Il termine "svuota carceri" è fuorviante Il Mattino di Padova, 1 luglio 2013 "Il termine svuota-carceri è fuorviante. Pare l'annuncio funebre per lo svuotamento di una discarica umana. Il messaggio che arriva è: cari italiani, metteremo in libertà qualunque mascalzone e via. Io credo invece che ciò che il ministro della Giustizia voglia fare abbia contenuti molto diversi. Niente accadrà per chi ha condanne per delitti gravi: terrorismo, mafia, traffico di droga, violenza sessuale di gruppo": queste sono parole della direttrice del carcere di San Vittore, Gloria Manzelli, utili per capire che cosa succederà davvero con questo decreto appena approvato per far fronte al sovraffollamento delle carceri. "Svuotacarceri", "Salvacarceri", "Sfollacarceri" non sono definizioni adeguate, si tratta di provvedimenti che possono far uscire prima i tossicodipendenti e rendere un po’ meno difficile l’accesso alle misure alternative al carcere a chi sta scontando la parte finale della pena. La direzione in cui va questo decreto è quella giusta, ridare un senso alla pena, renderla meno inutile e dannosa, e le testimonianze dei detenuti spiegano che cos’è una pena, che invece di responsabilizzare incattivisce. Però i numeri del sovraffollamento sono tali, che questo decreto è solo un piccolo inizio. In Italia 66.000 persone invidiano gli animali per lo spazio e le condizioni di vita che hanno Carcere! Ultimamente si parla molto delle condizioni in cui viviamo o per meglio dire sopravviviamo noi detenuti nelle carceri italiane. Io sono straniero e potrei non capire bene, ma da quando mi trovo in carcere (2009) hanno fatto almeno due decreti soprannominati dalla stampa "svuotacarceri", e credetemi la situazione è rimasta sempre quasi uguale. Molte volte l’Italia è stata condannata dalla Corte Europea per lo stato delle sue carceri, ma oltre alle promesse non ha fatto molto per cambiare la situazione e le condizioni in cui vivono i "cattivi". Se fosse giudicata com’è giudicato uno di noi, l’Italia sarebbe considerata un pluripregiudicato, recidivo, in parole povere da "metterla in galera e buttare via la chiave". Il Presidente Napolitano, Papa Francesco e molti senatori e deputati, appena finita la loro visita in qualche carcere hanno chiesto di trovare una soluzione a questo problema, perché non è accettabile che gli esseri umani possano essere trattati in questa maniera, ma con tutti i problemi che i politici devono affrontare, per riparlarne si deve aspettare forse la prossima condanna della Corte Europea. Da quando faccio parte della redazione di Ristretti Orizzonti e ho incontrato migliaia di studenti, diversi parlamentari e giornalisti, mi ha meravigliato che la maggior parte di loro, alla domanda classica del fine incontro "cosa vi ha colpito di più di questa esperienza?", rispondevano "voi, le vostre facce". All’inizio non li capivo, non capivo cosa loro si aspettassero di trovare. Ma poi ho capito, tutto potevano aspettarsi ma non di trovare in carcere persone come loro, persone che non erano solo il reato che avevano commesso, ma avevano avuto un passato simile al loro, e con tanta fatica e sofferenza cercavano di costruire un futuro. Un giorno la direttrice del nostro giornale ci ha detto che "fuori le persone sono più preparate a ricevere una telefonata che dice che un loro caro è morto in un incidente, piuttosto che ricevere la notizia che l’hanno arrestato e portato in carcere", questa considerazione mi ha riportato alla mente le prime parole di mio padre quando l’ho chiamato dal carcere, "tutto potevo aspettarmi da te, ma che tu finissi in carcere, questo proprio no". Come qui in Italia, anche in Albania c’è quasi la stessa mentalità, è più facile accettare la morte di un famigliare che vederlo in carcere. Questo è frutto di una propaganda e una disinformazione dell’opinione pubblica in materia, a volte creata volutamente. Non so se volutamente sono state riempite le prime pagine dei giornali, e si è parlato per settimane intere sui telegiornali di reati che le statistiche dicono che non stanno affatto aumentando. Non so se volutamente qualche governo, sull’onda di questa propaganda, ha fatto delle leggi che in qualche maniera l’hanno aiutato a vincere le elezioni in nome della sicurezza. Credo solo che si sia fatta la scelta sbagliata. Io che di scelte sbagliate ho qualche conoscenza, vi posso dire che il primo passo verso un radicale cambiamento è ammettere di aver fatto la scelta sbagliata. Spero che sia finito il tempo di quel legislatore moralista, che chiudeva in cella ladri d’appartamento e piccoli truffatori e "buttava via la chiave", ma lasciava impuniti quelli che rubavano milioni, rovinando la vita a migliaia di persone. Credo che dimostrarsi più cattivo con i "cattivi", non vuol dire essere buono. Spero che i nuovi parlamentari abbiano il coraggio di fare la scelta giusta. In questi giorni l’Italia ha partecipato al G8, dove si decidono i destini del mondo, e credo che non si possa permettere più che all’interno del suo territorio ci siano quasi 66000 persone che invidiano gli animali, per lo spazio e le condizioni di vita che hanno. Clirim Bitri Paura di trovare un mondo ostile Tante volte mi guardo allo specchio e mi viene una domanda: quale sarà il mio futuro? che progetto di vita ho? sembra facile immaginare qualcosa, sognare, lavorare con la fantasia, ma non lo è affatto per me, che devo passare una bella fetta della mia vita qui in carcere. Certo so che non soltanto per me è difficile pensare a un futuro così remoto, perché l’incognita del futuro è un tratto che oggi più che mai ci accumuna tutti, e l’incertezza di quello che succederà domani è purtroppo, in tempi di crisi, una cosa che abbatte i muri e ci rende simili, liberi o detenuti. Allora cosa mi aspetto dal domani? non lo so, perché dopo tanti anni di detenzione avrò paura di trovare un mondo cambiato, ostile, e di scoprirmi inadeguato ad affrontare l’ebbrezza della libertà e del "non controllo". Qui nella redazione di Ristretti Orizzonti facciamo tanti incontri con gli studenti, e una delle domande che più spesso ci fanno è qual è il nostro progetto per il futuro. Una persona in libertà che fa una vita tranquilla cerca sempre di immaginare il suo futuro, e prova a realizzarlo, ma non è detto che riuscirà a ottenere quello che desidera, immaginate un detenuto che deve scontare una pena lunga dieci o quindici o venti anni, che progetto potrebbe avere? in carcere ci concedono solo sei ore di colloquio al mese con i famigliari, io non so come si possono rafforzare gli affetti in cosi poco tempo. Come si può far continuare un amore che durava prima da tanti anni dedicandogli solo una manciata di ore? In più abbiamo una telefonata di dieci minuti alla settimana, anche questa non risolve niente, e allora mi viene in mente una domanda: chi mi aspetterà domani? E questa domanda mi provoca un’ansia che mi tiene sveglio di notte e mi incalza di giorno, l’ansia del "che ne sarà di me dopo il carcere" che qualche volta mi paralizza. Io sono un extracomunitario ma vivo qui in Italia da venti anni e dopo aver scontato una pena di diciotto anni alla fine dovrei avere l’espulsione immediata, che prospettive ho allora nel futuro? dopo più di trent’anni di immigrazione vivendo qui come straniero, se torno nel mio Paese penso, anzi sono sicuro che mi sentirò più straniero che nel vostro Paese. La vita in carcere inghiotte i giorni uno dopo l’altro, tutti simili, passano con velocità vertiginosa, ieri e l’altro ieri sono eguali, non si può distinguere un fatto avvenuto tre giorni o venti o un anno prima, finisce per sembrare tutto ugualmente lontano, cosi si svolge la fuga del tempo. È come se il tempo ci sfuggisse di mano, e tutto questo perché manca un programma di rieducazione per essere inseriti nella società e diventare utili in futuro. Il futuro è anche frutto del passato, ma se il passato è fatto di carcere senza che l’istituzione ci aiuti con un percorso verso la libertà, per me non c’è futuro e rispetto alla mia vita fino a qui potrei avere soltanto un senso di fallimento. Io cerco di guardare sempre il bicchiere mezzo pieno, e non perdo mai la speranza e la fiducia nelle istituzioni. Però credo che con il problema del sovraffollamento, se tante persone detenute non fanno niente dalla mattina alla sera, quando saranno libere il loro futuro sarà peggiore del loro passato, e loro incattivite e arrabbiate torneranno forse a fare quello che facevano prima. Ecco perché è così importante che non stiano in carcere le persone che hanno pene brevi o problemi di tossicodipendenza, e per quelli come me, che ci devono stare parecchi anni, ci sia la possibilità di impegnarsi a fare qualcosa di utile e avere più tempo per incontrare le nostre famiglie. Sofiane M. Giustizia: sovraffollamento carceri, un decreto di modeste ambizioni di Riccardo Arena il Post, 1 luglio 2013 Il Consiglio dei ministri, dopo diversi rinvii, ha approvato il decreto carceri. Decreto che, almeno in teoria, si pone due obiettivi assai ambiziosi quanto necessari. Ovvero: contrastare "con urgenza" il sovraffollamento nelle carceri e dare anche una risposta alla Corte europea di Strasburgo, che ci ha dato un anno di tempo per rimediare all’illegalità presente nelle nostre galere. Decreto che però non raggiunge in concreto nessuno degli obiettivi che si è posto. E anzi, dinanzi alla criminale realtà delle vecchie carceri d’Italia, dove vivono ammassate più di 66 mila persone a fronte di circa 40 mila posti e dove si continua a morire, il governo ha emanato delle norme che al massimo otterranno il risultato, non di contrastare, ma di mantenere la situazione com’è ora. Le novità principali sono due. Diminuire le entrate in carcere, modificando il meccanismo della liberazione anticipata e prevedendo che l’esecuzione della pena possa essere sospesa anche per il recidivo in attesa della decisione sulla detenzione domiciliare del magistrato di sorveglianza. E, allo stesso tempo, aumentare le uscite dalle carceri, consentendo anche ai recidivi l’accesso alla detenzione domiciliare ed ad altri benefici. Accesso fino ad ora negato dalla cosiddetta legge ex Cirielli. Norme condivisibili, ma non certo sufficienti a contrastare il sovraffollamento nelle carceri né tantomeno a dare una risposta seria alla Corte di Strasburgo. Un risultato assai scarso che è ammesso dallo stesso ministro della Giustizia, quando afferma che si tratta di un provvedimento "tampone" e che "saranno dai 3 ai 4mila i detenuti che beneficeranno di tali disposizioni". Tradotto: una goccia nel mare. Attenzione. Non si tratta di norme scellerate o dannose, come in passato è già accaduto. Si tratta di un intervento normativo che sarebbe utile per razionalizzare un sistema carcerario fisiologico. Intervento che però si rivela inutile per fronteggiare una situazione patologica, come quella attuale. A questo punto qualcuno, giustamente, si domanderà: ma allora perché hanno approvato questo decreto? La risposta è poco gratificante. Da Alfano, alla Severino fino alla Cancellieri, la priorità è sempre la stessa. Non ci si preoccupa del sistema nella sua interezza (processo e pena), ma ci si limita a piccoli interventi "tampone". Interventi assai limitati che sono inutili per il sistema, ma che sono utili al governo di turno. Un governo preoccupato solo di evitare che si superi la soglia dei 65mila detenuti. Soglia entro la quale il sovraffollamento nelle carceri genera sempre tortura e maltrattamenti, ma che assicura maggiore tranquillità a chi siede su comode e strapagate poltrone. Si mira a mantenere la situazione così com’è, con l’obiettivo di dare un contentino ai detenuti e poter passare un’estate tranquilla. Ripeto: sono leggi per il governo e non per il sistema carceri. La vergogna continua. Giustizia: in Italia un detenuto su quattro è tossicodipendente Affari Italiani, 1 luglio 2013 L’impatto della legge antidroga Fini-Giovanardi sul carcere riguarda 4 detenuti su 10: dal 2006 al 2012 in Italia sono aumentati gli ingressi in carcere per droga e sono raddoppiati i detenuti per la violazione dell’art. 73, riguardo la detenzione di sostanze illecite. È questo il bilancio del quarto libro bianco sugli effetti della legge Fini-Giovanardi presentato questa mattina presso la Camera dei deputati da La Società della ragione, Forum droghe, Antigone e il Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (Cnca). Secondo il libro bianco, oltre all’incostituzionalità per la Fini Giovanardi sollevata dalla Corte di Cassazione, su cui si dovrà esprimere la Consulta, c’è un dato di fatto che demolisce la legge antidroga: "Se l’obiettivo del legislatore del 2006 era il contenimento dei comportamenti connessi alle droghe illegali attraverso l’inasprimento punitivo - spiega il testo -, questo non è stato raggiunto. Un detenuto su tre entra in carcere ogni anno per la violazione dell’arti. 73 (detenzione). Alla fine del 2012 gli ingressi totali in carcere erano 63.020, quelli per violazione del solo art. 73 della legge antidroga 20.465, pari al 32,47 per cento rispetto al 28 per cento del 2006. Raddoppiano, invece, i detenuti: al 31 dicembre 2012 erano 65.701, di cui quelli ristretti per art. 73 erano 25.269, pari al 38,46 per cento. A fine dicembre 2006 erano 14.640. Circa quattro detenuti su dieci sono ristretti per violazione dell’art. 73". Per quanto riguarda i dati, il Libro bianco mette in guardia dalle "conseguenze indesiderate" dovute al passaggio della sanità in carcere al Servizio sanitario nazionale. Dal 2011 in poi, infatti, la rilevazione non è più a carico dell’Amministrazione penitenziaria, ma avviene attraverso le Regioni, tramite i Sert. A cambiare, però, sono stati i criteri di classificazione dei detenuti tossicodipendenti, che seguono le linee di indirizzo del Dipartimento politiche antidroga. Tuttavia, secondo le organizzazioni promotrici del Libro bianco, la scelta dei nuovi criteri è stata voluta per "ottenere una diversa classificazione dei detenuti tossicodipendenti per incidere sulle politiche giudiziarie e carcerarie. In altre parole, dietro lo schermo della "scientificità" e del "rigore diagnostico", emerge il vero obiettivo politico: celare per quanto possibile il fallimento di quello che era stato propagandato come il punto forte della legge del 2006: ottenere la diminuzione dei tossicodipendenti in carcere. Infine, secondo il Libro bianco, crescono segnalazioni e denunce per cannabis. Crollano i programmi terapeutici, passati dai 6.713 del 2006, ai 340 del 2012, e gli affidamenti in prova ottenibili con pene o residuo pena fino a 6 anni. Giustizia: Cancellieri; nessun cambiamento a colpi di decreto… l’amnistia è scelta politica Asca, 1 luglio 2013 La normativa "svuota carceri" non sarà inclusa in un decreto legge. Parola del ministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri, che da Milano assicura: "Non possiamo cambiare a colpi di decreto situazioni che incidono sui diritti dei cittadini in maniera così rilevante". Il ministro, ospite oggi di un convegno al Palazzo di giustizia del capoluogo lombardo, ha chiarito che per il momento il governo ha fatto tutto il possibile: "Più di quello - ha sottolineato - il decreto legge non consentiva. Ma stiamo lavorando per fare altre norme più efficaci nel medio e lungo termine con gli strumenti giuridici corretti". Inoltre "c’è tutta una serie di attività che riguarda l’offerta dei posti carcere e l’ampliamento delle strutture". L’amnistia è scelta politica "Come ho già detto davanti al Parlamento, quella dell’amnistia è una scelta politica: sto facendo tutte le scelte tecniche possibili e immaginabili per dare delle risposte giuste anche in tema di civiltà". È quanto ha ribadito il ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri, al Tribunale di Milano per un incontro con i vertici degli uffici giudiziari locali, aggiungendo che "è in essere tutta una serie di attività che riguardano posti-carcere e l’ampliamento delle strutture". Giustizia: Provenzano jr denuncia; mio padre vive nel degrado nel carcere di Parma www.guidasicilia.it, 1 luglio 2013 Il figlio del boss ha presentato un esposto ai carabinieri di Parma: "In carcere totale stato di degrado, di abbandono fisico, e assenza di igiene". Il figlio del capomafia Bernardo Provenzano, Angelo, ha presentato un esposto ai carabinieri di Parma, città in cui il boss è detenuto, denunciando "lo stato di degrado, di abbandono fisico, l’assenza di igiene" in cui versa il padre, "trattato - scrive - in dispregio a tutti i criteri minimi di umanità". La decisione di sporgere denuncia è stata presa dopo l’ultima visita al carcere - il boss è ricoverato da settimane per un’infezione - dove Angelo Provenzano è andato per avere notizie sulla salute del padre. Dal penitenziario hanno consegnato a Provenzano jr la biancheria del detenuto che - dice la denuncia - è "in condizioni igieniche incompatibili con il minimo senso di decenza, testimoniando l’abbandono igienico totale in cui versa". "La biancheria - si legge nell’esposto - era intrisa di urine e macchiata fin sulla parte che copre le spalle, risultando palesemente bagnata, oltre che piena di macchie già presumibilmente asciugatesi, nonché emanante un insopportabile fetore". Provenzano jr fa inoltre presente "che negli ultimi tempi, su disposizione del carcere, non sono stati più fatti entrare né accappatoi, né asciugamani (poiché, si dice, sia impossibile fare la doccia al detenuto)". Tutti elementi che spiegherebbero, secondo i familiari del boss, le infezioni di cui soffre. Da mesi il legale del capomafia Rosalba Di Gregorio chiede invano la revoca del 41 bis per il padrino di Corleone, affetto da diverse patologie neurologiche, cardiache e da una recidiva del tumore alla prostata. Il boss viene alimentato con un sondino e non è più in grado di deambulare da solo. "Il boss Bernardo Provenzano ha tutto il diritto di essere curato e rispettato in carcere, ma non può avere nessun privilegio. Mi dispiace che i figli abbiano perso una grande occasione per riscattarsi: chiedere al padre di collaborare con la giustizia e far ottenere al loro genitore i benefici previsti dalla legge". Lo dice il senatore Giuseppe Lumia, capogruppo del Pd in Commissione giustizia, commentando la richiesta di scarcerazione del figlio del boss Bernardo Provenzano. "La scarcerazione - aggiunge - non è un privilegio che lo Stato può concedere a chi si è macchiato di reati gravissimi". Livorno: a Pianosa quaranta detenuti semiliberi per i lavori di manutenzione e di bonifica Il Tirreno, 1 luglio 2013 L’accordo è stato siglato a Pianosa, nel giorno dell’inaugurazione della sede del Parco. Non si tratta di una riapertura del carcere, ipotesi che - in questi giorni - era trapelata in più di un’occasione, bensì di un’intensificazione della presenza dei detenuti in semilibertà che saranno impiegati nei lavori di manutenzione e bonifica dell’isola. Il sindaco di Campo nell’Elba Vanno Segnini, il presidente del Parco Giampiero Sammuri e il provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria Carmelo Cantone hanno firmato ieri l’accordo di programma per la "tutela e la valorizzazione dell’isola di Pianosa con gli obiettivi fondamentali di tutela ambientale e valorizzazione del territorio dell’isola di Pianosa e la realizzazione di programmi trattamentali avanzati". In pratica il numero dei detenuti in stato di semilibertà, già operativi a Pianosa, sarà portato a quaranta unità, tanto da rendere necessaria la presenza di un presidio fisso di polizia penitenziaria. I lavoratori alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria si occuperanno di attività di bonifica agraria e propedeutiche alla positiva fruizione dei luoghi da parte della collettività. "La realtà penitenziaria è una parte importante e dolorosa per questa isola - ha spiegato il provveditore Cantone - l’accordo che abbiamo firmato è importante, non si tratta di riportare un nuovo penitenziario, ma di avere sull’isola una presenza di qualità, con i detenuti di Porto Azzurro che svolgeranno progetti di trattamento avanzati e, in collaborazione con le istituzioni presenti, daranno un contributo per rendere l’isola ospitale e fruibile per i visitatori". I detenuti in semilibertà saranno ospitati nella sezione del Sembolello. Si tratta di un piano avviato dalla Coop sociale San Giacomo, che prende il via con gradualità, puntando entro l’anno a far vivere sullo scoglio 40 detenuti art.21. Quattro gli scopi del progetto: andare oltre il turismo contingentato estivo, formare nel tempo fino a 80 detenuti prossimi alla libertà, creare lavoro per decine di docenti e avviare un recupero di parte del patrimonio edilizio che va in rovina. La formazione professionale sarà rivolta ai settori di agricoltura, edilizia e turismo e con i docenti e altro personale si arriverebbe ad avere 120 persone sull’isola in modo stabile. Pianosa, insomma, tornerà a vivere. Sassari: pronto nuovo carcere di Bancali, tra pochi giorni il trasloco di 140 detenuti La Nuova Sardegna, 1 luglio 2013 Gli ultimi ritocchi e poi fra pochi giorni il nuovo carcere di Bancali sarà pronto per ospitare i 140 detenuti di San Sebastiano, prima di quelli in arrivo dalla Penisola. Venerdì sopralluogo nel cantiere per la direttrice del penitenziario Patrizia Incollu e il comandante degli agenti della Penitenziaria. Hanno verificato se gli ulteriori lavori di aggiustamento chiesti alla ditta che ha costruito l’opera, sono stati eseguiti. Si tratta degli adeguamenti della struttura alle esigenze della direzione carceraria, rispetto alle uscite, la collocazione delle porte e altre rifiniture. Il trasferimento dei detenuti dal vecchio istituto di via Roma ha i giorni contati: potrebbe avvenire nei primi quindici giorni di luglio. Data formalmente "top secret", per evidenti ragioni di sicurezza. L’amministrazione penitenziaria, guidata in Sardegna dal provveditore Gianfranco De Gesu, dovrà provvedere a fornire personale e mezzi per consentire ai 140 detenuti di via Roma di "traslocare" al penitenziario di Bancali. Una struttura moderna, ma lontana, dove saranno trasferiti anche reclusi da altre regioni d’Italia: la capienza è di 465 posti, 92 dei quali destinati ai boss in regime di 41 bis. Catania: il Sindaco; 30 milioni per un nuovo carcere da 450 posti nella zona di Bicocca di Giovanna Quasimodo La Sicilia, 1 luglio 2013 Il sindaco Bianco annuncia che i lavori per la costruzione del nuovo carcere, accanto al penitenziario di Bicocca, potrebbero iniziare a breve e che la vecchia struttura borbonica di Piazza Lanza entrerà a far parte nell’elenco delle carceri storiche da dismettere e da valorizzare nell’ambito dei beni culturali: in tal senso il Comune, d’intesa con l’Università e gli ordini professionali di Architetti e Ingegneri, lancerà un concorso di idee per individuare la destinazione d’uso più idonea. Il nuovo carcere - riferisce Bianco - costerà 30 milioni e avrà capienza per 450 detenuti che potranno soggiornarvi in condizioni dignitose. L’aria che tira da qualche settimana a questa parte sul fronte del sovraffollamento carcerario nel nostro Paese, malgrado qualche immancabile critica, è meno pesante del passato. Il recente Decreto approvato pochi giorni fa non potrà fare che bene al sistema carcerario italiano, "malato cronico" e bisognevole di cure radicali. Oltre ai provvedimenti singoli contenuti nel dispositivo finalizzati a ridurre all’essenziale gli ingressi nelle carceri, mettendo in moto le dovute alternative, sembra anche vero che pure sul fronte del sovraffollamento e dell’edilizia carceraria diversi progetti risalenti agli anni e ai mesi precedenti stanno prendendo nuovo vigore, spianando la strada ad un maggior rispetto dei diritti umani dei detenuto, argomento, quest’ultimo che ha già fatto "guadagnare" all’Italia più di una condanna da parte dell’Alta Corte Europea per i diritti dell’uomo. Buone notizie dunque per i detenuti catanesi. Le procedure della gara d’appalto per il nuovo e moderno carcere, che nascerà a circa 200 metri di distanza dal penitenziario già esistente a Bicocca, sono alle battute finali e a detta del sindaco Enzo Bianco i lavori sono pronti per essere assegnati all’impresa aggiudicataria. Il sindaco proprio nei giorni scorsi ha avuto modo di incontrare a Catania il ministro Guardasigilli Anna Maria Cancellieri e il commissario delegato del Piano carceri per l’emergenza, prefetto Angelo Sinesio per fare il punto della situazione. "I lavori, finanziati dal Ministero - spiega il sindaco Enzo Bianco - costeranno 30 milioni". E così, spiega ancora il primo cittadino, la struttura borbonica di piazza Lanza, di sicuro pregio culturale, ma inadeguata ad ospitare un carcere, si avvia ad essere cancellata dalla mappa delle carceri italiane essendo stata inserita nel piano degli istituti penitenziari da dismettere per essere successivamente rivalutata e utilizzata per altri scopi nell’ambito dei beni culturali; "E il carcere catanese, al pari di quello veneziano della Giudecca o del San Vittore milanese, fa parte di questo progetto". Il sindaco Bianco, una volta formalizzato con un dispositivo di legge il piano di dismissione, annuncia sin da ora, che, d’intesa con il commissario Sinesio, con l’Università e con gli ordini professionali degli Architetti e degli Ingegneri, bandirà un concorso di idee proprio con l’obiettivo di individuare la soluzione più brillante e idonea per la valorizzazione della struttura storica di piazza Lanza. Delle caratteristiche del nuovo carcere di Bicocca aveva già parlato il dottor Sinesio in un’intervista concessa al nostro giornale nel settembre dello scorso anni, all’indomani della sigla, nella sede della Presidenza della Regione, della rimodulazione del Piano carceri per la Sicilia. Allora si calcolarono due anni per la realizzazione del nuovo carcere e pare proprio che i tempi possano essere davvero rispettati. La capienza prevista è di 450 posti e la durata dei lavori dovrebbe protrarsi 20 mesi circa; sarà un carcere moderno e all’avanguardia e sarà soprattutto una struttura ecosostenibile anche dal punto di vista dell’autosufficienza energetica. Ogni cella misurerà 16 metri quadrati e dovrà ospitare al massimo due detenuti e 9 o 10 persone come vergognosamente accade tutt’oggi nel carcere di piazza Lanza. Le celle inoltre avranno tutte i servizi igienici e verranno mantenute a una temperatura costante in modo da non far patire il caldo dell’estate o il freddo dell’inverno (tutto l’opposto di piazza Lanza insomma). Non mancheranno gli spazi per i laboratori e una palestra per attività polisportive. Quanto al recupero sociale dei detenuti anche il Comune di Catania è pronto a fare la sua parte. Piacenza: 313 detenuti a fronte di 178 posti, in attesa dell’apertura di un nuovo padiglione www.piacenzasera.it, 1 luglio 2013 "Continua a peggiorare la situazione nella carceri italiane. Anche in Emilia Romagna i detenuti hanno ripreso a crescere. In base ai dati di maggio 2013 i detenuti presenti in Emilia Romagna sono 3.767, a fronte di una capienza di 2.465 posti disponibili". Lo riferisce Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto Sappe, uno dei sindacati della polizia penitenziaria. "Di questi 1.418 sono imputati - aggiunge. A Bologna i detenuti presenti sono 939, per una capienza di 497 posti; a Ferrara presenti 383, per 257 posti; a Forlì 165, per 148; a Modena 524, per 221; a Parma 639, per 329; a Piacenza 313, per 178; a Ravenna 126, per 59; a Reggio Emilia casa circondariale, 245, per 167; a Reggio Emilia ospedale psichiatrico giudiziario, 174, per 132; a Rimini 169, per 169. A questi si aggiungono 91 internati della Casa di Lavoro di Castelfranco Emilia. All’incremento dei detenuti fa seguito il costante decremento del personale di polizia penitenziaria. Per un organico previsto di 2.401 unità ne sono presenti solo 1.844". La direttrice: attendiamo apertura del nuovo padiglione Qualcosa si muove. Strano a dirsi per la situazione delle carceri. Ma le parole del ministro Cancellieri e alcuni provvedimenti presi stanno lentamente migliorando la situazione negli istituti detentivi, non escluso quello piacentino. Lo ha confermato in mattinata il direttore delle Novate, Caterina Zurlo in mattinata intervenuta nella chiesa di San Lazzaro per la messa in onore di San Basilide, patrono del Corpo della Polizia Penitenziaria: "Dal punto di vista del sovraffollamento abbiamo registrato una forte diminuzione rispetto al 2010, abbiamo ancora qualche "terza branda" ovvero qualche detenuto in eccesso ma con l’apertura del nuovo padiglione contiamo di alleggerire la pressione sulla vecchia struttura. Sicuramente interventi come la liberazione anticipata e l’abbattimento della recidiva sono misure che vanno incontro alla risoluzione del problema sovraffollamento". Teramo: Melilla (Sel) visita carcere; 100 detenuti in più del consentito e 60 agenti in meno Il Centro, 1 luglio 2013 "Questa visita", spiega Melilla, "è stata organizzata nel quadro della mia iniziativa parlamentare di controllo delle carceri abruzzesi che vivono, al pari di quelle di tutta Italia, una situazione di emergenza dovuta al sovraffollamento della popolazione carceraria, alle carenze di organico del personale penitenziario e alla caduta degli investimenti volti a migliorare la condizione dei detenuti e delle detenute". Nel penitenziario ci sono 401 detenuti, circa 100 in più rispetto alla sua capienza fisiologica. Di questi 255 sono i definitivi, mentre gli altri sono in attesa di giudizio, o appellanti o ricorrenti. Il personale di polizia penitenziaria è di 160 unità, ma l’organico dovrebbe essere di 220 unità. Questa carenza di organico costringe il personale a turni di 8-9 ore giornalieri al posto delle 6 ore e 10 minuti contrattuali, il ricorso agli straordinari naturalmente produce sovraccarico di lavoro e stress. Una metà dei detenuti è costituita da extracomunitari, con conseguenti problemi di lingua e integrazione. Notevole è il carico delle problematiche sanitarie derivanti dalla presenza di sieropositivi e malati cronici. L’assistenza sanitaria è garantita 24 ore su 24. Vi è anche una sezione femminile con 20 detenute in gran parte rom ed extracomunitarie. Due di esse hanno in carcere un bambino e una bambina di meno di 1 anno, costrette a condividere, senza alcuna colpa, una condizione tristissima di carcerati-bambini. "Questa realtà è comune in Italia ad altri 70 bambini e bambine", denuncia Melilla. "Per evitare questa loro carcerazione la legge prevede la costruzione di case protette in cui le mamme scontano la loro pena con i loro bambini in un contesto non penitenziario, assicurando così ai bambini la possibilità di una relativa socializzazione e di crescere in un contesto meno traumatico. Su questa problematica abbiamo assunto una iniziativa nazionale che vede coinvolto il Ministero di Grazia e Giustizia per costruire anche in Abruzzo una casa protetta per mamme detenute con i loro bambini, come si sta facendo in altre Regioni italiane". Melilla ha incontrato anche il giovane teramano Davide Rosci (condannato in primo grado per l’assalto al blindato dei carabinieri) che provvisoriamente è a Teramo, per un processo, ma è assegnato al carcere di Viterbo. "Abbiamo chiesto al Ministro di farlo trasferire nel carcere di Teramo, per consentire ai genitori e ai familiari di poterlo visitare senza il disagio di un viaggio lungo", spiega Melilla. Dopo la visita al carcere il deputato di Sel ha partecipato ad una manifestazione in Piazza Martiri della Libertà per la raccolta di firme alle 3 proposte di legge di iniziativa popolare riguardanti la introduzione del reato di tortura nel codice penale, "per la legalità e il rispetto della costituzione nelle carceri e per una modifica delle leggi sulle droghe per la depenalizzazione del consumo e la riduzione dell’impatto". A metà luglio Melilla visiterà il carcere di Chieti e a fine luglio quello di massima sicurezza di Sulmona. Locri (Rc): la Crivop Onlus assisterà le famiglie dei detenuti, un camper fuori dal carcere www.evangelici.net, 1 luglio 2013 La Crivop Onlus Calabria, associazione cristiana di volontariato penitenziario, ha avviato un progetto sperimentale di assistenza alle famiglie dei ristretti: un camper sosterà in via Vittorio Veneto, accanto alla Casa Circondariale di Locri (Rc) e degli operatori volontari qualificati daranno assistenza a quelle decine di famiglie, spesso con bambini, che attendono fuori dalle mura del carcere per andare a colloquio con un proprio congiunto detenuto. Da testimonianze raccolte - riferiscono da Crivop - risulta che una considerevole percentuale di famiglie dei ristretti per andare a trovare i propri cari percorre centinaia di chilometri, partendo dalla propria residenza anche di notte per essere tra le prime ad accedere alla Casa Circondariale e ciò con immaginabili conseguenze estenuanti per adulti e bambini. Il progetto di assistenza si propone di alleggerire soprattutto l’attesa dei bambini che nulla hanno a che fare con la detenzione dei genitori, di offrire gratuitamente un punto di ristoro, di prestare aiuto per la compilazione di domande di assistenza, di offrire informazioni sui servizi socio-assistenziali, sulle attività educative e sportive dei quartieri o dei Comuni di residenza e, se necessario, chiedere l’intervento di un sostegno a domicilio. "La Crivop - spiega il presidente nazionale dell’associazione, Michele Recupero, attraverso il contatto diretto con le persone, si propone di individuare i problemi e di affrontarli, portandoli alle istituzioni che possono essere il Carcere, il Comune, la Provincia, le A.S.P., i Sert, l’U.E.P.E., la scuola, le agenzie del privato sociale, le case d’accoglienza, eccetera. L’obiettivo è di creare una rete d’interventi per cercare di risolvere i problemi di famiglie in difficoltà". "L’associazione - aggiunge Michele Recupero - ha per scopo la collaborazione con tutte le risorse presenti sul territorio per potenziare la rete di servizi volti a supportare le persone in difficoltà e anche l’elaborazione, la promozione e la realizzazione di progetti di solidarietà sociale, cercando di attuare, per ogni singolo caso, degli interventi che favoriscano il recupero e la riabilitazione della persona". Crivop ha iniziato la sua opera di volontariato in Sicilia a Messina e attualmente conta sedi operative in altre due regioni: Campania e Calabria. Per maggiori informazioni: Tel. 090/2323445 - 366/5086513 - Fax 090/896746; www.crivop.it. Termoli (Cb): convegno, ravvedimento detenuti mafiosi nel connubio tra analisi e cultura di Stefano Fioretti www.primonumero.it, 1 luglio 2013 Un libro sull’esperienza analitica operata con il metodo del "Gioco della sabbia", sistema terapeutico che stimola l’emersione dell’inconscio e della "memoria implicita" per condurre il soggetto a confrontarsi con la propria stessa anima, condotta su un gruppo di condannati per reati di mafia, presentato in un convegno che ha esteso la trattazione alle condizioni delle carceri italiane ed al valore dell’arte, della cultura e dell’istruzione per il reinserimento nella società civile di soggetti ai quali va data un’altra possibilità; una rappresentazione teatrale con detenuti e un agente di polizia penitenziaria come attori, a cura della Compagnia "Stabile assai" della Casa di Reclusione di Rebibbia. Questo ha offerto un sabato dedicato al superamento dell’attuale modello repressivo e della cultura della pena fine a sé stessa. L’evento, tenuto sabato 29 giugno nel Cinema Sant’Antonio dalla Cooperativa Sociale "Sirio" e dall’Aipa, Associazione Italiana di Psicologia Analitica, è stato occasione per stimolare a guardare con occhio diverso ai detenuti ed alla loro condizione nelle carceri. Tra il pubblico presenti l’Assessore alla Cultura del Comune di Termoli, Michele Cocomazzi, l’Assessore regionale Facciolla, il Sindaco di Portocannone Mascio e l’Assessore Provinciale Rita Colaci. Al tavolo dei relatori, con i due autori del libro Angelo Malinconico e Nicola Malorni, la dott.ssa Patrizia Patrizi, docente di Psicologia all’Università di Sassari, il dr. Paolo Aite, psichiatra, analista junghiano e membro di AIPA, Antonio Turco, direttore Area pedagogica del carcere di Rebibbia e il dr. Marco Zanasi, omologo di Aite e nello specifico incaricato di recensire il testo. A presentare ed aprire i lavori la dott.ssa Francesca Vitale, psicologa giuridica e psicoterapeuta sistemico-relazionale. Nel dibattito si sono alternati interventi tecnici da parte dei professionisti presenti, capaci comunque di semplificare a sufficienza i passaggi più complicati, e testimonianze di grande umanità, molto toccanti, elargite da alcuni detenuti che sono stati chiamati a dare il loro contributo ed hanno affrontato la platea raccontando i loro misfatti e il loro percorso di recupero, cosa affatto semplice da fare. Tutti laureandi o laureati ed impegnati nella Compagnia "Stabile assai" nell’attività teatrale che ha proposto nella tarda serata, sotto la direzione di Turco, uno spettacolo alla scalinata del Folklore sul tema delle mafie e della strage di Capaci nella quale furono uccisi Giovanni Falcone, la sua consorte e tre agenti della scorta. Filo conduttore della giornata dunque il superamento del ruolo di mera repressione e reclusione delle carceri che come è noto in Italia sono decisamente da adeguare, cosa che la stessa Unione Europea ci chiede di fare al più presto. In quanto al volume, Zanasi ha parlato di "un libro straordinario che fa scoprire un mondo difficile da immaginare: anche dietro un mafioso c’è una psiche, anche dietro quella maschera tragica c’è un uomo o una donna". Ha poi proseguito con un’analisi approfondita e tecnica, nella sua veste di psichiatra e analista "junghiano". La figura di Carl Gustav Jung, psichiatra, psicoanalista e antropologo svizzero, nonché tra i più noti ed importanti seguaci di Freud, è stata centrale nelle argomentazioni proposte al buon pubblico intervenuto. I due autori hanno chiarito natura e significati del loro lavoro. Sollecitato sul ruolo degli istituti di pena, Malinconico ha sostenuto che "se le istituzioni carcerarie si propongono solo come metodo di repressione il loro significato non va oltre un ruolo burocratico, se invece sono aperte al riconoscimento dello psichico del detenuto interventi di marca analitica, come quello oggetto di questo libro, possono far emergere cose mai espresse dal soggetto non solo durante la detenzione ma in assoluto durante la sua vita". Per Nicola Malorni "Il ruolo del privato sociale è fondamentale. Il convegno è un grande regalo che la cooperativa Sirio fa alla comunità, non a noi e al nostro libro. Una promozione culturale che immette una goccia importante nella società. Il meccanismo avviato con il gioco della sabbia non è rimasto in quella stanza ma trasmesso all’esterno riuscendo a coinvolgere anche la gente comune, tanto è vero che all’evento hanno presenziato non solo addetti ai lavori ma anche famiglie". Sensibilizzazione sul tema alquanto delicato, riforma delle carceri e della giustizia e promozione della riabilitazione di soggetti che, è vero, hanno commesso reati gravissimi ma che in fondo non sono stati granché aiutati, soprattutto in giovanissima età, a crescere con in testa qualcosa di diverso dall’appartenenza ai clan della criminalità organizzata e dalla sopraffazione del prossimo. Questi i messaggi partiti dal Cinema Sant’Antonio verso la comunità, ribaditi in forma diversa nella tarda serata alla scalinata del Folklore quando i "detenuti attori", diretti da un Turco rivelatosi anche ottimo chitarrista nel piccolo gruppo musicale allestito sul palco, hanno recitato scorci di mafia e di quella Sicilia che ne è stata e ne è ghermita, anche se per fortuna, come affermato durante suo intervento proprio da un ex di "Cosa nostra", la situazione sta pian piano cambiando. Verona: esami di maturità, sette detenuti sono ammessi agli orali L’Arena, 1 luglio 2013 Per alcuni studenti il diploma è molto più di un semplice pezzo di carta. Per chi vive recluso dietro le sbarre di un carcere, l’esame di maturità diventa una sfida con se stessi, lo studio un modo per impiegare efficacemente il proprio tempo, per prepararsi a quando finalmente si potrà uscire dalla cella e, magari, trovare un lavoro. Quest’anno sono nove i detenuti che, concluso il percorso scolastico all’interno delle aule di Montorio, si sono cimentati con le tre prove scritte, ma purtroppo solo sette di loro sono stati ammessi all’orale: adulti e giovani di nazionalità diverse, tra cui tre italiani, un albanese, un rumeno, un sudamericano e un senegalese. In due hanno scelto l’indirizzo agrario (istituto Stefani-Bentegodi), altri quattro hanno preferito puntare sull’alberghiero (istituto Berti), nella speranza di trovare in futuro un’occupazione in qualche ristorante, bar o locale della provincia scaligera. Se anche quest’ultima prova andasse bene, inoltre, quest’anno per la prima volta potrebbe esserci un diplomato al liceo linguistico (istituto Lavinia Mondin). Gli orali nei prossimi giorni. Ma come si svolge la maturità in carcere? "Esattamente come in tutti gli istituti scolastici", spiega Maria Grazia Bregoli, direttore della casa circondariale di Montorio. "Si insedia una commissione d’esame con un proprio presidente: al mattino, appena prima dell’inizio della prova, arrivano i quesiti e gli studenti hanno a disposizione per rispondere lo stesso tempo dei ragazzi delle scuole". Gli esami si svolgono in un’aula scolastica all’interno del carcere sulle materie preparate durante l’anno. "Gli studenti hanno frequentato questi tre corsi da privatisti, grazie all’aiuto di alcuni volontari che li hanno seguiti", racconta la Bregoli. "La cultura allarga gli orizzonti e, per quanto possibile, aiuta ad alleviare le difficoltà incontrate tutti i giorni dietro le sbarre dai detenuti". Sono proprio questi gli obiettivi per cui, a partire dal prossimo anno 2013-2014, si è deciso di avviare all’interno della casa circondariale di Montorio la scuola alberghiera, un percorso dalla durata quinquennale, che accompagnerà gli studenti - in particolare i detenuti definitivi che devono scontare una pena consistente - fino all’esame di maturità. "Questa esperienza è molto importante sia per il loro futuro, che per il loro presente". Sanremo (Im): oggi l’inaugurazione di una mostra di dipinti realizzati dai detenuti www.sanremonews.it, 1 luglio 2013 Le opere realizzate in varie tecniche e stili sono circa una quarantina, scelte dalla professoressa Cinzia Vola tra le centinaia prodotte in questi anni durante i corsi di disegno e pittura da lei condotti all’interno delle carceri matuziane Oggi, lunedì 1 luglio, alle ore 17, presso la sala consiliare del comune di Santo Stefano al Mare, viene inaugurata "Immagini da dentro", mostra di dipinti e disegni realizzati dai detenuti della Casa Circondariale di Sanremo. Le opere realizzate in varie tecniche e stili sono circa una quarantina, scelte dalla professoressa Cinzia Vola tra le centinaia prodotte in questi anni durante i corsi di disegno e pittura da lei condotti all’interno della Casa Circondariale di Sanremo. Esse rappresentano la dimostrazione di come il periodo di detenzione può essere utilmente impiegato in attività positivamente orientate, che, oltre ad aiutare i ristretti a gestire l’ attesa, il rimorso e talvolta la rabbia, danno loro la consapevolezza di essere capaci di produrre qualcosa di ‘bellò. "È la prima mostra di questo tipo che riusciamo ad organizzare - dice il dott. Frontirré, Direttore della Casa Circondariale di Sanremo - e per questo ringraziamo l’Amministrazione comunale di Santo Stefano, che ha creduto in questa iniziativa, mettendo a disposizione una sala espositiva accogliente e suggestiva. Allo stesso tempo ringraziamo il Lions Club per l’amichevole e preziosissimo supporto fornitoci.Credo che le opere incontreranno il favore del pubblico, che ci auguriamo numeroso". "È motivo di vanto per il nostro Comune ospitare nella bella Sala Consiliare questa mostra aderendo al progetto che concretizza la volontà di sensibilizzare e favorisce la conoscenza del mondo carcerario attraverso un più ampio percorso che intende il periodo di detenzione impiegato in attività positive. La mostra riveste un forte valore sociale e rappresenta la speranza che il tempo trascorso in detenzione possa avere finalità positive orientate al recupero e non solo alla mera costrizione, seppur giusta, di quanti hanno commesso reati - ci dice Maria Teresa Garibaldi Assessore alla Cultura - e sono certa che susciterà nei visitatori emozioni suggestive e molti consensi". Reggio Emilia: Sappe; agente aggredito da internato Opg riporta frattura del setto nasale Ansa, 1 luglio 2013 L’assistente capo ha riportato la frattura del setto nasale e la lesione dei tendini di una mano. Il Sappe: "La situazione peggiora". Il Sappe, sindacato autonomo di polizia penitenziaria, denuncia un ennesimo caso di aggressione: questa volta tutto è avvenuto all’Opg di Reggio Emilia, dove ieri sera un assistente capo è stato aggredito da un internato riportando la frattura del setto nasale e la lesione dei tendini della mano sinistra. L’agente ne avrà per sei mesi. "Le aggressioni si ripetono con frequenza quotidiana, ormai - commenta Giovanni Battista Durante, responsabile del Sappe Emilia Romagna - La situazione peggiora, e le misure del governo non produrranno nulla di buono, a nostro parere. Nel frattempo continuiamo a perdere personale: avremo quasi 2000 agenti in meno nei prossimi anni, con il risultato che le carceri saranno sempre più nelle mani dei detenuti". Svizzera: si fermi la privatizzazione della sorveglianza carceraria di Raoul Ghisletta, Segretario Sindacato Vpod Ticino Ti-Press, 1 luglio 2013 Domenica 22 settembre il popolo ticinese voterà sul tema della privatizzazione parziale della sorveglianza carceraria. Infatti 9.000 cittadini (ne bastavano 7.000) hanno sottoscritto il referendum lanciato contro la modifica della legge sull’esecuzione delle pene e delle misure per gli adulti (nuovo articolo 8b), che prevede la facoltà di delegare ad agenti privati il compito di sorvegliare le persone sottoposte a fermo o carcerazione amministrativa; inoltre la delega ai privati si estende ai richiedenti l’asilo "recalcitranti". Il referendum vuole fermare il processo di privatizzazione della sorveglianza carceraria, che Parlamento e Governo vogliono avviare anche in Ticino come in altre parti del mondo. Con il referendum noi diciamo quindi "no" alla privatizzazione parziale della sorveglianza carceraria, perché vogliamo riservare agli agenti pubblici la sorveglianza e la custodia di persone private della libertà. Si tratta di una questione di principio che investe la responsabilità dello Stato, il quale a mio parere deve agire tramite propri agenti pubblici. È pericoloso infatti affidare a privati questi delicati compiti a società private, le quali sono peraltro orientate verso il conseguimento di utili, operando come in un business qualsiasi. Un altro argomento portante del referendum riguarda la difesa del lavoro in un settore, dove attualmente possono essere impiegate solamente persone svizzere. Si tratta di una cosa rara, ammessa dagli accordi internazionali nell’ambito della sicurezza e delle giustizia. Perché allora togliere questo vincolo, quando quasi tutti i partiti ticinesi si lamentano dell’invasione di frontalieri e di stranieri sul mercato di lavoro ticinese? La maggioranza parlamentare che ha votato il citato nuovo articolo 8b non ha pensato che le ditte di sorveglianza privata assumono tanti frontalieri e stranieri a salari stracciati e con contratti a ore, il che inserirebbe nel settore della sorveglianza carceraria un elemento di dumping salariale? Infine un motivo pure centrale del "no" alla modifica alla legge sta nel fatto che gli agenti di custodia pubblici effettuano una formazione importante, sia interna al penitenziario, sia fuori Cantone, che consente loro di affrontare le situazioni complesse: una formazione che ovviamente gli agenti privati non effettuano e non potrebbero nemmeno effettuare. In conclusione penso che lo Stato non debba privatizzare in alcun modo la sorveglianza carceraria, ma che debba formare ed assumere agenti di custodia cantonali in numero sufficiente presso le carceri ed altre strutture detentive allo scopo di affrontare i compiti esistenti e quelli futuri. Iran: due narcotrafficanti impiccati, nelle ultime 2 settimane 14 persone messe a morte Aki, 1 luglio 2013 Due narcotrafficanti sono stati giustiziati nel carcere di Khoramabad, capoluogo della provincia del Lorestan, nell'Iran occidentale. Lo riferiscono i media locali, che non rivelano le identità dei detenuti saliti sul patibolo. I due, si legge sul sito web dell'ong Iran Human Rights, erano stati condannati per il possesso di quasi tre kg di sostanze stupefacenti. Stando all'ong, 13 persone sono state giustiziate nella Repubblica Islamica dal 14 giugno, quando nel Paese si sono svolte le elezioni presidenziali dalle quali è uscito vincitore Hassan Rohani. Ieri altre due persone, ha riferito l'agenzia Irna, sono state impiccate in pubblico a Karaj, ad ovest di Teheran. Nigeria: attacco a carcere, fuggiti 175 detenuti, 2 morti Adnkronos, 1 luglio 2013 Una banda di 30 uomini armati ha assaltato un carcere di massima sicurezza nel sud della Nigeria, uccidendo due persone e liberando 175 detenuti. Secondo quanto riferito dai media locali, il gruppo e' penetrato all'interno della prigione di Olokuta, nella capitale dello stato meridionale di Ondo, facendo saltare un tratto delle mura di cinta. Diverse persone sono rimaste ferite nell'attacco.