Oltre il sovraffollamento: la pena della salute e degli affetti Ristretti Orizzonti, 4 giugno 2013 “Oltre il sovraffollamento: la pena della salute e degli affetti”, questo il tema al centro dell’Assemblea nazionale del volontariato della giustizia che si terrà il 7 e l’8 giugno 2013 a Roma, presso la sala convegni della Cnvg (Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia), Centro Polifunzionale in Lungotevere della Farnesina 11. I lavori si apriranno venerdì 7 alle ore 14:00, con gli interventi di: Elisabetta Laganà, Presidente Cnvg; Cosimo Maria Ferri, Sottosegretario alla Giustizia; Vittorio Trani, Delegato Ispettorato Generale dei Cappellani delle Carceri. “La pena della salute, la chiusura degli Opg” è il tema al centro del pomeriggio di venerdì. Intervengono Luigi Pagano, Vice Capo Dipartimento Amministrazione Penitenziaria; Stefano Cecconi, StopOPG; Roberto Di Giovan Paolo, Presidente Forum nazionale Salute Carcere; Nerina Dirindin, Componente Commissione Sanità del Senato; Fabio Gianfilippi, Magistrato di Sorveglianza di Spoleto; Sandro Libianchi, referente Unità operativa medicina carcere di Rebibbia; Giuseppe Nese, Coordinatore gruppo di bacino per il superamento degli OPG Campania. I lavori riprenderanno sabato 8 alle ore 9:00, con gli interventi di Giovanni Tamburino, Capo Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, e di Luigi Manconi, Presidente Commissione Diritti Umani del Senato. Dalle ore 10:00 alle 14:00 avranno luogo due workshop, introdotti da Stefano Anastasia, Presidente onorario di Antigone, dedicati ad “Affettività e Genitorialità nei luoghi di reclusione” e “Progetto a scuola di libertà. Training esperienziale”. L’iniziativa è organizzata con il sostegno di Spes (Centro di Servizio per il Volontariato del Lazio). Iscrizioni al convegno e segreteria organizzativa: Anna Pia Saccomandi Pisano cell. 336.736841 - fax 071.2410123 annapia.saccomandi@libero.it - info@volontariatogiustizia.it www.volontariatogiustizia.it - www.ristretti.it Giustizia: “quanto vale la salute dei detenuti”, articolo terzo classificato Premio “Inchiesta Pa” di Roberto Dupplicato saperi.forumpa.it, 4 giugno 2013 La tutela sanitaria dei 55 mila detenuti nei 205 penitenziari italiani dal primo ottobre è gestita dal Sistema Sanitario Nazionale e non più dal ministero della Giustizia. Per favorire una migliore convivenza si parla di “minima sicurezza” per i detenuti che hanno commesso reati meno gravi. Questo perché nelle nostre carceri mancano 17 mila posti letto e i problemi psicologici e sanitari dovuti alla convivenza impongono una riflessione sul sistema carcerario. La tutela sanitaria dei 55 mila detenuti nei 205 penitenziari italiani dal primo ottobre è gestita dal Sistema Sanitario Nazionale e non più dal ministero della Giustizia. Tra i 50 articoli della bozza di riforma della giustizia si parla anche di “minima sicurezza” da scontare in penitenziari prefabbricati per i detenuti che hanno commesso reati meno gravi. Questo perché nelle nostre carceri mancano 17 mila posti letto e i problemi psicologici e sanitari dovuti alla convivenza impongono una riflessione sul sistema penitenziario. In cella ci si trova d’innanzi a degli estranei con cui bisogna condividere uno spazio molto piccolo. Entro le prime dodici ore di detenzione ogni detenuto si sottopone a visita medica. Al momento dell’ingresso in carcere tutti i farmaci in possesso del detenuto vengono sequestrati, è quindi importante dichiarare subito i problemi di salute o l’eventuale sieropositività, per ricevere tempestivamente le cure o gli alimenti adeguati. “I problemi di convivenza - spiega Francesco Ceraudo, presidente dell’Associazione dei medici penitenziari e direttore per la Toscana del Dipartimento per la salute in carcere - accrescono il disagio psicologico e le possibilità di ammalarsi di malattie come la tubercolosi africana”. Nel 1990 i reclusi erano 25 mila, oggi siamo a quota 55 mila. Solo il 20% dei detenuti sono sani, il 15% soffre di depressione e di altri disturbi psicologici, più di mille detenuti hanno contratto il virus dell’Hiv e un detenuto su cinque vive in condizioni di tossicodipendenza. Il disagio psicologico nasce dalla difficoltà di abituarsi a vivere in regime di privazione di libertà. Ad aggravare questa situazione ci sono le difficili condizioni sanitarie. Gli spazi piccoli richiedono un rispetto totale dell’igiene, una virtù rara quando in ogni cella si vive in sei o sette persone. “La prevenzione in carcere - scrive un’altra detenuta di San Vittore - è impraticabile. La nostra salute è minacciata continuamente da stress e tensione, e poi c’è il problema dei piccoli spazi. Il bagno viene a coincidere con la cucina e il tavolo è a circa un metro dalla turca, non credo che l’Asl concederebbe l’abitabilità in queste condizioni”. È compito dello Stato italiano, secondo l’articolo 32 della Costituzione, garantire cure gratuite nel rispetto del diritto del detenuto e nell’interesse della collettività. Ceraudo sta provando a convincere i detenuti a fare i test di positività sulle malattie infettive per evitare il contagio. “Solo il test sulla sifilide è obbligatorio - sottolinea Francesco Ceraudo, su tubercolosi, hiv, epatite B ed epatite C cercheremo di spiegare ai detenuti che è nel loro interesse, oltre che giustificato per fini medico-legali, cercare in tutti i modi di evitare il contagio. Medici e infermieri che lavorano negli istituti penitenziari hanno il difficile compito di tutelare ogni giorno il diritto alla salute”. Secondo Giulio Starnini, ex presidente di Medicina penitenziaria e direttore del reparto di Medicina protetta dell’Ospedale Del Colle di Viterbo, dal punto di vista clinico le carceri sono “osservatori privilegiati per capire cosa succederà nella comunità esterna tra qualche anno”. Starnini ricorda come “negli anni successivi al ‘68 nelle carceri italiane c’erano già i primi casi di dipendenza da eroina, fenomeno che poi è stato conosciuto in tutta la nostra società. Nel 1984, in carceri di grandi città come Roma o Milano, cominciavano ad esserci i primi casi di contrazione del virus dell’Hiv, a quei tempi considerato come una malattia d’oltreoceano che colpiva solo gli omosessuali e che a distanza di un anno è diventata la peste del secolo”. Tutte le regioni a statuto speciale invece gestiscono come meglio credono la tutela sanitaria dei detenuti. Su di loro c’è il pressing dei direttori. “La complessità delle cure mediche in carcere - dice Nunziante Rosalia, direttore dell’Opg di Barcellona Pozzo di Gotto - richiede una alta specializzazione del personale. Anche la sola “sindrome da prigionizzazione” presuppone problematiche più complesse e richiede quindi una professionalità accentuata”. La riflessione sulla funzione rieducativa della pena ci porta oggi a riconsiderare il concetto stesso di reclusione. “La certezza e la giustizia della pena - sottolinea Nunziante Rosalia - deve essere alla base di tutto il procedimento ma la reclusione potrebbe essere sostituita da percorsi alternativi. Per i reati meno pesanti si potrebbe dare una pena di impronta civilista, oppure si potrebbe puntare su una nuova edilizia penitenziaria, pensata stavolta per rendere gli istituti moderni e vivibili”. I disagi colpiscono anche i dipendenti della polizia carceraria, i medici, chi si occupa della pulizia dei locali e i parenti in visita. “Le condizioni igieniche e sanitarie - spiega il senatore Filippo Berselli, presidente della Commissione Giustizia del Senato - sono disumane e inaccettabili. L’esempio di Bolzano, dove i detenuti non hanno praticamente spazio per l’ora d’aria è sintomatico. Accettabili condizioni igienico sanitarie delle carceri sono da considerarsi come obiettivo minimo per una democrazia”. Le condizioni di vita. È questo il problema centrale della privazione della libertà. Il luogo di detenzione prova a descriverlo con una lettera Monica Pardo Cases, una detenuta spagnola a San Vittore, un carcere dove quattro detenuti su cinque sono stranieri. “C’è un’umidità incredibile - scrive Monica -, mura scrostate e poca luce solare, sembra un cimitero nel quale buttano i fantasmi”. Roberto Dupplicato, nato a Catania il 19 febbraio 1982, è giornalista praticante presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Laureato con 110 in Editoria e Scrittura presso la facoltà di Lettere e Filosofia a La Sapienza di Roma, con una tesi sull’evoluzione della Cnn, parla l’inglese perché ha svolto in California il periodo di stesura della tesi triennale, dedicata al newsmaking di UsaToday. Giustizia: alla Camera prosegue il confronto sul ddl per pene alternative al carcere Asca, 4 giugno 2013 La Commissione Giustizia porterà avanti anche questa settimana l’indagine conoscitiva sull’efficacia del sistema giudiziario in relazione all’esame della proposta di legge C. 331 Ferranti, recante la delega al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili. Nei giorni sorsi sono stati ascoltati, tra gli altri, il Capo dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Giovanni Tamburino ed il Presidente del tribunale di Milano, Livia Pomodoro e i Presidenti di altri Tribunali nonché docenti universitari. Giovedì sono previste audizioni del sostituto procuratore antimafia Antonio Patrono e del docente di diritto penale presso l’Università di Palermo, Costantino Visconti. La stessa Commissione è impegnata nell’esame della Pdl 631 contenente modifiche al codice di procedura penale in materia di misure cautelari personali. Il relatore Carlo Sarro del Pdl ha osservato che la custodia cautelare ha ormai finito, anche per la lunghezza dei processi - per assumere una valenza surrogatoria della pena detentiva che dovrebbe per lo più essere conseguenza di una sentenza definitiva di condanna. Si tratta di una stortura che può essere corretta con adeguate modifiche normative e intervenendo sulla ragionevole durata del processo. Giustizia: Lega contro ddl messa alla prova, è un indulto mascherato Tm News, 4 giugno 2013 La Lega torna all'attacco contro il ddl sulla messa alla prova e le pene alternative al carcere. "È una vergogna, una sconfitta e un fallimento per lo Stato, un vero e proprio indulto mascherato - protesta il capogruppo in commissione Giustizia alla Camera Nicola Molteni - ecco perché la Lega proseguirà con convinzione e coerenza la sua opposizione durissima nei confronti questo provvedimento, che danneggia le vittime dei reati e assicura impunità ai delinquenti". "Cambiano i governi - prosegue il leghista - ma la storia è sempre la stessa. Presenteremo centinaia di emendamenti e ci opporremo con durezza per affossare questa legge che non risolve il problema del sovraffollamento e rischia di mettere a repentaglio la sicurezza dei cittadini". Giustizia: al Senato, continua l’esame della proposta d’indagine sul sistema carcerario Asca, 4 giugno 2013 Riprende oggi in Commissione Giustizia l’esame della proposta riguardante lo svolgimento di una indagine conoscitiva sul sistema carcerario. All’ordine del giorno è anche il seguito dell’esame dei ddl 134, 642 e 362 riguardanti la proroga della riforma della geografia giudiziaria. In merito sono attese, anche alla luce delle numerose richieste fatte da senatori di diversi gruppi di rivedere l’attuale testo normativo, precisazioni preannunciate dal Ministro Cancellieri nelle sue recenti audizioni in Commissione. Da domani la Giustizia, in seduta congiunta con la Affari Costituzionali, discuterà il ddl 116 contenente norme relative alla ineleggibilità ed incompatibilità dei magistrati, un progetto normativo ampiamente discusso nella scorsa legislatura e bloccato sul filo di lana dalla conclusione anticipata dei lavori parlamentari. Giustizia: Sappe a Cancellieri; governo vuol riaprire Pianosa? contrasta con spending review Ansa, 4 giugno 2013 Il Governo vuole riaprire il “supercarcere” di Pianosa? A chiederlo con una nota al Ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri, è il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (Sappe). Il dubbio, spiega il sindacato, nasce da una comunicazione fatta nei giorni scorsi dalla Direzione della Casa di Reclusione di Porto Azzurro sulla “Apertura del Presidio di Pianosa. Proposta di assetto organizzativo del Servizio Navale di Porto Azzurro”. La predisposizione di un tale servizio “non avrebbe senso se non in un’ottica di riapertura dell’Istituto penale di Pianosa, ormai in disuso dal 1998 - osserva il segretario Donato Capece. Per questo abbiamo ritenuto necessario ed urgente interessare il Ministro della Giustizia Cancellieri: per sapere se l’istituzione del presidio navale della Polizia Penitenziaria sia atto propedeutico alla riapertura del carcere di Pianosa, da sempre avversata dal Sappe in quanto in contrasto con le esigenze di razionalizzazione ed ottimizzazione delle risorse economiche ed umane e, più in generale, con il processo di spending review in atto”. Nato nel 1858 come colonia penale agricola, il carcere di Pianosa è divenuto durante la seconda guerra mondiale luogo di reclusione dei detenuti politici, a cominciare da Sandro Pertini. Dopo gli attentati a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, divento carcere di massima sicurezza per i detenuti per reati di tipo mafioso. “L’emergenza si è protratta fino al luglio 1997- ricorda il Sappe - quando l’ultimo detenuto per mafia è stato trasferito dall’isola ad altre sedi di reclusione”. Lazio: Fp-Cgil; nelle carceri situazione vergognosa, sit in davanti a Rebibbia Ansa, 4 giugno 2013 “Nonostante le continue denunce, la situazione delle carceri del Lazio continua ad essere assolutamente vergognosa. Lo afferma la Funzione pubblica Cgil di Roma e Lazio con una dichiarazione di Fiorella Puglia e Paolo Camardella che annunciano una manifestazione di protesta, un sit in davanti al carcere di Rebibbia che si terrà il 6 giugno, dalle ore 14 alle ore 18 e invitano a partecipare tutti i lavoratori della Polizia Penitenziaria e del comparto Ministeri". I tassi di sovraffollamento dei detenuti – affermano i due sindacalisti - ormai, hanno raggiunto il 50% ( più di 7.000 a fronte di 4834 posti di capienza regolamentare), a cui fanno riscontro pesanti carenze di organico degli agenti di polizia penitenziaria (siamo al -25% tra agenti previsti e agenti effettivamente presenti negli istituti di pena). “Non è più possibile continuare in questo modo-affermano i due sindacalisti- non è più possibile continuare a scaricare il problema su chi lavora in carcere, proponendo progetti irrealizzabili che prevedono la costruzione di nuove strutture senza la necessaria copertura finanziaria per la loro realizzazione” Per far fronte a questa situazione la FP-Cgil sottolinea la necessità, a partire da subito “di utilizzare tutto il personale, anche quello in servizio presso gli uffici amministrativi, per rinforzare gli organici degli istituti e, successivamente prevedere, in tempi brevissimi,un programma di assunzioni che possa colmare il vuoto di organico. “I due sindacalisti affrontano poi un problema di fondo, che definiscono “ strategico”. Parlano di urgenza di ricostruire “un sistema penitenziario civile, dignitoso e rispettoso del senso di umanità “affrontano questioni che riguardano lo stato del personale dell'Amministrazione penitenziaria. “Anche qui, una politica miope, volta solo a far cassa, - concludono Puglia e Camardella - ha inciso notevolmente su tutte le professionalità riducendo drasticamente non solo gli organici dei dirigenti di Istituto, ma anche quelli del personale del comparto Ministeri . Parliamo, in particolare, di assistenti sociali ed educatori: per i primi nel Lazio si registra una carenza di 57 unità (60 su 117 ), per i secondi, invece, una carenza di 15 unità (97 su 112)". Sardegna: arrivano boss e mafiosi. De Gesu: “Non c’è nessun rischio” L’Unione Sarda, 4 giugno 2013 A giugno a Bancali, il prossimo anno a Uta. I due nuovi istituti di pena ospiteranno detenuti appartenenti a Cosa Nostra. Il provveditore penitenziario De Gesu rassicura: “Nessun rischio mafia”. Bancali e Uta. I due nuovi istituti di pena una volta operativi (il primo sarà quello di Bancali) ospiteranno 190 reclusi con il regime di detenzione duro (“41 bis”) riservato a mafiosi e boss. Una storia, questa che già nei mesi scorsi aveva sollevato polemiche e tensioni. Gianfranco De Gesu, 55 anni di Cosenza, provveditore regionale all’amministrazione penitenziaria non ha dubbi: “Non ci saranno pericoli di infiltrazioni mafiose nell’Isola”. Poi aggiunge: “Nessun familiare o affiliato alle cosche si trasferirebbe In Sardegna”. L’intervista con il provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria è stata raccolta da Andrea Artizzu. “Dottò, ha visto, tutt’e due abbiamo fatto carriera”. Il camorrista chiuso in una cella al “41 bis” nel carcere di Palermo guarda in faccia quell’uomo che vent’anni prima aveva incontrato nei corridoi di un penitenziario calabrese, quando era appena all’inizio della scalata criminale. Lui, il camorrista, è diventato un boss, l’altro provveditore del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Gianfranco De Gesu, 55 anni, di Cosenza, è sposato con una sua collega, ha un figlio: la vita tra le sbarre è iniziata nel 1984. Due anni dopo era il direttore più giovane d’Italia, a Vibo Valentia. Poi la cayenna di Palmi e Ucciardone, quando il giudice Borsellino saltava in aria con la sua scorta. Dal 2011 gli è stata affidata la Sardegna e l’apertura delle quattro nuove prigioni. Per Tempio e Oristano missione compiuta. Restano Cagliari e Sassari, dove verranno rinchiusi mafiosi e trafficanti di droga sottoposti al regime più duro di detenzione, quello previsto dall’articolo 41 bis dell’ordinamento penitenziario. Vigilanza strettissima, rapporti limitati con i parenti, isolamento e continui trasferimenti da un istituto di pena all’altro per evitare contatti frequenti con gli stessi agenti di polizia penitenziaria. Un inasprimento della pena che ha originato scandali di Stato, bombe, morti e trattative con la mafia per le quali è in questi giorni sotto processo a Palermo l’ex ministro Nicola Mancino. La Sardegna è pronta per gestire l’arrivo di questi criminali? C’è davvero il rischio concreto di infiltrazioni nel già dissestato tessuto sociale delle due città? Saranno sufficienti gli agenti di polizia penitenziaria? Che fine faranno i vecchi edifici carcerari? Al primo piano della palazzina di via Tuveri che ospita il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap), proprio di fronte al Palazzo di giustizia di Cagliari, fidati poliziotti vigilano sulla sicurezza del loro capo. Un monitor alla sinistra della scrivania segnala chi c’è oltre la porta. De Gesu fa una vita blindata: in molti lo vorrebbero sotto un metro di terra. Lui lo sa e, con qualche accorgimento, convive con la situazione. Viene dalla Calabria, terra difficile, dura. Che gli ha insegnato i fondamentali della vita. Sa bene che l’ambiente di lavoro, soprattutto il suo, non va mai preso sottogamba. Perché con camorristi, mafiosi e criminali della ‘ndrangheta c’è il rischio di non potersi pentire. Due anni fa alla domanda è arrivato o l’hanno mandato ? aveva giurato di essere venuto in Sardegna per scelta. Il suo incarico, salvo proroghe impreviste, scadrà fra un anno. Riuscirà a vedere aperti gli istituti di pena di Cagliari e Sassari? “Bancali verrà consegnato entro giugno. Uta, sono certo che sarà operativo entro la fine del mio mandato. Noi siamo pronti, già a febbraio abbiamo inviato una squadra di poliziotti per gli arredi. Entro un mese dalla conclusione dei lavori lo renderemo operativo per ospitare 500 detenuti, tra i quali 90 al 41 bis e 25 donne”. Il deputato Mauro Pili e alcuni sindacalisti a lui vicini denunciano, con l’apertura delle nuove prigioni, il pericolo di infiltrazioni mafiose. “Lo escludo. In Italia ci sono circa 800 detenuti reclusi con il regime del 41 bis e non risulta che ci siano infiltrazioni mafiose in quelle regioni che li ospitano. I 190 reclusi con regime di carcere duro che verranno inviati in Sardegna non rappresentano un pericolo. I criminali - aggiunge De Gesu - non vogliono essere reclusi nell’Isola: troppo lontano dai loro interessi”. C’è un nesso di causalità tra carcere e insediamenti mafiosi? “No, nessun familiare o affiliato alla cosca si trasferirebbe qui, i rapporti col detenuto sarebbero impossibili. Il regime 41 bis concede mezz’ora di colloquio al mese e solo ai parenti di primo grado - moglie o figli - senza contatti diretti, attraverso un vetro. Non solo: l’organizzazione mafiosa non lascerebbe mai sguarnito il territorio dove esercita i traffici loschi, perderebbe il controllo. Piuttosto - continua il provveditore - ci sono città in Sardegna dove sono state scoperte infiltrazioni mafiose ma non c’è alcun istituto di pena”. Gli istituti di Macomer e Iglesias verranno dismessi? “Sì, gestire un carcere con meno di 100 detenuti è antieconomico. I tempi di chiusura verranno decisi dopo l’apertura di Cagliari e Sassari”. Buoncammino sta crollando a pezzi, che fine farà? “Nel primo anello trasferiremo gli uffici del dipartimento ora ospitati in via Tuveri, un trasloco che ci permetterà di risparmiare decine di migliaia di euro. Il reparto detentivo non ci interessa, il suo futuro sarà di competenza del Demanio”. Intanto la rivoluzione nel carcere cagliaritano è già scattata. Il comandante Michela Cangiano è stata trasferita al Dap e il direttore Gianfranco Pala potrebbe seguirla tra pochi giorni, lasciando libero un posto che sarà occupato da un direttore cagliaritano ora in servizio nel Nord Italia. Calabria: intervento di Giovanna Cusumano, presidente del Crpo, su condizioni carcerarie di Danilo Loria www.strettoweb.com, 4 giugno 2013 “La battaglia di civiltà iniziata da Cesare Beccaria più di due secoli fa non può dirsi ancora vinta. La denuncia della delegazione dell’Unione delle Camere Penali Italiane relativa alla violazione nel carcere di Reggio Calabria degli standard minimi previsti dalla normativa vigente, pubblicata qualche giorno fa in seguito ad una visita nella casa circondariale, mi induce ad associarmi al grido d’allarme sulla disumanità delle condizioni carcerarie nel nostro Paese e, nello specifico, nella città dello Stretto”. è quanto afferma la presidente della Commissione regionale per le Pari Opportunità Giovanna Cusumano che aggiunge: “L’aver appreso, peraltro, che la situazione di grave degrado in cui sono costretti i detenuti della casa circondariale di Reggio, diventi ancor più estrema nella sezione femminile, non può non suscitare ulteriore indignazione. Come a dire che se al peggio non c’è fine, la fine è, ancora una volta, riservata dallo Stato italiano alle donne”. “Va però detto subito che quando viene violata la dignità della persona, come avviene appunto in tutte le carceri italiane, sottilizzare tra una maggiore o minore gravità della violazione potrebbe apparire come un banale tentativo di spostare l’attenzione sulla violazione tout court. Così non è!” - sottolinea Cusumano. “La dignità umana è inviolabile (e prescinde, o meglio, dovrebbe prescindere dal genere) e come tale non può subire pregiudizio neanche in caso di limitazione di un altro diritto, come nella fattispecie della restrizione della libertà personale, atteso che essa non è soggetta a bilanciamenti” - prosegue. “Se cosi è, a nome di tutta la Commissione regionale delle Pari Opportunità della Calabria, che presiedo, chiedo al nostro Ministro Cancellieri come sia possibile che ancora oggi, dopo innumerevoli denunce, decine di suicidi di detenuti e la recente sentenza della Corte dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo, l’Italia non riesca ad assicurare alle detenute e ai detenuti del nostro Paese un regime penitenziario compatibile con il rispetto della dignità della persona?”. “Ed ancora chiedo al nostro Ministro come pensa di affrontare tempestivamente l’annoso e drammatico problema, evidentemente non più rimandabile?”. “Tutti sappiamo bene che il percorso carcerario così come è “concepito dal nostro Paese serve a poco (o forse a niente), atteso che non riesce a perseguire i fini rieducativi”. “Ed allora, chiedo al nostro Parlamento e soprattutto ai parlamentari calabresi, di attivarsi affinché il nostro ordinamento si doti al più presto di procedure atte a garantire la cessazione di questa vergognosa violazione dei diritti umani?”. “Un plauso, invece, rivolgo al Tribunale di sorveglianza di Venezia che ha sollevato la questione di costituzionalità dell’art. 147 c.p. che prevede il differimento della pena solo per infermità fisica o mentale e per detenute-madri con figli di meno di tre anni. Ma non per trattamento disumano e degradante, qual è, appunto, il sovraffollamento” - evidenzia ancora la presidente della CRPO. “Un ringraziamento, infine - conclude Giovanna Cusumano - alla direttrice dell’Istituto penitenziario di Reggio Calabria, dott.ssa Carmela Longo, per le tante denunce e le tante richieste di intervento finalizzate a rimuovere la violazione dei diritti delle “sue” detenute e dei “suoi” detenuti, ma rimaste allo stato, in gran parte, disattese” Umbria: non raggiunto quorum per Garante detenuti, 24 schede bianche su 27 presenti Agi, 4 giugno 2013 Anche nella seduta odierna del Consiglio regionale dell'Umbria non è stato raggiunto il quorum (2/3, pari a 21 voti) necessario per l'elezione della figura del Garante dei detenuti. Dalla votazione a scrutinio segreto sono emerse 24 schede bianche su 27 presenti. Hanno ottenuto un voto ciascuno Francesco dell'Aira, Stefano Anastasia e Beatrice Lorenzin. Prima del voto, il capogruppo del Partito democratico, Renato Locchi, ha proposto un rinvio del voto alla prossima seduta utile del Consiglio, mentre Orfeo Goracci (Comunista umbro) si è detto contrario in quanto per la terza volta l'Aula aveva l'elezione del garante sull'ordine del giorno dei lavori. Per il capogruppo della Lega Nord, Gianluca Cirignoni, il ruolo del garante "può essere affidato ai consiglieri regionali, invece che ad una figura esterna sulla quale non si riesce a trovare alcun accordo". La proposta di Locchi è stata dunque messa ai voti ma non è passata, perché nonostante i 13 voti favorevoli, la somma dei contrari (5) e degli astenuti (9) ha raggiunto le 14 unità. Si è dunque proceduto alla votazione, che non ha dato alcun esito, non essendo stato raggiunto il quorum necessario. Umbria: Lisiapp; Garante dei detenuti, copia del magistrato di sorveglianza…. quanto ci costa? Agi, 4 giugno 2013 Il Lisiapp contro il Garante dei detenuti. Entra a gamba tesa sulla delicata partita dell’elezione del Garante dei detenuti, il sindacato della polizia penitenziaria che “critica energicamente l’introduzione della figura”, chiedendo contestualmente di renderne noto il costo dell’operazione. La premessa della durissima presa di posizione: “Il comparto sicurezza - si legge nella nota - è stato profondamente colpito da misure anticrisi con tagli al personale, stipendi congelati e scatti di anzianità bloccati, senza contare il sovraffollamento delle carceri, il deficit di manutenzioni ordinarie e straordinarie agli istituti e il ridimensionamento delle voci di bilancio per l’acquisito di beni di prima necessità, generi per l’igiene personale o delle utenze come il riscaldamento”. Poi l’affondo: “Ed è nell’ambito di questo quadro che critichiamo energicamente la volontà politica della Regione che intravede nella figura del Garante dei detenuti la risposta alle criticità delle strutture penitenziarie. In un periodo in cui ai cittadini - prosegue la note - vengono chiesti grossi sacrifici, il consiglio regionale vorrebbe creare questa “autorevole” ed “essenziale” figura che, di fatto, ricalca quella del magistrato di sorveglianza senza però averne i poteri, senza essere autorizzata”. Meglio: “Il Garante dei detenuti non ha nessun potere di legge, non ha il diritto di accedere nelle carceri ne di colloquiare con detenuti se non autorizzato dalla direzione delle stessa”. E infine le domande: “Questa figura, oltre ad un considerevole stipendio, sarà dotato di un entourage costituito da segretari, addetti e portavoce, con tanto di ufficio con costi rilevanti per il già tartassato contribuente umbro? Ai nostri politici fautori del Garante chiediamo, per trasparenza, di comunicare ai cittadini i costi dell’operazione”. Piemonte: Radicali; i soldi del Corecom al garante carceri La Repubblica, 4 giugno 2013 “Basterebbero gli aumenti riconosciuti ai membri del Corecom e al difensore civico per pagare il Garante regionale delle carceri. La Regione Piemonte non può dare un segnale così negativo a pochi giorni dalla sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo che ha confermato la condanna dell’Italia per la situazione vergognosa delle sue carceri”. L’appello arriva dal presidente dell’Associazione radicale Adelaide Aglietta Igor Boni e da Giulio Manfredi del comitato nazionale radicali. “Il difensore civico non può assumere altri ruoli. Con fatica riesce a stare dietro a tutte le istanze e proteste che arrivano”. Emilia Romagna: diritti detenuti, opuscolo per conoscerli, partita distribuzione in istituti Dire, 4 giugno 2013 Un opuscolo per sapere le norme basilari che regolano la vita oltre le sbarre. È ora disponibile la pubblicazione dal titolo “Carcere e dintorni. Prontuario della normativa di riferimento”, redatto dall'ufficio del Garante regionale delle persone private della libertà personale, guidato da Desi Bruno. Il libretto, informa una nota, compendia la normativa e le prassi vigenti in materia penitenziaria ed è destinata ad operatori, volontari e detenuti. Con un'attenzione particolare per le persone straniere, che spesso faticano a comprendere la realtà che li circonda e non riescono ad esercitare i diritti loro riconosciuti dall'ordinamento. Per questo motivo, l'opuscolo è stato tradotto in cinque lingue: albanese, arabo, inglese, francese e spagnolo. Non va dimenticata nemmeno la peculiarità della situazione dei “nuovi giunti”, perché i primi momenti della detenzione - sia nella fase cautelare che in quella della esecuzione della pena - sono particolarmente delicati. Come peraltro viene segnalato anche dal Dipartimento di amministrazione penitenziaria, subito dopo l'ingresso in istituto è particolarmente importante “informare correttamente i ristretti sulle regole che scandiscono la vita detentiva”. Proprio in questi giorni è iniziata la diffusione della versione cartacea in tutti gli istituti della regione, con la collaborazione del Provveditorato dell'Amministrazione penitenziaria dell'Emilia-Romagna. Per tutti gli interessati, l'opuscolo è consultabile anche on-line (http://www.assemblea.emr.it/garanti/attivita-e-servizi/tutte-le-p ubblicazioni/pubblicazioni-del-garante-delle-persone-private-della -liberta-personale/carcere-dintorni). Rimini: Garante Desi Bruno; allarme sovraffollamento, 7 detenuti in una cella di 13 metri quadri www.riminitoday.it, 4 giugno 2013 Accompagnata dalla direttrice Palma Mercurio e dal comandante della Polizia penitenziaria, la Garante regionale dei detenuti, Desi Bruno, alla seconda visita all’istituto penitenziario dall’inizio dell’anno, ha verificato che permangono “gravi condizioni”. Al 31 maggio, alla Casa Circondariale di Rimini, risultavano essere presenti 168 detenuti (di cui 74 stranieri); 70 i condannati in via definitiva. Accompagnata dalla direttrice Palma Mercurio e dal comandante della Polizia penitenziaria, la Garante regionale dei detenuti, Desi Bruno, alla seconda visita all’istituto penitenziario dall’inizio dell’anno, ha verificato che permangono “gravi condizioni di sovraffollamento”: in ogni sezione ci sono circa il doppio delle presenze rispetto alla capienza regolamentare, e il problema è destinato ad acuirsi nel periodo estivo. In luglio e agosto, vengono effettuati circa il 50% degli arresti annuali. La Polizia penitenziaria, sotto-organico di circa 40 unità (108 effettivi, rispetto a una pianta organica di 148), trarrebbe giovamento da un’integrazione di personale di 10 unità. Le celle delle sezioni di più recente ristrutturazione risultano essere decorose negli arredi e ampiamente illuminate, con uno spazio apposito per il lavabo e con un bagno con doccia, ma vi sono rinchiuse 6-7 persone in 12-13 metri quadrati, con letti a castello a 3 piani. In tutte le sezioni, vige un cosiddetto “sistema aperto”: ai detenuti viene consentito di restare fuori dalle celle per passare ore all’aria aperta e momenti di socializzazione con gli altri detenuti. Non è assicurata la separazione degli imputati dai condannati in via definitiva, che risultano allocati nei medesimi ambienti detentivi. Nella sezione a custodia attenuata denominata Andromeda, risultano presenti 13 detenuti: si tratta di tossicodipendenti o alcoldipendenti, selezionati dalla Direzione e dell’Ausl, in attesa dell’accesso a misure alternative alla detenzione con finalità terapeutiche; 5 i transessuali, detenuti in una sezione ad hoc. La Garante ha poi visitato la parte vecchia della Casa Circondariale, nella quale permangono le più volte segnalate criticità strutturali, già oggetto di un intervento dell’Ausl per la situazione di degrado complessivo e per le pessime condizioni igienico-sanitarie. In riferimento alla ristrutturazione della Seconda sezione, da tempo chiusa per inagibilità, l’appalto è già stato aggiudicato e si attendono alcuni adempimenti burocratici per l’avvio dei lavori. Sempre gravi le condizioni igienico-sanitarie della Prima sezione - crepe nei muri scrostati, infissi fatiscenti, infiltrazioni di acqua dal tetto - nella quale, al momento, sono allocate 22 persone in 4 celle (le altre sono state chiuse dalla Direzione in quanto inagibili). Da tempo appaiono indifferibili interventi di ristrutturazione delle celle, in alternativa alla totale chiusura della sezione. Il Provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria sta procedendo a interventi ordinari di sanificazione, quali la tinteggiatura delle celle; tale soluzione, idonea a ripristinare i parametri di salubrità nell’immediato, non può che essere interlocutoria, essendo necessario provvedere con urgenza al rifacimento della copertura del tetto. L’auspicio della Garante è che i lavori sulla Seconda sezione comincino al più presto, e possano poi proseguire nella Prima, ponendo rimedio “a una situazione in palese violazione degli standard minimi di vivibilità”. Pavia: nuovi progetti per ex detenuti, volontariato in pediatria all’ospedale San Matteo Il Giorno, 4 giugno 2013 Un’esperienza che viene formalizzata attraverso la firma di un accordo tra l’ospedale pavese e la casa circondariale di Torre del Gallo. Gli ex detenuti del carcere di Pavia potranno lavorare, come volontari, nella chirurgia pediatrica del Policlinico San Matteo. Tra l’ospedale pavese e la casa circondariale di Torre del Gallo, viene firmata oggi una convenzione che prevede la realizzazione di alcuni progetti e si pone come obiettivo “l’abbattimento delle forme di isolamento dei bambini ricoverati e delle persone che hanno vissuto la triste esperienza del carcere”. Saranno proprio alcuni ex detenuti dell’istituto di pena di Pavia ad eseguire dei lavori di manutenzione della clinica. L’esperienza, che oggi viene formalizzata ufficialmente con la firma dell’accordo, è già iniziata con alcune esperienze positive. È il caso, ad esempio, di Gabriele, un uomo di 46 anni, separato, padre di un ragazzo di 22 anni. Gabriele, che è uscito dal carcere di Torre del Gallo lo scorso 28 febbraio (dopo aver scontato diverse condanne), ogni giorno si reca nel reparto di chirurgia pediatrica del Policlinico di Pavia per dare una mano. Ha ristrutturato le stanze dei piccoli pazienti per renderle più piacevoli, ha pitturato i muri, ha montato e trasportato mobili, sta terminando l’archivio delle cartelle cliniche dove ha fissato le scaffalature, ha montato i pannelli di legno sui muri delle corsie, ha risistemato l’ufficio della segreteria. Per qualunque cosa, lui c’è. “È un modo per ringraziare la professoressa Gloria Pelizzo, direttore del reparto, che ci è venuta a trovare in carcere - spiega Gabriele - portando dietro le sbarre un legame con la realtà del mondo esterno. Molti di noi hanno aderito alla proposta di partecipare al progetto della chirurgia pediatrica e del carcere”. Bologna: teatro comunale, musicisti suonano per i carcerati Dire, 4 giugno 2013 Musicisti in carcere, ma è per suonare per i reclusi. Un quartetto d’archi e un quintetto a fiati del Teatro comunale di Bologna, dopodomani mattina, entreranno per la prima volta alla Casa circondariale delle Dozza ed eseguiranno brani di Paul Hindemith e di Ludwing Van Beethoven. Si tratta del terzo appuntamento del progetto di Volontariato musicale del Comunale, accolto con entusiasmo dagli artisti del teatro e che, proprio nel 250esimo anniversario dall’apertura della Sala del Bibiena, porta i musicisti dell’orchestra in luoghi dove c’è sofferenza per portare un po’ di sollievo. “Il motivo profondo - spiegano i professori d’orchestra che partecipano al progetto - per il quale questo nostro concerto dentro il carcere di Bologna è così importante risiede nel significato simbolico e concreto che rivestono le carceri”. Sono luoghi in cui “il disagio sociale, legato alla povertà, a storie personali di migrazione o genericamente a incapacità di inserirsi in un tessuto sociale e nelle sue leggi e norme, arriva al suo punto massimo”. Oggi, poi, le carceri “non sono più semplicemente il luogo dove vengono rinchiusi i “delinquenti” in senso tradizionale, bensì il vicolo cieco a cui approdano vite difficili e infelici”. Visto che il Volontariato musicale del Teatro comunale si propone di fare della musica uno strumento “di solidarietà capace di migliorare la società in cui viviamo, il carcere è il luogo per antonomasia in cui di essa c’è bisogno”. La speranza dei musicisti è quindi di fare dell’arte “un fattore positivo nel contesto di una reale riabilitazione, che può e deve anche passare per un percorso intellettuale e spirituale, come molte storie di vite ricostruite dopo la detenzione in un carcere dimostrano”. Immigrazione: Fp-Cgil; Cie Modena, rescindere con Oasi come a Bologna Dire, 4 giugno 2013 Contratto rescisso a Bologna, confermato a Modena. È questa la strana sorte toccata al consorzio l'Oasi a cui erano stati assegnati (un anno fa con bando pubblico) i due Centri di identificazione ed espulsione, prima affidati alla Misericordia. Mentre a Bologna, dove il Cie è momentaneamente chiuso per lavori strutturali, la prefettura ha deciso di annullare la convenzione in essere per mancanze ed inadempienze nella gestione del centro da parte de L'Oasi, tra cui spiccano i mesi di ritardo nel pagamento degli stipendi del personale, proprio negli stessi giorni la prefettura di Modena avrebbe convalidato un contratto che era, da mesi, in fase di perfezionamento per documentazione mancante. Due strade opposte per due situazioni simili, visto che anche a Modena la situazione del Centro è stata più volte definita “in grave peggioramento” da operatori, sindacati, operatori delle forze dell'ordine e dalla garante regionale delle carceri Desi Bruno. A protestare con forza chiedendo che anche Modena segua la traccia di Bologna è la funzione pubblica Cgil, che dallo scorso autunno segue il caso dei 26 dipendenti del Consorzio che hanno subito, come quelli impiegati sotto le Due torri, gravissimi ritardi nell'erogazione degli stipendi: solo a marzo vennero saldati, con l'intervento della prefettura, quattro mesi arretrati, mentre oggi si sono accumulate altre due mensilità di ritardo. “Anche nel Cie modenese si sono verificate situazioni tante e tali da ritenere necessaria ed urgente la rescissione immediata del contratto con il Consorzio l'Oasi- spiega Marco Bonaccini, Fp Cgil- non riusciamo veramente a capire quale sia la ragione di una conferma arrivata a Modena, quando peraltro ancora il contratto doveva essere formalizzato ufficialmente per mancanze nella documentazione presentata dal Consorzio. Una scelta che ci lascia sbigottiti, soprattutto mentre Bologna recede”. Per Bonaccini, le situazioni all'interno dei due centri sono le medesime e “anche a Modena, si deve indire al più presto una nuova gara e affidare il centro ad un nuovo gestore”. Ad interessarsi a livello nazionale della vicenda, dopo il senatore Pd Stefano Vaccari che nei giorni scorsi aveva depositato una interpellanza, è ora il senatore Pdl Carlo Giovanardi che oggi fa sapere di aver presentato un quarto atto di sindacato ispettivo relativo alla gestione dei Cie di Modena e Bologna da parte della cooperativa di Siracusa: “Mentre la Prefettura di Bologna ha risolto il contratto a causa dei continui disservizi e inadempienze, venerdì 31 maggio il Prefetto di Modena ha firmato la convenzione con la cooperativa L'Oasi- scrive il senatore-. Ora chiediamo di sapere quali rapporti sono intercorsi fra i soci della cooperativa ed il prefetto di Modena quando gestiva la Prefettura di Siracusa e come sia possibile che le prefetture di due città confinanti assumano atteggiamenti così diversi davanti a disservizi e inadempienze dello stesso tipo”. Il problema, però, non riguarderebbe soltanto la gestione dell'Oasi. Infatti, secondo Bonaccini andrebbe rivista tutta la metodologia di assegnazione dell'appalto o della convenzione: “Il peccato originale è a monte, noi abbiamo chiesto un nuovo appalto che risponda a due precisi principi, uno che preveda una base d'asta equa, perché con 30 euro al giorno per trattenuto non si possono pagare nemmeno i lavoratori, e l'altro l'assegnazione dell'appalto non secondo il principio del massimo ribasso, ma quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa”. Le responsabilità dello stato dei Cie in Italia e della loro gestione non sarebbe dunque solo degli appaltatori: “Il ministro dell'Interno ha creato condizioni di illegalità con questi metodi di assegnazione di appalti - conclude - ma se lo Stato vuole tenere aperti i Cie, deve metterli nella condizione di poter funzionare”. Droghe: i Radicali scendono di nuovo in piazza per una manifestazione antiproibizionista Agenparl, 4 giugno 2013 Radicali e associazioni scendono di nuovo in piazza giovedì pomeriggio a partire dalle ore 14:30, davanti a Montecitorio, per una manifestazione “antiproibizionista per l’accesso alla cannabis terapeutica e la depenalizzazione per uso personale della coltivazione della marijuana. Ad organizzare la manifestazione il Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito, l’Associazione Luca Coscioni, Radicali Italiani e l’Associazione LapianTiamo. La denuncia è netta: in Italia coltivare “anche solo una piantina in casa” vuol dire per la legge essere “trattati al pari di autentici criminali. E da “autentici criminali” sarebbero trattati “i moltissimi malati di sclerosi multipla e altre patologie - i cui effetti degenerativi potrebbero essere leniti dai derivati della cannabis - che davanti al calvario burocratico per l’accesso ai farmaci a base di cannabinoidi sono costretti a ricorrere all’autocoltivazione oppure ai pusher; andando così incontro a gravi conseguenze penali, oltre a foraggiare le narcomafie”. Alle ore 15 conferenza stampa sulla presentazione di una proposta di legge che autorizzi i Cannabis Social Club all’approvvigionamento di canapa terapeutica a tutti coloro che ne hanno il diritto ma soprattutto il bisogno. Con: - Rita Bernardini (già deputata Radicale - Presidente ad honorem “LapianTiamo”) - Lucio Barani (Senatore Grandi Autonomie e Libertà) - Sergio Blasi (Capogruppo Pd Regione Puglia) - Donato Metallo (Sindaco di Racale, LE) - Sandro Gozi (Deputato Partito Democratico) - Filomena Gallo (Segretario dell’Associazione Luca Coscioni) - Mina Welby (Co-presidente Associazione Luca Coscioni) - Maria Antonietta Farina Coscioni (già deputata Radicale, Presidente onorario Associazione Luca Coscioni) - Andrea Trisciuoglio (Segretario LapianTiamo e consigliere generale Associazione Luca Coscioni) - Lucia Spiri (Presidente LapianTiamo). La questione era stata già portata all’attenzione dei media con una conferenza stampa di disobbedienza nella sala stampa della Camera, prima della pausa estiva nel 2012 e diede vita, con la semina dentro il Palazzo della Camera, ad una proibitissima piantagione che proseguì “pubblicamente” sul terrazzo di casa, con foto quotidiane postate su facebook. A maturazione completata, sempre a Montecitorio ma nella piazza, Rita Bernardini, oltre a presentare alla stampa una sua mozione firmata da 27 deputati per impegnare il governo a semplificare le procedure di importazione, commercializzazione e accesso ai farmaci a base di cannabis e a favorirne la produzione sul territorio nazionale come atto di disobbedienza civile, consegnò ai malati di sclerosi multipla, protagonisti dell’iniziativa di giovedì, il “raccolto” delle piante di marijuana. Nel corso della mattinata l’associazione LapianTiamo donerà alcuni semi di canapa alla sua presidente ad honorem che ne curerà la crescita sul suo terrazzo, iniziando a piantarli proprio in piazza Montecitorio. Afghanistan: arrestato colonnello, avrebbe consegnato prigionieri a ‘team tortura Usa Ansa, 4 giugno 2013 Un colonnello dell’esercito afghano è stato arrestato con l’accusa di aver consegnato prigionieri a un uomo collegato con un team delle forze speciali Usa a sua volta accusato di torture e omicidi arbitrari. Lo riferiscono tre fonti all’agenzia Reuters. L’arresto arriva dopo il ritrovamento, nei pressi della basa militare di Nerkh, di tre cadaveri. I loro nomi figurano nell’elenco di 18 prigionieri detenuti nella base, 10 dei quali risultavano scomparsi. Yemen: venti giovani yemeniti arrestati più di due anni fa in carcere senza accusa Ansa, 4 giugno 2013 Più di venti giovani yemeniti arrestati più di due anni fa dalle autorità di Sanaa nel corso della repressione delle proteste popolari non violente registratesi nel Paese, sono ancora in stato di fermo senza aver ricevuto un’accusa formale, e sono in sciopero della fame. Lo riferisce all’Ansa una giornalista yemenita, che preferisce rimanere anonima perché è moglie di uno dei giovani arrestati. La fonte, contattata telefonicamente, precisa che alcuni dei detenuti rilasciati si sono rifiutati di lasciare la prigione centrale di Sanaa dove rimangono i loro compagni in sciopero della fame da più di otto giorni. Nel gennaio 2011, a Sanaa e in altre città dello Yemen era scoppiata una rivolta popolare per chiedere le dimissioni dell’allora presidente Ali Abdallah Saleh. La sua uscita di scena è avvenuta solo nel 2012 dopo un accordo regionale voluto dall’Arabia Saudita e appoggiato dagli Stati Uniti. Secondo i promotori della rivolta del 2011, in particolare giovani studenti universitari e liberi professionisti delle città, ampi strati del regime yemenita non sono affatto stati rimossi ma continuano a rimanere al potere. Birmania: presidente Thein Sein; detenuti coscienza presto fuori, esclusi quelli per violenze Ansa, 4 giugno 2013 Il presidente birmano Thein Sein ha promesso la prossima liberazione di tutti i prigionieri di coscienza, aggiungendo che le autorità stanno esaminando ogni fascicolo. “Voglio che nessun prigioniero di coscienza stia in prigione”, ha detto l’ex generale alla radio, affermando che saranno liberati “presto”, esclusi i detenuti per violenze. Thein Sein è impegnato da due anni in profonde riforme politiche dopo mezzo secolo di dittatura militare.