Giornata Nazionale di Studi
"Il male che si nasconde dentro di noi"

Venerdì 17 maggio 2013, ore 9.30-16.30, Casa di Reclusione di Padova

 

- Programma della Giornata di Studi (pdf)

- Rassegna stampa, da quotidiani e agenzie (pdf)

- Materiali di approfondimento: interviste, testimonianze, etc. (pdf)

- Registrazione audio a cura di Radio Radicale: prima parte (mp3)

- Registrazione audio a cura di Radio Radicale: seconda parte (mp3)


RASSEGNA STAMPA

Costruire cose buone. La riflessione sul male e i germogli della speranza
di Agnese Moro

La Stampa, 19 maggio 2013

Il male che si nasconde dentro di noi» è il titolo della Giornata di Studi organizzata venerdì scorso dalla rivista Ristretti Orizzonti (www.ristretti.it), nel carcere Due Palazzi di Padova. Hanno partecipato un centinaio di detenuti e circa 600 persone venute da "fuori" per ascoltare riflessioni non banali sulle cause e il significato della violenza, sul modo di parlarne, di ragionarne, e di superarla. Della violenza contro le donne ha parlato Francesca Archibugi, regista e sceneggiatrice, mentre Renate Siebert, sociologa, ha invece approfondito il tema della vendetta, spesso alimentata dalle donne, per offese all'onore della famiglia. Pietro Buffa, Provveditore dell'Amministrazione penitenziaria per il Triveneto e per l'Emilia Romagna, ha parlato del gravissimo problema della tortura e dei maltrattamenti durante la detenzione.
Silvia Giralucci e la redazione di Ristretti Orizzonti hanno ragionato con Giovanni Ricci, criminologo e sociologo, figlio di Domenico Ricci assassinato dalle Br, sull'effetto aggiuntivo che parole superficiali o rozze hanno su chi è stato vittima della violenza. Le parole che adoperano gli specialisti, riducendo la persona al suo reato, sono state invece l'oggetto dell'intervento di Alfredo Verde, docente di criminologia, mentre Riccardo Iacona, giornalista, si è soffermato sulla necessità di narrazioni veritiere per i fatti violenti. Della possibilità di abbandonare comportamenti violenti hanno parlato la psicoanalista Marina Valcarenghi, riportando la positiva esperienza ora raccolta dall'associazione Viola, e Mauro Grimoldi presidente dell'Ordine degli Psicologi della Lombardia. Adolfo Ceretti, professore di criminologia all'Università Milano-Bicocca, coordinatore del convegno, e Lorenzo Natali, ricercatore presso la stessa università, hanno parlato del cambiamento che può avvenire e avviene nel "sé", sia di coloro che hanno commesso reati, sia di coloro che li hanno subiti, consentendo di percorrere strade nuove. Cambiamento che, come dice Carmelo Musumeci della Redazione, non inizia con l'isolamento, ma con incontri che ti fanno capire davvero cosa hai combinato.

 

Padova. Convegno in carcere. “La violenza sulle donne non raptus ma lenta spirale”

Il Gazzettino, 18 maggio 2013

(M.Zi.) Affrontare il tema della violenza, anche quella contro le fasce deboli della popolazione, senza la paura di essere accusati di giustificarla. “Il male che si nasconde dentro di noi” è stato il tema della tradizionale giornata di studi organizzata da Ristretti Orizzonti, la rivista del carcere Due Palazzi, in collaborazione con la Casa di Reclusione di Padova. Come sempre l’interno del carcere ha visto l’arrivo di centinaia di persone, studenti, operatori del settore, giornalisti, per discutere da varie angolazioni del problema della violenza.
Tema di cui hanno parlato tra gli altri il giornalista di Rai 3 Riccardo lacuna, condutture di “Presa diretta”, Giovanni Ricci, criminologo e sociologo, figlio di Domenico Ricci, agente della scorta dì Aldo Muro, la sociologa di origine tedesca Penate Siebert. Affrontando il tema della violenza, soprattutto di quella che può nascere in contesti ritenuti “sicuri”, è stato centrale il tema del
femminicidio e in generale della violenza contro le donne che nasce tra le mura domestiche. Su questo è intervenuta anche la regista Francesca Archibugi, che nel suo “Giulia ha picchiato Filippo” ha riportato le testimonianze di donne dai centri antiviolenza.
“Oggi si parla molto di femminicidio, ma si tratta di un interesse che è conseguenza di numeri mostruosi - ha detto la regista - Quando mi sono avvicinata a questo tema, credevo che la violenza fosse un raptus che nasce dall’amore. Invece nella maggioranza delle storie la violenza ha una spirale fatta di passaggi riconoscibili. Proprio queste tappe riconoscibili rendono possibile fermare l’escalation prima che arrivi all’assassinio, quando diventa un “mobbing” occulto quotidiano. Spesso purtroppo questa spirale è supportata dalle donne che stanno attorno a chi subisce violenza, perché il rapporto tra donne è sempre complesso.

“La violenza sulle donne, il nostro male”. Iacona: “Come un Afghanistan”
di Enrico Albertini

Corriere del Veneto, 18 maggio 2013

Sull’argomento c’è stata “una grande rimozione” che forse, nelle ultime settimane, comincia a lasciar passare un filo di luce ad illuminare la realtà. “È il nostro Afghanistan che ci portiamo dentro”, afferma Riccardo Iacona, giornalista, conduttore di Presa Diretta, che affrontò l’argomento in un libro già lo scorso anno. Italia come l’Afghanistan per i diritti delle donne? “Da questo punto di vista più che europei siamo vicini al Nord Africa”.
Allora bisogna intervenire, reagire, “pensare a delle politiche per sanare quel che è una perdita per il paese, anche economica”. Perché c’è una violenza verso le donne che non lascia segni fisici, ma mina l’animo: quella fatta di discriminazioni quotidiane sul lavoro, possibilità negate, mancato riconoscimento di quanto si vale. Bisogna parlare del fenomeno, come si è cominciato a fare, affrontandolo a tutto tondo. “Spesso parlando di omicidi di donne - spiega la regista Francesca Archibugi - ci sono altre donne, in famiglia, amiche, colleghe, che avrebbero potuto scorgere i segnali del malessere ma non li hanno voluti vedere”.
Iacona e Archibugi erano due degli ospiti del convegno organizzato dall’associazione Ristretti Orizzonti nel carcere Due Palazzi di Padova. Anima dell’evento, come sempre, la direttrice dell’associazione Ornella Favero, ormai un’autorità per quanto riguarda il recupero dei detenuti: per molti lei è la seconda e ultima opportunità.
Ma la violenza di genere è stata solo una declinazione di un convegno che aveva come tema “Il male che si nasconde dentro di noi”. Tante, e toccanti, le testimonianze di detenuti del Due Palazzi. Raccontano, affrontano con schiettezza e dolore il “male” fatto, si adoperano per ricostruirsi una vita. Come Ulderico Galassini, che nel 2007 a Ceneselli (Ro) uccise la moglie e provò ad ammazzare il figlio.
“Ho ucciso la donna con cui sono stato insieme 35 anni - spiega - la cosa più assurda che si possa fare. L’ergastolo? Chi compie questi gesti, nel momento in cui lo fa, non pensa certo alla pena. Dobbiamo ascoltare casi come i miei, trovare i punti che li collegano, educare a prevenire”. Il sovraffollamento delle carceri italiane rende sempre più difficile garantire dignità alla vita dei carcerati, una sconfitta doppia per lo Stato: la recidiva si abbatte per le persone che sono aiutate nel reinserimento.
Fra gli ospiti, coordinati da Adolfo Cerretti, molti ospiti d’eccezione: Marina Valcarenghi, la prima a portare la psicanalisi nel carcere di Opera (Mi), in particolare nel “reparto speciale” dove vengono “isolati” i condannati per violenza sessuale, pedofilia e altri reati “mal visti” dagli stessi ospiti del carcere, la sociologa Renate Siebert, i criminologi Alfredo Verde, Giovanni Ricci e Lorenzo Natali, lo psicologo Mauro Grimoldi, l’assistente sociale Fanny Marchese, la giornalista Silvia Giralucci, studenti e detenuti stessi per fare del Due Palazzi un laboratorio d’idee.

Il male e la violenza nascosti in ciascuno
di Aldo Comello

Il Mattino di Padova, 18 maggio 2013

Venerdì al carcere penale di via Due Palazzi, organizzata dalla redazione di Ristretti Orizzonti, si è svolta la giornata di studio “Il male che si nasconde dentro di noi”, un grande, inquietante affresco sulla violenza declinata in tutte le forme: da quella sulle donne a quella legata alla vendetta, alla violenza praticata come metodo rieducativo.
Hanno partecipato all’incontro costruendo un dialogo intenso un centinaio di detenuti e circa 600 iscritti. Nel 2012 sono state assassinate, molte tra le mura domestiche e da persone che avrebbero dovuto proteggerle, 130 donne. Un corollario della manifestazione che ha acuito la sensibilità dei giovani è stato la collana di incontri che ha coinvolto 3.000 studenti padovani sui rapporti donna-uomo, dal titolo “Facciamo la differenza”.
Ieri, tra le decine di narrazioni, quella di un padre che ha voluto accompagnare la figlia, spinto da un senso di protezione, ad un colloquio con i detenuti. “Mi sono accorto” spiega, “che il confine tra normalità e delinquenza è fragile e sottile, che la violenza può emergere di colpo e portarti al di là del muro, tra le sbarre”. È intervenuta la regista Francesca Archibugi.
Ha detto che quando si disgrega la convivenza e una storia romantica si trasforma gradualmente in una conflittualità sempre più spinta fino ad arrivare all’omicidio, ci sono chiari segni premonitori: la donna viene sottoposta ad un mobbing occulto, ad una persecuzione mascherata. Tra i relatori il giornalista Riccardo Iacona, il criminologo Adolfo Ceretti, il sociologo Giovanni Ricci, figlio di uno degli agenti della scorta di Aldo Moro, ucciso nell’agguato di via Fani.

Da Padova si alza richiesta di una pena diversa…

Redattore Sociale, 17 maggio 2013

Alla Giornata di Studi “Il male che si nasconde dentro di noi”, esperti e detenuti si sono trovati d’accordo sull’importanza di non pensare che qualcuno sia “irrecuperabile”, ma al contrario di promuovere il cambiamento possibile. Un recluso: “Istituzioni spesso miopi e sorde”.
Dal carcere di Padova torna ad alzarsi la richiesta di una pena diversa, che dia un senso alla detenzione. L’appello è stato lanciato durante la giornata di studi “Il male che si nasconde dentro di noi”, ospitata nel carcere Due Palazzi. Esperti e detenuti si sono trovati d’accordo sull’importanza di non pensare che qualcuno sia “irrecuperabile”, ma al contrario di promuovere il cambiamento possibile.
Un’opportunità spesso negata all’interno del sistema detentivo, come racconta Luigi, un detenuto della redazione: “Qui a Padova grazie a Ristretti Orizzonti c’è un uso diverso della pena, ma non riesco a dimenticare la violenza delle istituzioni nelle mie esperienze detentive passate: istituzioni miopi e sorde, che non ammettono che una persona negli anni possa maturare e così negano di fatto la possibilità di cambiamento”.
Marina Valcarenghi, psicoanalista che lavora all’interno del carcere, presidente dell’associazione Viola, si dice convinta che “tutti hanno qualcosa da salvare, non ci sono persone irrecuperabili per definizione”. E aggiunge: “Una persona non si esaurisce nel delitto che ha commesso, la possibilità di riscatto sociale c’è sempre”. Parlare, riflettere sui propri errori e guardare, appunto, il male che c’è in noi (come dice il titolo del convegno) è una strada da percorrere per raggiungere il cambiamento. “Un detenuto una volta mi ha detto: “come fa bene e come fa male andare a vedere il proprio male”. Significa che questo lavoro è davvero utile per dare un senso alla detenzione” evidenzia l’esperta.
La sfida per Mauro Grimoldi, presidente dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia, è di “riuscire a superare la dimensione retributiva della pena, in base alla quale “tanto hai fatto, tanto vieni punito”. Questo approccio dà alle vittime e ai loro parenti vendetta, ma forse non è la migliore risposta possibile. Dobbiamo chiederci se preferiamo vivere in un paese vendicativo o in un paese in cui si agisca in ottica preventiva per evitare che atti di violenza si compiano. In questo caso ci sono delle opzioni, come ad esempio la messa alla prova degli adulti, alla quale sono favorevole”.

Donne vittime di violenza, ma non solo…

Redattore Sociale, 17 maggio 2013

Il binomio donne e violenza ha catalizzato questa mattina i lavori del convegno “Il male che si nasconde dentro di noi”, a cura della redazione Ristretti Orizzonti. Violenza domestica, la regista Archibugi: “Non si ha a che fare con un raptus”.
Il binomio donne e violenza ha catalizzato questa mattina i lavori del convegno “Il male che si nasconde dentro di noi”, a cura della redazione Ristretti Orizzonti. Uno sguardo alle donne come vittime, ma anche come autrici di violenza perché, come sottolinea la direttrice di Ristretti Orizzonti Ornella Favero, “è troppo facile, soprattutto per le altre donne, identificarsi con le vittime, senza mai considerare che la violenza può anche provenire da una donna”.
Sono le parole di Ulderico, detenuto della redazione, a introdurre il tema della “violenza che cancella le donne”: “Sono stato con mia moglie 35 anni, abbiamo raggiunto insieme tanti obiettivi. Non c’era nessun motivo che potesse portare al mio gesto, eppure ho distrutto la mia famiglia: oltre ad aver ucciso mia moglie ho tolto a mio figlio la madre”.
Per Francesca Archibugi, regista e sceneggiatrice, non è impossibile prevenire la violenza domestica, imparando a riconoscere alcuni segnali: “Dal mio incontro con i centri antiviolenza ho capito che non si ha a che fare con un raptus, ma con una spirale che comincia con un amore molto romantico, che a piano a piano si stringe in una sorta di coercizione fino ad arrivare all’assassinio. Riconoscendo queste tappe penso sia possibile fermarsi prima”.
Ma svincolarsi da questa spirale non è così facile: “Entrano in gioco condizionamenti culturali e psicologici - evidenzia Fanny Marchese del centro antiviolenza del Policlinico di Milano -, il desiderio di preservare la propria famiglia, la paura, la mancanza di autonomia e spesso un senso di impotenza”.
Tutt’altre donne sono quelle ritratte da Renate Siebert, sociologa che si è occupata della presenza femminile all’interno della mafia. “Un ruolo per lungo tempo sottovalutato, ma preponderante” avverte. “Non commettono violenza in prima persona, ma la conoscono. In famiglia il loro compito è di trasmettere ai figli il pensiero del padre.
Molte volte hanno un ruolo attivo eliminando, ad esempio, le prove di un delitto, come le tracce di sangue dai vestiti. Sono feroci nel contrasto con i nemici, luttuose e vendicative quando viene fatto del male ai loro cari”. Ma talvolta sono anche vittime di tutta questa violenza che entra in casa riversandosi contro di loro: “La violenza sessuale e domestica è conseguenza della violenza in cui il marito è immerso”.

Ornella Favero: non ci sono mostri, male si nasconde in noi


Redattore Sociale, 17 maggio 2013

È il messaggio lanciato dall’annuale giornata di studi Ristretti Orizzonti a Padova. La direttrice, Ornella Favero: “Identificarsi con le vittime è facile, ma non si pensa mai di poter essere dall’altra parte”.
Smontare il pregiudizio che “gli altri” siano i cattivi e che noi siamo i “totalmente buoni”: è questo l’obiettivo del convegno “Il male che si nasconde dentro di noi”, organizzato oggi all’interno della casa di reclusione Due Palazzi di Padova dalla redazione di Ristretti Orizzonti. Un’occasione per smontare qualche luogo comune e suggerire un nuovo modo di vedere il carcere: non un contenitore di mostri ma un posto in cui sono recluse delle persone. “Vogliamo far capire che non ci sono predestinati - sottolinea Ornella Favero, direttrice di Ristretti Orizzonti.
Dobbiamo accettare l’idea che il male ci riguarda tutti. La gente riesce sempre benissimo a identificarsi con una vittima, mentre è molto più difficile riuscire a pensare che si potrebbe essere dall’altra parte”. Eppure invertire la prospettiva è possibile. Un modo per farlo è ascoltare le storie di quegli “altri” visti come così lontani, sentire le loro storie, provare empatia. Da qui nascono iniziative come il convegno odierno, giunto all’undicesima edizione, e il progetto “Il carcere entra a scuola. La scuola entra in carcere”.
Dare voce e volto ai “cattivi” aiuta a riflettere su quanto può essere sottile la linea che divide il bene dal male. Su quanto può essere difficile cadere. Lo dimostra l’esperienza di un padre che ha assistito a un incontro tra scuola e carcere e d’un tratto si è spogliato di ogni pregiudizio: “Mi sono sentito io stesso possibile carcerato - scrive in una lettera - perché la realtà che ci circonda ci spinge ad azioni violente che mi potrebbero portare dietro le sbarre”.

Riccardo Iacona: l’Italia è un Paese ostile alle donne

Redattore Sociale, 17 maggio 2013

Al convegno di Ristretti Orizzonti, l’accusa del giornalista: “Endemica violenza di genere. Non facendo nulla di fatto accettiamo la violenza”. Ma non c’ solo questo. “Paese ostile anche per il gender gap che ci caratterizza e per l’assenza di pari opportunità.
“Le donne italiane sono soggette a un’endemica violenza di genere”. Non usa mezzi termini Riccardo Iacona, giornalista ideatore di Presa Diretta, che alla violenza contro le donne ha dedicato un’ampia inchiesta sfociata nel libro “Se questi sono gli uomini”.
Intervenendo al convegno di Ristretti Orizzonti “Il male che si nasconde dentro di noi” (vedi lanci precedenti), il giornalista ha parlato di “un paese ostile alle donne, non solo perché le uccidiamo, ma anche per il gender gap che ci caratterizza e per l’assenza di pari opportunità”. Nel raccontare la sua esperienza sul campo, Iacona ammette di aver incontrato “una forte rimozione sul tema del femminicidio, tanto che nessuno sembrava volersi prendere la responsabilità di dire qualcosa”. E incalza: “Questo è il nostro Afghanistan. non facendo nulla, di fatto accettiamo la violenza sulla donna”.
Oggi la situazione sta migliorando: i media affrontano l’argomento quotidianamente, la politica se ne sta interessando, ma non basta. “Bisogna passare dalle parole ai fatti. C’è ancora tempo per intervenire, non è troppo tardi. Bisogna difendere la donna facendo rispettare la legge”. Serve, dunque, un’assunzione di responsabilità della politica: “L’impegno della presidente della Camera Boldrini e del ministro Idem sono segnali importanti”. Ma si deve agire anche sul piano culturale: “Per ottenere un vero cambiamento servono azioni concrete. Non possiamo accettare di essere un paese afgano. Dobbiamo anche capire che abbattere la differenza ha un valore economico: i paesi con minore disparità sono più ricchi”.