Giustizia: dalla violenza in casa all’antimafia, ecco il “pacchetto sicurezza” del governo di Liana Milella La Repubblica, 15 giugno 2013 Tutto per decreto legge. In un testo a firma Cancellieri-Alfano che, per dimensioni (29 pagine) e complessità, non sarà approvato nel consiglio dei ministri di oggi, ma in uno ad hoc la prossima settimana. In primis le misure svuota-carcere con un più ampio ricorso alla liberazione anticipata e al lavoro esterno. Poi - nel testo in possesso di Repubblica - un ventaglio di interventi elaborati dal ministero dell’Interno che vanno dalla violenza sulle donne e sugli stranieri, ai disordini negli stadi. Ecco in pillole la manovra. Dall’esercito nel cantiere Tav in Val Susa, al reato di furto di identità informatica. Dalla misura di prevenzione in caso di violenza domestica al permesso di soggiorno concesso subito se ad essere vittima della stessa violenza è uno o una straniera. Prorogato per altri tre anni l’arresto in flagranza per i disordini durante le partite di calcio. Immediata nomina di un commissario straordinario per le imprese sottoposti a controlli antimafia. C’è tutto questo nel decreto inviato a palazzo Chigi, per la sezione carceri dal Guardasigilli Anna Maria Cancellieri e per quella sulla sicurezza dal titolare del Viminale Angelino Alfano. Per buona parte della giornata è parso che il testo potesse essere approvato oggi. Poi è prevalso il rinvio. Ma ecco, scorrendo il decreto stesso, le misure più importanti. Furto di identità Nasce un nuovo reato, la frode con falsa identità, il 494-bis che seguirà il 494, la sostituzione di persona. Recita il decreto: “Rischia il carcere da uno a 5 anni e la multa fino a 10mila euro chiunque indebitamente acquisisca, in qualsiasi forma, dati personali, codici di accesso, credenziali riservate o in qualsiasi modo formi, ricostruisca, o diffonda informazioni individuali su persone fisiche o giuridiche per organizzare attività fraudolente assumendo abusivamente l’identità altrui, anche attraverso l’invio massimo di corrispondenza informatica ingannevole”. I casi Boldrini e Kyenge trovano così una risposta. Permesso di soggiorno È una delle norme più forti del decreto. Qualora “siano accertate situazioni di violenza e abuso nei confronti di uno straniero ed emerga un concreto e attuale pericolo per la sua incolumità come conseguenza della scelta di sottrarsi alla violenza medesima o per effetto delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari o del giudizio, il questore, anche su proposta del procuratore, rilascia il permesso di soggiorno”. Violenza domestica Qualora ci si trovi di fronte a dei soprusi il decreto stabilisce che il questore può disporre l’ammonimento della persona. Parimenti simili s’intendono “tutti gli atti, non episodici, di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza della vittima”. È possibile anche la sospensione della patente di guida da uno a tre mesi. Violenza allargata Nei casi di violenza sessuale e di atti persecutori viene previsto un esplicito riferimento alle donne “in stato di disabilità psico-fisica anche temporanea” e a quelle “in stato di gravidanza”. Val di Susa Si allarga l’area del cantiere Tav sottoposto al controllo delle Forze armate. Comprenderà, è scritto nel decreto, “le aree e i siti afferenti alla realizzazione della stazione internazionale di Susa”. Disordini negli stadi Prorogate fino al 30 giugno 2016 le norme che consentono l’arresto in flagranza per disordini durante le manifestazioni sportive. Milano Expo 2015 Sarà la Dia a occuparsi dei certificati antimafia. Imprese e mafia Per salvare i posti di lavoro di aziende sottoposte a controlli antimafia, il prefetto ricorre a una gestione “straordinaria e temporanea con la nomina di uno o più amministratori”. Giustizia: il decreto legge sulle carceri "slitta" alla prossima settimana Adnkronos, 15 giugno 2013 Slitta alla prossima settimana l'approvazione da parte del Consiglio dei ministri del decreto sulle carceri, originariamente previsto all'ordine del giorno della riunione di oggi pomeriggio. A quanto apprende l'Adnkronos il decreto, che vede in atto lavoro congiunto tra il ministero della Giustizia e quello dell'Interno, per la parte relativa al maggiore coinvolgimento della polizia nel controllo dei detenuti ai domiciliari, andrà in Cdm i primi giorni della prossima settimana, probabilmente martedi'. Giustizia: se il decreto Cancellieri rimane senza “lavoro”, sarà inutile di Paolo Tosoni www.ilsussidiario.net, 15 giugno 2013 L’emergenza carceri nel nostro Paese non è solo la presenza di oltre 65.000 detenuti in strutture previste per circa 46.000 (questo è sicuramente il dato più eclatante), ma anche il fatto che la pena che si sconta in carcere ha completamente perduto il fine previsto dalla Costituzione: ossia la rieducazione sociale del condannato. Ciò è dovuto a molteplici cause. Il sovraffollamento crea condizioni quotidiane di vita dei carcerati sotto la soglia minima della dignità umana e ciò non favorisce certo la loro risocializzazione. Il noto fenomeno per cui migliaia di detenuti vengono arrestati e rimessi in libertà dopo pochi giorni o settimane impedisce un percorso rieducativo degli stessi. Ma, soprattutto, la scarsissima possibilità di lavoro per i detenuti, la mancanza di investimenti per favorire le cooperative esterne che offrono lavoro all’interno del carcere e gli ostacoli burocratici di un’amministrazione penitenziaria poco attenta a questo aspetto fondamentale sia per la vita del detenuto all’interno dell’istituto penitenziario, sia per il suo futuro da uomo libero. Sono questi i principali (non unici) fattori che fanno del carcere un parcheggio di persone che hanno sbagliato, sono state condannate, devono scontare la pena, ma buttano via il tempo (a volte lunghissimo) della detenzione e non hanno una reale speranza per il futuro quando usciranno: anzi, per la stragrande maggioranza, l’unica alternativa è tornare a delinquere (basta vedere l’alto tasso di recidiva dei nostri detenuti). Se questa è l’emergenza, è evidente che il sistema carceri necessita di una riforma strutturale che riequilibri i numeri della popolazione carceraria con i posti effettivamente disponibili: ma, al tempo stesso, è altrettanto necessaria una riforma culturale della pena, che recuperi concretamente lo scopo rieducativo della stessa. In tale senso è imprescindibile un investimento materiale e concettuale sul lavoro all’interno del carcere: se si interviene solo in termini di capienza e non sulla modalità di esecuzione della pena non si risolverà il drammatico problema dei detenuti. Il c.d. decreto “tampone” presentato dal nuovo Ministro della Giustizia Cancellieri ha più di un merito: risponde all’urgenza di sfoltire (anche se in modo parziale e insufficiente) le carceri; introduce più ampi margini ai magistrati di sorveglianza per la concessione della liberazione anticipata e della detenzione domiciliare, ancorando le loro decisioni ai criteri di cui all’art. 133 del c.p. in modo che ciò non avvenga per detenuti ritenuti pericolosi e per reati gravi, salvaguardando così le ragioni dell’ordine pubblico; favorisce per talune categorie di detenuti (tra cui i tossicodipendenti) la sostituzione della detenzione con l’obbligo di svolgere lavori di pubblica utilità. Il decreto apre così la strada alla discussione parlamentare, che dovrebbe iniziare il 24 giugno, sul disegno di legge messo a punto dal precedente ministro Paola Severino sulle misure alternative al carcere (quale ad esempio la detenzione domiciliare per i delitti puniti con pena massima non superiore ai sei anni) e la messa alla prova con percorsi di rieducazione - che sospende il processo - per i reati con pene inferiori ai quattro anni di reclusione. Entrambi i provvedimenti muovono dal criterio, assolutamente condivisibile, per cui il carcere deve essere l’estrema ratio dell’intervento punitivo dello Stato, ossia deve avere come presupposto la commissione di gravi reati e la ritenuta effettiva pericolosità dell’autore degli stessi. Oggi non è sempre così: il carcere è utilizzato, in parte, come una “comoda” misura cui si ricorre, in fase cautelare quale strumento improprio di indagine, in fase esecutiva come fuga dalla responsabilità di concedere misure alternative. E, a proposito di responsabilità, se si dovesse affrontare organicamente la riforma delle carceri, non deve scandalizzare il ricorso ad un provvedimento di clemenza (sia esso amnistia o indulto). Uno Stato riformatore deve assumersi politicamente questa responsabilità: sia per il valore profondo di tali provvedimenti che affermano la non infallibilità del sistema giustizia, sia per permettere una concreta ripartenza del sistema rinnovato, in modo da poterne valutare, in tempi brevi, l’efficacia, onde apportarne, eventualmente, i necessari correttivi. Giustizia: decreto legge contro il sovraffollamento, nuovi commenti di politici e sindacati Ristretti Orizzonti, 15 giugno 2013 Spigarelli (Ucpi): indispensabile rapido iter parlamentare Il presidente dell’Unione Camere Penali italiane Valerio Spigarelli ha incontrato ieri, presso gli uffici della Presidenza del Consiglio il Ministro per i Rapporti con il Parlamento Dario Franceschini. “Il colloquio - ha riferito l’Ucpi - è stato a tutto campo su varie iniziative legislative parlamentari a partire dalla legge sulla detenzione domiciliare, messa alla prova, processo a carico degli irreperibili, iniziative di rivisitazione della custodia cautelare e dell’ordinamento penitenziario, è partito dalle necessità di un rapido percorso parlamentare riguardo alle iniziative aventi ad oggetto i temi della giustizia. Spigarelli ha rappresentato il punto di vista dell’Unione delle Camere Penali anche sulle questioni del carcere, della prescrizione, della responsabilità civile dei magistrati. Nel corso dell’incontro ha anche ribadito la necessità di una iniziativa del Governo italiano in ordine alle misure repressive che hanno colpito gli avvocati turchi”. Fratini (Fp-Cgil): decreto è segnale incoraggiante “Il decreto legge preannunciato dalla ministra della Giustizia Annamaria Cancellieri è un segnale incoraggiante. Si intravede finalmente l’intenzione di realizzare politiche strutturali sul sistema penitenziario, a cui chiediamo seguano impegni concreti sulla definizione del cosiddetto Piano carceri”. In una nota, il segretario nazionale dell’Fp-Cgil Fabrizio Fratini promuove la possibile imminente approvazione nel del Dl sulle carceri, sottolineando come “creare nei prossimi 3 anni e mezzo circa 11mila nuovi posti detentivi è impraticabile a fronte di una carenza di organico di circa 8000 agenti, sui 45.000 previsti. Il primo passo dovrebbe essere quantomeno lo sblocco del turn over per evitare che questa carenza cresca. Ma servono nuove assunzioni”. La risposta - continua Fratini - non può essere la realizzazione di strutture leggere o la riapertura di carceri chiuse e obsolete in alcune isole. Si rischia di spendere male le poche risorse a disposizione. Le misure deflattive servono ma non bastano. Bisogna ridare equilibrio al sistema sanzionatorio, potenziare le misure alternative, investire di più nel recupero sociale dei condannati anche attraverso il lavoro. Bisogna offrire opportunità di reinserimento e di cura anche come risposta al problema della tossicodipendenza, perché il carcere non è la risposta al problema della droga, né il luogo adatto a curare. In tal senso - conclude - va interpretata la nostra adesione e promozione della campagna “3 leggi per la democrazia e i diritti”, tre leggi di iniziativa popolare per la dignità in carcere, la modifica della legge Fini-Giovanardi e l’introduzione del reato di tortura”. Moretti (Ugl): bene Cancellieri, ora soluzioni urgenti “Prendiamo atto con soddisfazione del fatto che sia lo stesso ministro della Giustizia ad ammettere che i dati sul sovraffollamento delle carceri siano inferiori a quelli reali, e che la situazione necessiti di un intervento epocale, ora l’auspicio è che si agisca in tempi rapidi per individuare soluzioni efficaci”. Lo dichiara il segretario nazionale dell’Ugl Polizia Penitenziaria, Giuseppe Moretti, commentando le parole del ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri, e aggiungendo che, “nonostante sia positivo che il decreto preannunciato dal ministro provveda a una riduzione degli accessi in carcere, i detenuti e il personale, costretto a sopportare carichi di lavoro che, in particolare in estate, si fanno inaccettabili, non possono più restare in attesa di promesse: per questo si deve fare in modo di provvedere ad una stabilizzazione del sistema penitenziario che metta in campo risposte adeguate, ben al di là di provvedimenti tampone come indulto e amnistia”. “È necessario intervenire efficacemente- conclude Moretti- per incrementare le misure alternative alla detenzione, e se a ciò venissero affiancati provvedimenti orientati a ridurre il carico di lavoro del personale, gli agenti potrebbero intensificare la loro collaborazione con la magistratura di sorveglianza. Da tempo, l’Ugl sostiene l’opportunità di una riforma del Corpo che preveda il passaggio da Polizia Penitenziaria a Polizia dell’esecuzione penale”. Lumia (Pd): condividiamo rigore Cancellieri su 41bis “L’affollamento delle carceri è un problema preoccupante su cui bisogna intervenire con provvedimenti a breve termine e con un piano a lungo termine per giungere ad una soluzione strutturale. Apprezziamo il lavoro che sta facendo il ministro Cancellieri, condividiamo il suo rigore sul 41 bis e chiediamo che si rafforzi con la riapertura delle carceri di massima sicurezza di Pianosa e L’Asinara”. Lo dice il senatore Giuseppe Lumia, capogruppo Pd in commissione Giustizia. Grillo (M5S): bancarotta della giustizia italiana “L’ultima scoperta dal governo Letta è il sovraffollamento delle carceri - che dura almeno da un decennio - tanto da dedicarci un decreto. E come Letta e il governo delle “larghe intese” risolvono il problema? Semplice, per superare l’emergenza basta buttare fuori un bel po’ di reclusi. Punto. È sufficiente leggere le indiscrezioni sul testo di legge che verrà presentato dal Consiglio dei ministri: la detenzione domiciliare potrà applicarsi anche a condannati a pene fino a 6 anni”. Lo scrive sul suo blog Beppe Grillo. “Corruzione, frode fiscale, falso in bilancio, truffe, abuso d’ufficio, inquinamento, frodi comunitarie, hanno pene massime tra i 3 e i 6 anni (ma nella pratica, nessuno si becca più di 3 anni). Inoltre - prosegue Grillo - che c’entra con l’affollamento delle carceri la sospensione della pena per chi è agli arresti domiciliari e deve scontare una pena residua di 4 anni? E perché, oltre alle detrazioni della buona condotta, per coloro che devono espiare la pena per altri 3 anni si prevede uno sconto di pena ovvero la liberazione anticipata? E la famosa certezza della pena? Eppure basterebbe un pò di impegno. Ad esempio una razionalizzazione degli spazi degli istituti penitenziari, per trovare un posto dignitoso per tutti invece di costruire nuove imponenti carceri, con la soddisfazione dei soliti palazzinari. Predisporre interventi ordinari e straordinari per gli istituti esistenti con l’apertura di ali chiuse in quanto fatiscenti”. “Basterebbe rivedere i capolavori normativi di tre dei principali artefici del sovraffollamento carcerario: Bossi, Fini e Giovanardi. Basterebbe - sostiene - predisporre seri programmi di lavoro dentro il carcere perché - è noto da tutte le statistiche - nessun recluso ha il piacere di tornare in galera se ha qualcosa di lecito da fare fuori. E se non ce l’ha, torna a delinquere. Ed è questo ciò che il Movimento 5 Stelle propone in Parlamento, denunciando il mercimonio sulla pelle dei detenuti. Un’autentica bancarotta della giustizia”. Dopo il post c’è un Ps. Di M5S Camera che dice: “Fra coloro che possono essere condannati a 6 anni di reclusione ci sono anche gli accusati di associazione mafiosa: ai domiciliari è molto più semplice seguire i business”. Molteni: il Governo ci ripensi “Lo svuota-carceri del ministro Cancellieri, unito al salva-delinquenti targato Pd-Pdl in discussione in commissione giustizia alla camera saranno una vera e propria bomba ad orologeria con effetti devastanti per la sicurezza dei cittadini. Invitiamo governo e maggioranza a fermarsi immediatamente finché sono in tempo perché le conseguenze di questi provvedimenti rischiano di essere drammatici: non risolveranno il problema del sovraffollamento, incentiveranno reati e crimini, obbligheranno le forze dell’ordine a dedicarsi al controllo delle abitazioni dei detenuti ai domiciliari anziché presidiare il territorio, comprometteranno oltremodo la sicurezza dei cittadini attraverso un messaggio esplosivo di sostanziale impunità per chi commette reati anche gravi e di particolare allarme sociale. Infatti, i reati con pena fino a 6 anni inclusi emendamento del governo al provvedimento sulle pene alternative riguardano reati gravissimi elencati oggi dal quotidiano La Padania. Affermare il contrario significa essere in malafede” Lo dichiara Nicola Molteni, capogruppo in commissione giustizia per la Lega Nord in riferimento ai provvedimenti in materia di giustizia all’esame del prossimo consiglio dei ministri. Giustizia: alla Camera continuano audizioni per indagine su violenza contro donne Asca, 15 giugno 2013 La Commissione Giustizia, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sullo stato di attuazione delle disposizioni legislative in materia di violenza contro le donne, ha svolto le previste audizioni del Prefetto Francesco Cirillo, Vice direttore generale della pubblica sicurezza e Direttore centrale della polizia criminale e del Generale Enrico Castaldi, Comandante del Raggruppamento carabinieri investigazioni scientifiche (Racis). La stessa Commissione ha proseguito la discussione delle proposte di legge 251, 328 e 923 contenenti modifiche al codice penale in materia di scambio elettorale politico-mafioso e della Pdl 331 di delega al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili. In merito è stato adottato il testo base composto da 17 articoli e sono in discussione numerosi emendamenti presentati anche dal Governo e dai relatori. La Giustizia ha poi avviato l’esame della Pdl 245 riguardante il contrasto della omofobia. Il relatore Antonio Leone del PdL ha evidenziato l’esigenza di pervenire ad un quadro normativo in materia, ma anche la necessità di definire un testo calibrato che tenga conto delle diverse posizioni esistenti in merito. Giustizia: “Bambini Senza Sbarre”; nelle carceri fondamentale assistenza all’infanzia di Monica Gasbarri www.clandestinoweb.com, 15 giugno 2013 Le carceri sono un luogo dimenticato e spesso non ci si rende conto dell’impatto che possono avere sull’infanzia. Un’infanzia che troppo spesso in Italia è costretta ad affrontare questa realtà negli incontri con un genitore recluso: sono infatti almeno 100mila i bambini in nel nostro paese che hanno un genitore in questa condizione. Per proteggere e tutelare questa infanzia è nata l’associazione Bambini senza sbarre che, attraverso progetti come quello dello “Spazio Giallo” cerca grazie all’intervento di professionisti, di assistere i bambini nel momento delicatissimo dell’ingresso in carcere. È proprio la responsabile dell’associazione, Lia Sacerdote, a raccontare la natura di questa esperienza a Clandestinoweb. Dottoressa Sacerdote ci vuole raccontare come è nata l’associazione Bambini senza sbarre? Siamo una Onlus nata nel 2002 con il sostegno della fondazione olandese Beernard Van Leer che supporta interventi sull’infanzia e ha un particolare interesse per le situazioni legate al carcere. Le carceri sono un luogo dimenticato e spesso non ci si rende conto di quanto fragilizza l’infanzia. Siamo un’associazione composta da professionisti della cura, analisti, psicologi, pedagogisti. Anche i volontari sono professionalmente formati in questa direzione. Chi opera in Bambini senza sbarre è legato al mondo dell’università e ha una forte vocazione per la ricerca. Per noi questo è un requisito fondamentale perché l’intervento sui bambini deve essere caratterizzato dalla cura e dall’attenzione professionale. Vorrei sottolineare che l’associazione in questo momento vive grazie alle donazioni dei privati, partecipiamo ai vari bandi pubblici, soprattutto su base regionale, ma al momento diciamo che questi bandi sono solo formali perché i fondi in realtà non ci sono. Ci vuole fare un esempio dei progetti che attuate? Un esempio su tutti è quello dello “Spazio giallo”. Quello che noi definiamo Spazio Giallo è un’area all’interno del carcere in cui i bambini vengono accolti prima di andare ad incontrare il genitore in stato detentivo. Molto spesso in quel momento d’attesa i bambini sono da soli, mentre l’altro genitore sbriga le pratiche per poter entrare. Lo scopo dello Spazio Giallo è di assistere il bambino in quel momento particolarmente delicato, nelle carceri in cui il nostro progetto è operativo i minori vengono assistiti da operatori specializzati e preparati. Un altro progetto che siamo riusciti a realizzare, per ora solo nel carcere di Bollate, è una mappa attraverso cui i bambini vengono informati su tutti gli step che dovranno fare prima di incontrare il genitore. Vorremmo portare questo progetto in tutta Italia. In questo preciso istante poi stiamo lavorando su una petizione da presentare poi al parlamento europeo e che riguarda la risoluzione 24. È stata varata nel 2008 e a nostro parere dovrebbe essere applicata in tutti i paesi. Le firme che noi stiamo raccogliendo in Italia, attraverso il nostro sito www.bambinisenzasbarre.org andranno poi a sommarsi a quelle raccolte nel resto d’Europa. Ci può fornire un po’ di numeri? Quanti sono i bambini in Italia che hanno un genitore in stato detentivo? 100.000 bambini. Il dato è emerso da una ricerca europea fatta nel 2011. In questo dato sono compresi anche quelli che noi chiamiamo i passaggi, ossia i genitori che non sono in carcere in modo permanente. Vorrei precisare però che questo è un dato dedotto, infatti in tal senso non viene fatta una vera e propria registrazione, spesso gli adulti non dichiarano di avere dei figli. A livello europeo si viaggia invece verso il milione di bambini che hanno un genitore in carcere. Fattivamente cosa è stato già attuato e cosa altro volete ottenere? Punto da cui non si può prescindere è la sensibilizzazione e l’attenzione ai bambini che entrano in carcere. In Italia siamo riusciti a coinvolgere il Ministero della Giustizia, nello specifico il Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria. Dal 2009 è stata infatti diramata una circolare per mettere l’accento su quella che io chiamo “attenzione ai bambini”, su tutto per rendere consapevoli gli agenti della polizia penitenziaria, a loro tocca infatti il compito di accogliere i minori. Se ci riflettiamo 10 anni fa un bambino che entrava in una casa circondariale non veniva proprio considerato, oggi invece riusciamo a lavorare sulla formazione degli agenti. Per ora stiamo agendo in Lombardia, l’associazione infatti opera ancora per lo più in quell’area, ma siamo riusciti a fare dei veri e propri seminari per sensibilizzare gli operatori penitenziari, per renderli consapevoli dell’importanza dei loro gesti e per fornirgli anche le competenze necessarie. Giustizia: la Cassazione sui “fatti di Bolzaneto”, 7 colpevoli… e tortura “prescritta” di Marina della Croce Il Manifesto, 15 giugno 2013 La Cassazione conferma il verdetto della Corte d’Appello, ma in 4 sono assolti. Il massimo della pena è 3 anni e 2 mesi, ma nessuno andrà in carcere. Risarcimenti per le vittime da rivalutare in sede civile. Pagherà lo Stato. Che non ha ancora chiesto scusa. Tre ispettori, un assistente capo di polizia, due agenti penitenziari e un medico sono stati condannati definitivamente ieri dalla Corte di Cassazione per le violenze perpetrate nella caserma di Bolzaneto durante il G8 di Genova del 2001 su più di 300 manifestanti inermi, fermati per essere identificati ma sottoposti invece a violenze psichiche e fisiche di ogni genere, minacce, ingiurie e vessazioni. Ma la fattispecie di tortura nell’ordinamento penale italiano ancora non esiste e così la Corte suprema ha bocciato il ricorso della procura di Genova che chiedeva appunto la contestazione del reato di tortura per “evitare la prescrizione”. Cosa che invece è puntualmente accaduta a molti dei reati ascritti ai 44 imputati, tra poliziotti, carabinieri, agenti carcerari, medici e paramedici. Per la precisione sono 33 le prescrizioni, mentre per 4 appartenenti alle forze dell’ordine (Oronzio Doria, Franco Valerio, Aldo Tarascio e Antonello Talu) i giudici hanno confermato l’assoluzione disposta in primo grado e ritenuto inammissibile l’appello proposto a suo tempo da alcune delle parti civili. Confermate invece 7 condanne già inflitte dalla Corte d’Appello di Genova il 5 marzo 2010: 3 anni e 2 mesi all’assistente capo di polizia Luigi Pigozzi, quello che divaricò le dita della mano di un detenuto fino a strappargli la carne; un anno agli agenti di polizia penitenziaria Marcello Mulas e Michele Colucci Sabia, mentre al medico Sonia Sciandra condannata in appello a 2 anni e 2 mesi la Cassazione ha ridotto la pena, assolvendola solo dal reato di minaccia. Pene confermate a un anno per gli ispettori di polizia Matilde Arecco, Mario Turco e Paolo Ubaldi che avevano rinunciato alla prescrizione. In un procedimento parallelo, la Cassazione ha anche respinto il ricorso contro la prescrizione del reato opposto da Vincenzo Canterini, ex comandante del VII Nucleo sperimentale antisommossa del primo reparto mobile di Roma, oggi in pensione, condannato in primo grado a 4 mesi per violenza privata (in appello il reato è stato prescritto ma Canterini presentò ricorso), per aver spruzzato lo spray urticante in dotazione contro tre avvocati del Legal Social Forum che prestavano assistenza ai manifestanti fermati in corso Buenos Aires durante il corteo del 20 luglio 2001. Dopo sette ore di camera di consiglio, il verdetto della quinta sezione penale di Piazza Cavour presieduta dal Gaetanino Zecca ha anche ridotto la portata dei risarcimenti stabiliti in secondo grado in favore delle vittime delle violenze, circa 150 persone che si costituirono parti civili. A esclusione dei quattro assolti, tutti gli altri imputati sono chiamati a risarcire le vittime, ma per loro pagherà lo Stato, cioè i ministeri della Giustizia, della Difesa e dell’Interno che sono stati chiamati come responsabili civili nel processo. Sarà un giudice civile però a stabilire l’entità dei risarcimenti che in primo grado vennero quantificati in 2 milioni di euro in totale, e innalzati fino a 10 milioni dalla Corte d’Appello di Genova. Comunque, nessuno dei sette condannati finirà in carcere perché le pene divenute ieri definitive sono coperte da indulto, anche se tutti rischiano (ma chissà se arriverà mai) una sanzione disciplinare, anche coloro per i quali il reato è prescritto. “Stiamo ancora aspettando le scuse delle istituzioni, del presidente della repubblica, dei ministri di Interno e Giustizia”, ha commentato ieri Enrica Bartesaghi, presidente del comitato Verità e Giustizia per Genova e madre di una ragazza che venne pestata alla Diaz e poi portata a Bolzaneto. “Le istituzioni devono dire che quelli accaduti sono fatti che vanno contro la Costituzione. Le parti offese sono state trattate non da vittime, ma da colpevoli”. Abruzzo: Cgil e Comitato Stop Opg contro il nuovo mini-manicomio Il Centro, 15 giugno 2013 “A 35 anni dalla legge Basaglia, la Regione preferisce costruire un nuovo “mini-manicomio” piuttosto che potenziare i servizi territoriali”. La Cgil e il comitato Stop Opg lanciano l’allarme sulla realizzazione, a Ripa Teatina, di una nuova struttura che ospiterà i pazienti abruzzesi con problemi di salute mentale. A fare il punto della situazione sono Angela Scottu, della segreteria regionale del sindacato, il segretario della Fp-Cgil, Carmine Ranieri, il portavoce del Forum salute mentale del comitato StopOpg, Alessandro Sirolli, e Lucia D’Alfonso, operatrice del Centro di salute mentale di Chieti. Al centro della questione c’è la legge nazionale 57 del 2013 che impone, a partire dal primo aprile 2014, la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg). “L’auspicio”, sottolineano i sindacalisti, “è che la norma venga applicata nel migliore dei modi e nello spirito della legge Basaglia, concentrandosi sull’assistenza territoriale”. Cgil e StopOpg chiedono, inoltre, la revoca della delibera di Giunta numero 102 del 2013, relativa alla realizzazione del “mini-Opg” di Ripa Teatina, al costo di 3,6 milioni di euro, e la modifica della delibera 231 del 2012, nella parte in cui si prevede che le strutture penitenziarie potranno ospitare, in apposite camere detentive, le persone dimesse dagli Opg. “I soldi necessari per la realizzazione della struttura di Ripa Teatina e gli 800mila euro che la legge 57 ha stanziato per l’Abruzzo”, evidenzia Scottu, “potevano essere utilizzati per potenziare il territorio”. Il Comitato pretende, inoltre, chiarezza sul numero e sull’attuale collocazione dei pazienti abruzzesi: “Inizialmente si parlava di 31 persone”, afferma Sirolli, “passate poi a 22 in base ad una comunicazione della Regione e successivamente a 18, stando a quanto riferito nella delibera che ha introdotto il mini-Opg di Ripa. L’ultimo dato che ci è stato comunicato parla di 12 pazienti. Vogliamo sapere dove sono le persone che mancano all’appello e come sono state curate”. Sulle differenze tra strutture dedicate e assistenza territoriale, secondo Lucia D’Alfonso “è dimostrato che il prodotto di una “struttura-contenitore” è un paziente a vita, mentre quello dell’assistenza territoriale è una persona che vive normalmente, seppur consapevole delle proprie criticità”. Umbria: Zaffini (FdI): realizzare reparto degenza per detenuti nell’ospedale di Perugia Agi, 15 giugno 2013 “La sinistra che governa questa Regione, invece di insistere sulla vicenda del garante dei detenuti farebbe bene a mantenere gli impegni presi per risolvere, almeno in parte, i problemi concreti del mondo carcerario umbro, come, solo a titolo di esempio, la realizzazione del reparto di degenza nell’ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia, che consentirebbe di ottimizzare le risorse umane della polizia penitenziaria da destinare al piantonamento dei detenuti ricoverati”. Lo afferma il consigliere regionale Franco Zaffini, capogruppo di Fratelli d’Italia. “Nel 2009 - spiega Zaffini - l’Assemblea di Palazzo Cesaroni ha approvato all’unanimità, su mia proposta, un ordine del giorno che impegnava la Giunta a dare piena attuazione al trasferimento di competenza della sanità carceraria, dall’amministrazione penitenziaria al servizio sanitario regionale, come prescritto dal decreto ministeriale. Ad oggi - continua - non è stato fatto nulla riguardo al reparto di degenza, che la legge prevede negli ospedali di ogni capoluogo di regione, e la polizia penitenziaria deve impegnare sei agenti al giorno (tre turni da otto ore) per piantonare ogni singolo detenuto ricoverato in strutture, reparti e stanze differenti, quando sarebbe sufficiente un impiego minore per la guardia di un unico reparto. Un aggravio per le risorse umane della polizia penitenziaria che incide pesantemente sulla già critica gestione del sistema detentivo umbro, costretto a fare i conti sia con le difficoltà del sovraffollamento che con i problemi di sottorganico”. “A questa situazione di stallo - aggiunge - si unisce la beffa di un osservatorio regionale permanente sulla sanità penitenziaria che si riunisce meno di quanto previsto dagli accordi firmati e che non mette neanche a verbale i contenuti degli incontri, così da impedire l’acquisizione delle decisioni prese riguardo gli aspetti di sua competenza”. Roma: detenuto 35enne di origine bulgara muore suicida a Rebibbia Nuovo Complesso Ristretti Orizzonti, 15 giugno 2013 Si è tolto la vita impiccandosi, con un lenzuolo, all’interno del bagno della sua cella della sezione G11 del carcere di Rebibbia Nuovo Complesso. È morto in questo modo, ieri pomeriggio, un detenuto 35enne di origine bulgara, Vasile Vasil Venetov. Lo rende noto il Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni. L’uomo - a quanto appreso dal Garante - era un detenuto lavorante e si trovava a Rebibbia N.C. dal 2010. Era stato estradato dall’Olanda per reati connessi al traffico di stupefacenti. Aveva un fine pena fissato a marzo 2014. Venetov è stato trovato agonizzante dai suoi compagni di cella ieri pomeriggio, intorno alle 16.00. A nulla sono valsi i tentativi di rianimarlo. Ai collaboratori del Garante aveva confidato di sentirsi frustrato e depresso perché non era stata ancora depositata la sentenza definitiva di condanna emessa a suo carico dal Tribunale di Napoli lo scorso dicembre, sentenza che gli avrebbe consentito di uscire dal carcere. “Spetta alla magistratura - ha detto il Garante Angiolo Marroni - fare piena luce sulle circostanze che hanno portato alla morte di quest’uomo. Come Garante non posso non far rilevare che la macchina della giustizia si muove con una lentezza esasperante. Da sette mesi, infatti, quest’uomo aspettava la pubblicazione di una sentenza che avrebbe potuto rimetterlo in libertà”. Quello di Vasile è il terzo suicidio accertato nelle carceri del Lazio dall’inizio dell’anno. Da gennaio ad oggi i decessi registrati nelle 14 carceri della regione sono stati 11: tre suicidi, tre per malattia e quattro per cause ancora da accertare. In base alle statistiche, otto degli undici decessi del 2013 sono stati registrati a Rebibbia Nuovo Complesso. Una circostanza, questa, che deve essere valutata insieme ad un altro dato di fatto: da oltre nove mesi le due più importanti carceri di Roma e del Lazio - Regina Coeli e Rebibbia N. C., che insieme contano 2.800 detenuti, il 40% dei reclusi dell’intera regione - hanno un solo direttore. “Da quando - ha detto il Garante dei detenuti Angiolo Marroni - il responsabile di Rebibbia N.C. Carmelo Cantone è stato nominato Provveditore Regionale dell’Amministrazione penitenziaria per la Toscana, la gestione delle due carceri romane è affidata al solo direttore di Regina Coeli Mauro Mariani, costretto a fare di necessità virtù per gestire queste due complesse realtà”. Il problema dell’assenza di un Direttore per una struttura di rilievo nazionale come Rebibbia N.C., è stato sollevato dal Garante del Lazio nel corso di un incontro, che si è svolto nei giorni scorsi, tra il capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (Dap) Giovanni Tamburino ed i Garanti Regionali dei diritti dei detenuti. “La mancanza di un direttore a tempo pieno - ha detto Marroni - pregiudica la gestione quotidiana di una struttura come Rebibbia N.C., dove sono ospitati 1782 detenuti, nonché quella di Regina Coeli dove sono ristretti circa 1100 detenuti, entrambe le strutture ben oltre la rispettiva capienza regolamentare. A questo si deve aggiungere la circostanza, che negli ultimi 10 giorni a Rebibbia sono morti per cause naturali 3 detenuti ed una infermiera ed un detenuto si è tolto la vita, e se consideriamo il dato dall’inizio dell’anno, i decessi riferiti a Rebibbia salgono a 8. Dati, questi, che considerati insieme al sovraffollamento, alle carenze di personale ed ai tagli dei budget indicano chiaramente come sia assolutamente indispensabile e non più rinviabile la nomina di un direttore a tempo pieno per colmare l’attuale vuoto di direzione”. Milano: detenuti impiegati per Expo 2015? Sì, ma devono essere pagati… di Alessandra Naldi (Garante comunale dei detenuti) Corriere della Sera, 15 giugno 2013 Il Governo sta studiando come contrastare il problema del sovraffollamento carcerario. Ce lo impone la Corte Europea che ha dato all’Italia un anno di tempo per risolvere la questione, pena il pagamento di ingenti risarcimenti. Tra le proposte c’è anche la possibilità di inserire le persone detenute in attività a favore della collettività, tra cui l’impiego nei lavori di Expo 2015. Per quanto si capisce finora dalle informazioni filtrate sulla stampa, sembra che si pensi ad attività di puro volontariato non retribuite. Pare non si tratti neanche di lavori di pubblica utilità che possano sostituire una parte della pena detentiva come già avviene, ad esempio, per i colpevoli di guida in stato di ebbrezza. È ovvio che guardiamo con favore a qualsiasi provvedimento riesca a migliorare la condizione drammatica delle nostre carceri. È altrettanto ovvio che, pensando alle condizioni in cui versano molti istituti di pena italiani, qualsiasi cosa è meglio dell’esistente. Ma non per questo è giusto che il lavoro per le persone detenute vada proposto “a qualsiasi condizione”. La persona detenuta, se vuol fare volontariato, deve poterlo fare solo per una sua scelta libera e personale, e non per accattivarsi la Magistratura di Sorveglianza che deve decidere se concederle i benefici e le opportunità previste per legge. Se lavora, deve essere retribuita come un qualsiasi lavoratore; anche perché spesso ha una famiglia da mantenere fuori dal carcere. E se alla persona detenuta viene proposta un’attività di pubblica utilità, è giusto che sia in sostituzione (almeno parziale) della pena detentiva: chi ha commesso un reato non particolarmente grave, anziché marcire in carcere, risarcisce il danno che ha arrecato alla collettività lavorando a favore della collettività stessa. Esattamente come si fa in quasi tutta Europa, e come succede già ora nel nostro paese con i lavori di pubblica utilità previsti per la guida in stato di ebbrezza. Bologna: Ipm; non denunciarono violenza sessuale su detenuto, in 3 a processo Ansa, 15 giugno 2013 Per non aver fatto rapporto su una violenza sessuale commessa nel settembre 2011 da due detenuti del carcere minorile di Bologna, ai danni di un terzo giovane anche lui ristretto in una cella del penitenziario di via del Pratello, l'ex direttore dell'istituto, Lorenzo Roccaro, e due agenti della polizia penitenziaria andranno a processo. La Procura di Bologna (pm Rossella Poggioli e Antonello Gustapane), infatti, citerà in giudizio i tre, chiedendo al tribunale una data per l'udienza. Con loro andrà a giudizio anche uno dei due responsabili della violenza sessuale, adesso ventenne, perché il 27 giugno 2012, durante il processo al tribunale dei Minori riguardante quell'episodio (conclusosi con due condanne, a quattro anni e quattro mesi e a tre anni e quattro mesi), minacciò di morte un teste, con un gesto inequivocabile. Il processo ai quattro è una parte di un'ampia inchiesta. La scorsa estate la Procura aveva inviato 35 avvisi di fine indagini per tutta una serie di presunti abusi e reati non denunciati, ad altrettanti indagati, tra cui agenti e ufficiali della polizia penitenziaria, educatori ed operatori sanitari. A gennaio 2012, dopo la scoperta dell'indagine penale, il Ministero aveva rimosso i vertici dell'istituto di pena (il direttore del carcere Lorenzo Roccaro, il direttore del Centro di giustizia minorile Giuseppe Centomani e il comandante della polizia penitenziaria Aurelio Morgillo). Avezzano (Aq): “Orfeo”, un Progetto di qualità per il reinserimento dei detenuti di Manuela Scopone www.terremarsicane.it, 15 giugno 2013 Interessati 40 detenuti nel ambizioso progetto Orfeo, che consente crescita culturale e lavoro a chi ha sbagliato. Crescita culturale, professionale e lavoro per una 40ina di detenuti, grazie al progetto “Orfeo”. L’iniziativa promossa dall’Associazione “Orfeo” (Orientamento, formazione e occupazione), in collaborazione con “FormAbruzzo” (società che si occupa di Formazione) e con diversi partner, quali l’Associazione “Ara (Associazione regionale artigiani) della Confesercenti” - Federazione Provinciale dell’Aquila, “Ali”- Agenzia per il Lavoro filiale di Avezzano, “Socialità e integrazione” onlus, “Liberi per liberare” onlus e “Sintab” (ente di formazione accreditato dalla Regione Abruzzo). Il progetto si è appena concluso con la consegna dei diplomi. Ha interessato 40 detenuti che hanno avuto modo di integrarsi, socializzare e trovare un’occupazione. Orfeo è stato seguito da 11 detenuti che hanno preso parte a un corso per “tecnico di rete Lan” di 400 ore e altri 5 che sono stati impiegati in un work experience con aziende del territorio. “Il progetto Orfeo è stato un ottimo percorso per questi detenuti che vivono anche un disagio sociale - ha spiegato Angelo Pierleoni, il presidente di FormAbruzzo - ringrazio tutti i partner che hanno dato una mano per la riuscita del corso e l’integrazione dei detenuti”. Il progetto è iniziato in autunno con i corsi all’interno del carcere. “Senza la collaborazione di tutti non saremmo riusciti ad arrivare alla realizzazione di questo progetto - ha precisato Guido Pisegna, il direttore di FormAbruzzo - ci sono stati dei problemi burocratici, ma siamo riusciti ad andare avanti anche grazie alla collaborazione con la direzione del carcere”. Gli 11 detenuti che hanno preso parte al corso oggi hanno ricevuto i diplomi, mentre i 5 che hanno optato per il work experience continuano a lavorare nelle aziende del territorio. Gli organizzatori hanno ringraziato Roberto D’Agostino, presidente degli artigiani di Confesercenti, per la ricerca dei partner e Anna Di Giamberardino, responsabile dell’area pedagogica del carcere “San Nicola” e Sara Brunetti, la responsabile del comparto sicurezza. “Sono molto soddisfatto dell’esito del progetto e del lavoro svolto - ha concluso Mario Silla, il direttore della casa circondariale - all’inizio avevamo difficoltà a pensare che si potessero ottenere questi risultati soprattutto per la realtà del nostro carcere. Dall’inizio però ho percepito questo entusiasmo che poi ha dato i suoi frutti, responsabilizzando le persone e facendole partecipare attivamente. Spero che questa collaborazione sia un punto di partenza anche per altri progetti”. Salerno: dibattito sul tema “detenuti, società e speranza”… se riformare è l’unica strada La Città di Salerno, 15 giugno 2013 L’appello dell’ergastolano Cosimo Rega al dibattito al Museo dello Sbarco. Gli interventi di Roberti, Palumbo e Casale: “Così si può imprimere la svolta”. “La mafia è cultura e va combattuta anche con la cultura”. L’ammonimento è di Cosimo Rega, ex killer della camorra, ora attore di successo, che ha recitato nel film “Cesare deve morire” diretto da Paolo e Vittorio Taviani, vincitore dell’Orso d’oro al Festival di Berlino 2012 e di cinque David di Donatello, oltre a una nomination agli Oscar. Rega è riuscito a riabilitarsi, proprio con la passione per il teatro ma, probabilmente, lui è un caso isolato, uno dei pochi che hanno cambiato radicalmente vita. È quanto emerso nel corso del dibattito “Carcere e società. La questione carceraria tra esigenze penali e istanze sociali”, che si è svolto, ieri pomeriggio, nell’auditorium del Museo dello Sbarco, al quale hanno preso parte Matteo Casale, Lucio Di Pietro, Ettore Ferrara, Massimo Palumbo, Roberto Rossi, Giovanni Tamburino, Franco Roberti, Aldo De Chiara. “Fin quando non ci sarà la coscienza - ha sottolineato Rega - che pure le carceri fanno parte integrante del territorio non cambierà nulla. E i detenuti continueranno ad essere emarginati, e le prigioni diventeranno, sempre di più, un contenitore di incattivimento, dove gli uomini perdono i sentimenti e non riescono più a comunicare”. E, allora, con la cultura e con l’istruzione si può combattere la criminalità e rieducare i carcerati che, proprio attraverso nuovi stimoli, possono pagare il loro debito con la società ritornando ad essere “persone nuove”. E un esempio si è avuto proprio ieri, con la lettura di poesie scritte da detenuti che sono state lette da Rega e dal magistrato Gabriella Passaro, in una sorta di trait d’union tra chi non rispetta la legge e, chi, invece, la deve far rispettare. Chi torna a delinquere, tuttavia, rappresenta anche una sconfitta per le istituzioni. Di questo n’è fermamente convinto il presidente del Riesame, Palumbo, il quale ha rimarcato come lo “Stato abbia un obbligo non solo giuridico ma anche etico”. E il sovraffollamento è solo uno dei problemi, probabilmente il principale, che affligge gli istituti di pena italiani, tant’è che l’Italia, dove a fronte di 45 mila 888 posti disponibili negli istituti di pena sono detenute 66 mila persone, ha un anno di tempo per adeguarsi agli standard europei. “In caso contrario - ha sottolineato il presidente della Corte d’Appello di Salerno, Casale - il Governo potrebbe trovarsi a far fronte a migliaia di richieste di risarcimento”. Di fronte a casi limite, come Poggioreale, esistono situazioni d’eccellenza, e l’esempio lampante è il carcere di Milano Bollate. “Non deve essere riformato solo il sistema penitenziario - ha precisato il Procuratore Roberti - ma bisogna anche prevedere una riforma del processo penale”. Napoli: accordo tra l’Università Federico II e il Dap, corsi in carcere per i detenuti Il Mattino, 15 giugno 2013 Anche i detenuti potranno andare all’Università. Il progetto di inclusione, che prevede appunto l’istituzione di corsi di studio presso i penitenziari, è stato presentato ieri mattina nella Sala Giunta di Palazzo San Giacomo alla presenza dell’assessore alla Scuola Annamaria Palmieri e dell’assessore alle Pari opportunità Pina Tommasielli. “Universi di libertà”, questo il nome dell’iniziativa, è stato promosso dal centro Sinapsi della Federico II, in perfetta sintonia con l’azione del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria campana ed è indirizzato alla costituzione di un centro universitario regionale che dovrà coinvolgere gli atenei campani nelle attività di formazione e di ricerca nel rispetto delle esigenze degli istituti penitenziari. Ruolo centrale sarà quello della Federico II che porterà nelle carceri i suoi corsi di studio. Basti pensare che nel progetto pilota svolto su 10 detenuti del carcere di Carinola si è notata una propensione verso la facoltà di scienze politiche con particolare attenzione al diritto amministrativo. “I detenuti che lo richiedono possono iscriversi ai corsi universitari” fa sapere Tommaso Contestabile del Dap, che incalza: “Abbiamo notato grande interesse negli ultimi anni a questi progetti da parte di molte persone che sono costrette in carcere”. Il Rettore della Federico II Massimo Marrelli sottolinea invece quanto “questa comunità debba essere supportata sempre. Questo progetto nasce per seguire i nostri studenti in carcere o quelli che dal carcere vogliono iscriversi al nostro ateneo”. L’assessore alla scuola Palmieri ricorda invece: “Come amministrazione lavoriamo per un’inclusione anche per chi si trova in uno stato di reclusione. Far sì che anche i detenuti possano esercitare il proprio diritto alla vita e alla cittadinanza”. Presenti durante la presentazione, tra gli altri, anche il vicepresidente della Regione Campania Guido Trombetti, il direttore del centro Sinapsi Paolo Valerio e il responsabile del progetto Giuseppe Ferraro della Federico II. Vasto (Ch): il carcere diventa una Casa di Lavoro, ma i sindacati non ci stanno Il Tempo, 15 giugno 2013 Sarà completata entro sei mesi la trasformazione del carcere di Vasto da casa circondariale in casa lavoro. Una trasformazione delicata, che ha portato le organizzazioni sindacali del personale di Polizia penitenziaria a proclamare lo stato di agitazione. “Per i non addetti ai lavori - precisano in una nota congiunta Sappe, Uil, Osapp, Ugl, Cgil, Cnpp e Sinappe - la trasformazione in casa lavoro sembrerebbe cosa di poco conto, se non fosse per il fatto che gli ospiti reclusi non sono più detenuti ma internati, in pratica soggetti ritenuti socialmente pericolosi. In questa fase transitoria, la struttura penitenziaria ospita sia i detenuti che gli internati, con conseguenti ed immaginabili ripercussioni sulla sicurezza e sulla vivibilità all’interno della struttura”. Le organizzazioni sindacali hanno dichiarato lo stato di agitazione del personale di Polizia penitenziata, interrompendo le relazioni sindacali con la direzione del carcere, per sollecitare urgenti provvedimenti da parte dell’amministrazione penitenziaria, affinché ponga le condizioni necessarie per la gestione degli internarti. Ieri, frattanto, della questione è stata investita l’on. Maria Amato, deputato vastese del Pd. I posti disponibili nella casa lavoro saranno 170, fino ad un massimo di 200, con la possibilità di offrire una breve permanenza a persone arrestate nel Vastese. Gli internati potranno lavorare sia all’interno della casa di reclusione che all’esterno in convenzione. Nuoro: Alessandro Bozza, l’ergastolano che a Badu e Carros ha “imparato a volare”… Sardegna Quotidiano, 15 giugno 2013 Ci sono tanti detenuti nelle strutture penitenziarie. Sono persone, spesso ce ne dimentichiamo. Vite condizionate da diversi fattori come l’ambiente sociale e culturale della comunità di origine. Esistenze talvolta senza speranza, senza alternative. Esistono situazioni dalle quali risulta impossibile districarsi senza incorrere in sanzioni senza scampo. Non è facile capire cosa c’è dentro queste persone, quali scelte hanno dovuto fare e perché. In qualcuno la detenzione ha effetti straordinari: porta a galla qualità sepolte o mai sondate. Intuizioni, maestrie, doni. È difficile restare indifferenti davanti alla creatività, ma è impossibile quando si guardano i libri-farfalla ideati e realizzati da un detenuto tarantino recluso in regime di Alta Sicurezza da oltre 20 anni e ormai da circa 10 nel carcere nuorese di Badu e Carros. Sorprendono l’idea, il progetto, la sensibilità ma soprattutto l’avere realizzato, costruendo piccole e grandi ali di cartoncino colorato, la metafora della libertà. La regalano da sempre i libri, com’è ovvio, ma ancora di più le farfalle, leggére nelle loro colorate evoluzioni. Offrono però anche un altro motivo di riflessione: sono il risultato di una profonda trasformazione. Dalla crisalide alla farfalla appunto. Non basta. Con i libri, realizzati con la collaborazione della maestra Pasquina Ledda, Alessandro Bozza si rivolge ai bambini, suoi interlocutori privilegiati. È questo lo sconcerto maggiore che provocano le sue creazioni. Il cinquantenne ergastolano, originario di Ginosa (Taranto), “nasconde” tra le ali di cartoncino colorato filastrocche, racconti, novelle per i più piccoli. Due mondi così distanti s’incontrano dunque, grazie alla fantasia. Nelle carceri sovraffollate d’Italia, dove la dignità umana è troppo spesso vilipesa e negata, dove si deve lottare per avere uno spazio e dove talvolta le manifestazioni di insofferenza arrivano a imprevedibili gesti di autolesionismo, c’è anche chi ha trovato una ragione per creare. Un esito straordinario, frutto di una grande volontà e determinazione. Alessandro Bozza era considerato un uomo spietato, ritenuto responsabile di atti inconciliabili con una natura mite e creativa. Ha vissuto a lungo da fuorilegge fino a che non è finito in carcere, per sempre. Non ha un carattere facile ma è un “uomo d’onore”. Sa mantenere la parola ma non accetta compromessi. Più volte, ritenendo di avere subito un’ingiustizia da parte dell’Istituzione, è arrivato a cucirsi la bocca per protesta. Ha perso 12 chili in poco tempo trasformandosi in un osso. Ma è capace di gesti di straordinaria generosità. Costruisce e dona giocattoli di legno alle associazioni nuoresi per contribuire alla raccolta di fondi. Recentemente poi ha salvato la vita a un gattino disabile, nutrendolo e costruendogli un carrettino per renderlo autonomo. Lo ha chiamato Fortunello e gli ha dedicato un raccontino. Alessandro Bozza ha difficoltà ad esprimersi a parole ma sa manifestare sentimenti, sensazioni e pensieri attraverso studio, lavoro e produzione di oggetti. Un risultato reso possibile dalla collaborazione tra diverse istituzioni. È una persona privata della libertà a cui di recente è stato conferito un encomio. Un riconoscimento tributatogli dalla Direttrice di Bad’e Carros Patrizia Incollu, che recentemente ha lasciato Nuoro per assumere lo stesso incarico a Sassari. Ha voluto riconoscere “i grandi miglioramenti dimostrati nel comportamento personale intramurario”. Per Alessandro Bozza una straordinaria ricompensa, per tutti noi un raro importante segnale di umanità. Maria Grazia Caligaris Presidente associazione Socialismo Diritti Riforme Francia: morte Daniele Franceschi, mamma protesta lunedì ad ambasciata Ansa, 15 giugno 2013 Cira Antignano, mamma di Daniele Franceschi il giovane viareggino morto nel carcere francese di Grasse il 25 agosto 2010, sarà lunedì di fronte all’ambasciata francese a Roma per un presidio di protesta: ad oggi la donna non ha ricevuto gli organi del figlio che aveva richiesto e non ci sono notizie relative alle ulteriori indagini che erano state svolte per fare chiarezza sulla morte del figlio. La donna sarà accompagnata da alcuni rappresentanti di Associazioni che chiedono giustizia e verità per Daniele che partiranno da Viareggio con lei, insieme all’avvocato Aldo Lasagna. Cira Antignano è in contatto anche con i genitori del’altro ragazzo italiano, Claudio Faraldi di Ventimiglia, morto anche lui in circostanze non ancora del tutto chiarite nello stesso carcere francese di Grasse dove è morto Daniele Franceschi. Francia: ostaggio in mano detenuti a prigione di Arles Ansa, 15 giugno 2013 Almeno un ostaggio è in mano a detenuti della prigione di Arles, nel sud della Francia, secondo quanto si apprende da fonti locali. Secondo le prime informazioni, si tratta di ‘un detenuto che minaccia una guardia che voleva fargli cambiare cellà. Sul posto sono arrivati gli uomini delle forze speciali GIPN. Il carcere di Arles è destinato in particolare a detenzioni lunghe. Fra i prigionieri ‘eccellentì, Yvan Colonna, accusato dell’omicidio del prefetto Erignac in Corsica. Siria: attivisti europei incontrano miliziani del Fronte di salvezza in carcere a Damasco Nova, 15 giugno 2013 Un gruppo di attivisti europei ha incontrato ieri in Siria alcuni combattenti islamici del Fronte di salvezza, vicino ad al Qaeda, detenuti in una sede dell’intelligence siriana a Damasco. Secondo quanto riporta il quotidiano “al Quds al Arabi”, la delegazione era composta da persone provenienti da cinque paesi europei (Gran Bretagna, Polonia, Belgio, Italia e Romania) ed era guidata dal parlamentare britannico Nicolas Griven. In uno scambio di opinioni con i miliziani salafiti reclusi, catturati dall’esercito regolare siriano, questi hanno sostenuto che i cristiani siriani dovrebbero pagare tasse particolari (in arabo Jizia) a causa della loro fede, secondo quanto stabilisce la sharia. I combattenti arabi ed islamici di questa formazione radicale hanno aggiunto di “essere venuti in Siria per abbattere il regime siriano apostata”.