Giustizia: 100 piazze per 3 leggi, domani si firma contro la tortura e per i diritti in carcere Ristretti Orizzonti, 25 giugno 2013 Domani, mercoledì 26 giugno, giornata internazionale a sostegno delle vittime di tortura, i promotori della Campagna Tre leggi per la giustizia e i diritti. Tortura, carceri, droghe saranno in cento piazze italiane a raccogliere le firme per le tre proposte di legge depositate alla fine di gennaio in Cassazione. A Roma, in Piazza Farnese, a partire dalle ore 18, concerto/evento al quale interverranno i promotori della campagna, personalità impegnate sul fronte dei diritti umani, tra cui Ilaria Cucchi, e numerosi attori e musicisti che fino alle 23 si alterneranno sul palco a sostegno delle 3leggi. Tra gli artisti che hanno già annunciato la propria partecipazione: Andrea Satta dei Têtes de Bois, il regista di Diaz Daniele Vicari, gli Studenti della Scuola provinciale d'Arte cinematografica Gian Maria Volonté, il disegnatore Mauro Biani, ideatore del logo della Campagna, gli attori Salvatore Striano, protagonista di Cesare deve morire dei fratelli Taviani, e Paolo Calabresi; i cantautori Agnese Valle, Bucho, Flavio Giurato e Giorgio Panzera; i gruppi musicali Presi per caso e Riflessi. Dalle 21 spazio al Reggae con un Live Dj Set che vedrà protagonisti Baracca Sound, Ginko e Adriano Bono. Nella stessa giornata, sempre a Roma, raccolta di firme per le 3 leggi anche al mercato di Piazza Epiro, a Via Gallia (di fronte alla parrocchia della Natività), davanti al Tribunale civile (Via Lepanto/ang. V.le Giulio Cesare, h10-13), in Piazza Vittorio 113 - angolo via Buonarroti (h9-13; 15-18) e all'Università La Sapienza dalle ore 19 alla manifestazione "Roma per l'Africa". Tutti dettagli sui tavoli di raccolta firme nelle altre città sono disponibili sul sito www.3leggi.it. La campagna "Tre leggi per la giustizia e i diritti" è promossa da un ampio cartello di associazioni e organizzazioni impegnate sul fronte dei diritti umani: A Buon diritto, Acat Italia, L'Altro Diritto, Associazione 21 luglio, Associazione difensori di Ufficio, A Roma, insieme - Leda Colombini, Antigone, Arci, Associazione Federico Aldrovandi, Associazione nazionale giuristi democratici, Associazione Saman, Bin Italia, Consiglio italiano per i rifugiati - Cir, Cgil, Cgil - Fp, Conferenza nazionale volontariato giustizia, Cnca, Coordinamento dei Garanti dei diritti dei detenuti, Fondazione Franca e Franco Basaglia, Fondazione Giovanni Michelucci, Forum Droghe, Forum per il diritto alla salute in carcere, Giustizia per i Diritti di Cittadinanzattiva Onlus, Gruppo Abele, Gruppo Calamandrana, Il detenuto ignoto, Itaca, Libertà e Giustizia, Lila Onlus - Lega Italiana per la Lotta contro l'Aids, Medici contro la tortura, Naga, Progetto Diritti, Ristretti Orizzonti, Rete della Conoscenza, Società della Ragione, Società italiana di Psicologia penitenziaria, Unione Camere penali italiane, Vic - Volontari in carcere. Giustizia: decreto carceri; Ghedini la spunta, restano i domiciliari per gli over-settanta di Liana Milella La Repubblica, 25 giugno 2013 Marcia indietro della Cancellieri, via la norma che limitava la concessione a condanne entro i 4 anni. Come over 70 Berlusconi ormai può stare tranquillo. Non andrà in galera. Niccolò Ghedini protesta e il ministro Anna Maria Cancellieri fa marcia indietro. Dal decreto legge sulle carceri - che domani dovrebbe passare in consiglio dei ministri - sparisce la norma che avrebbe ridotto a soli 4 anni il tetto di pena per veder garantiti i domiciliari a chi ha superato i 70 anni. Oggi non c'è alcun limite, sono esclusi solo i reati gravi. La regola resterà proprio questa, nessuna modifica restrittiva, come invece era scritto nel testo almeno fino a sabato sera. A pagarne il prezzo sono pure i recidivi, perché con la norma degli over 70, viene eliminata anche l'apertura nei loro confronti su permessi premio e concessione dei domiciliari. In una parola, con un tratto di penna, viene azzerata del tutto la marcia indietro sulla famosa Cirielli del 2005 che, oltre ad accorciare la prescrizione (sempre per Berlusconi), aveva anche fatto concessioni ai settantenni (in vista della condanna per Previti). La ricostruzione è presto fatta, e porta diritta alle proteste di Ghedini e del Pdl. Domenica Repubblica svela che, nel decreto legge sulle carceri, c'è una norma che cancella il privilegio ad personam cucito addosso all'ex ministro della Difesa Previti con la Cirielli, i domiciliari "per qualunque reato", come recita il comma 01 della Gozzini. Con il testo Cancellieri, solo "la pena della reclusione non superiore ad anni quattro" può consentire i domiciliari per una serie di categorie, over 70 compresi. Repubblica legge la bozza a Nicolò Ghedini, il legale di Berlusconi, che reagisce sorpreso, parla subito di "norma contra personam", aggiunge che "per certo non passerà". Detto fatto. Ieri via Arenula cancella l'intero paragrafo che si riferiva all'articolo 47ter del regolamento penitenziario, la nota legge Gozzini su permessi e benefici. Via la stretta sugli over-70, e via le maglie giustamente un po' più larghe sui recidivi. Si torna alla stretta della Gozzini per chi ha compiuto più di una volta lo stesso reato, peraltro bocciata dalla Consulta, e alla manica larga per gli over 70. Il testo che gira tra ministero della Giustizia, ministero dell'Interno e palazzo Chigi è ormai monco. La parte del 47ter non c'è più. Ingoiata. La protesta di Ghedini è andata a segno. Sicuramente è soddisfatto anche il titolare del Viminale Angelino Alfano, visto che dalla polizia erano venute vibrate proteste sull'apertura ai recidivi. Oggi ci sarà un'altra riunione sul decreto in vista del consiglio dei ministri. Ma si può dare per esclusa una battaglia per ripristinare da un lato la stretta sugli over-70 e, dall'altro, le maglie larghe sui recidivi. Ovviamente, ad avere un peso decisivo, dopo la sentenza su Ruby, è il rischio quanto mai incombente che Berlusconi possa rischiare il carcere. Giustizia: l'amnistia per la pacificazione di Arturo Diaconale L'Opinione, 25 giugno 2013 Se non si vuole che l'Italia diventi l'Ucraina del Mediterraneo con Silvio Berlusconi equivalente di Iulia Timosenko non c'è altra strada che quella dell'amnistia. Che non sarebbe una amnistia ad personam, ma risulterebbe piuttosto essere la sola possibilità concreta di realizzare un processo di pacificazione effettivo nella società italiana. Dunque, una amnistia ad paesem. Serve un atto di clemenza generalizzato motivato dalla necessità di impedire che il leader del principale partito dello schieramento di centro destra venga eliminato per via giudiziaria dalla scena politica nazionale come se l'Italia fosse piombata ai livelli dei processi stalinisti degli anni ‘30? La risposta è positiva per due ordini di motivi. Il primo è che Ruby sarà pure stata minorenne e non nipote di Mubarak ma quando si dovrà tirare le somme della storia del secondo dopoguerra italiano non si potrà non rilevare che un Capo dello Stato come Giovanni Leone è stato infangato ingiustamente al punto da costringerlo alle dimissioni da innocente, che il leader del partito alternativo al Pci come Aldo Moro è stato assassinato dalle Brigate Rosse, che l'unico segretario del Psi deciso a conquistare l'egemonia della sinistra a scapito dei comunisti è stato costretto a fuggire ed a morire da esule in Tunisia, che una intera classe politica di estrazione democratica e non marxista è stata smantellata non con il voto ma con gli avvisi di garanzia e che il solo personaggio politico in grado di battere gli eredi del Pci per due volte nel giro di vent'anni, cioè Silvio Berlusconi, rischia di fare la fine della Timosenko. Come verrà considerata questa lunga fase se non come una sorta di guerra civile in parte calda ed in parte fredda combattuta senza un attimo di tregua da una precisa area politica contro gli avversari di turno ? Certo, gli storici giustizialisti non mancheranno neppure in futuro. Ma quando si tratterà di sintetizzare la fase di passaggio in Italia dalla fine del ‘900 all'inizio del terzo millennio il dato politico principale sarà quello della lotta condotta dalla sinistra dei compagni che non sbagliano e da quelli che sbagliano con tutti i mezzi possibili ed immaginabili. Da quelli illegali a quelli legali trasformati in arma antidemocratica. Porre fine a questa guerra civile non è, allora, salvare la persona fisica di Berlusconi ma risolvere una volta per tutte un vulnus che la democrazia italiana si porta dietro da decenni e decenni e che ha lacerato e continua a devastare la società nazionale. Si può insistere con questo vulnus e con la spaccatura verticale del paese nel momento in cui una crisi economica più grave di quella del ‘29 rischia di provocare un arretramento epocale delle condizioni di vita degli italiani? Non è invece indispensabile fronteggiare un fenomeno così devastante con la massima unità e solidarietà per bloccare non il semplice declino ma una più drammatica e realistica rovina della penisola e dei suoi abitanti? Le domande sono retoriche. Perché le risposte sono assolutamente scontate. L'amnista, in sostanza, non solo è indispensabile per pacificare gli italiani ma è assolutamente urgente per rendere concreto qualsiasi appello all'unità ed alla solidarietà contro la crisi. Chi pensa di continuare a lucrare sulla guerra civile, calda o fredda che sia, sbaglia tragicamente. E chi sbaglia presto o tardi paga. Uscendo dalla storia. Giustizia: Brunetta (Pdl); riformiamola con i referendum radicali… abolire l'ergastolo Italpress, 25 giugno 2013 "Riforma della giustizia? Il ministro Alfano e il ministro Cancellieri stanno preparando insieme un pacchetto che riguarda ordine pubblico, carceri, e altro: di questo si discuterà, penso, nei prossimi giorni. Sulla giustizia io sono per firmare i referendum radicali, che riguardano gli antichi problemi della giustizia". Così Renato Brunetta, capogruppo del Pdl alla Camera dei deputati, intervistato da "Radio Anch'io". "Separazione delle carriere, fine dell'obbligatorietà dell'azione penale, per quanto mi riguarda basta con l'ergastolo, che è una pena incivile, responsabilità civile dei magistrati. Mi piacerebbe avere qualche milione di firme sui referendum radicali, visto che il Parlamento, la politica, non è riuscita a riformare la giustizia su questi nodi che sono fondamentali. Perché gli italiani si sono già espressi sulla responsabilità civile dei magistrati, all'80%, poi una cattiva legge ha vanificato l'opinione degli italiani. Io vorrei tornare sui referendum radicali, attraverso questi referendum, chiedere direttamente agli italiani cosa pensano di questa giustizia". "Se tutto andasse bene, la primavera prossima si potrebbe anche votare. Se si raccolgono le firme, la Cassazione accetta la raccolta delle stesse, e così via, la prossima primavera se non si va al voto, ci saranno i referendum radicali e la giustizia sarà riformata. Questa è la nostra posizione", conclude Brunetta. Giustizia: Umberto Veronesi; no all'ergastolo, condanna "per sempre" è soltanto vendetta Adnkronos, 25 giugno 2013 No all'ergastolo. Perché "una giustizia che condanna per sempre è soltanto vendetta, perché esclude la possibilità di un ravvedimento, e rappresenta un concetto antico e più vicino alla barbarie che alla civiltà". Non si ferma la crociata dello scienziato Umberto Veronesi contro l'ergastolo. L'oncologo ha partecipato oggi a un incontro promosso dall'associazione Allievi della Scuola superiore Sant'Anna di Pisa, sul tema dell'ergastolo ostativo (senza fine). E spiega che "l'Italia è rimasto uno degli ultimi Paesi ad applicare l'ergastolo ostativo, che fu introdotto come misura emergenziale nei primi anni 90, con l'obiettivo di potenziare la lotta alla mafia, e non si può certo affermare che fu una misura efficace. Per questo il movimento Science for Peace, che ho creato nell'ambito della Fondazione che porta il mio nome - ricorda - si è affiancato all'impegno di quanti in Italia si adoperano per l'abolizione dell'ergastolo". Le motivazioni, precisa l'ex ministro della Sanità, "vanno ben di là della questione giuridico-legislativa: sono ragioni morali, etiche, culturali, oltre che scientifiche. Gli studi più recenti in neurologia hanno dimostrato che il nostro sistema di neuroni è plastico e si rinnova, perché il cervello è dotato di cellule staminali proprie in grado di generare nuove cellule. Questo dimostra scientificamente che per ogni uomo esiste durante tutta la sua vita la possibilità di cambiare ed evolversi. Noi crediamo nel principio di una giustizia tesa al recupero e alla rieducazione della persona, che eviti trattamenti contrari al senso di umanità, e dignità della persona, come recita la nostra Costituzione all'articolo 27". Soluzione è braccialetto elettronico "I detenuti chiamati a scontare anche pene lunghe per reati gravi possono espiare la loro condanna a casa: quel che conta è la privazione della libertà e l'impiego del braccialetto elettronico sarebbe sufficiente a controllarne costantemente la loro posizione". Lo ha detto Umberto Veronesi, sostenitore dell'abolizione dell'ergastolo, oggi a Pisa a margine di un incontro promosso sul tema dall'associazione allievi della Scuola Sant'Anna. "L'obiettivo deve essere quello di svuotare le carceri e non continuare a riempirle - ha aggiunto Veronesi - e non si applicherà mai il dettato costituzionale della funzione rieducativa della detenzione. Scegliere invece misure alternative consentirebbe una migliore vivibilità delle case di reclusione e una maggiore possibilità di reinserimento sociale dei detenuti. Lo Stato deve entrare in una logica diversa che non sia quella della vendetta nei confronti di chi commette reati". Giustizia: Sappe; pensare a riforma del sistema penitenziario per il bene del Paese Ristretti Orizzonti, 25 giugno 2013 "Come Sindacato più rappresentativo della Polizia Penitenziaria, il Sappe auspica che il testo unificato in materia di pene detentive non carcerarie e di sospensione del procedimento con messa alla prova attualmente in discussione alla Camera dei Deputati possa essere davvero un atto di svolta nelle politiche penitenziarie del Paese. Possa cioè essere una svolta bipartisan di Governo e Parlamento per una nuova politica della pena, necessaria e non più differibile, che ‘ripensi' organicamente il carcere e l'Istituzione penitenziaria, prevedendo un maggiore ricorso alla misure alternative alla detenzione e delineando per la Polizia Penitenziaria un nuovo impiego ed un futuro operativo, al di là delle mura del carcere, parallelamente all'affermarsi del suo ruolo quale quello di vera e propria polizia dell'esecuzione penale". E' l'auspicio di Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, la prima e più rappresentativa organizzazione dei Baschi Azzurri, che rivolge un appello alla classe politica del Paese. "La recente evasione sventata dal carcere di Brindisi o gli agenti aggrediti ad Alessandria testimoniano la drammaticità quotidiana delle nostre carceri. Non si perda ulteriore tempo per affrontare e risolvere almeno in parte le criticità penitenziarie italiane. Il Sappe rinnova l'auspicio di una urgente svolta bipartisan di Governo e Parlamento per una nuova politica della pena. Si adottino provvedimenti concreti di potenziamento dell'area penale esterna, che tengano in carcere chi veramente deve starci, e si potenzino gli organici di Polizia Penitenziaria – carenti di ben 7mila unità - cui affidare i compiti di controllo sull'esecuzione penale. Quella della sicurezza è una priorità per chi ha incarichi di governo ma anche per chi è all'opposizione parlamentare. E' una priorità per tutti. Per questo auspichiamo una larga intesa politica per una nuova politica della pena, necessaria e non più differibile". Giustizia: Rapporto Amnesty International; troppe vittime della tortura… anche in Italia di Flore Murard-Yovanovitch L'Unità, 25 giugno 2013 Nel 2012 secondo il Rapporto Annuale 2013 di Amnesty International, 112 Paesi hanno torturato i loro cittadini. Inflitto un'acuta sofferenza fisica o/e psichica, a colpi di percosse fisiche o raffinate tecniche di distruzione, a nemici presunti o reali nel nome di un fine superiore. Punire, intimidire, estorcere informazioni, confessare. Non esistono nel mondo zone libere dalla tortura e le agghiaccianti immagini di Abu Ghraib avevano rivelato al mondo che il problema non è limitato alle dittature militari o ai regimi autoritari, né appartiene al passato, ma è una pratica odierna, diffusa anche negli Stati più democratici. Come definita in sede Onu, la tortura si distingue da altri maltrattamenti crudeli, degradanti e inumani, in quanto è commessa da un pubblico ufficiale (o simile): attiene all'esercizio del potere punitivo dello Stato. Si esercita sul corpo. Degrada la persona. Non a caso il concetto di dignità umana è stato una pietra miliare della storia relativamente recente per l'abolizione della tortura a livello internazionale. Nel 1984 viene adottata dall'Assemblea delle Nazione Unite la Convenzione contro la tortura (ratificata da 151 Paesi), seguita nel 2002, dal Protocollo Opzionale alla Convenzione Onu contro la tortura che prevede meccanismi di controllo nei luoghi di detenzione. (L'Italia lo ratifica solo lo scorso 24 ottobre 2012). Con la svolta della guerra al terrorismo internazionale sono sempre più diffusi i massacri e le sparizioni forzate, c'è una lenta globale erosione del diritto e la diffusione di pratiche che sono riconducibili alla tortura. In Italia - seppure il nostro Paese abbia ratificato nel 1998 la Convenzione delle Nazione Unite contro la tortura, che prevede l'obbligo giuridico di conformare i propri codici alle norme internazionali - la tortura non è reato. Lo scandalo, come illustra Patrizio Gonnella in "La tortura in Italia. Parole, luoghi e pratiche della violenza pubblica", uscito di recente per i tipi di DeriveApprodi, non è solo la mancata legislazione. Ma l'omertà di tutta la classe dirigente italiana, durata venticinque anni. Un vuoto di legge, che come denunciava Amnesty all'indomani della sentenza di Cassazione sui maltrattamenti e abusi di Bolzaneto lo scorso 14 giugno, ha permesso ai responsabili di rimanere impuniti (come per Asti e le altre violenze di Genova). Torturatori impuniti. Stefano Cucchi, Giuseppe Uva, Federico Aldrovandi, Carlo Saturno e tanti altre vittime del potere. Perché non si tratta di incidenti isolati o di mele marce, ma qualcosa di organizzato e di sistemico, un miscuglio di consenso e di identificazione dello Stato con la sicurezza e le proprie forze dell'ordine: un "sistema" che produce tortura, la promuove, la protegge. Come sottolinea con forza il libro del presidente di Antigone, che ci fa entrare nel cuore buio dello Stato e dei suoi poteri, nella sub-cultura che la legittima. Le zone d'ombre dell'impunità sono ancora tante, come le potenziali vittime fra le persone in custodia dallo Stato; carceri italiane sovraffollate, Cie con stranieri reclusi, ma anche respingimenti, che rimandano migranti verso Paesi (la Libia in quel caso) dove il rischio di torture è concreto. La tortura quindi è sempre pronta a riproporsi. Per questo deve d'urgenza essere "nominata", come scrive Mauro Palma nella postfazione al libro di Gonnella, codificata, e introdotta come reato specifico nel codice penale nel Paese. E l'appello che rivolge, da un quarto di secolo, la società civile al legislatore italiano. Non a caso è la prima delle tre leggi di iniziative popolare lanciate con la campagna "Tre leggi per la Giustizia e i Diritti" promossa da Antigone, Unione Camere penali, decine di associazioni e sostenuta dai Radicali. Da domani, in 100 piazze di tutta Italia sarà possibile firmare per colmare un gravissimo ritardo. In molte città italiane, decine di banchetti di raccolta firme, eventi a tema, concerti, mentre a Roma si terrà una manifestazione concerto a piazza Farnese dalle 18 alle 23 e l'evento-spettacolo Di tintori e altri demoni, con la regia di Nube Sandoval e Bernardo Rey, presso il Teatro Palladium e un monologo di Erri De Luca La slegatura. Giustizia: Giornata Onu contro la tortura, domani a Roma un evento di sensibilizzazione Ansa, 25 giugno 2013 La tortura non è affatto un fenomeno lontano. A questo proposito, il Consiglio italiano per i rifugiati (Cir) ha organizzato in occasione della Giornata internazionale di sostegno alle vittime di tortura (domani, 26 giugno) un evento per ricordare che questa pratica inumana è "presente qui e ora, nei Centri di identificazione ed espulsione e nelle nostre carceri", come denuncia via comunicato. Il 25 giugno al teatro Palladium di Roma inizierà alle 20:30 una serata di spettacoli articolati, a base di teatro, video e testimonianze. Si inizia con il monologo di Erri De Luca "La slegatura2; seguono del webdoc "Inside carceri", realizzato dall'associazione Antigone e Next New Media, e una performance intitolata "Di Untori e altri demoni", che sarà messa in scena da 15 rifugiati sopravvissuti a tortura e violenza estrema. Del resto, come ricorda il Cir citando dati Amnesty International, un rifugiato su tre di quelli che arrivano nel nostro Paese è stato torturato in uno dei 112 Paesi dove ancora si pratica la tortura o trattamenti inumani e degradanti. Anche l'Italia, sottolinea il Cir, "non può dirsi libera" da questo fenomeno. "Non ha introdotto la tortura come reato specifico nel suo codice penale e sono tanti, troppi i fatti di cronaca che hanno raccontato drammatiche violenze esercitate volontariamente da uomini su altri uomini". Lettere: detenuto suicida nell'OPG di Napoli-Secondigliano, non nel Carcere di Liberato Guerriero (Direttore Carcere di Napoli-Secondigliano)* Ristretti Orizzonti, 25 giugno 2013 Sono apparse su vari quotidiani notizie relative ad un suicidio che sarebbe avvenuto presso il Centro Penitenziario di Napoli Secondigliano. In alcuni di questi la notizia ha anche un contorno particolarmente duro (si parla dell'inferno di Secondigliano…), che amareggia tantissimo gli operatori del Centro Penitenziario (più del fatto in sé, se pure fosse stato vero…). La verità, che nulla toglie alla gravità di un suicidio in carcere, è che il fatto è sì avvenuto ma non nel carcere di Secondigliano, bensì dell'OPG che, come noto, è ospitato in un padiglione che fa parte del Centro Penitenziario ma ne è distinto totalmente. Sarei lieto se qualcuno ritenesse, nel modo ritenuto più opportuno, di apportare la giusta rettifica. Grazie. * Liberato Guerriero è il Direttore del Carcere di Secondigliano; mentre l'OPG di Napoli-Secondigliano è diretto da Stefano Martone per la parte amministrativa e da Michele Pennino per la parte sanitaria. (ndr) Lettere: cari amici Radicali… io sono favorevole all'amnistia da sempre di Adriano Sofri Il Foglio, 25 giugno 2013 Notizie Radicali si sorprende, sorprendendomi, dell'impressione che io non mi pronunci sull'amnistia, né sulla lotta -ennesima - di Marco Pannella per l'amnistia tesa, oltre che al ripristino di uno straccio di legalità e di umanità sulla situazione carceraria, cioè dei carcerati e dei carcerieri e delle loro famiglie, a sgombrare la situazione della giustizia dalla discarica di processi arretrati e di prescrizioni di fatto, dunque inique. Si chiedono, i miei amici Radicali, se io pensi che si tratti di un impegno secondario rispetto ad altri - e quali? (Mi è comunque estranea la classifica delle priorità: la fame nel mondo verrebbe prima o dopo? E il disarmo atomico? Ma non c'entra, no?). Io sono favorevole all'amnistia da sempre, da quando la buriana demagogica e vile impedì all'indulto di realizzare la sua efficacia completandosi con l'amnistia. Sono completamente solidale con l'impegno dei Radicali sul carcere, così come con l'impegno di molti altri che Radicali non sono, o solo un po'. In questi stessi giorni, per esempio, si svolge un digiuno a staffetta per 3 leggi di iniziativa popolare su droghe carcere e diritti umani, imperniata sulla denuncia degli effetti sciagurati della legge Fini-Giova-nardi, e sulla richiesta di una delega governativa per la politica sulle droghe. Sui referendum posso risparmiarmi le distinzioni, perché sono spogliato dei diritti civili, sicché la mia firma - che darei immediatamente - non vale niente. Quanto alle aperture alla necessità, o all'ineluttabilità, dell'amnistia, mi paiono convinte e convincenti quando vengano dal presidente Napolitano, o da giuristi come Grosso, o anche da politici di cui si può figurarsi un'indipendenza e un buon senso, come la signora Cancellieri. Non so dire di altri casi singoli, se non quello che ho detto. Che un interesse può spingere oggi il Pdl e altre posizioni cui sta a cuore la tenuta del governo o la cosiddetta stabilità a sostenere l'amnistia, e che un interesse opposto spinge altri schieramenti a opporsele a spada tratta. E che ambedue queste posizioni mostrano di passare sopra vita e dignità di detenuti, personale penitenziario, famiglie: constatazione ordinaria e vergognosa. Se è vero che il fine - l'amnistia e lo stato della giustizia - non giustifica i mezzi, è tuttavia ancora più vero che il fine opposto - la rendita politica e giornalistica della liquidazione giudiziaria di Berlusconi - accoglie come mezzo la perpetuazione dello scandalo delle carceri e della frustrazione della giustizia. Lettera agli agenti: guardando voi un detenuto può cambiare di Giuditta Boscagli (Insegnante) www.ilsussidiario.net, 25 giugno 2013 Gentile Agente, mi rivolgo a Lei a tre giorni dalla discussione del decreto che la Cancellieri presenterà, nella speranza di alleviare le sofferenze dei detenuti e di rendere un pò migliori anche le Sue condizioni di lavoro. La immagino quando ogni mattina si alza dal letto per andare al lavoro: l'ansia di doversi nuovamente presentare in un luogo dove quasi niente è come dovrebbe essere, dove turni e condizioni di lavoro sono decisamente al di sotto di qualunque standard. La immagino come uno di quei lavoratori che inizia la propria professione con entusiasmo, con il desiderio di contribuire nel proprio piccolo a rendere il mondo migliore… e poi si trova a dover fare i conti con strutture e risorse praticamente inesistenti. È in queste condizioni che spesso ci si lascia prendere dallo sconforto, iniziando a guardare alla propria professione come ad una lotta contro i mulini a vento: i risultati stentano ad arrivare, tanti detenuti liberati ritornano, recidivi, ad affollare le stesse celle, tanti colleghi "tirano a campare" e la tentazione di fare come loro si insinua talvolta anche in Lei. Lei fa un lavoro di frontiera, è in trincea tutti giorni, e proprio per questo diviene il confine per ogni viso che La incontra dietro quelle sbarre, il primo nuovo confronto tra bene e male. Lei fa un lavoro pari a quello del chirurgo che entra in sala operatoria: può decidere di dare il massimo e far rinascere la speranza di una vita sana; può decidere di fare il minimo sindacale, cercando di non fare più danni di quelli già presenti; oppure può decidere di propria volontà se chi è sotto i ferri merita o no una seconda possibilità. Nessuno può scegliere al suo posto la prima opzione. Io Le auguro di cuore che le Sue condizioni di lavoro possano migliorare, ma Le auguro anche che fin da ora Lei possa entrare in carcere ogni giorno e ripresentarsi a casa a fine turno da chi Le vuole bene con lo stesso volto, con la stessa serenità e la stessa certezza che Le è affidato un compito grande dal quale potrà dipendere la rinascita o la definitiva perdita di numerose vite umane. Le auguro di cuore: buon lavoro! Lazio: convenzione tra Garante e Università Roma Tre, per accesso agli studi dei detenuti Il Velino, 25 giugno 2013 Garantire e agevolare l'accesso dei detenuti agli studi universitari. È l'obiettivo della Convenzione firmata dal Garante dei detenuti del Lazio, Angiolo Marroni, dal provveditore regionale dell'Amministrazione penitenziaria, Maria Claudia Di Paolo e dal rettore dell'Università Roma Tre, Mario Panizza. La Convenzione prevede forme integrate di collaborazione tra le istituzioni con l'obiettivo primario di offrire ai detenuti la concreta opportunità di accedere agli studi universitari, superando le limitazioni derivanti dal loro stato. La Convenzione originaria, firmata nel 2011 tra Garante e Università Roma Tre, è stata estesa anche al Provveditorato Regionale dell'Amministrazione Penitenziaria (Prap) con lo scopo di garantire uniformità nelle modalità di accesso dei docenti e nelle possibilità di studio dei detenuti in tutte le strutture penitenziarie della Regione dove vi siano studenti iscritti a Roma Tre. L'ambizioso obiettivo di questo nuovo accordo è quello di creare un Polo universitario per detenuti del circuito penitenziario di media sicurezza di Roma, simile a quello già creato per il circuito Alta Sicurezza a Rebibbia con l'Università di Tor Vergata. Le strutture penitenziarie coinvolte nel progetto universitario di Roma Tre sono nove, con 32 detenuti (di cui 6 in misure alternative al carcere) iscritti ai percorsi didattici. Nell'ambito della Convenzione, in due anni nelle carceri del Lazio sono stati sostenuti 84 esami e 32 incontri didattici, oltre ad una richiesta sempre più ampia di accesso ai corsi di laurea di Roma Tre. In un biennio gli studenti iscritti sono, infatti, passati da 8 a 32 e, per il prossimo anno accademico, vi sono già 12 richieste d'immatricolazione ex novo. Il quadro è stato arricchito dal conseguimento, nel carcere di Regina Coeli, della laurea triennale con il massimo dei voti da parte di due studenti del Dams-Lettere e Filosofia che hanno iniziato e concluso i loro studi in carcere. Le Facoltà più scelte sono Lettere e Filosofia (12 iscritti nei vari corsi di laurea in Dams, Storia, Filosofia, Comunicazione e Lingue Straniere) e Scienze della Formazione (7 iscritti), ma vi sono studenti anche a Giurisprudenza (5), Economia (3), Ingegneria (1) e Scienze Politiche (4). "L'impegno che Roma Tre assume oggi con la firma della convenzione è la naturale prosecuzione di un percorso avviato tre anni fa attraverso un protocollo firmato dal Rettore Guido Fabiani e dal Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni - afferma il rettore dell'Università Roma Tre Mario Panizza -. Per un detenuto, iscriversi ad un corso di laurea vuol dire intraprendere un percorso che richiede grande responsabilità, impegno e costanza. L'auspicio per il futuro è arrivare a una sede organizzata per i detenuti che desiderano avviare un percorso di studi universitario, con l'obiettivo di agevolare la trasmissione della conoscenza, semplificare il lavoro dei tutor, migliorare la trasmissione dei documenti e dei testi e condividere gli spazi". "Il diritto all'istruzione ed alla cultura, il cosiddetto ‘nutrimento dell'animà, sono patrimonio di tutti i cittadini indipendentemente dalle condizioni in cui essi si trovano - ha detto il garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni. I lusinghieri risultati raggiunti nei primi due anni di collaborazione con l'Università Roma Tre ci hanno spinto a rinnovare questo impegno sulla base di obiettivi ancor più ambiziosi. L'istruzione, la cultura e la formazione sono fattori cardine del percorso di rieducazione del condannato sancito dall'articolo 27 della Costituzione. Si tratta di aspetti troppo spesso sottovalutati destinati, tuttavia, non solo ad affermare la cultura della legalità in carcere ma anche ad incidere in maniera determinante sul futuro dei detenuti. È statisticamente provato, infatti, che il basso livello di istruzione è uno dei fattori che contribuiscono ad emarginare coloro che, scontata la pena, tornano nella società". "La Cultura è la chiave più nobile per la costruzione di una coscienza", ha dichiarato Maria Claudia Di Paolo, provveditore regionale dell'Amministrazione Penitenziaria, che ha anche comunicato alcuni dati relativi alla situazione nelle carceri del Lazio. Taranto: detenuto 50enne muore d'infarto, nelle celle affollate temperatura di 35 gradi www.statoquotidiano.it, 25 giugno 2013 È morto d'infarto, questa notte nel Carcere di Taranto un detenuto di cittadinanza italiana. Il coordinamento del sindacato penitenziario (Coosp),insorge da tempo evidenziando le condizioni di superaffollamento degli istituti penitenziari pugliesi: fanalino di coda nelle medie nazionali. "La notizia - si legge nella nota stampa - è appena trapelata dagli ambienti tarantini. Il detenuto aveva appena 50 anni, e stava espiando una pena per reati contro il patrimonio. Nonostante l'intervento tempestivo e professionale dei Baschi azzurri - spiega il segretario generale Coosp, Domenico Mastrulli - gli agenti non hanno potuto far altro, che riscontrarne il decesso". La vittima d'infarto era detenuta in una cella affollata, con temperature intorno ai 35° C. Il Carcere di Taranto su una dotazione media consentita di 350 detenuti, al contrario ne ospita quasi il doppio tra reparto maschile, e femminile. Sono solo 70 gli agenti penitenziari, che ricoprono quasi tutti gli incarichi, oltre ad effettuare servizio di piantonamento. Come nella Casa Circondariale di Foggia, anche a Taranto sono emerse condizioni di carenza di acqua, e situazioni di vita vissuta in condizioni di promiscuità. Intanto il coordinamento sindacale ha fatto richiesta sia al Ministero dell'istruzione, che di Grazia e Giustizia di ampliamento del Bando di concorso dedicato fino almeno a 1200 poliziotti penitenziari. Varese: Iolanda Nanni e Paola Macchi (MS5); carceri sovraffollate e in situazione critica www.varesenews.it, 25 giugno 2013 Iolanda Nanni e Paola Macchi esprimono la loro opinione dopo la visita effettuata questa mattina, lunedì 24 giugno, agli istituti penitenziari di Varese e Busto Arsizio. Oggi le consigliere Carceri Iolanda Nanni e Paola Macchi hanno visitato con la Commissione speciale Situazione carceraria in Lombardia gli istituti penitenziari di Varese e di Busto Arsizio. Iolanda Nanni, consigliere M5S Lombardia dichiara: "Dalla visita di oggi alle case circondariali di Varese e Busto Arsizio sono emerse alcune gravi criticità relative allo stato di sovraffollamento, alle strutture fatiscenti, al sottodimensionamento del personale di polizia penitenziaria che vanno affrontate senza ulteriori perdite di tempo e sulle quali lavoreremo di concerto con i nostri parlamentari M5S. In particolare, il carcere di Varese è considerata struttura "dismessa" dal 2001 e pertanto, pur ospitando oggi 114 detenuti, in questi anni non sono stati effettuati gli indispensabili investimenti per la riqualifica dello stesso, né è stato avviato un progetto serio per un ipotetico nuovo carcere con un evidente progressivo stato di degrado della struttura penitenziaria che sopravvive solo grazie alle opere manutentive approntate in economia dalla Direzione e affidate agli stessi detenuti (impianto idrico, elettrico, imbiancature locali e così via)." Paola Macchi, consigliere M5S Lombardia dichiara: "Le condizioni della struttura del carcere di Varese che abbiamo visitato sono critiche nonostante l'impegno di chi ci lavora e dei carcerati. La parte coperta della passeggiata è di pochissimi metri quadri. Le celle sono strette. Non c'è un verde nella passeggiata all'aperto. L'impressione è quella che ci sia la volontà politica locale di tenerlo dov'è, ristrutturando. Ma nulla ci è dato di sapere, nonostante le nostre sollecitazioni, sui costi della ristrutturazione. Per M5S è necessario individuare un'area dove costruire un carcere anche alla luce delle normative attuali. Abbiamo visitato anche il carcere di Busto Arsizio. Il reparto per i disabili è chiuso da 5 anni. Sarebbe ora di intervenire". Francesca Brianza: no alla chiusura del carcere La consigliera regionale varesina esprime la sua opinione in merito all'ipotesi di una chiusura del carcere dei Miogni. Revocare il decreto di dismissione del carcere di Varese. È questo il messaggio univoco che il presidente del Consiglio regionale, Raffaele Cattaneo, e i membri della Commissione speciale carceri hanno condiviso in occasione della visita effettuata questa mattina presso la casa circondariale cittadina Al sopralluogo hanno preso parte anche il sindaco di Varese, Attilio Fontana, l'assessore Fabio Binelli, il procuratore di Varese Maurizio Grigo, il gip Giuseppe Battarino, il magistrato di sorveglianza Francesca Ghezzi, viceprefetto in rappresentanza della Provincia, e i consiglieri regionali eletti in provincia di Varese Luca Ferrazzi, Francesca Brianza e Paola Macchi. "Il carcere deve assolutamente rimanere a Varese e dico no a un ‘ipotesi di chiusura e magari al trasferimento dei detenuti a Busto Arsizio - commenta la consigliera regionale varesina Francesca Brianza. Il capoluogo ha il suo storico Tribunale e il carcere deve rimanere dov'è. Con la normativa attuale questa struttura andrebbe abbattuta e rifatta. Serve invece trovare una soluzione alternativa che permetta una riqualificazione e un ammodernamento, magari anche un ampliamento nei limiti del possibile. Tengo a ringraziare tutti gli operatori per la capacità che dimostrano nella gestione del carcere pur in questa condizione". Ferrara: Sappe; troppi detenuti e organici insufficienti, in più mancano mezzi di trasporto di Daniele Oppo www.estense.com, 25 giugno 2013 Sono 381 i detenuti nel carcere di Ferrara, molto vicini alla capienza massima tollerata stabilita in 400 ospiti per una struttura costruita per ospitarne 200. Gli extracomunitari sono 177, mentre 112 sono i detenuti tossicodipendenti; 240 sono i detenuti ordinari, 100 quelli in stato di reclusione e 5 in semilibertà. L'organico delle polizia penitenziaria al momento in forza è in vece di 179 unità a fronte di un numero ottimale che, come spiega Barbara Pellizzola, delegata del sindacato autonomo di polizia Sappe, "dovrebbe essere di 256 unità". Situazione ancora più grave se si conta che il personale operativo conta solo 143 unità, delle quali solo 105 si occupano del servizio di custodia diretta, mentre 28 fanno hanno incarichi amministrativi e 12 sono destinati al Nucleo traduzioni e piantonamenti. Difficile trovare rinforzi se, come sostiene Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto del Sappe, "quest'anno lo Stato assumerà 170 agenti per sostituirne più di mille che vanno in pensione". Proprio la pensione è un altro problema per gli agenti di polizia penitenziaria: "il 65% di quelli che vanno in pensione ci vanno prima del tempo per le patologie, forte stress e depressione, contratte in servizio, è difficile in questa situazione rimanere più a lungo in servizio per poter prendere una pensione più alta". Non solo, alle carenze di organico vanno aggiunte anche quelle riguardanti i mezzi: "c'è solo un mezzo disponibile e se si rompe anche quello anche a Ferrara, come già successo altrove, si rischia di non riuscire a celebrare i processi" denuncia durante la conferenza stampa tenuta proprio all'interno del carcere dell'Arginone il segretario sindacale Durante, che nella mattinata ha compiuto una visita con documentazione video e fotografica della struttura e dei posti di lavoro. "Abbiamo 9 mezzi fermi in attesa di riparazione ma mancano i fondi", completa l'informazione Pellizzola, "su 4 radiomobili assegnate solo una è operativa così come abbiamo solo un automezzo blindato per il trasporto dei detenuti di alta sicurezza che possiamo usare solo per il trasporto locale in attesa che vengano riparati i vetri: non abbiamo infatti un parco automezzi e questi sono dunque esposti all'usura portata dalle intemperie climatiche". "Il carcere di Ferrara non è tra i peggiori ma risente delle carenze di risorse: spesso sono gli agenti di polizia penitenziaria a dover anticipare di tasca loro i costi delle trasferte perché l'amministrazione non ha le risorse", spiega Durante, che poi aggiunge: "anche a livello strutturale non è uno dei carceri messi peggio, ma di certo alcune parti dovrebbero essere ristrutturate, come le mura di cinta e gli interni delle garrite che non hanno le caratteristiche idonee per ospitare i lavoratori". Dall'anno scorso, quando venne denunciata la pessima condizione delle cucine, qualche passo avanti si è fatto: "si stanno completando i lavori sulle cucine e sono già stati stanziate le risorse per sistemare il teatro". Dure le critiche ai provvedimenti annunciati dal Governo: "è un approccio deficitario sotto tutti i punti di vista", afferma Durante, "faranno uscire 3-4mila detenuti su 66mila, ma senza puntare su percorsi di reinserimento sociale non serve a nulla. Certo, in questa situazione drammatica tutto ciò che arriva per alleviarla è benvenuto, ma non si può ragionare in questi termini". Catania: carcere Piazza Lanza; dopo la visita del ministro iniziano lavori al reparto Nicito www.blogsicilia.it, 25 giugno 2013 I topi e le blatte ci sono e forse ancora per un po' ci resteranno, ma un dato emerge dopo la visita di ieri del ministro Cancellieri: il carcere di piazza Lanza non è più quel "lager" sovraffollato che ha riempito le cronache cittadine. La vecchia casa circondariale non solo resterà al suo posto come dice il decreto sulle carceri di qualche anno fa, ma sarà migliorata. L'ultimo atto dell'amministrazione penitenziaria riguarda il reparto Nicito, quella parte riservata agli isolamenti, chiusa il 2 maggio scorso, che ieri è stata affidata alla ditta che in 180 giorni dovrà rifare 13 celle con bagno e doccia. Nel frattempo i detenuti che sono ammessi all'isolamento verranno sistemati nel reparto Troina appena ultimato con i fondi della cassa delle ammende. Lavori già avviati anche al terzo braccio del carcere, quello sul reparto femminile, da anni chiuso. "Piazza Lanza è una struttura che alla fine con le risorse che abbiamo impegnato - ha spiegato Alfonso Sabella, direttore ufficio trattamento detenuti del Dap - e che spenderemo sarà all'avanguardia. L'altro problema da risolvere è quello del sovraffollamento e qui forse dovremmo intervenire con lo spostamento di detenuti a Bicocca". Oggi a piazza Lanza non ci sono più i numeri record del sovraffollamento asfissiante, anche se il carcere è stracolmo: i detenuti sono poco meno di 500 su una capienza di quasi 400, anni fa si sfioravano punte anche di 700 presenze. Un aiuto a svuotare il carcere è arrivato dall'applicazione a Catania del decreto sulle porte girevoli: la procura intensificando il rito direttissimo ha fatto scendere dal 42,3 per cento del 2011 al 21 per cento di ieri le detenzioni inferiori a 5 giorni. Restano però alcune criticità la presenza di "ospiti" indesiderati. "Fino a quando non ultimeremo i lavori di ristrutturazione ci saranno problemi di questo genere - ha aggiunto il direttore ufficio trattamento detenuti del Dap, Alfonso Sabella, - ma noi contiamo sull'operatività del direttore del carcere che ha il compito di intervenire e che ha sempre dimostrato di essere all'altezza della situazione". Reggio Calabria: Pdl; apprezzamento per richiesta intitolare a Quattrone carcere Arghillà www.zoomsud.it, 25 giugno 2013 Il vicepresidente del Consiglio regionale, Alessandro Nicolò, ed il segretario - questore, Giovanni Nucera, in una dichiarazione congiunta, "esprimono apprezzamento per la decisione unanime del Consiglio regionale" di votare un ordine del giorno da loro presentato con cui si richiede al Ministero della Giustizia di intitolare al dottor Paolo Maria Quattrone la nuova casa di reclusione di contrada Arghillà. "Paolo Maria Quattrone - ricordano Nicolò e Nucera - è stato apprezzato e unanimemente stimato non solo per i tratti della sua umanità nel corso del lungo impegno a servizio dello Stato in una amministrazione di assoluta delicatezza qual è il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, ma perché ha contribuito ad elaborare soluzioni in grado di mitigare i rigori della detenzione, costruendo, nel contempo, la speranza per moltissimi detenuti di potere reinserirsi dignitosamente e proficuamente, una volta espiata la pena, nei circuiti civili e nella società nel suo complesso". "La sua figura cristallina - proseguono Nicolò e Nudera - non poteva dunque non trovare legittima e doverosa testimonianza nelle istituzioni democratiche per consegnarne la memoria e tenere vivo il suo straordinario impegno civile a servizio di quanti, pur trovandosi a dovere scontare un prezzo alto con la società, non hanno perso la speranza di un futuro sereno". Milano: approdano in Fiera le prime due start-up nate all'interno delle carceri cittadine Ansa, 25 giugno 2013 Saranno Bee4 e Cartotecnica San Vittore - attive rispettivamente nei servizi di telemarketing-call center e di legatoria - le prime due start up nate all'interno delle carceri milanesi che si confronteranno con il mercato nazionale e internazionale. Questo grazie all'estensione dell'accordo di collaborazione tra Comune di Milano e Fondazione Fiera per favorire la partecipazione delle giovani imprese alle diverse fiere commerciali in programma a Milano. Affinché la partecipazione alla fiera risulti efficace, le imprese "ristrette" selezionate avranno l'opportunità di partecipare a quattro giorni di formazione, oltre ad avere a disposizione anche uno spazio espositivo, offerto gratuitamente dall'Ente Fiera, per essere presenti alle manifestazioni in programma per il 2014-2015. L'estensione odierna dell'accordo è stata annunciata dall'assessore comunale alle Politiche per il Lavoro, Cristina Tajani, dal Provveditore regionale dell'Amministrazione penitenziaria, Aldo Fabozzi, e da Corrado Peraboni, presidente di Fondazione Fiera Milano, durante la loro visita oggi alla sede di Air, l'Acceleratore delle Imprese Ristrette del Comune di viale dei Mille. "L'amministrazione comunale dimostra nuovamente il suo sostegno alle realtà imprenditoriali ristrette e a quelle start up che, altrimenti, per la loro particolare natura non potrebbero confrontarsi con le Fiere, principale momento di incontro tra domanda e offerta per ogni settore", ha affermato l'assessore Tajani che ha poi spiegato come "le risorse per la realizzazione di questa iniziativa rientrano nei 100 mila euro già messi a disposizione da Fondazione Fiera, mentre il Comune promuoverà l'iniziativa nell'ambito della propria rete di incubatori e acceleratori". Novara: il carcere si evita con i lavori utili… dall'assistenza ai malati al canile municipale di Marco Benvenuti La Stampa, 25 giugno 2013 Curare i cuccioli ospiti del canile, raccogliere i rifiuti e sistemare le aree verdi, occuparsi di giovani disabili o di malati e persone in difficoltà. Per 28 condannati per reati "minori" c'è un'alternativa al carcere e alla detenzione domiciliare. Grazie ad una convenzione firmata ieri in Comune tra l'amministrazione e Tribunale, alla presenza di associazioni di volontariato del territorio, capitanate dal Centro servizi per il volontariato, quest'anno sono infatti 28 i posti disponibili per i cosiddetti "lavori socialmente utili". L'assessore ai servizi sociali di Novara, Augusto Ferrari: "La città offre la possibilità di trasformare la pena in un servizio alla collettività, a testimonianza che la carcerazione non è l'unica strada per ottenere il recupero di chi ha commesso errori. È un passo importante dal punto di vista sociale e culturale". Novara ha alle spalle un anno di sperimentazione dell'iniziativa, che ha riguardato inizialmente 13 persone, poi passare a 16. Ora si va avanti in maniera stabile fino al 2016. Al progetto dei lavori socialmente utili partecipano quest'anno, assieme al Centro servizi di volontariato, l'Assa, la Comunità giovanile lavoro, la cooperativa Multidea, l'Enpa, la Croce rossa, l'Ash, Noi come voi, La logica del cuore, l'associazione Cristiana Casagrande, Anffas, Il solco, Novara Soccorso e Auser. Le mansioni, dunque, possono essere le più varie: c'è chi farà da accompagnatore ai ragazzi portatori di disabilità, chi andrà a raccogliere i rifiuti o si prenderà cura del verde cittadino, chi starà in biblioteca o ancora chi si prenderà cura dei cuccioli del canile Enpa di Novara, dove nel 2012 hanno "scontato" la loro condanna ben 4 giovani. Uno di loro ha fatto amicizia col personale e coi piccoli ospiti e ha promesso di tornare come volontario. E situazioni simili si riscontrano anche in altre associazioni. Don Dino Campiotti, presidente di Multidea oltre che responsabile della Caritas diocesana ha sottolineato l'importanza sociale del progetto: "Queste persone non possono essere abbandonate a se stesse. Noi diamo una mano al Comune che non potrebbe fare da tutto solo. Ma soprattutto creiamo opportunità positive di recupero di chi ha commesso un reato in un periodo in cui continuamente si parla della necessità di svuotare le carceri". Anche a Novara, come più volte evidenziato di recente dalla Camera penale, il problema del sovraffollamento del supercarcere di via Sforzesca è più che mai attuali: vi sono celle con 6-7 detenuti. Teramo: il leader Radicale Pannella ha incontrato i detenuti del carcere di Castrogno Il Centro, 25 giugno 2013 Il leader dei Radicali Marco Pannella è stato il protagonista di due incontri svoltisi a Teramo fra sabato e domenica. Due sere fa, infatti, il teramano Pannella ha partecipato ad un incontro molto interessante organizzato da Officine Indipendenti, mentre ieri il politico ha fatto visita al carcere di Castrogno, per verificare da vicino le condizioni dei detenuti rinchiusi nella casa circondariale teramana. E, tra i due appuntamenti, Pannella ha avuto modo di fare una chiacchierata con il giornalista Paolo Mieli, incontrato per caso sotto i portici di corso San Giorgio. Sabato sera il leader radicale ha partecipato all'evento organizzato da Officine Indipendenti in sostegno della Onlus Dalla Parte Degli Ultimi, che si occupa di supportare le popolazioni africane. Pannella si è interessato alla vicenda ed ha dichiarato di voler dare un proprio contributo alla causa. Assieme a lui, erano presenti don Enzo Chiarini, Stefania Di Feliciantonio, presidente dell'associazione, e Giorgio Giannella, presidente di Officine Indipendenti. Nella mattina di ieri, invece, il leader dei Radicali si è recato a Castrogno assieme al consigliere regionale Berardo Rabbuffo ed un rappresentante della onlus Dalla Parte Degli Ultimi. Accompagnati anche dai referenti locali di Amnistia, giustizia e libertà, Pannella e Rabbuffo si sono accertati delle condizioni detentive e sanitarie dei carcerati. "La Repubblica italiana è stata ripetutamente condannata a centinaia di migliaia di euro di multa dalla Corte europea dei diritti umani per la situazione lesiva della dignità umana in cui costringe a vivere i condannati a pene detentive", dichiarano i rappresentanti di Amnistia, giustizia e libertà Ariberto Grifoni, Orazio Papili e Vincenzo di Nanna. "Situazione che lo Stato italiano dovrà risolvere in pochi mesi, come ha stabilito agli inizi dello scorso gennaio la stessa Corte europea". Pannella, in seguito alla visita, conclusasi intorno all'ora di pranzo, ha salutato la sua Teramo ed è ripartito alla volta di Roma. Brindisi: Sappe; tentativo di evasione sventato dagli agenti di Polizia penitenziaria Adnkronos, 25 giugno 2013 "Un tentativo di evasione dal carcere di Brindisi è stato sventato all'ultimo momento dagli agenti di polizia penitenziaria". È quanto afferma in una nota Federico Pilagatti, segretario nazionale Sappe, spiegando che "tutto era stato progettato nei minimi particolari, e forse lavoravano con un palo pronto a dare l'allarme appena qualche agente si fosse avvicinato alla stanza". "Avevano ben occultato il foro in fase di ultimazione - prosegue il sindacalista del Sappe - di dimensioni tali da poter essere utilizzato per mettere in atto un'evasione dal carcere, dietro un mobiletto che serve per deporre gli effetti personali". "Peraltro - segnala Piligatti - dal quel carcere sarebbero dovuti fuggire esponenti di spicco della criminalità brindisina. Solo che non avevano fatto i conti con la professionalità dei poliziotti penitenziari di Brindisi e Lecce che dopo minuziose e accurate indagini, hanno bloccato tutto". "Tutta l'indagine investigativa sarebbe avvenuta nelle scorse settimane - conclude - ma si è avuta notizia solo ora a seguito del riserbo e della delicatezza dell'intera operazione". Droghe: Associazioni; le carceri scoppiano, occorre cambiare la Legge Fini-Giovanardi Adnkronos, 25 giugno 2013 Nelle carceri italiane un detenuto su tre è in cella per detenzione di droga; il 75,8% delle segnalazioni alle prefetture è per cannabis; i procedimenti penali pendenti per reati connessi alla droga sono 224.530. Sono alcuni dei dati più rilevanti del IV Libro Bianco sugli effetti della legge antidroga del 2006, la cosiddetta Fini-Giovanardi, presentati oggi alla Camera da Forum Antidroghe, Antigone, La società della ragione, Cnca, con l'adesione di Magistratura democratica e Unione delle camere penali italiane. "Effetti deleteri, dovuti a un'impostazione feroce e moralistica" sottolinea Franco Corleone, ex senatore e oggi Garante per i detenuti di Firenze. Alla fine del 2012, si legge nel rapporto, gli ingressi totali in carcere sono stati oltre 63.000, quelli per violazione dell'articolo 73 della legge, ovvero detenzione, sono stati 20.465, pari al 32,47% (era il 28% nel 2006). A fine 2012 i detenuti presenti erano 65.701, quelli per detenzione di droghe 25.269 (38,46%). "Raddoppiano quindi - si legge - i detenuti presenti in carcere per l'art.73, dai 14.640 del 31 dicembre 2006". Un "disastro epocale - dice Corleone - prodotto in larga parte da questa legge moralista. Troviamo incredibile che non ci sia stato ancora, in presenza di una situazione molto strana dal punto di vista istituzionale e comunque a quadro politico cambiato, un segnale di discontinuità". - Alla presentazione era presente anche il deputato di Sel Daniele Farina, che oggi ha consegnato al presidente del Consiglio, Enrico Letta, una copia del libro: "speriamo che lo legga - dice, noi comunque siamo pronti a sostenere le richieste di cambiamento provenienti dalle associazioni e a mettere mano all'antica e malevola situazione determinata da questa legge". In attesa anche, sottolinea Patrizio Gonnella di Antigone, della presentazione domani del decreto Carceri: "basterebbe destinare i 358 mln previsti per la costruzione di 4 Carceri e 16 padiglioni per finanziare 10.000 programmi di recupero", con un consistente alleggerimento della presenza carceraria. Ancora i dati: "nel 2012 su 63.020 ingressi totali i tossicodipendenti entrati in carcere -si legge nel Libro bianco- sono stati 18.225, pari al 28,92%. Nel 2006 la percentuale corrispondeva al 27,16. A fine 2012 i detenuti tossicodipendenti presenti 15663 (dalla rilevazione mancano 5 istituti di cui il carcere di Rebibbia a Roma) pari al 23,84%. Nel 2006 la percentuale era del 21,44. Anche nel 2012 si conferma il dato che la repressione punta alla cannabis, con una percentuale del 42,5% sul totale delle denunce". "Continuano ad aumentare le segnalazioni al prefetto per mero consumo personale: dai 32.575 segnalati nel 2010 ai 35.762 nel 2012, di cui 28.095 per cannabinoidi, ovvero il 78,56%. Va ricordato, come esempio di persecuzione di massa, che dal 1990 al 2012 le persone segnalate ai prefetti per le sanzioni amministrative sono state 853.004. Più che raddoppiate le sanzioni irrogate: dalle 7.229 del 2006 alle 16.205 del 2012. Crollano le richieste di programmi terapeutici: da 6.713 nel 2006 a 340 nel 2012". "È urgente - conclude il rapporto - una modifica della legge, iniziando da norme che definiscano come reato autonomo l'ipotesi di lieve entità dell'art. 73 con una pena ridotta che escluda l'ingresso in carcere, che si cancelli la legge Cirielli sulla recidiva, che si rendano di nuovo praticabili le alternative terapeutiche, sia per le condanne carcerarie che per le sanzioni amministrative". Giornata mondiale ONU di lotta alla droga. Il governo che intende fare? Finita per fortuna l'era Giovanardi ancora non si sa se, e a chi, sia stata data delega governativa alle Politiche Antidroga. Per la Giornata internazionale contro il consumo e il traffico illecito di droga indetta dalle Nazioni Unite ogni anno al parlamento viene presentata la Relazione sul consumo di sostanze in Italia. Non potrà certo farlo direttamente il Dipartimento per le Politiche antidroga della Presidenza del Consiglio, che la stila. Chi sarà quindi il ministro incaricato? La Legge Fini-Giovanardi, passata nel 2006 con un colpo di mano, la cui legittimità è oggi oggetto di verifica alla Corte Costituzionale, è soggetta da tempo a forti critiche da più parti. Per come è stata istituita, per l'apparato repressivo, per l'essere causa di una massiccia presenza di detenuti. Non una parola è stata detta da questo governo su tale legge (eppure nei programmi elettorali del Pd se ne chiedeva la cancellazione), del resto non si sa chi potrebbe dirla e a che titolo. Sostanze e dipendenze interessano molte persone e diverse professionalità. Dal ministro della Salute abbiamo appreso che la prevenzione all'uso e all'abuso di droghe, legali e illegali, è tra le sue priorità. Ma la questione droghe è ampia e complessa, e non può essere ridotta alla sola prevenzione al consumo. In Italia oltre un terzo dei detenuti sono in carcere per avere violato la legge sulle droghe. Dall'istituzione della Fini-Giovanardi (e grazie anche alla ex-Cirielli) non hanno fatto che aumentare. Nel mondo intanto è messa in discussione la War on Drugs, la Guerra alla Droga avviata negli anni di Nixon e mai esaurita: la sua non efficacia e i suoi costi proibitivi, di denaro e vite umane, stanno spostando il dibattito globale (e le legislazioni locali) verso politiche attive di depenalizzazione e riduzione del danno. La criminalizzazione dei consumatori e i tagli ai servizi alimentano l'epidemia di Hiv, è un dato globale e ne abbiamo attuali ed espliciti esempi in Est Europa e in Grecia. In Italia la percentuale sul totale delle nuove infezioni delle persone che usano droghe per via iniettiva si è drasticamente ridotta in questi anni, ma nei Sert la prevalenza di Hiv in questa popolazione è ancora di oltre l'8 per cento, con punte di oltre il 20 per cento in diverse regioni quali la Lombardia, a fronte di una prevalenza nella popolazione generale dello 0,5 per cento. Situazione analoga se non peggiore si presenta con le Epatiti B e C. Per tacere della situazione carceraria, dove la riduzione del danno non può proprio entrare. In Italia il dibattito è completamente assente. Ci sono forti iniziative popolari, ma nel governo tutto tace. La gestione "ordinaria" delle politiche sulle droghe è demandata in blocco al Dipartimento per le Politiche Antidroga, da anni saldamente in mano al dottor Giovanni Serpelloni, che finisce col dettare indirizzo politico e utilizzo delle risorse. Auspichiamo quindi che si proceda al più presto con l'assegnazione della delega alle politiche di contrasto alla droga, con una nomina autorevole e competente, per fare in modo che i tanti attori impegnati nel sociale abbiamo modo di sapere chi sarà il loro interlocutore, e quale il loro futuro, insieme a quello di milioni di persone. Possibilmente, un futuro senza Fini-Giovanardi. Lega Italiana per la Lotta contro l'Aids Stati Uniti: a Guantánamo un regime crudele, sciopero della fame detenuti al quinto mese di Patricia Lombroso Il Manifesto, 25 giugno 2013 "A Guantánamo lo sciopero della fame dei detenuti è al suo quinto mese. I secondini dalla fine di aprile hanno nuove direttive crudeli, impartite dalla nuova gestione del regime a Guantánamo del colonnello Bogdan, che puntano ad utilizzare ogni mezzo e misura coercitiva per spezzare lo sciopero della fame dei disperati di Guantánamo. Sono 142 su 166 detenuti che non intendono sospendere lo sciopero della fame sino alla loro liberazione. Le condizioni sono degradate al punto che possiamo sicuramente parlare di un ritorno alla Guantánamo del 2002. E inoltre nessun giornalista né alcun legale dei detenuti ha più la possibilità di avere accesso al carcere". È con questa agghiacciante denuncia del degrado delle condizioni dei prigionieri di Guantánamo che David Remes, giurista statunitense e avvocato di oltre dodici detenuti di Guantánamo descrive nell'incontro con il manifesto quanto sta avvenendo sotto i nostri occhi e nel silenzio di gran parte dei media. Il Pentagono, questa settimana, ha ammesso ufficialmente che è salito a 44 il numero dei detenuti a nutrizione forzata ("per motivi umanitari", viene aggiunto. "Rifiutando il cibo sappiamo bene il rischio di morte giorno dopo giorno. E la scelta che abbiamo fatto - ha raccontato Samir al Hasan Moqbel in una telefonata all'organizzazione di Londra Reprieve e pubblicata come editoriale del New York Times. Ma la situazione ora è disperata. Non esiste né speranza né fine alla nostra detenzione a Guantánamo. È la nostra scelta di fronte alla crudelta ed alla sofferenza. Spero soltanto che le sofferenze che subiamo possano servire a destar ancora l'attenzione su quello che accade a Guantánamo prima che sia troppo tardi". Purtroppo fino ad ora le pressioni al massimo livello internazionale e istituzionale di Navi Pillar, Commissario dell'Onu per i diritti umani, di Amnesty International e della Croce Rossa internazionale sull'amministrazione statunitense del premio Nobel della pace Barack Obama hanno portato a scarsissimi risultati. Anzi il vero risultato sono nuove, estreme misure coercitive. "Dopo l'irruzione violenta nelle celle il 15 aprile scorso dei militari in uniforme d'assalto armato (joint extraction operation), la carica con pallottole di gomma e l'isolamento in celle singole nel settore di "massima custodia e sicurezza" - ci spiega il giurista Remes - è stata introdotta una doppia tortura: la nutrizione forzata aggiungendo anche la perquisizione fisica "strip searching", una volta denudati e i detenuti che protestano vengono palpati per tutto il corpo con controlli invasivi dei genitali per chiunque avesse intenzione di comunicare con il proprio legale o con i propri familiari. La conseguenza è stata che nessuno dei miei clienti ha più dato notizie pur di evitare questa ulteriore tortura". "Guantánamo - prosegue David Remes - così è tornata indietro alle condizioni barbare del limbo legale del 2002.Il compito di instaurare le direttive di questo brutale regime con il muro del silenzio da e verso il mondo esterno è stato affidato recentemente al colonnello Bogdan, un capitan Bligh (quello del Bounty) dei giorni nostri. Che in cella ha tolto le lettere dei familiari, il dentifricio, la tv , l'illuminazione 24 al giorno, imponendo la nutrizione forzata e svegliando i detenuti ripetutamente mentre dormono di notte. Non mi meraviglierei se tutto ciò anziché spezzare lo sciopero della fame dei detenuti disperati li incoraggi alla "scelta con rischio di morte" di cui parla Samir Moqbel". Chiediamo a Remes delle reazioni dei suoi clienti alle promesse di rescindere la moratoria per gli 86 yemeniti, prosciolti gia nel 2006 da Bush e nel 2009 da Obama. Ancora una risposta lapidaria: "Il preventivo di 550 milioni di dollari. per ristrutturare Guantánamo - risponde Remes - è stato fatto prima dell'elusivo discorso di Obama al paese sulla "National security". La promessa della periodica revisione governativa comprende caso per caso, da sottoporre a mesi di procedure burocratiche ancor prima di essere avviata.E poi , dopo 11 anni a Guantánamo quale testimonianza possono ancora fornire questi detenuti innocenti per l'82%? È un assurdo kafkiano". E intanto, in questo muro di gomma instaurato con il nuovo regime di detenzione ferrea, come si viene a sapere se qualcuno muore o si suicida? "È proprio quello che temiamo", risponde concludendo Remes. Iran: l'ayatollah Khamenei grazia oltre mille detenuti Ansa, 25 giugno 2013 La guida suprema dell'Iran, l'ayatollah Seyed Ali Khamenei, ha graziato un alto numero di detenuti condannati da tribunali di tutto il paese. Come riporta l'agenzia di notizie Fars, nel weekend Khamenei ha concesso l'amnistia a 1.249 detenuti in occasione di una festività religiosa. Il provvedimento arriva su richiesta del capo della magistratura Sadeq Amoli Larijani. L'articolo 110 della costituzione della Repubblica Islamica attribuisce alla guida suprema la facoltà di graziare o ridurre le sentenze dei prigionieri su raccomandazione del capo della magistratura. Israele: detenuto palestinese con urgente bisogno di intervento chirurgico non ottiene cure InfoPal, 25 giugno 2013 La famiglia di un prigionieri palestinese della cittadina di Burqin, vicino a Jenin (nord della Cisgiordania) ha lanciato un appello a tutte le istituzioni competenti "per intervenire immediatamente e premere sulle autorità israeliane, al fine di salvare la sua vita del detenuto, la cui salute è in continuo peggioramento, e fornirgli il trattamento necessario". Nidal Khallouf, fratello del prigioniero, ha affermato che Ahmed (30 anni), condannato a 12 anni di carcere, "sta soffrendo a causa di un'infezione batterica al piede sinistro, con conseguente febbre e forti dolori". Ha aggiunto che "nonostante il via libera all'intervento chirurgico, dato dai medici proprio a causa della sua difficile situazione sanitaria, dovuta ad un gonfiore al piede, con conseguenti lacerazioni muscolari e erosioni ossee, l'amministrazione penitenziaria israeliana indulge nel sottoporlo al trattamento, incurante della sua condizione critica". Nello stesso contesto, in un comunicato stampa diramato domenica 23 giugno, Ragheb Abu Diak, segretario della Società dei prigionieri palestinesi, ha reso noto che "le condizioni di Khallouf stanno deteriorando giorno dopo giorno". Ha spiegato che alcuni ospedali israeliani "si erano rifiutati in passato di accogliere il prigioniero, a causa della gravità della sua salute, in quanto soffriva di un'infiammazione acuta, e necessitava dell'asportazione di un muscolo e la pulizia chirurgica dei tessuti ossei, oltre alla ricostruzione di un muscolo e il trapianto di pelle, per sostituire i tessuti danneggiati a causa dell'infezione". Abu Diak ha esortato tutte le istituzioni internazionali competenti che si occupano di diritti umani a "promuovere una causa contro il governo israeliano, presso la Corte internazionale di giustizia, per i suoi continui crimini contro i prigionieri, e specialmente la sua deliberata politica di negligenza medica nei confronti dei detenuti".