Per il ministro della Giustizia: invito nella redazione di Ristretti Orizzonti di Redazione Ristretti Orizzonti, 6 dicembre 2013 Avevamo mandato tempo fa un invito al Ministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri, a venire nella nostra redazione nel carcere di Padova, a confrontarsi con una delle poche realtà che in Italia si occupa di informazione a partire dal carcere, e con le persone detenute come protagoniste. Le rinnoviamo l’invito, con la speranza di trovare ascolto. Gentile Signora Ministro della Giustizia, siamo la redazione di Ristretti Orizzonti, un giornale che da 17 anni fa informazione sui temi del carcere dal carcere stesso, nella Casa di reclusione "Due Palazzi" di Padova, con una piccola redazione nel carcere femminile della Giudecca. Con grande fatica, e con il coinvolgimento di molte persone detenute, realizziamo anche una rassegna stampa quotidiana sul sito www.ristretti. org molto consultata da tutti gli operatori della Giustizia. Ma soprattutto portiamo avanti da dieci anni un lavoro di sensibilizzazione della società, in base al quale ogni anno incontriamo circa 5000-6.000 studenti, in un percorso di conoscenza della realtà delle pene e del carcere che prevede incontri nelle scuole con detenuti, volontari, magistrati, operatori, e soprattutto incontri in carcere, dove gli studenti non svengono informati tanto sulle condizioni, per altro pesantissime, delle carceri italiane, quanto piuttosto sui rischi connessi a certi comportamenti, e su come sia facile, dalla piccola trasgressione, arrivare all’illegalità e al reato. E questa informazione arriva direttamente dalle testimonianze delle persone detenute, che scelgono, con grande fatica, di mettere a disposizione dei ragazzi la loro esperienza negativa per darle anche un senso. Sappiamo che la nostra può sembrare una esagerata considerazione dell’importanza della nostra attività di informazione e di sensibilizzazione, ma osiamo ugualmente invitarla nella nostra redazione, a Padova, per un confronto su questi temi, perché pensiamo che il dibattito sulla giustizia, sulle pene, sul carcere non può più essere affidato solo alla politica, e spesso stravolto da una cattiva informazione: lo diciamo con grande semplicità, ma quando noi parliamo con migliaia di studenti, insegnanti, genitori, ci accorgiamo che le persone, se informate, se invitate a porsi delle domande, ad avere dei dubbi, a rendersi conto che le semplificazioni non servono a nulla, hanno oggi una gran voglia di capire. Solo rivoluzionando allora il nostro modo di comunicare si potrà arrivare ad una condivisione, da parte della società, di soluzioni ai problemi della giustizia e delle pene, che al primo impatto potrebbero spaventare. Ecco perché vorremmo parlare con lei proprio di informazione e sensibilizzazione della società, perché oggi giornali e tv troppo spesso non sono d’aiuto, e creano solo allarmismo là dove invece servirebbe una riflessione seria e profonda. Signora Ministro, le comunichiamo già adesso che vorremmo discutere anche di temi spinosi come i suicidi che accadono in carcere, perché quando non hai niente per vivere, ma puoi avere qualcosa morendo, ci sono detenuti che scelgono di morire. Vorremmo discutere di quello che si può fare da subito, con un po’ di coraggio, per le famiglie delle persone detenute.. E per ultimo le vorremmo parlare dell’esistenza in Italia della "Pena di Morte Viva" (come chiamiamo noi l’ergastolo ostativo) perché non è facile sapere che devi vivere e morire fino all’ultimo dei tuoi giorni murato vivo. Non è per nulla facile vivere sapendo di morire in carcere senza nessuna possibilità di ricominciare. E la cosa più terribile per un ergastolano ostativo è che non puoi più sognare perché ti senti un morto vivo o un vivo morto. Ringraziandola per l’attenzione ed in attesa di una risposta, porgiamo cordiali saluti. Giustizia: le misure preannunciate su carceri, processo penale e processo civile di Anna Costagliola www.diritto.it, 6 dicembre 2013 Intervenendo ad un convegno su amnistia e indulto, il Ministro della Giustizia ha annunciato un pacchetto di misure su carceri, processo penale e civile che sarà presentato in uno dei prossimi Consigli dei ministri, con l’intento di affrontare alla radice le disfunzioni del sistema. I preannunciati provvedimenti contemplano sia interventi sulle procedure, che si propongono il comune obiettivo di ridurre i tempi del processo e semplificare le forme, rafforzando però le garanzie per le parti, in special modo per l’imputato, sia interventi sul sistema penitenziario, per potenziare le alternative alla detenzione e garantire i diritti dei detenuti. Per quanto riguarda il processo penale, si intende anzitutto introdurre meccanismi di deflazione del carico giudiziario, capaci di eliminare, già in fase di indagine, gli accertamenti che, per la modestia degli interessi concretamente in gioco, non meritano l’accertamento processuale. Ulteriore intenzione è quella di potenziare l’efficacia deflattiva dei riti speciali senza dibattimento, nonché quella di agire risolutivamente sul sistema delle notificazioni degli atti processuali. Altro importante obiettivo dell’intervento in materia processuale penale è quello di sfruttare quanto più possibile il momento dell’udienza preliminare, facendone un luogo di preparazione del futuro giudizio dibattimentale. Ulteriori punti qualificanti della riforma sono: il rafforzamento delle garanzie degli imputati in custodia cautelare e, con attenzione rivolta all’efficienza processuale, la previsione di una disciplina della prova dichiarativa, già assunta in dibattimento, nel caso in cui esso debba essere rinnovato per mutamento del giudice. Infine, si intende realizzare una calibrata revisione del meccanismo delle impugnazioni, nella prospettiva di rafforzare la vocazione accusatoria del processo e la funzione di garanzia dei ricorsi. Per quanto riguarda il penitenziario e il carcere, si sta lavorando su un duplice livello: legislativo e amministrativo. Il progetto si sostanzia in una serie di misure volte a rafforzare il sistema delle alternative alla detenzione; ciò a partire dalla possibilità di rinnovare l’affidamento terapeutico per il recupero socio-sanitario dei tossicodipendenti e degli alcooldipendenti. Per tutti gli altri condannati si amplia l’ambito di accesso all’affidamento in prova, con i dovuti accorgimenti volti a non far venir meno le esigenze di sicurezza sociale. Nella prospettiva di superare definitivamente la situazione di sovraffollamento carcerario, si stabilizza l’istituto dell’esecuzione della pena presso il domicilio, il cui termine di vigenza è in scadenza al 31 dicembre 2013. Si vuole, infine, potenziare l’istituto dell’espulsione come sanzione alternativa per i detenuti stranieri anticipando, già al momento del loro ingresso in carcere, l’inizio della complessa procedura di identificazione; ciò al fine di attuare l’espulsione non appena possibile. La Corte europea dei diritti umani ha non solo sottolineato che il sovraffollamento degrada, a livelli intollerabili, la condizione di vita dei detenuti, ma anche che il nostro ordinamento non è in grado di dare risposte sempre efficaci e tempestive alla domanda di tutela dei diritti che proviene dalle persone detenute. La stessa Corte costituzionale ha più volte richiamato il legislatore ad adeguare il sistema di protezione dei diritti della persona detenuta. Nel pacchetto di misure che si appresta ad essere presentato sul tavolo del Governo sono previste ulteriori fondamentali misure: a) l’istituzione, con provvedimento d’urgenza, del Garante nazionale dei detenuti, organo indipendente preposto a una tutela extra-giudiziale dei diritti di quanti si trovano ristretti negli istituti penitenziari. Al Garante saranno attribuiti compiti di interpello dell’amministrazione penitenziaria, affinché provveda in tempi brevi a dare attuazione alle istanze legittime dei detenuti. In questa prospettiva gli sarà riconosciuta la facoltà di proporre, anche avvalendosi della collaborazione degli organismi forensi e delle associazioni di volontariato, reclamo alla magistratura di sorveglianza, in luogo e per conto dei detenuti, in caso di inadempienza dell’amministrazione. Inoltre, attraverso il Garante nazionale dei detenuti, il legislatore si propone di ottemperare, almeno parzialmente ottemperare a un preciso obbligo internazionale che chiede all’Italia di istituire, entro la prossima primavera, un’autorità indipendente di monitoraggio dei luoghi di privazione della libertà; b) la disciplina di un procedimento camerale, con partecipazione delle parti, dinnanzi al magistrato di sorveglianza. In tale sede i detenuti potranno far valere le richieste dirette a ottenere tutela per le violazioni dei loro diritti a seguito di comportamenti illegittimi da parte dell’amministrazione penitenziaria, attraverso la previsione dell’effettività, per mezzo dello strumento dell’ottemperanza, dei provvedimenti con cui il magistrato di sorveglianza ordini all’amministrazione obblighi positivi di azione. Giustizia: audizione Cancellieri ad assemblea Consiglio d’Europa sulle carceri italiane Il Velino, 6 dicembre 2013 La questione carceraria in Italia è stata al centro stamane alla Camera dell’audizione del ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri, davanti alla Delegazione italiana presso l’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, presieduta da Sandro Gozi. "Ben vengano amnistia e indulto", ha detto il ministro Cancellieri- dopo aver affrontato i vari temi sul tappeto. Il Consiglio d’Europa ha più volte richiamato il nostro Paese sulle condizioni di inumanità e spesso di violazione dei diritti umani che soffrono i detenuti in Italia. Entro il maggio 2014 l’Italia dovrà presentarsi a Strasburgo con un piano di iniziative concrete e già attuate. Il ministro Cancellieri ha illustrato il piano del governo per risolvere il grave problema, da interventi sull’edilizia carceraria a interventi sul lavoro dei detenuti dentro e fuori dal carcere, sulla custodia cautelare, sui detenuti stranieri anche in via di identificazione. "Nel primo semestre del 2014 - ha dichiarato il presidente Gozi - l’Italia dovrà dare risposte chiare al Consiglio d’Europa non solo sul sovraffollamento carcerario, ma anche sull’eccessiva lunghezza dei processi e le espulsioni di stranieri in violazione della Convenzione sui diritti umani avvenute in passato". "Siamo determinati - ha sottolineato il presidente della delegazione - a fare uscire l’Italia dall’attuale situazione di illegalità europea e a sostenere tutte le misure necessarie a tale scopo, a cui, sono personalmente convinto, occorra aggiungere anche amnistia ed indulto. L’audizione di oggi fa seguito all’iniziativa assunta ieri in Senato fra la Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani e la delegazione italiana presso l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, sui temi dell’amnistia e indulto, a cui ha preso parte il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che all’inizio dello scorso mese di ottobre aveva rivolto su questi temi un messaggio alle Camere". Giustizia: Sottosegretario Ferri, Parlamento si affretti a risolvere sovraffollamento Adnkronos, 6 dicembre 2013 "Il Parlamento non trascuri il monito del Presidente della Repubblica e si affretti a trovare una soluzione per il problema del sovraffollamento carcerario. Non aspettiamo che la sia Corte Costituzionale, di fronte all’inerzia legislativa, a pronunciarsi come è già accaduto per la legge elettorale". Lo ha detto il sottosegretario alla Giustizia, Cosimo Maria Ferri. "La Corte Costituzionale ha ritenuto inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate dai tribunali di sorveglianza di Venezia e Milano, con le quali si chiedeva il rinvio dell’esecuzione della pena previsto dall’articolo 147 del codice penale anche nel caso in cui la stessa si svolga in condizioni contrarie al senso di umanità a causa del sovraffollamento carcerario - ha ricordato Ferri - I giudici hanno assunto una presa di posizione analoga a quella espressa sulla legge elettorale, stabilendo che in caso di inerzia legislativa la Corte si riserva, in un eventuale successivo procedimento, di adottare le necessarie decisioni dirette a far cessare l’esecuzione della pena in condizioni contrarie al senso di umanità". "La Corte ha ritenuto di non potersi sostituire al legislatore e ha invitato lo stesso legislatore a porre rimedio nel più breve tempo possibile. Alcune misure per ridurre le presenze negli istituti penitenziari sono già all’attenzione del ministro Cancellieri, ma adesso - ha ammonito il sottosegretario - tocca anche al Parlamento fare la sua parte prima della scadenza di maggio, data ultima fissata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per introdurre le riforme". Centemero (Fi): valorizzare funzione riabilitativa "Chi, almeno una volta, ha visitato un carcere sa che i detenuti vivono in condizioni disumane, subendo vere e proprie violazioni dei diritti personali. La detenzione dovrebbe prevedere un serio percorso riabilitativo e, proprio per questo, è necessario mettere in pratica iniziative efficaci che consentano il reinserimento dei detenuti nella società civile". Lo ha dichiarato la deputata di Forza Italia Elena Centemero durante l’audizione del ministro Cancellieri alla delegazione italiana del Consiglio d’Europa sullo stato delle nostre carceri. "Ho personalmente proposto due iniziative - aggiunge Centemero - la prima, avanzata insieme all’onorevole Mosca, consiste in un sostegno alle cooperative che offrono lavoro ai carcerati; l’altra riguarda le scuole in carcere. Formazione professionale e lavoro, sia all’interno che all’esterno degli istituti penitenziari, sono senza dubbio due strade da percorrere. è urgente, alla luce della procedura di infrazione europea sulla situazione carceraria e delle condizioni di sovraffollamento dei penitenziari, che il Parlamento rifletta seriamente sull’indulto e sull’amnistia, provvedimenti per i quali non si può attendere oltre". Molteni (Ln): riforma misure cautelari è nuovo indulto "In questi anni c’è stato un abuso della carcerazione cautelare, ma escludere l’obbligatorietà del carcere preventivo per i reati di grave allarme sociale come la violenza sessuale e di gruppo, o l’omicidio volontario e il sequestro di persona per estorsione, è una vergogna a cui la Lega Nord si opporrà con tutte le proprie forze". Lo dichiara il capogruppo della Lega Nord in commissione Giustizia alla Camera, Nicola Molteni. "La riforma delle misure cautelari all’esame della commissione Giustizia, voluta da maggioranza e governo per risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri, rischia di tramutarsi nell’ennesimo mini indulto mascherato per chi si macchia di reati gravi per i quali il carcere preventivo è l’unica misura detentiva coercitiva idonea e necessaria. Ancora una volta le vittime di reati rischiano di essere ingiustamente oltraggiate e di ricevere l’ennesimo schiaffo dai provvedimenti di clemenza di questa maggioranza. La Lega Nord non asseconderà mai norme che escludono il carcere preventivo per i violentatori e per chi si macchia di gravi omicidi e ne chiederà pertanto una radicale modifica", conclude Molteni. Giustizia: incontro Cancellieri-ministro Albania su trasferimento ed estradizioni detenuti Il Velino, 6 dicembre 2013 Il Guardasigilli Annamaria Cancellieri ha ricevuto oggi il ministro della Giustizia albanese Nasip Naco, accompagnato dall’Ambasciatore d’Albania a Roma Neritan Ceka e da alti funzionari del suo ministero. Nell’incontro, informa una nota di via Arenula, sono stai trattati quali aspetti bilaterali di cooperazione giudiziaria il trasferimento dei detenuti condannati e le problematiche relative alle estradizioni. Il Ministro Naco, sulla base della contestuale riforma della giustizia che sta operando nel suo Paese, si è impegnato sin da gennaio ad avviare le procedure per il trasferimento di una parte dei detenuti albanesi elencati in una apposita lista fornita dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. A tal fine è stata concordato l’invio di una missione tecnica a Tirana in tale periodo. Naco ha inoltre invitato il guardasigilli Cancellieri ad effettuare una visita a Tirana per rafforzare la cooperazione in ambito giudiziario, anche a livello di programmi di assistenza tecnica. Giustizia: Ugl; ok emendamento Legge Stabilità, 6mila "civili" Dap al comparto sicurezza Italpress, 6 dicembre 2013 Riforma della Giustizia, i 6.000 civili del Dap al Comparto Sicurezza. Lo prevede un emendamento alla legge di stabilità presentato stamane alla Camera dal parlamentare Basilio Catanoso, ed è quanto emerso oggi all’assemblea della Ugl-Intesa con la presenza del segretario generale, Francesco Prudenzano. "Sicuramente è una notizia ricca di aspettative e che ci soddisfa - ha commentato Prudenzano - anche perché l’ipotesi di un transito dei civili del Dap nel comparto dei Penitenziari attraverso la creazione di ruoli tecnici, va ad eliminare la disparità di trattamento tra lavoratori che fanno lo stesso lavoro. Oggi tra educatori, assistenti sociali, amministrativi e tecnici che devono far fronte ad una popolazione carceraria di oltre 64 mila detenuti c’è una carenza organica di 3000 unità a cui spesso si fa fronte utilizzando gli agenti di Polizia penitenziaria che, in tal modo, paradossalmente, si ritrovano a svolgere ruoli di educatori, ragionieri e altro. Se l’emendamento presentato stamane trova una giusta collocazione si andrebbe a risanare anche una situazione organica difficile, oltre che imbarazzante economicamente" Giustizia: "Marcia di Natale" a Roma per l’Amnistia, le ragioni di una lotta ormai storica di Fabrizio Ferrante Notizie Radicali, 6 dicembre 2013 A distanza di quasi due lustri, correva l’anno 2005, i Radicali torneranno a marciare per le vie della Capitale al grido "Amnistia", nel giorno di Natale. Tra la scorsa manifestazione natalizia e quella in programma quest’anno si è tenuta quella del 25 aprile 2012 (clicca qui) ma in tutto questo tempo (nonostante l’indulto di prodiana memoria) i problemi dietro le sbarre e nelle aule di Giustizia, sono soltanto aumentati. Prima di entrare nel merito della marcia di Natale 2013, è necessario capire per quale motivo in tutti questi anni nulla è realmente cambiato, almeno in meglio. Viceversa le condizioni detentive sono sempre ben oltre i limiti della tollerabilità e le morti, per suicidio o per altre cause, continuano a imperversare da Nord a Sud. Ultimo, ma solo in ordine di tempo, il drammatico caso di Federico Perna. Come ha fatto notare il segretario di Radicali Italiani, Rita Bernardini, nel corso della recente riunione della Direzione di Radicali Italiani, senza l’impegno dei Radicali e in primis di Marco Pannella, oggi non parleremmo di 68 mila detenuti in 37 mila posti (quelli veri) bensì di oltre 100 mila. Ma per quale motivo si verifica un tale problema carcerario, con centinaia di arresti al giorno specialmente al Sud? Forse gli italiani sono improvvisamente diventati tutti delinquenti? Spesso abbiamo evidenziato i dati Istat e del Dap, secondo cui il 40% dei detenuti sono in attesa di giudizio e la metà di questi finiranno assolti alla fine dell’interminabile processo. Ancora, il 38% dei detenuti sono colpevoli di aver violato la Fini-Giovanardi sulle droghe, parliamo di quasi 30 mila cittadini. Percentuale simile anche per i detenuti immigrati, il cui status di clandestini che sopraggiunge anche in casi accidentali come la perdita del posto di lavoro, li rende immediatamente passibili di arresto qualunque cosa facciano. Inevitabile, per costoro o per chi arriva in Italia senza documenti, l’accesso a fonti illegali di sostentamento con relativo impatto sulla realtà carceraria. Se a tutto ciò si aggiunge un altro devastante impatto, quello della ex Cirielli sulla recidiva, il cocktail carcerogeno è completo. Spesso, infatti, capita che cittadini macchiatisi di reati bagattellari e senza vittime, si trovino gravati da pene lunghe diversi anni a causa dei cumuli e dei meccanismi di inasprimento inseriti in quella norma, da tutti oggi rinnegata. Tutte leggi votate durante i governi Berlusconi, con buona pace di chi oggi pretende dal Cavaliere e dai suoi sodali un contributo determinante per il ripristino della Giustizia nel nostro paese. Infine, non può mancare l’ennesimo appello affinché non si facciano le cose a metà: se dev’essere clemenza, sia clemenza totale e quindi si facciano anche le riforme. Non solo Indulto, come caldeggiato oggi da Giorgio Napolitano (clicca qui) ma anche Amnistia e una rivalutazione su ciò che dev’essere e ciò che non dev’essere reato penale. Ovvero depenalizzazioni di reati senza vittime come il possesso di droghe (meglio ancora se legalizzato, così come la vendita) il piccolo spaccio e la coltivazione per uso personale. La Fini-Giovanardi, ricordiamo, sarà presto al vaglio della Corte Costituzionale, che potrebbe sancirne l’incostituzionalità (clicca qui). Rendere non più penalmente rilevante lo status di clandestinità e prevedere misure alternative per quei reati come (per fare un semplice esempio fra tanti) la contraffazione o la vendita al dettaglio di prodotti illegali, che a Napoli genera una mole abnorme di detenuti. Tutte condotte, insieme ad altre non troppo lesive per terzi, punibili in maniera molto più utile ed efficace con misure alternative che, ad oggi, in Campania soprattutto risultano comminate in percentuali da prefisso telefonico. Come spesso ricordato dai rapporti di Antigone e di altre realtà sensibili al tema. Non resta quindi, sulla base di queste informazioni, che aderire alla marcia di Natale di cui pubblichiamo il testo rinvenibile nella pagina dell’evento Facebook (clicca qui) dedicato alla manifestazione. Una manifestazione dove si ricorderanno al resto del paese il contenuto del messaggio alle Camere del Presidente della Repubblica (clicca qui) e le imminenti sanzioni della Cedu ai sensi della sentenza Torregiani, che scatteranno laddove l’Italia non riportasse nella legalità il sistema carcerario e quello giudiziario. Con riferimento anche all’estrema lunghezza dei tempi dei processi. Tale termine è fissato dall’Europa per maggio 2014. Ma ecco il testo con cui, attraverso Facebook, i promotori (Radicali ma non solo, come dimostra l’elenco di personalità che riportiamo sotto) invitano militanti, parenti di detenuti e comuni cittadini a partecipare alla marcia di Natale: 25 Dicembre - Marcia di Natale per l’Amnistia! "Come nel 2005, già Don Mazzi, Patrizio Gonnella dell’associazione Antigone, Eugenio Sarno, Don Ettore Cannavera, Valerio Spigarelli Presidente dell’Unione Camere Penali, Luigi Manconi Presidente Commissione Diritti Umani in Senato, Valerio Spigarelli Presidente dell’Unione Camere Penali, Marco Arcangeli il Presidente Camere Penali di Rieti, Angiolo Marroni Garante diritti dei detenuti della Regione Lazio, Salvo Fleres già Garante dei diritti dei detenuti per la Regione Sicilia, Stefano Anastasia associazione Antigone, Sandro Gozi Vicepresidente dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, Ilaria Cucchi, sono fra i promotori! Stavolta partiamo da San Pietro e arriviamo a Largo Chigi. Sulmona (Aq): detenuto lavora ma non viene pagato, chiesto l’intervento del Ministro www.cityrumors.it, 6 dicembre 2013 Recluso nel carcere di Sulmona, aveva lavorato nella cucina dell’istituto di pena ma, nonostante una sentenza del giudice del lavoro emessa nel 2011, Pasquale Contini, di Chieti, attende ancora che gli vengano corrisposti 16.277 euro per prestazioni maturate tra il 2003 e il 2007. È quanto fa sapere l’on. Gianni Melilla (Sel) che in una interrogazione a risposta scritta al ministro della Giustizia chiede un intervento d’urgenza. Contini è in carcere dal 2001. Era l’aprile di quell’anno, quando l’uomo voleva aggredire il fratello minore perché secondo lui maltrattava continuamente la madre. Nel buio della notte alla finestra di casa, a Chieti, dove vivevano madre e figlio, si affacciò la donna anziché il fratello Giuseppe e l’uomo la colpì con un coltello da cucina uccidendola. Solo quando fu portato in questura seppe di aver ucciso la madre, Pasqualina Bernabei, all’epoca 74enne. "La norma regolatrice" spiega Melilla "è l’art. 22 L. n. 354 /1975 secondo cui la retribuzione mensile del detenuto lavoratore non deve essere inferiore ai due terzi della retribuzione stabilita per gli altri lavoratori della stessa categoria dal Contratto collettivo nazionale del lavoro vigente al momento dello svolgimento delle prestazioni. Con una delle prime sentenze in Italia del genere è stato disposto anche il pignoramento preventivo dei beni dell’istituto di pena. A vincere la sua battaglia legale, tramite l’avvocato Fabio Cantelmi, è, appunto, Pasquale Contini. La portata della sentenza è storica, perché sancisce che un lavoratore che svolge la sua attività all’interno di una casa di reclusione ha diritto a vedere salvaguardata la dignità in tutti i suoi molteplici aspetti compreso quello lavorativo in senso stretto come qualsiasi altro lavoratore. Questa sentenza riconosce il pagamento delle prestazioni da parte del ministero della Giustizia e nella fattispecie il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Pasquale Contini oggi vive con una pensione di invalidità di soli 260 euro al mese e a distanza di due anni dalla sentenza il ministero continua a risultare inadempiente. In una nota il signor Contini minaccia uno sciopero della fame se non avrà immediate risposte e chiarimenti circa il mancato pagamento". Napoli: Poggioreale, Rodotà incontra la madre del detenuto morto in carcere www.campaniasuweb.it, 6 dicembre 2013 Il giurista è intervenuto alla manifestazione contro il degrado della casa circondariale napoletana e ha rivolto le sue condoglianze a Nobila Scafuro, il cui figlio è morto lo scorso 8 novembre proprio a Poggioreale. Circa 50 persone dei centri sociali hanno manifestato contro il degrado nelle carceri italiane davanti alla casa circondariale napoletana di Poggioreale, dove si è recato anche Stefano Rodotà. Il giurista ha incontrato Nobila Scafuro, madre di Federico Perna, il giovane detenuto morto proprio a Poggioreale lo scorso 8 novembre alla quale Rodotà ha rivolto le sue condoglianze. "Mi ha espresso la sua vicinanza - ha detto la Scafuro - e mi ha detto che a suo parere quanto è successo a Federico è un fatto gravissimo". La madre di Federico e i parenti di alcuni detenuti ristretti a Poggioreale hanno rivolto a Rodotà domande sulla compatibilità tra detenzione e stato di salute degli incarcerati affetti da un certo tipo di patologie. Il giurista ha risposto che questo aspetto è al vaglio della magistratura anche se, ha sottolineato, a suo parere, esiste realmente un problema di valutazione. La Scafuro, accompagnata dall’altro figlio Cristian, ha parlato con i detenuti in cella usando un megafono e ha rivolto un appello per il detenuto Vincenzo di Sarno, "affetto da un tumore che gli ha fatto perdere 35 chili". I carcerati hanno risposto con la cosiddetta "battitura" sulle grate delle finestre delle celle. Trani: detenuto ai domiciliari arrestato alla stazione ferroviaria www.ruvolive.it, 6 dicembre 2013 Bloccato dai Carabinieri, stava forse aspettando il primo treno utile per allontanarsi. Era appena evaso da una comunità terapeutica dove stava espiando una pena detentiva ma è stato bloccato dai carabinieri nei pressi della locale stazione ferroviaria verosimilmente per salire sul primo treno utile. È accaduto a Ruvo di Puglia dove i Carabinieri della locale Stazione hanno arrestato un 49enne di Sannicandro Garganico con l’accusa di evasione. I militari, nel corso di un servizio perlustrativo, in transito nei pressi della locale stazione ferroviaria hanno notato un individuo che alla loro vista ha tentato di nascondersi. Insospettitisi, lo hanno bloccato per sottoporlo a controllo. Sul suo conto è quindi emerso che stava espiando una pena detentiva presso una comunità terapeutica della zona dalla quale era appena fuggito dopo aver scavalcato la recinzione. Tratto in arresto, su disposizione della Procura della Repubblica di Trani, il 49enne è stato associato alla casa circondariale di Trani. Torino: detenuto aggredisce un compagno e agente nel carcere delle Vallette Adnkronos, 6 dicembre 2013 Ha aggredito un altro detenuto e un agente della polizia penitenziaria che tentava di fermarlo. È la seconda volta che nell’ultimo mese Vincenzo Maurici, il 40enne arrestato a inizio novembre con l’accusa di aver ucciso la zia di 69 anni con 23 coltellate nel suo appartamento di Grugliasco (Torino), dà in escandescenze nel carcere delle Vallette di Torino. A riferirlo è l’Osapp, sindacato autonomo di polizia penitenziaria. Erano le 18.30 di ieri quando Vasile ha aggredito il detenuto addetto al ritiro della spazzatura e l’agente intervenuto in suo soccorso, che nella zuffa si è fratturato un mignolo. "Non ne possiamo più della Cancellieri - ha commentato Leo Beneduci, segretario generale Osapp - che si preoccupa male dei detenuti e sono poi gli agenti a prendere le botte. Se ne vada". Como: carcere Bassone sovraffollato, c’è solo una guardia ogni settanta detenuti Corriere di Como, 6 dicembre 2013 Celle aperte contro il sovraffollamento delle carceri: nella casa circondariale del Bassone di Como, ogni giorno 250 detenuti girano liberi all’interno della struttura. E per controllare 70 detenuti, c’è un solo agente di polizia penitenziaria. Una situazione che, lamentano i sindacati, mette a repentaglio la sicurezza di chi lavora all’interno del carcere. Sul problema del sovraffollamento delle case circondariali, la Corte di Strasburgo ha dato da tempo un ultimatum preciso al nostro Paese. Entro maggio 2014 ogni detenuto dovrà avere almeno 4 metri quadrati di spazio e dovrà passare un determinato numero di ore fuori dalla cella, altrimenti l’Italia rischia sanzioni pesantissime dall’Europa. "Come al solito - spiega Domenico Tramaglino, segretario provinciale della Cisl Fns e agente di polizia penitenziaria al Bassone di Como - è stata trovata una soluzione all’italiana, qui come nel resto del Paese". "Nella nostra casa circondariale 250 detenuti su 410 girano liberamente di giorno per le sezioni, con un solo agente ogni 70 ospiti. Un cambiamento del genere - continua Tramaglino - non può avvenire dall’oggi al domani, senza progettazione e programmazione. Dev’essere accompagnato da un cambiamento culturale, in primis dei detenuti". "Con le celle aperte - aggiunge il sindacalista che parla a nome anche delle altre sigle di settore, confederali e autonome - i detenuti devono aver qualcosa da fare, altrimenti finiscono per oziare". Il problema, anche in questo caso, è però la mancanza di fondi: "Noi quest’anno - dice Tramaglino - abbiamo ricevuto solamente 8mila euro per i progetti pedagogici". Oltre all’apertura delle sezioni, i sindacati sono preoccupati da un altro problema: la polizia penitenziaria sta sperimentando un sistema di vigilanza dinamica. "In altre parole - spiega sempre il rappresentante della Cisl - al posto dell’agente fisso, il collega gira nella sezione, quasi come durante una ronda. Se succede qualcosa dalla parte opposta, chi risponde?". Per tutto ciò, il personale di polizia penitenziaria del Bassone è in stato di agitazione. "La somma di questi elementi aumenta il nostro rischio - conclude Tramaglino. In estate abbiamo dovuto gestire una faida tra detenuti albanesi, poi ci sono i contrasti tra diverse etnie, le risse che possono nascere da piccoli furti favoriti dall’apertura delle celle. Se il sistema penitenziario dev’essere rivoluzionato, noi agenti vorremmo essere considerati, perché siamo in prima linea". Pescara: detenuto col permesso di lavoro arrestato per furto www.abruzzoindependent.it, 6 dicembre 2013 Un 31enne campano, condannato a 5 anni per traffico di droga, sorpreso dentro una villetta: non si era accorto del proprietario. Nella serata di ieri i militari del Nucleo Operativo e Radiomobile di Pescara, hanno tratto in arresto, per tentato furto in abitazione, Raffaele Regina, trentunenne di origine napoletana, pregiudicato. L’uomo, detenuto presso il Carcere di San Donato dove stava scontando una condanna a cinque anni per droga, aveva ottenuto un permesso per lavoro all’esterno, ma ha pensato di poter sfruttare questa circostanza per riprendere un’attività parallela: si è introdotto nel garage di una villetta dove ha preso una scala ed ha tentato di forzare una finestra al primo piano dell’abitazione con un cacciavite, non accorgendosi però che il proprietario era appena rientrato. Quest’ultimo ha chiamato immediatamente i carabinieri con i quali ha collaborato nella cattura dello sgradito ospite, che ha provato senza successo a dileguarsi. Per l’arrestato si sono riaperte le porte del carcere, stavolta però senza permesso. Treviso: grafica e "giustizia riparativa" nel carcere minorile di Alessandra Vendrame La Tribuna, 6 dicembre 2013 Con computer e programmi di grafica alla mano, ogni giorno danno forma a volantini, locandine, brochure, manifesti, su ordinazione dei clienti, pronti per essere stampati, fuori dal carcere. Il laboratorio grafico però sta dentro le mura della Casa circondariale Santa Bona e all’opera ci sono i ragazzi reclusi all’Istituto penale per minori, lì ospitato, l’unico carcere minorile in tutto il Triveneto. Quest’anno fino a metà novembre ha visto la presenza di 57 giovani ristretti, con una media giornaliera di 16 ragazzi, minorenni o ultra diciottenni che qui fanno ingresso per aver commesso reato prima della maggiore età. Il laboratorio che li vede al lavoro si chiama Bottega Grafica ed è in pianta stabile ormai da sei anni dentro il minorile. In epoca di delocalizzazione ha voluto andare controcorrente: investire su una produzione che fa dell’inclusione sociale non un vuoto a perdere, ma un valore aggiunto. Lavoro e lavoratori sono stati citati come esperienza virtuosa ieri all’Istituto tecnico Palladio nel corso del convegno: "Giustizia ripartiva, un cantiere aperto alla ricerca di parole e significati condivisi" che ha visto la presenza tra i relatori dell’ex magistrato Gherardo Colombo, oltre alla partecipazione di ben 500 studenti trevigiani. Tra le fila dei committenti dei giovani grafici della bottega di casa al Santa Bona ci sono enti pubblici oltre ad associazioni private e di volontariato. L’ente formativo Engim è stato individuato dall’Istituto penale minorile e dalla Regione come l’agenzia formativa preposta alla formazione professionale nell’ambito della grafica dei minori reclusi. I clienti sono stati finora più di 50 per i quali sono stati realizzati oltre 300 progetti comunicativi. Con l’esperienza della bottega qualcosa ha preso il largo pur dentro gli spazi ristretti del carcere - non ne è immune nemmeno il minorile - e ha spezzato l’isolamento. Prima di metter mano al lavoro, i ragazzi toccano prima di tutto con mano gli scopi e le iniziative dei committenti. Ascoltano le situazioni di difficoltà sulle quali il mondo del volontariato interviene e le storie delle persone alle quali i volontari portano aiuto. Quando è possibile vengono organizzati dentro il carcere incontri con i rappresentanti delle associazioni. Un patto educativo che nel panorama nazionale sembra essere più l’eccezione che la regola: "Tutte le agenzie educative dovrebbero collaborare insieme alle istituzioni, ma la cultura del Paese sembra stare da un’altra parte", spiega l’ex magistrato Gherardo Colombo. "Ad essere carenti sono gli educatori. Il problema della criminalità si risolve forse con nuove carceri? O piuttosto con il supporto psicologico e la formazione?". Dati alla mano, il sistema carcerario in Italia costa allo Stato ogni anno 3 miliardi: "Servirebbe riconvertire un impegno economico rilevante verso un modello diverso di giustizia ripartiva". Napoli: incontro su giustizia, processo penale e carcere al liceo "Gian Battista Vico" Notizie Radicali, 6 dicembre 2013 Nel pomeriggio del 5 dicembre 2013, gli iscritti all’associazione radicale Per La Grande Napoli, Luigi Mazzotta (membro della Giunta nazionale di Radicali Italiani) e Fabrizio Ferrante (membro del Comitato nazionale di Radicali Italiani) hanno partecipato a un dibattito sui temi della Giustizia, del processo penale e delle carceri in Italia. Organizzatore dell’incontro, l’avvocato Raffaele Minieri. Il dibattito si è svolto davanti a una platea formata da studenti del liceo Gian Battista Vico, da alcuni docenti dell’istituto e da ex alunni, oggi universitari. L’incontro rientra in un progetto che, ideato in prima persona dai ragazzi, si propone di creare un vero e proprio format giornalistico/televisivo prodotto dagli studenti e incentrato sui temi sopra citati. La discussione è stata aperta da Raffaele Minieri con una vera e propria lezione di diritto, vertente sul processo penale e le sue disfunzioni; dalla lunghezza dei processi all’abuso della carcerazione preventiva; dall’assenza di parità di condizioni fra accusa e difesa - separazione delle carriere - alla responsabilità civile dei magistrati. Il tutto, introducendo il tema che i due Radicali presenti tra gli oratori avrebbero sviscerato coi loro interventi: quello delle carceri, luoghi in cui lo stesso Minieri ha spiegato che non ospitano solo i delinquenti bensì spesso persone che mai avrebbero pensato di trovarvisi invischiati, talvolta senza che neppure abbiano commesso realmente un reato. Fabrizio Ferrante, giornalista e Radicale, è intervenuto ponendo in evidenza gli aspetti oggettivi di una lotta che può vantare riferimenti come i dati sempre più drammatici del sovraffollamento (68 mila detenuti in 37 mila posti "veri") dei suicidi, dei malati in carcere e delle morti "sospette", come quella di Federico Perna a Poggioreale lo scorso 8 novembre. Dati che parlano di circa 15 mila detenuti su 68 mila che, fra gli oltre 30 mila in attesa di giudizio, alla fine risulteranno innocenti e soggetti a ingiusta detenzione preventiva nelle carceri italiane. Si è soffermato sui dati desolanti delle misure alternative in Campania e ha evocato i tagli alla sanità penitenziaria oltre a leggi "carcerogene" su droga, recidiva e immigrazione clandestina. Passaggio, quindi, sui contenuti del messaggio alle Camere del Presidente della Repubblica e sulle imminenti sanzioni Ue che scatteranno ai sensi della sentenza Torregiani emessa dalla Cedu di Strasburgo, laddove l’Italia - giudicata colpevole di "trattamenti inumani e degradanti" ai danni dei detenuti - non riportasse nei limiti della legalità sia la situazione carceraria che quella - più in generale - della Giustizia e dei suoi tempi. Il tutto, con la "Amnistia illegale di classe", rappresentata da circa 180 mila prescrizioni all’anno. Per chi può permettersi costosi legali, evidentemente. Decisamente di taglio più politico l’intervento di Luigi Mazzotta, che ha posto in evidenza l’instancabile attività, sua e dell’associazione radicale Per La Grande Napoli, al fianco dei parenti dei cittadini detenuti - coi numerosi sit in, prossimo appuntamento 11 dicembre a Secondigliano e Pozzuoli - e della comunità penitenziaria tutta. Mazzotta ha parlato dei numerosi casi di detenuti che, pur essendo gravati da patologie tumorali o di altra natura, non riescono a uscire dalla "discarica sociale" delle nostre carceri. Talvolta, anche se incompatibili col carcere o perfino senza una gamba. Ha evidenziato, inoltre, l’enorme attività che in questi anni i Radicali napoletani hanno posto in essere con le visite ispettive al fianco di Parlamentari e consiglieri regionali, con l’obiettivo di monitorare costantemente quanto accade in luoghi dove, ha dichiarato Mazzotta, "c’è la tortura di Stato". Il riferimento è sia ai pestaggi che alle patologie non curate, oltre che a un sovraffollamento e a un sistema infernale della pena, che contribuisce solo a rendere alla società un soggetto incattivito e non certamente riabilitato. Il tutto, senza lavoro né in carcere né tanto meno fuori, in realtà disagiate come quelle del Sud dove è fin troppo facile finire in galera anche per mancanza di alternative occupazionali legali. Infine, Luigi Mazzotta ha ricordato il prossimo appuntamento del Terminus hotel di piazza Garibaldi, invitando la giovane platea all’assemblea ordinaria degli iscritti del 14 dicembre, dove i temi oggetto dell’incontro odierno saranno ripresi e ulteriormente indagati nel corso di un dibattito aperto al pubblico. Grande interesse da parte dei giovani presenti nell’aula multimediale del liceo G.B. Vico di via Salvator Rosa, oltre che dei docenti. Non sono mancate domande dei ragazzi agli oratori e la richiesta, accolta con soddisfazione dai membri dell’associazione radicale Per La Grande Napoli, di ripetere nei prossimi giorni l’evento per approfondire i tanti temi toccati oggi, lasciando ancora più spazio ai tanti quesiti che i giovani "giornalisti in erba" sono intenzionati a preparare e a rivolgere ai loro interlocutori. Milano: pane prodotto dai detenuti di Opera in vendita a mercato ittico all’ingrosso Adnkronos, 6 dicembre 2013 Anche il pane e i prodotti da forno commercializzati dalla Cooperativa sociale "In Opera" e prodotti artigianalmente dai detenuti del carcere di Opera saranno in vendita ogni sabato fino a Natale al mercato ittico all’Ingrosso di Milano di via Lombroso. "Sogemi ha aderito alla richiesta della Cooperativa di commercializzare all’interno del Mercato Ittico il pane e i prodotti da forno realizzati dai carcerati - ha dichiarato Stefano Zani, direttore generale della Società - non solo per il fatto di apprezzare e condividere le finalità sociali perseguite dalla cooperativa In Opera ai fini di favorire il reinserimento lavorativo dei detenuti, ma anche e soprattutto in considerazione della indiscutibile qualità, genuinità e gusto che contraddistingue tali prodotti". Prodotti che la Cooperativa commercializza con il nome di "pane buono". Gli utili ricavati dalla vendita saranno utilizzati dalla Cooperativa per l’acquisto di altri macchinari e alla formazione di nuovi panettieri, pasticceri e gelatai all’interno del carcere di Opera. La Spezia: "Il Muro di Carta" l’archivio fotografico Fincantieri digitalizzato dai detenuti www.cittadellaspezia.com, 6 dicembre 2013 Con il progetto "Il Muro di Carta" saranno gli ospiti di Villa Andreino a digitalizzare le immagini del cantiere, alcune delle quali risalgono addirittura all’Ottocento. La Spezia - Saranno i detenuti del carcere Villa Andreini a digitalizzare l’archivio fotografico dei Cantieri Fincantieri del Muggiano. Alla presenza del sottosegretario alla Giustizia Cosimo Maria Ferri, oggi nella Sala Destriero presso lo stabilimento di Muggiano, la Fondazione Fincantieri ha presentato "Il Muro di Carta", un progetto pensato per il reinserimento di soggetti svantaggiati attraverso la promozione del lavoro in carcere. Il progetto, che coinvolge alcuni detenuti del carcere spezzino regolarmente assunti dalla società Il Golfo srl, impegnata in attività di digitalizzazione e archiviazione per conto di imprese del territorio, prevede la digitalizzazione e archiviazione di parte del fondo fotografico di Fincantieri. Questo consentirà alla Fondazione Fincantieri di incrementare il lavoro di archiviazione già in corso all’interno del cantiere e di rendere fruibile il suo patrimonio archivistico in formato digitale: immagini che, dalla fine dell’Ottocento ad oggi, testimoniano la storia dei cantieri navali, dei loro prodotti e degli uomini che hanno permesso all’azienda di diventare una delle più importanti realtà cantieristiche mondiali. La Fondazione Fincantieri è impegnata da anni in un progetto di recupero e valorizzazione del patrimonio storico aziendale, costituito da documenti archivistici di tipo cartaceo, fotografico e multimediale. "Il Muro di Carta" si pone come opportunità per superare le barriere quotidiane attraverso un progetto volto al reinserimento lavorativo, creando un duplice legame: tra le aziende e le comunità di riferimento, tra la conservazione della propria memoria storica e l’impegno sociale. Ciò è stato possibile grazie all’adesione e allo sviluppo di idee indirizzate alla promozione del lavoro già avviate all’interno dell’istituto di pena. Verona: da 45 anni l’Associazione "La Fraternità" è al servizio dei detenuti L’Arena, 6 dicembre 2013 Fra Beppe: "È incredibile che non ci sia un servizio bus che colleghi la stazione al carcere di Montorio. Così si ostacola l’integrazione". Cinquant’anni trascorsi tra i lupi. Ossia in mezzo a quei detenuti che, se allo società fanno tanta paura, lui, francescano, avvicina senza timori. Fra Beppe, il fondatore dell’associazione La Fraternità che proprio quest’anno festeggia i 45 anni, da quando era un ragazzo entra ed esce dalle carceri italiane per portare conforto e individuare percorsi di presa di coscienza per chi ha commesso reati. Negli ultimi 5 anni, ci tiene però a sottolineare, l’impegno suo e dei volontari della Fraternità, si è sempre più focalizzato anche su un’attenzione viva ai familiari di chi vive dietro le sbarre, le cosiddette "seconde vittime" dei reati: per le quali, a Verona, non si fa abbastanza. "È incredibile che non ci sia nemmeno un servizio autobus che colleghi direttamente la stazione alla casa circondariale di Montorio", lamenta il frate, "così si continua a ostacolare l’integrazione del carcere con la città". Poi, riferendosi al nuovo Centro d’ascolto atteso da anni, si toglie un sassolino. "Il centro avrebbe dovuto essere esterno al carcere, e non dentro, dove invece è stato collocato. Così il sostegno a familiari e detenuti in uscita, per i quali servirebbero più operatori specializzati, è costretto a vincoli e orari". Parlando dei percorsi intrapresi per l’affettività, Fra Beppe si addolcisce. "Una volta al mese organizziamo incontri con familiari disorientati, con chi invece ha già iniziato a elaborare la condizione di reclusione del proprio caro, e ancora con ex detenuti che ambiscono a reinserirsi in società. Quest’anno siamo andati tutti ad Assisi, e non è mai stato così vivo il sentimento di unione e famiglia. La convivialità è indispensabile per superare ostacoli e pregiudizi". Fra Beppe fa parte anche del gruppo della cappellania del carcere di Verona, il secondo che si è formato in Italia per non lasciare a un unico sacerdote l’onere di seguire una popolazione tanto numerosa quanto bisognosa. "A fine ottobre, i cappellani di tutta Italia hanno incontrato Papa Francesco in Vaticano. C’ero anch’io", dice. "Era da 15 anni che non accadeva e nel confronto il Papa ha accolto l’appello di una giustizia non punitiva bensì riparativa. La Chiesa deve iniziare ad avere uno sguardo sulla giustizia che finora le è mancato, e investire sempre di più nel riscatto di chi è stato recluso". Così, anche San Bernardino, come già è accaduto per le parrocchie San Nicolò e Santi Apostoli coinvolte nel progetto Esodo, potrebbe presto attrezzarsi di un detenuto "guardiano" della chiesa. "Se ogni convento o parrocchia accogliesse un detenuto in uscita, sarebbe già una conquista. È la paura che ci impedisce di accoglierci tra di noi, ma le canoniche non devono essere chiuse". Sulmona (Aq): arrivato il nuovo direttore del carcere, la dott.ssa Silvia Pesante www.rete5.tv, 6 dicembre 2013 Si chiama Silvia Pesante e proviene dalla Casa Circondariale di Frosinone il nuovo direttore della Casa di Reclusione di Sulmona. "La direttrice eredita una situazione - spiega il vice segretario regionale Uil penitenziari Mauro Nardella - seppur in ordine per la qualità del lavoro profuso da tutti i dipendenti siano essi di polizia Penitenziaria che facenti capo al Comparto Ministeri, irta di gravosi problemi. Ad un numero sempre crescente di detenuti di elevatissimo spessore criminale (460 e, a quanto pare destinato a crescere sempre più), fa da eco una diminuzione sempre più drammatica del personale di Polizia Penitenziaria costretto, da diversi mesi a questa parte oramai, a turni che in alcuni casi arrivano anche a 12 ore. Un numero di uomini falcidiato da diversi interventi da parte del Dipartimento dell’Amministrazione che, nel fare di pochissimo tempo, ha ritoccato in negativo la pianta organica dell’istituto portandolo dalle 328 unità previste dal decreto ministeriale del 2001 a 271 all’inizio di quest’anno salvo poi ridurlo ulteriormente pochi mesi dopo di ulteriori 15 unità. Personale, quello attualmente operante presso l’istituto peligno, quindi destinato a non essere integrato da nuove leve per molto tempo ancora. La su descritta situazione - continua Nardella nella nota - che stona parecchio con l’implementato riassetto circuitale e che ne ha aumentato il carico non solo riferibile alla caratura criminale dei nuovi reclusi (esclusivamente Alta Sicurezza e collaboratori di giustizia) ma anche e soprattutto a quello prettamente lavorativo, sta rendendo sempre più difficile e pressante la condizione lavorativa del personale. Dopo pochi mesi si è potuto notare, infatti, un raddoppio delle traduzioni e dei piantonamenti (ad ottobre sono stati ricoverati 5 detenuti tutti contemporaneamente presso l’ospedale civile di Sulmona con notevole aggravio delle condizioni di lavoro stante la non garanzia data in fatto di sicurezza da un repartino che da sempre la Uil Penitenziari non ha osato definire un’autentica trappola per topi); sono aumentati notevolmente i carichi di lavoro in tutte le Aree del carcere ed in special modo nei reparti detentivi, nel settore colloqui, al magazzino detenuti, presso l’Area Sanitaria e, per ovvi motivi legati alle posizioni giuridiche degli attuali detenuti, presso l’ufficio Comando e L’unità Operativa "matricola". Se si pensa che l’età media degli attuali operatori si aggira intorno ai 45 anni il resto è tutto detto. La nuova trova quindi - chiude - una situazione non certo idilliaca costretta, come sarà, a sobbarcarsi anche l’onere di ripristinare idonee condizioni di sicurezza e salubrità, operazione, quest’ultima, non facilmente attuabile per via di manutenzioni fatte solo grazie ad operazioni in economia e senza l’ausilio di sufficienti finanziamenti ( preoccupanti sono le infiltrazioni di acqua piovana degli ultimi giorni e la condizione degli impianti idraulici e termici). Per la Dr.ssa Pesante quindi sarà una vera "gatta da pelare" ridare spessore ad un carcere mantenutosi in piedi solo grazie allo spirito di sacrificio e all’innato senso di abnegazione caratterizzante tutti gli operatori penitenziari nessuno escluso. La Uil penitenziari augura al neo direttore buon lavoro e, stante la situazione attuale, buona fortuna". Bologna: progetto "Pigotta per l’Unicef", mille bambole cucite dalle detenute Ansa, 6 dicembre 2013 Sono state più di mille le Pigotte prodotte nell’ultimo anno da alcune detenute del carcere Dozza di Bologna. è il progetto "Pigotta per l’Unicef’, laboratorio iniziato tre anni fa che permette di impegnare alcune donne nella realizzazione di bambole vendute per beneficenza: i soldi finanziano infatti le cure per il primo anno di vita a un bambino del sud del mondo. Le Pigotte, bambole tradizionali delle campagne lombarde, dagli anni Sessanta ambasciatrici Unicef nel mondo, nel carcere Dozza vengono cucite a costo zero e interamente a mano da una ventina di donne detenute (sono cento quelle che nel percorso di tre anni si sono impegnate nel laboratorio) aiutate da tre volontarie dell’Unicef. Un progetto che per Claudia Clementi, direttrice del carcere, è pura normalità: "dobbiamo smettere di pensare a questi eventi come cose eccezionali - ha detto - stiamo solo facendo il nostro lavoro". "Le donne hanno studiato come coordinarsi, si sono divise i compiti, fanno squadra e questo è fondamentale", ha spiegato Lea Boschetti, presidente Unicef Emilia-Romagna, parlando di quanto le Pigotte aiutino le donne in carcere a socializzare e impegnare il loro tempo. Le detenute sono ben consapevoli dell’ importanza dell’azione di solidarietà che svolgono. Una di loro, F.G., ha scritto infatti che "quando cucio le Pigotte mi sento gratificata e piena di speranza, mi sono data l’obiettivo di continuare questa attività anche quando sarà finita la mia detenzione. Le Pigotte sono grandi perché ti fanno aiutare i bambini. Anche se ho errato e sono finita qui dentro, amo aiutare!". L’ Unicef ha intenzione di estendere l’attività alla sezione maschile del carcere puntando sulle propensioni e abilità sartoriali già esistenti o da sviluppare. Un’idea che è ora al vaglio della direzione del carcere. Milano: a Palazzo Isimbardi mercatino delle produzioni "Made in carcere" Ristretti Orizzonti, 6 dicembre 2013 Un’intera giornata dedicata al tema del lavoro in carcere, tra pena e reinserimento possibile con esposizione e vendita di produzioni artigianali, mostre e spettacoli Fiori, abbigliamento, cibo e art design rigorosamente "made in carcere". Domenica 15 dicembre, dalle 10 alle 19, la Provincia di Milano ospita nel Cortile d’Onore di Palazzo Isimbardi (Corso Monforte, 35) "Vale la Pena!", mercatino natalizio delle produzioni carcerarie. Un’intera giornata dedicata al tema del lavoro in carcere: dalla vendita ed esposizione di produzioni artigianali, all’arte dei laboratori di poesia e teatro con i detenuti. Per tutto il giorno saranno presenti oltre venti tra associazioni e cooperative che offriranno al pubblico un’ampia scelta di ciò che si produce all’interno delle carceri lombarde: Stelle di Natale e ciclamini (cooperativa Opera in Fiore), bigiotteria (cooperative Amu Design, Arte in tasca, Partinverse delle carceri di Mantova e San Vittore), maglieria e produzioni in tessuto (cooperativa Alice e Il Girasole del carcere di Bollate), dolci, panettoni e produzioni di pane (Banda Biscotti delle carceri di Verbania e Saluzzo), uova e carni fresche (Fattoria di Al Cappone carceri di Opera e Beccaria), quaderni e agende (legatoria San Vittore) e tantissimo altro. Il programma prevede: alle ore 10, apertura con il saluto del presidente della Provincia Guido Podestà, del presidente del Consiglio Bruno Dapei e della Garante provinciale per i diritti dei detenuti, Fabrizia Berneschi, che ha promosso l’iniziativa. Alle ore 10.30, nel Cortile d’Onore, le detenute di San Vittore presentano il primo numero del bimestrale "Oltre gli Occhi", realizzato dal braccio femminile della Casa Circondariale milanese. A seguire, i detenuti del Laboratorio di poesia del carcere di Bollate leggeranno alcune delle loro produzioni letterarie. Alle ore 11.30, in Sala del Consiglio, il Cetec- Laboratorio teatrale dentro/fuori San Vittore porta in scena il reading "Voci Oltre il Buio", del drammaturgo cileno Ariel Dorfman, con la partecipazione di detenute, ex detenuti e cittadini volontari nel ruolo di attori. Il testo teatrale trascrive le storie sui diritti umani negati raccolte da Kerry Kennedy , settima figlia di Robert, anima e fondatrice del Robert F. Kennedy Center for Justice and Human Rights. In Sala saranno esposte le foto di scena del fotografo Gin Angri, scattate a San Vittore. Alle ore 18, spazio al dibattito con la presentazione del volume "Mamma è in carcere", di Cristina Scanu, con testimonianze a partire dall’esperienza d’avanguardia dell’Icam (Istituto a custodia attenuta per mamme detenute) della Provincia di Milano. Dalle ore 17, momento natalizio con brindisi e animazioni per bambini aperte alla cittadinanza. L’ingresso è gratuito. Per informazioni: presidenzaconsiglio@provincia.milano.it. Tel: 0277402011. Polonia: l’eurodeputato Fidanza "ho incontrato i laziali detenuti, condizioni indegne" di Matteo Politanò Panorama, 6 dicembre 2013 Mentre la diplomazia lavora al loro rilascio, l’europarlamentare è stato in visita ai tifosi italiani nel carcere di Bialoleka: ecco il suo resoconto. Continua la preoccupazione per la sorte dei 22 tifosi laziali ancora agli arresti in Polonia dopo gli scontri che hanno preceduto Legia Varsavia - Lazio di Europa League. Delle 150 persone fermate dalla polizia polacca dieci sono state condannate per direttissima a pene dai due ai quattro mesi, altri dodici sono in attesa di giudizio. Trasportate nel carcere di Bialoleka sono detenute in condizioni carcerarie "indegne per un paese della comunità europea". L’europarlamentare Carlo Fidanza è stato in visita ai detenuti verificando di persona le condizioni degli italiani e ricostruendo ciò che è accaduto nelle ore seguenti la retata. Lo abbiamo contattato per ricostruire la vicenda e capire come si stanno muovendo giustizia e ambasciata italiana. Obiettivo principale: accelerare le operazioni per riportarli a casa. Come è la situazione dei detenuti? Siamo stati 24 ore lì, ci sono parecchie persone in ambasciata in attesa di notizie. Abbiamo incontrato i ragazzi in carcere e l’ambasciatore. Dieci dei 22 hanno subito una condanna per direttissima firmando un’assunzione di responsabilità con la garanzia che ci sarebbe stata una velocizzazione della pratica. Di cosa sono stati accusati? Hanno imputazioni di violenza su pubblico ufficiale ma già nel corso dell’udienza preliminare molti poliziotti hanno fornito testimonianze lacunose e sommarie. Ce ne sono 12 che non hanno firmato il foglio per l’assunzione di responsabilità e sono ancora in attesa di giudizio ma hanno capi d’imputazione più lievi. Viene loro contestato il fatto di essere stati presi in mezzo in un gruppo di persone che hanno fatto violenza, vengono accusati di adunata sediziosa. Tre o quattro hanno lanciato bottiglie contro la polizia, ma tutti gli altri non c’entravano nulla. Ci sono già state condanne? In dieci sono stati condannati per direttissima con pene che vanno da due a quattro mesi e 12 persone sono ancora in attesa di giudizio. Per i condannati gli avvocati faranno una richiesta di scarcerazione su cauzione e starà al giudice del riesame valutare e concederla. Si valuta che avranno provvedimenti accessori come il fatto di non poter rientrare in Polonia per un tot di tempo ma l’obiettivo è riportarli a casa il prima possibile. E per i 12 che non hanno firmato l’assunzione di responsabilità? Per i 12 c’è una trattativa con la magistratura polacca per farli patteggiare e trasformare la pena detentiva in pena pecuniaria di circa 450 euro, questo procedimento passa però sempre dalla firma di ammissioni di colpa. Alcuni non vogliono però bollarsi a vita per qualcosa che non hanno fatto. Si attende che la magistratura polacca renda disponibile agli avvocati dei ragazzi i fascicoli di ognuno. Gli avvocati ora sanno solo vagamente i capi d’imputazione ma non hanno potuto vedere i fascicoli. L’altra ipotesi è più lunga: aspettare di essere giudicati e nel frattempo uscire su cauzione. Ora ognuno dovrà fare le sue valutazioni con le famiglie... Quale è la strada da percorrere? In tutto ciò quello che si sta cercando di fare è abbreviare i più possibile i tempi. Bisogna far le udienze del riesame velocemente e ottenere i fascicoli velocemente Come stanno i ragazzi in carcere? Abbiamo incontrato solo i 4 dei 12 in attesa di giudizio ma nessuno dei condannati per questioni burocratiche. Loro stanno meglio di come sono stati nei giorni seguenti ai fatti (privazione pesante, ammanettati 48 ore di seguito con i lacci di plastica, scarso cibo e scarsa acqua, senza possibilità di contatto con l’esterno). La situazione è ora migliorata in carcere perché una volta condannati hanno avuto regime carcerario. Quelli che si sono rifiutati di firmare invece solo ieri pomeriggio hanno avuto la possibilità di vedere i genitori, prima non avevano potuto vedere nessuno perché non sono permesse visite alle persone in attesa di giudizio. Quali sono le condizioni del carcere? Abbiamo parlato con il direttore del carcere, accendono la luce tre volte a notte per svegliarli. L’ora d’aria è di 25 minuti e sono stati messi con detenuti comuni polacchi, abbiamo chiesto rassicurazioni. Come stanno? Dal punto di vista psicologico non sono situazioni facili. I più giovani sono terrorizzati, preoccupati. A prescindere dalle condizioni psicofisiche non hanno idea di cosa succede e di cosa possa accadere in futuro, dell’iter giuridico. Nei primi giorni anche l’assistenza della diplomazia italiana è stata quasi assente, erano stati rassicurati che si sarebbe risolto tutto in breve. Poi per questi 22 c’è stata un accanimento. Si è capito cosa è realmente accaduto nel pre partita? Stiamo parlando di un centinaio di persone che sono stati incanalate per essere scortate allo stadio. All’inizio di questo corteo quattro o cinque persone hanno colpito la polizia con lancio di oggetti, i poliziotti hanno caricato e tutti i laziali sono scappati. 150 di questi si sono trovati all’interno di una strada e sono stati bloccati e ammanettati. Dentro quei 150 ce ne potevano essere quattro o cinque colpevoli, il resto non ha fatto nulla. Quali sono i prossimi passi? Riportarli a casa. Una volta che finirà la parte della detenzione anche noi come parte politici ed europarlamentari vogliamo ricostruire quello che è successo nei primi giorni ai 150. Parliamo di condizioni indegne per un paese europeo come può essere la Polonia. Ora la priorità è che tutti possano uscire. Come si può spiegare la reazione della polizia polacca? L’atteggiamento duro da parte della polizia è anche legato ad una manifestazione di piazza di poco tempo fa delle minoranze russe sfociata in scontri. All’epoca la polizia è stata accusata di essere troppo morbida e la prima occasione per riscattarsi è stata quella dei tifosi della Lazio. C’è anche responsabilità del nostro governo perché generalmente la polizia italiana manda al seguito delle trasferte del personale della Digos che ha ruolo di interfaccia con la polizia locale. Sia preventivamente che per situazione di controversie. Succede sempre doveva accadere a maggior ragione contro il Legia dove la partita era già a rischio. C’è collaborazione delle autorità polacche? è una situazione che con le dovute proporzioni ricorda il caso dei marò: quando si ha a che fare con un procedimento giuridico estero sono guai perché devi stare ai loro tempi, alle loro regole. Bielorussia: scarcerato dopo sei mesi prete cattolico accusato spionaggio Ansa, 6 dicembre 2013 A 6 mesi da arresto Kgb. Resta obbligo residenza. Vicenda oscura. È stato scarcerato dopo oltre sei mesi Vladislav Lazar, 46 anni, un prete cattolico bielorusso arrestato il 31 maggio scorso dal Kgb (a Minsk si chiama ancora così, ndr) con l’accusa di complicità in attività spionistica per aver fornito soldi e altri beni ad una persona sospettata di essere una spia a favore di un Paese straniero. Il religioso, che in una lettera ai famigliari respinge ogni addebito, avrà comunque l’obbligo di residenza. La vicenda è tuttora poco chiara. La notizia, apparsa sul sito della diocesi cattolica bielorussa, è stata ripresa dalla stampa russa. La vicenda, di cui era stato informato anche il Papa, è rimasta avvolta dal silenzio per diverso tempo e il Kgb ha confermato l’arresto solo 12 settembre scorso. In luglio vi aveva fatto un velato accenno il presidente Aleksandr Lukashenko commentando il caso Snowden, la talpa del Datagate: "recentemente abbiamo fermato un traditore che lavorava nei servizi segreti che, attraverso rappresentanti della Chiesa Cattolica, manteneva contatti con Paesi stranieri e non solo forniva informazioni ma con la sua attività ha anche danneggiato persone che lavorano all’estero". I famigliari del prete, che svolgeva le sue funzioni nella città di Borisov, sostengono non avere alcuna idea di chi potrebbe essere la spia evocata dalle autorità. "Accuse assurde e infondate", assicura un collega di Lazar, il prete cattolico Iuri Barok. Il Kgb, dal canto suo, ha precisato che le indagini proseguono. Le forze di opposizione bielorusse propongono di considerare Lazar un detenuto politico. Secondo analisti locali, che ipotizzano negoziati in corso tra la chiesa cattolica e le autorità bielorusse, il religioso sarebbe stato scarcerato per l’insussistenza di indizi. Siria: ribelli chiedono scarcerazione mille detenuti in cambio delle suore di Maalula Nova, 6 dicembre 2013 Il gruppo ribelle siriano denominato Ahrar al Qalamun ha chiesto la scarcerazione di mille detenuti presenti nelle carceri del regime di Bashar al Assad, in cambio della liberazione delle suore del convento di Maalula. Secondo quanto riferisce il quotidiano arabo "Asharq al Awsat", i ribelli siriani sostengono che le suore "si trovano in un posto sicuro ma non saranno liberate se non saranno esaudite le nostre richieste". Intervistato dal quotidiano di proprietà saudita, il portavoce del gruppo armato di Qalamun, cittadina della provincia di Damasco al confine con il Libano dove si combatte da settimane, ha affermato: "Abbiamo recapitato le nostre richieste al regime siriano tramite il Vaticano dopo che la madre superiora del convento di Maalula si è messa in contatto con la Santa Sede tramite un telefono satellitare. Le nostre richieste sono state concordate tra il Fronte di Salvezza e la nostra brigata". Secondo altre fonti gli uomini del Fronte di Salvezza, gruppo che fa capo ad al Qaeda, hanno avanzato altre richieste come la fine dell’assedio alle loro zone circondate dalle truppe di Assad in modo da permettere l’arrivo di cibo e aiuti, come ad esempio l’area di al Ghuta di Damasco. I miliziani diffonderanno a breve un comunicato per riferire sulle trattative in corso con il Vaticano portate avanti da un avvocato siriano vicino alla Santa Sede. Egitto: figlio Morsi denuncia "negata visita in carcere ad avvocati difesa" Adnkronos, 6 dicembre 2013 Le autorità penitenziarie di Borg al-Arab ad Alessandria hanno negato, per la seconda volta in una settimana, agli avvocati della difesa di incontrare il loro assistito, il deposto presidente egiziano Mohammed Morsi. Ne dà notizia il figlio di Morsi, Osama, affermando che "ci è stato impedito di incontrare il presidente". Questo divieto, sostiene Osama, fa pensare che "il presidente deposto non si trovi nel carcere" di Borg al-Arab, ha detto all’agenzia di stampa Anadolu, e che sia "stato trasferito in un altro luogo". Anche una fonte del team legale in difesa di Morsi afferma che il negato accesso di una visita autorizzata e programmata fa sorgere dubbi sul luogo reale in cui si trova Morsi. "Si tratta di un’ulteriore violazione dei diritti di base e delle libertà che mostrano un flagrante dispresso della legge", ha aggiunto la fonte. Già il primo dicembre le autorità penitenziarie di Borg al-Arab avevano negato al figlio di Morsi e ai suoi legali di incontrare l’ex presidente. L’8 gennaio riprendere il processo a carico di Morsi per incitamento alla violenza e all’uccisione di manifestanti davanti al palazzo presidenziale di Ittihadiya lo scorso anno. Durante la prima udienza del 4 novembre il deposto presidente egiziano ha rifiutato di riconoscere la legittimità della corte e di essere rappresentato da un legale. Il 26 novembre Morsi ha invece accettato di essere rappresentato da un avvocato. Morsi è anche accusato di aver partecipato a un complotto con Hamas contro l’Egitto, di aver ordinato l’attacco a strutture e uomini della polizia e delle forze di sicurezza per liberare i Fratelli Musulmani arrestati e di frode per aver illuso l’elettorato con un programma che non intendeva mettere in atto. Stati Uniti: da Guantanámo rimpatriati due detenuti algerini, ora temono torture Ansa, 6 dicembre 2013 Gli Stati Uniti hanno trasferito due detenuti di Guantanámo in Algeria, non accogliendo le richieste dei due algerini di non essere rilasciati perché temono nel loro Paese di origine torture e maltrattamenti. Il Pentagono ha reso noto oggi che Djamel Saiid Ali Ameziane e Bensayah Belkecem sono stati trasferiti in Algeria, senza precisare quando effettivamente il trasferimento sia avvenuto. Non sono stati forniti poi ulteriori dettagli sulle condizioni del trasferimento, termine con il quale il Pentagono descrive sia il rilascio effettivo dei detenuti sia, anche se più raramente, il loro affidamento alle forze di sicurezza locali per continuare la loro detenzione all’estero. Nella dichiarazione del dipartimento della Difesa si sottolinea che il governo americano decide i trasferimenti solo dopo aver ottenuto dai Paesi interessati assicurazioni riguardo ad un trattamento equo dei detenuti. "Gli Stati Uniti sono grati al governo dell’Algeria per la sua disponibilità a sostenere i nostri sforzi per chiudere il centro di detenzione di Guantánamo - continua il comunicato - gli Stati Uniti si sono coordinati con il governo algerino per garantire che questi trasferimenti avvenissero in sicurezza e con garanzie di trattamento umano". Dopo questi due trasferimenti, a Guantánamo rimangono ancora 162 detenuti, rende ancora noto il Pentagono. Svizzera: in Canton Ticino sono "soltanto" 51 i detenuti condannati ritenuti pericolosi www.tio.ch, 6 dicembre 2013 Il Consiglio di Stato risponde ad Amanda Rückert: "Il sistema in vigore in Ticino ha finora dato buona prova di sé". "Quanti sono in Ticino i detenuti condannati ritenuti pericolosi?". Alla domanda posta dalla Gran consigliera Amanda Rückert risponde il Consiglio di Stato: "I condannati pericolosi, di competenza del Cantone Ticino, che si trovano attualmente in esecuzione di pena o di misura sono 51". "Di questi 51 - precisa il Consiglio di stato, 37 si trovano alla Stampa, altre 7 in carceri di altri Cantoni, 4 sono sottoposti a misure terapeutiche stazionarie per il trattamento di turbe psichiche in reparti specializzati in Ticino e fuori Cantone, 2, condannati alla misura del collocamento in un’istituzione per giovani adulti, si trovano a Pramont (VS). Un’ultima persona, infine, è stata condannata all’internamento a vita ed è collocata attualmente alla clinica psichiatrica di Mendrisio. In merito alle "agevolazioni concesse a detenuti pericolosi", il Consiglio di Stato precisa che tra il 2009 e il 2013, la Commissione per l’esame dei condannati pericolosi ha esaminato 19 casi, con 13 preavvisi favorevoli, 3 negativi e 2 casi non decisi. Sono 17 le richieste di trasferimento nella sezione aperta, di lavoro e alloggio esterni. Di queste ne sono state accolte 9. Su 13 richieste di liberazione condizionale, poi, ne sono state concesse 10. Al contempo la Commissione ha esaminato 11 proposte di rivalutazione delle misure terapeutiche, decidendo in 5 casi il mantenimento delle misure stesse. Il Consiglio di Stato ritiene infine che il sistema in vigore in Ticino abbia "finora dato buona prova di sé. Si procede in modo attento, con diversi filtri, e su una base pluridisciplinare, coinvolgendo nel processo decisionale, vari attori, i quali esprimono un preavviso secondo la loro ottica e le loro conoscenze ed esperienze specifiche. Alla fine - e ciò costituisce un’importante garanzia - la decisione circa la concessione delle agevolazioni ai condannati pericolosi è adottata dal Giudice dei provvedimenti coercitivi, ossia un giudice indipendente e imparziale, il quale, una volta raccolti i vari preavvisi, statuisce in materia dopo aver accuratamente ponderato tutti gli interessi in gioco, ivi compresi quelli relativi alla sicurezza pubblica". "Condannati pericolosi" - Bisogna specificare che la nozione di "condannati pericolosi", comprende gli autori che hanno commesso un assassinio, un omicidio intenzionale, una lesione personale grave, una violenza carnale, una rapina, una presa d’ostaggio, un incendio, un’esposizione a pericolo della vita altrui o un altro reato passibile di una pena detentiva massima di cinque o più anni". L’interrogazione, presentata alla luce delle efferate uccisioni di Marie e Adeline, e che voleva sollevare il tema dell’esecuzione delle pene e delle misure nei confronti dei condannati pericolosi, torna d’attualità con la sentenza odierna che, di fatto, annulla l’internamento a vita per l’assassino di Lucie.