Serve una legge che "salvi" i nostri affetti di Redazione Ristretti Orizzonti, 5 dicembre 2013 Appello a tutti i giornali e le realtà dell’informazione dal carcere e sul carcere. Una delle più importanti battaglie che la redazione di Ristretti Orizzonti conduce da sempre è quella che riguarda gli affetti in carcere. Ormai sono anni che cerchiamo di sensibilizzare l’opinione pubblica su questa questione e, soprattutto, di coinvolgere i politici, che poi le leggi dovrebbero farle. A tale proposito, in occasione di un incontro con un gruppo di parlamentari del Veneto di schieramenti diversi, abbiamo ripreso questo tema, consegnando loro una proposta di legge elaborata dalla redazione stessa in collaborazione con molti esperti ancora nel 2002, e sottoscritta allora da 64 parlamentari di tutti gli schieramenti, ma mai calendarizzata. Ora questo testo è stato ripreso da alcuni parlamentari, su iniziativa del deputato di Sel Alessandro Zan, e riformulato per essere poi nuovamente presentato come proposta di legge. Chiediamo allora una collaborazione a tutte le Redazioni interne alle carceri e invitiamo a dedicare, se possibile, un numero del loro giornale a questi temi, per sostenere la presentazione al Parlamento della nostra proposta di legge, e di mandarci articoli per preparare un Dossier online su "Carcere e affetti" come risultato di un lavoro comune delle redazioni. Questo tema non riguarda esclusivamente le persone detenute, ma tutte le loro famiglie che vivono delle situazioni di pesante disagio. Un dato veramente sconcertante è quello che riguarda i figli dei detenuti, il 30% circa da grandi rischiano di entrare pure loro in carcere. Crediamo che sia inaccettabile questa triste prospettiva di bambini con un futuro già segnato. Noi detenuti con gli anni finiamo per perdere ogni sensibilità ed equilibrio, e per provare solo rabbia verso le istituzioni. Lo stesso vale per i nostri figli, che rischiano di crescere con l’odio verso chi tiene rinchiusi i loro cari e dimostra a volte poca umanità. Se chiediamo poi un po’ di intimità con la nostra compagna, questa richiesta viene considerata solo sotto l’aspetto del sesso e la solita informazione distorta ci specula, intitolando articoli sul tema dei colloqui in carcere con titoli tipo "Celle a luci rosse". Ma l’intimità non è altro che un ingrediente fondamentale per cercare di mantenere un rapporto negli anni, anche una semplice carezza data in intimità può essere molto più efficace di qualsiasi manifestazione di affetto e vicinanza in mezzo a decine di estranei. Siamo fermamente convinti che unirci in questa battaglia possa essere una forza in più per ottenere il risultato sperato. E noi speriamo che questa battaglia un risultato lo dia: una legge per consentire i colloqui intimi. E una legge così, aiutandoci a salvare l’affetto delle nostre famiglie, produrrebbe quella sicurezza sociale, che è cosa molto più nobile e importante della semplice "sicurezza". Fiduciosi in un vostro coinvolgimento, attendiamo da voi riflessioni, proposte, sollecitazioni. Da detenuto "cattivo per sempre" a detenuto "come lo vuole la Costituzione" di Redazione Ristretti Orizzonti, 5 dicembre 2013 All’attenzione del Ministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri All’attenzione del Capo del Dap, Giovanni Tamburino È questo che chiediamo per Carmelo Musumeci, la declassificazione, finalmente, da un regime di Alta Sicurezza a una sezione di media sicurezza, il riconoscimento che l’uomo della pena non è più quello del reato. Le battaglie che Ristretti Orizzonti ha fatto in questi anni le ha fatte per migliorare le condizioni di vita di tutti, ma anche per i singoli detenuti, perché la storia di uno che viene "salvato" dai danni che può produrre il carcere e accompagnato in un percorso di assunzione di responsabilità è comunque un successo per tutti. Ora è la volta di battersi per uno dei nostri redattori, per Carmelo Musumeci, perché finalmente, dopo 23 anni di carcere ininterrotti, sia considerato pronto per essere declassificato, dal regime di AS1 alla media sicurezza. Se riteniamo che la Costituzione, quando all’articolo 27 parla di pene e carcere, e della pena coglie solo il valore rieducativo, e non quello di rispondere al male con altrettanto male, sia il testo in cui si parla di carcere nel modo più moderno e più ricco di umanità, allora forse dobbiamo anche cominciare a porre delle domande a chi la Costituzione dovrebbe applicarla. E noi una domanda forte e chiara la facciamo: che cosa ci fa in Alta Sicurezza un detenuto che, entrato in carcere con la quinta elementare, si è laureato in Scienze Giuridiche prima, in Giurisprudenza dopo, ha pubblicato quattro libri, da tanti anni si impegna con tutte le sue energie per l’abolizione dell’ergastolo, in particolare quello ostativo, quello che lui chiama "La Pena di Morte Viva", facendosi in qualche modo carico del destino di tanti, e non solo del suo? Che da anni su questi temi collabora con la Comunità Papa Giovanni XXIII, che insieme a noi chiede con testarda convinzione la sua declassificazione? Che cosa ci fa in Alta Sicurezza un detenuto che da un anno ormai fa parte della Redazione di Ristretti Orizzonti, e interviene attivamente nel progetto di confronto fra le Scuole e il Carcere, incontrando i ragazzi delle scuole non per dire quanto male si sta in carcere, ma per riflettere anche su di sé, sul percorso che lo ha portato a scegliere l’illegalità, sulla necessità di assumersene ora tutte le responsabilità? Perché ci sentiamo dire da esperti, addetti ai lavori, operatori penitenziari che l’uomo non è solo il suo reato, se poi dobbiamo vedere un uomo, che negli anni è profondamente cambiato, restare inchiodato al suo passato perfino dentro al carcere, perfino nel luogo a cui la Costituzione ha assegnato il ruolo di rieducare, prima e più che di punire? Possiamo sperare allora in una risposta che sia, finalmente, rispettosa della Costituzione? Possiamo aver fiducia che finalmente verrà riconosciuto il percorso di Carmelo Musumeci, le energie le fatiche l’impegno che ci ha messo per diventare una persona diversa dall’uomo del reato? Per il ministro della Giustizia: invito nella redazione di Ristretti Orizzonti di Redazione Ristretti Orizzonti, 5 dicembre 2013 Avevamo mandato tempo fa un invito al Ministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri, a venire nella nostra redazione nel carcere di Padova, a confrontarsi con una delle poche realtà che in Italia si occupa di informazione a partire dal carcere, e con le persone detenute come protagoniste. Le rinnoviamo l’invito, con la speranza di trovare ascolto. Gentile Signora Ministro della Giustizia, siamo la redazione di Ristretti Orizzonti, un giornale che da 17 anni fa informazione sui temi del carcere dal carcere stesso, nella Casa di reclusione "Due Palazzi" di Padova, con una piccola redazione nel carcere femminile della Giudecca. Con grande fatica, e con il coinvolgimento di molte persone detenute, realizziamo anche una rassegna stampa quotidiana sul sito www.ristretti. org molto consultata da tutti gli operatori della Giustizia. Ma soprattutto portiamo avanti da dieci anni un lavoro di sensibilizzazione della società, in base al quale ogni anno incontriamo circa 5000-6.000 studenti, in un percorso di conoscenza della realtà delle pene e del carcere che prevede incontri nelle scuole con detenuti, volontari, magistrati, operatori, e soprattutto incontri in carcere, dove gli studenti non svengono informati tanto sulle condizioni, per altro pesantissime, delle carceri italiane, quanto piuttosto sui rischi connessi a certi comportamenti, e su come sia facile, dalla piccola trasgressione, arrivare all’illegalità e al reato. E questa informazione arriva direttamente dalle testimonianze delle persone detenute, che scelgono, con grande fatica, di mettere a disposizione dei ragazzi la loro esperienza negativa per darle anche un senso. Sappiamo che la nostra può sembrare una esagerata considerazione dell’importanza della nostra attività di informazione e di sensibilizzazione, ma osiamo ugualmente invitarla nella nostra redazione, a Padova, per un confronto su questi temi, perché pensiamo che il dibattito sulla giustizia, sulle pene, sul carcere non può più essere affidato solo alla politica, e spesso stravolto da una cattiva informazione: lo diciamo con grande semplicità, ma quando noi parliamo con migliaia di studenti, insegnanti, genitori, ci accorgiamo che le persone, se informate, se invitate a porsi delle domande, ad avere dei dubbi, a rendersi conto che le semplificazioni non servono a nulla, hanno oggi una gran voglia di capire. Solo rivoluzionando allora il nostro modo di comunicare si potrà arrivare ad una condivisione, da parte della società, di soluzioni ai problemi della giustizia e delle pene, che al primo impatto potrebbero spaventare. Ecco perché vorremmo parlare con lei proprio di informazione e sensibilizzazione della società, perché oggi giornali e tv troppo spesso non sono d’aiuto, e creano solo allarmismo là dove invece servirebbe una riflessione seria e profonda. Signora Ministro, le comunichiamo già adesso che vorremmo discutere anche di temi spinosi come i suicidi che accadono in carcere, perché quando non hai niente per vivere, ma puoi avere qualcosa morendo, ci sono detenuti che scelgono di morire. Vorremmo discutere di quello che si può fare da subito, con un po’ di coraggio, per le famiglie delle persone detenute.. E per ultimo le vorremmo parlare dell’esistenza in Italia della "Pena di Morte Viva" (come chiamiamo noi l’ergastolo ostativo) perché non è facile sapere che devi vivere e morire fino all’ultimo dei tuoi giorni murato vivo. Non è per nulla facile vivere sapendo di morire in carcere senza nessuna possibilità di ricominciare. E la cosa più terribile per un ergastolano ostativo è che non puoi più sognare perché ti senti un morto vivo o un vivo morto. Ringraziandola per l’attenzione ed in attesa di una risposta, porgiamo cordiali saluti. Giustizia: Napolitano e Grasso vogliono l’indulto, ma tra il dire e il fare c’è di mezzo… la politica di Emilio Gioventù Italia Oggi, 5 dicembre 2013 "Il Parlamento deve avere un senso di responsabilità necessario per dire che vuole fare un indulto oppure prendersi la responsabilità di considerarlo non necessario sapendo che a maggio scade la raccomandazione della Corte dei diritti di Strasburgo", il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, non usa mezze parole, a margine del convegno su amnistia, indulto e riforma della giustizia a Palazzo Giustiniani, quando c’è da inchiodare il parlamento alle proprie responsabilità. Del resto, proprio il capo dello Stato ha ricordato il suo messaggio alle Camere nel quale "indicava l’esigenza di misure strutturali per evitare un ulteriore e nuovo sovraffollamento delle carceri e anche la possibilità di un indulto o di un’amnistia", che come ha ricordato Gustavo Zagrebelsky, è "la sola misura capace di ottemperare alle fortissime raccomandazioni, per non dire intimazioni, della Corte di Strasburgo nei confronti dell’Italia". Comunque per Napolitano "il Parlamento è assolutamente libero di fare le sue scelte. Il mio messaggio non è un prendere o lasciare ma un modo per richiamare l’attenzione su un problema drammatico e un dovere ineludibile". Oltre le parole accorate del capo dello stato, c’è anche una notizia da annotare sul taccuino. Il disegno di legge "Delega al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili", comunicato alla presidenza del senato il 21 novembre, al più presto sarà portato in Aula". Lo ha annunciato il presidente del senato, Pietro Grasso, intervenendo all’iniziativa "La clemenza necessaria. Amnistia, indulto e riforma della giustizia" a palazzo Giustiniani. Il tutto "nella direzione indicata dal capo dello stato nel messaggio al parlamento del 7 ottobre scorso. "Questo ddl", ha spiegato Grasso, "tocca diversi aspetti segnalati dal presidente Napolitano e che mi stanno a cuore, in particolare l’introduzione delle pene detentive non carcerarie nel codice penale e l’intera riforma del sistema delle pene, introdotta dalla Commissione Giustizia del Senato); le modalità di espiazione della reclusione domiciliare e dell’arresto domiciliare; la depenalizzazione di fattispecie contravvenzionali disciplinate da leggi diverse dal Codice Penale, fra cui il reato di immigrazione clandestina; la disciplina della sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato; la sospensione del procedimento nei confronti degli irreperibili". Un complesso di interventi normativi che, a detta di Grasso, "contribuirà alla necessaria deflazione delle carceri, ma soprattutto eviterà che il fenomeno continui a riprodursi". Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo la politica. "Amnistia e indulti sono provvedimenti" che "per il loro rilievo istituzionale e il loro impatto sulla tutela dei diritti umani" devono "sfuggire alle logiche maggioritarie che accompagnano l’ordinario procedimento legislativo", ha detto Grasso. Certo, "nella mia veste di presidente del Senato, non posso entrare nel merito delle scelte che il Parlamento", però avverte che "la riforma della giustizia come una componente essenziale di questo confronto" perché "non possiamo, infatti pensare di affrontare strutturalmente il problema del sovraffollamento carcerario senza soluzioni che, a regime, consentano di adeguare il ricorso alla misura della detenzione con le capacità di accoglienza dei nostri penitenziari". Grasso promette di non tirarsi indietro a favore di "un impegno attivo per la riforma della giustizia nel rispetto di quel ruolo arbitrale che è proprio della carica che ricopro; il quale ciononostante non mi impedirà di utilizzare tutti i poteri a mia disposizione per richiamare l’attenzione dell’istituzione che rappresento". Dunque, mettere mano alla giustizia è una necessità alla quale non intende venire meno. Dice Grasso: "Dobbiamo affrontare il tema della custodia cautelare: se quasi la metà dei detenuti è in attesa di giudizio è perché i processi da noi arrivano a durare 10, 12 anni. Il tema dei tempi della giustizia e basilare anche per dare certezza all’esecuzione della pena". Ma la questione è che "abbiamo leggi che io definisco carcerogene, perché creano nuovi reati e determinano altri condannati che poco senso ha tenere nei penitenziari piuttosto che in strutture diverse di sostegno. Se il presidente chiama, il governo risponde. "è pronto per essere esaminato in Consiglio dei ministri un pacchetto di riforme in materia di giustizia", ha detto il guardasigilli, Anna Maria Cancellieri. "Abbiamo diversi provvedimenti in cantiere ponti per il Consiglio dei Ministri che incideranno sui processi civili e penali e riguarderanno anche le carceri", ha dichiarato il ministro. Anche dal guardasigilli un invito al parlamento. "Come ministro della Giustizia posso solo auspicare una convergenza in parlamento su un provvedimento di clemenza", ha dichiarato. Di certo, è necessario "un accordo su un provvedimento che superi la maggioranza politica contingente per far fronte al grave problema del sovraffollamento delle carceri italiane". Per Cancellieri tra le priorità c’è "un provvedimento urgente per istituire la figura del garante nazionale per i diritti dei detenuti". "Sarà un organismo indipendente con compiti di interpello per le istanze provenienti dai detenuti. Potrà proporre reclami al magistrato di sorveglianza in caso di inadempienze dell’amministrazione". Inoltre, sarà prevista una nuova "procedura camerale di fronte al magistrato di sorveglianza in cui i detenuti potranno far valere richieste inerenti i loro diritti a fronte di comportamenti ritenuti illegittimi dell’amministrazione penitenziaria". Saranno poi rafforzati gli uffici di sorveglianza e "puntiamo entro il prossimo anno a un ulteriore incremento di 4.500 posti in carcere". Al Consiglio dei Ministri, poi, saranno presentati interventi "per rafforzare le misure alternative al carcere, l’affidamento in prova, l’affidamento terapeutico per detenuti tossicodipendenti e alcoldipendenti e per potenziare l’istituto dell’espulsione per detenuti stranieri". Immediata, ma scontata, la reazione della Lega. "Il signor Giorgio Napolitano si è risvegliato. Il Parlamento deve avere il senso di responsabilità necessario per dire che vuol fare innanzitutto un provvedimento di indulto, o dica chiaramente che non è necessario". Io dico che l’indulto non è necessario, anzi liberare migliaia di delinquenti sarebbe una porcata! E anche Napolitano non è necessario", scrive sul proprio profilo Facebook il vice-segretario federale della Lega Nord, Matteo Salvini. Giustizia: Napolitano "Camere varino indulto". Cancellieri: "Presto misure sulle carceri in Cdm" di Fabrizio Finzi Ansa, 5 dicembre 2013 Il Parlamento si assuma le sue "responsabilità" e scelga: vari entro maggio un provvedimento che alleggerisca il sovraffollamento carcerario, primo fra tutti l’indulto, oppure abbia il coraggio di dire chiaramente che "non è necessario" anche di fronte alla sentenza della Corte di Strasburgo che ha condannato l’Italia per violazione dei diritti umani. A quasi due mesi dal suo messaggio alle Camere (8 ottobre) sulla situazione delle carceri, Giorgio Napolitano torna a sferzare il Parlamento e le forze politiche sottolineando nuovamente quanto un provvedimento d’urgenza come l’indulto sia necessario ed urgente. Nonostante il silenzio assordante delle Camere, il Governo gli offre una sponda importante con il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri che - contemporaneamente all’appello del presidente - ha annunciato "un pacchetto di misure su carceri, processo penale e civile" che è in avanzata fase di preparazione e sarà portato "a uno dei prossimi Cdm". A rendere bene il pressing delle istituzioni sul tema delle carceri ci pensa il presidente del Senato, Pietro Grasso, che oggi ha detto senza peli sulla lingua che in Italia ci sono troppe "leggi "carcerogene", che creano nuovi reati e determinano altri condannati". Occasione della nuova sferzata del capo dello Stato è stato un convegno al Senato dedicato all’emergenza carceri e centrato sui provvedimenti di amnistia ed indulto. Certo, Napolitano ha premesso che il Parlamento "è assolutamente libero di fare le sue scelte" visto che il messaggio alle Camere sulle carceri (l’unico in oltre sette anni passati al Quirinale) "non è un prendere o lasciare". Ma il presidente ha ascoltato con disagio l’ennesimo snocciolamento di dati sul disastro penitenziario italiano e con fastidio le puntuali conferme di un sistema penale al collasso dove i processi durano oltre dieci anni e le prescrizioni si moltiplicano dando ormai vita ad una sorta di "amnistia mascherata". Per questo, uscendo dalla sala Zuccari del Senato, Napolitano non si sottrae ai cronisti ed attacca: "ho ascoltato con attenzione la relazione "molto forte" del costituzionalista Gustavo Zagrebelsky, il quale "ha sostenuto che l’indulto è la sola misura capace di ottemperare alle fortissime raccomandazioni e intimazioni della Corte di Strasburgo nei confronti dell’Italia". Quindi basta nascondersi dietro un dito: il Parlamento abbia "il senso di responsabilità necessario per dire che vuol fare innanzitutto un provvedimento di indulto", il minimo - ha ricordato Napolitano - per ottemperare alla "intimazione" della Corte di Strasburgo che ha messo all’indice il livello di civiltà delle carceri italiane. Oppure abbia il coraggio di considerarlo "non necessario". Grasso ha confermato che farà tutto quanto in suo potere per avviare una riforma complessiva del pianeta Giustizia. Ma dal convegno ha annunciato che "al più presto" andrà in aula al Senato "un disegno di legge su pene alternative" al carcere, uno dei modi con cui il Governo sta cercando di affrontare il problema. Che la Cancellieri ha spiegato così: il progetto che andrà in Cdm prevede "misure volte a rafforzare il sistema delle alternative alla detenzione; ciò a partire dalla possibilità di rinnovare l’affidamento terapeutico per il recupero dei tossicodipendenti e degli alcool dipendenti. Per tutti gli altri condannati si amplia l’ambito di accesso all’affidamento in prova". Il tutto "con i dovuti accorgimenti volti a non far venir meno le esigenze di sicurezza sociale". Giustizia: Presidente Senato Grasso; abbiamo leggi carcerogene e va rivista la custodia cautelare www.julienews.it, 5 dicembre 2013 "Abbiamo leggi che io definisco "carcerogene", perché creano nuovi reati e determinano altri condannati che poco senso ha tenere nei penitenziari piuttosto che in strutture diverse di sostegno". Sono le parole del presidente del Senato, Pietro Grasso, durante un convegno su amnistia e indulto. Il presidente Grasso ribadisce il suo impegno a lavorare ad una riforma della giustizia: "Come presidente del Senato, non intendo venir meno alla promessa fatta all’atto della mia candidatura. Intendo farlo nel rispetto di quel ruolo arbitrale che è proprio della carica che ricopro". E sul tema carceri dice: "Dobbiamo affrontare il tema della custodia cautelare: se quasi la metà dei detenuti è ‘in attesa di giudizio’, è perché i processi da noi arrivano a durare 10, 12 anni. Il tema dei tempi della giustizia è basilare anche per dare certezza all’esecuzione della pena. In questo io ho spesso proposto di bloccare il decorso della prescrizione nel momento in cui inizia il processo, e altre piccole riforme in questo senso tra cui l’improcedibilità per tenuità del fatto". "Amnistia e indulto - afferma ancora Grasso - sono provvedimenti rispetto ai quali il Parlamento italiano è sovrano in quanto si tratta di scelte che per il loro rilievo istituzionale e il loro impatto sulla tutela dei diritti umani devono sfuggire alle logiche maggioritarie che accompagnano l’ordinario procedimento legislativo". "Il titolo di questo incontro, dedicato a una riflessione sui temi dell’amnistia, dell’indulto e della riforma della giustizia, parla di una clemenza "necessaria", dice ancora. Come tutti sapete l’amnistia e l’indulto sono provvedimenti di clemenza, concessi dallo Stato ai soggetti condannati per determinate tipologie di reati, rispetto ai quali la Costituzione prevede specifiche garanzie; mi riferisco non solo all’approvazione con legge, ma anche ai quorum elevati richiesti per le relative deliberazioni". Giustizia: Bernardini e Pannella; questo Natale torniamo a marciare per amnistia e libertà di Paola Ambrosino www.clandestinoweb.com, 5 dicembre 2013 Dopo anni di battaglie non violente, le richieste dei radicali arrivano finalmente sul tavolo delle istituzioni. Questa mattina, presso la Sala Zuccheri del Senato, il deputato Pd Sandro Gozi e Luigi Manconi, Presidente della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani, hanno infatti promosso il convegno "La clemenza necessaria. Amnistia, indulto e riforma della giustizia", durante il quale si è ribadita la necessità di una riforma urgente del nostro sistema e si è acceso un nuovo fare sull’emergenza carceri. All’iniziativa, svoltasi alla presenza di Giorgio Napolitano, hanno preso parte in qualità di relatori il presidente del Senato Pietro Grasso, il ministro Annamaria Cancellieri, Vladimiro Zagrebelsky, Andrea Pugiotto e il segretario di Radicali italiani Rita Bernardini. A margine della conferenza, la redazione di Clandestinoweb ha intervistato Marco Pannella, a Palazzo Giustiniani per ascoltare le relazioni. Il leader radicale ha detto senza mezzi termini che "il nostro Stato è in una condizione di flagranza di reato più grave di quella che poteva essere storicamente rimproverata allo Stato nazista e stalinista" e ha annunciato per il 25 dicembre una marcia "per fare in modo che questo sia l’ultimo Natale nel quale viviamo questa condizione criminale". Dello stesso avviso, il segretario Rita Bernardini, che ha voluto ricordare l’importante passo fatto dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, con l’invio del suo messaggio al Parlamento su carceri e giustizia. La giustizia, ha detto, è la base della convivenza di un popolo e nel nostro paese abbiamo una giustizia negata, che necessita una riforma radicale. La neoeletta ha poi ricordato che i radicali avevano proposto dei referendum proprio per gettare le basi della riforma, referendum poi bocciati dalla Cassazione contro la quale sono in preparazione una serie di ricorsi. "Tutti i cittadini italiani hanno due schede, una elettorale e una referendaria, e quest’ultima è stata strappata, basta pensare al referendum Tortora-ha aggiunto-A tal proposito ringrazio ancora una volta Ambrogio Crespi per quel bellissimo film che ha realizzato "Enzo Tortora, una ferita italiana". Anche quello è un referendum tradito, perché lo vincemmo più di 30 anni fa ma la responsabilità civile dei magistrati ancora non c’è". Bernardini ha poi annunciato la prossima iniziativa del partito. "Come abbiamo fatto nel 2005, anche quest’anno nel giorno di Natale, riproponiamo una marcia per l’amnistia, la giustizia e la libertà. Partiamo da via della Conciliazione, con le spalle "protette" da Papa Francesco che nello Stato Vaticano ha introdotto il reato di tortura e ha abolito l’ergastolo, una pena in contraddizione con l’articolo 27 della nostra Costituzione", ha spiegato. "Arriveremo davanti al carcere di Regina Coeli, poi al Senato, alla Camera, e infine davanti al Governo, che scegliamo come nostro interlocutore perché non è detto che debba stare ad aspettare il Parlamento ma può avere un ruolo di impulso", ha concluso. Gozi (Pd): aderisco a marcia di Natale su amnistia dei Radicali "Aderisco alla Marcia di Natale indetta dai Radicali": così Sandro Gozi, deputato del Pd e vice presidente dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa. "è un dovere farlo - aggiunge - per chi da sempre si batte per una riforma del sistema carcerario e penitenziario, sempre più urgente e necessario per il ripristino della legalità e del rispetto della dignità umana nel nostro Paese. Il messaggio alle Camere del Presidente della Repubblica dell’8 ottobre scorso deve trovare seguito nelle sedi istituzionali e non cadere nel limbo degli affari parlamentari di seconda importanza. L’iniziativa non violenta dei Radicali intende sollecitare il governo affinché metta in campo tutte le azioni utili per far uscire l’Italia dalla flagrante violazione dei diritti umani fondamentali, come sanzionato dalla Cedu nella sentenza Torreggiani. Proprio questo è stato il tema di cui si è discusso oggi presso la Sala Zuccari del Senato ad un convegno su amnistia ed indulto, alla presenza del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, del presidente del Senato Pietro Grasso, del ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri, del prof. Gustavo Zagrebelsky, del segretario del Partito Radicale Rita Bernardini e del prof. Andrea Pugiotto. Insieme al senatore del Pd Luigi Manconi - conclude Gozi - ho voluto organizzare questo appuntamento per evidenziare l’urgenza di assumere tutte le misure necessarie per superare l’emergenza carceraria e di dare avvio a una riforma strutturale della giustizia". Giustizia: basta violazioni dei diritti umani, è ora di agire di Sandro Gozi (Pd) Europa, 5 dicembre 2013 Ci sono ragioni europee, politiche ed economiche per far rapidamente cessare lo stato di illegalità delle carceri: con provvedimenti mirati di amnistia e indulto i detenuti diminuirebbero circa del 30%. Non c’è bisogno di Luigi Einaudi, non questa volta. Conosciamo tutto, e ora tocca a noi agire "senza indugio" e deliberare. Di cosa stiamo parlando? Della nostra giustizia e delle nostre carceri ovviamente. Cioè di quella "prepotente urgenza" di cui già parlò qualche tempo fa il presidente Napolitano e a cui ha voluto interamente dedicare il suo primo messaggio alle camere. Riferendosi alle sentenza della Corte europea dei diritti umani, il Presidente ha messo in evidenza come "la recente sentenza "Torreggiani" rappresenta una mortificante conferma della perdurante incapacità del nostro Stato a garantire i diritti elementari dei reclusi in attesa di giudizio e in esecuzione della pena, e nello stesso tempo una sollecitazione pressante da parte della Corte a imboccare una strada efficace per il superamento di tale ingiustificabile stato di cose". E per questo, il Presidente ci ha indicato un mosaico che si compone di vari tasselli, tutti necessari, anzi indispensabili, per far cessare i "trattamenti inumani e degradanti" che avvengono nelle nostre carceri: introduzioni di meccanismi di "messa alla prova", pene limitative della libertà non carcerarie, riduzione della custodia cautelare in carcere, espiazioni della pena dei detenuti stranieri nei loro paesi di origine, incisiva depenalizzazione dei reati, aumento della capienza complessiva degli istituti penitenziari. Tutti interventi necessari, oggi possibili e sui quali alla camera sono già stati fatti alcuni significativi passi avanti. Ma sono interventi che inevitabilmente rimarranno parziali in assenza di paralleli interventi straordinari: amnistia e indulto. Straordinari e da tempo urgenti, perché dopo essere stati osservati speciali del Consiglio d’Europa per ben 12 anni, e dopo una serie di dure sentenze di condanna, la Corte europea dei diritti umani ci ha dato un termine ultimo entro il quale risolvere in maniera strutturale il problema del sovraffollamento carcerario che riguarda circa 30.000 detenuti: 28 maggio 2014. In assenza di una nostra risposta, ripartiranno tutti i ricorsi per ora sospesi contro l’Italia a cui se ne aggiungeranno verosimilmente molti altri. Ora è noto a tutti: ogni giorno nelle nostre carceri neghiamo la dignità personale a migliaia di detenuti. E l’Italia sempre più si allontana dai principi europei producendo illegalità e ricoprendo tristi primati insieme a paesi come Ucraina, Turchia e Russia. Ma un uomo non è il suo errore. E un detenuto non è un crimine che ha commesso. Né un uomo deve pagare oltremisura per gli errori che ha compiuto. L’ingiusta giustizia italiana non assicura la certezza della pena e troppo spesso, tra prescrizioni varie, nega i diritti delle vittime. Le disumani carceri italiane troppo spesso negano il recupero sociale dei detenuti, che è invece il vero scopo delle pena e il suo unico fondamento costituzionale. Il carcere non è e non potrà mai essere vendetta sociale. Deve essere un luogo di recupero alla società di chi ha sbagliato e per questo sta pagando con la sua libertà. Sul tema dei diritti, siamo un paese alla deriva, con spread elevatissimo rispetto a quell’Europa che abbiamo voluto e di cui ci piace tanto parlare. 24 maggio 2014, elezione europee. 28 maggio: scadenza della Corte di Strasburgo. 1 luglio: inizio semestre presidenza italiana Ue. Ci sono allora ragioni europee, politiche ed economiche per far rapidamente cessare questo stato di illegalità. Europee: l’Italia, unico Stato fondatore del Consiglio d’Europa a essere stato condannato per ripetute e persistenti violazioni dello stesso articolo della Convezione europea, rischia di bloccare completamente il funzionamento della Corte di Strasburgo, che potrebbe venire sommersa da ricorsi contro l’Italia. Politiche: non possiamo credibilmente cominciare un semestre di presidenza europea in cui l’Europa dei diritti dovrà essere prioritaria con questa gravissima onta. Economiche: per la lunghezza dei processi, già dobbiamo ben 500 milioni di euro alla Corte a cui si aggiungerebbero circa 60 milioni per i trattamenti inumani commessi nelle nostre carceri. Allora non possiamo indugiare. Da anni Marco Pannella e i Radicali si battono per questo. E la loro battaglia trovo oggi il sostegno ancora più forte delle istituzioni europee, della presidenza della repubblica e di membri del governo. E il parlamento dov’è? Che fa? Io non so se veramente la nostra Costituzione, come alcuni sempre dicono, sia "la più bella del mondo". Sono invece sicuro che sia tra quelle più violate e meno attuate di tutte le democrazie liberali. La condizione delle carceri italiane è tale da non poter attendere neppure i primi effetti di altre riforme, pur essendo queste assolutamente necessarie. È un nostro dovere morale e giuridico agire in via straordinaria per tornare al ripristino della legalità costituzionale, europea e internazionale. Con provvedimenti mirati di amnistia e indulto la popolazione carceraria diminuirebbe circa del 30%. Con una riforma strutturale della giustizia e l’eliminazione di leggi "carcerogene" come la Bossi-Fini o la Fini-Giovanardi le stesse carceri non si riempirebbero più ben oltre la loro capienza. È dalle carceri che può ripartire la ricostruzione democratica del nostro paese. Non esiste democrazia senza legalità, né la ragion di Stato può prevalere sullo Stato di diritto: agire rapidamente e farne cessare le violazioni dei diritti umani è un "dovere umano" di tutti noi. Giustizia: amnistia, la parola spetta a Governo e Parlamento. Don Balducchi: "Fate presto" di Valter Vecellio Notizie Radicali, 5 dicembre 2013 "Il Parlamento deve avere il senso di responsabilità necessario per dire che vuole fare anche un provvedimento di indulto, o innanzitutto un provvedimento di indulto per ottemperare alla decisione della Corte di Strasburgo". È forse qui, il nocciolo dell’intervento del presidente della Repubblica. Giorgio Napolitano, è tornato ieri, dopo il suo recente messaggio alla Camere, sulla questione dell’emergenza del sovraffollamento delle carceri, nel corso del convegno presso Palazzo Giustiniani su ‘La clemenza necessaria’, dedicato al tema dell’amnistia e della giustizia. Uscire dunque, dalla flagranza di reato in cui il nostro paese è precipitato da decenni. Con i giornalisti il presidente è stato anche più esplicito: "Il mio messaggio indicava l’esigenza di una misura strutturale per evitare un ulteriore, nuovo affollamento, e anche la possibilità di un indulto seguito anche da amnistia. Il Parlamento è assolutamente libero di fare le sue scelte: il mio messaggio non è un prendere o lasciare, ma è un modo di richiamare l’attenzione su una questione drammatica e su un dovere ineludibile. Il Parlamento deve avere il senso di responsabilità necessario per dire che vuole fare anche un provvedimento di indulto, o innanzitutto un provvedimento di indulto per ottemperare alla decisione della Corte di Strasburgo, o prendersi la responsabilità di considerarlo non necessario, sapendo che c’è una scadenza che è quella del maggio 2014, entro cui l’Italia dovrà avere assunto una decisione su come fronteggiare l’emergenza carceraria". Il convegno al Senato è stata l’occasione per il ministro della Giustizia per ribadire le sue convinzioni di sempre. Annamaria Cancellieri, che in ogni occasione si dice favorevole a un provvedimento di amnistia ("imperativo categorico"), ricorda che all’indulto nel 2006 "è mancato un indirizzo politico-legislativo conseguente, che rendesse non meramente occasionale quella misura deflattiva delle presenze in carcere". Perché non accada di nuovo occorre adottare misure di clemenza, che consentano di affrontare l’emergenza del sovraffollamento "avendo delineato un complesso e articolato progetto riformatore, paragonabile per capacità di innovazione solo all’introduzione dell’ordinamento penitenziario repubblicano del 1975". Un progetto di interventi, assicura il ministro, che se adottati consentirebbe "la riduzione della popolazione detenuta di circa 20mila unità, quale conseguirebbe dall’adozione di un indulto di tre anni, riporterebbe il sistema in condizioni di efficienza tali da consentire nel migliore dei modi il decollo del nuovo modello di esecuzione penale che proponiamo". Situazione ineludibile e irrisolvibile senza fare ricorso ai provvedimenti indicati da anni, ormai, da Marco Pannella. Sono 64.047 i detenuti, secondo le cifre fornite dal Dipartimento per l’Amministrazione Penitenziaria al 30 novembre scorso. 11.873 i reclusi in attesa di primo giudizio, e 12.050 i condannati non definitivi. Le persone ristrette in carcere con una condanna definitiva risultano essere 38.858. Gli internati invece sono 1.185. Agli arresti domiciliari risultano essere 10.189 persone, poche di più (10.992) sono in affidamento in prova. 838 i detenuti in semilibertà. Tra le non molte voci di ragionevolezza di queste ore, quella di don Virgilio Balducchi, ispettore generale dei cappellani delle carceri italiane: "Bisogna prendere seriamente le indicazioni del Capo dello Stato, e sarebbe ora che i politici le accogliessero, rispetto a quanto succede nelle carceri, alla sofferenza che vivono molte persone, e agli impegni che dobbiamo prendere in relazione a una sentenza europea che ci sta arrivando addosso. Dunque, prendano almeno qualche decisione". Quella indicata da Napolitano è la strada migliore, sottolinea don Balducchi, un provvedimento di clemenza, senza il quale non si può nell’immediato ottemperare alle richieste che arrivano dall’Europa, affiancato da riforme strutturali: "Due cose da fare contemporaneamente, due aspetti che devono essere portati avanti insieme. Del resto il ministro della Giustizia ha già avviato un percorso di riforme. Tutti all’interno delle carceri si aspettano qualcosa". Giustizia: operazione indulto… di Gabriella Monteleone Europa, 5 dicembre 2013 Vertici delle istituzioni e giuristi chiedono un intervento risolutorio sulle carceri per adempiere agli obblighi Ue. Zagrebelsky: non si può tardare, chi dice "prima le riforme" non le ha mai fatte. Due mesi e non è quasi accaduto nulla. Si può chiamarla "inerzia legislativa" (Vladimiro Zagrebelsky) oppure "ignavia" (Andrea Pugiotto), comunque si è fatto finta di niente sperando che la successiva emergenza seppellisse quella denunciata con forza da Napolitano l’8 ottobre, con il messaggio alle camere, per i "trattamenti inumani e degradanti" sui detenuti perpetrati dalla repubblica italiana, una volta considerata "culla dei diritto" ed ora condannata, più volte, dalla Corte europea dei diritti umani. Ma il il tempo ormai stringe, entro il 28 maggio l’Italia deve fare qualcosa di "strutturale" per conformarsi alla sentenza della Corte Ue (Torreggiani) e poiché è dimostrato che il nostro sistema penitenziario "è un malato grave" non basta l’aspirina. "Le riforme non possono essere applicate su questo corpo malato prima che la febbre cali - dice Luigi Manconi, presidente della Commissione per la tutela e la promozione dei diritti umani - l’indulto, invece, potrebbe consentire successive riforme strutturali". Manconi torna alla carica centrando il punto e lo fa organizzando insieme a Sandro Gozi (presidente della delegazione italiana presso l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa) un convegno dal titolo inequivocabile "Amnistia indulto e riforma della giustizia. La clemenza necessaria", non a caso benedetto dalla presenza di Giorgio Napolitano, dall’intervento del guardasigilli Cancellieri che illustra tutte le misure, legislative e non, già messe in campo o che approderanno a breve in consiglio dei ministri; dall’impegno del presidente del senato, Grasso, ad "utilizzare tutti i poteri necessari sulla necessità delle riforme nonostante il mio ruolo arbitrale", tutti confortati dalle relazioni di due autorevolissimi giuristi come Vladimiro Zagrebelsky e Andrea Pugiotto e tutti, insieme alla segretaria dei Radicali, Rita Bernardini, chiedono od auspicano un provvedimento di clemenza, che "non è buonismo" ma "giustizia" perché a trovarsi nell’illegalità è lo Stato italiano con le sue carceri. Non è un caso che ancora ieri Napolitano abbia lasciato al parlamento la scelta di avere "un senso di responsabilità necessario per dire che vuole fare un indulto" oppure di "assumersi la responsabilità di considerarlo non necessario". E sempre non a caso ha fatto riferimento alla relazione di Vladimiro Zagrebelsky, giudice alla Corte europea dei diritti dell’uomo dal 2001 al 2010, particolarmente duro e schietto sulle condizioni degli oltre 64mila detenuti che, dice, "non dovrebbe far dormire amministratori e politici". A questo punto esiste per lui una sola soluzione: "Un indulto di emergenza calibrato rispetto allo scopo", quindi uno sconto di pena per chi è quasi alla fine o ha condanne brevi, per intenderci sulle pene pecuniarie o accessorie "non avrebbe senso", dice smentendo così Berlusconi che già dice che non se ne farà nulla "perché gioverebbe a Berlusconi". L’amnistia invece, per Zagrebelsky, "con tutte le esclusioni necessarie, avrebbe un impatto minimo sulle carceri", da fare magari "dopo le riforme". Di diverso avviso, com’è noto, sono i radicali che chiedono invece l’amnistia "per i magistrati" considerati i cinque milioni di processi pendenti e "l’amnistia strisciante che è quella delle oltre 160mila prescrizioni annue" ripete Rita Bernardini. La condanna europea ha fatto scattare il cronometro ma nessun campanello si è acceso. Le voci del convegno di ieri riusciranno a farsi sentire? Si riuscirà ad andare, come dice Grasso, oltre la "logica maggioritaria" su un tema che mette in discussione i valori fondamentali della repubblica ed allunga la distanza dell’Italia da quelli europei? Il presidente Grasso ha denunciato con forza ieri le leggi "carcerogene" che sfornano detenuti come la Fini-Giovanardi, la ex Cirielli e il pacchetto Maroni e si è impegnato a portare al più presto in aula la messa alla prova e la detenzione domiciliare, ferma da 5 mesi dopo il sì della camera. Qui arriverà in aula lunedì prossimo la riforma della custodia cautelare (considerato che 24mila detenuti sono in attesa di giudizio) ma ciò che serve, suggerisce anche il professor Pugiotto, è un’apposita sessione parlamentare: il Pd dopo la legge di stabilità la chiederà, pronto a "valutare al termine anche l’eventuale ricorso ad un indulto" dice Danilo Leva. Prima le riforme poi la clemenza? Con tutta probabilità le forze politiche continueranno a "giocare" sulla tempistica ripetendo un vago assenso all’input di Napolitano e sperando in un ritorno. Da non sottovalutare comunque quanto dice il vicecapo del Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria, Luigi Pagano, che riconosce alla Cancellieri di aver "iniziato a modificare pienamente la vita carceraria" e dunque ritiene che amnistia e indulto costituirebbero "un input per ripartire in un’ottica di sistema". Resta la domanda delle domande: questo governo delle ristrette intese e questo parlamento riusciranno ad avere quest’ottica di sistema? Giustizia: quello che serve a tutti… di Luigi Manconi e Stefano Anastasia Il Manifesto, 5 dicembre 2013 Una questione di prepotente urgenza", "una realtà che ci umilia in Europa", "un abisso separa la condizione delle nostre carceri dal dettato costituzionale": come in una eco diluita nel tempo, ieri mattina, nella sala Zuccari del Senato, ritornavano le parole con cui il presidente della Repubblica, nel luglio del 2011, volle intervenire al convegno per l’amnistia promosso dal partito radicale. Due anni dopo, la situazione - se possibile -si è ancora aggravata: il sovraffollamento è sempre lì, nonostante modesti provvedimenti deflattivi presi prima dal ministro Severino e poi dal ministro Cancellieri; e nel frattempo è intervenuta la sentenza della Corte europea dei diritti umani che ci condanna e ci obbliga a ricondurre entro gli standard e la legalità interna e internazionale il nostro sistema penitenziario, da qui a sei mesi. Lo scorso 8 ottobre, Giorgio Napolitano ha gettato il cuore oltre l’ostacolo e, con un formale messaggio, si è rivolto direttamente al parlamento chiedendogli dì farsi carico di questa emergenza: sia attraverso una riforma organica del sistema penale e penitenziario, sia attraverso il ricorso a un provvedimento straordinario di amnistia e di indulto. Appena dopo, la Corte costituzionale disegnava uno scenario del tutto simile: "Un intervento combinato sui sistemi penale, processuale e dell’ordinamento penitenziario richiede del tempo mentre l’attuale situazione non può protrarsi ulteriormente e fa apparire necessaria la sollecita introduzione dì misure specificamente mirate a farla cessare". Ciò nonostante, a due mesi dal messaggio alle camere, è mancata una risposta adeguata delle camere e delle forze politiche, sottrattesi a un confronto di merito sulla condizione carceraria e sui rimedi per farvi fronte. È così toccato alla commissione per la tutela dei diritti umani del senato e alla delegazione italiana presso l’assemblea del Consiglio d’Europa fare il punto sulla situazione, alla presenza del capo dello Stato che ha sollecitato nuovamente le camere ad assumersi le proprie responsabilità e a dire chiaramente cosa intendano fare prima che sia troppo tardi. E prima che l’Italia finisca sotto la scure di migliaia di condanne comminate dalla Corte europea per i trattamenti inumani e degradanti cui sono sottoposti i detenuti nelle nostre carceri. Il ministro Cancellieri ha ribadito ancora una volta il suo favore verso un provvedimento di amnistia e di indulto, che accompagni una complessa opera di riforma ordinaria della giustizia penale. Una riforma che - è stato affermato - verrà avviata per decreto, almeno parzialmente, nelle prossime settimane. Nuova e davvero importante la notizia che, tra questi provvedimenti urgenti, vi sarà anche l’adeguamento del sistema penitenziario alla domanda di diritti che viene dai detenuti: non solo nuovi strumenti per la tutela giurisdizionale delle garanzie delle persone private della libertà, ma anche l’istituzione in tempi brevissimi del Garante nazionale dei detenuti. È la miglior risposta che potesse essere data alle polemiche delle scorse settimane sui detenuti di serie A e sui detenuti di serie B: una risposta ordinaria e di sistema volta a garantire i diritti di tutti. Gli scettici potranno dire: si tratta solo di un convegno e le impegnative affermazioni lì fatte potrebbero rivelarsi solo parole. Certo, è così, e il rischio di una rinnovata inerzia c’è. Ma, intanto, è successo che l’amnistia e l’indulto siano ritornati a pieno titolo nell’agenda politica: e che, a volere ciò, siano stati innanzi tutto il capo dello Stato e il guardasigilli. Chi volesse non prestare loro ascolto - e non prestare ascolto a quelle decine di migliaia di persone mortificate nella loro dignità e nei loro diritti - si assumerebbe una responsabilità davvero enorme. Giustizia: intervista Pavarin "I politici non ascoltano Napolitano, hanno paura dell’indulto" di Pietro Vernizzi www.ilsussidiario.net, 5 dicembre 2013 "Di fronte alla lesione della dignità dell’uomo, non ci sono argomenti di convenienza o meno dal punto di vista politico che tengano. Quando un detenuto sta in uno spazio inferiore ai tre metri quadrati, viene colpita la sua dignità e viene violato il divieto di praticare trattamenti disumani o degradanti. Per i nostri politici ciò dovrebbe contare più di qualsiasi altro ragionamento". È la sottolineatura di Giovanni Maria Pavarin, presidente del Tribunale di Sorveglianza di Venezia e professore di diritto penale nella Scuola di specializzazione per le Professioni legali. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ieri è ritornato a ricordare che "il Parlamento deve avere il senso di responsabilità necessario per dire che vuol fare innanzitutto un provvedimento di indulto", oppure per affermare "che non è necessario" nonostante la sentenza della Corte europea per i diritti dell’uomo. Presidente Pavarin, per quali motivi il Parlamento si dimostra sordo agli appelli del capo dello Stato? Perché quella dell’indulto è una materia elettoralmente sensibile. Dal momento che non si sa quando si andrà a votare, le preoccupazioni relative a una possibile protesta del corpo elettorale incidono e finiscono per contare di più anche dei pressanti inviti che il capo dello Stato ha compiuto. Il presidente della Repubblica non deve essere rieletto, i parlamentari sì. Il vero motivo quindi è che l’indulto è una materia troppo esposta alle critiche della pubblica opinione. Nel merito tutti sono però convinti che si debba porre fine alla situazione di grave lesione della dignità umana che si consuma ogni giorno nella nostre carceri. Ritiene che i momenti di crisi e di instabilità politica come quello attuale siano la fase migliore per attuare un provvedimento di clemenza? Di fronte alla lesione della dignità dell’uomo, non ci sono argomenti di convenienza o meno dal punto di vista politico che tengano. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito che quando un detenuto sta in uno spazio inferiore ai tre metri quadrati, viene lesa la sua dignità e viene violato il divieto di praticare trattamenti disumani o degradanti. È ovvio che non è il momento politico migliore, ma ciò non è un argomento per resistere all’invito che fa il capo dello Stato. Per Napolitano, "il Parlamento è assolutamente libero di fare le sue scelte". Di fronte alla situazione delle nostre carceri, il Parlamento ha realmente scelta? Il Parlamento è sempre libero di fare le sue scelte. Basta che trovi la maggioranza dei due terzi e concordi sull’elenco dei reati che vanno indultati o amnistiati. Il capo dello Stato ha rivolto un invito ricordando che la materia è di esclusiva prerogativa parlamentare. Mentre quello di grazia è un potere sovrano che spetta solo a lui, il potere di indulto o di amnistia spetta ai due terzi delle Camere. Napolitano ha quindi messo i puntini sulle "i", sottolineando di avere fatto la sua parte e invitando i parlamentari a fare la loro. L’indulto proposto dal capo dello Stato ha anche un più generale valore politico? Ritengo di no, si tratta di un appello che il capo dello Stato ha fatto per restituire dignità alle nostre carceri, senza che ci siano equivoci che sottendano a un eventuale aiuto rispetto al caso A o la caso B. Quello da parte di Napolitano è un riconoscimento della fondatezza della sentenza Torreggiani con cui la Corte europea dei diritti umani (Cedu) ha condannato l’Italia per il trattamento disumano e degradante dei nostri carcerati. È un invito alla tutela della dignità e del rispetto dell’uomo, e ha un valore politico solamente in questo senso. È un alto richiamo a dei principi e a dei valori, ma non credo che questa vicenda vada letta in connessione con il caso Berlusconi. Il ministro Cancellieri ha sottolineato che sarà presentato un pacchetto di misure su "carceri, processo penale e civile". Lei quali provvedimenti auspica? Personalmente condivido tutte le proposte del ministro Cancellieri. Mi auguro solo che il Parlamento approvi in maniera rapida tutto quello che sta nel pacchetto di misure del ministro Cancellieri. Si tratta di un primo passo importante, certamente non è la panacea di tutti i mali, ma è la dimostrazione della buona volontà che l’Italia dovrebbe impiegare per uscire indenne dal giudizio che la Corte europea dei diritti umani (Cedu) applicherà dopo il 27 maggio 2014, data in cui scadrà il termine entro il quale il nostro Paese è invitato a mettersi in regola. Che cosa ne pensa dei tempi, modi e criticità della riforma della giustizia, allo scopo di evitare che dopo l’emergenza se ne crei una nuova? Bisogna eliminare buona parte delle norme inutili, ridurre la pluralità dei riti civili, abolire un grado di appello. Siamo uno dei pochi Paesi al mondo ad avere tre gradi di giustizia, mentre la Corte di Cassazione dovrebbe funzionare solo per i casi difficili ed estremi. Occorre ridurre la ricorribilità per Cassazione di tutte le sentenze, essere più rapidi e più semplici togliendo di torno migliaia di norme inutili che impongono ai processi di essere lenti. Giustizia: sono 64mila i detenuti nelle carceri italiane, di cui 24mila in attesa giudizio definitivo Ansa, 5 dicembre 2013 Il numero dei detenuti in Italia continua a diminuire, seppur di poche unità: sono 64.047 le presenze in carcere aggiornate dal Dap al 30 novembre scorso, a fronte delle 64.323 registrate alla fine di ottobre. Resta invece alto il numero dei reclusi in attesa di giudizio definitivo: sono infatti 11.873 i detenuti in attesa di primo giudizio, e 12.050 i condannati non definitivi. Le persone ristrette in carcere con una condanna definitiva risultano essere 38.858. Gli internati invece sono 1.185. Si mantiene elevato anche il numero complessivo degli stranieri che vivono nelle nostre carceri: risultano infatti essere, al 30 novembre scorso, 22.434, di cui 12.546 con condanna definitiva. Agli arresti domiciliari risultano essere 10.189 persone, poche di più (10.992) sono in affidamento in prova. Godono della semilibertà 838 detenuti. Giustizia: Ugl; 17mila detenuti in più e 3mila unità di personale in meno, situazione è critica www.informazione.it, 5 dicembre 2013 Ugl-Intesa: Situazione critica. Spesso gli agenti penitenziari sono costretti a fare gli educatori e i ragionieri. Riforma della Giustizia, domani 5 dicembre alle ore 10,30 assemblea della Ugl-Intesa Fp presso la sede dipartimentale del Ministero della Giustizia. Sarà presente il Segretario Generale della Ugl-Intesa Fp, Francesco Prudenzano. Sul tappeto le problematiche dell’Amministrazione Penitenziaria con le sue 6.000 unità di personale tra educatori, assistenti sociali, amministrativi e tecnici che devono far fronte ad una popolazione carceraria di oltre 64mila detenuti. A conti fatti vi è una carenza organica di oltre 3.000 unità ed un sovraffollamento delle carceri di circa 17 mila detenuti. A ciò spesso si fa fronte utilizzando gli agenti di Polizia penitenziaria che, in tal modo, paradossalmente, si ritrovano a svolgere ruoli di educatori, ragionieri e altro. Lombardia: regione al primo posto per numero di detenuti di Francesco Mattana Vita, 5 dicembre 2013 Il decreto del ministro Cancellieri per ora non ha risolto il sovraffollamento nelle carceri. In tutta Italia risultano 64.084 i reclusi. I posti però sarebbero solo 47.649. La Corte europea dei diritti umani ha imposto all’Italia di assicurare, entro maggio 2014, condizioni dignitose ai detenuti alleggerendo il sovraffollamento dei penitenziari. Il decreto legge sulle carceri, entrato in vigore lo scorso luglio, in linea teorica si muoveva su questa direzione. Purtroppo, i risultati finora raggiunti sono insufficienti. Il Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni ha reso noti i dati a livello nazionale: 64.084 i reclusi presenti in Italia (solo 808 in meno rispetto al luglio 2013) mentre le 205 carceri italiane potrebbero contenerne 47.649. La Lombardia svetta al primo posto con 8.876 persone, la Campania è seconda con 8.121, terzo il Lazio: 7.100 per una capienza regolamentare di 4.799 posti. Valle D’Aosta e Trentino Alto Adige, come prevedibile, sono ai primi posti per virtuosità, tenendo conto del numero degli ospiti –rispettivamente, 213 e 416. Ma il risultato più sorprendente proviene dalla Sardegna: è l’unica regione d’Italia in cui il numero dei detenuti è nettamente inferiore alla capienza regolamentare totale (2102, ma le carceri sarde potrebbero contenerne 2586). Stupisce, perché dell’isola si parla sempre in termini di situazione invivibile dentro i penitenziari. Marroni commenta con queste parole i dati che ha reso pubblici: "Ormai occorre urgentemente intervenire sulle vere questioni che producono il fenomeno del sovraffollamento. Si prende atto che i politici non hanno ancora dato risposta all’appello contenuto nel messaggio del Presidente Napolitano sulle misure urgenti da realizzare. Tuttavia è necessario intervenire sui nodi strutturali che producono carcere: riforma del codice penale e di procedura penale; affrontare il tema degli stranieri in carcere (37%) e il problema dei reati connessi alla tossicodipendenza (40%). Per questo occorre riprendere le proposte più innovative presenti in Parlamento (si veda ad esempio la proposta di Giuliano Pisapia, datata 2002) che riguardano le riforme dei codici in rapporto alle misure alternative. Mentre per le tossicodipendenze occorre mettere in campo tutte le capacità progettuali e coinvolgere gli Enti Locali e le Regioni per realizzare una rete di comunità di accoglienza alternativa al carcere. Infine per gli stranieri occorre attuare gli accordi già in vigore con i Paesi Terzi e attivare una forte azione diplomatica per consentire il rimpatrio volontario degli stranieri nei propri paesi di origine". Infine, una stoccata alla sua regione, che si è "guadagnata" il terzo posto: "È un primato di cui avremmo fatto volentieri a meno. Un primato che, inevitabilmente, si riflette sulla qualità della vita quotidiana in carcere". Napoli: caso Perna, la madre in TV "Mio figlio picchiato e sedato... io denuncio tutti" www.net.news.org, 5 dicembre 2013 La madre di Federico Perna racconta nella trasmissione Linea Gialla la sua tragedia e chiede giustizia. "Dove stava la Cancellieri? Dove stava il Dap?". In diretta ieri sera a Linea Gialla, il programma di La7, condotto da Salvo Sottile, il caso di Federico Perna, il detenuto di 34 anni gravemente ammalato morto in carcere, a Poggioreale. In studio la mamma di Federico, la signora Nobila Scafuro per chiedere giustizia. Dopo l’inchiesta di Lucia Masucci, che ha ricostruito il caso, il conduttore ha intervistato in studio la signora Scafuro che ha mostrato durante la trasmissione le foto del figlio, diffuse da Fanpage, che hanno colpito l’opinione pubblica perché il volto e il corpo senza vita di Federico appaiono insanguinati e con varie tumefazioni. "Mio figlio è morto di abbandono da parte dello Stato. È stato abbandonato completamente da tre anni. Lo sballottavano da un carcere all’altro invece di portarlo da un ospedale all’altro. Aveva la cirrosi epatica e l’epatice C" ha ribadito la signora. "Voglio dire solo una cosa a queste persone che portano una divisa addosso, che fanno dei giuramenti e che studiano anche psicologia quando fanno i corsi: ma che cazzo di padri di famiglia siete? Assassini è poco a dirvi questo. O perché portate una divisa addosso dovete decidere voi se un uomo deve morire o deve schiattare o deve vivere. Vi dovete soltanto vergognare ed è poco" ha aggiunto con veemenza. Ha chiesto un’indagine accurata. Federico le ha confessato nell’ultimo colloquio di essere stato picchiato da un poliziotto, che lo ha colpito con un pugno ad uno zigomo. "Come si fa a picchiare un ragazzo che non si regge neppure in piedi. Si vede che è stato picchiato. Fanno il blitz party i poliziotti. Si vanno a divertire. Ma chi sono questa gente? Perché gli lasciamo una divisa addosso? Il delinquente era mio figlio o questi che lo hanno ucciso senza pietà?" ha raccontato. Ha descritto la sua odissea di madre che ha dovuto girare tanti ospedali per sapere dove stava il figlio. Le hanno dato versioni diverse e contrastanti sulla sua morte. "Dove stava la Cancellieri? questo vorrei chiederle. Dove stava il Dap?". in studio anche l’avvocato della famiglia, Autieri, che spiegato tutto ciò che ha fatto come legale per ottenere il trasferimento, per incompatibilità col regime carcerario, purtroppo negato. Al sottosegretario Beretta che ha detto che Federico non voleva essere curato, la signora ha replicato: "Sottosegretario Beretta, o la finiamo e siamo responsabili ognuno di cosa dice o altrimenti veramente andiamo a finire male. Io vi denuncio a tutti quanti. Mio figlio era pericoloso? Ma se i certificati medici dicono che mio figlio era nudo, non si teneva con il busto eretto. Un medico ha chiesto: Cosa è stato un colpo di calore ? Faceva le battute. Lo imbottivano di psicofarmaci. Lo tenevano sedato pur di non sentirlo. Era stata data l’indicazione del ricovero coatto per curarlo perché soffriva di un disturbo bordeline. Quindi il ragazzo non era in grado di intendere e di volere". In studio anche la sorella di Stefano Cucchi, un altro giovane detenuto, il cui caso ha fatto scalpore, perché morto anche in carcere. E della condizione dei carcerati si è discusso allungo durante la trasmissione con altri ospiti, giornalisti ed esperti, che hanno denunciato le gravi situazioni per le quali anche la comunità europea ha sanzionato l’Italia. Associazione Antigone: ora ascoltare i testimoni Federico Perna, l’associazione Antigone: Come sono stati gli ultimi giorni Federico Perna, morto nel carcere di Poggioreale l’8 Novembre scorso? La sua morte poteva essere evitata? "Solo la raccolta di elementi testimoniali diretti potrà dare riscontro alla notizia, circolata attraverso i media, secondo la quale Federico Perna era da una settimana che sputava sangue". Parla Mario Barone, presidente di Antigone Campania e membro dell’Osservatorio sulle condizioni di detenzione: "L’auspicio-continua-è che la voce degli altri detenuti, degli operatori sanitari e degli agenti di polizia penitenziaria aiuti a ricostruire i giorni precedenti, onde comprendere se la morte è stata un evento improvviso oppure poteva essere evitata". I vertici del Dap sono andati a Napoli per esaminare il suo caso: "L’esame autoptico, disposto dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, chiarirà il decorso causale che ha determinato il decesso-continua Barone-Tuttavia, potendo non essere brevi i termini del deposito della consulenza, confidiamo che l’amministrazione penitenziaria chiuda quanto prima l’indagine disposta dal Ministro della Giustizia". Su tutto, c’è un dubbio: "Federico Perna era un detenuto con una grave patologia epatica, con una storia di dipendenza e di disagio psichico (seguito dal Centro di igiene Mentale e con un ricovero in Opg nel 2004). Ci si chiede se Poggioreale-istituto che non ha bisogno di essere descritto, né di essere commentato-fosse il posto giusto a cui destinare Federico". Napoli: Corbelli (Diritti civili); Napolitano conceda grazia a detenuto malato terminale Ansa, 5 dicembre 2013 Franco Corbelli, del movimento Diritti civili, si rivolge al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, per chiedergli di "accogliere la richiesta di grazia presentata dalla madre di Vincenzo Di Sarno, un detenuto di 35 anni moribondo recluso nel carcere di Poggioreale". Di Sarno, spiega Corbelli, è affetto da un tumore al midollo spinale e ha perso 60 kg. "Attualmente - afferma - è ridotto come uno scheletro e si sta lentamente spegnendo in una cella. Chiedo al Capo dello Stato di concedergli la grazia prima che sia troppo tardi. Non si aspetti che si consumi una nuova tragedia nel carcere napoletano. Intervenire dopo non serve". "Se il Presidente della Repubblica denuncia il dramma delle carceri con riferimento soprattutto ai tanti senza volto, i sepolti vivi delle prigioni - prosegue il fondatore di Diritti civili -, è il caso allora che intervenga anche per questa persona in fin di vita, accogliendo la domanda di grazia presentata dalla madre e scongiurando così un’altra morte atroce e assurda". Ancona: interrogazione dell’On. Lodolini sul carcere Montacuto www.senigallianotizie.it, 5 dicembre 2013 L’On. Emanuele Lodolini ha depositato stamani un’interrogazione al Ministro della giustizia per sollecitare e chiedere quali interventi urgenti si intendano intraprendere al fine di consentire in tempi brevi il potenziamento della dotazione organica attuale del corpo di Polizia penitenziaria e l’assegnazione di altre unità dell’area socio educativa presso la Casa circondariale di Ancona Montacuto. L’interrogazione segue la visita dello scorso 22 novembre 2013 di una delegazione del Partito Democratico, guidata dallo stesso deputato anconetano e dal responsabile nazionale Pd carceri Sandro Favi, che ha consentito di accertare alcune criticità inerenti, in particolare, alle carenze strutturali e di personale di tale istituto. Risulta, difatti, insufficiente la dotazione organica effettiva della polizia penitenziaria: il personale di polizia penitenziaria presente è di n. 131 unità su un organico previsto di n. 188 unità, come da decreto del Ministero della Giustizia, a firma del Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, recante la data del 5 ottobre 2012. Forte è, dunque, necessità di assegnare un’adeguata dotazione organica del Corpo di Polizia penitenziaria presso la Casa circondariale di Ancona Montacuto, che ad oggi ospita n. 218 detenuti dal momento che l’Istituto è in fase di ristrutturazione ma a lavori terminati la capienza si attesterà attorno ai 250 detenuti circa. La mancanza di personale di Polizia penitenziaria comporta aggravio dei carichi di lavoro, stress psicofisico, ricorso al lavoro straordinario, ed alimenta il malcontento fra gli agenti. Particolarmente grave risulta altresì la carenza di organico per il personale educativo che presenta solo 3 operatori e 1 psicologo che non possono adeguatamente far fronte ai detenuti presenti. Occorre cogliere la drammaticità della condizione carceraria nel nostro Paese. Nelle attuali modalità, il carcere rappresenta una forma di isolamento, di sradicamento dalla società, non recupera i detenuti ma li predispone a nuovi comportamenti criminosi. Per fortuna ci sono anche tante eccezioni alla regola, frutto dell’instancabile impegno di funzionari ed operatori che, in condizioni non sempre favorevoli, riescono a portare avanti un lavoro meritorio. Eccezioni che confermano come il lavoro ed i progetti formativi rappresentino per i detenuti strumenti fondamentali perché possano riconsiderare la propria condotta di vita e per poter contare, una volta concluso il periodo di privazione della libertà, su un adeguato reinserimento sociale. Il governo Letta è fortemente impegnato in questa direzione ed in questi pochi mesi ha raggiunto risultati importanti. Grazie alle novità introdotte dal decreto legge sull’Esecuzione della pena è stata favorita l’offerta di lavoro per gli ex detenuti da parte di imprese e cooperative sociali, attraverso una serie di sgravi fiscali e contributivi: estendendo il periodo di inclusione degli ex detenuti nelle categorie svantaggiate. Da parte nostra, il Governo non farà venir meno il proprio impegno per realizzare un moderno sistema di Giustizia ispirato al rispetto dei principi di umanità e della finalità rieducativa della pena. Continueremo sulla strada già intrapresa per moltiplicare gli strumenti e le iniziative affinché chi è stato ritenuto colpevole di un reato possa avere la possibilità di riprendere il cammino di vita e potersi reinserire nella società. Genova: Uil-Pa penitenziari; allarme Tbc in carcere, il dirigente sanitario si dimetta www.genova24.it, 5 dicembre 2013 "Abbiamo appreso da pochi minuti, che nel carcere di Marassi un detenuto magrebino è risultato affetto da Tubercolosi Polmonare. Prima di essere ricoverato e piantonato all’ospedale San Martino, reparto Malattie Infettive, ha avuto contatti con diversi detenuti, era ubicato al terzo Piano della Seconda Sezione, con altri cinque detenuti e soprattutto è stato in contatto con diverse unità di Polizia Penitenziaria". Il Segretario Regionale della Uil Pa Penitenziari, Fabio Pagani, non nasconde la preoccupazione per l’evolversi della situazione sanitaria al carcere genovese che proprio la Uil aveva denunciato qualche mese fa rendendo noto altri due casi di Tbc attiva riscontrata ad un detenuto italiano e un altro senegalese. "Ora però non si può più minimizzare o banalizzare il problema, parliamo di malasanità nel carcere di Marassi, dove gli addetti ai lavori mettono quotidianamente a rischio, colpa la loro mala gestione, la salute dei poliziotti e dei detenuti stessi". Il Segretario Regionale della UIl Pa Penitenziari è sempre più irritato dall’attuale gestione della Sanità all’interno dell’Istituto genovese e in giornata e per l’ennesima volta invierà una lettera al Ministro Cancellieri e all’Assessore alla Salute della Regione Liguria, manifestando tutte le inquietudini del sindacato e le ansie che si registrano tra il personale di Polizia Penitenziaria, nel frattempo chiediamo le dimissioni dell’attuale dirigente sanitario dell’istituto di Genova Marassi. "Informerò per le vie brevi il Ministro della Giustizia, Cancellieri, su quanto sta accadendo a Marassi a questo punto-sottolinea il sindacalista-non possiamo esimerci dal rilevare che a Genova Marassi la gestione sanitaria della vicenda ingenera non poche perplessità che incrementano le già critiche condizioni dell’Istituto, colpito da cronico sovraffollamento, oggi 800 detenuti presenti su una capienza di 450 e carenza di uomini e donne della Polizia Penitenziaria, meno 100 unità". Forlì: dati aggiornati e valutazioni della Garante dopo la visita alla Casa Circondariale Ristretti Orizzonti, 5 dicembre 2013 Nei giorni scorsi Desi Bruno, Garante delle persone sottoposte a limitazioni della libertà personale, ha effettuato una delle sue periodiche visite alla struttura penitenziaria di Forlì, verificando che il numero dei detenuti presenti (157) è leggermente diminuito, mentre è sempre elevato (87) quello degli stranieri. Quelli con condanna definitiva (58) sono meno degli imputati (64); 32 i tossicodipendenti, 23 le donne recluse. Dal punto di vista strutturale, il carcere di Forlì è un edificio molto fatiscente all’esterno; all’interno, invece, gli ambienti mostrano un certo decoro, anche grazie al contributo del lavoro dei detenuti. Di recente, si sono prodotti miglioramenti per i lavori alla cucina, mentre permangono evidenti criticità nella zona nelle docce. Il carcere dovrebbe essere trasferito nel 2015 in un’area periferica della città, uscendo così dall’area urbana (una condizione che ha fin qui favorito una forte presenza del volontariato e della società civile). Il responsabile dell’Azienda Usl ha sottolineato come da anni non si verifichino né suicidi né atti di autolesionismo. È evidente che gli istituti di piccole dimensioni favoriscono l’attenzione per le persone e aiutano a prevenire certi rischi. Le celle non sono tutte a norma quanto a dimensioni e a ciò va incontro, come è noto, il regime di apertura delle celle per alcune ore al giorno (regime in parte già sperimentato a Forlì). Permangono le situazioni critiche rispetto all’organico della polizia penitenziaria, destinato, pare, ad una ulteriore riduzione, che sembrerebbe in contrasto con la riapertura della sezione a custodia attenuata. Da tempo, per la mancata sostituzione del medico titolare, manca anche una parte dell’assistenza psicologica prevista. Presto dovrebbero partire i lavori per il ripristino della sezione di custodia attenuata per persone tossicodipendenti, che registra il favore degli operatori del Ser.T. e del personale dell’area trattamentale e della sicurezza. La sezione di custodia attenuata era stata chiusa per la necessità di lavori di ristrutturazione e l’ufficio del Garante regionale aveva sollecitato la riapertura, in considerazione del numero dei tossicodipendenti reclusi, persone che devono vedere affermato il diritto alla cura. Lo stesso DPR 230/2000 (Regolamento di attuazione dell’Ordinamento penitenziario) prevede all’art. 115 l’istituzione di sezioni a custodia attenuata per detenuti affetti da problemi di tossicodipendenza e alcol dipendenza: norma da sempre disattesa o solo parzialmente attuata. Proprio su questo argomento, il 28 novembre si è svolta un’iniziativa - voluta dalla direttrice del carcere, Palma Mercurio, in collaborazione con il Ser.T. - che si è occupata del rapporto tra cura e pena. Originale, la forma scelta: la simulazione di un processo. La domanda essenziale a cui la giuria è stata chiamata è: in che misura l’efficacia della pena è legata all’efficacia della cura? La giuria era formata da funzionari delle istituzioni, rappresentanti della stampa, rappresentanti dei detenuti, dei sindacati, degli operatori sanitari e delle forze dell’ordine. Enna: "Pensieri il libertà", nasce il primo blog realizzato dai detenuti in Sicilia www.si24.it, 5 dicembre 2013 Nel carcere di Enna nasce il primo blog realizzato dai detenuti in un penitenziario siciliano. L’iniziativa, portata avanti attraverso l’associazione Spiragli, sarà presentata venerdì prossimo alle 18, al caffè Kenisa di Enna. Il blog (www.pensieriinliberta.it) racconta la vita, le passioni, il quotidiano, i sogni e le speranze dei detenuti della casa circondariale, realizzato dai carcerati con la guida dei giovani dell’associazione. Alla presentazione ci saranno il direttore del carcere, Letizia Bellelli, il presidente dell’associazione Spiragli, Giuseppe Petralia, il direttore dell’area Trattamento del carcere di Enna, Cettina Rampello, il magistrato di sorveglianza di Caltanissetta, Renata Fulvia Giunta e un detenuto che porterà la propria testimonianza. Sarà anche inaugurata la mostra del filmografo Paolo Andolina: "l’Arte di arrangiarsi", che ritrae i detenuti di Enna, mentre sarà possibile acquistare (i proventi andranno in un fondo per i detenuti indigenti) il libro, curato dagli insegnanti carcerari della De Amicis, "A Tavola" che raccoglie il meglio delle ricette del carcere. Al termine dell’incontro si potranno degustare piatti preparati dai detenuti. "Abbiamo colto l’occasione della presentazione del blog-dice Petralia-per organizzare una serata che racconta il pianeta carcere, un mondo ricco di sfaccettature e contraddizioni ma anche pieno di risorse, che noi abbiamo avuto modo di conoscere grazie a una serie di progetti che stiamo portando avanti nella casa circondariale. Anche l’idea di offrire i piatti preparati dai detenuti, che ringraziamo per la collaborazione, è un modo di comunicare una dimensione che anche dentro il carcere passa dalla condivisione del cibo". Enna: "Di là dal muro", cortometraggio girato nel carcere di Enna e premiato a Bruxelles www.gds.it, 5 dicembre 2013 Il documentario, girato nel carcere di Enna dalla regista Tilde Di Dio dal titolo "Di là dal muro" è stato premiato oggi al Parlamento europeo a Bruxelles con una menzione particolare di merito, nell’ambito del concorso "Quel fresco profumo della libertà" promosso dal Ministero dell’Istruzione in collaborazione con il Centro Studi Paolo Borsellino. Il film, realizzato grazie alla disponibilità di Letizia Bellelli, direttore del carcere, racconta brandelli di storie di detenuti, tra cui molti immigrati, le loro ansie, le loro speranze ma anche i dolori di carcerazioni spesso figlie solo della miseria. Un’occasione di incontro tra il mondo di chi è recluso e quello esterno, per conoscere e capire, per tentare di diminuire il senso di isolamento ed esclusione e affermare il "diritto di far sentire la propria voce - affermano gli autori - rivendicando il senso di una libertà che sia di vivere con dignità ogni momento e condizione". Nel cortometraggio i detenuti sono nella veste di narratori, attori, sceneggiatori, ma anche collaboratori e tecnici. Alcuni detenuti recitano in lingua araba raccontando il dramma di chi sogna l’Italia come terra promessa. Presente alla cerimonia di premiazione, oltre al dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo De Amicis di Enna che ha finanziato il progetto, Filippo Gervasi accompagnato dalle insegnanti che hanno curato il lavoro, Ida Ardica e Rossella Bonfissuto, la regista e Arian Verburg, 35 anni, olandese, ingegnere informatico, ex detenuto al carcere di Enna, tra i protagonisti del documentario. "Di là dal muro" è già stato proiettato nel cortile del Quirinale nell’ambito della cerimonia di inaugurazione dello scorso anno scolastico a Roma. Milano: sabato prossimo Cancellieri a S. Vittore, Prima Scala su maxischermo Ansa, 5 dicembre 2013 Il 7/12 seguirà con i detenuti in diretta la Traviata. Sabato prossimo 7 dicembre il Ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri sarà nel carcere milanese di San Vittore per assistere in diretta alla Prima della Scala. Saranno circa 70 i detenuti che, dalle 18.00, avranno la possibilità di seguire la prima della "Traviata". Ciò è stato reso possibile dal Comune di Milano che ha allestito un megaschermo nella storica rotonda del carcere e assicurato il collegamento in diretta con il teatro scaligero, spiega una nota del Dap, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Al termine dello spettacolo sarà servito il tipico risotto preparato dalle detenute della "Libera cucina di San Vittore", agli ospiti esterni saranno donati gadget prodotti dalla sartoria "Alice" e dalla Legatoria di San Vittore, mentre le detenute madri ospitate all’Icam, l’istituto per la custodia attenuata, prepareranno biscotti natalizi da offrire al pubblico. Cuneo: domani ad Alba mostra fotografica "Pure in carcere ‘o sanno fa" www.targatocn.it, 5 dicembre 2013 Mostra fotografica di Davide Dutto e proiezione di un cortometraggio del regista Davide Sordella. Dopo il "Mercatino dei prodotti dal carcere e dai terreni confiscati alle mafie "Vale la pena!" svoltosi per il terzo anno consecutivo in piazza Pertinace in concomitanza del Palio degli Asini domenica 6 ottobre scorso, dopo l’allestimento di "angoli" promozionali in una ventina di vetrine del centro storico di Alba, dopo l’incontro pubblico con Pietro Buffa, già Direttore della Casa Circondariale di Torino ed ora Provveditore regionale alle carceri dell’Emilia Romagna e del Triveneto, con la presentazione del suo ultimo libro, "Prigioni. Amministrare la sofferenza" svoltosi sabato scorso, a conclusione del progetto "Vale di più!", promosso da CIS-Compagnia di Iniziative Sociali di Alba, con il sostegno economico della Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo, domani ultima iniziativa. Domani, giovedì 5 dicembre, alle ore 11 presso le nuove sedi del Consorzio CIS e della Cooperativa sociale Orso in via Santa Barbara 5 ad Alba, avrà luogo la presentazione di alcune iniziative progettuali tra dentro e fuori il carcere. In particolare saranno protagonisti della mattinata: la mostra fotografica di Davide Dutto "pure in carcere ‘o sanno fa", la proiezione di un cortometraggio del regista Davide Sordella "La squadra" (realizzato nella Casa di Reclusione di Fossano), la presentazione di un nuovo progetto di inserimenti lavorativi nell’ambito di detenuti ed ex-detenuti dal titolo "To make a difference". La mattinata sarà conclusa da un aperitivo - aperto a tutti gli interessati - con i prodotti del carcere (vino, birra, biscotti) ed il catering della Cooperativa sociale Alice. L’iniziativa è realizzata in collaborazione con l’Associazione Sapori Reclusi, e oltre al ad essere il momento conclusivo del progetto "Vale di più!" sarà anche il momento di inaugurazione delle nuove sedi albesi del Consorzio CIS-Compagnia di Iniziative Sociali e della Cooperativa sociale ORSO. Per non smentire la mission del Consorzio e della Cooperativa Orso, alla festa e si vuole associare un necessario momento di approfondimento e di dibattito sul tema del carcere, delle sue difficoltà e delle sue potenzialità: uno dei tanti settori di intervento del privato sociale in cui CIS ed ORSO hanno maturato esperienza e competenza sul campo di progettualità e gestione di politiche di sostegno ed inserimento. Trento: "Liberi nell’arte", inaugurata mostra di ceramiche realizzare dai detenuti www.ladigetto.it, 5 dicembre 2013 Quasi ottanta opere in ceramica, tra vasi, piastrelle decorate e piccoli oggetti di arredamento, opere uniche per la bellezza della loro fattura e il valore che cela ognuno di esse: tutte le creazioni, infatti, sono state realizzate dai detenuti della casa circondariale di Trento e sono oggi e domani, 4 e 5 dicembre, in mostra e in vendita presso l’area archeologica di palazzo Lodron Zippel, sede di Trento della Südtiroler Volksbank-Banca Popolare dell’Alto Adige, in piazza Lodron. "Liberi nell’arte-anche in carcere", questo il titolo dell’esposizione inaugurata oggi, è il risultato, certamente non l’unico, dei laboratori di modellazione organizzati dalla Fondazione Contessa Lene Thun onlus in collaborazione con l’Amministrazione Penitenziaria. Un progetto condiviso anche dall’Amministrazione comunale con il servizio di Politiche sociali e supportato dalla Südtiroler Volksbank-Banca Popolare dell’Alto Adige. Sul valore del progetto si è soffermata l’assessore Maria Chiara Franzoia che ha ribadito l’importanza della collaborazione con la casa circondariale nell’ottica di favorire il reinserimento sociale dei detenuti e ha affermato la volontà di dar seguito ad iniziative di tal genere. Sulla stessa linea anche Giuseppe Stoppa, funzionario giuridico pedagogico della casa circondariale e referente del Progetto, che ha sottolineato l’importanza della vicinanza del territorio al carcere per creare occasioni per i detenuti. La direttrice della Fondazione Thun, Petra Pichler, ha invece spiegato che il ricavato della vendita delle opere sarà utilizzato per finanziare altri analoghi progetti a vantaggio dei reclusi, mentre Giovanni Manenti della Banca Popolare dell’Alto Adige ha ricordato l’impegno dell’istituto di credito a sostegno di attività per la comunità. Tutte le opere in mostra sono state selezionate dall’artista Renato Ischia, docente presso l’Accademia delle Belle Arti di Verona. I laboratori di ceramico-terapia hanno coinvolto i detenuti, con problemi di tossicodipendenza, della casa circondariale di Trento tra il 2011 e il 2012 che hanno imparato a modellare e decorare l’argilla guidati da artisti ceramisti. La mostra è aperta oggi e domani dalle 10 alle 18. Roma: torna mercatino di Natale con prodotti realizzati dai detenuti Labitalia, 5 dicembre 2013 Dopo il successo registrato nella prima edizione 2012, riparte anche quest’anno il mercatino di Natale, promosso dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, per la vendita di prodotti realizzati negli istituti penitenziari. Dal 7 al 15 dicembre, presso il Museo Criminologico di Roma (www.museocriminologico.it) in via del Gonfalone 29, sarà possibile acquistare panettoni, biscotti, caffè, vino, olio, formaggi, magliette, borse, cosmetici, prodotti di qualità realizzati nelle carceri italiane. Polonia: Fidanza-Scurria (Fdi); ragazzi detenuti stanno bene, ma ora accelerare soluzione Agenparl, 5 dicembre 2013 Gli eurodeputati di Fratelli d’Italia Carlo Fidanza e Marco Scurria, da ieri sera a Varsavia per seguire da vicino la vicenda dei 22 tifosi laziali ancora detenuti, hanno visitato il carcere di Bialoleka e incontrato alcuni dei ragazzi. "I ragazzi nei giorni del fermo hanno subito un trattamento non degno di un Paese dell’Unione europea. Ora le condizioni di detenzione sono migliorate, ma abbiamo voluto incontrare il direttore del penitenziario per segnalare alcuni aspetti ancora critici. Pesa psicologicamente sui ragazzi l’incertezza assoluta, l’indefinitezza del quadro accusatorio e la difficoltà nei contatti con le famiglie. Ora è tempo di accelerare la risoluzione del caso, intensificando le pressioni a tutti i livelli perché vengano ridotti al minimo i tempi burocratici per consentire il pieno diritto alla difesa e l’individuazione di una soluzione definitiva che porti alla scarcerazione, in attesa di verificare in sede processuale le effettive responsabilità. Ci uniamo alla richiesta che Giorgia Meloni ha formulato al premier Letta di porre la questione in cima all’agenda del vertice di domani a Varsavia e di rendersi disponibile ad incontrare i familiari dei ragazzi". Lo dichiarano in una nota congiunta gli eurodeputati di Fratelli d’Italia Carlo Fidanza e Marco Scurria. Russia: amnistia per decine di migliaia di detenuti di Ernesto Sii www.atlasweb.it, 5 dicembre 2013 Potrebbero essere tra i 50.000 e i 100.000 i detenuti russi che beneficeranno dell’amnistia concessa in occasione del ventesimo anniversario della costituzione del paese. Lo scrive l’agenzia di stampa Ria Novosti, riferendo che ieri il presidente Vladimir Putin ha espresso il proprio sostegno alla proposta relativa alle amnistie presentatagli dal Consiglio dei Diritti Umani del Cremlino. Parlando con il direttore dell’organismo, Michail Fedotov, Putin ha aggiunto che "lavoreremo insieme al miglioramento di questo documento e anche col sostegno dei deputati federali". E se la cifra compresa tra i 50.000 e i 100.000 è frutto delle stime diffuse da fonti russe, Fedotov ha voluto precisare che anche alcuni detenuti di casi molto noti (come l’ex-magnate del petrolio Mikhail Khodorkovsky e le manifestanti di Pussy Riot) potrebbero beneficiare dell’amnistia. Il direttore del Consiglio dei diritti umani ha anche aggiunto di aver proposto di inserire tra i beneficiari anche gli immigrati irregolari, fornendo loro l’occasione per regolarizzare la loro presenza e i rapporti di lavoro senza incorrere in multe, sanzioni o espulsioni. Più freddo il portavoce del presidente, il quale ha sottolineato che è troppo presto per parlare di chi sarà rilasciato e chi no e che qualsiasi speculazione su questo tema rischia solo di essere "dannosa e inappropriata". Il provvedimento dovrà comunque essere inviato alla Duma, che, entro fine anno, dovrebbe approvare la legge di amnistia. Secondo alcuni media italiani, del provvedimento potrebbe beneficiare anche Cristian D’Alessandro, uno degli attivisti di Greenpeace fermati dopo una manifestazione ai danni di una struttura della Gazprom. Francia: "Gangster d-Ter", i detenuti francesi che evadono con You Tube di Gianluca Nicoletti La Stampa, 5 dicembre 2013 Dal carcere girano di nascosto con i telefonini clip arrabbiate. Si firmano con la sigla "Gangster d-Ter". Aperta un’ inchiesta. L’ auto produzione di violente clip dietro alle sbarre rischia di diventare un fenomeno di tendenza. Stanno apparendo su You Tube dei video che hanno per set le celle di carceri francesi. Sono girati da detenuti, prevalentemente d’ origine magrebina, sono realizzati in bassissima qualità con telefoni cellulari introdotti clandestinamente in carcere. Gli ultimi due hanno come location la prigione di Montmedy, cittadina della Lorena. L’attività è chiaramente illegale i video non sono stati autorizzati, ma registrati di nascosto e pubblicati in rete con gli stessi smart phone. La prima clip, della durata di quasi due minuti, è stata messa on line il 16 novembre e sotto titolata "Sorvegliante di giorno, Gangster d-Ter la notte", su You Tube conta già 106.752 visualizzazioni. Si vede un giovane detenuto mentre si fa una canna guardando in camera, indossa il giubbotto in pile che è la divisa d’ ordinanza delle guardie carcerarie, che non si sa come lui abbia potuto procurarsi. Una voce fuori campo dice "Se tutte le guardie carcerarie fossero come te si starebbe troppo bene in prigione". Il ragazzo pronuncia qualche frase di sfida, poi apre il giubbotto mostrando con orgoglio la maglietta con il logo del collettivo d-Ter, che è la sigla che raggruppa una singolare gang che riesce a manifestarsi via web, anche se i suoi componenti sono reclusi in vari carceri francesi. L’idea nasce da Marlo, un rapper d’origine algerina nato a Tolone, che ha iniziato la sua attività nel 2008 nel carcere di Toul. Il secondo video del 21 novembre invece s’intitola "Harlem shake Gangster d-Ter" e mostra, per meno di un minuto, un gruppo di detenuti incappucciati che ballano a ritmo di musica rap, dopo essere usciti da una cella per ammassarsi lungo un corridoio, uno di loro brandisce una sedia, altri dei bastoni. Nel carcere di Montmedy sono reclusi circa 320 detenuti, sorvegliati da 75 guardie. La direzione dell’istituto di pena ha iniziato un’indagine amministrativa per stabilire come i detenuti abbiano potuto girare e pubblicare i video, siccome a loro non è permesso tenere cellulari e tanto meno navigare su Internet. L’indagine dovrà pure accertare se abbiano potuto contare su eventuali complicità da parte dei loro sorveglianti. Il maggiore sindacato penitenziario, l’Ufap-Unsa, sostiene che il fenomeno sia dovuto al lassismo di chi amministra il carcere. Già da febbraio altri video di detenuti del gruppo d-Ter erano stati pubblicati su You Tube. In quel caso a realizzarli erano stati dei reclusi del carcere di massima sicurezza di Lannemezan, comune degli Alti Pirenei. Questa volta i d-Ter avevano addirittura mostrato dei lunghi coltellacci costruiti artigianalmente, lanciando minacce contro il rapper franco-algerino Morsay e mimando via You Tube di volergli tagliare la gola. I rapper carcerati hanno creato un canale su You Tube "Gangster D-Ter Tv" con 670 iscritti e su cui sono stati già caricati 24 video. Anche su Facebook qualcuno ha creato un profilo dedicato al fenomeno d-Ter, la pagina piace a più di 1500 persone. Corea del Nord: Amnesty pubblica nuove immagini satellitari dei "Campi di lavoro" Tm News, 5 dicembre 2013 Atteso per marzo 2014 rapporto commissione inchiesta Onu. Amnesty International ha diffuso oggi delle nuove immagini da satellite dei campi prigionieri nella Corea del Nord e ha pubblicato le testimonianze di ex detenuti che raccontano di torture ed esecuzioni. Il regime di Pyongyang smentisce l’esistenza stessa dei campi di lavoro per i prigionieri politici e comuni ma secondo ricerche indipendenti in questi campi vi sono detenute tra le 100mila e le 200mila persone in condizioni estremamente dure. Le immagini dei campi 15 nel sud del paese e del campo 16 a nord sono state scattate tra il 2011 e il 2013. Il campo 16 si estende su circa 560 chilometri quadrati e contiene 20mila prigionieri. È stato recentemente allargato e munito di nuovi alloggi, il che dimostra l’aumento della popolazione carceraria, scrive Amnesty. Le immagini mettono in evidenza "un’attività economica consistente, in particolare legata allo sfruttamento minerario, forestale ed agricolo", oltre a una zona industriale. Una commissione d’inchiesta dell’Onu sulla violazione dei diritti dell’Uomo in Corea del Nord presenterà il suo rapporto finale al Consiglio dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite nel marzo 2014.