizia se vogliamo dare risposte all’emergenza carceri e restituire dignità alle persone”. Ciucchi, valutando positivamente gli indirizzi indicati “da colleghi del centrodestra”, ha ricordato che proprio il centrodestra, con alcune leggi, ha contribuito a peggiorare la situazione delle carceri. Storicamente, ha aggiunto, si è risolto il problema con le amnistie e gli indulti, ma sono soluzioni che “funzionano solo se prima riformiamo la giustizia in senso europeo”. Di “dati preoccupanti” ha parlato Marco Remaschi (Pd), che si è soffermato soprattutto sull’Ospedale psichiatrico giudiziario (Opg) di Montelupo. Remaschi ha ricordato, inoltre, che per la sanità carceraria sono “necessari interventi importanti e quelli previsti forse non sono sufficienti”. Giuseppe Del Carlo (Udc) ha ricordato che il problema “è drammatico ed è giusto richiamare con forza un ruolo attivo del Parlamento e del Governo”. Del Carlo si è detto d’accordo “anche sulla necessità di andare ad una riforma del sistema giudiziario”. Per quanto riguarda le competenze della Regione, Del Carlo ha chiesto un’assistenza sanitaria e psicologica più forte, “perché i tanti suicidi ci dicono che c’è bisogno di questo”, e ha sollecitato l’attuazione dell’accordo per la struttura a custodia attenuata per le madri con bambini fino a tre anni. Per Giovanni Donzelli (Fdi) “sull’analisi del problema siamo tutti d’accordo” ma poi ci sono “aspetti di interpretazione e soluzioni che ci dividono”. Donzelli ha ricordato che il problema delle carceri è sì il sovraffollamento “ma anche il fatto che gli organici degli operatori carcerari sono sottodimensionati rispetto ai livelli minimi previsti”. Donzelli ha sottolineato la necessità di accordi per “far scontare la pena agli stranieri nel loro paese d’origine, visto che in Toscana quasi il 54% dei detenuti è straniero” e per i reati di droga ha sollecitato “che si ricorra alle misure alternative nelle comunità di recupero”. Infine, ha respinto l’idea di amnistia o indulto. Marco Ruggeri (Pd) ha sottolineato che “quando si entra in carcere ci si rende conto che il sistema della giustizia dimostra il suo fallimento, perché non recuperiamo nessun detenuto per il reinserimento nella società. Chi esce dal carcere, addirittura, torna a commettere lo stesso reato”. Ruggeri ha dichiarato che “il sovraffollamento e l’ozio totale, certamente, non aiutano al recupero e al reinserimento” e ha definito “un abuso” il ricorso alla carcerazione preventiva. Rispetto all’amnistia ha detto “che si può affrontare la questione solo se muta il sistema giudiziario”. Infine, sul capitolo della sanità carceraria, ha detto che per evitare tagli ingiustificati “sarebbe utile togliere ai direttori generali delle Asl le competenze sulle carceri per affidarle a una struttura autonoma”. Marina Staccioli (Misto), ricordando lo stato di fatiscenza di molte strutture, ha sottolineato che “in carcere sono in aumento problemi di ordine sanitario” e ha criticato “il taglio delle ore delle attività lavorative e di studio” e degli organici del personale dell’amministrazione penitenziaria. Secondo l’assessore alla Sanità Luigi Marroni, “la Regione e le Asl sopperiscono, con risorse proprie, ai tagli statali” e ha ricordato che il personale sanitario, così come le ore di lavoro di esso, sono aumentati del 28%. Marroni ha ricordato anche che “si sta attuando il percorso di attuazione di misure alternative per alcune tipologie di detenuti, come ad esempio i tossicodipendenti”. Rispetto all’Opg di Montelupo, l’assessore ha detto che la Regione ha presentato il progetto per il suo superamento. Il Pd in Regione chiede provvedimenti urgenti Istituire un progetto specifico sulla sanità carceraria in vista dell’approvazione del Piano sanitario e sociale integrato regionale 2012-2015, realizzare una struttura a custodia attenuata per donne con bambini fino a tre anni presso l’immobile della Madonnina del Grappa di Firenze, attivarsi presso il Parlamento e il Governo per dare concreta attuazione al “Piano straordinario di edilizia penitenziaria” , per rivedere la normativa nazionale relativa alla detenzione in strutture alternative al carcere e favorire concretamente il reinserimento nella società dei detenuti, fornendogli anche più possibilità di lavoro. Sono i provvedimenti urgenti richiesti alla Giunta regionale da una proposta di risoluzione promossa dai consiglieri Pd Marco Ruggeri e Enzo Brogi, condivisa dall’intera maggioranza e approvata nella seduta odierna del Consiglio regionale, riunitosi in seduta straordinaria proprio su richiesta del gruppo Pd per discutere dell’emergenza carceraria in Toscana. Anche oggi il garante Margara ci ha presentato in maniera esauriente dati drammatici: i detenuti stanno in strutture al limite della vivibilità, la riduzione degli organici comporta sempre meno operatori, costretti a lavorare con sempre maggiori difficoltà. - fa presente Ruggeri - Inoltre le condizioni sanitarie destano preoccupazione: si nota che anche alcune patologie, scomparse, stanno emergendo in modo pericoloso. Per non sottovalutare questo problema, sulla questione sanitaria è opportuno creare un dipartimento apposito che si occupi delle carceri. Vorrei sottolineare inoltre la questione della reiterazione dei reati, chi esce dal carcere spesso è fuori dalla società e quindi è portato a delinquere nuovamente: qui sta il fallimento del sistema carcerario che così com’è non è rieducativo. Creare le condizioni per cui chi ha commesso reati non li ripeta, grazie ad appositi percorsi di reinserimento lavorativo, permette di rendere più sicuro il paese”. “Celerità e certezza della pena devono essere accompagnate da un trattamento adeguato, che consenta anche un percorso di rieducazione per i detenuti, in strutture vivibili non certo come quelle attuali in cui in pochi metri convivono troppe persone che spesso neppure parlano la stessa lingua - spiega Brogi - La Toscana nel solco della sua tradizione di civiltà e le istituzioni tutte devono continuare a porre il tema del sovraffollamento degli istituti penitenziari tra le sue priorità e individuare soluzioni per far fronte a quest’emergenza, sollecitando l’utilizzo di misure alternative al carcere quando necessario”. Donzelli: far scontare agli stranieri la pena nel paese di origine “La Toscana è l’unica regione d’Italia in cui oltre la metà della popolazione carceraria è straniera. 2.246 detenuti su 4.163 non sono cittadini italiani. Per risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri potrebbe essere sufficiente far scontare a questi le pene nei paesi di origine.” Ha dichiarato ieri Giovanni Donzelli, Presidente del gruppo Fratelli d’Italia in Toscana durante il dibattito in aula sull’emergenza carceraria “La nostra solidarietà -aggiunge Donzelli- prima di andare ai detenuti va agli agenti di custodia, fortemente sotto dimensionati rispetto alle stesse previsioni del Ministero. Solo a Sollicciano la presenza reale di organico è inferiore del 40% rispetto alle piante governative”. Giovanni Donzelli ha presentato in Aula una risoluzione firmata anche da Marina Staccioli, la portavoce dell’opposizione Stefania Fuscagni e ad altri consiglieri di centrodestra in cui si ribadisce la “contrarietà a qualsiasi amnistia e/o indulto come strumento di alleggerimento della popolazione carceraria”, “La centralità del principio di certezza della pena al pari del principio dello scopo riabilitativo della pena da scontare”. Nella risoluzione presentata dal capogruppo di Fratelli d’Italia si impegna anche la Giunta ad attivarsi presso il Parlamento ed il Governo per “colmare le carenze di organico, realizzare accordi internazionali al fine di far scontare la pena nei paesi di origine per i condannati stranieri” e in ultimo di verificare la quantità e la qualità di lavoro di giudici e magistrati al fine di velocizzare i processi e diminuire così la quantità di detenuti in attesa di giudizio. Lazio: Fp-Cgil; oltre 7mila detenuti e un’emergenza sanitaria, sospendere i nuovi ingressi Adnkronos, 15 maggio 2013 Nelle carceri del Lazio “è emergenza sociale, strutturale, sanitaria. Si sospendano i nuovi ingressi”. Lo chiede in una nota la Fp Cgil Polizia penitenziaria Lazio, che cita numeri allarmanti: “Il dato della popolazione carceraria presente nelle carceri laziali a ieri sera è di 7.171 unità a fronte di una capienza di 4.834. La situazione è drammatica: letti a castello ovunque, nelle celle, negli spazi socialità, nelle palestre definiscono una condizione che dire emergenziale è poco. Non solo, sono ormai stati cancellati i più elementari principi a fondamento di uno stato di diritto, ma siamo di fronte al rischio di una vera e propria esplosione del sistema carcerario laziale”. Una “situazione di emergenza umanitaria, giudiziaria, sociale e, anche sanitaria di fronte alla quale, è ormai acclarato, l’amministrazione penitenziaria, centrale e regionale non è in grado di far fronte e che si sta scaricando totalmente sul personale di Polizia penitenziaria e sugli operatori tutti - accusa il sindacato - l’unica soluzione di risposta a questa emergenza è sospendere immediatamente gli ingressi in tutte le carceri laziali fino a che vi siano apprezzabili effetti di decongestione, di ritorno alla normalità. Dobbiamo prendere atto, con senso di responsabilità, che le nostre carceri regionali non possono ricevere ancora arrestati e catturati, e che la soluzione immediata, al di là delle tante promesse non mantenute dai recenti ministri e dall’attuale Capo del Dap, sono le liste di attesa: si individui un numero massimo di detenuti, ai quali possono essere garantite concretamente condizioni di vita detentiva dignitose, e su quel numero si costruisca un sistema di ingressi a ‘pareggiò”. “Chi si oppone a questa soluzione di civiltà, oltre che di ritorno alla legalità, si assume la responsabilità di sostenere che le carceri laziali possono continuare a vivere in queste condizioni, oltre che, ovviamente, la responsabilità di tutto ciò che può ancora succedere nei 14 penitenziari laziali”, conclude la nota. Piemonte: Laus (Pd); Regione non trova 30mila € per Garante detenuti? facciamo colletta! Ristretti Orizzonti, 15 maggio 2013 È la provocatoria proposta di Laus (Pd) di fronte alle “speciose” ragioni dell’opposizione del Pdl alla nomina della figura dell’ombudsman regionale per i diritti dei detenuti. “La situazione del sistema penitenziale in Piemonte è allarmante”. Una colletta per far fronte alle spese di funzionamento del “Garante dei detenuti”. È la provocatoria proposta fatta ieri in Consiglio regionale da Mauro Laus (Pd) in risposta alle ragioni addotte dal capogruppo del Pdl Luca Pedrale per la sua abolizione. “Chiedo un mese di tempo affinché i consiglieri che come me credono nell’utilità del garante possano mobilitarsi e cercare nuove fonti di finanziamento - ha spiegato l’esponente democratico. A conti fatti, si tratta di 30mila euro l’anno che fatico a considerare un reale risparmio di fronte alle gravi inefficienze tollerate nella gestione di altri e ben più onerosi settori”. Per Laus, insomma, le ragioni di “risparmio” sarebbero solo strumentali: “Giocare un’ultima carta a favore di questa figura istituzionale è doveroso - chiosa Laus - come riconoscimento del principio in base al quale la tutela e il rispetto della dignità umana sono sempre sovrane anche laddove siano applicate misure restrittive della libertà. I problemi che oggi affliggono le nostre carceri sono molteplici e per molti aspetti drammatici: pensiamo alla notizia di queste ore, giunta dal congresso nazionale Icar, secondo cui due detenuti su tre in Italia sarebbero affetti da epatite o Hiv e un terzo non ne sarebbe a conoscenza. Il monitoraggio sulle condizioni di vita e di salute della popolazione carceraria deve diventare un indicatore di civiltà per il nostro Paese e la nostra regione, quindi alla maggioranza chiedo un atto di responsabilità e una dimostrazione concreta che dietro la proposta di abolizione del garante non si nascondono veti su possibili candidati o assurde resistenze ideologiche”. Posizione ribadita anche dal capogruppo Pd Aldo Reschigna: “Noi siamo perché il garante dei detenuti resti e venga finalmente nominato, in modo che possa svolgere le sue funzioni, evidentemente utili in una situazione di grande difficoltà per il nostro sistema carcerario, con un sovraffollamento che solo in Piemonte è del 50% rispetto ai posti previsti nelle carceri. Si vogliono risparmiare 26 mila euro all’anno, una inezia rispetto al ruolo importante che il garante potrebbe svolgere, se solo finisse l’ostruzionismo del centrodestra e si arrivasse alla sua nomina”. Gorizia: Pipi (Radicali); il Garante dei detenuti? venga scelto dalla comunità penitenziaria Ristretti Orizzonti, 15 maggio 2013 L’elezione del garante provinciale dei detenuti può essere un’occasione per creare democrazia partecipata e per rendere i primi “beneficiari” di questa figura, ovvero tutta la comunità penitenziaria, i veri protagonisti della scelta. Quale sia la logica di procedere con votazione segreta dei soli consiglieri è difficile da comprendere. Va evitato a detta di Pipi (Radicali) che anche questa carica possa essere, magari involontariamente, oggetto di mediocri logiche di potere mentre è fondamentale promuovere dibattito e conoscenza su temi come giustizia, sicurezza e diritti. Questo incarico va riempito di significato, va privilegiato il portato culturale e cosa c’è di più importante che rendere la comunità penitenziaria con i suoi detenuti, agenti, personale e associazioni i protagonisti dei propri diritti? Sono convinto che Don Alberto e Andrea Bellavite dovrebbero fare “campagna elettorale” per questo incarico entrando fisicamente in questi luoghi, che ben conoscono, per coinvolgere attivamente tutta la comunità penitenziaria nella scelta. “Facciamoli esprimere, facciamo decidere ai protagonisti del mondo carcerario” insiste Pipi. “Se uno dei due, Don Alberto o Bellavite, deve essere il garante dei detenuti saranno ben loro a decidere da chi farsi garantire”. La Provincia può promuovere il dibattito ed il confronto tra i due candidati nel Cie e nella casa circondariale. Entrare in questi luoghi e coinvolgere le persone che li vivono, operano e lavorano è già di per se un risultato positivo. Confinare il voto segreto nell’aula del Consiglio Provinciale sarebbe un errore politico e per questo, come Radicali, abbiamo promosso un confronto-dibattito tra i due candidati, che ringraziamo per aver accettato, venerdì prossimo dalle 17 alle 19 presso il bar alle Ali. Genova: le detenute straniere senza un tetto scontano la pena alternativa in una onlus di Erica Manna La Repubblica, 15 maggio 2013 La Veneranda Compagnia di misericordia ospita immigrate che ottengono la parziale libertà ma non hanno un domicilio. La libertà, a volte, è tutta dentro un mazzo di chiavi. “Quando consegniamo quelle dell’appartamento, per qualcuno è uno shock. Perché in carcere è tutto cadenzato. Qui, invece, ci si riabitua alla quotidianità, a organizzarsi la giornata”. Blassy e Irene le chiamano casa, le stanze all’ultimo piano di via San Donato 6, una grande cucina e un terrazzino pieno di sole, proprio sotto al campanile. “Lo sarà, per alcuni mesi - spiega Titti Figari, vicegovernatore della Veneranda Compagnia di Misericordia - questa è una Casa famiglia femminile, per detenute in misura alternativa. Che possono scontare la pena restante a domicilio, appunto”. Solo che loro, due ragazze nigeriane di 29 e 34 anni, un domicilio non ce l’hanno. Come i tanti detenuti stranieri che passano di qui, “quasi sempre hanno alle spalle reati di spaccio, spesso sono senza permesso di soggiorno”, racconta Paolo Pittaluga, un volontario. Così, la Veneranda Compagnia di Misericordia, onlus nata nel 1400 per aiutare i condannati e le loro famiglie, consegna loro le chiavi di questo appartamento. Dove possono restare fino alla fine della pena, e nel frattempo imparare un lavoro. Provare a rattoppare lenzuola e tutto quello che, nella loro vita, si è strappato. “È una specie di educazione alla libertà - fa strada Paolo Pittaluga, mostrando la sala dove le ragazze si esercitano a cucire, e poi la stanza da letto con i collage alle pareti - al piano di sotto c’è il laboratorio: quindici allieve all’anno imparano a ricamare. Il 5 giugno faremo una mostra di biancheria per la casa”. In vico Biscotti, dietro l’angolo, c’è la lavanderia industriale, aperta da lunedì a venerdì: i clienti sono enti pubblici, ma anche ristoranti e case di riposo. Blassy lavora qui, dentro si sente odore di pulito e di vapore. Con lei c’è Milù, una ragazza ucraina che ha ricevuto le chiavi della Casa famiglia prima di lei. Per un anno e mezzo. “Ora lavoro in lavanderia al mattino - spiega, lisciandosi la divisa bianca - e al pomeriggio frequento la scuola per diventare parrucchiera. Tra qualche mese mi diplomo”. Milù adesso vive da sola in un piccolo appartamento in centro. “Qui non ho famiglia - racconta - non ho nessuno. Sono loro, la mia famiglia”. Sono tante, le storie che passano da questa casa nei vicoli. “Sotto l’appartamento abbiamo una struttura dove si svolgono i colloqui - mostra Titti Figari - qui si incontrano i familiari con gli ex detenuti. Una delle nostre attività consiste nelle visite in carcere: ne facciamo circa quattromila all’anno, su richiesta. E poi, accogliamo i detenuti in permesso premio. Molti lo richiedono anche solo per andare a rinnovare il permesso di soggiorno, altri si precipitano subito in un Internet Point per parlare via Skype con la famiglia in Africa. In ogni caso, è molto importante far sentire loro il calore. Farli sentire a casa”. Sul vetro della sala colloqui hanno appeso un foglio giallo. È un verso di Alda Merini: “Se diventi farfalla, nessuno pensa più a ciò che sei stato quando strisciavi per terra e non volevi le ali”. “Casa Mandela”… dopo il soggiorno una relazione Si chiama Casa Mandela, e ospita i detenuti in permesso premio con i loro familiari, l’appartamento su due piani gestito dalla “Veneranda Compagnia di Misericordia”. L’ingresso è in via Mezzagalera, “senza ironie”, sorridono i volontari facendo strada, attraverso i Giardini Luzzati sopra piazza delle Erbe. “Questa struttura ha aperto nel 2010 ed è l’unica a Genova - spiega Titti Figari, vice governatrice della Veneranda Compagnia di Misericordia - la gestiamo noi con il supporto della rete Conferenza regionale volontariato Giustizia Liguria, il Comune ha concesso gli spazi in affitto agevolato”. Qui, per un massimo di cinque giorni, possono fermarsi i detenuti (uomini) che hanno qualche giorno di permesso premio. “I loro familiari non saprebbero dove andare, sono quasi tutti stranieri - spiega Paolo Pittaluga, che qui lavora come volontario - dunque dormono qui e per qualche giorno riescono a ricreare una vita normale”. Cucina, salotto con divanetto rosso, due bagni e una scala stretta che porta di sopra, alle stanze da letto: “Ogni detenuto, quando arriva qui, ha una prescrizione. Noi ci atteniamo all’orario di rientro, diamo dei buoni pasto, una mappa della città, e alla fine stiliamo una relazione - continua Pittaluga - qualcuno arriva qui dopo dieci anni di carcere, non si ritrova più”. Teramo: Radicali; lettera dalle detenute di Castrogno “qui è l’inferno, non ci sono cure” Il Centro, 15 maggio 2013 La denuncia delle condizioni del carcere di Castrogno accomuna detenuti e agenti di custodia. Le detenute della sezione femminile affidano a una lettera, firmata sebbene chiedano di non rivelare i loro nomi per il timore di ripercussioni, il loro grido di dolore e di rabbia su disservizi e carenze della struttura. Gli stessi problemi sono posti in risalto dal Sinappe, sindacato autonomo di polizia penitenziaria, con il segretario regionale Giampiero Cordone. A raccogliere entrambi i testi sono i Radicali. “Castrogno ha superato anche Rebibbia per numero di morti in cella”, sottolinea Vincenzo Di Nanna, rappresentante del partito, “14 dal 2008: siamo davanti a una strage”. Il dramma è descritto dalle parole delle detenute. “Se non riuscite a immaginare l’inferno, veniteci a trovare”, affermano, “questo è il girone dei senza speranza”. Le recluse evidenziano condizioni di vivibilità “davvero vergognose e lesive di ogni tipo di dignità”. Tra le carenze principali c’è “l’inconsistenza del supporto sanitario”, causa di “morti sospette” su cui indaga la magistratura. “Compagne affette da gravi patologie cardiovascolari, tumorali o schizofreniche aspettano visite specialistiche da mesi”, scrivono le detenute, “in mancanza di visite mediche c’imbottiscono di ogni tipo di farmaco anche non necessario e dannoso”. Il vitto è definito scarso e qualitativamente pessimo. Il personale sarebbe così ridotto all’osso che “spesso siamo costrette anche a rinunciare alle poche ore all’aria aperta”. Solo poche detenute vengono impegnate in attività lavorative e comunque sono “sottopagate e sfruttate”. Mancano supporto psicologico e forme di svago, per cui proliferano “risse ed episodi di autolesionismo”. I fattori devastanti per Castrogno, secondo Cordone, sono unici in Abruzzo. “1.420 ristretti, con capienza tollerabile di 1.270”, afferma, “comportano drammaticità accresciute da patologie di difficile gestione”. Problemi psichiatrici, cardiologici, di deambulazione e diabetici in costante aumento, secondo il segretario del Sinappe hanno trasformato il carcere in “un lazzaretto”. “Il personale sanitario è sottostimato e conta solo sull’abnegazione di infermieri e medici di guardia”, spiega, “con un servizio di psichiatria di pochi giorni a settimana”. Alle carenze di organico si lega la mancanza di preparazione. “I corsi di aggiornamento”, conclude Cordone, “sono un ricordo del passato”. Sassari: Uil-Pa; entro fine giugno attivo nuovo carcere, ma manca collegamento autobus Agi, 15 maggio 2013 Entro la fine di giugno sarà attivo il nuovo carcere di Sassari. A renderlo noto è il segretario generale della Uil-Pa penitenziari, Eugenio Sarno, che questa mattina ha effettuato una visita nel vecchio carcere San Sebastiano del capoluogo turritano. “Dismettere lo storico carcere San Sebastiano di Sassari - ha detto Sarno - è una esigenza sociale, stante le insostenibili condizioni in cui versa. Condizioni che producono detenzione afflittiva ed inammissibili condizioni di lavoro”. Per quanto l’intero sistema penitenziario “sia oberato da un sovraffollamento che produce condizioni degradanti e disumane, istituti come il San Sebastiano rappresentano picchi di inciviltà inaccettabili per un Paese civile. Per questo - ha affermato il sindacalista - ho appreso con sollievo che entro la fine del prossimo giugno si darà corso all’attivazione del nuovo carcere di Bancali, con conseguente dismissione del vecchio carcere”. L’attivazione della nuova struttura prevede il trasferimento dei circa 130 detenuti (di cui 13 donne) attualmente ristretti al San Sebastiano e di tutto il personale. “Per quanto ci è dato sapere - ha aggiungo Sarno - il nuovo carcere ospiterà anche una sezione destinata a soggetti sottoposti al 41-bis. Ciò porrà, inevitabilmente, una riflessione sulle dotazioni organiche della polizia penitenziaria perché è certo che le circa 200 unità attualmente previste non saranno sufficienti a gestire la nuova struttura. Per questo chiederemo al Capo del Dap di prevedere un congruo incremento”. Non ci sarà l’autobus per il nuovo carcere di Bancali (www.sardies.org) Per il momento non ci sarà un collegamento urbano via autobus con il nuovo carcere di Bancali. O, meglio, ci potrà sì essere ma solo in sostituzione di altre linee già esistenti. Il sindaco Gianfranco Ganau e la Garante dei detenuti Cecilia Sechi prendono posizione sul pronunciamento della Regione. “Abbiamo appreso con disappunto che la Regione Sardegna ha dato parere contrario per la realizzazione ed il finanziamento di una tratta di collegamento urbano con il nuovo carcere di Bancali, chiedendo all’Azienda Trasporti Pubblici cittadina, l’attivazione a scapito di altre linee. Evidentemente - scrive Ganau - la Regione non è a conoscenza dell’inadeguatezza dei collegamenti del trasporto pubblico locale urbano, dovuti allo sviluppo della città di questi anni che penalizza soprattutto le periferie e quindi rende impensabili tagli delle tratte già esistenti”. “Spaventa - continua il primo cittadino sassarese - l’insensibilità dell’Amministrazione regionale rispetto alle problematiche di una struttura nuova e così delicata quale quella rappresentata dal nuovo carcere, dove risiederanno, opereranno e si recheranno detenuti, agenti di polizia giudiziaria, avvocati, agenti di polizia penitenziaria, dirigenti del carcere, assistenti sociali e famiglie di detenuti per un totale di migliaia di persone. L’augurio è che il buon senso possa prevalere nella programmazione delle risorse per il trasporto pubblico locale”. “Come Garante delle persone private della libertà personale del Comune di Sassari e come cittadina sarda - dice invece Cecilia Sechi -, non posso non esprimere tutta la profonda amarezza e sconcerto per la decisione della Regione sarda di non contribuire finanziariamente al collegamento della città di Sassari con il nuovo carcere di Bancali di prossima apertura. Sappiamo tutti che il carcere di Bancali ha una capienza di molto superiore rispetto a quello di San Sebastiano ed è a tutti gli effetti una delle nuove carceri sarde che vengono edificate fuori dalla città. Per tali motivi questa decisione della Regione implica un ulteriore isolamento del carcere rispetto alle visite dei familiari, ma anche degli altri visitatori dei detenuti, creando difficoltà per gli agenti, operatori e per tutti coloro che animano la vita carceraria tentando di rispettare l’articolo 37 della Costituzione. Con la stessa amarezza sorprende che la Regione chieda all’ATp tagli sapendo che gli enti locali soci, comune e provincia, sono in una situazione di crisi tale da non poter più mantenere adeguatamente neppure i servizi di base per i cittadini, come più volte denunciato dall’Associazione Nazionale Comuni Italiani (Anci) e dal Consiglio delle Autonomie Locali della Sardegna”. “Anche il Presidente della Repubblica ha più volte e recentemente ammonito i politici affinché abbiano una attenzione speciale per le disumane condizioni delle carceri italiane: la nostra regione è forse sorda a tali richiami con una decisione che rischia di incidere negativamente e gravemente sulla vita dei detenuti e del personale tutto. In attesa di una spiegazione plausibile per tale grave atto discriminatorio e offensivo anche nei confronti dell’Amministrazione Penitenziaria sarda, porto in queste due righe la grave amarezza, delusione e sbigottimento di ampie fasce della popolazione sarda”, concluse Cecilia Sechi, Garante dei diritti delle persone private della libertà personale. Mantova: domani e venerdì un’iniziativa a Castiglione organizzata dal comitato StopOpg La Gazzetta di Mantova, 15 maggio 2013 Chiudere gli ospedali psichiatrici giudiziari e aprire i centri di salute mentale h24. Si è svolta nella sala giunta di Castiglione la presentazione della due giorni organizzata dal comitato StopOpg di giovedì e venerdì. Il programma prevede l’arrivo in tarda serata di “Marco Cavallo”, il cavallo azzurro che sfondò il muro del manicomio di Trieste; alle ore 21 in municipio la proiezione del filmato Fabrizio Giffuni legge “Dialogo di Marco Cavallo e il Drago con gli internati di Montelupo”, a seguire letture musicate (sonorizzazioni di Alberto Morelli) tratte da “C’era una volta la città dei matti”. Venerdì alle 9 ritrovo in località Ghisiola, con la delegazione che incontrerà la direzione dell’Opg, mentre alle 10.30 si svolgerà l’incontro della delegazione con gli operatori e gli ospiti della Comunità Gonzaga. L’incontro intende raccogliere informazioni sul turn-over degli internati negli ultimi due anni, con particolare riguardo ai lombardi e ai piemontesi; il destino dei dimessi;i rapporti coi Dsm, in particolare quelli lombardi; l’esperienza della Comunità Gonzaga; lo stato del progetto di superamento; la formazione e l’aggiornamento degli operatori; lo stato dei rapporti con la magistratura di sorveglianza e l’assessorato sanità della Regione. Il programma della due giorni castiglionese prevede la presenza dei deputati Giovanna Martelli, Luigi Laquaniti e Marco Carra; dei consiglieri della Regione Lombardia Sara Valmaggi (vice-presidente del Consiglio Regionale), Lucia Castellano, capo gruppo del “Patto Civico con Ambrosoli” e vice presidente Commissione speciale carceri, Gian Antonio Girelli, della Commissione III e della Commissione speciale carceri; Claudio Leoci, vice sindaco di Castiglione e Franco Tiana, consigliere provinciale di Sel. Macomer (Nu): l’alternativa al carcere è possibile, testimonianza di don Ettore Cannavera La Nuova Sardegna, 15 maggio 2013 Dei delitti e delle pene: la riabilitazione è possibile. Carta costituzionale: una garanzia per i singoli cittadini e per la società intera. Temi fondamentali, questi, affrontati nei giorni scorsi all’interno dell’Istituto penitenziario di Tossilo da don Ettore Cannavera davanti a un gruppo di detenuti. Incontro a tu per tu, quindi, tra la casa di reclusione di Macomer e la comunità di recupero La Collina di Serdiana, fondata e diretta dal sacerdote psicologo nonché cappellano del carcere minorile di Quartucciu. Promotori dell’iniziativa, gli insegnanti e il preside Antonio Alba del Ctp (Centro territoriale permanente) di Nuoro e la fattiva collaborazione dell’amministrazione penitenziaria e dell’area educativa. Padre Cannavera ha così trattato della funzione riabilitativa di una istituzione preposta al reinserimento nella società di chi ha violato la legge. Della norma principe di riferimento, l’articolo 27 della Costituzione. Da ciò deriva che il carcere deve essere l’ultima ratio nell’attuazione di questa funzione fondamentale. Naturale passo in avanti sono le comunità di recupero. In tali strutture chi sbaglia senza essere costretto alla carcerazione, deve comunque seguire una serie di regole secondo le quali il lavoro è la miglior maniera per contribuire in modo costruttivo al vivere sociale. Davanti a don Ettore Cannavera, anche i detenuti hanno potuto dire la loro, mettendo in evidenza le problematiche del sistema carcerario italiano che non sempre soddisfa (come dovrebbe) le finalità della Costituzione. Senza dimenticare, inoltre, l’insufficienza dell’organico della polizia penitenziaria. Tempio: “Libera Storie”, con l’Associazione Italiana Biblioteche la cultura entra in carcere La Nuova Sardegna, 15 maggio 2013 La Casa circondariale di Nuchis è stata la decima tappa del “tour delle carceri” di “Libera Storie”, il progetto regionale nato con la collaborazione del Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria e l’Aib (Associazione Italiana Biblioteche). Dopo aver fatto tappa in quasi tutti i penitenziari dell’isola, non poteva non essere presentato anche in Gallura, dove opera una rete di biblioteche molto attive e dove, soprattutto, si trova un carcere di alta sicurezza. A parlarne sono stati scrittori, detenuti e operatori di carceri e biblioteche. Due le fasi della manifestazione: la mattina, l’incontro in carcere con una quarantina di detenuti; di pomeriggio, un piccolo convegno aperto a tutta la cittadinanza. A lasciare un segno più profondo è stato soprattutto l’incontro con i detenuti. “Un momento - ha dichiarato il libraio Massimo Dessena - che ha destato una forte emozione”. Si è parlato ovviamente di libri, ma anche (cosa che hanno fatto Valeria Putzolu e Carla Contini) del ruolo insostituibile che un’efficiente biblioteca carceraria può svolgere in un luogo di detenzione. Coordinati da Sante Maurizi, i due momenti della manifestazione hanno visto la partecipazione attiva di Gueorgui Ivanov Borissov e Collins Osaro Igbinoba, protagonisti di “La cella di Gaudì”, detenuti-scrittori dalla parola facile e dall’inchiostro accattivante. Una sintesi delle tante storie raccontate invece in “Evasioni d’inchiostro”, libro pubblicato dalla giovane casa editrice sassarese Voltalacarta, è stato Alberto Capitta, che per un intero anno ha lavorato, gomito a gomito, con i detenuti del carcere nuorese di Badu e carros. Capitta ha raccontato gli umanissimi retroscena della loro iniziazione alla scrittura. “Era importante - ha dichiarato lo scrittore - che loro entrassero dentro questa formula creativa; un caos totale che dava il senso del lavoro”. Un’esperienza unica, in un certo senso da privilegiato. Muniti dell’occorrente necessario, compreso un pc senza connessione, i detenuti hanno portato a termine con grande impegno e passione il loro compito. Lo hanno fatto immaginando mondi da esplorare e vite passate che l’esperienza del carcere può paradossalmente aiutare a rievocare con più intensità. Roma: il 30 maggio sit-in davanti la Cassazione per diritto risarcimento ingiusta detenzione di Giulio Petrilli Ristretti Orizzonti, 15 maggio 2013 Il 30 maggio, alle 9.30, a Roma, sit in davanti la Cassazione per affermare il diritto al risarcimento per ingiusta detenzione per tutte le persone assolte e quindi ribadire che le sentenze assolutorie vanno rispettate. Quel giorno in Cassazione ci sarà il dibattimento sul mio ricorso contro la Procura di Milano che non mi ha concesso il risarcimento per ingiusta detenzione, pur avendo scontato ingiustamente negli anni 80 sei anni di carcere speciale, con l’accusa di partecipazione a banda armata (Prima Linea), per poi essere assolto con sentenza definitiva nel luglio 1989. Non si può sottacere a un sopruso cosi’ grande che seguita a perpetrarsi dopo trenta anni. Nelle stesse condizioni mie sono in tanti, che assolti si vedono rifiutare il risarcimento per frequentazioni non idonee. Bisogna abrogare il comma 1 dell'art. 314 c.p., che stabilisce il non risarcimento per dolo e colpa grave, (frequentazioni sbagliate che traggono in inganno gli inquirenti), perchè è un comma pericoloso, che introduce nel nostro ordinamento giudiziario il giudizio morale. Un comma anticostituzionale e illegale, che consente ai magistrati di scegliere, di dare o meno il risarcimento, non in base alla sentenza assolutoria ma al giudizio comportamentale, non connesso ad alcun reato. In Cassazione, fino a quindici giorni prima dell’udienza, tutte le parti possono presentare memoria, Essendoci, la mia udienza, il 30 maggio, ieri il mio legale Francesco Camerini, in replica alla requisitoria scritta del P.G. ha presentato una memoria. Trascrivo la parte finale della stessa: “Respingere il ricorso equivarrebbe, di fatto, a condannare Petrilli Giulio alla pena che nessun giudice gli ha inflitto per il reato di banda armata, dal quale è stato assolto. Questo è intollerabile, e la funzione nomofilattica affidata a codesta Corte Suprema deve impedire che accada, per effetto della reiezione del ricorso, che è stato proposto da Petrilli Giulio per ragioni etiche che vanno ben oltre l’interesse economico”. Hanno finora aderito al sit-in Patrizio Gonnella (Presidente Ass. Antigone) Maria Rosaria Marella (giurista - Università di Perugia) Rita Bernardini )direzione nazionale radicale- ex deputata ) Giovanni Russo Spena (resp. giustizia Prc- ex senatore ) Haidi Gaggio Giuliani (ex senatrice) Stefania Pezzopane (senatrice) Avv. Luigi Iorio (segreteria nazionale Psi) Avv. Arturo Salerni (Ass. Progetto Diritti - Roma) Avv. Carla Serra (Foro di Roma) Avv. Mario Angelelli (servizio legale immigrati) Giampaolo Arduini (ex vice sindaco L’Aquila) Linda Santilli (direzione nazionale Prc) Saverio Aversa (Sinistra Ecologia e Libertà) Fabio Alberti (Segretario prov. Prc Roma) Pierpaolo Pietrucci (Consigliere provinciale L’Aquila) Simone Oggionni (portavoce nazionale giovani comunisti) Lelio De Santis (assessore comune L’Aquila) Angelo De Nicola (giornalista e autore di libri su errori giudiziari) Valentina Greco (segr. prov. Prc Roma) Marcello Pesarini (osservatorio sulle carceri Marche) Giuliano Di Nicola (consigliere comunale L’Aquila) Vittorio Sconci (responsabile settore psichiatrico carceri abruzzesi) Francesco Iritale (ex segretario comunale Pd L’Aquila) Palermo: domani premiazione detenuti dell’Ipm Malaspina per partecipazione a Vivicittà Ansa, 15 maggio 2013 Saranno premiati domani pomeriggio all’Istituto penale per i minorenni Malaspina di Palermo i detenuti che hanno partecipato alla gara podistica Vivicittà, lo scorso 7 aprile. I detenuti sono stati coinvolti nell’evento organizzato dalla Uisp Palermo con numerose attività tra cui la realizzazione di medaglie con materiale da riciclo create dall’associazione Cirpe di Palermo e consegnate ai vincitori della gara internazionale. Anche l’aspetto puramente sportivo è stato curato con attenzione: grazie all’allenamento curato dall’olimpionico Rachide Berradi due detenuti sono riusciti a completare la gara non competitiva di 3 km arrivando nelle prime posizioni degli oltre tremila partecipanti. Radio: domenica c’è “Jailhouse Rock. Suoni, suonatori e suonati dal mondo delle prigioni” Ristretti Orizzonti, 15 maggio 2013 Domenica 19 maggio sulle frequenze di Radio Popolare la trasmissione “Jailhouse Rock. Suoni, suonatori e suonati dal mondo delle prigioni”, curata e condotta da Patrizio Gonnella e Susanna Marietti (in onda dalle 21.00 alle 22.30), sarà dedicata a Bob Dylan. Ospiti il giudice Armando Spataro e gli Ak 47. Il giudice Spataro spiega il senso della giustizia e della ingiustizia nelle canzoni di Bob Dylan. Gli Ak 47 presentano il loro nuovo singolo “Sole di notte”, dedicato al tema della tortura. Anche in questa puntata vi è come sempre il giornale radio dal carcere (Grc), curato dalle redazioni di Milano Bollate e Roma Rebibbia. I detenuti musicisti di Bollate interpretano inoltre Blowin’ in the wind di Bob Dylan. Francia: Conferenza Nazionale dei Garanti italiani; appurare verità sulla morte di Faraldi Adnkronos, 15 maggio 2013 “È legittimo che la notizia di una seconda vittima italiana dal 2010 ad oggi in quel carcere francese possa far nascere, nell’opinione pubblica, dubbi e sospetti. Spetta alle autorità fugare le perplessità e stabilire cosa è accaduto oltre ogni ragionevole dubbio”. È quanto dichiara in una nota Angiolo Marroni, Garante dei detenuti del Lazio e vice coordinatore della Conferenza Nazionale dei Garanti italiani, commentando la morte, avvenuta la scorsa settimana, del 29enne Claudio Faraldi nel carcere di Grasse, in Costa Azzurra. Nella stessa prigione nel 2010 morì un altro italiano, Daniele Franceschi. Anche in quel caso si parlò di arresto cardiaco; una circostanza, tuttavia, sempre contestata dai familiari della vittima che hanno ottenuto il prolungamento dell’inchiesta. “Credo - ha aggiunto Marroni - che, nel caso specifico, il governo italiano debba intervenire presso le autorità francesi per chiedere chiarezza su quanto accaduto. Ma al neo ministro Cancellieri chiediamo anche di aprire un confronto per regolamentare le procedure che prevedono, per gli italiani detenuti all’estero, la possibilità di scontare la pena in un carcere italiano, come previsto dalla Convenzione di Strasburgo del 1983. Procedure che, spesso, sono accompagnate da un aggravio di lavoro e di costi per le strutture dei ministeri della Giustizia e degli Esteri. Accade infatti che, una volta giunte in Italia, queste persone non possano documentare la regolare condotta tenuta nelle carceri straniere e, in questi casi, tocca l’Autorità giudiziaria italiana chiedere informazioni alle autorità dei Paesi dove è stato condannato. Risolvere tale problema comporta una diminuzione dei tempi necessari ad evadere ogni tipo di istanza ed un notevole risparmio, in termini di costi e di lavoro”. Stati Uniti: la Cnn entra a Guantánamo, immagini di ceppi a terra e guardie giovanissime Tm News, 15 maggio 2013 I ceppi legati al pavimento, le celle, la aree comuni. Sono rare immagini dell’interno di Guantánamo, girate in esclusiva dalla Cnn che ha potuto visitare i campi 5 e 6, quelli in cui si trova la maggior parte dei detenuti della prigione americana a Cuba spesso sotto accusa per le condizioni dei prigionieri. Tutte le aree comuni e le celle vengono pattugliate ogni pochi minuti dalle guardie che si scopre essere spesso giovanissime, come questa ragazza. “Loro usano un linguaggio estremamente volgare contro le donne, e purtroppo l’ho sperimentato io stessa varie volte”, dice la ragazza raccontando quanto avviene nel carcere che Obama aveva promesso in campagna elettorale di chiudere. “Tirano le loro feci alle guardie, lo hanno fatto costantemente nell’ultimo mese e mezzo. Ogni singolo giorno”, lamenta. Ma i detenuti hanno messo in atto anche proteste ben più radicali per chiedere condizioni di prigionia migliori: in un centinaio stanno facendo lo sciopero della fame, fra loro una trentina si rifiuta anche di bere liquidi e viene alimentata forzatamente. Siria: ribelli assaltano prigione ad Aleppo, in corso duri scontri con esercito lealista Asca, 15 maggio 2013 Ad Aleppo sono in corso duri scontri a fuoco tra un gruppo di ribelli e i soldati fedeli al presidente Bashar al-Assad, i quali stanno tentando di riprendere il possesso della prigione centrale della città, assaltata dagli insorti. Con un numero specificato di autobombe e colpi di mortaio i ribelli sono riusciti a fare breccia nel muro di cinta del penitenziario, che ospita circa 4.000 prigionieri tra miliziani islamisti, dissidenti e comuni criminali. La notizia è stata confermata dagli attivisti dell’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, i quali hanno precisato che il regime ha lanciato la controffensiva a colpi di carro armato e incursioni aeree, danneggiando i quartieri nord della città, controllati dai ribelli. La rete degli attivisti ha inoltre segnalato violenti scontri in corso nella provincia di Idlib e Daraa. Cina: all’interno dello Ziyang Legal avvocati aggrediti e arrestati dalla polizia penitenziaria Agi, 15 maggio 2013 Sette legali che avevano provato a visitare dei detenuti all’interno dello Ziyang Legal, la prigione nella regione del Sichuan, sono stati aggrediti ed arrestati dalla polizia penitenziaria. Le associazioni non governative denunciano l’ennesima violazione dei diritti umani all’interno del carcere. In Cina continua a tenere banco il problema spinoso dei diritti umani. Nonostante il gigante asiatico sia probabilmente la nazione in maggiore espansione economica e sociale del pianeta, restano ancora attualissime le violazioni dei diritti fondamentali dell’uomo, e gli atteggiamenti autoritari da parte del Governo che spesso sale alla ribalta delle cronache internazionali per fatti di grave repressione. L’ultimo episodio si è verificato proprio in questi giorni, e riguarda la visita che sette avvocati avevano provato ad effettuare presso il Ziyang Legal Education Center, ovvero la prigione, tra le più dure e temute di tutta la Cina. Gli avvocati avevano provato ad avventurarsi all’interno dell’istituto penitenziario, che ospita per la maggior parte prigionieri politici, per cercare di verificare se fossero in atto le condizioni minime di rispetto dei diritti dei detenuti, molti dei quali loro assistiti. La polizia che presidia lo Ziyang Legal, prigione che si trova nel sud della Cina, nella regione del Sichuan, non ha però decisamente preso bene il tentativo dei legali di introdursi nella struttura: gli avvocati sono stati rapidamente bloccati e, alle prime rimostranze, brutalmente picchiati dagli agenti della polizia penitenziaria. Russia: Putin considera ipotesi amnistia per imprenditori come Khodorkovsky Adnkronos, 15 maggio 2013 Mikhail Khodorkovsky e Platon Lebedev potrebbero uscire di prigione già quest’anno insieme ad altri 110mila imprenditori detenuti in Russia. Il presidente Vladimir Putin sta infatti considerando l’introduzione di un provvedimento di amnistia di cui è già pronta la bozza che discuterà giovedì della prossima settimana in un incontro con i principali rappresentanti delle attività produttive del paese, come anticipa la rete televisiva indipendente Dozhd citando fonti del governo. Promotori dell’iniziativa sono il garante degli imprenditori Boris Titov e dal presidente della Duma Sergei Naryshkin che lo considerano come uno strumento per migliorare il clima degli investimenti. Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov si è limitato a precisare che Putin è al corrente dell’iniziativa sottolineando tuttavia che diverse versioni del provvedimento sono in discussione, probabilmente riferendosi all’elenco delle persone a cui concedere la grazia. Khodorkovsky dovrebbe uscire dal carcere nell’ottobre del prossimo anno, il suo socio in affari Lebedev ad agosto. Entrambi erano stati arrestati nel 2003. Svezia: Prisonmatch, il nuovo sito di incontri aiuta i detenuti a trovare l’anima gemella Ansa, 15 maggio 2013 Galeotto fu l’amore. Grazie a Prisonmatch, il nuovo sito di incontri che aiuta i detenuti a trovare l’anima gemella anche dietro le sbarre. L’idea è venuta agli ingegnosi svedesi che hanno concepito un sistema ad hoc per venire incontro alle esigenze dei reclusi, impossibilitati ad avere l’accesso ad Internet. Al carcerato basterà, infatti, inviare una lettera per posta tradizionale. Ci penserà poi il sito a pubblicare i suoi dati e le sue richieste e a rispedire al mittente eventuali risposte. Secondo quanto riporta il quotidiano svedese Goteborg Posten, attualmente nelle carceri della Svezia ci sono 5.000 detenuti. Per le persone fuori dal carcere l’adesione al sito è gratuita, per i detenuti il costo è di 200 euro all’anno. Astenersi condannati per pedofilia o stupro. Sono, invece, felicemente accolti anche i condannati per omicidio, perché lo spiega bene la fondatrice del sito, Valbona Demiri, “i nostri affiliati hanno tutti più di 18 anni e se qualcuno di loro decide di contattare un assassino, è una sua scelta”. La Demiri non si cura degli scettici che reputano il progetto poco accattivante per chi vive una vita libera e spensierata fuori dalla galera. Alle critiche risponde così: “Tutti cerchiamo disperatamente l’amore, liberi o detenuti”.