Giustizia: “numero chiuso” per le carceri, i precedenti della California e della Germania di Luigi Manconi L’Unità, 20 gennaio 2013 Che le carceri italiane siano uno schifo, nessuno pare metterlo in dubbio. E che, tra le cause di quell’intollerabile situazione, sia determinante l’abnorme sovraffollamento, è constatazione pressoché unanime. Pertanto, impedire che altri patiscano la stessa condizione “inumana e degradante” non dovrebbe essere il provvedimento più naturale del mondo? E stabilire una sorta di “numero chiuso” non dovrebbe costituire la misura più ovvia, oltre che sacrosanta? Eppure, una simile ragionevole ipotesi non viene nemmeno presa in considerazione nel nostro Paese. Così, mentre ampio sembra il consenso intorno alle strategie di lungo periodo (in primo luogo: riduzione del numero di atti e comportamenti qualificati come fattispecie penali e riduzione del numero delle fattispecie penali sanzionate col carcere), è assai più controversa la valutazione sulle misure da adottare nell’immediato: come l’amnistia e l’indulto e, appunto, “il numero chiuso”. Si tratta di un ritardo dalle conseguenze gravissime. Tuttavia, grazie al cielo, qualcosa si muove e qualcuno si rimbocca le maniche. È il caso di Edmondo Bruti Liberati, procuratore capo di Milano. Qualche giorno fa, Bruti Liberati ha ricordato come il comitato dei ministri del Consiglio d’Europa abbia sollecitato “i procuratori e i giudici a ricorrere, nella misura più larga possibile, alle misure alternative alla detenzione”: e ciò “sia in tema di misure cautelari che in fase di esecuzione”. Il procuratore è uomo saggio, e le sue parole sono assai importanti. Per questo sarebbe significativo sapere cosa egli pensi a proposito del numero chiuso. Ovvero il rilascio o la non ammissione in carcere di detenuti fino a quando non vi siano spazi adeguati a una reclusione che rispetti i loro diritti fondamentali. Non si tratta di questione campata in aria. Nel 2009 una Corte federale della California, di fronte a due ricorsi di reclusi contro le condizioni di detenzione, ha intimato al governatore di ridurre la popolazione carceraria di un terzo entro due anni, altrimenti avrebbe potuto avvalersi del potere di rilascio individuale dei singoli ricorrenti. Ciò in ossequio all’ottavo emendamento della Costituzione statunitense, che vieta le pene crudeli. La Corte federale ha fatto riferimento alle parole dello stesso governatore, che aveva riconosciuto come il sovraffollamento potesse causare gravi violazioni del diritto alla salute. Da qui un provvedimento che stabiliva un tetto al numero di reclusi. Nel 2011, la Corte suprema degli Stati Uniti, interpellata da un ricorso dello Stato della California, ha riconosciuto la correttezza della decisione di quella corte federale. In quello stesso anno, la Corte costituzionale tedesca si è pronunciata sul ricorso di un detenuto contro la Corte di appello di Colonia, che gli aveva negato il sostegno economico necessario ad attivare un procedimento relativo alle condizioni di carcerazione cui era costretto. La Corte costituzionale ha richiamato una precedente sentenza della Corte federale di giustizia del 2010: in base a essa, se lo stato di reclusione è “disumano”, una volta che soluzioni diverse si rivelassero improponibili, l’esecuzione di una pena detentiva deve essere interrotta. Questo, in virtù di un principio fondamentale, sancito sia dalla Corte federale sia dalla Corte costituzionale. Ovvero il valore della dignità della persona umana sempre e comunque: dunque anche in stato di privazione della libertà. Perfettamente d’accordo, il giurista italiano Luigi Ferrajoli: “Il sovraffollamento contraddice due basilari principi della nostra Costituzione: quello secondo cui, come dice il 3° comma dell’art. 27 “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità” e quello della “pari dignità sociale” di tutti, stabilito dall’art. 3. Contro una così clamorosa incostituzionalità c’è un solo, urgente rimedio: stabilire per legge il cosiddetto numero chiuso. I detenuti con pene o residui di pena detentiva di minore durata dovrebbero essere destinati, nel numero che eccede la capienza del nostro sistema penitenziario, a misure alternative, come la libertà vigilata o gli arresti domiciliari”. Ben detto. Giustizia: Opg ancora senza alternative, le Regioni non si sono attivate per gli ex internati di Donatella Stasio Il Sole 24 Ore, 20 gennaio 2013 Stefano ha 28 anni, è nato in Calabria e lì vuole tornare, da quel che resta della sua famiglia d’origine, che lui stesso ha amputato brutalmente ammazzando la madre un giorno di otto anni fa. È uno dei 219 “matti” internati nell’Ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto, provincia di Messina, una bella, anche se fatiscente, struttura in stile liberty circondata da banani, magnolie, alberi da frutta, palme e piante grasse, costruita nel 1925 e fin da allora destinata a ospitare, appunto, i “matti”. Se ai barcellonesi chiedi dov’è l’Opg, ti guardano strano. Ma se dici “manicomio criminale” capiscono subito e ti indicano la via, senza esitazione. D’altra parte, che cosa è cambiato dal 1975, quando la riforma penitenziaria ribattezzò “ospedali psichiatrici giudiziari” i manicomi criminali nati nel 1876? Niente. Pattumiere sociali erano e sono rimaste. Non luoghi di cura, come voleva la riforma del 1975, ma di segregazione e abbandono. Si sa quando si entra, ma non quando si esce. “Avete fatto una cosa grande!” dice Stefano da dietro le sbarre della sua cella al ministro. Regioni inerti: non hanno individuato strutture per ospitate gli ex internati “Avete fatto una grande cosa”, dice da dietro le sbarre Stefano al ministro della Giustizia Paola Severino. “Avete avuto coraggio! “, le ripete. Lui e gli altri internati aspettano con fiducia che arrivi il 31 marzo, il giorno della chiusura degli Opg voluta dalla Severino e approvata dal Parlamento l’anno scorso. Sognano di uscire, di andare a casa o in comunità o comunque via da quest’inferno, che non è neanche un purgatorio perché non c’è via d’uscita né speranza. Non sanno, a Barcellona Pozzo di Gotto come negli altri 5 Opg d’Italia, che a due mesi dal fatidico giorno le Regioni non hanno ancora predisposto le strutture che dovranno ospitarli (al massimo 20-25 persone) e curarli. Il governo ha già stanziato i fondi (174 milioni più 93 per il funzionamento e il personale), ma le Regioni non si sono ancora attivate. Meno che mai la Sicilia, dove le competenze sanitarie delle carceri e dell’Opg sono ancora in capo all’Amministrazione penitenziaria, sebbene una legge del 2008 le abbia trasferite al Servizio sanitario nazionale. Il rischio di uno slittamento della chiusura degli Opg è quindi concreto. Severino è volata qui, ieri, per “testimoniare” la volontà di “tener fede alla scadenza di marzo”. E per vedere da vicino come vivono i “matti” dell’Opg, dopo il sequestro dell’intera struttura disposto a dicembre dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul Ssn presieduta da Ignazio Marino. “L’assessore regionale alla Sanità, Lucia Borsellino - ha riferito al direttore Nunziante Rosania e ai poliziotti penitenziari - mi ha assicurato che a fine mese ci sarà un tavolo paritetico per il passaggio di consegne dal ministero alla Regione”. Il manicomio criminale di Barcellona verrà riconvertito in carcere per i detenuti di media sicurezza ma “prima della riconversione - ha aggiunto - dobbiamo trovare un’adeguata collocazione agli attuali ospiti dell’Opg. La mia prima preoccupazione è che queste persone trovino un’adeguata struttura ospedaliera perché sono gravemente malate”. Schizofrenici, paranoici, psicotici gravi, oligofrenici: gli “internati” (questo il nome degli ospiti degli Opg) hanno patologie gravi e perciò vengono condannati non al carcere, ma a una “misura di sicurezza”, che non ha una durata predeterminata ma dipende dalla loro “pericolosità sociale”, valutata ogni sei mesi da una perizia. Ma se il carcere è patogeno, l’Opg lo è all’ennesima potenza. E poi, psichiatri, psicologi, neurologi scarseggiano; l’unica cura è fatta di dosi massicce di psicofarmaci, spesso neanche dell’ultima generazione, con effetti collaterali a catena. Le sbarre e la solitudine fanno il resto, racconta don Pippo, cappellano di Barcellona mentre Severino gira per i reparti dell’Opg tirati a lucido per l’occasione. “Dov’è che state peggio?” chiede a Roberto, 36 anni, con gravi problemi di tossicodipendenza. Ma lui, intimidito dalla presenza di poliziotti e autorità, risponde solo con un sorriso e la incoraggia a proseguire nella “battaglia”. Glielo dice anche Giancarlo, 42 anni, dopo aver raccontato di aver “ucciso Satana e poi la madre”. “Non so quanti anni ho” risponde invece Massimo, anche lui matricida Come Stefano, che per combattere schizofrenia e paranoia si immerge nelle canzoni dei Beatles e nei libri. “Guarda, questo è il più bello che ho letto”, dice mostrando “Il richiamo della foresta” di Jack London. E forse spera che la sua vecchia vita, come quella di Buck, già sia un ricordo del passato. Marino (Pd): condivido preoccupazioni Severino (Ansa) “Condivido la giusta preoccupazione del Ministro Severino che visitando oggi l’Ospedale Psichiatrico Giudiziario (Opg) di Barcellona Pozzo di Gotto ha chiesto di trovare un’adeguata collocazione agli attuali pazienti internati”. È quanto dichiara, in una nota, il senatore Ignazio Marino, presidente della Commissione d’inchiesta sul Servizio Sanitario Nazionale. “Proprio questa settimana, prosegue Marino, è stato portato a termine un incontro inter-istituzionale presso la Commissione che presiedo, nel corso del quale il presidente del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Giovanni Tamburino e il presidente del Tribunale di Sorveglianza di Messina Nicola Mazzamuto hanno convenuto su un piano di dimissione dei pazienti non socialmente pericolosi. Il piano sarà attuato già nei prossimi giorni, con l’affidamento degli internati ai servizi di salute mentale territoriali. In seguito a questo incontro ho personalmente contattato - ricorda il senatore - il presidente Rosario Crocetta che mi ha dato ampie rassicurazioni sulla piena collaborazione delle strutture sanitarie della Regione Sicilia”. A questo si aggiunge anche l’impegno della nuova giunta regionale a concludere il passaggio di competenze e responsabilità dei servizi si assistenza sanitaria di tutte le persone private della libertà - comprese quelle in carcere - dal Guardasigilli all’Assessore alla Salute. Si tratta di un passo storico, afferma Marino, per la Sicilia che non aveva ancora recepito il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 2008 che indicava la necessità di trasferire gli aspetti di cura dal Ministero della Giustizia a quello della Salute. Un obiettivo, questo, raggiunto anche grazie al lavoro condotto negli ultimi tre anni dalla Commissione d’inchiesta sul Servizio Sanitario Nazionale del Senato della Repubblica, afferma infine. Giustizia: in Commissioni parlamentari Camera atteso Dpcm attività lavorativa detenuti Asca, 20 gennaio 2013 Le competenti Commissioni parlamentari sono in attesa dell’invio da parte del Governo del Dpcm che destina 16 milioni di euro, previsti nel Fondo Legge di Stabilità, all’attività lavorativa dei detenuti. La presentazione del provvedimento alle Camere è stata annunciata nei giorni scorsi dal Premier uscente Mario Monti sottolineando che “il sovraffollamento carcerario, oggetto della recente condanna da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo”, necessita di “soluzioni strutturali, da subito ricercate dal Governo attraverso il decreto “salva-carceri” - approvato un anno fa - e il disegno di legge sulle misure alternative che purtroppo non è stato convertito in legge. Nel frattempo, va data una prospettiva di speranza - ha aggiunto Monti - a chi è recluso perché, come dimostrato da numerosi studi, il tasso di recidiva di coloro che hanno potuto accedere a misure alternative o che sono state ammesse al lavoro è estremamente basso”. Giustizia: Severino; lascio il ddl sulle pene alternative per il governo che verrà dopo di noi Agi, 20 gennaio 2013 “Non lo so, le Camere sono sciolte come ben sapete. Io però sto continuando a coltivare il progetto. Nel senso che lo sto riverificando e ampliando. Sapete che sono una tenace è in me la speranza è dura a morire”. A dirlo il ministro della Giustizia Paola Severino, a Palermo, sui margini di intervento al ddl sulle pene alternative al carcere. “Proverò - ha aggiunto - tutte le strade possibili”. Potrebbe essere un auspicio per il prossimo governo? “Certamente, quanto meno quello e comunque la preparazione del progetto in tutte le sue componenti è utile per chi verrà dopo di noi perché possa trovare tutto il lavoro di base già svolto e trarre le proprie scelte”. Cascini (Dap): vera rivoluzione è attuazione norme che già ci sono Per migliorare le condizioni di vita nelle carceri bisognerebbe dare piena attuazione all’ordinamento penitenziario. È quanto ritiene il direttore dell’Ufficio per l’attività ispettiva e di controllo del Dap, Francesco Cascini, intervenuto oggi al convegno della diocesi di Napoli sul volontariato carcerario. Cascini ha ricordato quanto stabilisce l’articolo 6 dell’ordinamento penitenziario che prevede negli istituti di pena oltre alle camere di pernottamento anche refettori e spazi per la socializzazione. Ma sono davvero pochi gli istituti che dispongono di tutti questi spazi. E non va trascurato il fatto che in numerosi carceri il vero problema è quello del sovraffollamento. Giustizia: Magistratura Indipendente; investire più risorse per le carceri e per i tribunali Il Velino, 20 gennaio 2013 “Chiediamo alla politica di fare una rinuncia importante per il bene del Paese. Non vuole essere una provocazione ma una proposta concreta: rinunciare al finanziamento ai partiti e investire queste ingenti e importantissime risorse nella giustizia e nelle carceri”, ha detto questa mattina Cosimo Ferri, segretario generale di Magistratura indipendente nel convegno organizzato all’Hotel Rondine di Marinella di Sarzana per discutere su trasparenza, efficacia degli organi di autogoverno della magistratura. Il dottor Ferri, giudice al Tribunale di Massa, ha auspicato anche una spinta innovativa e trasparente degli organi di autogoverno partendo dai consigli giudiziari, organi dove c’è in gioco l’indipendenza interna della magistratura. “Occorre risolvere l’eccessivo peso delle correnti e puntare con decisione alla meritocrazia”. Stimolo anche al Csm a ricoprire con urgenza i posti vacanti: tra questi il Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria e il Procuratore Generale di Palermo, da troppo tempo scoperti. “L’Anm, con le sue componenti, deve svolgere un ruolo propositivo nella riforma, ma a nostro giudizio non deve influenzare la politica del Csm”, ha sostenuto Ferri, “si deve rinnovare, sganciare dai vecchi schemi, guardare ai giovani magistrati e risolvere e stimolare la risoluzione dei problemi relativi alla efficienza del servizio giustizia”. Per quanto riguarda le piante organiche (circa 9 mila i magistrati in Italia), lavoreremo per fornire il nostro contributo costruttivo alla proposta ministeriale, ma occorre ragionare a nostro avviso non secondo criteri ragionieristici ma in modo da tutelare le specificità dei territori, in particolare di quelli periferici e gravati da un’elevata incidenza della criminalità organizzata”. Il convegno di Marinella di Sarzana “I consigli giudiziari, distretti a confronto”, organizzato da M.I, intende essere un confronto serrato di due giorni sui temi attualissimi relativi alle regole per la progressione nella carriera dei magistrati e sui criteri per una più efficiente organizzazione degli uffici giudiziari. Ma non solo, in agenda nella due giorni che si conclude domani ci sono altri aspetti come la massima trasparenza e pubblicità dell’operato degli organi di governo della magistratura, a partire da quelli locali. Un passaggio fondamentale per garantire a tutti i magistrati effettiva possibilità di controllo e di vigilanza sulle regole che direttamente incidono sulla loro vita professionale quotidiana e di conseguenza su quella dei cittadini. All’appuntamento partecipano circa 100 magistrati italiani, provenienti da tutte le regioni, eletti nella scorsa primavera nei rispettivi consigli giudiziari. Si tratta degli organi locali di autogoverno della magistratura, non a torto definiti oggi dei “mini Csm”, proprio perché si occupano di tutte le questioni più delicate che riguardano i magistrati e l’organizzazione degli uffici giudiziari italiani. Al vaglio dei consigli molti aspetti importanti, come le progressioni in carriera dei magistrati, passando poi ai pareri per le nomine, a rilevanti incarichi, primi fra tutti per quelli di Procuratore della Repubblica e di Presidente del Tribunale. L’iniziativa si inserisce nel solco di quelle condotte dal segretario nazionale Cosimo Ferri, a tutela dei magistrati contro il dilagante fenomeno del correntismo all’interno della Magistratura e a favore di regole chiare che consentano di valutare i magistrati, per l’avanzamento in carriera come per gli incarichi direttivi, sulla base del merito e non secondo logiche di appartenenza a questa o quella corrente. Grazie alle battaglie condotte negli ultimi anni, il gruppo di Magistratura Indipendente con alla guida il segretario Ferri ha ottenuto un rilevante successo di consensi nelle ultime elezioni per il rinnovo del “parlamentino” dell’Associazione Nazionale Magistrati (Anm), riportando ben duemila voti (dei quali 1.200 solo di preferenze personali per Ferri) tra tutti i magistrati italiani, pari ad un terzo degli aventi diritto al voto. L’incontro vedrà la partecipazione, oltre al segretario Cosimo Ferri, dei consiglieri del CSM Antonello Racanelli, Tommaso Virga e Alessandro Pepe, nonché di diversi Procuratori della Repubblica e Presidenti di Tribunale, provenienti da tutta l’Italia. Previsto il contributo, quali relatori, di un gruppo di magistrati impegnati nell’elaborazione delle proposte di riforma a tutela della magistratura, tra i quali Luca Forteleoni, sostituto Procuratore della Repubblica di Nuoro e consigliere giudiziario in Sardegna, che coordinerà l’incontro unitamente a Claudio Galoppi e Anna Giorgetti, entrambi giudici del Tribunale di Milano. Giustizia: La Russa (Fratelli d’Italia); sì a misure alternative, no ad amnistia e indulto Italpress, 20 gennaio 2013 “Rivolgo la mia solidarietà ad Aldo Di Giacomo, esponente del Sindacato autonomo di polizia penitenziaria (Sappe) giunto al quarantesimo giorno di sciopero della fame per richiamare l’attenzione sulla grave situazione delle carceri. Fratelli d’Italia è assolutamente contraria all’amnistia e all’indulto ma auspica una riforma strutturale che possa migliorare il problema del sovraffolamento, magari attraverso il ricorso a misure alternative alla detenzione e si impegna sin d’ora non solo a porre il problema delle carceri tra i primi punti da discutere nella prossima legislatura ma anche a rivolgere alle forze dell’ordine e al comparto sicurezza tutte quelle attenzioni che meritano”. Lo dichiara Ignazio La Russa, fondatore movimento Fratelli d’Italia - Centrodestra nazionale. Cirielli (Fdi): no amnistia, ma rivedere custodia cautelare “È necessaria una riforma strutturale per risolvere l’emergenza del sovraffollamento delle carceri in Italia”. Lo ha dichiarato Edmondo Cirielli, esponente di Fratelli d’Italia - Centrodestra nazionale. “È evidente che il problema non si risolve non punendo i plurirecidivi e facendo pagare tale inefficienza dello Stato sui cittadini che non commettono reati e subiscono, invece, indulti e amnistie che servono semplicemente a svuotare le carceri e non certamente a rieducare le persone né a tutelare la società, ha spiegato. “Occorre innanzitutto rivedere il sistema della custodia cautelare che oggi riempie ulteriormente le strutture con grande spreco di denaro pubblico, e far scontare le pene agli stranieri nei loro paesi d’origine”, ha concluso. Benedettelli (Fdi): sbagliato ricorrere a impunità “Non servono a nessuno provvedimenti d’impunità, è invece necessaria una volontà politica di risolvere per davvero il problema in modo strutturale e che tenga conto dei molteplici attori in gioco: i carcerati, chi lavora nei penitenziari, le vittime e i cittadini”. Lo afferma Barbara Benedettelli, candidata alla Camera dei Deputati per Fratelli d’Italia e Responsabile del Dipartimento Tutela Vittime. “Bisogna trovare una soluzione che non offende le vittime dei reati, che non mette a rischio la sicurezza dei cittadini e che allo stesso tempo tenga conto della dignità dei carcerati e del principio di educazione espresso nell’articolo 27 della Costituzione. Ci sono carceri in Italia che possiamo definire eccellenze. Siano prese a modello. Ci sono decine di penitenziari inutilizzati e caserme dismesse che gli stessi detenuti potrebbero recuperare, in quanto quello al lavoro è un diritto - e un dovere - anche per loro. La popolazione carceraria va ridistribuita. Ci vuole un organo terzo di controllo sulla custodia cautelare. I tossicodipendenti devono essere inseriti in comunità di recupero e i clandestini accompagnati a casa loro. Le soluzioni ci sono. Manca la volontà. Facile dire: tutti fuori!”. Giustizia: Balducchi (Capo cappellani penitenziari): carcere non è “pareggio di conti” Ansa, 20 gennaio 2013 La giustizia non deve essere “intesa come un pareggio di conti” ma deve essere un percorso che porti alla rieducazione. È quanto ritiene don Virgilio Balducchi, ispettore capo dei cappellani penitenziari, intervenuto oggi a Napoli al convegno diocesano sul volontariato carcerario. “Innanzitutto dobbiamo interrogarci - ha detto ancora don Balducci - su quale tipo di giustizia realmente vogliamo. La giustizia vera è quella che salva - ha osservato ancora il coordinatore dei cappellani penitenziari - e non è quella che semplicemente condanna”. Non bisogna però dimenticare, ha ammonito don Virgilio, “le vittime dei reati, la loro sofferenza ma è sempre possibile procedere su percorsi di riconciliazione che normativamente si potrebbero tradurre nella mediazione penale che va a vantaggio di tutti”. Appello Arcivescovo Napoli Sepe al futuro Governo: serve riforma penale Un appello al futuro governo “affinché sia attuata una riforma della normativa penale per guardare più alle persone che al fatto” è stato lanciato dall’arcivescovo di Napoli, il cardinale Crescenzio Sepe, concludendo oggi nella sala riunione del Basilica di Capodimonte i lavori del convegno diocesano sul volontariato carcerario. “Bisogna creare intorno alla persona che ha sbagliato - ha proseguito Sepe - un sistema che si preoccupi non solo dell’errore commesso ma anche del futuro delle stesse persone”. Negli istituti di pena, ha detto ancora l’arcivescovo di Napoli “il primo obiettivo deve essere quello della rieducazione e quindi bisogna tener conto della dignità dei reclusi”. La Chiesa proseguirà a garantire, ha assicurato infine il presule la sua opera attraverso l’opera dei volontari, dei religiosi. Giustizia: i Radicali raccolgono firme dei detenuti per la lista Amnistia Giustizia e Libertà Ristretti Orizzonti, 20 gennaio 2013 Milano: raccolte 122 firme tra i detenuti di San Vittore Per tutta la giornata di ieri, l’Associazione Enzo Tortora - Radicali Milano ha raccolto le sottoscrizioni per la Lista AGL, promossa dai Radicali, all’interno del Carcere di San Vittore. I detenuti che sono risultati in possesso dei requisiti per poter sottoscrivere la lista sono stati complessivamente 122, distribuiti nei vari raggi della casa circondariale. Quella di ieri è stata una giornata particolare: come Radicali, abbiamo fatto capire che non è difficile rendere il Carcere una realtà aperta alla democrazia e all’esercizio dei diritti civili e politici di ognuno, e che con la collaborazione delle Istituzioni, possiamo tutti insieme educare al cambiamento democratico anche in quelle realtà che sono “altro” rispetto alla quotidianità. Dobbiamo ringraziare la Direzione del Carcere, nella persona della dott.ssa Gloria Manzelli e il tutto il personale penitenziario della Casa Circondariale milanese, che ci hanno permesso un’esperienza unica anche dal punto di vista personale. Ringraziamo inoltre il consigliere provinciale del PD, Enrico Borg, che si è reso disponibile per l’autentica delle firme all’interno del carcere e che è sempre schierato con noi nelle battaglie per la Giustizia, e particolarmente Marina Milella, della Segreteria della Tortora, senza il cui personale impegno nulla sarebbe stato possibile. Firenze: a Solliccianino 22 su 80 firmano Dichiarazione dei candidati Radicali della lista toscana amnistia giustizia e libertà sen. Donatella Poretti, sen. Marco Perduca, on. Matteo Mecacci e il cons. provinciale Massimo Lensi: “Dall’Istituto penitenziario di Solliccianino il riconoscimento e il ringraziamento ai Radicali e alla loro battaglia per uno Stato di diritto e per la lista Amnistia Giustizia e Libertà. Tutti i 22 detenuti toscani hanno sottoscritto la lista perché si possa presentare alle prossime elezioni e metta al centro dell’iniziativa politica il tema della giustizia e del rientro nella legalità delle carceri italiane. Anche la direttrice Mattesini ha firmato riconoscendo il valore dell’impegno dei Radicali e di Marco Pannella su questi temi”. La Toscana ha un sovraffollamento in linea colle medie nazionali, altrettanto carente l’organico della polizia penitenziaria e I direttori degli istituti. Nei prossimi giorni si potranno sottoscrivere le liste in via Roma e Piazza Strozzi per tutta la giornata sabato e domenica. Torino: raccolte 250 firme di detenuti In sei ore e mezza di lavoro ininterrotto, una “task-force” radicale (composta da Giulio Manfredi, Silvja Manzi, Alberto Ventrini, Igor Boni e Aldo Spagnoletti) ha raccolto circa 250 firme di cittadini detenuti nel carcere “Lorusso e Cutugno” di Torino in calce alle liste “Amnistia Giustizia Libertà” per la Camera dei Deputati e per il Senato della Repubblica. All’uscita dall’istituto, Boni e Manfredi hanno dichiarato: Vogliamo, innanzitutto, ringraziare il direttore del “Lorusso e Cutugno”, Giuseppe Forte, per la pronta disponibilità dimostrata e il sovrintendente Giancarlo Figus, che ci ha accompagnati e assistiti nel nostro lavoro. Poi vogliamo ringraziare i cittadini detenuti, che hanno manifestato concretamente il loro sostegno non solo alla lista ma all’iniziativa complessiva promossa da Marco Pannella e dai radicali per la riforma della giustizia. I cittadini detenuti nel “Lorusso e Cutugno” sono quasi 1.500. Se teniamo presente sia che il 60% di essi è composto da extracomunitari sia la presenza di numerosi reclusi italiani interdetti dai pubblici uffici, è ancor più evidente il grande segnale di democrazia e di nonviolenza rappresentato da quelle 250 firme. Trieste: amnistia, le firme di 90 detenuti I detenuti del Coroneo chiedono l’amnistia attraverso i Radicali. Il 90% degli italiani detenuti a Trieste ha infatti sottoscritto ieri la lista “Amnistia, giustizia e libertà” promossa dai Radicali per le politiche di febbraio. Su 250 detenuti 100 sono italiani con diritto di voto e hanno firmato in 90”. La battaglia contro il sovraffollamento delle carceri resta uno dei temi più forti per i Radicali. “Il carcere di Trieste - riprende Gentili - gode di finanziamenti migliori rispetto a quelli per esempio di Gorizia e Pordenone, ma vive il dramma del sovraffollamento come tutte le altre carceri d’Italia. Il numero dei detenuti è in costante crescita: al 31 dicembre 2012 ammontava a quasi 67mila unità a fronte di una capienza regolamentare di poco più di 45mila posti. Sovraffollamento, mancanza di spazi, inadeguatezza di strutture, carenza di organici e di personale civile, stato di sofferenza della sanità all’interno impediscono il trattamento riabilitativo della pena incrementando, negli ultimi anni, il numero di suicidi e di gravi malattie. Raccolta firme nelle Case circondariali di Terni e Perugia Nella giornata di ieri due delegazioni radicali si sono recate presso le case circondariali di Terni e Perugia per consentire ai cittadini detenuti e ai dipendenti dell’amministrazione penitenziaria di sottoscrivere, legalmente, le liste “Amnistia, Giustizia, Libertà”. A Terni, Alessandro Massari, candidato per l’elezione della Camera dei deputati e Mauro Fonzo, candidato per l’elezione al senato della Repubblica, raccoglieranno le sottoscrizioni nella casa circondariale accompagnati da un autenticatore “politico”, il consigliere comunale di Rifondazione comunista Mauro Nannini. In un momento in cui per qualsiasi difficoltà ci si appella, spesso a sproposito, alla Costituzione, senza che (quasi) nessuno ne rispetti il dettato, l’opera istituzionale garantita da Nannini è preziosa perché rappresentativa del comportamento di chi, la Costituzione, la prende sul serio, garantendo ai detenuti i diritti riconosciuti loro dalla legge ed alle forze politiche il diritto di presentarsi validamente alla competizione elettorale. A Perugia sarà Andrea Maori, segretario dell’associazione “Radicali Perugia”, accompagnato dall’autenticatore e militante radicale, Pierfrancesco Pellegrino a proporre alla comunità carceraria l’opportunità di sottoscrivere la lista “Amnistia, Giustizia, Libertà”. Nel frattempo prosegue la raccolta di firme nelle piazze, nelle strade, nelle case di chi ha a cuore la legalità nelle istituzioni. La corsa contro il tempo prosegue anche per la certificazione delle firme dei detenuti e dei cittadini tutti, nel silenzio assordante dei mass media. La lista “Amnistia, Giustizia, Libertà”, contiene lo scopo della riforma della sistema giudiziario, carcerario e l’amnistia. Per questo stesso motivo alle prossime elezioni i candidati della lista rischiano non poter partecipare alla competizione elettorale. Ciò sta accadendo nonostante l’Italia sia condannata da decenni dalle giurisdizioni europee e internazionali per reiterate violazioni della Costituzione e del diritto internazionale. In tutte le altre liste è evidente la paura di “perdere voti”, quindi non si propone agli elettori (spesso ben più evoluti e civili dei “politici”) la riforma strutturale da noi individuata come fondamentale, con la conseguenza di un reiterato massacro dell’Amministrazione della Giustizia, l’oblio dello Stato di Diritto e la violazione dei diritti umani dei detenuti. Giustizia: Di Giacomo (Sappe) sospende sciopero fame e sete, ieri telefonata dal Quirinale Ansa, 20 gennaio 2013 “Da questa mattina ho interrotto lo sciopero della fame e della sete”. Lo ha detto all’Ansa Aldo Di Giacomo, il consigliere nazionale del Sappe, Sindacato autonomo di Polizia penitenziaria, che ha portato avanti la sua protesta (40 giorni senza cibo e 11 senza bere) per sensibilizzare la politica sulla disastrosa situazione della giustizia e delle carceri in Italia. Sulla questione sollevata dal sindacalista sono intervenuti, nelle ultime ore, Senato e Camera, partiti di centrodestra e centrosinistra, il ministro della Giustizia. Ieri sera, infine, Di Giacomo ha ricevuto una telefonata dal Quirinale. “Oltre alla solidarietà - commenta il sindacalista - dalla politica non ho ricevuto grandi impegni se non quello di sensibilizzare chi seguirà nella guida del Paese”. Intanto in nottata è arrivato a Campobasso il segretario generale del Sappe, Donato Capece. “Dopo ore di confronto - ha detto Di Giacomo - le motivazioni addotte dal mio segretario mi hanno convinto a sospendere la protesta, per dare tempo al mondo della politica e a quello istituzionale di trattare l’argomento. Se ciò non accadesse sono pronto a ricominciare”. Giustizia: Frongia (Intesa Popolare); nelle carceri troppi detenuti e pochi poliziotti www.informazione.it, 20 gennaio 2013 Sovraffollamento delle carceri alle stelle; 7 mila poliziotti penitenziari in meno rispetto agli organici previsti ed il Governo che pensa addirittura di mandarne a casa 4 mila; mezzi che trasportano agenti e detenuti che cadono a pezzi e dirigenti a spasso con berline fuoriserie; risse, aggressioni, tentati suicidi e tante, tante parole al vento dai vertici dell’Amministrazione penitenziaria e dal mondo della politica. Basta indifferenza”. Ad affermarlo è Luca Frongia già Segretario generale aggiunto del Lisiapp sindacato rappresentativo della polizia penitenziaria e candidato alle politiche di febbraio alla Camera dei Deputati con il movimento Intesa Popolare della coalizione del centro destra, che proprio nel giorno dopo che il procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati ha emanato una circolare per invitare i colleghi a ridurre il ricorso al carcere, sia come misura cautelare sia in fase di esecuzione pena. Bruti Liberati, in particolare, ha evocato la recente sentenza di condanna della Corte di Strasburgo per il sovraffollamento carcerario, che in Italia si aggira attorno al 148 percento. In quella sentenza la Corte europea dei diritti umani ricorda le raccomandazioni del Consiglio d’Europa volte a sollecitare procuratori e giudici nazionali “a ricorrere nella misura più larga possibile alle misure alternative alla detenzione e a riorientare la loro politica penale verso un minore ricorso alla carcerazione”. Nell’ambito del Corpo della polizia penitenziaria - Frongia sottolinea - “L’Amministrazione penitenziaria sembra vivere in una realtà virtuale e non si rende evidentemente conto della drammaticità del momento, che costringe le donne e gli uomini della polizia penitenziaria a condizioni di lavoro sempre più difficili: la situazione penitenziaria è sempre più incandescente conferma l’ex dirigente sindacale. Lo confermano drammaticamente i gravi episodi che accadono sistematicamente nelle carceri italiane con gravi conseguenze ai poliziotti; lo evidenziano soprattutto i continui tentativi di evasione e le evasioni vere e proprie, le aggressioni e le risse. Le istituzioni e il mondo della politica non possono più restare inermi e devono agire concretamente. C’è bisogno di una nuova politica dell’esecuzione della pena, che ripensi il sistema sanzionatorio. Per questo che il movimento di Intesa Popolare conclude Frongia - mi ha chiesto nell’ambito della coalizione del centro destra di portare avanti le istanze di Noi tutti poliziotti, mantenendo alto come sempre il livello di informazione e di azione politica. Lettere: le carceri non si svuotano se “fuori” manca il lavoro di Maria Monteleone (insegnante nella Casa Circondariale di Trieste) Il Piccolo, 20 gennaio 2013 Dopo i digiuni di Pannella ed i richiami del Capo dello Stato sull’emergenza carceri , ho temuto che l’argomento giustizia venisse archiviato fino al prossimo estenuante digiuno dell’ormai anziano, ma determinato Pannella. Provvidenziale si è rivelata invece, la sentenza post natalizia della Corte europea per i diritti umani che ha condannato l’Italia per trattamento degradante e inumano. Frequento la Casa Circondariale da 11 anni e lì insegno ai detenuti. Spesso da loro, mi sono sentita dire: “Prof, fuori parli di noi”. Parlare del carcere e delle condizioni dei detenuti non è facile, sembra di violare la loro intimità, la loro dignità. E poi davanti alla sofferenza vien voglia solo di tacere. Ma, sull’emergenza carceri il sipario non può e non deve calare, bisogna che se ne parli. Anche l’opinione pubblica deve premere perché il carcere da luogo di detenzione inadeguato diventi dignitoso. Una persona che ha sbagliato non perde la dignità. Di solito le persone condannate accettano la pena, ma quando le condizioni sono inaccettabili, inumane, a volte incomprensibili, scatta la rabbia. L’impressione che ho, è che così com’è il carcere serva poco, ancor meno a riabilitare e reinserire la persona, come vuole la Costituzione. Semmai ad alimentare l’ emarginazione sociale dei detenuti oppure a tenerci persone che di recidiva in recidiva (per reati minori) andrebbero più curate che carcerate. Educatori e personale di polizia penitenziaria, vi lavorano con professionalità ed umanità che mi sorprendono sempre, considerato il luogo di non facile convivenza. A rendere la detenzione meno dura si attuano corsi per imparare un mestiere, corsi d’italiano per stranieri, scuola carceraria, eccetera. Ma non basta. Da più parti si chiede di rivedere (senza risultati) alcune leggi che hanno riempito le carceri come la Bossi-Fini (immigrazione) e la Fini-Giovanardi (stupefacenti). Il governo tecnico uscente nel febbraio scorso ha emanato la legge svuota carceri che, a parte l’ambizione manifestata dal nome, di fatto le ha alleggerite un po’. Un detenuto che ho visto rientrare in carcere, alla mia domanda sul perché lo avesse fatto, mi ha risposto: “per sopravvivere!”. Una risposta che non dimentico. E se Toni, Roberto, Mohammed... avessero un lavoro vero, certo preferirebbero stare fuori. E invece nell’ultima legge di stabilità spariscono 27 milioni di incentivi per le imprese e le cooperative che assumono detenuti: una delle cose positive che toglierebbe dall’illegalità e dalla recidiva tanti detenuti. E così la seconda provvidenza che la sentenza della Corte europea ha portato al sistema carcerario è che il giorno dopo sono stati ridestinati 16 milioni di quei fondi. Contraddizioni e confusioni non risolutive per quella che ormai è diventata un’emergenza dai costi non indifferenti. Vien da chiedersi se ancora il nostro Paese ha voglia di essere un Paese moderno, civile e, per certi versi, più sicuro. Non posso credere che in Italia non esista una persona (o un gruppo di persone ) che dal di dentro, conoscendo i complessi problemi della giustizia, riesca a cambiare le cose, insomma un “Basaglia” delle carceri che proponga con coraggio soluzioni e norme capaci di modificare il sistema ed anche la nostra mentalità piena di pregiudizi, spesso forcaiola. Calabria: Nucera (Pdl); sistema carceri ormai al collasso, non possiamo attendere oltre Asca, 20 gennaio 2013 “Non possiamo attendere che si consumino tragedie anche ben più gravi nelle nostre carceri”. È quanto afferma il Segretario Questore del Consiglio regionale della Calabria, Giovanni Nucera, che esprime solidarietà e vicinanza ai quattro agenti della Polizia Penitenziaria, in servizio nella Casa Circondariale di Reggio Calabria, aggrediti due giorni fa da un detenuto ospite dello stesso penitenziario. “È un nuovo inqualificabile episodio che rivela insostenibile il clima di tensione ormai esistente all’interno delle carceri calabresi, e non solo. Sovraffollamento oltre ogni limite, carenza di personale di vigilanza. Una situazione che denunciamo da tempo - ricorda Nucera - che rappresenta la chiara dimostrazione delle difficoltà e delle condizioni di scarsa sicurezza in cui sono costretti ad operare come molti operatori carcerari, a cominciare dagli agenti di polizia Penitenziaria”. “Una emergenza infinita che richiede interventi strutturali, costruendo nuove carceri e consegnando quelle ormai ultimate, come il nuovo carcere di Arghillà che attende solo pochi interventi marginali per entrare in servizio. Non bastano, cosi come dimostrano i fatti e gli episodi quotidiani che mettono a rischio la sicurezza dei nostri operatori - rileva Nucera - le cosiddette misure alternative alla detenzione, che non hanno risolto la situazione delle nostre carceri. Hanno evitato soltanto un collasso irreversibile del sistema carcerario italiano, che non potrà comunque reggere ancora a lungo. Lo dimostrano i dati del tasso di sovrappopolazione che per il 2012 è attestato al 148%, e l’ultimatum dell’Europa all’Italia, già “bacchettata” per il livelli di sovraffollamento delle nostre carceri, che ci ha ingiunto ad introdurre entro un anno dalla sentenza, un ricorso o un insieme di ricorsi interni idonei ad offrire un ristoro adeguato e sufficiente per i casi di sovraffollamento carcerario”. Sicilia: il ministro Paola Severino visita l’Opg di Barcellona Pozzo di Gotto Adnkronos, 20 gennaio 2013 Doppio appuntamento ieri in Sicilia per il ministro della Giustizia, Paola Severino. In mattinata, alle 10.30 è stata a Palermo, insieme con il ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri, presso l’auditorium del Liceo classico G. Meli, per partecipare alla presentazione dei Progetti di educazione alla cittadinanza in occasione della ricorrenza della nascita di Rocco Chinnici e Paolo Borsellino. Dopo il saluto alle autorità, da parte del preside dell’Istituto scolastico Salvatore Chiaramonte e della dirigente scolastica regionale Maria Luisa Altomonte, l’introduzione, a nome delle Fondazioni organizzatrici, è affidata a Caterina Chinnici, capo dipartimento della Giustizia minorile dal 5 luglio 2012 e figlia del giudice istruttore del quale si ricorda l’88° anniversario della nascita. Dopo gli interventi della guardasigilli e della responsabile del Viminale, una breve presentazione dei progetti da parte dei rappresentanti delle Fondazioni Chinnici e Borsellino. Nel pomeriggio Paola Severino si è trasferita a Barcellona Pozzo di Gotto dove, alle 15.30, accompagnata da Giovanni Tamburino, capo Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, ha visitato l’Ospedale psichiatrico giudiziario, accolta dal provveditore regionale Maurizio Veneziano e dal direttore Nunziante Rosania. Ha partecipato alla visita anche Rosario Crocetta, presidente della Regione Sicilia. Dopo la visita ai padiglioni detentivi e a quelli dedicati alle lavorazioni - falegnameria, officina fabbro - meccanica, floricoltura - e l’incontro con il personale dell’Istituto, la guardasigilli ha incontrato la stampa nella Sala del Teatro. Vibo Valentia: muore in carcere a 76 anni, gli avevano revocato arresti domiciliari Agi, 20 gennaio 2013 È deceduto questa mattina nel carcere di Vibo Valentia Michele Paradiso, 76 anni, arrestato il 14 maggio dello scorso anno per aver tentato di uccidere la figlia con una coltellata all’addome nel centro abitato di Nicotera Marina, in provincia di Vibo. Con lo stesso coltello, l’anziano, in preda ai fumi dell’alcol, avrebbe poi minacciato i carabinieri accorsi per arrestarlo. Allo stato nessuna inchiesta è stata aperta per accertare le cause del decesso che, ad avviso della polizia penitenziaria e dei sanitari del 118, è avvenuto per arresto cardiaco dopo che l’anziano ha avvertito un malore. Prontamente soccorso, Michele Paradiso è morto durante le cure prestate dai sanitari. L’anziano, posto agli arresti domiciliari dopo l’accoltellamento della figlia, era ritornato in carcere per reiterate violazioni della detenzione domiciliare. La prima udienza del processo a suo carico si sarebbe dovuta tenere a maggio. Catanzaro: servizi sanitari per i detenuti, accordo tra carcere e ospedale psichiatrico www.catanzarolive.it, 20 gennaio 2013 Si è svolto nella sede della direzione generale dell’Asp in via V. Cortese a Catanzaro il tavolo istituzionale tra ministero della Giustizia, Regione Calabria, Amministrazione carceraria di Siano e Azienda sanitaria provinciale di Catanzaro per l’istituzione di una nuova struttura socio-sanitaria che sarà allocata nella struttura detentiva di Siano e all’interno dell’ex ospedale psichiatrico di Girifalco, che accoglierà parte dei pazienti che arriveranno dall’ospedale psichiatrico carcerario di Barcellona Pozzo di Gotto in provincia di Messina che sta per chiudere. All’importante incontro hanno preso parte, insieme al direttore generale dell’Asp Dott. Gerardo Mancuso, il Dott. Calogero Piscitello magistrato e Direttore Generale Ufficio Detenuti e Detenimento del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia, la Dott.ssa Paola Montesanti, Direttore Ufficio sanitario Ministero della Giustizia, il Dott. Salvatore Acerra Provveditore regionale dell’Amministrazione penitenziaria della Calabria, la Dott.ssa Angela Paravati Direttore Carcere Siano Catanzaro, il Dott. Rosario Tortorella vicario del Provveditorato, il Dott. Giuseppe Pannuti Direttore contabilità Provveditorato, il Dott. Luigi Rubens Curia Dirigente settore area Lea Dipartimento regionale tutela della Salute, il Dott. Luciano Lucania settore area Lea Dipartimento regionale tutela della Salute, il Dott. Antonio Montuoro Referente sanità penitenziaria Asp Catanzaro, il Direttore Sanitario dott. Mario Catalano e il Direttore Amministrativo dott. Giuseppe Pugliese. In particolare, la riunione è servita per fare il punto sullo stato di attuazione della nuova struttura socio-sanitaria destinata ai detenuti, che rappresenta l’unico esempio del genere in tutto il Meridione. “È un onore aver ricevuto il magistrato Dott. Calogero Piscitello - ha affermato il direttore generale Mancuso - è stato un momento di confronto su un argomento topico e cioè quello di costruire in questa Regione, e specificatamente nella provincia di Catanzaro e in questa Asp, un sistema di assistenza sanitaria collegato al sistema carcerario. Per questo abbiamo avanzato una serie di questioni che sono state discusse al tavolo istituzionale e vi è una grandissima considerazione e aderenza rispetto ad un progetto che prevede l’allocazione all’interno del carcere di Siano una struttura socio-sanitaria, che sarà parzialmente gestita dall’Azienda sanitaria provinciale di Catanzaro, e all’interno di una struttura psichiatrica che si trova a Girifalco e che andrà ad accogliere una parte dei pazienti che derivano dalla chiusura dell’ospedale psichiatrico di Barcellona Pozzo di Gotto”. “Questa è un’ulteriore sfida verso un progetto che ci vede attori e punto di riferimento di questo sistema sanitario nel Meridione d’Italia - ha sottolineato il Dott. Mancuso - e il merito va anche dato al dottore Rubens Curia che, con passione e con molta determinazione, ha portato questo progetto avanti. Noi siamo soddisfatti di aver raggiunto questo ulteriore importante traguardo e contiamo di realizzarlo a breve”. Nello specifico, il progetto prevede l’istituzione di strutture destinate al trattamento della disabilità motoria e del disagio psichico nell’ex Centro diagnostico terapeutico (Cdt) della Casa Circondariale di Catanzaro “Siano”. Un servizio che potrà essere realizzato grazie all’offerta sanitaria che fornirà l’Asp. Il reparto detentivo destinano ai detenuti affetti da disabilità motorie avrà un’implementazione di servizi specialistici mirata alla fisioterapia e alla riabilitazione, orientata verso il profilo della specialistica ambulatoriale, mentre il reparto psichiatrico, integrato dalla Sezione di Osservazione Psichiatrica sotto un profilo generale, rientra nell’ambito più delle competenze del Dsm di Catanzaro, quale possibile articolazione autonoma e specifica. La struttura per disabili fisici è in condizione di affrontare problematiche cliniche anche di elevata complessità, sia nel post-acuzie che nella cronicità, finalizzate al migliore possibile recupero funzionale ovvero alla stabilizzazione delle patologie. Per le prestazioni assistenziali di base verranno utilizzate in maniera estensiva le dotazioni organiche già presenti presso i servizi sanitari della Casa circondariale di Siano; sotto il profilo della specialistica ambulatoriale l’offerta sanitaria dovrà essere ampliata solo ad alcune branche, quali la Fisiatria per 18 ore settimanali, necessarie sia per la redazione dei singoli progetti riabilitativi individuali che per il relativo monitoraggio, sia alle branche di Neurologia, Dermatologia e Chirurgia per complessive 10 ore settimanali in relazione alla tipologia dei detenuti. Più articolata è la dotazione in termini di professionalità sanitarie, prevedendosi due fisioterapisti a tempo pieno e un turno dedicato di infermieri 12 ore associato a un turno di 12 ore per gli Oss. Più complessa è la dotazione di risorse umana per la sezione dedicata al disagio mentale ed all’osservazione psichiatrica, poiché in questa necessita un turno di 24 ore di due unità di infermieri e un turno di 12 ore di Oss. La bozza di accordo prevede inoltre che il ministero di Giustizia assicuri i profili di sicurezza in maniera adeguata, prevedendo il numero necessario di posti di servizio di polizia penitenziaria nel padiglione, così come dovranno essere previsti, per la sezione dedicata ai disabili fisici, un adeguato numero di detenuti lavoranti nella mansione di “piantone”. Firenze: i detenuti del carcere minorile da oggi imparano a fare i giardinieri www.ilreporter.it, 20 gennaio 2013 Formare giardinieri, e non solo, tra i giovani detenuti nel carcere minorile di Firenze. È l’obiettivo del progetto ‘Creì per ragazzi a rischio di esclusione sociale e in messa alla prova o con pene detentive alternative, che nasce dalla collaborazione del Centro di Giustizia Minorile della Toscana e l’agenzia formativa Apab. “Crei”, finanziato dalla provincia di Firenze, comprende 3 moduli di 300 ore ciascuno e punta a formare i ragazzi in agricoltura biodinamica, giardinaggio e piccole manutenzioni. L’iniziativa è stata presentata, dall’assessore all’educazione insieme a Silvia Signorini, dirigente dell’istituto comprensivo “Le Cure”, Giuseppe Centomani, direttore del Centro di Giustizia Minorile della Toscana e Gaia Citriniti, coordinatrice di Apab. L’Istituto comprensivo Le Cure ed Apab hanno stipulato un protocollo di intesa che sigla la collaborazione tra i due enti. La scuola La Pira, confinante con il terreno demaniale di via dei Bruni, dato dal Centro di Giustizia Minorile in concessione gratuita per 10 anni all’Apab, ha manifestato la necessità di avere l’uso gratuito di una parte del terreno per le proprie attività legate alla didattica ambientale. L’Apab, grazie ad un accordo con il Centro di Giustizia Minorile, ha messo a disposizione non solo una porzione del terreno per le attività della scuola, ma grazie al progetto “Crei”, ha attivato un percorso formativo di “piccola manutenzione” che verrà svolto all’interno della scuola. L’attività formativa che, come da protocollo di intesa, non intralcerà in alcun modo le attività degli alunni della scuola, attualmente coinvolge sono complessivamente in 5 ragazzi in messa alla prova. L’aspetto delle “piccole manutenzioni” è una delle fasi nodali del progetto: i cinque giovani, su richiesta dei bambini e degli insegnanti della scuola La Pira, interverranno nelle piccole riparazioni. Alla fine del percorso, a coloro che avranno terminato, verrà rilasciata una “dichiarazione degli apprendimenti” come previsto dal sistema europeo delle competenze. Is Arenas (Ca): “Oltre le barriere”, un progetto per reinserire i detenuti nella società L’Unione Sarda, 20 gennaio 2013 Reinserimento sociale dei detenuti extracomunitari del carcere di Is Arenas e creare un’alternativa alla delinquenza. Arbus aderisce al progetto intercomunale “Oltre le barriere”, nato per favorire “chi, trovandosi in una situazione di vulnerabilità socio - economica, attraverso lo strumento lavoro, potrà allontanarsi dalla devianza sociale”. A Is Arenas, su 173 detenuti, dai 18 ai 65 anni, 151 sono stranieri, per la maggior parte uomini. Quasi tutti provengono dal Nord Africa, in particolare da Algeria, Marocco, Tunisia, pochi dall’America Latina. Saranno loro ad essere coinvolti in una serie di azioni finalizzate ad un’opportunità spendibile per il territorio. “L’area del carcere”, dice l’assessore ai Servizi sociali, Viviana Onnis, “si presta benissimo ad interventi di pubblica utilità che potrebbero essere eseguiti dai detenuti, come del resto è sempre stato. La novità sta nel fatto che ora saranno seguiti da personale qualificato, tramite uno sportello informativo all’interno della struttura, in collaborazione col Centro servizi per il lavoro di San Gavino”. Onnis sottolinea che per il Comune l’iniziativa non comporta alcuna spesa: la somma ammonta a circa 50 mila euro, per il 75 per cento dovrebbe arrivare dal Fondo europeo sociale ed il restante 25 per cento dal Ministero dell’Interno, più esattamente dai fondi per l’integrazione. Si parte con un corso di formazione a tutti gli immigrati extracomunitari in regola con il permesso di soggiorno, purché stiano scontando pene lievi. L’idea è della cooperativa sociale “Attivamente” di San Gavino, sposata dalla Provincia, dai sindacati, da Laore, dal Gal Monte Linas. Tempio Pausania: interrogazione di Pili (Pdl) sul possibile arrivo di nuovi detenuti in 41bis notizie.alguer.it, 20 gennaio 2013 “Blitz stamane nel carcere di Tempio. Trentasette detenuti all’alba sono stati urgentemente trasferiti nelle altre carceri sarde per liberare uno dei bracci del nuovo penitenziario gallurese. Si tratta dell’ennesimo atto dell’amministrazione penitenziaria che sta predisponendo la struttura di Tempio per accogliere gli affiliati della mafia e della camorra. I continui trasferimenti messi in campo in questi ultimi mesi denotano un obiettivo chiaro: trasferire nel carcere di Nuchis i detenuti dell’alta sicurezza. Un comportamento che conferma la gravità della decisione del Ministro della Giustizia di trasformare la Sardegna in una vera e propria cajenna di Stato”. La denuncia arriva dal deputato sardo Mauro Pili che ha sollevato il caso con una nuova interrogazione parlamentare. “Non si può continuare a gestire con tale pressapochezza la politica penitenziaria - ha detto Pili. Questo trasferimento mette in rilievo l’incapacità di fare scelte pianificate e rappresenta l’ennesimo tentativo di utilizzare un carcere sardo per concentrare su quella struttura detenuti pericolosi provenienti da altre carceri italiane. Nelle prossime ore da Palermo e Augusta giungeranno a Tempio decine di detenuti dell’alta sicurezza provenienti dai carceri siciliani. Si tratta dell’ennesimo piano di trasloco di detenuti mafiosi provenienti dalle carceri siciliane che punta a mettere sotto pressione l’intero sistema carcerario sardo ancora privo di personale sufficiente a governare l’apertura delle nuove strutture”. Sorprende, ed è di una gravità inaudita, il persistere sull’obiettivo di trasferire in Sardegna il più alto potenziale mafioso al quale si sommerà l’arrivo dei capi mafia previsto tra qualche mese nei carceri di Sassari, Nuoro e Uta - denuncia il deputato sardo. “Affermare e persistere nel considerare che il luogo ideale per trasferire i mafiosi è la nostra isola è grave e irresponsabile. Il tentativo di nascondere e agire con tale riserbo senza comunicare alle istituzioni locali questa nuova ennesima dislocazione mafiosa nella nostra isola è inaudito. Il rischio di infiltrazioni mafiose è scritto negli atti del ministero della Giustizia e chi tenta di ignorare questa situazione persegue interessi contrari a quelli della Sardegna e dei Sardi”, conclude Mauro Pili. Sassari: il nuovo carcere di Bancali potrebbe essere aperto tra marzo e aprile La Nuova Sardegna, 20 gennaio 2013 Il trasferimento dei detenuti di San Sebastiano al carcere di Bancali potrebbe avvenire tra marzo e aprile. Per la prossima settimana è fissato il passaggio di consegne del cantiere dal provveditorato regionale Opere pubbliche all’amministrazione penitenziaria, il Prap, o meglio il ministero della Giustizia. Spetterà poi al dicastero di Paola Severino completare la struttura già pronta con gli arredamenti, alcuni dei quali - sebbene in minima parte - sono già stati trasferiti. A quel punto, chiarisce il provveditore alle Opere pubbliche Donato Carlea, dopo aver già ottenuto il collaudo statico, la commissione incaricata dovrà completare quello impiantistico. E a quel punto - presumibilmente tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera - “il carcere sarà pronto per ospitare i detenuti”, chiarisce Carlea. Le altre formalità burocratiche, come il collaudo amministrativo, potranno essere portate a termine anche con i detenuti dentro. La comunicazione ufficiale - sebbene il Guardasigilli avesse promesso l’apertura per ottobre - arriva dopo i diversi allarmi lanciati a proposito delle condizioni del carcere di via Roma. Il gigante decrepito, dopo la chiusura del III braccio, è di nuovo in condizioni di sovraffollamento: ospita 130 detenuto sui 90 regolamentari. E da ottobre i reclusi continuano a combattere, come in estate, con le chiusure dell’erogazione di acqua da parte di Abbanoa, a causa di lavori di manutenzione ad un potabilizzatore. Ma due giorni fa il Comune, sollecitato dal garante dei detenuti Cecilia Sechi, aiutata dal comandante della Penitenziaria Piermaria Basile, ha accordato l’invio di una autobotte della protezione civile. Da oggi i reclusi potranno avere più acqua, mentre per settimane sono stati quasi a secco, con le difficoltà igieniche, in celle di 3 metri per 3, difficili da comprendere. Genova: il Sappe denuncia; black-out nel carcere di Marassi, situazione surreale Adnkronos, 20 gennaio 2013 “Da qualche ora l’intero penitenziario di Marassi è al buio per un black out”. Lo segnala, in una nota il segretario generale aggiunto del Sappe, Roberto Martinelli. “La situazione è sotto controllo, ma certo l’attenzione è alta - si legge. Siamo in attesa di un intervento manutentivo urgente, ma certo dopo questo episodio si dovrà prevedere una spesa straordinaria per la gestione di analoghe situazione”. Le situazioni critiche a Marassi sono costanti, aggiunge il sindacalista: “in pochi giorni contiamo l’evasione di un detenuto straniero dalla semilibertà e due atti di autolesionismo in cella di altrettanti ristretti”. Martinelli sottolinea infine che anche per queste criticità del carcere genovese il Sappe manifesterà a Roma il prossimo 23 gennaio per avere un nuovo capo della polizia penitenziaria e nuovi vertici al Dap. Napoli: Montesano (Osapp); nel carcere femminile di Pozzuoli situazione allarmante Ansa, 20 gennaio 2013 La situazione del carcere femminile di Pozzuoli (Napoli) è allarmante. È quanto denunciato da Pasquale Montesano, segretario nazionale Osapp, al termine della visita condotta nel penitenziario in occasione del Tour 2013 promosso dall’organizzazione sindacale autonoma. “Che cosa sia divenuto, oggi, il carcere in Italia lo si apprende quasi ogni giorno dalla stampa, dalle grida di allarme lanciate da più parti spesso impropriamente (soprattutto quando l’allarme giunge da quell’Amministrazione che è in parte responsabile della disfunzione) ed anche - sottolinea Montesano - dalle estemporanee dichiarazioni di una politica che agisce più per facili slogan (più carceri, certezza della pena, amnistia, indulto) che su programmi del tutto inesistenti in materia penitenziaria”. Oggi, dunque, la visita “ai posti di lavoro e la successiva assemblea con il personale di Polizia Penitenziaria; è emerso un quadro allarmante sia per le condizioni della struttura sia per il lavoro delle poliziotte; la struttura si presenta vecchia e sotto certi aspetti fatiscente tanto da far registrare una condizione lavorativa e carichi di lavori esasperanti per un organico di 75 donne e 36 uomini, a fronte di una pianta organica prevista di 87 donne e 45 uomini”. “Attualmente - si sottolinea - a Pozzuoli sono ristrette 182 detenute a fronte di una capienza regolamentare di 83 detenute e di una capienza tollerabile di 105 detenute; numeri che si commentano da soli e aggravati dal fatto che la struttura è l’unica in tutto il Mezzogiorno in funzione per le detenute donne”. Lecce: Ugl Polizia Penitenziaria; all’Istituto penale per minori non c’è spreco di personale Comunicato stampa, 20 gennaio 2013 Questa Segreteria Nazionale negli ultimi giorni ha avuto modo di apprendere dalla stampa di alcune considerazioni, espresse anche da parte di alcuni esponenti del panorama sindacale della Polizia Penitenziaria, relative alla attuale situazione dell’istituto penale per minorenni di Lecce, notoriamente non in funzione pure a seguito dei recenti ed onerosi lavori di ristrutturazione appena compiuti. Spiace dover constatare tuttavia che alcune delle predette considerazioni sarebbero viziate da alcune grossolane imprecisioni, suscettibili di ingenerare nel pubblico una errata percezione sia della reale condizione della struttura che dell’immagine professionale di coloro i quali vi prestano servizio. In primo luogo, non risponde al vero che nella predetta struttura, che attualmente non ospita alcun detenuto, sarebbero in servizio quaranta poliziotti penitenziari, che alcuni sindacalisti poco informati avrebbero riferito essere di fatto pressoché inoccupati. L’organico del reparto di Polizia presso l’Istituto penale per minorenni di Lecce annovera infatti quindici poliziotti, di cui uno (con qualifica di sovrintendente) titolare del comando, uno impiegato presso l’ufficio matricola dell’attiguo Centro di Prima Accoglienza, uno presso l’ufficio servizi e i restanti dodici che effettuano servizio a turno in due unità per turni di 6 ore e garantiscono i normali servizi di istituto compreso il centro di prima accoglienza, la portineria e le traduzioni di minori a seguito di udienze di convalida. In merito alle prestazioni di lavoro straordinario, che alcuni avrebbero indicato come assolutamente abnormi rispetto alle effettive esigenze di servizio, è necessario precisare che le uniche prestazioni straordinarie sono conseguenti alle missioni effettuate presso l’istituto penale per minorenni di Bari, sia come supporto al personale di quella sede che in servizio di traduzione di minorenni verso quell’istituto o verso comunità, a seguito delle udienza di convalida dei minori tratti in arresto. Il servizio di prima accoglienza svolto dal personale di Polizia Penitenziaria di Lecce, inoltre, si estende lungo un bacino di utenza che comprende le province di Brindisi, Lecce e Taranto. Per tutti i suddetti servizi, infine, non è prevista alcuna indennità di reperibilità per il personale, in quanto questa è stata abolita già da tempo. Fatte queste brevi e doverose precisazioni, l’unica informazione attendibile fornita sulla situazione dell’istituto penale per minorenni di Lecce è quella relativa al suo inutilizzo, da ascrivere tuttavia alla sola responsabilità dell’Amministrazione Penitenziaria, la quale ha destinato consistenti risorse di denaro pubblico per l’effettuazione di lavori di ristrutturazione del complesso e ha costretto il personale ivi in servizio e qualificato per la gestione dei detenuti minorenni a compiti di mero presidio della struttura pure seguito della consegna della medesima a termine lavori. L’aspetto che desta maggiore meraviglia, in ogni caso, è che alcuni esponenti sindacali, che per definizione dovrebbero tutelare l’immagine dei lavoratori che si onorano di rappresentare, lungi dal fare questo si abbandonino a dichiarazioni prive di riscontro concreto e persino suscettibili di ingenerare nel pubblico l’impressione che il personale di Polizia Penitenziaria dell’istituto penale per minorenni di Lecce, incolpevole spettatore dell’ennesimo emblematico episodio di sperpero di risorse da parte della Pubblica Amministrazione, possa esserne in qualche modo corresponsabile. Una informazione assolutamente scorretta fornita ad un pubblico all’interno del quale, non dimentichiamo, sono compresi familiari, amici e conoscenti di quegli incolpevoli servitori dello Stato. Per queste ragioni la Ugl Polizia Penitenziaria, nel prendere nettamente le distanze da quanti abbiano inteso offrire una errata interpretazione dei fatti che si auspica essere stata priva di malanimo, chiede oggi agli autorevoli organi di stampa in indirizzo di voler consentire la massima diffusione delle dichiarazioni di questa Segreteria Nazionale. Alle Autorità dell’Amministrazione Penitenziaria che leggono per conoscenza, infine, sia consentito esprimere la nostra costernazione per l’assordante silenzio e per la mancata presa di posizione che, ancora una volta, la connota agli occhi del suo personale pure a fronte di spiacevoli episodi suscettibili di offuscarne la loro dignità di lavoratori. Il Segretario Generale Ugl Polizia Penitenziaria Viterbo: “Inps-con te”; previdenza, attivato il tavolo welfare penitenziario Ristretti Orizzonti, 20 gennaio 2013 Si è costituito, a Viterbo, il Tavolo Welfare Penitenziario per l’attuazione, nel carcere del capoluogo reatino, del progetto “Welfare in carcere: Inps-con te”. Il progetto - promosso dal Garante dei detenuti del Lazio, dalla Direzione Regionale dell’Inps e dal Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria - prevede l’utilizzo della nuova piattaforma telematica dell’Inps per consentire agli oltre 700 detenuti dell’istituto di Viterbo, l’accesso ai servizi previdenziali, alle prestazioni a sostegno del reddito e ad ogni altro servizio erogato dall’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale. Del Tavolo Welfare fanno parte, oltre al Garante, la Direzione del carcere, la Direzione Provinciale dell’Inps e i patronati che hanno aderito all’iniziativa (Inca Cgil, Enas Ugl). Questi ultimi saranno chiamati a svolgere un ruolo delicato e prezioso visto che, con i propri operatori, dovranno occuparsi sia di sensibilizzare i detenuti che di gestire le procedure. Nelle prossime settimane il servizio prenderà ufficialmente il via con una campagna informativa all’interno del carcere, con la diffusione del Manifesto dei servizi welfare in carcere, specificamente pensato per illustrare ai detenuti presenti le opportunità del progetto. “Il progetto “Welfare in carcere: Inps - con te” - ha detto il Garante dei detenuti Angiolo Marroni - è un tassello fondamentale del sistema che abbiamo costruito coinvolgendo istituzioni, enti pubblici, associazioni, Centri per l’impiego, Agenzia delle Entrate, organizzazioni sindacali e di volontariato. Attraverso questo progetto abbiamo dato vita ad un sistema che consentirà ai reclusi del carcere di Viterbo di poter finalmente accedere, sulla base di percorsi specificamente mappati e con tempi certi, alle prestazioni economiche, sociali e previdenziali cui hanno diritto”. Il progetto “Welfare in carcere: Inps - con te” è frutto di un Protocollo d’Intesa firmato nei mesi scorsi, tra il Garante Marroni, il Provveditore alle carceri del Lazio dott.ssa Di Paolo e la Direttrice Regionale dell’Inps dott.ssa Di Michele, che prevede l’attivazione, nelle 14 carceri della Regione, di un nuovo servizio ai detenuti destinato all’implementazione di un modello per facilitare l’accesso ai servizi previdenziali ed assistenziali. Inoltre, si semplificherà il lavoro da parte delle Direzioni delle carceri e tempi certi nelle risposte e nell’erogazione delle prestazioni dovute. Grazie al servizio Welfare in carcere, i detenuti di Viterbo che ne hanno diritto potranno presentare domande in materia di previdenza sociale e di invalidità, presentare la documentazione di disoccupazione con requisiti ridotti e riscuotere la relativa indennità, riscuotere gli assegni di invalidità e trovare soluzioni per altre specifiche prestazioni a sostegno del reddito. Oltre a questi servizi, l’implementazione del Progetto prevede la certezza nell’erogazione della prestazione richiesta. Fino ad oggi, infatti, il beneficio economico veniva erogato dall’Inps con assegni postali che il recluso era impossibilitato a riscuotere. Grazie al progetto, invece, la somma sarà accreditata sul conto corrente del carcere e da qui versata sui conti personali dei detenuti. Milano: raccolta di libri per le carceri, partecipano don Rigoldi e la Garante dei detenuti Ansa, 20 gennaio 2013 Domenica 20 gennaio nella sede di “Chi Ama Milano” raccolta libri per gli istituti di pena. Partecipano Don Gino Rigoldi, cappellano del Beccaria e Alessandra Naldi, neo eletta garante dei detenuti. Lettura come rieducazione (anche) per chi ha commesso un reato. Per questo domenica 20 gennaio, a partire dalle 14, al negozio civico “Chi Ama Milano” (largo Corsia dei Servi 11) si tiene il Bookcrossing per le carceri di Milano. L’iniziativa - promossa dai Comitati X Milano Zona 1 - si muove nel solco di quanto previsto dalla nostra Costituzione che, all’articolo 27, recita: “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Associazioni e singoli cittadini possono donare romanzi di narrativa, libri di poesia, gialli e testi in lingua straniera che andranno ad ampliare il catalogo delle biblioteche carcerarie. All’evento interverranno diversi ospiti fra cui Don Gino Rigoldi, cappellano del penitenziario minorile Beccaria e presidente dell’associazione Comunità Nuova, Mirko Mazzali, presidente della commissione comunale Sicurezza e Coesione sociale, Polizia locale, Protezione civile e Volontariato e Lamberto Bertolé, responsabile della Sottocommissione Carceri, insieme ad Alessandra Naldi, neoeletta Garante dei Detenuti per Palazzo Marino. In programma anche una finestra sul Laboratorio di Scrittura del Carcere di Opera. Dalle attività di docenti e carcerati è infatti nato il libro Parole che sprigionano che contiene storie e riflessioni di chi vive o ha vissuto dietro le sbarre, arricchite da stralci sul tema di grandi scrittori del passato come Calvino e Dostoevskij. A partire dalle 18 è previsto un aperitivo. L’ingresso è libero. Cagliari: evadere dalla “Cella di Gaudì”… presentazione libro scritto da detenuti e autori L’Unione Sarda, 20 gennaio 2013 “La cella di Gaudì” è evasione? Strana parola da usare in carcere, specie davanti ai detenuti di Buoncammino che ieri hanno scelto di assistere alla presentazione del libro scritto - in collaborazione - da dodici detenuti della colonia penale di Isili e altrettanti scrittori sardi. Il tutto raccolto, grazie all’iniziativa dell’associazione “Il colle verde” di Laura Cabras, dell’amministrazione penitenziaria e della casa editrice Arkadia, in un volume che racconta storie tra loro diverse ma legate dal filo conduttore della sofferenza per una vita consumata in parte tra le mura di un carcere. A raccontarle, ieri, detenuti e scrittori: Collins Osaro Igbinoba, Gueorgui Ivanov Borissov, Mounir Hamdaoui, Mohammad Mo - hammadi e Victor Hugo Gonzales si sono confrontati con Salvatore Bandinu, Giampaolo Cassitta, Fabrizio Fenu, Michele Pio Ledda, Claudia Musio, Pietro Picciau, Gianni Zanata e Anthony Muroni. In un’appassionate interazione con chi sconta la pena a Buoncammino (ma anche con chi è ancora in attesa di giudizio), sotto l’occhio vigile del direttore del carcere Gianfranco Pala e con il coordinamento dell’educatrice Valeria Putzolu, in servizio a Isili, è andato in scena un racconto complicato ma utile, capace di ribadire l’importanza della scrittura, della lettura e del confronto nel percorso di rieducazione e rinascita del detenuto. Portogruaro (Ve): tante domande al confronto tra studenti Istituto da Vinci ed ex detenuti La Nuova Venezia, 20 gennaio 2013 L’incontro, ristretto a un centinaio di ragazzi del Magistrale Belli e ai loro professori, è stato così intenso che alla fine si è levato un applauso, a suggellare l’intensità di un confronto particolare. Nell’aula magna dell’Itis Da Vinci quattro, tra detenuti ed ex detenuti del carcere Due Palazzi di Padova, hanno incontrato gli studenti delle classi quarta e quinta del Belli. Si tratta di giovani che stanno seguendo due percorsi formativi ben precisi: quello a indirizzo sociale e quello a indirizzo linguistico. La diffidenza si è subito dipanata, grazie anche alla sensibilità e all’esperienza della relatrice, Ornella Favero, presidentessa dell’associazione “Granello di Senape”, direttrice del mensile “Ristretti Orizzonti”, una pubblicazione realizzata in carcere a Padova grazie alla collaborazione dei detenuti. “Quello di ieri è stato un incontro emozionante, che ha posto i giovani studenti di fronte a una realtà che nemmeno immaginavano”, ha dichiarato al termine di due ore e mezza di dibattito la giornalista Ornella Favero, “devo ringraziare le insegnanti del Belli che hanno organizzato l’attività didattica”. Un’attività che purtroppo era ristretta ai soli studenti e agli insegnanti. L’obiettivo, da qui ai prossimi mesi, sarà quello di organizzare un incontro pubblico, aperto a tutti. I giovani sono rimasti molto colpiti dalle testimonianze che i detenuti ed ex detenuti hanno loro illustrato. “Spesso non si riescono a intravvedere segnali di disagio, gli ospiti hanno convinto gli studenti al confronto, per riconoscere le situazioni di rischio”, continua la relatrice. “Le domande degli studenti sono state secche e immediate come era giusto che fosse”. La curiosità maggiore riguardava il rapporto tra i carcerati e i propri genitori, prima del trasferimento in prigione. Si è parlato anche della vergogna provata per i propri padri e le proprie madri. L’Istituto Marco Belli da tre anni favorisce il lavoro didattico sulle carceri italiane. Questa iniziativa rientra infatti nella terza edizione di “Portiamo il carcere a scuola” che comprende due tappe: la prima l’incontro con detenuti ed ex detenuti, la seconda la visita degli studenti al carcere Due Palazzi. Anche così si può favorire la formazione. Vasto (Ch): nelle gallerie d’arte americane un quadro dedicato ai detenuti italiani di Francesco Lo Piccolo (direttore di “Voci di dentro”) www.huffingtonpost.it, 20 gennaio 2013 Mi è arrivata una bella lettera dagli Usa. Me l’ha mandata, perché la girassi ai detenuti-redattori di Voci di dentro, la pittrice Mila Tapperi Hajjar. Nella lettera, tra l’altro, c’è un breve resoconto delle sue mostre e in particolare del suo dipinto dedicato a Voci di dentro e ispirato dalla copertina del numero 13, quello con i tre manichini donne. Ci scrive Mila Tapperi Hajjar: “Il quadro è stato presentato in due mostre a Miami Beach e a New York ed è segnalato anche su un magazine diffuso nei paesi di lingua spagnola. Occasioni in più per far girare la vostra voce, quella che io ho scoperto e sentito trovando anni fa la vostra rivista su un autobus durante una mia vacanza a Roma. Voi con i vostri scritti, scritti di gente che ha commesso un errore e si pente - ma anche di gente che ricade nello stesso errore più volte - chiedete di essere ascoltati... ebbene state certi che io vi sto ascoltando. Nel mio quadro, il volto che ho dipinto, ha gli occhi aperti per vedere il futuro e sono verdi del colore della speranza. E da quegli occhi escono gocce d’argento che si espandono e diventano sempre più grandi, simbolo di un futuro prezioso, che è quello che vi auguro. Ciao cari amici d’Oltreoceano”. Immagini che fanno effetto, e che a me fanno più effetto delle parole che da tempo sento dire nel nostro paese. E alle quali poi seguono le solite lacrime di coccodrillo. Da qui a lì dove vive la pittrice Mila c’è un oceano, un volo di 8-10 ore, eppure davvero la sento più vicina che mai. E più vicina, oso dire, anche di fronte a fatti come quello accaduto l’altro ieri quando, a pochi giorni dall’ennesima condanna di Strasburgo all’Italia per il sovraffollamento delle carceri italiane, il Procuratore della Repubblica di Milano Edmondo Bruti Liberati ha inviato una direttiva ai magistrati della Procura ricordando di far uso nella misura più larga possibile alle misure alternative alla detenzione e di tenere nel massimo conto, sia in tema di misure cautelari che in fase di esecuzione, gli auspici della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Certo affermazioni importanti, ma quante volte sono state dette cose così? Quante volte si potranno ancora dire se in carcere ci si finisce per colpa della ex Cirielli o della Bossi-Fini o della Giovanardi? Ho portato la lettera della pittrice in carcere ai detenuti del laboratorio di Vasto, insieme abbiamo letto il testo dedicato a “Voci di dentro” che è stato pubblicato su “Ibero americana”. Con Domenico, lo stesso Domenico che alcuni mesi fa tentò il suicidio, e con Pasqualino abbiamo poi sintetizzato così il nostro pensiero: la lontananza fa capire le cose, le fa vedere da una giusta prospettiva. La pittrice Mila Tapperi Hajjar riesce a vedere dove non riescono a vedere i nostri politici, i nostri legislatori. Soprattutto sa ascoltare le voci di dentro, voci che dicono che la riduzione del sovraffollamento carcerario non è un problema che interessa solo i detenuti perché non è un problema interno al carcere. Voci che gridano che rendere le carceri dignitose, dare ai detenuti la possibilità di studiare, formarsi, imparare un mestiere, che le cure mediche e la salute siano garantite come lo sono per tutti i cittadini, permettere loro di poter incontrarsi con i familiari in un salotto e non in un parlatorio con un bancone in mezzo, garantire la sessualità, aiutarli a trovare un lavoro espiata la pena, sostituire la carcerazione con misure alternative, domiciliari, affidamento ai servizi sociali ecc., e infine ridurre il sovraffollamento, sono interesse della società ancora prima che dei detenuti. E questo perché i costi del nostro sistema penale, costi che superano i tre miliardi e mezzo all’anno sono soldi spesi inutilmente se una volta espiata la pena i detenuti escono come prima, tali e quali a come sono entrati, poveri di tutto, senza arte e né parte, pronti a rifare lo stesso identico percorso che li ha portati dentro. Causando così nuovi costi alla società in termini di nuove rapine, nuovi scippi, nuovi spacciatori per strada... A meno che non si voglia una nuova condanna, e poi una nuova condanna, e poi una nuova direttiva e poi ancora un’altra direttiva, alla quale farà poi seguito una nuova condanna. E ancora parole... parole, ancora parole. A proposito di parole: l’amnistia è una bella parola (“la più bella parola del linguaggio umano” - V. Hugo), come lo è la parola “giustizia”, come lo è la parola “diritto” e del quale siamo sempre più privati, in questo deserto di diritti (Stefano Rodotà) . Ad esempio, privati del diritto di capire (non tutti per fortuna) le cose belle e semplici come la natura, come gli alberi che ci accompagnano da secoli, come il castagneto dei Cento cavalli alle falde dell’Etna o la quercia di Basanello (vedi il bel libro di Francesco Nasini “Grandi alberi d’Abruzzo. Storie e legge di 108 patriarchi verdi). Ad esempio, privati del diritto di vivere in ambienti di lavoro sani e con regolari contratti (“Io sono piccolo e credono che non possa capire, ma li sento parlare. Parlano di quelli che vengono risucchiati dagli ingranaggi e dai rulli di un laminatoio...di quelli ustionati da una colata incandescente sfuggita ai binari di un impianto fusorio... di quelli ustionati nella sala pompe... - Amianto, scorribanda nella memoria tra Piombino, Taranto, Casale, di Alberto Prunetti, edizioni Agenzia X). Post scriptum: Se preoccupa il pensiero che le carceri diventino degli hotel di lusso si guardi le carceri del nord Europa, della Danimarca ad esempio. Milano: cappellano che violentava detenuti resta in isolamento, collabora con i magistrati Ansa, 20 gennaio 2013 Da tre mesi si trova in isolamento, in una cella del carcere di Bollate; collabora con i magistrati che ancora lo stanno interrogando ma il caso giudiziario di don Alberto Barin, il cappellano di San Vittore che stuprava i detenuti in cambio di favori, dal cibo fino alla fornitura di generi di conforto, tra cui sigarette, spazzolini e shampoo, non si presenta affatto semplice. La matassa è difficile da sbrogliare e quell’uomo continua ad essere un mistero incomprensibile. Una specie di dottor Jeckill e Mr Hide. Don Alberto Barin sembra abbia vissuto contemporaneamente due opposte personalità, da una parte indossando i panni del sacerdote disponibile, amabile e generoso, conosciuto persino dalle autorità penitenziarie come un sacerdote modello, salvo poi rivelarsi dietro le quinte un aguzzino senza scrupoli, capace di approfittarsi delle persone più deboli e bisognose. Sei detenuti stranieri lo accusano pesantemente. La scabrosa vicenda di questo prete lombardo che tutti ritenevano al di sopra di ogni sospetto è emersa grazie alle immagini di una telecamera nascosta. Sono bastate pochi fotogrammi per incastrarlo. Don Barin prometteva loro di dare parere favorevole alla scarcerazione in cambio di favori sessuali. Tra le aggravanti contestate c’è quella di abuso della sua autorità. Dal novembre scorso, quando è stato scoperto, è stato sospeso dalle funzioni di cappellano dall’Amministrazione penitenziaria, mentre la curia di Milano, dalla quale dipende canonicamente il religioso, è arrivata una dichiarazione di fiducia in merito al lavoro che stanno svolgendo gli inquirenti, ai quali è stata offerta collaborazione per le indagini. Ancora però non sembra sia stato aperto nessun procedimento canonico a suo carico. Intanto il capo dei cappellani, don Virgilio Balducchi interpellato sul caso non ha voluto sbilanciarsi: “In questo momento don Barin ha bisogno di stare tranquillo. La giustizia farà il suo corso” ha affermato senza aggiungere altro. Nemmeno una parola di conforto nei confronti delle vittime. Probabilmente con la fine delle indagini che sono tuttora in corso e dopo il conseguente processo che sarà celebrato entro l’anno, il sacerdote potrebbe essere trasferito in una struttura ad hoc per il recupero e la cura dei preti con problemi di personalità. Qualche anno fa don Barin, prima di celebrare messa nella casa circondariale di piazza Filangeri, parlando ad un giornalista annotava che “il carcere dovrebbe far pensare che ogni uomo è recuperabile”. Chissà se questo vale anche per lui. Televisione: questa sera “Res-Punti Di Vista” (Rai Storia) dedicata al carcere Adnkronos, 20 gennaio 2013 La puntata di Res-Punti di Vista il programma di Rai Educational, in onda stasera alle 23.00 su Rai Storia - Digitale terrestre e Tivù Sat si intitola “Fratelli e sorelle di carcere”. Il carcere non può e non deve essere solo un luogo di reclusione e di pena ma deve tendere alla rieducazione del detenuto e creare le condizioni di un suo possibile reinserimento sociale. A questo puntano tutta una serie di attività all’interno delle carceri italiane. Sono progetti in cui sono coinvolti detenuti, educatori, agenti penitenziari e, nella cronica penuria di risorse economiche, è la creatività e il consenso che pilotano le iniziative. Il percorso rieducativo passa attraverso il lavoro, lo studio e la presa di coscienza del proprio ruolo sociale, ma nella totalità delle carceri è impossibile creare un’attività lavorativa per tutti i detenuti e anche studiare diventa molto difficile in una cella sovraffollata, come ci confessa un detenuto di Padova, che in quel carcere ha invece trovato condizioni favorevoli e ora è prossimo alla laurea. Il racconto dei protagonisti della vita carceraria è un potente strumento di penetrazione nella loro realtà: con loro nelle celle, nei corridoi dei bracci, nei cortili dell’aria, nei laboratori dove svolgono attività artigianali, si rimane colpiti da tante capacità e da tanta creatività. Ma accanto a tutto questo tanta sofferenza, il sacrificio della libertà, la lontananza dalle famiglie e dai figli. Iran: impiccati 3 giovani detenuti a Zahedan, tra loro un prigioniero politico Aki, 20 gennaio 2013 Tre giovani iraniani sono stati impiccati stamani nel carcere centrale di Zahedan, nell’Iran sudorientale. Lo riferisce il sito di opposizione “Iran Press News”, secondo cui tra i tre c’è anche un prigioniero politico, l’attivista Tuta Zehi, condannato a morte dal Tribunale della Rivoluzione di Zahedan per reati politici. Gli altri due prigionieri messi a morte sono Mahmud Shahraki e Ali Kamali, ma nei loro casi non si conosce il motivo della condanna. Gli attivisti per i diritti umani in Iran sostengono che prima dell’esecuzione Zehi abbia trascorso diverse settimane in cella di isolamento, dove sarebbe stato torturato. L’attivista faceva parte di gruppi politici di opposizione attivi nella provincia del Belucistan. Secondo l’ultimo rapporto di Amnesty International, oltre 500 prigionieri sono stati messi a morte nel 2012 in Iran. In base alla sharia, in vigore dal 1979 nell’ordinamento giuridico iraniano, stupro, traffico di droga, adulterio, rapina a mano armata, attentato alla sicurezza dello stato islamico e omicidio sono reati che possono essere puniti con la pena capitale. Iran: avvocato Nasrin Sotoudeh, dopo 2 anni di carcere, ha ottenuto permesso di 3 giorni Tm News, 20 gennaio 2013 Dopo oltre due anni di carcere, la nota avvocata iraniana Nasrin Sotoudeh ha ottenuto un permesso temporaneo di tre giorni e nel pomeriggio del 17 gennaio ha potuto riabbracciare i suoi familiari e amici. Amnesty International ha gioito per la notizia, ricordando tuttavia che Nasrin Sotoudeh non avrebbe mai dovuto finire in carcere. Amnesty International sollecita le autorità iraniane a estendere la durata del permesso, per consentire a Nasrin Sotoudeh di sottoporsi a tutti i controlli e gli esami medici necessari. Inoltre, continua a chiedere all’Iran il rispetto dei suoi impegni in materia di diritti umani e, dunque, di annullare la condanna e garantire il suo rilascio incondizionato.