Giustizia: nelle carceri previsto spazio di 7mq per detenuto, nelle porcilaie 6mq per maiale di Ascanio Celestini Il Fatto Quotidiano, 13 giugno 2013 Arriva l’estate e qualcuno si ricorda dei carcerati. Ci sono circa 66 mila cittadini detenuti in uno spazio nel quale sarebbero stretti in 44 mila. Secondo le normative comunitarie un detenuto dovrebbe avere a disposizione 7 metri quadrati in una cella singola. Secondo le normative comunitarie un maiale dovrebbe averne almeno 6. In molte celle i detenuti non possono scendere tutti contemporaneamente dai letti (a castello, 4 uno sull’altro) perché non c’è spazio sufficiente per stare tutti contemporaneamente in piedi. Naturale conseguenza dell’esposizione di questi numeri è: se stanno in galera.. evidentemente se lo meritano.. anzi, dovrebbero metterne dentro molti di più.. perciò.. costruiamo nuove carceri! Ma chi sono questi cattivi che stanno in carcere? 35 detenuti su 100 sono stranieri. In paesi nei quali si conosce una forte immigrazione già da molto prima che da noi le percentuali sono incredibilmente più basse. Dunque: o in Italia è in atto una manovra repressiva nei confronti degli stranieri, o siamo sfortunati perché da noi vengono solo quelli brutti e cattivi. Tra il 25 e il 30 si tratta di tossicodipendenti. Cosa vuol dire mettere un tossicodipendente in galera? Significa che se ha del denaro continuerà ad acquistare le sostanze di cui sente di aver bisogno. Se non ha denaro.. cerca di procurarselo. In alternativa elemosina psicofarmaci (che nei nostri carceri entrano a tonnellate, visto che la finalità di questa istituzione sembra essere il rincoglionimento). Oppure infila la testa in un sacchetto di plastica e sniffa dalla bomboletta del gas spaccandosi i polmoni. Chi frequenta le nostre galere sa che il problema non è semplicemente il sovrannumero. I detenuti ci dicono “chiudeteci in un metro quadrato, ma non per 22 ore al giorno”. Vorrebbero lavorare e non solo per denaro (normalmente la paga è poco più di 3 euro l’ora). Forse è anche per questo motivo che il 33 percento compie atti di autolesionismo e il 12 percento tenta il suicidio. Dal 2007 al 2011 il numero dei detenuti è cresciuto di circa il 50 per cento, anche se il bilancio per l’amministrazione penitenziaria è stato tagliato del 10 percento. Ma guardiamo i dati scorporandoli. I costi per il personale sono calati di circa il 5 per cento, quelli per gli investimenti (servizi e beni) di oltre il 30 per cento, mentre le spese per il mantenimento, l’assistenza e la rieducazione dei detenuti sono stati tagliati di oltre il 30 per cento. I dati che ci servono per vedere un po’ attraverso le mura dei penitenziari italiani sono molti, ma io ne aggiungo solo altri tre. Il 60 per cento dei detenuti che ha almeno una condanna definitiva ha un residuo di pena inferiore ai tre anni. La maggior parte di loro ha commesso piccoli reati. Infatti i reati maggiormente diffusi sono quelli contro il patrimonio e quelli previsti dal Testo Unico sugli stupefacenti. Il 40 per cento è in custodia cautelare (in paesi come Francia, Germania e Spagna le percentuali sono tra il 15 e il 20 percento) cioè sconta una pena senza aver ricevuto una condanna. Non è solo il caldo estivo che trasforma un’istituzione becera come la galera in una disumana tortura (di tortura parla la Corte europea che ci condanna e anche il presidente Napolitano che non è mai sembrato un estremista o un provocatore), è l’istituzione stessa che deve essere profondamente trasformata. Il primo passo da fare è quello di cercare di portare un po’ di legalità in questi luoghi umanizzando le leggi del nostro paese. Un insieme di associazioni ha proposto tre leggi di iniziativa popolare attraverso il sito www.3leggi.it. Si chiede di introdurre il reato di tortura nel codice penale. Si chiede di modificare la legge sulle droghe depenalizzando il consumo, diversificando tra droghe leggere e pesanti, diminuendo le pene e restituendo centralità ai servizi di sostegno. Si chiede il rispetto dei diritti dei cittadini detenuti introducendo la figura del garante nazionale, abrogando il reato di clandestinità e introducendo il “numero chiuso”, cioè il divieto di chiudere nelle nostre galere più esseri umani di quanti ce ne possono umanamente entrare. Immagino che in merito a quest’ultima proposta qualcuno può non essere d’accordo, ma se smettessimo di sbattere dentro tossicodipendenti e stranieri che commettono reati ridicoli, se incominciassimo ad utilizzare misure alternative alla detenzione come negli altri paesi... non avremmo bisogno nemmeno del numero chiuso. Le carceri diventerebbero, come è previsto dall’art. 27, un luogo dove la pena deve “tendere alla rieducazione”. E forse incominceremmo a pensare anche ad un alternativa a questa vecchia istituzione. Giustizia: in dirittura il decreto del ministro Cancellieri, obiettivo: a casa 4mila detenuti di Simona D’Alessio Italia Oggi, 13 giugno 2013 Porte del carcere pronte ad aprirsi per chi, in custodia cautelare, deve estinguere una condanna inferiore ai tre anni. Decurtazione (ulteriore) dello sconto di pena per la liberazione anticipata: scende da 45 a 60 giorni pei ogni semestre di permanenza dietro le sbarre. E, per specifiche categorie di detenuti non pericolosi, nonché per i tossicodipendenti che non si siano macchiati di gravi reati, via libera all’assegnazione “a titolo volontario all’esecuzione di progetti di pubblica utilità”. E pronto il decreto, che approderà nel Consiglio dei ministri della fine di questa settimana, con cui il Guardasigilli Annamaria Cancellieri intende sulla linea del suo predecessore Paola Severino (che aveva già stilato dei capitoli) alleviare il dramma del sovraffollamento nelle prigioni italiane: al 15 maggio, infatti, il totale dei reclusi è di 65 mila 891, di cui circa 23 mila stranieri e 18 mila 821 in eccesso rispetto alla capienza regolamentare in 206 strutture. E la Corte europea dei diritti dell’uomo ha recentemente condannato il nostro paese (dando un anno di tempo per risolvere il fenomeno), sottolineando la violazione dei diritti dei carcerati, trattenuti in spazi particolarmente angusti. Il testo si prefigge di diminuire la popolazione carceraria di 3.500-4.000 unità, secondo le prime stime (quindi, gli effetti, considerata la mole di detenuti, non sarebbero ad oggi pienamente risolutivi del problema), e punta ad alleggerire progressivamente la liberazione anticipata per coloro che daranno prova di volere partecipare ad un processo rieducativo: la riduzione del periodo, infatti, aumenta da 45 a 60 giorni per ogni sei mesi trascorsi in carcere. C’è, poi, la facoltà di “congelare” l’esecuzione della pena nei casi di detenzione domiciliare, in cui la pena non oltrepassi i 4 anni, così come si allarga il perimetro che comprende la possibilità di destinare il lavoro dei carcerati a opere utili alla collettività, prevedendo che specifiche categorie di detenuti non pericolosi possano cimentarsi in attività in base a “programmi aggiornati con frequenza semestrale e trasmessi al magistrato di sorveglianza”. Infine, quando la pena residua da scontare, computando le detrazioni per buona condotta, non superi i 3 anni, o i 6 per i reati commessi da persone dipendenti dalla droga, il pm è tenuto a trasmette gli atti al magistrato di sorveglianza, affinché provveda “senza ritardo con ordinanza” alla riduzione della pena; stesso meccanismo, si legge nel provvedimento dei tecnici di via Arenula, riguardo alla custodia cautelare, per la quale si stabilisce che il pm debba trasmettere gli atti al magistrato di sorveglianza “per la decisione sulla liberazione anticipata”. Giustizia: il piano del governo per le carceri, liberazione anticipata e più lavoro ai detenuti di Liana Milella La Repubblica, 13 giugno 2013 Napolitano e Cancellieri la considerano “una delle più gravi emergenze del Paese”, al punto da rendere necessario un decreto legge. Sulle carceri, una manovra urgente come quella che sarà approvata tra venerdì e sabato (la data è ballerina) non si ipotizzava da tempo. Ma stavolta il ministero della Giustizia è deciso a portare a casa un pacchetto che potrebbe ridurre i detenuti, tra vecchi e nuovi ingressi, di circa 3.500 - 4mila persone. Quattro punti chiave: pene alternative alle patrie galere per delitti puniti fino a 4 anni, mentre oggi il tetto si ferma a 3 anni, e per un parterre di reati più ampio rispetto a quello ristretto di oggi. Margini più ampi per il binomio liberazione anticipata e affidamento in prova (oggi bloccato a 3 anni). Ricorso più massiccio al lavoro esterno per chi, comunque, continua a vivere in carcere. Meno detenzione per il tossicodipendente che delinque. Il decreto, in queste ore, è una sorta dì “cantiere aperto”. Ne circolano più versioni. Fino all’ingresso a palazzo Chigi sono possibili modifiche. Ma un fatto è certo. Tra il Guardasigilli Anna Maria Cancellieri e il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano c’è la sintonia necessaria per utilizzare lo strumento del decreto. Del resto, la sentenza della Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo sui 3 metri obbligatori per ogni detenuto, con l’obbligo di cambiare lo stato attuale entro maggio 2014, crea le condizioni per utilizzare uno strumento urgente. Che farà discutere chi ritiene che gli autori di certi reati, come il furto in casa, non debba fruire di ulteriori agevolazioni di pena. Del resto, anche il Parlamento si muove in questa direzione. La presidente della commissione Giustizia della Camera Donatella Ferranti, d’accordo con il capogruppo del Pdl Enrico Costa, sta lavorando per ampliare la famosa “messa in prova”, istituto che consente di evitare processo e condanna per chi accetta di scontare la pena con lavori di pubblica utilità. Dal tetto dei 4 anni previsti si passerebbe ad applicarlo anche a furti aggravati e ricettazioni. Non basta. Il giudice dovrà valutare se dare gli arresti domiciliari per pene fino a 6 anni. Erano 4 anni con il dal Severino. In più un senatore, Luigi Manconi, e un deputato, Sandro Gozi, hanno presentato proposte su indulto e amnistia. Cancellieri risponde che ciò dipende dal Parlamento. Più pene alternative. Passa da 3 a 4 anni, per i condannati definitivi, il tetto della pena che consente di chiedere una misura alternativa al carcere. Già oggi, con una condanna fino a 3 anni, non si va in cella, ma si ottiene una sospensione per 30 giorni, nei quali chiedere una misura alternativa. Con il decreto, si guadagna un anno. Restano esclusi i reati gravi, ma cade l’attuale limitazione per i detenuti pericolosi e per quelli che hanno commesso più volte lo stesso delitto, i cosiddetti recidivi reiterati. Maglie più larghe anche per il tipo di crimini commessi, ad esempio potrà ottenere l’accesso al lavoro esterno al carcere chi ha fatto un furto in casa o chi ha appiccato un incendio nei boschi, ma soprattutto gli immigrati clandestini che abbiano compiuto un reato. Liberazione anticipata. È la misura più soggetta a modifiche prima di licenziare il decreto. Un’ipotesi prevede di aumentare l’attuale abbuono di un mese e mezzo ogni sei per il detenuto modello, portandolo a due mesi. In pratica, un bonus di 2 mesi ogni 6 scontati. Varrebbe per tutti i reati, anche quelli gravi, in caso di condotta meritevole. Lavoro esterno. Più ampio l’accesso al lavoro esterno al carcere dopo aver scontato un terzo della pena e 10 anni se la condanna è all’ergastolo. Droga. Agevolazioni per il tossicodipendente che commette reati non particolarmente gravi. Non entrerà in carcere, ma potrà fare lavori di pubblica utilità. Cade il limite dei reati di lieve entità e potrà fruirne anche chi ha commesso delitti più gravi. Al Cdm di sabato decreto tampone L’emendamento presentato dal governo prevede che il giudice tenga conto della gravità del reato. Guardasigilli: “Modifiche in entrata e in uscita per alleggerire la pressione sulle carceri”. Detenzione domiciliare per i delitti puniti con la reclusione fino a sei anni: è quanto prevede un emendamento presentato dal governo alla legge delega sulla messa alla prova e sulle pene detentive non carcerarie. Il testo all’esame prevedeva l’applicazione dei domiciliari per delitti punibili fino a un massimo di quattro anni. Il testo prevede che il giudice nell’applicare i domiciliari debba tenere conto dei criteri indicati nell’articolo 133 del codice penale che riguarda la gravità del reato e la sua valutazione agli effetti della pena. Al ddl sono stati presentati anche altri emendamenti da parte dei due relatori Ferranti e Costa. Il termine per i sub-emendamenti è stato fissato alla Camera in commissione Giustizia, per lunedì prossimo alle 12. Intanto la Guardasigilli, Annamaria Cancellieri, a margine della conferenza dei Prefetti, annuncia: “Al Consiglio dei ministri di sabato prossimo sarà approvato un decreto per alleggerire la pressione sulle carceri, con modifiche sia in entrata che in uscita: è un provvedimento tampone, urgente, che farà uscire non più di tre 3-4.000 detenuti”. Ieri era stata diffusa dall’Ansa una bozza del decreto carceri che verrà appunto esaminato al prossimo Cdm. Per il piano carceri, invece, ha spiegato Cancellieri, “ci vorrà un po’ di tempo. Noi dobbiamo dare una risposta all’Europa per il maggio prossimo ed io conto di varare il piano per l’autunno”. Giustizia: decreto-carceri in dirittura d’arrivo, si punta a liberare più di 3.500 posti di Sara Menafra Il Messaggero, 13 giugno 2013 Ridurre il numero di ingressi in carcere e favorire l’uscita dì chi sta scontando residui di pena abbastanza bassi, con l’obiettivo di liberare almeno 3500 posti e prepararsi alla nuova emergenza che potrebbe scoppiare con l’arrivo dell’estate. Il piano carceri a cui sta lavorando il ministro Anna Maria Cancellieri sarà pronto per il consiglio dei ministri di sabato. E si basa su alcuni meccanismi semplici: prima di tutto la liberazione anticipata per chi è in custodia cautelare con una pena residua che non superi i tre anni. E l’idea di far accedere a lavori di pubblica utilità anche i tossicodipendenti e i responsabili di reati minori, in modo da ridurre gli ingressi in carcere. Nei giorni scorsi, il ministro Cancellieri ha deciso di soprassedere sul meccanismo previsto nella prima bozza di decreto, che ipotizzava la detrazione tra di 60 giorni per ogni semestre di pena già scontato. Quando però la pena da espiare, comprese le detrazioni per buona condotta, non superi i 3 anni, o i 6 per i reati commessi da tossicodipendenti, il pm “trasmetterà gli atti al magistrato di sorveglianza” perché provveda alla riduzione della pena. E qualora il detenuto fosse in custodia cautelare, per un reato ancora non accertato, passato lo stesso tempo, il magistrato provvede alla liberazione anticipata. Per limitare il più possibile il meccanismo delle porte girevoli, quello che attualmente porta circa 20mila persone a transitare nelle galere italiane per non più di tre giorni, il ministro Cancellieri punta sull’allargamento dei lavori di pubblica utilità, il cosiddetto affidamento in prova. L’idea, già elaborata dall’ex ministro Paola Severino e presente in un disegno di legge che a fine mese arriverà in aula, è che i detenuti non pericolosi possano essere assegnati “a titolo volontario all’esecuzione di progetti di pubblica utilità” in base a programmi “aggiornati con frequenza semestrale e trasmessi al magistrato di sorveglianza”. Slitta, invece, l’ipotesi di riaprire vecchie carceri oggi in disuso per aumentare la capienza complessiva. Il progetto, che toccava anche l’antico istituto di Pianosa, sarà affidato ad un piano di edilizia penitenziaria. Inevitabile, visto che i detenuti sono oggi almeno 20mila in più rispetto ai posti letto disponibili. Giustizia: sconti di pena e impieghi socialmente utili per svuotare le carceri di Francesco Grignetti La Stampa, 13 giugno 2013 Alle prese con un sovraffollamento feroce nelle carceri, il ministro Annamaria Cancellieri ieri a “La Stampa” ha annunciato un decreto per alleggerire la situazione e far uscire almeno 4000 detenuti. Meno persone in cella e più domiciliari. Per arrivare all’obiettivo si pensa a un mosaico di misure, magari piccole in sé, alcune tese a favorire le uscite, altre a frenare gli ingressi, ma tutte finalizzate a deflazionare l’affollamento. La principale novità è l’aumento dello sconto di pena per ogni semestre scontato con buona condotta in cella: si passa da uno sconto di pena di 45 giorni a 60. Il premio per la buona condotta potrebbe anche aiutare a riportare serenità nei penitenziari, dove le risse tra detenuti e le aggressioni agli agenti della polizia penitenziaria sono all’ordine del giorno. Nei sei articoli di cui sarà composto il decreto si tenta anche di smontare il diabolico intreccio tra ex Cirielli e Pacchetto Sicurezza. Il centrodestra negli anni scorsi, infatti, aveva molto irrigidito le possibilità di interpretazione da parte dei magistrati. L’intento, all’opposto di oggi, era di tenere dentro più gente possibile. E così è divenuto impossibile beneficiare dei domiciliari se si è recidivi, oppure c’è l’obbligo di custodia cautelare per molti reati equiparati alla mafia, infine è quasi impossibile finire nelle comunità terapeutiche per i tossicodipendenti. Un meccanismo suggerito dagli addetti ai lavori, condensato in un documento del Csm del dicembre scorso, guarda caso curato dal giurista Glauco Giostra che è divenuto in questi giorni consigliere anche del ministro Guardasigilli, riguarda i magistrati di sorveglianza. Prevede che quando la pena residua da espiare, computando le detrazioni per buona condotta, non superi i 3 anni (6 per i reati commessi da tossicodipendenti), il pm “trasmette gli atti al magistrato di sorveglianza perché provveda senza ritardo con ordinanza” alla riduzione della pena. Quando questo stesso quadro riguardi la custodia cautelare, si prevede che il pm “trasmette gli atti al magistrato di sorveglianza per la decisione sulla liberazione anticipata”. Inoltre, scatta la possibilità di sospendere l’esecuzione della pena nei casi di detenzione domiciliare in cui la pena non superi i 4 anni. E sempre domiciliari per gli ultrasettantenni, senza più le limitazioni attuali, qualora cioè sia stato dichiarato “delinquente abituale”. Più complesso il “disboscamento” delle norme che precludono in un’infinità di casi il ricorso ai domiciliari e altri benefici penitenziari. Poco noto, ad esempio, è il divieto di concedere una misura alternativa a chi s’è visto revocare i domiciliari. Cambiano, infine, anche le norme sul lavoro esterno dei carcerati: è ampliata la possibilità di estendere l’assegnazione di detenuti ad attività in favore della collettività, prevedendo che specifiche categorie di detenuti non pericolosi possano “essere assegnati a titolo volontario all’esecuzione di progetti di pubblica utilità”, in base a “programmi aggiornati con frequenza semestrale e trasmessi al magistrato di sorveglianza”. E si allargano le ipotesi di lavoro di pubblica utilità prevista per detenuti tossicodipendenti, ad eccezione di coloro condannati per i reati più gravi. Il primo assaggio si vedrà con l’Expo di Milano: si prevede che centinaia di detenuti, ovviamente quelli la scarsa pericolosità sociale, ogni giorno possano lavorare con i più diversi incarichi. La Cancellieri, come detto, auspica un decreto per vedere presto i risultati. Con lei c’è il Pd. Dice Sandro Favi, responsabile Carceri: “Con le sue proposte si attiva un percorso, che il Pd condivide, per affrontare alla radice le distorsioni di sistema che generano inaccettabili condizioni di degrado delle nostre carceri” I Radicali insistono invece nel chiedere l’amnistia. “Il decreto è un bidone. Abbiamo già avuto lo svuota carceri ma il problema è innanzitutto la giustizia”, commenta Marco Pannella. Giustizia: le misure alternative si ampliano, sì dei partiti al piano Cancellieri di Francesco Grignetti La Stampa, 13 giugno 2013 Presentata la bozza del decreto del governo. In settimana il Cdm. Sì dei partiti al piano Cancellieri. Al ministero della Giustizia si lavora per mettere a punto un decreto sull’emergenza carceri che dovrebbe vedere la luce in Consiglio dei ministri alla fine di questa settimana. Il lavoro è ancora in corso per definire le misure più idonee. In base a una bozza del provvedimento sono diversi i piani su cui si starebbe lavorando: liberazione anticipata per i soggetti in custodia cautelare con pena residua non oltre i 3 anni; pena sospesa per i casi di detenzione domiciliare in cui la pena anche residua non superi 4 anni; allargamento delle ipotesi di lavoro di pubblica utilità per i detenuti tossicodipendenti. Va detto che il testo è ancora in fase di elaborazione e lo stesso ministero ha fatto sapere che la bozza è da considerarsi superata. In ogni caso il provvedimento allo studio mirerebbe, attraverso meccanismi in entrata e in uscita, a ridurre la popolazione carceraria di 3.500-4.000 persone. E a dare una prima risposta, quindi, a un problema indicato dal ministro Cancellieri fin dai primi giorni del suo insediamento come assoluta priorità. Il ministero starebbe lavorando ad un provvedimento agile, un pacchetto-tampone che agirebbe apportando modifiche e aggiunte a diverse norme: l’art. 656 del codice di procedura penale sull’esecuzione delle pene detentive (con ricadute anche sulle disposizioni sulla detenzione domiciliare); la legge sul lavoro all’esterno dei detenuti; il testo unico sulla droga nella parte relativa alla repressione degli illeciti. Tra le possibili misure anche quella che prevede che il pm - quando la pena residua, computando le detrazioni per buona condotta, non superi i 3 anni, o i 6 per i reati commessi da tossicodipendenti - “trasmette gli atti al magistrato di sorveglianza” perché provveda “senza ritardo con ordinanza” alla riduzione della pena. Quando questo stesso quadro riguardi la custodia cautelare, si prevede che il pm “trasmette gli atti al magistrato di sorveglianza per la decisione sulla liberazione anticipata”. Inoltre, potrebbe scattare la possibilità di sospendere l’esecuzione nei casi di detenzione domiciliare in cui la pena non superi i 4 anni. Allo studio ci sarebbe anche l’ampliamento della possibilità di applicare i detenuti ad attività in favore della collettività prevedendo che specifiche categorie di reclusi non pericolosi “possono essere assegnati a titolo volontario all’esecuzione di progetti di pubblica utilità”, in base a “programmi aggiornati con frequenza semestrale e trasmessi al magistrato di sorveglianza”. E si allargano le ipotesi di lavoro di pubblica utilità prevista per detenuti tossicodipendenti, ad eccezione di coloro condannati per i reati più gravi. Nei 206 penitenziari italiani ci sono circa 66mila detenuti contro una capienza regolamentare di 47.000 e in molti casi gli spazi sono sotto la soglia minima. Un’emergenza che ha bisogno di misure urgenti per riportare la situazione dentro gli standard internazionali entro maggio 2014, quando scade il termine per adeguarsi imposto dalla Corte di Strasburgo che a gennaio ha condannato l’Italia. Giustizia: Pagano (Dap); presto migliaia di nuovi posti, ma va cambiata anche la Cirielli di Alberto Custodero La Repubblica, 13 giugno 2013 “Il governo deve intervenire sulla legge ex Cirielli, che impedisce in caso di recidiva il ricorso alle misure alternative”. “Questa misura - spiega Luigi Pagano, vicedirettore del Dap e per molti anni direttore del carcere di San Vittore - insieme a buone idee e a un ammodernamento del circuito carcerario, può finalmente offrire una soluzione con-creta alla annosa questione del sovraffollamento”. Dottor Pagano, cosa state facendo per rendere meno disumane le condizioni di vita dietro le sbarre? “Stanno per aprire migliaia di nuovi posti. E nel contempo si ampliano gli spazi nelle prigioni che consentono ai carcerati di vivere in condizioni più umane”. Si parla da anni di nuovi posti, ma non si vedono mai inaugurazioni. Può fare qualche esempio? “Fra breve apriranno nuove strutture a Sassari e Cagliari. A Oristano e Tempio Pausania, sono già state aperte, poi apriranno a Voghera, Pavia e Cremona per un totale di 700 posti in Lombardia. Sono in corso ristrutturazione duerepartiaSanVittoreperaltri600posti.Tra la fine di giugno e i primi di luglio saranno inaugurate nuove strutture a Reggio Calabria per altri 300 posti. Nuove strutture anche a Modena, nel Casertano per 200 posti, e poi a Catanzaro, 200 posti”. A cosa si riferisce quando parla di buone idee? “Mandare un centinaio di detenuti a lavorare a Pianosa, ad esempio. Attenzione, non si tratta di riaprire il carcere dell’isola toscana, ma di creare là attività lavorative di recupero”. Cosa è previsto per il recupero sociale del carcerato, obiettivo previsto dalla Costituzione? “L’intervento legislativo del governo deve aumentare il ricorso delle misure alternative. Si tratta sempre di “punizioni”, ma alternative alla cella, che consentono tra l’altro di offrire maggiore sicurezza alla società”. In che senso? “Le statistiche ci insegnano che tra quelli che escono dalla prigione, la recidiva è ottanta volte inferiore tra chi ha seguito percorsi di messa in prova e di misure alternative. Bisogna armonizzare tutti gli interventi. Interventi legislativi che incidano sugli ingressi in carcere, riducendoli. Nello stesso tempo si aumentano gli spazi nelle prigioni per far sì che i detenuti in cella si rechino solo per dormire. Infine, occorre coinvolgere imprenditori esterni, enti locali e società civile per reinserire i detenuti in un circuito lavorativo. Solo così le misure del governo potranno risolvere il problema del sovraffollamento”. Giustizia: Bernardini (Ri); correggere decreto Severino non serve, siamo fuori dall’Europa di Eleonora Martini Il Manifesto, 13 giugno 2013 "Ecco, siamo alle solite”. L’ex deputata Radicale Rita Bernardini - “santa Rita delle carceri”, per i 65.831 detenuti a fine marzo nelle illegali celle italiane - non trattiene un moto di sdegno: “Inizio a non avere più alcuna fiducia nella giustizia italiana”. Nemmeno il governo delle larghe intese ci salva dal “gioco delle tre carte”. Dopo la costernazione per la condizione in cui giace il sistema giudiziario italiano, dopo le lacrime versate ogni giorno in televisione dal ministro Severino sulla “inammissibile” situazione carceraria, ora si ricomincia tutto da capo. Con la Guardasigilli Annamaria Cancellieri che annuncia un altro decreto legge “svuota carceri” ottenuto correggendo il già insabbiato decreto Severino: per un certo tipo di reati “lievi” - secondo le prime indiscrezioni - il provvedimento che verrà presentato domani in Cdm prevede sconti di pena maggiorata (da 45 a 60 giorni ogni semestre scontato), la liberazione anticipata sotto i tre anni di pena residua (6 per i tossicodipendenti), nuove norme sul lavoro esterno dei detenuti e in particolare sui lavori di pubblica utilità per i tossicodipendenti. In vista dell’estate e consapevole che la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha dato tempo fino a maggio 2014 per risolvere il problema del sovraffollamento carcerarlo, il ministro Cancellieri torna sui passi di chi l’ha preceduta hi via Arenula. Prevedendo di liberare a breve 3-4 mila detenuti. Cosa ne pensa? Luci e ombre: sullo sconto di pena maggiorato a 60 giorni sono talmente d’accordo da averlo proposto io per prima. Il vero problema però è che non si può fare una politica seria se non si ha il coraggio di rendere pubblici i dati giusti. Ora non posso più fare interrogazioni parlamentari ma vorrei sapere se la ministra sa quanti sono attualmente i posti veri nelle carceri: sul sito del ministero della Giustizia è scritto ancora che sono 47.045 ma furbescamente, dopo le mie proteste, è stato aggiunto un asterisco che avvisa di “scostamenti temporanei dal valore indicato” dovuti a “eventuali situazioni transitorie”. E lo stesso Dap ammette che in questo numero sono comprese anche le celle in ristrutturazione. La verità è che i posti non arrivano a 40 mila, a meno di considerare regolamentari anche i materassi gettati a terra. E allora, se ci sono 30 mila detenuti in più, come pensa il governo di risolvere subito senza passare per l’amnistia e l’indulto? Questi sono provvedimenti che riguardano il Parlamento, dice Cancellieri che annuncia entro tre anni e mezzo altri 11 mila posti ottenuti costruendo nuove carceri “leggere”, cioè poco costose, e recuperando edifici demaniali… L’ex prefetto forse non ha la consapevolezza o tollera fin troppo che l’Italia continua a praticare trattamenti inumani e degradanti nelle carceri. Il governo precedente, facendoci fare una figuraccia da delinquenti abituali, ha usato ogni mezzuccio per spostare da gennaio a maggio 2014 il termine ultimo imposto da Strasburgo. Adesso non si vuole tenere conto dei procedimenti penali pendenti che stanno aumentando al ritmo di 2,5% all’anno, secondo i dati della ministro Severino. E ora sono arrivati a 5 milioni e 300 mila, con altrettanti nel civile, anche se Cancellieri in audizione al Senato ha ridotto questo numero a 1,6 milioni, non considerando i procedimenti a carico di ignoti e quelli su cui non si è ancora aperto il dibattimento. Con questi ritmi è inutile pensare di costruire altre carceri. Un problema che nemmeno il governo delle larghe intese riesce a risolvere... Le larghe intese a quanto pare non tengono sui diritti umani fondamentali. A mio avviso si sta cercando solo di gettare un po’ di fumo negli occhi dell’Europa. Adesso ricomincerà la sceneggiata con la Lega che ha già presentato 172 emendamenti sul decreto Severino, e nel gioco delle parti si andrà al ribasso rispetto alle promesse iniziali. Ma nelle carceri c’è gente che muore: negli ultimi dieci giorni, in uno dei migliori carceri, Rebibbia, sono morte 4 persone compresa un’infermiera. Strasburgo considera la reclusione con meno di 3 metri quadri a testa una tortura. La presidente della Camera, Laura Boldrini incontrando Ilaria Cucchi ha fatto un appello per introdurre subito il reato di tortura... qualcosa si muoverà? Vediamo. Per dare una corsia preferenziale alla legge, il Parlamento potrebbe attribuire l’esame dei provvedimenti in commissione in sede legislativa. A parole il 100% dei parlamentari è contrario alla tortura ma poi non ne disdegnano gli strumenti, come una certa applicazione del 41 bis. Il 41 bis non si tocca, ha detto la ministra. E sull’ergastolo “vanno sentite le vittime”... Sembra quasi che dobbiamo ripartire dai fondamenti, anche della nostra Costituzione. Perché in Italia non c’è solo l’ergastolo ma anche l’ergastolo ostativo. E la risposta arriva un po’ da tutta Europa dove l’ergastolo non c’è più. Ci son voluti 7 anni perché la legge Fini-Giovanardi - che produce il 33% dei detenuti - arrivasse al vaglio della Consulta. Ma sulla questione delle tossicodipendenze siamo ancora lontani dalla soluzione. Era ora che la Corte costituzionale si interessasse a quella legge… I Radicali hanno già depositato nelle scorse legislature progetti di legge per di legalizzazione delle sostanze “leggere”, oltre ad altre modifiche della 49/2006. Ora proponiamo un referendum per decarcerizzare i reati di lieve entità legati agli stupefacenti, quelli del comma 5 dell’articolo 73, che prevedono la pena massima fino a 6 anni. Il grosso equivoco sta nelle misure alternative che si applicano solo a persone accusate di reati con pena edittale massima fino a 4 anni. Reati per cui in carcere non si va mai. Mentre invece un fatto lieve per la Fini-Giovanardi ha una pena edittale massima fino a 6 anni e quindi non rientra nei reati per i quali si può accedere alle pene alternative previste nel decreto Severino, ora riproposto. È uno dei referendum di iniziativa Radicale per i quali è prevista una vostra iniziativa domenica a Roma. Di cosa si tratta? È il lancio di 12 referendum: sei sulla riforma della giustizia, e gli altri sull’immigrazione, sul divorzio breve, contro il finanziamento pubblico dei partiti e sulla revisione dell’8 per mille. Vogliamo che gli italiani si esprimano sulla separazione delle carriere, sulla responsabilità civile dei magistrati, sull’ergastolo, la custodia cautelare in carcere, la decarcerizzazione dei reati di droga di lieve entità, e sui magistrati fuori ruolo. A proposito: la ministra Cancellieri ha trasferito dal ministero degli Interni due suoi collaboratori autorizzati dal Csm a proseguire il fuori ruolo anche dopo i dieci anni già trascorsi e che sarebbero il limite massimo. Perché in questi anni si è dimostrato che né parlamento né governo hanno voluto risolvere i problemi della giustizia. Riprendiamo la lotta non violenta e referendaria perché l’Italia torni ad essere un paese democratico. Giustizia: cancellare l’ergastolo non è un tabù di Roberto Speranza (Presidente deputati Pd) La Stampa, 13 giugno 2013 Parlare di carcere e di pene significa parlare della società in cui viviamo e ancora di più di quella in cui vorremmo vivere. Mi hanno colpito le testimonianze riportate su queste pagine, nell’inchiesta di Michele Brambilla. L’ergastolo “ostativo”, il “fine pena: mai”, l’impossibilità per chi subisce questa condanna di coltivare la speranza, vale a dire il sentimento che forse più di ogni altro permette all’umanità e ai suoi singoli componenti di andare avanti, di proseguire il cammino. Sono andato con la mente alla nostra Costituzione, lì dove dice che le pene devono essere tese alla rieducazione del condannato. Ho pensato ai protagonisti di quel bellissimo film dei fratelli Taviani, “Cesare deve morire”, e al fatto che la giustizia non può mai, in nessun caso, scivolare nella vendetta. Ho ritrovato alcune parole di Aldo Moro, che un paio d’anni prima di essere sottratto alla vita e alla politica dai suoi carnefici spiegava ai suoi studenti che la pena dell’ergastolo “priva com’è di qualsiasi speranza, di qualsiasi prospettiva, di qualsiasi sollecitazione al pentimento e al ritrovamento del soggetto, appare crudele e disumana non meno di quanto lo sia la pena di morte”. Sì, credo davvero sia giunto il tempo di affrontare con serenità e saggezza una questione che non ha colore politico, perché riguarda il grado di civiltà che il nostro Paese vuole raggiungere. Giustizia: Sappe; decreto governo non risolverà problemi, serve una riforma strutturale Adnkronos, 13 giugno 2013 “L’emergenza carceri è sotto gli occhi di tutti e servono strategie di intervento concrete. Non crediamo che l’annunciato decreto legge che il Consiglio dei Ministri approverà sabato risolverà i problemi”. È l’opinione espressa da Donato Capece, segretario generale del Sappe, Sindacato autonomo di polizia penitenziaria. “Non è facendo uscire 3/4mila persone che tutto si risolve: oggi sono detenute 66mila persone per 40mila posti letto reali - ricorda Capece. Quel che serve sono vere riforme strutturali sull’esecuzione della pena: riforme che non vennero fatte con l’indulto del 2006, che si rilevò un provvedimento tampone inefficace a risolvere i problemi”. Il Sappe elenca poi gli interventi auspicati: “si deve potenziare maggiormente il ricorso alle misure alternative alla detenzione, espellere i detenuti stranieri e favorire nuovi circuiti penitenziari, che ad esempio permettano ai tantissimi tossicodipendenti oggi in cella di espiare la pena nelle comunità di recupero controllati dalla Polizia Penitenziaria”. La classe politica, ammonisce Capece, “rifletta seriamente sulle parole del Capo dello Stato e intervenga con urgenza per deflazionare il sistema carcere del Paese, che altrimenti rischia ogni giorno di più di implodere. Torniamo a sollecitare l’adozione di riforme strutturali, che depenalizzino i reati minori e potenzino maggiormente il ricorso all’area penale esterna, limitando la restrizione in carcere solo nei casi indispensabili e necessari. Non è facendo uscire 3/4mila persone dalle carceri che si risolvono i problemi penitenziari”. Ferranti (Pd): emendamenti? sforzo per rendere efficace provvedimento “Gli emendamenti messi a punto dai relatori e dal Governo valorizzano lo spirito del provvedimento che è quello di incidere sulla situazione emergenziale delle carceri e di diminuire il carico dei procedimenti penali, trovando un equilibrio tra la funzione rieducativa della pena, la sicurezza dei cittadini e la tutela delle vittime del reato”. Così il presidente della Commissione giustizia della Camera Donatella Ferranti commenta l’emendamento presentato dal ministro della giustizia Annamaria Cancellieri alla legge delega sulla messa alla prova e sulle pene detentive non carcerarie. Rainieri (Lega): il Governo “premia” i delinquenti peggiori “Ancora una volta siamo davanti a scelte incomprensibili. Il governo e la strana maggioranza che lo sostiene hanno deciso di premiare i delinquenti peggiori, quelli con condanne fino ai sei anni, con la detenzione domiciliare. Il motivo? Non ci sarebbe spazio nelle carceri. Una follia”. Lo denuncia Fabio Rainieri, segretario nazionale della Lega Nord Emilia. “Se non c’è spazio nelle carceri italiane - ha detto Rainieri - se ne costruiscano di nuove o, come chiede la Lega da tempo, si facciano scontare ai detenuti stranieri le pene nel proprio Paese d’origine”. “Con il decreto Cancellieri - ha aggiunto il numero uno del Carroccio emiliano - usciranno di prigione quattromila detenuti. In un emendamento del governo alla legge sulle pene alternative al carcere è prevista, infatti, la detenzione domiciliare per i delitti con pena fino a sei anni. Parliamo di reati gravissimi. Nei fatti, governo e maggioranza invitano i criminali a delinquere fornendogli la garanzia che non finiranno in carcere. Una vergogna alla quale la Lega dice un “no” chiaro”. Molteni (Ln): governo invita criminali a delinquere “Invece di costruire nuove carceri e far scontare ai detenuti stranieri la pena nel proprio paese d’origine, il governo e la maggioranza hanno scelto di liberare i delinquenti dalle carceri”. Lo dichiara il capogruppo della Lega Nord in commissione Giustizia alla Camera, Nicola Molteni. “Con il decreto Cancellieri usciranno di prigione quattromila detenuti e in un emendamento del governo alla legge sulle pene alternative al carcere è prevista la detenzione domiciliare per i delitti con pena fino a sei anni. Ovvero per reati gravissimi come il furto in abitazione e quello con strappo, la truffa aggravata, la ricettazione, i maltrattamenti sui bambini, la rissa e molti altri. In pratica il governo e la maggioranza invitano i criminali a delinquere fornendogli la garanzia che non finiranno in carcere. Si tratta di una legge indegna e vergognosa a cui la Lega Nord si opporrà per garantire la certezza della pena e la sicurezza dei cittadini”. Clemenza e Dignità: urgenza e gravità richiedono decreto pesante “In considerazione del fatto che sono anni che si discute in via mediatica e parlamentare di carceri e di riforme, senza giungere mai a qualcosa di veramente risolutivo e concreto, ed in considerazione della drammatica urgenza della situazione dei nostri penitenziari, che non consente ormai delle ulteriori e minime dilazioni, ritengo che corrisponda ad un principio di buon senso, non solo l’azione mediante decreto legge, ma anche e soprattutto l’inserimento all’interno di un decreto, di tutto ciò che possa favorire una reale civilizzazione delle nostre carceri, comprese, quindi, eventuali opere di aggiustamento e di riforma sotto il profilo penale e processuale penale”. È quanto afferma in una nota Giuseppe Maria Meloni dell’associazione Clemenza e Dignità. Giustizia: la Toscana chiede di inserire reato di tortura nel codice penale Adnkronos, 13 giugno 2013 Consiglio e Giunta regionale della Toscana dovranno farsi promotori presso il Parlamento ed il Governo, affinché venga predisposto e rapidamente approvato un disegno di legge per introdurre il reato di tortura all’interno del Codice penale, così come ci chiede da tempo la comunità internazionale ed impone la Convenzione Onu sottoscritta dall’Italia nel 1989. È quanto prevede una mozione del gruppo Idv, approvata a maggioranza dall’Assemblea toscana. I gruppi Pdl e Più Toscana hanno votato contro. Astenuto l’Udc. Nel testo si rileva che la tortura è severamente proibita dal diritto internazionale ed il divieto di trattamenti inumani e degradanti è oggetto di Convenzioni internazionali alle quali lo stato italiano ha aderito, quali la Convenzione europea per i diritti dell’uomo e la Convenzione contro la tortura sottoscritta dall’Italia nel 1989. La traduzione normativa di questi impegni risulta però insufficiente: l’Italia è infatti tra i 21 stati su 81 priva di un proprio national preventative mechanism, ossia un meccanismo preventivo a tutela dei cittadini privati della libertà. “La mancata previsione del reato di tortura all’interno del nostro codice penale rappresenta un vulnus inaccettabile per l’ordinamento legislativo costituzionale - ha sottolineato Marco Manneschi illustrando il testo. L’abolizione della pena di morte come primo stato al mondo, il 30 novembre 1786, da parte del Granducato di Toscana sta a testimoniare che il nostro territorio ed i suoi abitanti sono storicamente e culturalmente a favore della tutela dei diritti umani fondamentali e contrari ad ogni forma di violenza a danno degli individu”. Nel testo approvato si fa riferimento al fatto che ‘le cronache degli ultimi anni narrano sempre più frequentemente di episodi di violenza, che hanno coinvolto anche appartenenti alle Forze dell’Ordine”. Si afferma, inoltre, che “purtroppo vi sono stati appartenenti alle Forze dell’Ordine che in situazioni particolari hanno dimostrato di non conoscere i doveri ed i poteri di uno stato democratico, lasciandosi andare a comportamenti abnormi”. Una formulazione alla quale si è giunti al termine di un lungo dibattito, oggetto di specifici emendamenti da parte dei proponenti, che però non ha convinto del tutto. Non condivisibile, secondo il capogruppo del Pdl, Alberto Magnolfi il “giudizio liquidatorio e pesante su fenomeni riferiti alle forze dell’ordine che sarebbero in aumento. Tutte le obiezioni sollevate restano in piedi”, ha osservato Magnolfi. È stato il riferimento esplicito del testo iniziale a comportamenti specifici delle Forze dell’ordine ad animare il dibattito. I casi della scuola Diaz durante il G8 di Genova, della caserma di Bolzaneto, la morte in carcere di Stefano Cucchi, la vicenda del diciottenne Marco Aldovrandi nel 2005 a Ferrara hanno infatti suscitato la reazione dei gruppi di opposizione. “È una mozione ideologica, sbagliata, pericolosa, ha affermato Giovanni Donzelli (FdI). Ha un senso solo il riferimento alla Convenzione sulla tortura. Sto dalla parte delle forze dell’ordine”. “Non si può negare l’esistenza del problema - ha replicato Mauro Romanelli (gruppo Misto) - Solo affrontandolo tuteliamo l’onorabilità della stragrande maggioranza delle forze di polizia”. “Il tema è l’introduzione del reato di tortura nel nostro ordinamento - ha osservato Enzo Brogi (Pd). Il Consiglio regionale, attraverso la commissione Affari istituzionali, può farsi carico di una proposta di legge al Parlamento. Ci sono state condanne per quanto successo alla scuola Diaz. I reati sono già perseguibili - ha osservato Antonio Gambetta Vianna (Più Toscana) - L’introduzione del reato di tortura dovrebbe vedere come primo condannato lo Stato italiano per la situazione delle carceri”. “Non si può fare di tutta l’erba un fascio. Si rischia di dare un’immagine sbagliata di chi ha il compito di far rispettare le leggi - ha affermato Nicola Nascosti (Pdl). Il Consiglio farebbe bene ad istituire una commissione d’inchiesta sul sistema penitenziario toscano”. “C’è troppa emotività. Sono norme a salvaguardia dell’individuo rispetto alle prevaricazioni dello Stato - ha sottolineato Marco Taradash (Pdl) - Sono norme specifiche, che si applicano a rappresentanti dello Stato che agiscono contro cittadini a loro affidati”. Consenso sulla mozione è stato espresso da Rudi Russo (Centro democratico), sottolineando la necessità di introdurre nel nostro ordinamento una fattispecie di reato specifica. ‘Ci sono troppe venature ideologiche - ha rilevato Simone Naldoni (Pd). Si tratta di aumentare le garanzie democratiche di ognuno di noi”. “Sincero apprezzamento verso un’iniziativa di civiltà” è stato manifestato da Monica Sgherri (Fed. Sin. - Verdi), mentre secondo Gian Luca Lazzeri (Più Toscana) il testo fa confusione fra ipotesi di reato molto diverse, la tortura da un lato e la violenza dall’altro. Perplessità sulla parte introduttiva sono state sollevate anche da Alberto Magnolfi (Pdl). “C’è una tortura anche psicologica - ha osservato - Ad esempio nell’uso della carcerazione preventiva per estorcere confessioni da parte di alcuni pubblici ministeri”. Un invito a rivedere il testo, che “appare ostile alle forze dell’ordine” è stato fatto anche da Giuseppe Del Carlo (Udc). “Non siamo legislatori nazionali - ha rilevato Marta Gazzarri (Idv). Vogliamo che il problema venga affrontato, visto che siamo inadempienti, anche a tutela delle Forze dell’ordine”. È stato, infine, Marco Manneschi ad illustrare gli emendamenti, che hanno tolto dal testo iniziale i riferimenti puntuali a casi specifici. Lettere: ricordo di Ada Palmonella, psicologa del servizio “Nuovi giunti” di Regina Coeli di Stefano Sambiase Ristretti Orizzonti, 13 giugno 2013 È già un mese che Ada Palmonella è scomparsa. In un attimo: improvvisamente. Durante una banale visita medica il cuore si è arreso. Quello stesso cuore che non ha mai abbandonato nessuno, che si è fatto sempre carico di innumerevoli problemi nel tentativo di risolverli, che ha sempre dato qualcosa a tutti si è fermato per sempre. Domani - 14 giugno - il Cappellano della Casa Circondariale di Regina Coeli, padre Vittorio Trani, ha voluto celebrare una messa in suo ricordo che si svolgerà, alle 9,30, nella chiesa di San Giacomo in via della Lungara 141, a pochi passi dall’Istituto penitenziario dove Ada Palmonella ha lavorato per oltre vent’anni dando tutta se stessa, battendosi per tutti quei diritti a tutt’oggi inesistenti nelle carceri italiane. Diritti soprattutto umani che nessun governo ha voluto risolvere. Una battaglia continua, in prima persona, nonostante la scarsa considerazione delle cosiddette “autorità competenti”, la completa dedizione ai problemi dei detenuti, l’esiguo numero di ore di lavoro (pressoché inutili per svolgere degnamente il delicato lavoro di psicologo carcerario), il compenso orario più vicino a quello di una collaboratrice domestica che a quello di “liberi professionisti” come il Ministero di Giustizia si ostina ancora a definirli. Chi legge queste pagine ricorderà sicuramente Ada Palmonella e le sue battaglie. La psicologa del servizio “Nuovi giunti” di Regina Coeli che sottolineava come le leggi stabiliscono le misure delle stalle per i maiali e il loro numero e puniscono chi non le rispetta. Ma per l’Uomo - che comunque ha sempre la U maiuscola - il Ministero di Giustizia non fa certo giustizia: in nessun senso. Basti pensare che proprio il Ministero di Giustizia non rispetta la Giustizia. Un paradosso: proprio Ada Palmonella aveva vinto una causa contro il Ministero ma la sentenza del giudice non è stata mai applicata. La risposta ministeriale? Praticamente : “Fammi causa”. Io ho avuto la grande fortuna e il privilegio di vivere accanto a Ada per oltre trent’anni ma non voglio aggiungere altro. Chi l’ha conosciuta non ha bisogno di altre parole. Voglio soltanto riportare quanto mi ha scritto il suo collega di Regina Coeli Massimo Di Gregorio: “Ada è stata un’amica, una collega, una combattente. Quello che lei ha fatto non sarà invano ma ci darà più forza. Per noi è un simbolo. È stata una donna unica e irripetibile”. Grazie. Continuate. In tal modo la sua battaglia e la sua vita continuano. Lettere: carcere di Belluno invivibile, noi stipati in una cella Notizie Radicali, 13 giugno 2013 La lettera arriva dalla cella numero 103 del carcere di Belluno. A scrivere è Corrado De Pellegrin, 50 anni, friulano di Sequals, detenuto per una violenta lite avvenuta nel 2011. Un foglio e mezzo, scritto fitto fitto in stampatello, gli è servito per descrivere le condizioni di vita nella stanza che divide con altre cinque persone. La sua lettera, inviata al Gazzettino, è firmata anche dai compagni di cella e apre l’ennesimo scorcio sul sovraffollamento delle carceri già condannato dalla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo, alla quale De Pellegrin qualche mese fa si è rivolto denunciando le condizioni di emergenza e invivibilità del carcere di Pordenone. “Qui a Belluno - scrive - la situazione è ancora peggiore. “Siamo in sei persone - comincia la lettera - con letti a castello 2 x 3 (parlano di mettere la terza branda). L’igiene è pessima... Le pareti nere di muffa... Le misure della cella sono 4 x 4,50 circa, con bagno di 1 x 1,50 con turca e mini lavandino, il tutto condito con muffa e Dio sa cos’altro. Dimenticavo, si può andare in bagno, ma bisogna ricordarsi che dalle 7.30 alle 8.30 non c’è acqua e in più la porta non si chiude”. Si lamenta perché lo scorso agosto non hanno dato il permesso di un’ora in più di “aria ministeriale, cioè dovuta per legge”. “Io sono qui dal 20 agosto 2012 - scrive - e sono uscito solo tre volte nell’area adibita ad aria”. Si lamenta per l’igiene nelle docce, per il fatto che non si possono acquistare rasoi economici, ma solo una marca costosa (“E chi non ha soldi? Barbone”). C’è poi la questione dei corsi di istruzione. Ci sono, ma secondo i sei detenuti della cella 103 non sono completi. Se le lezioni teoriche vengono tenute senza problemi, quelle pratiche non sarebbero supportate da adeguati fondi (alla lettera allegano anche il prospetto dei corsi di primo soccorso, antincendio, organizzazione aziendale e “professione artigiano”). I sei detenuti ricordano anche il dramma di un compagno suicida. “Sono stati i detenuti - scrivono - a staccare il corpo senza vita e portarlo in infermeria dal dottore per confermare il decesso”. Il caso del carcere di Belluno potrebbe essere oggetto di una segnalazione a Strasburgo. Quella fatta da De Pellegrin per la realtà di Pordenone è già stata presa in considerazione dalla Corte, che ha chiesto ulteriore documentazione. Il cinquantenne si era mosso in seguito alla sentenza che ha riconosciuto al bosniaco Izet Sulejmanovic un risarcimento di mille euro perché ritenuto vittima di “trattamenti inumani e degradanti”: per cinque mesi aveva condiviso una cella di 16,20 mq. con altri cinque vivendo oltre 18 ore al giorno in 2,7 metri quadri. Lettere: Il Manifesto dentro la cella… di Davide Rosci, Casa circondariale di Viterbo Il Manifesto, 13 giugno 2013 Cari compagni del Manifesto, da due giorni ricevo il vostro bellissimo quotidiano orgogliosamente comunista, qui, nel carcere di Viterbo. Sono molto contento di avere informazioni diverse dalle solite notizie dei media convenzionali, per poter approfondire le mie conoscenze e accrescere la mia formazione politica. Il sistema carcerario è qualcosa di inumano e le cose che accadono qui dentro sono aberranti. Non mi riferisco all’ormai tristemente noto sovraffollamento, per il quale recentemente anche il Presidente Napolitano si è ricordato di parlare, ma di tutti quegli abusi che avvengono quotidianamente e restano taciuti, insabbiati e impuniti. L’obiettivo che la nostra Costituzione, nell’art. 27, si propone è di rieducare il detenuto, ma l’unico risultato che si riesce a raggiungere è l’umiliazione e l’annientamento fisico e psicologico delle persone, con uno spreco di miliardi di soldi pubblici. La vita per noi detenuti si svolge in celle di 7/8 mq, senza però calcolare lo spazio occupato da tavoli e sgabelli, quel che resta comunque è da dividere per due persone. Siamo costretti a restare in cella per 21 ore al giorno e le attività per impiegare il proprio tempo sono nulle o riservate a pochi eletti. I detenuti che ad esempio hanno la fortuna di distribuire il rancio o di fare le pulizie ricevono la miseria di 50 euro mensili per il loro impiego. E devono stare pure zitti se gli si chiedono di fare straordinari. Gli stessi prodotti venduti all’interno del carcere sono molto più cari che all’esterno. Gli spazi dove incontrare i famigliari sono freddi e impediscono un colloquio umano, per non parlare del fatto che il sistema vigente impedisce a una coppia di avere qualsiasi intimità. Le strutture cadono in pezzi, l’igiene è precaria. I detenuti affetti da malattie infettive sono messi nelle stesse celle con detenuti sani. Per far sentire la propria voce, molti compiono gesti di autolesionismo e nemmeno vengono assistiti. La depressione qui è dilagante, ma l’unico rimedio è imbottirti di farmaci e ridurti a degli zombies. Per avere un semplice colloquio con uno psicologo o uno psichiatra devi aspettare mesi. Le finestre, oltre ad avere delle sbarre, sono munite anche di una fitta rete che impedisce di guardare all’esterno. Le docce sono in comune, spesso allagate e piene di muffa. Ci vengono consegnati 2 soli rotoli di carta igienica per un mese e chi non ha soldi ha davvero parecchi disagi. Ma questo non è niente rispetto a chi è sottoposto al regime 41 bis, dove si viene trattati peggio dei cani, con isolamenti che durano 6 mesi, chiusi in 7 mq e con la censura della posta. Praticamente si “vive” in una tomba. Il 22 maggio scorso ho fatto uno sciopero della fame, per denunciare queste insostenibili condizioni carcerarie, ma da solo posso fare poco o nulla. Qui ci saranno pure dei criminali, ma anche loro hanno diritto a un minimo di dignità per poter riscattare i propri errori. Quel che voglio chiedervi perciò è di parlare semplicemente di più delle carceri, di indagare, di essere la nostra voce fuori di qui. Roma: detenuto muore dopo diagnosi sbagliata, nomi dei medici cancellati dal diario clinico di Giulio De Santis Corriere della Sera, 13 giugno 2013 Arrestato e rinchiuso a Regina Coeli, è stato assolto un mese prima del decesso. Inchiesta per omicidio colposo. Un tratto nero di un pennarello per far scomparire i nomi dei medici di Regina Coeli dalla cartella sanitaria di un detenuto vittima di un grave errore nelle cure. È successo nel luglio del 2011 dopo il ricovero di Solomon Solom all’ospedale Fatebenefratelli dove l’uomo, arrivato debilitato, perde l’uso di entrambi i reni per colpa di un virus sfuggito per mesi all’attenzione dei dottori del carcere. La vittima, poi assolto dall’accusa di sfruttamento della prostituzione nell’aprile del 2012, è morta il 19 maggio scorso al termine di un calvario cominciato due anni fa e fatto di quattro dialisi settimanali. Sulle cause dell’ennesimo episodio di malasanità in un penitenziario, macchiato anche dall’occultamento dei nomi dei responsabili dell’errore, il pm Attilio Pisani ha indagato per due anno. Poi si è arreso e ha chiesto l’archiviazione del procedimento. Ma il gip Giulia Proto è stato di tutt’altro avviso: “Bisogna proseguire le indagini per accertare chi, con un pennarello nero, ha cancellato i nomi dei medici sul diario clinico della casa circondariale”. La morte di Solomon ha impresso una svolta alle indagini, che adesso procedono per omicidio colposo. “Il mio assistito è entrato in galera da uomo sano e ne uscito perdendo l’uso dei due reni per omissioni e ritardi del personale medico uniti alla noncuranza degli agenti delle penitenziaria”, accusa l’avvocato Francesco Olivieri, che ha seguito Solomon passo dopo passo dal momento dell’arresto. Il calvario del 23enne nigeriano inizia con l’arresto del 1° febbraio del 2011. Un errore giudiziario, come stabilirà sedici mesi dopo il Tribunale. Ma è da lì che parte la catena di eventi terminata pochi giorni fa con il suo decesso. Solomon entra in perfetta forma a Regina Coeli, come sostiene Olivieri e come testimonia la cartella clinica del nigeriano. A maggio avverte dei dolori in tutto il corpo, vomita sangue, si fa visitare ma i medici gli diagnosticano solo un’influenza. I malesseri continuano, torna dal dottore di Regina Coeli, che però non lo vista perché dice di essere troppo “impegnato”. La mattina del 9 luglio sviene e così viene ricoverato al Fatebenefratelli, dove gli comunicano che la situazione è talmente grave la perdita dell’uso dei due reni. Da quel momento la vita, breve, di Solomon sarà scandita da quattro dialisi a settimana. Agrigento: detenuto di 51 anni muore per una cardiopatia, stava male diverso da tempo Ansa, 13 giugno 2013 Un detenuto del carcere Petrusa di Agrigento, Salvatore Cigna, 51 anni, di Canicattì è morto all’ospedale civile della città dei Templi dopo essere stato ricoverato in seguito a una nuova crisi cardiaca. Il decesso di Cigna, sofferente da tempo di cuore, è avvenuto dopo il ricovero nell’unità intensiva dell’ospedale San Giovanni di Dio dove era giunto alcune ore prima dall’infermeria del carcere. L’ultima volta che i familiari di Cigna lo avevano visto era stato il primo giugno per un colloquio. Nei giorni scorsi aveva lamentato di stare male. I funerali di Cigna si svolgeranno oggi pomeriggio a Canicattì nella chiesa di Santo Spirito. Al momento i familiari non hanno ancora deciso se presentare un esposto alla magistratura e far sottoporre ad autopsia la salma del congiunto. Macomer (Nu): l’amministrazione comunale in campo per evitare la chiusura del carcere La Nuova Sardegna, 13 giugno 2013 Il carcere di Macomer deve essere salvato e l’amministrazione comunale deve mettere in campo tutte le iniziative possibili per evitarne la chiusura. L’esigenza di impedire la soppressione del carcere è stata posta dal consigliere di minoranza Giuseppe Ledda con un’interpellanza al sindaco nella quale ricorda che alla struttura sono legati un centinaio di posti di lavoro tra l’occupazione diretta e l’indotto che deriva dalle forniture e da tutta una serie di lavori affidati all’esterno. “Credo sia preciso dovere dell’amministrazione comunale - si legge nell’interpellanza di Giuseppe Ledda al sindaco Succu - attivarsi in tutte le forme e con tutti gli strumenti a disposizione per scongiurare questo ulteriore grave colpo all’economia del territorio, considerato che l’attività del carcere coinvolge, in forma diretta o attraverso l’indotto, circa cento posti di lavoro. Credo inoltre non vada sottovalutato il fatto che la struttura di Bonu Trau, peraltro esempio di positiva integrazione con i servizi comunali e le associazioni culturali e di volontariato, consente di espiare la pena in prossimità delle loro famiglie a molti detenuti sardi, anche se questa caratteristica si è purtroppo attenuata negli ultimi anni a seguito alla destinazione di una delle due sezioni in cui è articolato il carcere, a scopi di alta sicurezza per detenuti coinvolti in episodi di terrorismo internazionale”. Ledda sottolinea che le caratteristiche strutturali del carcere di Macomer permettono, senza eccessivi investimenti, di accrescerne la capienza e di migliorarne i servizi. Chiede infine che l’argomento venga portato al più presto all’attenzione del consiglio comunale per decidere insieme le iniziative da intraprendere in difesa del carcere. Alessandria: detenuto moldavo sale sul tetto del carcere, chiede di essere rimpatriato Ansa, 13 giugno 2013 Ieri mattina, intorno alle 10.30, un ragazzo sui 30 anni, di origine moldava, è salito sulla parte più alta dell’edificio interno della Casa di Reclusione alessandrina. L’uomo è detenuto da circa sei mesi, per il reato di clandestinità sul territorio nazionale, e la causa del gesto pare essere la sua volontà di tornare nel proprio paese di origine, in quanto è già avviata una pratica per il suo rimpatrio. Dopo quasi due ore di mediazione, anche grazie all’intervento dei Vigili del Fuoco, oltre a quello della Polizia Penitenziaria, che hanno fatto da garanti, il detenuto è sceso e la situazione è tornata alla normalità. Salerno: magistrati e detenuti a confronto in una tavola rotonda sul tema reinserimento La Città di Salerno, 13 giugno 2013 Il dentro e il fuori. Il carcere e la società dei liberi. È un’iniziativa che prova riannodare il dialogo ineludibile tra questi due mondi quella organizzata per sabato alle 18, al museo dello sbarco a via Clark, dai magistrati di “Cultura per area”. Una serata in cui a leggere le poesie dei detenuti ci saranno un giudice, Gabriella Passaro, e un ex killer di camorra, Cosimo Rega, il detenuto attore che ha sfiorato l’Oscar con l’interpretazione in “Cesare deve morire” dei fratelli Taviani. “Rega è un esempio di come la pena deve essere rieducazione, come la intende la Costituzione” spiegato il giudice Vito Di Nicola, uno degli organizzatori dell’evento con la collega Mariateresa Belmonte e il sostituto procuratore antimafia Rocco Alfano. Una funzione rieducativa che troppo spesso si perde in celle sovraffollate e fondi che mancano. “C’è bisogno di sapere che la pena sia umana e il carcere non sia visto come discarica - insiste Di Nicola - è un lavoro faticoso, a cui una magistratura progressista a partire dagli anni Settanta non si è sottratta e di cui bisogna riprendere il filo. Sul rapporto tra carcere è società ci si interroga poco, il nostro scopo è aprire invece una interlocuzione ampia”. Con un monito: “Tante cose non si possono fare a costo zero, dobbiamo investire per carceri che ci restituiscano persone diverse”. Più che un convegno quello di sabato pomeriggio sarà un confronto a più voci. “Non proponiamo un momento tecnico giuridico ma un dibattito aperto a tutti - spiega Alfano - un linguaggio universale, diverso da quello del diritto forense che spesso non comunica fuori dalle aule giudiziarie”. Alla tavola rotonda, moderata dal giornalista di “la Repubblica” Eduardo Scotti, parteciperanno tra gli altri il procuratore Franco Roberti, il direttore del carcere Alfredo Stendardo, il capo dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria Giovanni Tamburino, il presidente della Corte d’Appello Matteo Casale e il presidente della sezione salernitana dell’Associazione magistrati, Massimo Palumbo. Salerno: pranzo di fine anno scolastico preparato dagli alunni della sezione detenuti La Città di Salerno, 13 giugno 2013 Vola sempre più alto, l’alberghiero “Virtuoso” di Salerno. Riflettori puntati, questa volta, sulla sezione carceraria della scuola, realizzata grazie all’accordo con la Provincia che provvide, anni addietro, alla realizzazione di un prezioso laboratorio di cucina all’interno della casa circondariale di Fuorni, attivato lo scorso anno. A conclusione del percorso didattico coordinato da Claudio Napoli, sotto la supervisione del tenace dirigente scolastico Gianfranco Casaburi, il 5 giugno, si è tenuto nei locali carcerari il pranzo di fine anno, preparato e servito dai 35 allievi che frequentano le due classi. Decisamente positive, le sensazioni nell’assistere all’emozione dei detenuti coinvolti che, in maniera impeccabile, si sono messi ai fornelli per poi far degustare le pietanze cucinate con maestria. Tra gli ospiti, oltre al Comandante della Capitaneria di Porto, Maurizio Trogu, su invito del preside, anche Alessandro Arborio Mella, direttore Risorse Umane Novotel & Suite Novotel Sud Europa/Accor Italia e Nicola Foschini, direttore Operations Novotel Italia e Grecia. Serviti dai detenuti di Fuorni, guidati dai docenti di Sala e Cucina, gli ospiti sono rimasti particolarmente colpiti dall’iniziativa. “Giunti al dessert, non solo hanno tessuto le lodi della scuola, ma si sono detti ben disposti ad intervenire, tramite la fondazione Accor, proprio a sostegno della sezione carceraria - racconta, con entusiasmo, Casaburi. I direttori della Accor e del Novotel hanno espresso massima disponibilità nel fornirci divise, biancheria, piatti, attrezzature, un banco bar e quant’altro occorra per sostenere la nostra sezione”. “Congratulazioni per il lavoro che insieme al suo staff e all’amministrazione carceraria porta avanti per dare una luce a chi, per le più diverse situazioni, vede la luce solo attraverso una grata”, ha detto Mella al dirigente scolastico. Tra l’altro, il Virtuoso è l’unica scuola italiana a godere di rapporti continuativi con il gruppo Accor, offrendo ai propri studenti preziosi tirocini. “Per l’anno prossimo è prevista la creazione di una nuova classe - annuncia, intanto, il preside - Per tali classi è stato adottato un specifico Pof che tiene conto delle esigenze specifiche e delle peculiari situazioni di vita di questa struttura, nella quale gli alunni sono tutti detenuti del padiglione di sicurezza”. Non ricevendo contributi ministeriali, la scuola compie da sola sforzi per le spese per attrezzature, arredi e materiali. “È uno sforzo di cui vale la pena di fare perché i detenuti sono particolarmente motivati dall’esperienza di insegnamento - ha concluso Casaburi - Uno degli allievi ha confessato di non aver mai obbedito a nessuno, se non, adesso, al docente di cucina: trasmettere il senso delle regole, è per noi motivo di grande soddisfazione”. Stati Uniti: eseguite 2 condanne a morte, in Texas e in Florida Agi, 13 giugno 2013 Due esecuzioni nel giro di poche ore negli Stati Uniti. A Huntsville, in Texas, è stato giustiziato un uomo di 44 anni reo confesso di una strage compiuta nel 1998, quando uccise cinque persone tra cui un vigile del fuoco che lo aveva sorpreso mentre tentava di violentare le sue nipoti dopo aver fatto irruzione nella casa. La Corte suprema aveva respinto la richiesta di clemenza fondata sul suo ritardo mentale. In Florida è stato a messo a morte un uomo di 58 anni condannato per l’uccisione di una guardia carceraria, nel 1987, nel corso di un assalto a un cellulare nel tentativo di far evadere un detenuto. Con queste due esecuzioni, entrambe con iniezione letale, sale a 499 il numero di condanne a morte eseguite da quando negli Usa è stata reintrodotta la pena capitale, quasi 40 anni fa. Mosca: l’opposizione scende in piazza per chiedere la liberazione dei detenuti politici Agi, 13 giugno 2013 L’opposizione in piazza anche a Mosca. Ieri 10 mila manifestanti, 6 mila secondo la polizia, hanno chiesto la liberazione di 12 attivisti accusati di aver preso parte ai disordini del 6 maggio 2012, alla vigilia del terzo mandato di Putin, che sfociarono in violenti scontri tra dimostranti e polizia. La Russia anti-potere è scelta in piazza per far sentire la propria voce come durante l’ultima campagna elettorale. Migliaia di persone sono sfilate a Mosca per sottolineare il proprio dissenso dalla linea politica ufficiale e per la liberazione dei cosiddetti “prigionieri politici”. Vari procedimenti penali sono ora in corso. Nei giorni scorsi nuove leggi, definite “liberticide”, simili a quelle emanate dopo il ritorno di Vladimir Putin al Cremlino nella primavera del 2012, sono state approvate dalla Duma. Critiche per la pericolosa messa in discussione di alcuni dei diritti fondamentali civili sono giunte sia dall’Unione europea che dagli Stati Uniti. Il presidente Putin, intanto, è stato ufficialmente scelto per acclamazione leader di una nuova formazione politica, il Fronte del popolo. Gli analisti spiegano la mossa del capo del Cremlino come il tentativo di allontanarsi da “Russia Unita”, il partito del potere, maggioritario alla Duma, ma in caduta libera nei sondaggi e travolto dagli scandali.