Giustizia: indulto e amnistia, quando e come potrebbero arrivare... Ansa, 7 dicembre 2013 Dopo la Legge di Stabilità alla Camera si dovrebbero discutere nel prossimo Consiglio dei Ministri le misure e le novità allo studio per quanto riguarda una completa riforma delle carceri. Attenzione puntata soprattutto su indulto e amnistia, sui quali si è espresso anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Il ministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri, sostiene la strada dell'amnistia e dell'indulto per decongestionare le carceri italiane. "Ben vengano", appoggiando la posizione di Napolitano che si è detto favorevole al voto del Parlamento sull'indulto. Il Consiglio d'Europa ha più volte richiamato l'Italia sulle condizioni di inumanità dei detenuti e la Camera ricorda che entro maggio 2014 l'Italia dovrà presentarsi a Strasburgo con un piano di iniziative concrete e già attuate. Il ministro Cancellieri ha intanto illustrato il piano del governo per risolvere il grave problema, da interventi sull'edilizia carceraria a interventi sul lavoro dei detenuti dentro e fuori dal carcere, sulla custodia cautelare, sui detenuti stranieri anche in via di identificazione. La nuova riforma delle carceri presentata dal ministro della Giustizia prevede otto ore di aria per i detenuti, con la possibilità di praticare anche attività sportive e musicali, potenziamento dei contatti con le famiglie; la creazione di ulteriori posti, con 4500 nuovi posti per maggio 2014 e 12 mila posti in più entro il 2015, e la possibilità di norme che prevedano, soprattutto verso la fine della pena, "la restituzione degli stranieri al loro Paese d'origine perchè completino là il percorso". Sul problema del sovraffollamento, il ministro ha annunciato "Diminuiremo le entrate. Bisogna pensare a pene alternative: chi sporca i muri, per esempio, li deve pulire e fare così lavori utili. E' inutile che vada in carcere, che rischia di trasformarsi in una scuola negativa, dalla quale si esce provati". E, proprio considerando il problema del sovraffollamento, per quanto riguarda poi amnistia e indulto 2013, governo e ministro Cancellieri sono al lavoro su misure differenti dal carcere per chi ha compiuto reati minori. Giustizia: Cancellieri; presenterò un "pacchetto carceri" in CdM dopo voto fiducia Agi, 7 dicembre 2013 Annamaria Cancellieri ha spiegato che non è stata ancora fissata una data per l’approdo in Consiglio dei ministri del pacchetto carceri e giustizia. "Aspettiamo il momento del passaggio in aula per la fiducia. Dopo lo faremo", ha risposto il ministro della Giustizia, a margine di un incontro sulla libertà religiosa alla biblioteca Ambrosiana di Milano. Sulla carceri, ha continuato, "stiamo lavorando intensamente, come ho già detto per poter arrivare pronti all’appuntamento". "Stiamo lavorando su diversi fronti: sul fronte normativo, abbiamo fatto alcune cose, altre le faremo prossimamente, per rendere più fluida entrata e uscita dal carcere, per fare dei provvedimenti che possano alleggerire la pressione carceraria". "Sul fronte amministrativo - ha continuato Cancellieri - stiamo cercando di applicare in pieno il regolamento carcerario per dare massima libertà e soprattutto dignità a tutti i detenuti su colloqui, ore di tempo libero. Poi c’è un terzo fronte, quello dell’edilizia: a maggio avremo 4.500 posti in più. Però alla fine del 2015 sono già 12 mila. Ci vuole un tempo materiale per le costruzioni". Bindi: sì amnistia e indulto se si apre cantiere riforme "Credo che si possano prendere in considerazione amnistia e indulto, si potranno fare quando quantomeno avremo aperto il cantiere di tutte le altre riforme". Lo ha detto Rosy Bindi, presidente della commissione antimafia, in merito ad amnistia e indulto e sottolinea: "Penso che questo sia più importante". "Del messaggio di Napolitano su questo - ha affermato - inviterei a guardare la parte che contiene tante altre indicazioni". Zaia: meglio nuove carceri che l’indulto "Il presidente della Repubblica può avere tutte le idee sull’indulto e l’amnistia. Penso, tuttavia, che la soluzione non sia l’indulto, ma fare nuove carceri. Noi siamo dalla parte delle vittime". Così Luca Zaia, presidente della Regione Veneto. "Abbiamo caserme nuove inutilizzate. Abbiamo isole a Venezia che da anni non vedono piede umano. I carcerati devono scontare la loro pena. Oggi sappiamo che con l’indulto viene fuori di tutto. il Capo dello stato sta sbagliando, non condivido le sue idee. Conosco Napolitano ma sull’indulto siamo su posizioni opposte". Giustizia: cresce la protesta dei Funzionari della Polizia Penitenziaria aderenti all’Anfu Ristretti Orizzonti, 7 dicembre 2013 "Oltre 130 neo Commissari del Corpo parcheggiati in attesa di assegnazione. Palese la disorganizzazione dell’Amministrazione Penitenziaria". Una Amministrazione Penitenziaria che non è in grado di programmare l’assegnazione di oltre 130 nuovi Commissari di Polizia e li "parcheggia" in attesa di dare loro un incarico di comando. La denuncia arriva dall’Anfu, Associazione Nazionale Funzionari Polizia Penitenziaria. Sottolinea infatti il segretario nazionale dell’Anfu Luca Pasqualoni: "Per il terzo corso dei vice commissari del ruolo direttivo del Corpo di Polizia Penitenziaria, il cui concorso è stato bandito nel lontano 2006, non sembra ancora potersi pronunciare la parola fine. Infatti, dopo gli eccentrici provvedimenti di assegnazione temporanea adottati dall’Amministrazione penitenziaria lo scorso luglio che hanno interessato 127 neo funzionari (fatta eccezione per 13 di questi che continuano a permanere all’Istituto Superiore Studi Penitenziari di Roma), la loro destinazione alle sedi di prima assegnazione sembra ancora di là da venire, in quanto condizionata e subordinata alla definizione della mobilità a domanda in corso degli appartenenti al ruolo direttivo del Corpo di Polizia Penitenziaria già in servizio, il cui iter verosimilmente dovrebbe perfezionarsi entro l’anno prossimo venturo, vale adire con l’espletamento del colloquio selettivo finale per il conferimento delle funzioni di comando." L’Anfu denuncia inoltre che "dopo questi provvedimenti di assegnazione da parte della Direzione Generale del Personale e della Formazione del Dap, si è assistito all’adozione di eterogenei provvedimenti amministrativi che hanno interessato alcuni funzionari ed escluso altri, con evidenti disparità di trattamento, avuto riguardo alla progressione di carriera e all’attribuzione della tessera personale, della placca e dell’arma individuale". "Questa Associazione" conclude Pasqualoni che richiama un intervento del Ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri "deve pertanto registrare ed evidenziare, per così dire, una non puntuale gestione della procedura selettiva in parola, tanto che vengono sottratte figure apicali essenziali agli Istituti penitenziari in un momento di particolare criticità per gli stessi, senza considerare i profili di danno erariale che sembrano configurarsi in relazione ai ritardi di cui sopra". Giustizia: Opg; al via residenze sanitarie in Ligura, Emilia-Romagna, Campania e Calabria Public Policy, 7 dicembre 2013 Partono in Liguria, in Emilia Romagna, in Calabria e in Campania le residenze sanitarie extra ospedaliere per il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari. Il via libera è stato pubblicato sull’ultima Gazzetta ufficiale con decreto del ministero della Salute, a firma del sottosegretario Paolo Fadda. Il superamento degli Opg, fissato al 1° febbraio 2013, è previsto da diversi provvedimenti legislativi tra i quali "Interventi urgenti per il contrasto della tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri", (9/12) e "Disposizioni in materia sanitaria" (56/13). All’erogazione delle risorse provvede il ministero dell’Economia per stati di avanzamento dei lavori. Spetterà alle Regioni trasmettere al ministero della Salute le varie comunicazioni sull’iter dei lavori, come l’approvazione dei progetti, la comunicazione dell’avvenuta aggiudicazione dei lavori, della loro chiusura, collaudo e infine, la messa in esercizio della struttura. Liguria prenderà 3.893.100 di euro per la realizzazione di una struttura nel Comune di Calice al Cornoviglio in provincia di La Spezia. Una quota residuale di 1.762.415 di euro è destinata dalla Regione al potenziamento dell’attività distrettuale psichiatrica. Alla Regione Emilia Romagna andranno 6.989.036 di euro per la realizzazione di residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza - Azienda Usl di Reggio Emilia. Una quota residuale di 2.995.301 di euro sarà utilizzata per la realizzazione di interventi presso altre strutture sanitarie regionali rientranti nel programma di attività volte a incrementare la realizzazione di percorsi terapeutico-riabilitativi e a favorire misure alternative all’internamento. Interventi importanti per la Regione Campania. In virtù del decreto firmato dal ministero della Salute, la Regione Campania riceverà fondi per 18.376.603 di euro per realizzare 100 posti letto in strutture dislocate in tutti e 5 i territori provinciali campani. Le nuove strutture saranno realizzate attraverso l’adeguamento e la riqualificazione di vecchi edifici o la costruzione di nuovi. Nel dettaglio: 1.070.000 euro andranno al Comune di San Nicola Baronia in provincia di Avellino; 1.222.999 euro al Comune di Arpaise a Benevento; 1.368.052 al Comune Calvi Risorta in provincia di Caserta e 3.842.549,55 sempre nel casertano per la costruzione di una struttura nel Comune di Francolise; 2.350.000 a Napoli lavori di ristrutturazione dell’edificio Gesù e Maria mentre 2.3350.000 andranno ad Acerra e 3.400.000 a Cicciano sempre in provincia di Napoli; infine, 3.842.549 euro al Comune di Capaccio in provincia di Salerno. Alla Calabria andranno 6.572.522 di euro dei quali 5.890.000 per la residenza per l’esecuzione di misure di sicurezza di Girifalco e 682.522 euro per la struttura residenziale di Santa Sofia di Epiro. Giustizia: sport nelle carceri, non siamo all’anno zero… l’esperienza Uisp è trentennale www.imgpress.it, 7 dicembre 2013 "Sport in carcere": è questo il titolo del protocollo siglato in questi giorni dal Coni e dal Ministero della Giustizia. Qual è il commento dell’Uisp, che da molti anni promuove progetti nelle carceri e negli istituti minorili italiani? "Ogni atto che serve ad ampliare la proposta sportiva è da considerarsi molto positivo - dice Vincenzo Manco, presidente nazionale Uisp - perché attraverso lo sport e l’attività motoria migliora la condizione psicofisica di ogni persona. Soprattutto se la proposta è indirizzata verso la popolazione carceraria che soffre la privazione della propria libertà e della propria capacità di movimento". "L’Uisp svolge già, da tantissimi anni, attività all’interno dei penitenziari attraverso Protocolli specifici con il Ministero della Giustizia. A partire dalla metà degli anni ‘80 una serie di progetti territoriali Uisp vennero legati tra di loro in un progetto nazionale che venne lanciato nel 1990, dal titolo "Porte Aperte". Contemporaneamente, proprio in quell’anno, partirono le prime edizioni di Vivicittà in carcere che proseguono tutt’ora e coinvolgono ogni anno sedici di istituti di pena. Quest’anno l’Uisp ha lanciato il progetto "Terzo Tempo" negli istituti minorili, sostenuto dal Ministero della giustizia-Dipartimento giustizia minorile, insieme alla Fondazione con il Sud e a Enel Cuore. Questa storia che l’Uisp ha accumulato è un patrimonio dell’intero sport italiano per cui oggi si può ben dire che non siamo all’anno zero, anzi. In questi anni abbiamo costruito e accumulato competenze, professionalità, formazione, nuove proposte sportive e motorie. Il centro della nostra proposta si è legato alla valorizzazione del proprio corpo come primo ambiente, che deve essere rispettato e messo in relazione con gli altri". "Abbiamo stabilito un rapporto proficuo dal punto di vista dei risultati sociali con la popolazione carceraria e con l’amministrazione penitenziaria, siamo un soggetto credibile, un soggetto che entrando in contatto con quel mondo rappresenta oggi una occasione di libertà e di civiltà. Cerchiamo di interpretare il dettato costituzionale relativo alla funzione rieducativa, sociale e soggettiva, del detenuto attraverso l’attività sportiva". "Proprio per questi motivi - conclude Manco - siamo sicuri che il Coni prima di procedere ad eventuali proposte terrà conto di tutto queste nostre esperienze, passate e presenti, per raggiungere gli obiettivi che il Protocollo si propone e per garantire la pluralità della proposta nella pari dignità dei soggetti che esso stesso rappresenta. Abbiamo condensato un patrimonio che deve essere tenuto in considerazione e che ben volentieri mettiamo a disposizione di questo nuovo Protocollo, soprattutto nella composizione del previsto Comitato paritetico che avrà la funzione di predisporre le proposte ed i programmi di attività per la popolazione carceraria". Lettere: il "testamento" di un carcerato morente di Vincenzo Lepore Il Messaggero, 7 dicembre 2013 Sono detenuto presso il centro clinico di Regina Coeli. Sto scontando un cumulo di condanne per "reati comuni", furti soprattutto. Ho avuto tre infarti, ho subito due interventi di angioplastica, ho un pacemaker e un defibrillatore nel torace, sono resistente ai farmaci salvavita, ex tossicodipendente e invalido al cento per cento. Non posso essere sottoposto a trapianto perché il rischio sarebbe altissimo. Sono un morto che cammina. Nonostante questo a soli due mesi dalla fine della pena mi è stata negata la possibilità di accedere a una Rsa, residenza sanitaria assistenziale, della Asl dove sono in lista di attesa. Il tribunale di sorveglianza ha deciso così anche se già da anni mi è stata riconosciuta l’incompatibilità con il regime detentivo. Ho iniziato l’astensione alla terapia farmacologica salvavita. Non vorrei morire anzitempo ma solo richiamare l’attenzione che finora non c’è stata sul dramma di tanti detenuti malati. Sono pronto a pagare con la vita questa mia battaglia. Affido a voi questa storia affinché se dovesse avere un triste epilogo possa emergere la verità. Teramo: 35enne ucciso in cella da farmaci e droghe, indagini su provenienza sostanze Il Centro, 7 dicembre 2013 Inchiesta sulla morte a Castrogno di Vincenzo Fabiano, 35enne pescarese, lo scorso aprile. Secondo l’esito dell’autopsia eseguita dall’anatomopatologo Gina Quaglione, da poco riconsegnata al pm Stefano Giovagnoni, l’uomo detenuto a Castrogno ad aprile sarebbe morto in cella per un edema polmonare provocato dall’assunzione di un miscuglio di medicinali (tra cui farmaci la cui assunzione non era legata alle sue condizioni di salute) e sostanze stupefacenti. E proprio partendo da questi particolari emersi dopo l’autopsia che il sostituto procuratore ha delegato la polizia a fare accertamenti. Accertamenti e indagini che dovranno essere finalizzati soprattutto a capire che tipo di vigilanza fosse stata predisposta in carcere per Fabiano. Ma anche per capire come sia stato possibile che della sostanza stupefacente sia entrata in cella. L’uomo da tempo aveva avviato una battaglia legale per dimostrare la sua incompatibilità con il regime carcerario. Secondo i suoi familiari le precarie condizioni del giovane, che sarebbero state attestate da numerosi certificati medici, avrebbero imposto da tempo il ricovero in una struttura sanitaria. Una decisione che il tribunale di sorveglianza avrebbe dovuto prendere qualche giorno dopo la morte dell’uomo. Dopo il decesso la procura teramana ha fatto acquisire tutta la documentazione sanitaria che lo riguardava presente nei carceri in cui Fabiano è stato detenuto. Non solo Teramo, ma anche le strutture penitenziarie di Pescara e Regina Coeli. L’obiettivo del magistrato è quello di accertare se nelle strutture penitenziarie siano stati presi tutti gli accorgimenti possibili dovuti alle condizioni di salute dell’uomo. Il caso di Fabiano è stato più volte portato all’attenzione dell’opinione pubblica dai radicali nell’ambito della questione del sovraffollamento delle carceri italiane. Una questione a livello nazionale arrivata anche all’attenzione della Corte Europea, che ha parlato di condizioni degradanti dei detenuti nelle carceri italiane, e per cui la stessa Unione Europea ha aperto una pesante procedura di infrazione nei confronti dell’Italia. Sassari: la Garante Sechi; in arrivo 90 detenuti del 41-bis, ma non sono loro il problema di Giovanni Bua La Nuova Sardegna, 7 dicembre 2013 I "murati vivi" del 41-bis arriveranno forse a gennaio e saranno novanta. Anche se, soprattutto se i pezzi in arrivo dalle carceri continentali saranno grossi come qualcuno sostiene, la conferma ufficiale dal Dap arriverà, forse, a cose fatte. Ma non sono i super boss di mafia e camorra il problema della casa circondariale di Bancali. Il garante. Di questo è convinta Cecilia Sechi, garante dei detenuti del Comune, sentita nei giorni scorsi nella quinta commissione del consiglio comunale, competente in materia di problemi sociali. La prima audizione da quando la casa circondariale alle porte della città ha aperto i suoi cancelli ai 170 detenuti in arrivo da San Sebastiano, aggiungendone altri 181 rastrellati dalle stracolme carceri di mezza Italia. La carica dei 41-bis. "Il problema non sono i 41-bis - ha sottolineato - e comunque la battaglia andava fatta prima, quando i parlamentari sardi hanno votato senza batter ciglio la legge Maroni che diceva che dovevano andare sulle isole. Il problema non sono i boss mafiosi, che verranno letteralmente murati vivi (per loro sono pronti 5 padiglioni di celle-alveare sul versante nord ovest del carcere). Più di loro crea problemi un extracomunitario, magari tossocodipendente, con cui nessuno riesce a comunicare. E che non si riesce a curare in maniera appropriata". I numeri. Identikit tutt’altro che poco probabile. Nei 17 ettari della casa circondariale infatti sono reclusi 351 detenuti, ben sotto la capienza regolamentare di 471 e la surreale soglia della tollerabilità (comunque soventemente passata anch’essa in gran parte d’Italia) di 638. Tra questi le donne sono 17. Gli stranieri ben 155. Controllati da 288 agenti, a fronte di una pianta organica (il numero di poliziotto penitenziari ritenuti necessari) di 388. Ma c’è un numero, o meglio una percentuale, che meglio di tutte rende l’idea del tipo di popolazione che popola Bancali: il 42 per cento dei reclusi sono tossicodipendenti. Tossicodipendenti. "Non solo - ha attacca Cecilia Sechi - quasi un detenuto su due e tossicodipendente. Ma praticamente tutti, togliendo qualche medio calibro, sono detenuti per reati legati al piccolo spaccio o al consumo di droga. Insomma abbiamo un carcere pieno di gente che in un paese civile in carcere non ci dovrebbe proprio stare". Tossicodipendenza che, a strascico, porta con sè tutta una serie di ovvi problemi. A iniziare dall’Aids "che molti - ha spiegato Sechi ai consiglieri comunali - scoprono di avere proprio in carcere". Continuando con il metadone e i farmaci specifici: "Che con questi numeri sono più necessari del cibo". Sanità. Sul punto l’Asl sembra tenere botta. C’è un infettivologo, Sergio Babudieri, presidente nazionale di medicina penitenziaria, che lavora regolarmente. Il Serd ha avuto dei problemi, ma ora lavora meglio. E l’approvvigionamento dei farmaci, prima carente, è in miglioramento. Ma le buone notizie, almeno sul versante sanitario,s i fermano qui. "Parliamo ci chiaro - ha tuonato Sechi - la Regione deve smettere di far finta che le carceri non esistano. La competenza della sanità penitenziaria è sua. Noi abbiamo bisogno di risposte. E di risorse". La situazione è drammatica: i medici generici in servizio garantiscono la copertura dell’ambulatorio 24 ore su 24. Ma non sono presenti specialisti. Ad esempio non c’è il radiologo e, carenza molto sofferta dai detenuti, il dentista. Risultato? "Per ogni visita specialistica serva un piantone che accompagni il detenuto in ospedale. Serve una stanza singola, che il direttore sanitario dell’Asl ci mette per fortuna a disposizione. Un enorme spreco di tempo e risorse. E un grande disagio per tutti". Ansiolitici. Mancano poi gli psicologi (solo 4 le ore garantite a settimana) e c’è un unico criminologo, che dovrebbe anche garantire le visite d’ingresso. Il tutto in una situazione in cui il disagio mentale è di casa e si finisce per rifugiarsi in un uso enorme di ansiolitici. Educatori. Ancora peggiore la situazione degli educatori. Cinque teorici, che diventano tre considerando che uno è in distacco familiare e una fa il capo area è dunque ha funzioni prevalentemente di coordinamento. "Fanno un grande lavoro - ha spiegato Sechi - ma è evidente che è impossibile lavorare in 3 con 300 detenuti". Funziona la palestra ("grazie all’incredibile professionalità messa in campo dall’Uisp e dal suo istruttore"), ma "rimane un’emergenza legata alle attività da fare. Col decreto Cancellieri le celle rimarranno aperte per 8 ore, ma bisogna attivare gli spazi di socializzazzione, e le attività. E finire il campo di calcio, prima che l’inverno distrugga ciò che è stato fatto". Provvisorio. Campo di calcio che è il perfetto esempio della situazione "provvisoria". "Il trasferimento a Bancali è stato veloce - ha chiuso il garante - è sicuramente per molti versi prematura. Ci sono problemi, tanti, causati da una macchina complessa che deve ancora mettersi in moto. Ma questo è il momento di intervenire. Per evitare che problemi provvisori diventino disagi permanenti. La politica carceraria vuole espellere i carceri dalle città. E i problemi carcerari dalle nostre coscienze. Non dobbiamo permettere che questo accada". Scavio (Sel): non tagliamo i rapporti con la città É un appuntamento fisso quello tra la quinta commissione consiliare e il garante dei detenuti Cecilia Sechi. "Ci siamo ripromessi - sottolinea il presidente e consigliere di Sel Sergio Scavio - di rimanere il più possibile aggiornati sulla situazione del carcere. Convinti che la qualità del rapporto che si crea tra una comunità e i reclusi ospitati sul proprio territorio sia un avamposto di civiltà imprescindibile". E proprio il rapporto tra la casa circondariale di Bancali e la città è uno dei tanti temi affrontati nella audizione della commissione. "La paura - spiega Scavio - confermata dal garante Cecilia Sechi, è che l’accresciuta distanza rispetto a San Sebastiano, che con tutti i suoi noti limiti era nel cuore della città, finisca per rendere più complessi i rapporti. E faccia sentire più isolati i detenuti. La nostra convinzione è dunque che il Comune, e la comunità in generale, debba lavorare ancora di più per tenere vivo il contatto con la casa circondariale. Con un coinvolgimento delle associazioni. Chiaramente sono poi molto importanti i problemi relativi alla sanità, al presidio medico, ai farmaci anti-Aids. E alla leggerezza con cui vengono distribuiti i farmaci antidepressivi. Chiaro sintomo di un disagio che andrebbe contrastato in altra maniera". "Concordo sulla necessità - ha risposto il garante Sechi - di tenere forte il rapporto con la città. E, anche per questo, sono state combattute battaglie come quella dello spostamento della fermata Arst. A questo proposito voglio dare un dato, che molto bene dipinge il dramma che dentro un carcere come quello di Bancali, ma come in tanti altri, si vive. Molti detenuti, e anche molti loro familiari, non hanno nemmeno i soldi per pagare il biglietto dell’autobus che porta a Bancali. La terribile, totale, povertà che c’è dentro i carcere è inimmaginabile. La gente non ha nulla, nemmeno una busta e un foglio di carta per scrivere una lettera. E vive solo grazie a quello che la stessa struttura fornisce loro. Ci siamo attivati per chiedere risorse aggiuntive per le prime necessità. Ma è chiaro che serve l’aiuto di tutti, delle associazioni, delle istituzioni, della città, della gente. Che spesso nemmeno immagina come sia la vista dietro le sbarre. E che, se lo sapesse, ne rimarrebbe sconvolta". Reggio Emilia: la Garante regionale; sul carcere luci e ombre… bene il "regime aperto" Ansa, 7 dicembre 2013 Da una parte "il permanere di precarie condizioni igienico-sanitarie e strutturali", come infiltrazioni e termosifoni non funzionanti, dall’altra però "il regime cosiddetto aperto" e "un significativo dato numerico relativo ai detenuti ammessi al lavoro all’esterno". Luci e ombre nel giudizio di Desi Bruno, Garante regionale per i detenuti, su carcere e ospedale psichiatrico giudiziario di Reggio Emilia. Al 2 dicembre erano presenti 487 detenuti, 168, su 217 in carico, nell’Opg; 289 nella la casa circondariale. Di questi ultimi, i condannati in via definitiva sono circa la metà, 145, i tossicodipendenti 89 e gli stranieri 169, mentre sono 34, tra i 29 ammessi al lavoro all’esterno e i 5 in regime di semilibertà, i detenuti che possono attraversare i cancelli delle strutture. Se da un lato le condizioni della struttura hanno destato parecchie preoccupazioni, dall’altro - spiega l’ufficio del Garante - si è però constatato il positivo avvio dell’applicazione, da parte delle Direzione dell’istituto penitenziario delle indicazioni contenute nella nota del Provveditorato regionale per arrivare all’obiettivo della umanizzazione della pena nei penitenziari regionali: si prevede il cosiddetto regime aperto, con le celle e le camere di pernottamento che restano aperte per più di 8 ore al giorno, dalle 8.30 alle 16 e dalle 16.30 alle 21, per i detenuti di due sezioni, circa 50 persone a sezione tutte con pena definitiva, per lo più in due in cella, la cui tipologia rientra fra quelli con un livello di pericolosità non significativo. Rispetto al completamento del processo di superamento dei manicomi giudiziari si profila, a livello nazionale, un’ulteriore proroga del termine (ad oggi previsto per l’1 aprile 2014). Ma, come noto, il progetto dell’Ausl di Reggio Emilia per la realizzazione ex novo della Residenza sanitaria per l’esecuzione della misura di sicurezza ha già ricevuto in fase istruttoria un primo parere positivo dal ministero della Salute. Forlì: Giovani Democratici; morti in carcere inaccettabili… perché facilmente evitabili www.forlitoday.it, 7 dicembre 2013 "Inaccettabile perché facilmente evitabile!" Così i Giovani Democratici Forlivesi commentano la notizia della morte, tra le quattro mura blindate del carcere di Poggioreale, di Federico Perna. "Inaccettabile perché facilmente evitabile!" Così i Giovani Democratici Forlivesi commentano la notizia della morte, tra le quattro mura blindate del carcere di Poggioreale, di Federico Perna, il 34enne che scontava pene cumulate per vari piccoli reati. Dopo la morte del Stefano Cucchi a 31 anni, il problema dei maltrattamenti delle carceri era venuto a galla per poi eclissarsi in silenzio poche settimane dopo. "C’è voluta un’altra morte affinché se ne parlasse?" Si chiedono i ragazzi della Giovanile del Pd forlivese. Le condizioni dei carcerati sono diventate negli ultimi anni sempre più inaccettabili e i Governi che si sono succeduti ("anche quelli sostenuti dai nostri compagni di Partito", sottolineano i Gd) non sono stati in grado di risolvere il problema. Non si tratta solo di maltrattamenti e abusi, ma anche di scarse condizioni igieniche, personale insufficiente e inadeguatezza delle strutture con condizioni estreme di sovraffollamento. "Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato" evidenziano citando la Costituzione, "e ciò non può valore solo per chi ha conoscenze in alto." Chiamano poi in causa indulti ed indultini che, sostengono, non sono la soluzione: "bisogna andare oltre alla visione di breve periodo". Riqualificazione degli istituiti realizzati e mai divenuti operativi (40 sul territorio italico), depenalizzazione dei reati minori cosa che non significa altro che una revisione delle vigenti leggi su clandestinità e droghe leggere ma soprattutto controllo, affinché la prigione non si tramuti in un inferno dantesco, dove invece della giustizia, valga la legge del contrappasso. Poi il via ad un nuovo programma per realizzare misure alternative di detenzione come avviene già in larga misura negli altri Paesi occidentali. Ricordano infine la situazione forlivese. "Oltre 150 detenuti nella Rocca" (struttura che dovrebbe essere adibita a tutt’altro) "e un nuovo istituto detentivo che avrebbe dovuto essere pronto nel 2012". Invitano poi gli organi competenti affinché completino il nuovo carcere perché si dia il via al trasferimento al più presto. "Che la realizzazione della nuova casa circondariale non diventi un’altra tangenziale" criticano "pronta il giorno del mai. Qui si parla di persone e dei loro diritti e sui diritti non si può procrastinare". Le condizioni dei carcerati sono diventate negli ultimi anni sempre più inaccettabili e i Governi che si sono succeduti ("anche quelli sostenuti dai nostri compagni di Partito", sottolineano i Gd) non sono stati in grado di risolvere il problema. Non si tratta solo di maltrattamenti e abusi, ma anche di scarse condizioni igieniche, personale insufficiente e inadeguatezza delle strutture con condizioni estreme di sovraffollamento. "Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato" evidenziano citando la Costituzione, "e ciò non può valore solo per chi ha conoscenze in alto." Chiamano poi in causa indulti ed indultini che, sostengono, non sono la soluzione: "bisogna andare oltre alla visione di breve periodo". Riqualificazione degli istituiti realizzati e mai divenuti operativi (40 sul territorio italico), depenalizzazione dei reati minori cosa che non significa altro che una revisione delle vigenti leggi su clandestinità e droghe leggere ma soprattutto controllo, affinché la prigione non si tramuti in un inferno dantesco, dove invece della giustizia, valga la legge del contrappasso. Poi il via ad un nuovo programma per realizzare misure alternative di detenzione come avviene già in larga misura negli altri Paesi occidentali. Ricordano infine la situazione forlivese. "Oltre 150 detenuti nella Rocca" (struttura che dovrebbe essere adibita a tutt’altro) "e un nuovo istituto detentivo che avrebbe dovuto essere pronto nel 2012". Invitano poi gli organi competenti affinché completino il nuovo carcere perché si dia il via al trasferimento al più presto. "Che la realizzazione della nuova casa circondariale non diventi un’altra tangenziale" criticano "pronta il giorno del mai. Qui si parla di persone e dei loro diritti e sui diritti non si può procrastinare". Cagliari: Sdr; ancora bloccato cantiere nuovo carcere, necessaria inchiesta parlamentare Ristretti Orizzonti, 7 dicembre 2013 "Finalmente si sente forte e chiara la voce della politica. Interrogazioni e interpellanze però non sono sufficienti. I Parlamentari sardi chiedano l’immediato avvio di un’indagine. Con gli ultimi licenziamenti la situazione sta precipitando". Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione "Socialisti Diritti Riforme", con riferimento al licenziamento di 19 dei 43 operai della società Opere Pubbliche con conseguente nuovo blocco del cantiere di Uta, dove sta sorgendo il Villaggio Penitenziario in cui saranno trasferiti i cittadini privati della libertà attualmente dietro le mura di Buoncammino. . "Senza una decisa presa di posizione della politica - sottolinea Caligaris ricordando il gravissimo ritardo accumulatosi per il completamento degli edifici - continuerà un tira e molla tutto in perdita per i lavoratori e per le casse dello Stato. Salvo poi non debba essere avviata un’inchiesta da parte della Procura. È necessario pertanto richiamare ciascuno alle proprie responsabilità". Pistoia: detenuti prossimi a fine della pena verranno impiegati in lavori di pubblica utilità met.provincia.fi.it, 7 dicembre 2013 Firma dell’intesa fra Comune e carcere di Pistoia. L’iniziativa, che avrà durata biennale, è resa possibile dalla convenzione firmata stamattina in Comune dal sindaco Samuele Bertinelli e dal direttore della Casa circondariale Santa Caterina, Tazio Bianchi. Detenuti della Casa circondariale Santa Caterina in Brana che stanno scontando la parte finale della pena lavoreranno in Comune svolgendo mansioni di pubblica utilità a favore della comunità locale. Questo in sintesi il contenuto della convenzione siglata stamattina dal sindaco Samuele Bertinelli e dal direttore del carcere di Pistoia Tazio Bianchi, che porterà nei prossimi mesi alcuni tra i detenuti che stanno terminando il periodo di detenzione a lavorare in Comune, all’interno dei servizi che si occupano di lavori pubblici, cura del verde, cultura, sport, sviluppo economico e politiche sociali. L’accordo, che ha durata biennale (2014-2015), va ad implementare le azioni di supporto e sostegno alla popolazione carceraria attivate dall’amministrazione comunale in sintonia con la direzione della Casa circondariale ed è stato reso possibile grazie ad un percorso formale di collaborazione attivato sul tema dei lavori di pubblica utilità per i detenuti dall’Anci e dal Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria (Dap). Lo scopo di questa intesa, sollecitata anche dal Garante dei detenuti Antonio Sammartino, è duplice. Da una parte infatti si punta ad agevolare i contatti della persona detenuta con la comunità esterna al carcere, in modo da riscattare in maniera costruttiva i propri comportamenti giudicati lesivi dall’organo giudiziario. Dall’altra parte questo contatto positivo che si viene a stabilire tra la persona in condizione di detenzione e la comunità si ritiene possa favorire la conoscenza e dunque la sensibilizzazione della cittadinanza nei confronti di persone in esecuzione penale ed in fase di rieducazione e reinserimento. Tutto questo nell’ottica di rendere più semplice e meno traumatico il ritorno della persona detenuta alla libertà. I detenuti che a partire dall’inizio del nuovo anno lavoreranno in Comune saranno individuati dalla Casa di reclusione e dovranno essere persone per le quali sussistono le condizioni per l’ammissione al lavoro esterno. Ciascun detenuto ammesso al lavoro presso il Comune avrà un programma predisposto dal carcere e inviato al Magistrato di sorveglianza, che dovrà approvarlo. Il Comune da parte sua indicherà l’orario di lavoro e, in qualità di datore di lavoro, provvederà alla retribuzione dei detenuti con borse di lavoro: a questo fine l’amministrazione comunale ha già deciso, con apposita delibera di giunta, lo stanziamento di 9mila euro sul Bilancio sia del 2014, sia del 2015. Adesso, dopo la firma della convenzione, la fase della progettazione e dell’organizzazione del programma di lavoro sarà curata dai Servizi sociali del Comune e dalla Direzione della casa circondariale di Pistoia, con l’obiettivo di attivare a partire dal prossimo anno i primi lavori di pubblica utilità in Comune. L’accordo tra Comune e carcere, valido per il 2014 e il 2015, potrà successivamente essere rinnovato per altri due anni, dopo la verifica sugli obbiettivi raggiunti e previo accordo tra le parti. Napoli: Tribunale nega visita specialistica a detenuto al 41-bis, Camera penale in agitazione Corriere del Mezzogiorno, 7 dicembre 2013 È al 41-bis e ha bisogno di una visita specialistica, gli negano il permesso e la Camera penale di Napoli indice lo stato di agitazione. La protesta è per il diritto negato questa volta al boss Salvatore Cammarota, detenuto in regime di 41 bis nel carcere di Secondigliano. La decisione è stata presa, si legge in una nota a firma del presidente, Domenico Ciruzzi, e del segretario, Alfredo Sorge, "nella impossibilità tecnica della adozione, allo stato, di misure più gravi, stante la già proclamata astensione dalle udienze per il giorno 16 dicembre". La questione è stata comunque messa all’ordine del giorno dell’assemblea in programma per quella data. Per i penalisti, "il grave episodio costituisce l’ennesima riprova di una cultura del sospetto posta in essere non già da una parte, per quanto pubblica, quale il pm, ma addirittura da magistrati chiamati ad esercitare la funzione giudicante con terzietà ed indipendenza da ogni condizionamento". Piacenza: Ugl; agenti e detenuti soffrono freddo e umidità, carcere in stato di abbandono www.piacenza24.eu, 7 dicembre 2013 L’Ugl Polizia Penitenziaria si vede ancora una volta costretta a denunciare lo stato di totale abbandono in cui riversano il corpo di guardia degli Agenti di Polizia Penitenziaria. Abbiamo appreso -spiega in un intervento la Segreteria Locale Ugl con a capo Antonio Curcio - che il sistema di riscaldamento viene mantenuto spento nelle ore notturne tra la protesta non solo del personale che si trova ad operare in estreme condizioni climatiche ma, anche la popolazione detenuta né risente . Molti colleghi di notte sono stati chiamati dai detenuti chiedendo il perchè i termosifoni vengono spenti proprio col calar della temperatura . Il personale è costretto ad operare con giubbotti, capelli, sciarpe e guanti anche nelle ore diurne soprattutto nei posti adibiti a passeggio detenuti dove i locali risultano essere ammuffiti, freddi ed umidi, così come avviene per gli smistamenti detenuti , freddi, senza servizi igienici ormai da anni , e senza riscaldamento. Questa situazione non è più sopportabile , vi è personale ammalato e molti Agenti denunciano raffreddore da mesi per mancanza di riscaldamento. Crediamo che il risparmio non si deve effettuare ai danni della Polizia Penitenziaria nonché dei detenuti, vi sono uffici di personale civile amministrativo ben riscaldati chiediamo alla Direzione o di far riparare i termosifoni nei box Agenti o di installare stufe portatile inoltre, si chiede quando bisogna ancora aspettare in una risoluzione al caso dei bagni nei posti di servizio. Lecce: agenti di polizia penitenziaria aggrediti durante il trasferimento di un detenuto www.lecceprima.it, 7 dicembre 2013 Hanno riportato rispettivamente un trauma cranico e alla colonna vertebrale. L’aggressione è avvenuta pochi minuti dopo le 14 nel carcere di Borgo San Nicola, durante il trasferimento di un detenuto da un reparto all’altro. Per bloccarlo c’è stato bisogno dell’intervento di più poliziotti. Due agenti di polizia penitenziari aggrediti e costretti a ricorrere al ricovero in una struttura ospedaliera, dove gli sono stati riscontrati rispettivamente un trauma cranico e alla colonna vertebrale. È questo il bilancio dell’ennesimo episodio di violenza avvenuto nelle carceri pugliesi, ai danni di agenti della polizia penitenziaria, costretti a turni di lavoro massacranti e a rischi sempre maggiori. L’aggressione è avvenuta pochi minuti dopo le 14 nel carcere di Borgo San Nicola: un agente stava trasferendo un detenuto da un reparto all’altro. Improvvisamente il recluso si è divincolato e ha colpito la guardia carceraria con una testata. Solo il pronto intervento di un collega, attirato dalle urla e dal rumore, ha evitato che la situazione degenerasse ulteriormente. L’agente è stato a sua volta colpito violentemente alla schiena. È stato necessario l’intervento di alcuni agenti per bloccare il detenuto violento e riportare la situazione alla normalità. "La situazione penitenziaria è sempre più incandescente, lo denunciamo ormai da molti mesi nella più silente indifferenza", spiega Ruggiero Damato, segretario provinciale Osapp. "Ogni giorno registriamo manifestazioni e proteste di detenuti sempre più violente. Le istituzioni e il mondo della politica non possono più restare inermi e devono agire concretamente". L’Osapp lancia l’allarme carceri: la polizia penitenziaria è in grande difficoltà, costretta a lavorare con personale esiguo e con un’età media sempre più elevata. L’istituto penitenziario leccese ha perso in tre anni circa 200 uomini. Le recenti direttive europee hanno portato a otto il numero delle ore che i detenuti devono trascorrere fuori dalle celle, aggravando il lavoro degli agenti, già alle prese con condizioni critiche e sovraffollamento. Firenze: Sottosegretario Istruzione Toccafondi lunedì a Sollicciano, visita scuola in carcere Agi, 7 dicembre 2013 "Per conoscere l’esperienza della scuola e dell’istruzione in carcere desidero andarla a vedere. Voglio guardare, conoscere quello che accade dentro la scuola del sistema penitenziario, credo sia l’unica possibilità per potere affrontare i problemi e le criticità presenti ed anche migliorare e incentivare quelle buone prassi che funzionano e che rendono possibile una vera istruzione all’interno del carcere. Incontrerò il direttore del carcere, studenti, insegnanti e tutti coloro che collaborano in questa struttura, dai quali mi farò introdurre per una visita dei locali della scuola". Queste le motivazioni che spingono Gabriele Toccafondi Sottosegretario di Stato Ministero Pubblica Istruzione, Università e Ricerca, a visitare lunedì 9 dicembre la scuola all’interno del carcere di Sollicciano. Torino: "Arcobaleno", compie 20 anni la Comunità per tossicodipendenti in carcere Ansa, 7 dicembre 2013 La detenzione può trasformarsi in opportunità di cambiamento. Esperti a confronto sulle nuove sfide terapeutiche: il carcere come luogo di cura. Compie vent’anni di attività la Comunità Terapeutica "Arcobaleno" Asl To 2 per tossicodipendenti, attiva all’interno del Padiglione E della Casa Circondariale Lorusso e Cutugno come percorso terapeutico-riabilitativo per detenuti con dipendenza da sostanze stupefacenti, alcool o comportamenti. Il Dipartimento Dipendenze 1 Asl To 2, diretto dal Dott. Emanuele Bignamini, festeggia la ricorrenza con un seminario che si svolgerà il 10 dicembre 2013 presso la Casa Circondariale Lorusso e Cutugno di Torino, per riflettere su questa esperienza e le sue prospettive. Operatori sanitari, sociali, penitenziari e del sistema giudiziario invitati a confronto sul tema della pena e della cura delle persone tossicodipendenti. Arcobaleno, nata formalmente nel 1993, nell’ambito di un progetto della Direzione del Carcere delle "Vallette", dall’anno 2009 è gestita dal Dipartimento Dipendenze 1 dell’Asl To 2, in seguito al trasferimento di tutte le funzioni sanitarie dal Ministero della Giustizia al Servizio Sanitario Nazionale. "La Comunità Terapeutica Arcobaleno gode di un particolare regolamento penitenziario definito a custodia attenuata, che si propone di creare un contesto che consenta di conciliare i bisogni della cura con le esigenze della sicurezza - spiega il Dott. Enrico Teta, Responsabile SerD-Area Penale dell’Asl To 2 - La sicurezza viene assicurata attraverso modalità che non interferiscono con la prevalente finalità terapeutico-riabilitativa della struttura e la stessa relazione fra il personale di Polizia Penitenziaria e i pazienti/detenuti assume una connotazione qualitativamente diversa, in sintonia con gli obiettivi terapeutici". "I programmi terapeutico-riabilitativi della Comunità Arcobaleno, proposti ai detenuti che volontariamente vogliano intraprendere una cura, sono gestiti dal Dipartimento Dipendenze attraverso un gruppo multidisciplinare composto da psicologi, educatori, assistenti sociali, medici e infermieri - spiega il Dott. Emanuele Bignamini, Direttore Dipartimento Dipendenze 1 dell’Asl To 2 - in stretta collaborazione con la Direzione del Carcere, la Polizia Penitenziaria e l’Ufficio Educatori del Ministero della Giustizia". "Arcobaleno dispone di 90 posti letto per il settore maschile e 10 per quello femminile. Nei vent’anni di attività di Arcobaleno oltre 2500 detenuti tossicodipendenti sono passati attraverso la struttura - precisa il Dott. Bignamini- e circa i due terzi di essi hanno avuto un andamento favorevole, con conclusione del programma all’interno oppure proseguimento all’esterno, in misura alternativa o in libertà". In Italia, secondo i dati del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, alla rilevazione puntuale del 31 dicembre 2012 la popolazione detenuta tossicodipendente era di 15663 soggetti, pari al 23,8% del totale dei soggetti ristretti in carcere (65701 soggetti). Alla medesima data in Piemonte i tossicodipendenti ristretti erano 1140, pari al 22,8% dei detenuti presenti nelle carceri piemontesi (4997 soggetti). Considerando i molti casi che sfuggono alla diagnosi, soprattutto tra i dipendenti da alcool, è verosimile che almeno 1 detenuto su 4 presenti una patologia da dipendenza. "I tossicodipendenti detenuti presentano un profilo clinico sociale più complesso di quelli seguiti nei servizi specialistici esterni, con un consumo di alcool e droghe più grave, frequente poliassunzione di sostanze, maggiore carico di problematiche mediche, infettive e psichiatriche, tasso di disoccupazione più alto, provenienza da aree di emarginazione sociale - precisa il Dott. Enrico Teta- per questa ragione gli interventi terapeutico-riabilitativi devono essere adeguati alla complessità dei problemi da affrontare, per poter interrompere il ciclo dipendenza-azioni criminose-detenzione-ricaduta. "Per il successo del programma terapeutico è essenziale, al momento del ritorno in libertà, garantire continuità al trattamento da parte dei Servizi territoriali e supportare il reinserimento sociale - conclude il Dott. Teta - perciò particolare importanza riveste il collegamento con le agenzie esterne, per gestire le necessità sanitarie e sociali del soggetto, con il coinvolgimento di tutti gli attori sociali". Secondo quanto riportato da alcune ricerche internazionali, all’uscita dal carcere, in assenza di un trattamento specifico, oltre il 50% dei soggetti con una storia di Disturbo da Uso di Sostanze, ha una ricaduta entro un mese dal rilascio. Questo dimostra l’inefficacia del solo strumento repressivo per contrastare la diffusione dell’uso di sostanze stupefacenti e la necessità di favorire l’accesso ai programmi terapeutici di tutti coloro che presentino una simile problematica nonché la necessità di predisporre servizi sanitari efficienti, anche all’interno degli istituti penitenziari, capaci di intercettare questi bisogni di cura e dare risposte terapeutiche appropriate. Volterra (Pi): tornano "Cene galeotte", l’incasso sarà devoluto alla scuola materna di Saline ww.gonews.it, 7 dicembre 2013 Dopo il grande successo dell’esordio prosegue il calendario delle cene galeotte (www.cenegaleotte.it), che venerdì 13 dicembre offrirà al pubblico un’altra emozionante serata all’insegna di buona tavola e solidarietà presso la Casa Circondariale di Volterra. Ai fornelli del carcere prenderà posto lo chef Andrea Campani dell’Osteria del Borro di San Giustino Valdarno (Ar - www.osteriadelborro.it), che elaborerà assieme ai detenuti un menu espressione della sua cucina, inconfondibilmente toscana e giocata sulla ricerca del giusto equilibrio fra gusto, sostanza e creatività. Ad accompagnare le portate una selezione di etichette offerte dall’azienda vinicola Bulichella (www.bulichella.it) di Suvereto (Li). Executive Chef dell’Osteria del Borro e de Il Borro Tuscan Bistro, il nuovo locale fiorentino della tenuta Il Borro, il lungo cammino professionale di Andrea Campani si è snodato negli anni in giro per il mondo: tante e differenti esperienze lavorative l’hanno alla fine riportato nella sua terra, quel Valdarno che tanto ama e che gli permette oggi di esprimere tutta la passione per questo lavoro e per le sue radici gastronomiche. Il ricavato (costo cena: 35 euro a persona) sarà integralmente devoluto ai progetti umanitari sostenuti dalla Fondazione Il Cuore si scioglie Onlus (www.cambiala.it/fondazione), che dal 2000 vede impegnata Unicoop Firenze assieme al mondo del volontariato laico e cattolico: particolarmente sentite le motivazioni di questa serata che avrà come destinataria di quanto raccolto la scuola materna di Saline di Volterra, per i lavori di ricostruzione dopo i gravi danni causati dall’alluvione che ha duramente colpito la zona lo scorso ottobre. Le Cene Galeotte sono possibili grazie all’intervento di Unicoop Firenze, che oltre a fornire le materie prime necessarie alla realizzazione dei piatti assume i detenuti retribuendoli regolarmente. Il progetto è realizzato con la collaborazione del Ministero della Giustizia, la direzione della Casa di Reclusione di Volterra, la supervisione artistica del giornalista e critico enogastronomicoLeonardo Romanelli, che provvede ad individuare gli chef coinvolti nell’evento, e il supporto comunicativo di Studio Umami. Un ruolo fondamentale è inoltre ricoperto dalla Fisar-Delegazione Storica di Volterra (www.fisarvolterra.it) che è partner del progetto e si occupa sia della selezione delle aziende vinicole e del servizio dei vini ai tavoli, sia della formazione dei detenuti come sommelier , di cui ben 10hanno già positivamente svolto il corso base di avvicinamento al vino e seguiranno il percorso formativo per raggiungere la qualifica di sommelier professionali. Per informazioni: www.cenegaleotte.it. Per prenotazioni: Agenzie Toscana Turismo, Argonauta Viaggi (Gruppo Robintur), Tel. 055.2345040 Mondo: Bonino, nostro impegno per 3.120 italiani in carcere all’esterno, non solo per marò Ansa, 7 dicembre 2013 L’impegno del ministero degli Esteri e del governo per "i 3.120 italiani" che languono, "innocenti o colpevoli" nelle carceri di altri Paesi in giro per il mondo è stato riaffermato stasera da Emma Bonino ai microfoni della trasmissione Virus su Raidue. Rivolgendosi alle loro famiglie, il ministro ha ricordato che non ci sono solo i marò in India o i tifosi laziali fermati in Polonia, ma anche centinaia di altri casi, talora in Paesi difficili visto che "la malagiustizia non esiste solo in Italia". I familiari - ha concluso - "devono sapere che li seguiamo con grandissimo impegno, magari silenzioso". Russia: il premier Medvedev; niente amnistia per Pussy Riot, Navalny, Khodorkovsky Ansa, 7 dicembre 2013 Il progetto di amnistia presidenziale, promosso in coincidenza con i 20 anni della promulgazione della Costituzione russa, non toccherà nè le Pussy Riot, né l’ex oligarca Mikhail Khodorkovsky e tanto meno il blogger oppositore Alexei Navalny. Secondo quanto scrive oggi il quotidiano Kommersant, del provvedimento invece potrebbe beneficiare l’ex responsabile del dicastero Difesa, Anatoly Serdyukov, (di recente incriminato per negligenza) e un’ex funzionaria sua dipendente, Evgenia Vasilyeva, principale accusata nel caso Oboronservis, il maxi scandalo di corruzione che l’anno scorso portò alle dimissioni dello stesso ministro. Secondo il giornale, l’amnistia si applicherebbe solo ai reati di piccola e media gravità. Prima di tutto, ricadrebbero sotto il provvedimento le donne con figli minorenni, quelle in stato di gravidanza e quelle di età superiore ai 55 anni, gli uomini sopra i 60 anni, gli invalidi di primo e secondo grado e i minori che non abbiano già scontato una pena in carcere. Nella casistica rientrerebbero, così, solo una parte degli imputati nel controverso processo "Balotnaya", che vede alla sbarra decine di manifestanti che il 6 maggio 2012 presero parte alla protesta a Mosca contro il ritorno di Vladimir Putin al Cremlino, finite in duri scontri con la polizia. Escluse dall’amnistia, le Pussy Riot, le attiviste condannate a due anni di colonia penale per la preghiera punk nella cattedrale di Cristo Salvatore. Il reato per cui si trovano in carcere, "teppismo aggravato", rientra nella lista delle eccezioni. Stessa cosa per i 30 attivisti di Greenpeace, tra cui l’italiano Cristian D’Alessandro, sotto inchiesta per la protesta contro la piattaforma petrolifera di Gazprom nell’Artico. Fuori dall’amnistia anche Navalny, condannato a cinque anni con la condizionale per "appropriazione indebita e truffa", come pure Khodorkovsky e il suo socio Platon Lebedev, detenuti per "riciclaggio e frode fiscale". Non abbiamo prigionieri politici Il premier, Dimitri Medvedev, è convinto che in Russia non ci siano detenuti per motivi politici. "Se voi ritenete che da noi ci siano prigionieri politici, io penso di no", ha dichiarato nel corso di un’intervista in diretta tv in cui ha fatto il punto dell’anno che si sta chiudendo. Per l’ex presidente "nel periodo sovietico c’erano prigionieri politici, incarcerati per le loro convinzioni politiche e tali persone oggi non ci sono più". Organizzazioni per i diritti umani e l’opposizione extraparlamentare in Russia hanno più volte chiesto alle liberazioni di quelli che considerano prigioni di coscienza, come le Pussy Riot o l’ex l’oligarca Mikhail Khodorkovsky. Pussy Riot in cella per reati comuni "I personaggi che di solito vengono citati oggi, anche se si oppongono al potere, sono in cella non per le loro convinzioni politiche ma per aver violato l’ordine pubblico". Così il premier russo Dmitri Medvedev, rispondendo ad una domanda in tv sembrerebbe escludere l’ipotesi di clemenza per le Pussy Riot, così come per l’ex capo della Yukos Mikhail Khodorkovsky in vista dell’amnistia: "In Russia non esistono prigionieri politici, gli oppositori sono in galera per aver commesso crimini reali". Stati Uniti: "detenuto illegalmente per 10 mesi", immigrato pakistano fa causa al Governo www.articolotre.com, 7 dicembre 2013 Un immigrato pakistano, Irfan Khan, 40 anni, musulmano, emigrato negli Stati Uniti dal Pakistan nel 1994, ha accusato gli Stati Uniti d’America di essere stato illegalmente detenuto per dieci mesi. Khan è stato arrestato in California nel maggio del 2011 con l’accusa di aver dato sostegno materiale a un gruppo di terroristi riconducibili ai talebani pakistani. Irfan Khan, figlio di un imam della Florida, condannato lo scorso agosto a 25 anni di carcere, perché colpevole, secondo la giuria, di aver foraggiato i terroristi con 50mila dollari, si è sempre professato innocente, ma questo non è bastato, anzi, il solo sospetto che Khan intrattenesse rapporti con i terroristi pakistani gli sono costati 319 giorni di isolamento. Le accuse al cittadino pakistano sono state ritirate lo scorso giugno e ora Khan chiede che qualcuno paghi per quell’errore che gli ha rubato 10 mesi di vita. Nella denuncia si legge che il governo ha sottoposto Irfan a un trattamento disumano solo in merito alla sua religione e che questo eccesso di zelo che il governo ha per la sua particolare lotta al terrore, viola qualsiasi tipo di diritto umano. Nella querela si accusa il governo di falso arresto, gli si imputa una detenzione illegale e il perseguimento dannoso. Khan parlando a Reuters ha detto: "Non potevo nemmeno immaginarmi in questa situazione. Al momento sono rimasto scioccato. Non so per quale motivo sia successo, come sia accaduto ed è per questo che ho deciso di denunciare lo stato americano. Per avere delle risposte". Per il governo Khan avrebbe inviato denaro nel 2008 a un comandante dei talebani pakistani, di nome Akbar Hussain, ma l’uomo, al contrario, sostiene di aver mandato dei soldi alla moglie in visita nel loro Paese Natale, ospite di uno zio, Akbar Hussain, professore universitario in pensione. Come se non bastasse l’accusa sostiene che un traduttore "neutrale" sarebbe stato in disaccordo con l’interpretazione di alcune telefonate che Khan ha avuto con suo padre in urdu e pashtu. Secondo l’azione legale, Khan criticava il governo americano, ma non incitava a nessun tipo di violenza, com’è invece, stato sostenuto dai pubblici ministeri governativi. L’uomo, dopo la detenzione ha perso tutto, lavoro e auto, la moglie, inoltre, è andata via dalla loro abitazione insieme ai figli perché preoccupata per la loro sicurezza, Khan è alla ricerca di un lavoro, ma con i suoi precedenti nessuno lo vuole assumere e in banca gli hanno anche negato un prestito, in virtù degli elementi emersi da questa inchiesta. Il caso Irfan Khan contro Stati Uniti d’America, è stato depositato alla US District Court, Southern District of Florida. Lo scopo di Khan è quello di volere giustizia e un risarcimento economico per rifarsi una vita. Siria: attivisti, nessuna richiesta scambio di prigionieri con suore rapite da parte dei ribelli Ansa, 7 dicembre 2013 Non c’è nessuna richiesta di scambio di prigionieri da parte dei ribelli del Qalamun legata alla sorte delle 12 suore siriane e libanesi prelevate nei giorni scorsi dalla cittadina cristiana di Maalula: lo afferma Amer al Qalamuni, responsabile del Media Center della regione a nord di Damasco, dove sarebbero state condotte le religiose. "Nessuno si permetta di speculare sulla sorte delle suore", ha detto al Qalamuni, parlando con l’Ansa tramite Skype. Il media-attivista è da settimane un interlocutore affidabile di quanto avviene nella zona montagnosa al confine col Libano e teatro di battaglie tra lealisti e miliziani ribelli. Il quotidiano panarabo-saudita Ash Sharq al Awsat aveva pubblicato oggi la richiesta di un oscuro gruppo di ribelli, detti "Brigate dei Liberi del Qalamun", del rilascio di un migliaio di detenute politiche siriane nelle carceri del regime di Damasco in cambio della liberazione delle suore del convento di Santa Tecla di Maalula. "Non esiste nessun gruppo di ribelli chiamato Brigate dei Liberi di Qalamun", ha affermato Amer al Qalamuni, facendo eco a quanto hanno già scritto sui social network diversi attivisti della stessa regione. Nord Corea: liberato ed espulso il veterano di guerra americano detenuto da ottobre Corriere della Sera, 7 dicembre 2013 Merrill E. Newman, il veterano americano della guerra di Corea arrestato il 26 ottobre a Pyongyang, è stato liberato. L’agenzia di notizie nordcoreana Kcna ha annunciato questa mattina che l’ex ufficiale, 85 anni, "è stato deportato", vale a dire che è stato espulso "per motivi umanitari". Suona come un’ultima beffa la motivazione "umanitaria" del rilascio, dopo che il reduce era stato costretto a confessare in un processo farsa crimini commessi durante la guerra del 1950-1953, quando era un capitano di fanteria dell’esercito Usa schierato sotto la bandiera delle Nazioni Unite a difesa della Corea del Sud aggredita dall’esercito nordista del Grande Leader Kim Il-Sung. Un’avventura che portò Occidente e Oriente a un passo dal terzo conflitto mondiale. Merrill Newman era andato in Corea del Nord a ottobre per visitare i luoghi dove aveva combattuto e perso molti compagni: "Lo faccio come tanti altri veterani che ogni anno vanno a visitare le spiagge della Normandia", aveva detto alla famiglia preoccupata per quel viaggio. Doveva essere un tour di dieci giorni, ma la sera prima del rientro negli Stati Uniti l’ex ufficiale aveva avuto una discussione con la guida turistica nordcoreana (si tratta sempre di controllori del regime) e aveva detto ai compagni che la chiacchierata era stata tesa e sgradevole. La mattina dopo, quando Newman era già salito sull’aereo che lo avrebbe dovuto riportare a casa, la polizia lo aveva arrestato. Un mese dopo, Newman è ricomparso in un filmato diffuso dalla Kcna: in piedi, leggeva da un foglio la confessione di "atti ostili" commessi durante la guerra e chiedeva scusa. Il vecchio ufficiale quella confessione l’ha letta inserendo diverse frasi in inglese sgrammaticato, forse perché il testo era stato preparato così dai carcerieri nordcoreani o forse per mandare a casa un segnale di ribellione. Nella confessione Newman ammetteva di essere stato un consigliere della "Unità Kuwol dello UN Korea 6th Partisan Regiment, parte dell’Intelligence Bureau of the Far East Command" e di aver ordinato, nella sua posizione, azioni di sabotaggio dietro le linee e l’uccisione di soldati e civili nordcoreani tra il 1950 e il 1953. È possibile che il ruolo di Newman durante la guerra sia stato di ufficiale dei servizi segreti, anche se la famiglia negli Stati Uniti lo nega e sostiene che si tratta di un errore di identificazione. Negli archivi del Pentagono è registrato il nome di un altro Merrill Newman, decorato con la Stella d’Argento per le azioni in Corea. Sabato mattina la conclusione della vicenda. Il Dipartimento di Stato di Washington, che non ha rapporti diplomatici con Pyongyang, si è detto sollevato. E ha sollecitato la liberazione di un altro americano, Kenneth Bae, detenuto dal novembre 2012 e condannato a 15 anni di lavori forzati per attività sediziose. Bae è un missionario cristiano.