Vi racconto l’inferno delle carceri italiane di Angelo Meneghetti Il Mattino di Padova, 29 luglio 2013 Tante persone pensano che le carceri in Italia funzionino come in America, imbevuti dei loro film come "Le ali della libertà", ma non è così. Nei carceri italiani non esistono mense o cortili in cui tutti i detenuti camminano o fanno sport tutti assieme, scordatevi tutti quei ricordi di quei film americani. I detenuti italiani negli ultimi anni stanno vivendo in condizioni disastrose, basta pensare a quello che dice Pannella quando si vede per tv: le carceri italiane sono illegali e dovete credergli, si vive ammassati come le sardine a causa del sovraffollamento, non ci sono spazi adeguati. Basta pensare che le celle siano costruite per ubicarci un detenuto, ma in una di quelle celle sono obbligati a starci tre detenuti per venti ore al giorno, se uno è in piedi gli altri due devono stare nella branda sdraiati, è un vero tormento poi quando si deve andare in bagno non esiste nessuna intimità. Come avrete capito nelle carceri italiane non esistono le mense, si è sempre in quella cella anche a pranzo e cena, e quando sta passando il carrello del cibo, che è distribuito da un detenuto lavorante, per prendere la razione da mangiare devi allungare il piatto fuori dal cancello della cella, c’è un quadratino di 20 cm x 15, il cosiddetto spioncino, dove fai passare il piatto e mezzo braccio per darlo al lavorante che lo riempie, sperando sempre che non scivoli di mano il piatto al lavorante, a volte cade il piatto a terra e si rimane con la fame. Quelle quattro ore che si fanno fuori dalla cella o si va ai passeggi o in saletta, ma in certe carceri non c’è la saletta e neanche quel pezzetto di terreno per giocarci a calcio o camminare sull’erba. Nella realtà non si fanno mai quattro ore fuori dalla cella, perché nell’orario dei passeggi c’è il turno della doccia, e per via del sovraffollamento o si va a camminare o vai a lavarti sperando sempre di trovare l’acqua calda, e che la cella sia vicina alle docce. A causa del sovraffollamento, c’è sempre da attendere per fare la doccia e succede molto spesso che più detenuti non riescono a lavarsi, d’inverno sono obbligati a scaldarsi dell’acqua in una pentola e lavarsi in cella. I passeggi è il posto dove i detenuti vanno per camminare o per fare una corsa mattutina, ma tanti detenuti non ci vanno poiché c’è poco spazio e non si riesce a camminare, e quelli che vanno per passeggiare si toccano continuamente con le spalle, devi stare sempre attento a non urtare l’altro detenuto. La struttura dei passeggi è in cemento e per rendervi le idee chiare basta pensare a una vasca della media di 12 metri x 8, con muri alti 5-6 metri, è come camminare in una piscina vuota, senza acqua, chiusi lì dentro e non puoi uscire se non viene l’agente ad aprire il cancello. A volte in quel piccolo spazio ci sono 50-60 detenuti, tanti fermi in piedi con le spalle che toccano il muro circostante, uno dopo l’altro che aspettano che ci sia anche per loro dello spazio per camminare. Ci sono carceri che hanno un pezzetto di terreno con l’erba, ed è chiamato il campo, in cui i detenuti giocano a pallone e alcuni camminano sull’erba per sgranchirsi le gambe. Quella possibilità di calpestare l’erba è concessa una sola volta la settimana per due ore, a volte capita che non si possa andare al campo perché manca l’agente, senza contare che quando piove al campo non ti fanno andare. Esistono carceri dove non c’è il campo e sei obbligato a camminare sul cemento fino alla fine del la pena da scontare. Le carceri italiane funzionano come gli allevamenti di bestiame, solo che gli animali sono più fortunati, almeno possono calpestare l’erba tutti i giorni e negli allevamenti non ci sono tanti cancelli da aprire e chiudere come nelle carceri. Basta pensare che per recarsi ai passeggi bisogna oltrepassare 5-6 cancelli, a ogni cancello c’è un agente che apre e chiude, gì i animali negli allevamenti non hanno questi problemi anche se sono rinchiusi, possono andare a calpestare l’erba, possono bagnarsi sotto l’acqua quando piove se ne hanno voglia tanto il loro cancello per il recinto è sempre aperto e hanno più spazio per muoversi. Invece per i detenuti ci sono momenti di attesa senza senso davanti a qualche cancello, devi sempre aspettare, ci vuole immensa pazienza da parte del detenuto, ovviamente non sono tutti così gli agenti, che ti fanno aspettare,, anche loro capiscono che la situazione carcera-ria è arrivata a livelli disumani, una vera vergogna per l’Italia. Di lavoro nelle carceri italiani ce n’è pochissimo, tranne che per quei detenuti che svolgono le mansioni concesse dalla direzione di ogni carcere. Sono quattro le categorie e ognuna ha il suo nomignolo: lo scopino è il detenuto lavorante che pulisce i pavimenti, lo spesino è quello che consegna la spesa, generi alimentari e prodotti per l’igiene personale, sigarette per chi ha il vizio di fumare sempre che il detenuto abbia qualche euro, soldi pervenuti dai famigliari. Ovviamente i detenuti non possono avere soldi in tasca, hanno un pezzo di carta che si chiama libretto, così si possono controllare i soldi che gli caricano i famigliari e lo scarico di quello che acquista. Poi c’è il lavorante della manutenzione, si tratta di un lavoro dell’edilizia, sostituire un televisore, sistemare un rubinetto che perde acqua o cambiare un tubo rotto e fare qualche pezzo d’intonaco e pitturare i muri, e per farla breve ci sono i lavoranti cucina e il magazziniere che distribuisce carta igienica e sacchetti per la spazzatura. In poche parole in un carcere di 200 detenuti lavorano solamente in quindici, a tutti gli altri non resta che contare i giorni del calendario, tranne che per quei pochi che frequentano qualche corso di studio. Per qualsiasi cosa poi c’è la domandina, è un pezzo di carta da compilare per qualsiasi richiesta, serve la domandina anche per sostituire il secchio rotto che ogni detenuto usa per lavare la propria biancheria o qualsiasi tipo di vestiario. Nei film americani i detenuti sono vestiti tutti uguali, indossano dei vestiti con scritto il proprio numero di matricola, qui invece i detenuti non hanno numeri da portare sul petto, ma i nostri nomi e cognomi sono sostituiti con il numero di matricola, e bisogna scriverlo su ogni domandina per qualsiasi richiesta, all’interno del carcere tutto è basato sui numeri, ricordatevelo, in carcere non ci sono esseri umani ma solamente dei numeri. Giustizia: Cancellieri; decreto peggiorato in Senato, vedremo di recuperare degli spazi Asca, 29 luglio 2013 Il decreto sulle carceri "purtroppo nel passaggio parlamentare è stato un po’ modificato e cambiato secondo noi in senso negativo. Adesso vediamo se riusciamo a recuperare degli spazi, sennò vedremo in un altro momento di depenalizzazione di riaffrontare il tema". Lo ha detto Anna Maria Cancellieri, ministro della Giustizia, parlando con i giornalisti a Firenze a margine della visita al penitenziario di Sollicciano. "Abbiamo ancora un passaggio parlamentare - ha spiegato - e vediamo se possiamo recuperare su alcuni temi, sono in corso riunioni con i capigruppo e stiamo vedendo. Per noi come aspetto è importante la recidività, perché quello sarebbe già qualche cosa, vediamo come andrà a finire". Comunque, ha ribadito il ministro, "la depenalizzazione sarà un modo per alleggerire la presenza nelle carceri, c’è una commissione di studio che sta facendo un lavoro molto serio e poi prenderemo le nostre decisioni". Favi (Pd): alla Camera cambiare decreto-carceri "Occorre che il decreto legge sul carcere che oggi inizia la discussione in seconda lettura alla Camera, sia modificato e torni allo spirito originario proposto dal Governo. Non abbiamo bisogno di norme minime e contraddittorie che non possono incidere profondamente per risolvere la drammatica emergenza carceraria italiana. La proposta iniziale del Governo era la risposta più significativa che in questo momento si potesse dare e sulla quale si è registrata una amplissima convergenza tra tutti gli operatori del diritto". Lo dichiara Sandro Favi, responsabile nazionale carcere del Pd. Giustizia: Sappe; il Dap "naviga a vista" sulle criticità del sistema penitenziario Comunicato stampa, 29 luglio 2013 Carceri, evasione sventata dal carcere di Cremona, detenuti barricati a Napoli Poggioreale e che si tagliano la gola a Monza e Roma Rebibbia, agenti aggrediti ad Aosta. Sappe: evidente farraginosità Amministrazione Penitenziaria. Ministro della Giustizia Cancellieri commissari il Dap e allontani Tamburino e Pagano "L’evasione sventata dal carcere di Cremona, sabato pomeriggio, è la goccia che fa traboccare il vaso della precarietà delle politiche gestionali dell’Amministrazione Penitenziaria. In poche ore, negli ultimi giorni, è accaduto di tutto: nel carcere di Napoli Poggioreale un gruppo di rivoltosi si è barricato in cella per contestare il sovraffollamento della struttura e solo la professionalità e le capacità di gestione dell’evento critico da parte del Personale di Polizia hanno permesso di porre fine alla protesta senza l’uso della forza. A Monza e Roma Rebibbia due detenuti si sono tagliati la gola mentre nel carcere di Aosta 4 poliziotti sono rimasti feriti a seguito di una colluttazione avvenuta con un detenuto magrebino. Tutto è nato dal rifiuto dello stesso di ricevere in cella un connazionale e dalla pretesa di rimanere solo nella camera a lui assegnata. E a Cremona, sabato pomeriggio, un detenuto albanese ha tentato di evadere durante l’ora d’aria ma è stato prontamente bloccato dagli Agenti di Polizia Penitenziaria. Tutti questi eventi critici nelle carceri italiane sono sintomatici che al Dap regna la confusione più totale per garantire la sicurezza delle carceri italiane. Chiediamo alla ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri di commissariare il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e di avvicendare il Capo del Dap Giovanni Tamburino ed il Vice Capo Luigi Pagano". Dura presa di posizione di Donato Capece, Segretario Generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe (il primo e più rappresentativo della Categoria), commentando quel che è avvenuto in alcune carceri italiane negli ultimi giorni. "Ci vuole un netto cambiamento alla guida dell’Amministrazione Penitenziaria, un nuovo Capo Dipartimento ed un nuovo Vice, Capo visto che chi c’è oggi (Giovanni Tamburino e Luigi Pagano) non è in grado di gestire la situazione carceraria italiana", prosegue il Sappe". Dicemmo da tempo di avere il fondato timore che con l’allentamento della sicurezza nei piani detentivi delle carceri italiane a favore di una fantomatica quanto irrazionale e sporadica sorveglianza dinamica fortemente possa aumentare il numero dei suicidi nei penitenziari. Una nota del Dap del Capo Dipartimento (che il Vice Capo Pagano cerca di presentare in giro come una positiva rivoluzione normale delle carceri) favoleggia di un regime penitenziario aperto, di sezioni detentive sostanzialmente autogestite da detenuti previa sottoscrizione di un patto di responsabilità favorendo un depotenziamento del ruolo di vigilanza della Polizia Penitenziaria mantenendo però in capo ai Baschi Azzurri il reato penale della colpa del custode (articolo 387 del Codice penale). Di fatto, da quando è operativa questa disposizione del Dap, abbiamo constatato un aumento di suicidi, dei tentati suicidi sventati per fortuna sventati dai poliziotti penitenziari, delle evasioni e di quelle tentate, delle risse e degli atti di autolesionismo. Se gli agenti non possono controllare stabilmente le celle le responsabilità non possono essere le loro ma di chi quella nota circolare ha firmato, il Capo dell’Amministrazione Penitenziaria Giovanni Tamburino, e di chi la spaccia per ‘rivoluzione normalè delle carceri, il Vice Capo Luigi Pagano. Responsabili anche di quello che è accaduto oggi ad Alghero e che il Ministro Guardasigilli non può ulteriormente lasciare alla guida del Dap". Giustizia: "Se mi condannano vado in carcere"… Berlusconi all’attacco, Pdl in trincea di Paola Di Caro Corriere della Sera, 29 luglio 2013 Il Cavaliere a Libero: non farò come Craxi. Poi la smentita: colloquio informale. I "falchi": pronti ad abbandonare governo e aule e ad appellarci alla piazza. Tramontata la tentazione di chiedere un rinvio alla Cassazione del verdetto finale sulla sentenza Mediaset, sarà solo l’Alta corte eventualmente, domani, a decidere se rimandare di qualche settimana la decisione, o se pronunciarsi subito, chiudendo in un senso o nell’altro un capitolo della storia italiana. È in questo clima di doccia fredda, di "altalena di emozioni" come la definisce Paolo Bonaiuti visto che nei giorni scorsi si era diffuso nel Pdl un certo ottimismo sulla possibilità di uno slittamento a dopo l’estate del redde rationem per Berlusconi, che è maturata la chiacchierata serale, venerdì a cena, tra il direttore di Libero Maurizio Belpietro e il Cavaliere, ad Arcore. Una chiacchierata che si è trasformata in intervista - smentita ieri mattina da Palazzo Grazioli perché "si trattava solo di un colloquio informale" - ma pubblicata con grande evidenza sul quotidiano. Un’intervista che testimonia di un nuovo forte pessimismo tornato a turbare nelle ultime ore il Cavaliere, perché anche se lui stesso si dice certo che la Corte saprà riconoscere la sua innocenza, poi si lascia andare ad uno sfogo pesante: "Se condannato non farò l’esule, come fu costretto a fare Bettino Craxi. Né accetterò di essere affidato ai servizi sociali, come un criminale che deve essere rieducato. Ho quasi 78 anni e avrei diritto ai domiciliari, ma se mi condannano, se si assumono questa responsabilità, andrò in carcere". Parole che sconquassano il suo partito, vincolato fino ad ora alla consegna del silenzio e dei toni bassi imposti dal collegio degli avvocati, da Coppi e Ghedini, ma anche l’intera politica italiana. Anche perché Berlusconi aggiunge che non staccherà la spina al governo per ritorsione, ma in pratica disegna uno scenario in cui tutto è già scritto: "Non farò cadere Letta, ma sarà il suo partito a farlo. Se venissi condannato, il Pd non accetterebbe di continuare a governare insieme con un partito il cui leader è agli arresti e interdetto dai pubblici uffici". Tra confessioni di "notti insonni a guardare il soffitto" e ribadite professioni di innocenza, il leader del centrodestra in realtà non dice nulla che non fosse già stato in qualche modo anticipato e sussurrato da chi ne aveva riportato il pensiero degli ultimi giorni. Ma la rottura del silenzio è suonata di fatto come un avvertimento finale, un ultimatum, una pressione fortissima sulla politica e sulla Corte. Tanto che i suoi avvocati sono saltati sulla sedia, si è deciso di smentire e derubricare la portata delle sue parole e frenare la sfilata di tutto il Pdl che avrebbe voluto dar fuoco alle polveri avendo interpretato l’uscita come il segnale di "al mio via, scatenate l’inferno". Così sono rimasti solo i big a tenere la posizione, cercando un punto di equilibrio. Fabrizio Cicchitto si è detto ancora convinto che proseguire nell’esperienza di governo sia la cosa migliore, ma ha avvertito che se ci sarà una condanna "tutto potrà accadere". La Biancofiore guida la rivolta dei falchi: senza assoluzione "lasceremo il governo e le Aule", mentre Daniela Santanché - che sempre più spesso passa le sue giornate col Cavaliere - conferma che i toni saranno tenuti bassi fino alla sentenza ma che, se dovesse andare male, "sarebbe un attentato alla democrazia". Per questo i moderati del Pdl sembrano lanciare l’ultimo, disperato grido di aiuto: "La Cassazione non danneggi il Paese", prega la Gelmini, "un Paese appeso a una sentenza è un cortocircuito democratico" aggiunge la Bernini. E Gasparri conferma che il partito aspetta solo la parola di Berlusconi per agire, e non si dividerà: "A lui andrà il nostro incondizionato sostegno". Giustizia: anche se condannato niente carcere per Berlusconi Ansa, 29 luglio 2013 L'ex premier non andrà in prigione a prescindere da come si esprimerà la Cassazione sul processo Mediaset. E comunque se ne riparlerà in autunno. Ecco perché. Niente carcere per Berlusconi, neppure nel peggiore dei casi. Vada come vada il giudizio della Cassazione, il cavaliere può dormire sogni tranquilli perchè non finirà dietro le sbarre, nemmeno se dovesse venire condannato definitivamente. Giocano dalla sua una serie di fattori che gli permetterebbero di fuggire la prigione, nonostantre nei giorni precedenti l'ex-premier si fosse detto pronto psicologicamente ad affrontare l'iter galeotto ("non farò l'esule come Craxi, sono pronto ad andare in carcerè'). A suo favore alcuni elementi quali: i quattro anni di condanna che vengono automaticamente ridotti ad uno soltanto per effetto dell'indulto previsto dalla legge "svuota carceri". Secondo, il leader del Pdl è incensurato: questa sarebbe la sua prima condanna definitiva. Va infine tenuta presente la componente anagrafica: Berlusconi compirà 77 anni il prossimo settembre e la prassi generale prevede i domiciliari per gli over 70. L'insieme di questi requisiti permetterebbe di chiedere al Tribunale del Riesame una misura alternativa al carcere e ottenere l'affidamento in prova ai servizi sociali. Pertanto non è difficile prevedere il futuro in questo caso: facile ipotizzare infatti come sconterà la sua pena ad Arcore o in un'altra residenza a sua scelta, poiché è facoltà del condannato indicare in quale sede trascorrere il periodo di detenzione. L'unica ipotesi che lo manderebbe dritto in galera sarebbe una fuga dai domiciliari che farebbe scattare l'obbligo di arresto, ma resta una possibilità più che remota (viste anche le residenze del premier). Per quanto riguarda l'effettiva risoluzione della questione comunque si dovrà attendere il periodo autunnale visto come nei mesi estivi le tempistiche della giustizia tendano a "prendersela comoda". L'iter resterebbe congelato fino al 16 settembre, giorno di ripresa dell'attività dei Tribunali dopo la sospensione feriale. Da quel momento, i difensori di Berlusconi avranno 30 giorni di tempo per presentare richiesta di pena alternativa al Riesame. Cancellieri: la Cassazione farà ciò che deve con serenità La vicenda Mediaset ed il futuro di Berlusconi, il caso kazako che ha fatto fibrillare il Governo, la penosa situazione delle carceri italiane. Temi di cui ha parlato oggi a Firenze, a margine di una visita al carcere di Sollicciano, il ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri. "Io credo che la Cassazione farà quello che deve fare con la massima serenità. Aspettiamo gli eventi" ha detto il ministro a proposito della sentenza attesa per domani da parte della Cassazione sui diritti tv di Mediaset. Sul caso Shalabayeva "ora c’è un’inchiesta in corso da parte della Procura della Repubblica, lasciamo che la magistratura lavori" ha raccomandato Anna Maria Cancellieri ai giornalisti che le chiedevano un commento a proposito della relazione fatta alla Procura di Roma dal presidente del Tribunale della capitale Mario Bresciano. "Adesso è il momento di fare un po’ di silenzio e lasciar lavorare gli inquirenti". Riguardi poi all’iter del decreto leggi sulle carceri: "Purtroppo nel passaggio parlamentare è stato un po’ modificato e cambiato, secondo noi, in senso negativo. Adesso vediamo se riusciamo a recuperare degli spazi, sennò vedremo, in un altro momento di depenalizzazione, di affrontare il tema" ha detto il ministro della Giustizia. "Per noi come aspetto è importante la recidività, perché quello sarebbe già qualcosa. Vediamo come andrà a finire. La depenalizzazione sarà un modo per alleggerire le carceri -ha concluso Cancellieri- c’è una commissione di studio che sta facendo un lavoro molto serio e poi prenderemo le nostre decisioni". Marche: Pannella (Radicali); in tutte le carceri hanno suonato campane della speranza Notizie Radicali, 29 luglio 2013 Ieri hanno suonato così le nostre campane". Marco Pannella rispolvera una battuta storica per annunciare i risultati della "Grande Battitura della speranza" che giovedì 30, dalle 19.30 alle 20, si è alzata nella maggior parte delle carceri italiane, prima manifestazione di ripresa della lotta non violenta per l’Amnistia e la riforma della Giustizia. Dalle catacombe della civiltà che sono le carceri italiane comprese quelle marchigiane, i fedeli alla religiosità della libertà umana hanno fatto suonare le loro campane di dolore ma soprattutto di speranza. In tutte le carceri marchigiane, con la battitura delle sbarre i detenuti hanno rilanciato la campagna per l’amnistia e la giustizia. Rimarchiamo come l’amnistia sia l’unico strumento strutturale per interrompere la flagranza criminale dello Stato italiano che da tre decenni è condannato dalla giurisdizione europea per tutti i peggiori reati contro i diritti umani, personali e sociali. Sovraffollamento penitenziario, sottorganico degli operatori, mancanza di igiene, di sanità, di rieducazione e reinserimento, mancanza di una giustizia giusta, efficiente e veloce sono il freno dell’Italia. Per questo i detenuti ci hanno aiutato ieri, con un piccolo ma risonante gesto, a mettere in luce una situazione ormai allo stremo. Montacuto: stanchi delle parole di Tanoni… amnistia subito! Matteo Mainardi, Presidente Radicali Marche e Membro Giunta di Segreteria di Radicali Italiani, dichiara: "I Radicali sono da anni impegnati nella battaglia per delle carceri più umane, per una giustizia che funzioni, che sia al servizio dei cittadini e per il ripristino di uno stato di diritto nella violentata Italia. Siamo stanchi di sentire il Garante dei Detenuti delle Marche Italo Tanoni, affermare cose del tipo: "Individuare soluzioni concrete e condivise per migliorare la situazione delle carceri". Noi Radicali forniamo da tempo una proposta che il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha definito di prepotente urgenza: "Amnistia per la Repubblica, per la Giustizia, per la Legalità". Anche ieri abbiamo assistito all’ennesimo suicidio di un detenuto ventiquattrenne (ventiquattrenne) nel carcere di Montacuto, un carcere che scoppia e che può godere di un solo psicologo per una popolazione carceraria allo stremo, che sconta il sottorganico degli operatori penitenziari e l’assenza di risoluzioni da parte del Governo e del Parlamento nazionale. Quante altre sentenze della Ue e quante altre morti dobbiamo attendere prima che qualcuno inizi a prendere seri provvedimenti?". Cremona: detenuto suicida, aveva fatto esplodere la casa per protesta contro lo sfratto Ristretti Orizzonti, 29 luglio 2013 Accusato di "tentata strage", era detenuto da giugno 2012 in attesa del processo. Il suo avvocato aveva chiesto il ricovero in una struttura alternativa al carcere, inutilmente. In 13 mesi cambia tre carceri e viene sottoposto a perizia psichiatrica. Mario Vignoli, 66 anni, meglio conosciuto come "Pietro l’eretico", quando l’ufficiale giudiziario si presenta sotto casa per sfrattarlo, apre la bombola del gas e accende un fiammifero. Nell’esplosione, avvenuta la mattina del 20 giugno 2012 al civico 97 di Strada Francesca Est, a Rivalta di Rodigo (Mn), lui si salva, perdendo soltanto i sensi. Un carabiniere all’esterno resta lievemente ferito. Accusato di "tentata strage" finisce nel carcere di Mantova, poi in quello di San Vittore ed infine a Cremona, dove ieri si impicca nel bagno della cella. Gli agenti della Polizia Penitenziaria lo soccorrono prontamente, ma non si riprende e questa mattina muore in Ospedale. Al momento dello scoppio a poca distanza dalla porta della casa dove Vignoli si è asserragliato dopo l’arrivo dell’ufficiale giudiziario con la notifica dello sfratto, c’è anche Claudio Maestrelli, un amico d’infanzia, accorso per provare a far ragionare Vignoli. "È disperato, ma non è un criminale. Aveva bisogno di aiuto, ma non l’ha trovato da nessuna parte". Il Sindaco di Rodigo, Gianni Chizzoni, replica: "Mi dispiace tanto dal punto di vista umano, ma come Comune non potevamo davvero fare di più. È venuto a chiedere aiuto nei nostri uffici, ed era in contatto con i servizi sociali". Di professione Mario Vignoli faceva il carrozziere, ma negli ultimi tempi il lavoro era sempre meno e di conseguenza i soldi per l’affitto scarseggiavano, così la casa dove aveva costruito il suo rifugio e messo i libri di storia che divorava tutti i giorni, era stata messa in vendita con lo sfratto esecutivo per lui. Curioso personaggio, noto per il suo abbigliamento stravagante, imitazione dei paramenti sacri e per le sue incursioni con cartelli e striscioni in cui si scagliava contro la decadenza dei costumi, si era lanciato in una sfida a senso unico contro la Chiesa e il potere ecclesiastico. Aveva fatto incursioni nelle chiese della zona durante la messa, era salito a Palazzo della Ragione in occasione del convegno su Leone IX per manifestare il suo dissenso, fino al 2 giugno, quando si era spinto fino in piazza Duomo a Milano durante la visita di Papa Ratzinger. Aveva cominciato a inveire contro i costumi della Chiesa, ma era stato fermato dagli agenti della Digos che scortavano il pontefice e poi denunciato. Detenuto tenta il suicidio in carcere. Muore in ospedale (Comunicato Sappe) Aveva tentato il suicidio nella sua cella del carcere di Cremona, dove era giudicabile per il reato di tentata strage, ma il tempestivo intervento dei poliziotti penitenziari aveva scongiurato l’insano gesto di un detenuto di Mantova, impedendogli di impiccarsi. Trasportato all’Ospedale, è morto oggi. "Ieri il detenuto aveva tentato di porre fine alla propria vita cercando d’impiccarsi nel carcere di Cremona e solo grazie al tempestivo intervento del personale di Polizia Penitenziaria in servizio si è riusciti a salvargli la vita, trasportando urgentemente il detenuto presso la struttura ospedaliera più vicina. Purtroppo la vicenda ha portato ad aggiornare l’elenco delle persone morte per suicidio, seppur il decesso non è avvenuto all’interno del penitenziario. Il Personale di Polizia Penitenziaria è intervenuto nell’immediatezza e con la solita professionalità che lo distingue nonostante tutte le problematiche che affliggono il Corpo. Nella situazione in cui versa attualmente il pianeta carcere gli eventi critici potranno solo che aumentare in modo esponenziale e l’operato del personale di Polizia Penitenziaria risulterà vano se non si troverà una celere soluzione a tutte quelle criticità legate alla maggior parte degli istituti penitenziari italiani." A dichiararlo è Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe (la prima e più rappresentativa della Categoria). Capece sottolinea che sabato scorso, sempre a Cremona, c’è stato un tentativo di evasione sventato in tempo dalla Polizia Penitenziaria e "punta il dito" contro le incapacità dell’Amministrazione Penitenziaria a fronteggiare l’emergenza carceri: "Ogni giorno accade qualcosa di grave in uno degli oltre 200 penitenziari del Paese e il Dap non ci sembra in grado di fronteggiare l’emergenza. Non è certo con le fantasie di Tamburino e Pagano, Capo e vice Capo Dap, sulla vigilanza dinamica dei penitenziari pensate per alleggerire l’emergenza carceraria che si risolvono i problemi. Questa soluzione, in realtà, è una resa dello Stato alla criminalità. Pensare a un regime penitenziario aperto; a sezioni detentive sostanzialmente autogestite da detenuti previa sottoscrizione di un patto di responsabilità favorendo un depotenziamento del ruolo di vigilanza della Polizia Penitenziaria, relegata ad un servizio di vigilanza dinamica che vuol dire porre in capo ad un solo poliziotto quello che oggi lo fanno quattro o più Agenti, a tutto discapito della sicurezza e mantenendo il reato penale della "colpa del custode"; ebbene, tutto questo è fumo negli occhi!" Velletri (Rm): detenuto di 40 anni si suicida. Il Garante: quinto caso in regione nel 2013 Ristretti Orizzonti, 29 luglio 2013 Un nomade italiano di 40 anni, Giovanni Marsala, si è ucciso impiccandosi con le lenzuola all’interno della sua cella di isolamento, 8 ore dopo essere arrivato nell’istituto. Marroni: "Non può essere più rinviata una profonda e coraggiosa riforma parlamentare del carcere". Si è ucciso impiccandosi con le lenzuola all’interno della sua cella di isolamento, 8 ore dopo essere arrivato nel carcere di Velletri. È morto così, nel pomeriggio di ieri un nomade italiano di 40 anni, Giovanni M. A rendere noto il "quinto suicidio registrato nelle carceri del Lazio dall’inizio del 2013" è il Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni. A quanto appreso dai collaboratori del Garante, "l’uomo era stato arrestato, insieme a numerose altre persone, all’inizio di luglio nell’ambito di un’inchiesta sugli stupefacenti. Rinchiuso a Regina Coeli per 20 giorni, vi era rimasto fino a ieri mattina, quando è stato disposto il suo trasferimento a Velletri". "Giunto a Velletri intorno alle 12.00, due ore dopo è stato sottoposto alla visita di primo ingresso, prima di essere assegnato in una cella di isolamento. Alle ore 20.00 Marsala ha chiesto all’agente di polizia penitenziaria di essere accompagnato in infermeria. Tornato poco dopo in cella, aveva chiesto la sostituzione della tv rotta. Alle ore 21.00 gli agenti lo hanno trovato impiccato con le lenzuola del letto. A nulla sono valsi i tentativi di soccorso", spiega la nota. Il Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni sottolinea che si tratta del quinto suicidio nelle carceri del Lazio nel 2013. "Da gennaio ad oggi i decessi registrati negli istituti della regione sono stati 13: cinque suicidi, tre per malattia e quattro per cause ancora da accertare. Al computo va aggiunta anche una donna che lavorava come infermiera a Rebibbia. In base alle statistiche, 9 dei 13 decessi del 2013 si sono registrati a Rebibbia Nuovo Complesso. Dall’inizio dell’anno a Velletri i decessi registrati sono stati 3: due suicidi ed una morte per malattia". "Ciò che fa riflettere nella tragedia di ieri - ha detto il Garante Angiolo Marroni - è che il carcere può piegare la resistenza anche di chi, come la vittima di ieri, aveva purtroppo già conosciuto la durezza della vita in cella. Il sovraffollamento, la drammatica carenza di risorse e di personale sono tutti fattori che costringono a guardare ai grandi numeri e non al particolare, dimenticando che dietro ogni cifra ci sono uomini con i loro problemi e le loro debolezze. È per questo che ritengo non possa essere più rinviata una profonda e coraggiosa riforma parlamentare del carcere, che consenta all’intero sistema penitenziario di tornare ad essere una speranza per i reclusi, come per altro previsto dalla nostra Costituzione". Venezia: corteo dei centri sociali per lo "svuota-carceri" a Santa Maria Maggiore www.veneziatoday.it, 29 luglio 2013 Gruppo di attivisti dei centri sociali del Nordest per rimarcare la drammatica situazione dell’istituto lagunare. Applausi dalle celle. Si accoda la polizia penitenziaria. I detenuti rinchiusi in cella e gli attivisti dei centri sociali fuori dal carcere a sostenere la loro precaria situazione. È stata organizzata domenica pomeriggio, davanti al carcere di Santa Maria Maggiore, la manifestazione di un gruppo di persone per protestare contro l’affollamento dell’istituto penitenziario. Una giornata scelta non a caso, ovvero quella ritenuta a rischio per caldo e afa. Da Bollino rosso. Lo stesso che da mesi e anni viene applicato al carcere veneziano, ad indicare l’estremo disagio di personale di vigilanza e carcerati. I portavoce hanno alzato la voce con i dati alla mano: Santa Maria Maggiore ha una capienza massima di 150 persone ma gli occupanti arrivano a 275. Si chiede l’amnistia, come spiega il Gazzettino: 4 detenuti su 10 sono dentro per "reati minori", che presuppongono furti, piccole truffe e spaccio. Solidarietà ai manifestanti si è levata dagli ambienti carcerari. Dalle celle sono arrivati applausi e grida di stima. Ad accogliere la giornata di protesta, tuttavia, anche i sindacati della polizia penitenziaria che non hanno mancato, ancora una volta, di far sapere la drammatica situazione a Venezia. Il personale sarebbe costretto a turni di lavoro "massacranti" e molti alloggi devono essere ristrutturati. Catania: lo Stato risarcirà un detenuto che si ferì cadendo dal letto a castello La Sicilia, 29 luglio 2013 Il carcere di piazza Lanza, non è soltanto "degradante e disumano" (così come sancito lo scorso anno con un suo provvedimento il giudice di sorveglianza, soprattutto in relazione al sovraffollamento) ma è anche insicuro, nel senso che non garantisce le più elementari norme di salvaguardia dell’incolumità dei detenuti che vi sono ristretti. Una sentenza della Corte d’appello civile, depositata negli scorsi giorni, condanna il Ministero della Giustizia a risarcire i danni materiali sofferti da un detenuto catanese, oggi quarantenne, che nel 2007, riportò gravi lesioni a causa di una caduta notturna, durante il sonno, dal quarto livello dei letti a castello della cella in cui era ristretto. I letti a castello di piazza Lanza, che arrivano appunto fino al quarto livello (laddove se un detenuto, magari al risveglio del mattino ancora sonnolente, alza la testa la sbatte di sicuro contro il soffitto), sono gli unici di tutte le carceri italiane a non essere dotati né di sbarre di protezione, né di scalette, sicché quando i reclusi vanno a dormire, anche quelli più anziani, o obesi, o malandati, sono costretti a fare le acrobazie. Ma tornando al caso specifico, il detenuto, a causa di quella caduta, riportò gravi fratture, al bacino, alla tibia e all’omero, patendo per mesi e mesi la costrizione all’immobilità e alla sofferenza. Invero, attraverso il legale di fiducia, avvocato Vito Pirrone (che è anche presidente dell’Associazione nazionale forense), il detenuto, ebbe una delusione dalla sentenza di I grado che rigettò l’istanza risarcitoria, ma poi la sentenza fu appellata e a conclusione del secondo processo il detenuto ha potuto far valere le proprie ragioni. Per stabilire il quantum, cioè l’entità del risarcimento, gli atti sono stati trasmessi al giudice istruttore civile che dovrà disporre una perizia medico legale ad hoc. La Corte, accogliendo le argomentazioni dell’avvocato Pirrone, ha riconosciuto "l’oggettiva pericolosità della branda non provvista di strumenti di protezione, preordinati a scongiurare il verificarsi eventi dannosi, quali quello in oggetto e le relative conseguenze lesive per la salute dei detenuti. Il Garante per i diritti dei detenuti per la regione siciliana, Salvo Fleres, in merito a questa vicenda ha dichiarato: "Il Carcere di Piazza Lanza è un Istituto molto strano, dove accadono fatti gravi e imbarazzanti, che ho puntualmente segnalato e che sono all’attenzione della Magistratura. Ed è l’unico carcere siciliano in cui l’ufficio del Garante subisce interferenze nella sua legittima autonomia. Ma anche tali fatti sono noti alle Autorità competenti, che comunque hanno sempre assicurato che i servizi resi dall’ufficio in questione non venissero mai interrotti in alcun modo". Lucca: in Provincia accordo per il reinserimento degli ex detenuti nel mondo del lavoro www.gonews.it, 29 luglio 2013 La Provincia si impegna a coordinare la segreteria tecnica dell’intesa. Se ne occuperanno gli assessori alle Politiche sociali Federica Maineri e alla Pubblica istruzione Mario Regoli. I problemi del carcere e il reinserimento delle persone detenute ed ex detenute nella comunità lucchese sono al centro di un protocollo di intesa che è stato firmato questa mattina (lunedì 29 luglio) a Palazzo Ducale, che nasce dalla necessità, che nel tempo si è evidenziata, di ampliare la collaborazione e lo scambio di informazioni sulle attività connesse al mercato del lavoro. Il documento è stato siglato, oltre che dalla Provincia, dai rappresentanti di: Casa circondariale di Lucca; Conferenze zonali dei sindaci della Valle del Serchio e della Piana di Lucca; Comune di Lucca; Camera di Commercio, dell’Ufficio esecuzione penale esterna di Pisa - sede di Lucca; Aziende sanitarie locali 2 di Lucca e 12 della Versilia; Gruppo volontari carcere di Lucca; delegazione lucchese del Centro servizi volontariato Toscana-Cesvot; Cooperativa La Mongolfiera; consorzio So&Co; Ce.I.S gruppo giovani e comunità; Seac; Patronato Inac; Centro territoriale permanente per l’istruzione e la formazione in età adulta di Lucca; Gruppo volontari accoglienza immigrati; Confartigianato Lucca; Confederazione nazionale degli artigiani di Lucca; Ascom; Confesercenti; Coldiretti; Unione Agricoltori; Cia; Confcooperative; Lega Cooperative; Unci e Associazione degli Industriali della provincia di Lucca. "La necessità di svolgere una programmazione integrata degli interventi attuati dai vari soggetti - spiegano gli assessori provinciali alle Politiche Sociali, Federica Maineri e alle Politiche del lavoro, Mario Regoli -, al fine di rendere ancora più efficace l’azione per contrastare l’esclusione sociale delle persone detenute è alla base del protocollo. È, infatti, un’esigenza che si è evidenziata anche a seguito della creazione della rete tra enti, associazioni e sindacati per la promozione di un maggiore scambio di informazioni sulle attività connesse al mercato del lavoro, consolidando, in questo modo, le modalità operative comuni che, di fatto, hanno migliorato la qualità degli inserimenti lavorativi dei carcerati e degli ex carcerati". In particolare, con questo protocollo, la Provincia di Lucca si impegna a coordinare la segreteria tecnica del tavolo dei soggetti firmatari del documento: di questo coordinamento si occuperanno, in particolare, gli assessori alle Politiche sociali, Federica Maineri, e alla Pubblica istruzione, lavoro e formazione, Mario Regoli. Studio e divulgazione sono, comunque, centrali in questo documento e saranno attuati attraverso due sezioni speciali, una nell’ambito dell’Osservatorio provinciale delle politiche sociali e l’altro sul sito istituzionale del settore, nel quale nascerà la parte dedicata alla Promozione della cittadinanza, che conterrà le informazioni sui servizi e le strutture rivolte ai cittadini detenuti, in esecuzione penale esterna ed ex detenute, trasmesse da soggetti pubblici e non firmatari del protocollo. Firenze: Lensi (Radicali); quando il trasferimento delle madri e dei bambini all’Icam? Notizie Radicali, 29 luglio 2013 Il consigliere provinciale "interroga" il Sindaco Renzi dopo le dichiarazioni su Facebook. Mercoledì 31 luglio Consiglio provinciale a Sollicciano alla presenza del leader radicale Marco Pannella. In riferimento alle dichiarazioni di Matteo Renzi su facebook sulla visita del Ministro Cancellieri a Sollicciano e dove scrive: "Il Comune di Firenze stanzia ogni anno 400.000 euro su progetti per i detenuti, finanziando anche l’accompagnamento dei bimbi all’asilo" il consigliere provinciale Massimo Lensi (Gruppo Misto - Radicali) dichiara: "Mi fa molto piacere che il sindaco Matteo Renzi si sia svegliato sull’istituto di custodia attenuata per le detenute madri ed i loro bambini. Mi dispiace che utilizzi il gerundio invece del presente, del futuro o del passato prossimo. Preferirei sapere che protocollo d’intesa è in fase di esecuzione - aggiunge Lensi - e una data certa affinché possa essere operativo il trasferimento delle detenute madri ed i loro bambini alla Madonnina del Grappa come annunciato da Renzi. Ricordo che mercoledì ci sarà un Consiglio provinciale straordinario a Sollicciano alla presenza del leader radicale Marco Pannella". Firenze: 49° giorno del "digiuno a staffetta" per superare il sovraffollamento Comunicato stampa, 29 luglio 2013 La visita della ministra della Giustizia Annamaria Cancellieri oggi pomeriggio al carcere di Sollicciano avviene in un momento assai preoccupante dopo che la maggioranza al Senato ha impallinato il decreto del Governo che cancellava l’obbrobrio della legge Cirielli sulla recidiva. Mi auguro che questa sia l’occasione per la ministra di riconfermare l’impegno per una riforma minima ma significativa che peraltro giustifica la sopravvivenza del decreto. La Commissione dei detenuti di Sollicciano ha richiesto un incontro con la ministra per un confronto sulle condizioni di vita del carcere che hanno provocato la condanna dell’Italia da parte della Corte di Strasburgo per trattamenti inumani e degradanti. Voglio sottolineare che i detenuti hanno aderito alla campagna per le tre leggi di iniziativa popolare sottoscrivendo numerosi le proposte, hanno aderito al digiuno a staffetta per il decreto contro il sovraffollamento con lo "sciopero del carrello", hanno votato in tanti alle elezioni politiche: insomma hanno scelto la via del dialogo e delle iniziative pacifiche e nonviolente per affermare diritti e dignità, per questo credo abbiano diritto non a generiche promesse ma a fatti concreti per il rispetto e l’applicazione dell’art. 27 della Costituzione. Mi auguro che la ministra Cancellieri dia speranza alla popolazione detenuta annunciando alcune misure per il carcere di Firenze in attesa di una riforma profonda che la Commissione presieduta da Mauro Palma sta elaborando con profondità e rapidità insieme. Ecco i punti qualificanti per applicare il Regolamento del 2000 e incentivare responsabilità e autonomia dei detenuti: 1) Chiusura immediata della Casa di cura e custodia per detenute con seminfermità mentale; 2) Fine dei lavori per la seconda cucina entro un mese; 3) Inizio dei lavori al Femminile per il rifacimento dei servizi igienici nelle celle; 4) Adozione entro la fine dell’anno della tessera telefonica; 5) Apertura dei refettori per consumare i pasti non in cella; 6) Previsione di uno spaccio per l’acquisto dei prodotti del sopravvitto eliminando speculazioni e garantendo trasparenza su qualità e prezzi; 7) Utilizzo del Giardino degli Incontri, l’ultimo progetto dell’architetto Giovanni Michelucci, non solo per i colloqui ma anche per le visite lunghe. Il Tribunale di Sorveglianza di Firenze nei mesi scorsi ha presentato alla Corte Costituzionale una eccezione sul tema del diritto alla affettività: La Consulta ha affidato il tema al parlamento e sarebbe bello che la ministra annunciasse la presentazione su questo delicato tema di un disegno di legge del governo. N.B. In Toscana al 31 dicembre 2012 erano presenti 4.148 detenuti, di cui 1.719 (oltre il 40%) per violazione dell’art. 73 della legge Fini-Giovanardi sulle droghe e 1.137 tossicodipendenti: sono cifre impressionanti che spiegano la ragione del sovraffollamento e la necessità di cambiare subito la legge almeno nei punti più repressivi. Oggi digiuna: Daniela Mantellassi, pensionata. Il Garante comunale dei diritti dei detenuti di Firenze Trapani: carenza di acqua in carcere, protesta "rumorosa" dei detenuti Asca, 29 luglio 2013 "Rumorosa" protesta nelle carceri "San Giuliano" di Trapani: gli oltre quattrocento detenuti, per denunciare la carenza di acqua nei servizi igienici, da stamani, battono oggetti metallici contro le grate, provocando un rumore assordante. Il problema è legato al protrarsi dei lavori di sistemazione della condotta principale che collega il dissalatore di Nubia con i Comuni dell’hinterland trapanese. Nell’istituto di pena la situazione è insostenibile: oggi, all’interno delle celle, il termometro ha toccato i 40 gradi. Il caldo torrido associato alla scarsità dell’acqua ha creato condizioni di grave disagio. Negli ambienti carcerari si teme che la protesta possa degenerare. Cremona: Sappe; sventata evasione di un detenuto conferma precarietà gestione Dap Adnkronos, 29 luglio 2013 "L’evasione sventata dal carcere di Cremona, sabato pomeriggio, è la goccia che fa traboccare il vaso della precarietà delle politiche gestionali dell’Amministrazione Penitenziaria". Lo afferma in una nota Donato Capece, segretario generale del Sappe, Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, commentando quel che è avvenuto in alcune carceri italiane negli ultimi giorni. "In poche ore, negli ultimi giorni, è accaduto di tutto: nel carcere di Napoli Poggioreale un gruppo di rivoltosi si è barricato in cella per contestare il sovraffollamento della struttura e solo la professionalità e le capacità di gestione dell’evento critico da parte del Personale di Polizia hanno permesso di porre fine alla protesta senza l’uso della forza - prosegue Sappe. A Monza e Roma Rebibbia due detenuti si sono tagliati la gola mentre nel carcere di Aosta 4 poliziotti sono rimasti feriti a seguito di una colluttazione avvenuta con un detenuto magrebino. Tutto è nato dal rifiuto dello stesso di ricevere in cella un connazionale e dalla pretesa di rimanere solo nella camera a lui assegnata". A Cremona, sabato pomeriggio, segnala il sindacalista, "un detenuto albanese ha tentato di evadere durante l’ora d’aria ma è stato prontamente bloccato dagli Agenti di Polizia Penitenziaria. Tutti questi eventi critici nelle carceri italiane sono sintomatici che al Dap regna la confusione più totale per garantire la sicurezza delle carceri italiane. Chiediamo alla ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri di commissariare il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e di avvicendarne i vertici". Aosta: Cosp; in carcere sovraffollamento e precarie risorse umane ed economiche Ansa, 29 luglio 2013 "Il carcere di Brissogne risulta tra gli istituti in sovraffollamento e le precarie risorse umane di polizia ed economiche tecnologiche destinate al penitenziario incidono sulla sicurezza e sulla custodia trattamentale all’interno dell’istituto". Lo riferisce in una nota il Coordinamento sindacale penitenziario (Cosp), commentando l’aggressione di quattro agenti di polizia penitenziaria avvenuta venerdì scorso. "Solo grazie alla professionalità degli operatori tutti della sicurezza - prosegue la nota sindacale - si continua a mantenere sinergie operative e qualitative detentive in un sistema carcere nazionale che si presenta ogni giorno sempre di più al collasso". "È inaccettabile - dichiara Domenico Mastrulli, segretario generale del Cosp - che tutti i giorni dell’anno in uno o più istituti nazionali penitenziari italiani si debba fare la conta dei feriti tra le fila della polizia penitenziaria per sedare risse, rivolte, evasioni, tentativi di evasioni, aggressioni, autolesionismi e suicidi, ultima attività è il contenimento di detenuti con gravi problemi psichiatrici da contenere nei normali reparti detentivi a seguito della chiusura degli Opg mentre il sistema sanitario regionale è al collasso ed i protocolli d’intesa sottoscritti sono lettera morta come avvenuto nel penitenziario di Aosta". Firenze: "Pizza Fuori", il ristorante dei cuochi-detenuti Affari Italiani, 29 luglio 2013 Un ristorante con 200 coperti cogestito da una ventina di camerieri e cuochi detenuti. È l’innovativo progetto dell’Opera Madonnina del Grappa di Firenze, che potrebbe vedere la luce entro Natale nei locali dell’associazione in via di Caciolle, nel quartiere di Rifredi. Il ristorante si chiamerà "Pizza Fuori". Nato da un’idea di Vincenzo Russo, amministratore della Madonnina e cappellano di Sollicciano, l’innovativo ristorante sorgerà su 500 metri quadrati e sarà suddiviso in una sala pizzeria, una sala trattoria e una sala gioco dedicata ai bambini per un’utenza complessiva di quasi duecento persone. I reclusi che cogestiranno il ristorante, affiancati da cuochi e camerieri professionisti, sono quelli che stanno scontando la pena (alcuni sono ergastolani) nei locali della Madonnina del Grappa come luogo alternativo al carcere. Sono tutti dentro per reati gravi, "ma sono pur sempre persone" dice Don Russo, che critica aspramente le difficoltà che trovano i detenuti quando escono a reinserirsi nel mondo del lavoro. "Mancano i progetti di reinserimento sociale e i reclusi non hanno alternative se non quelle di rifinire nel giro della criminalità. Questo progetto nasce proprio per dare una speranza a coloro che vogliono rifarsi una vita dopo anni di prigionia e a chi non ha libertà". Un progetto dal forte carattere formativo, ma anche un luogo dove avvicinare la cittadinanza al mondo dei reclusi, un luogo dove "imparare a conoscere gli aspetti più nascosti della vita". I lavori di ristrutturazione dei locali partiranno nelle prossime settimane con il rifacimento del tetto, per poi proseguire in autunno con la sistemazione della cucina. Sanremo (Im): Uil-Pa Penitenziari; sono già sei i poliziotti aggrediti dall’inizio del 2013 www.primocanale.it, 29 luglio 2013 Il Segretario Regionale della Uil-Pa Penitenziari Liguria, Fabio Pagani, parlando della situazione delle carceri, ha dichiarato che "l’ultima aggressione, ovvero quella del 22 Luglio ai danni della Polizia Penitenziaria di Sanremo è la sesta dall’inizio del 2013, che ha visto pagare fisicamente un Agente di Polizia Penitenziaria in servizio a Valle Armea". "Il carcere di Sanremo rischia di collassare da un momento all’altro, oggi i detenuti presenti sono 356 rispetto ad una capienza regolamentare di 209, quindi con una percentuale di sovraffollamento che supera abbondantemente il 50% - ha aggiunto Pagani che definisce così l’episodio - "un gravissimo evento che ancora una volta evidenzia le condizioni di insofferenza che caratterizzano l’istituto di Sanremo, non solo per la cronicità del sovraffollamento, ma soprattutto per le modalità di gestione dei detenuti". Preoccupante anche la modalità con cui il detenuto ha ferito l’agente, che è stato afferrato e sbattuto ripetutamente contro le sbarre della cella. "Abbiamo davvero rischiato di versare lacrime per il collega - sottolinea il sindacalista - perché, per soli pochi millimetri, i colpi non hanno interessato zone sensibili del collo e della testa". Ad aggravare la situazione il fatto che la direzione di Sanremo non ha preso alcun provvedimento nei confronti del detenuto reo di quest’ultima aggressione, motivo per cui la Uil ha nuovamente chiesto al Ministro Cancellieri e al Capo del Dap Tamburino, di trasferire il direttore dell’Istituto. "In data 1 Agosto 2013 il Direttore di Valle Armea sarà giudicato a Genova dalla Commissione Arbitrale Regionale per comportamento antisindacale" ha confermato il Segretario Regionale Uil. Larino (Cb): cena di solidarietà "Sotto le stelle, dietro le sbarre" di Brigida Finelli (Funzionario Giuridico-Pedagogico) Ristretti Orizzonti, 29 luglio 2013 Il 20 giugno 2013 presso il cortile interno della Casa Circondariale e di Reclusione di Larino si è svolta la prima cena di solidarietà finalizzata, in collaborazione con l’Associazione "Iktus" onlus di Termoli e l’Istituto per i Servizi Alberghieri e della Ristorazione "Federico di Svevia" di Termoli, alla raccolta di fondi da destinare al finanziamento delle attività istruttivo - formative della popolazione detenuta. L’idea progettuale è nata a conclusione del percorso scolastico che ha visto coinvolti nel corso dell’anno 2012-2013 tre classi di detenuti appartenenti a tutti i circuiti presenti presso la Casa Circondariale di Larino. La forza e l’impegno dimostrati dalla Direzione dell’istituto nel voler ricercare un settore, quale quello della ristorazione come nicchia per avviare professioni spendibili, è stata ben riposta, considerati i risultati raggiunti. A tal proposito, infatti, duecento gli inviati presenti, provenienti dall’esterno e 40 il numero di detenuti impiegati nel servizio di ricevimento, cucina, sala e di plonge. L’alta valenza del progetto è stata di tutta evidenza ravvisabile nella massiccia presenza di persone che hanno fatto ingresso dall’esterno, le quali attratte dalla possibilità di vivere un’esperienza diversa hanno risposto con entusiasmo e vissuto, in un’atmosfera rilassata e piacevole, una serata in cui la commistione tra buon cibo e buona musica ha fatto da cornice naturale. Un altro modo di vivere l’istituto di pena, per i detenuti ivi ristretti ma anche per il personale sia di Polizia Penitenziaria che civile. Per cui vinta l’iniziale ansia del nuovo, tutti hanno collaborato con una certa dose di entusiasmo e di curiosità alla riuscita dell’evento. Tutto ciò acquista un’importanza ancora maggiore in tempi in cui la penuria di finanziamenti sui capitoli di bilancio dedicati alle attività trattamentali rischia di paralizzare l’assunto fondamentale cui è sottesa la finalità della pena. L’ottica manageriale e di budget, questa la nuova prospettiva verso la quale dovrebbe muoversi l’Amministrazione Penitenziaria al fine di divenire un’Amministrazione non più totalmente improduttiva, ma capace di autofinanziarsi sfruttando le risorse del territorio, ma soprattutto l’immenso patrimonio di risorse umane costituito dalla popolazione detenuta e di dotarsi di auto efficienza. Fare trattamento, poi, non vuol dire necessariamente lavorare in setting o contesti formali in cui cercare di operare una destrutturazione del vissuto deviante. La rieducazione può operare, infatti, come motu proprio attraverso l’esempio dell’alternativa al percorso di vita che ha condotto alla commissione di reati, e ciò non è pura demagogia o una mera affermazione di principio. L’impegno profuso dai soggetti detenuti nell’attività scolastica e successivamente nell’organizzazione dell’evento ha, infatti, come sostrato un processo di cambiamento delle dinamiche personali e sociali. Questo è trattamento e non mero contenimento; iniezione di fiducia che ingenera modificazione del sentimento del sé. Questo significa fare prevenzione dalla commissione di reati. Quest’ottica del trattamento che opera come sistema naturale e si lega ad un’osservazione sulla quotidianità dei gesti quali quello di cucinare, si eleva a sistema scientifico ed in quanto tale replicabile. Quale migliore opportunità di riscatto dinanzi ad una bella fetta di società cosiddetta libera? Si può leggere in iniziative di questo tipo una volontà di riempire il divario tra le parti sociali che la commissione di reati necessariamente crea. Ma la necessarietà del pregiudizio scompare di fronte al benessere generalizzato che questa serata ha avuto il potere di ingenerare nel nome di una legalità ritrovata che diventa per la comunità esterna sentita e partecipata. Le idee progettuali future partiranno da questo successo e proseguiranno verso la costruzione di una rete sociale ancora più forte che consenta di creare opportunità lavorative anche esterne. Immigrazione: nuova strage in mare, 31 morti, e a Lampedusa torna l’emergenza di Alessandra Ziniti La Repubblica, 29 luglio 2013 Si capovolge gommone davanti alle coste libiche, il racconto dei sopravvissuti. Alfano: "Fermare i mercanti di morte". Sono sbarcati sul molo Favaloro, là dove solo tre settimane fa Papa Francesco ha abbracciato altri profughi come loro, con ancora negli occhi le tragiche immagini delle mani dei loro compagni di viaggio che uscivano dall’acqua in un ultimo disperato grido d’aiuto, arsi dal sole, disidratati e soprattutto choccati per quella tragica traversata che ha aggiunto 31 vittime senza nome al lunghissimo elenco degli oltre 6.000 morti in fondo al Canale di Sicilia. In 22 ce l’hanno fatta, salvati dalla prontezza dei soccorsi dirottati sul luogo del naufragio dalla nostra Guardia costiera che venerdì pomeriggio ha raccolto l’allarme lanciato da bordo di un gommone che stava per affondare al largo delle coste della Libia. Gli uomini degli equipaggi di due mercantili panamensi, il Gaz United e il Gaz Energy, li hanno tirati fuori dall’acqua al tramonto, prima venti, poi altri due mentre il piccolo gommone sul quale avevano viaggiato stava ormai per affondare. "Eravamo 53 a bordo - racconta Jalil, 21 anni, senegalese - ci avevano fatto imbarcare mercoledì da una spiaggia della Libia dove eravamo in attesa da mesi, ma il gommone era troppo piccolo per tutti e imbarcava acqua continuamente. In tre giorni pensavamo di dover essere ormai arrivati e invece si vedeva solo mare. Quando abbiamo capito che saremmo affondati, uno di noi che aveva un telefono satellitare ha dato l’allarme, le donne piangevano, avevano sete, poi quando abbiamo visto le navi che si avvicinavano ci siamo buttati in mare. Abbiamo chiesto di cercare gli altri, ma non si vedeva più niente". Ci sarebbero nove donne tra le 31 vittime di questo nuovo naufragio, il terzo del 2013, dopo il tragico soccorso dei migranti aggrappati alle gabbie dei tonni in mezzo al Canale di Sicilia che turbò tanto Papa Francesco da spingerlo a scegliere Lampedusa come prima visita del suo pontificato. Arrivati a Lampedusa ieri mattina, i 22 superstiti (tutti di Nigeria, Gambia, Benin e Senegal) sono stati rifocillati e condotti al centro di prima accoglienza dove, dopo gli sbarchi delle ultime ore (450), la situazione è ormai oltre il limite. Un migliaio di profughi a fronte di una capienza di meno di 300 posti, una situazione d’emergenza soprattutto per i minori, circa 150, bloccati a Lampedusa da settimane in condizioni drammatiche come denuncia Terre des hommes che lancia un appello affinché vengano trovati i fondi per le comunità destinate all’accoglienza dei minori. Il ministro dell’Interno Angelino Alfano, che ieri ha disposto il trasferimento di un centinaio di migranti sulla terraferma, ha auspicato nuovi accordi che possano fermare i flussi migratori in preoccupante aumento. "La tratta di esseri umani deve avere termine, bisogna rafforzare una rete di collaborazione con i principali Paesi d’origine dei flussi migratori". La preoccupazione è che nelle prossime settimane, con l’acuirsi della tensione nel Nord Africa e in Siria, ci sia un vero e proprio assalto alle coste siciliane. Ancora ieri, lo stesso mercantile panamense che ha soccorso i superstiti del naufragio ha recuperato altri 92 clandestini, tra cui 16 donne, dirottandoli verso Pozzallo visto il sovraffollamento di Lampedusa. Ma le coste della Sicilia orientale, ormai da mesi, sono diventate la meta alternativa dei trafficanti di uomini che hanno scelto il litorale di Porto Palo di Capo Passero, tra Ragusa e Siracusa, come punto dove lasciare i profughi in partenza dalle coste egiziane. Solo negli ultimi due mesi ne sono arrivati più di duemila. E quasi tutti sono richiedenti asilo politico. Come le donne somale che ieri mattina, insieme ai loro bambini, hanno inscenato una protesta bloccando le strade di Modica. Musulmane, ospiti del centro di accoglienza per richiedenti asilo, chiedevano di poter avere del cibo dopo il tramonto, in ossequio al Ramadan.