Giustizia: liberazione anticipata speciale, piccolo spaccio come reato autonomo, più espulsioni… di Antonio Ciccia Italia Oggi, 31 dicembre 2013 Liberazione anticipata speciale, piccolo spaccio come reato autonomo, più espulsioni degli extracomunitari condannati, braccialetto elettronico e pena a domicilio: sono alcune delle misure, previste dal decreto legge 146/2013, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale numero 300 del 23 dicembre 2013, che dovrebbero risolvere il problema delle carceri italiani. Il provvedimento d’urgenza rafforza il sistema di tutela dei detenuti sia con l’istituzione del garante nazionale sia varando il procedimento di ottemperanza delle decisioni del magistrato di sorveglianza. Ma vediamo i punti più importanti del decreto. Sovraffollamento carcerario Il decreto legge interviene sulle modalità di controllo degli arresti domiciliari (incentivato il braccialetto elettronico), sui reati concernenti le sostanze stupefacenti, sulle misure alternative alla detenzione, sulla misura sostitutiva dell’espulsione del condannato cittadino extracomunitario, sulla esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori a diciotto mesi. In particolare viene eseguito un intervento "chirurgico" in materia di piccolo spaccio di stupefacenti, reato per il quale si trova in carcere un numero elevatissimo di persone. La modifica riguarda ipotesi di lieve entità in materia di stupefacenti e consiste nell’introduzione di una nuova ipotesi di reato in luogo della previgente circostanza attenuante. Infatti, in caso di prevalenza di circostanze aggravanti, si assiste all’azzeramento di quella attenuante legata alla lieve entità del fatto e si arriva spesso a pene molto alte e sproporzionate. La norma prevede comunque una riduzione, nel massimo, della pena edittale. Per quanto attiene all’affidamento terapeutico si interviene esclusivamente per ampliare le ipotesi concessione anche ai casi di precedenti violazioni che, continuano ad essere sottoposte alla valutazione del Giudice. Viene stabilizzato l’istituto della esecuzione della pena presso il domicilio prevista dalla legge n. 199 del 2010, in scadenza al 31 dicembre 2013, per le pende detentive brevi, e cioè quelle non superiori a 18 mesi. Liberazione anticipata speciale Il decreto amplia, fino al 2015, il beneficio dell’aumento dei giorni di detenzione (da 60 a 75) per ciascun semestre di pena espiata. L’applicazione retroattiva comporta una contenuta anticipazione di una uscita che si verificherebbe comunque in tempi brevi. Non è una misura automatica e non si determina una liberazione immediata (in massa) di un numero rilevante di detenuti; l’efficacia | della norma è spalmata nel tempo e comunque sottoposta alla rivalutazione del Giudice che deve verificare il corretto comportamento dei detenuti. Inoltre per i reati più gravi previsti (art.4 bis dell’ordinamento penitenziario) è richiesta una motivazione rafforzata per giustificare la riduzione. Tutela dei detenuti Si introduce un nuovo procedimento giurisdizionale davanti al magistrato di sorveglianza caratterizzato da meccanismi diretti a garantire l’effettività delle decisioni giudiziarie, che nella prassi troppo spesso rimangono lettera morta. Il decreto legge prevede una procedura di ottemperanza delle decisioni del magistrato di sorveglianza, che può anche nominare un commissario straordinario (cosiddetto ad acta) per l’esecuzione dei provvedimenti. Il decreto, poi, istituisce la figura del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o comunque private della libertà personale. Semplificazione Sono introdotte alcune semplificazioni nella trattazione di alcune materie attribuite alla magistratura di sorveglianza. Il magistrato di sorveglianza, infatti, potrà procedere senza formalità, salva opposizione all’ordinanza con cui definisce il procedimento (articolo 667, comma 4, codice di procedura penale), nelle materie attinenti alla rateizzazione e alla conversione delle pene pecuniarie, alla remissione del debito e alla esecuzione della semidetenzione e della libertà controllata, e lo stesso potrà fare il tribunale di sorveglianza, nelle materie relative alle richieste di riabilitazione e alla valutazione sull’esito dell’affidamento in prova al servizio sociale. Extracomunitari Sono ampliati i casi in cui possono essere espulsi gli extracomunitari condannati, per i quali vengono anticipate le procedure di identificazione fin dal momento dell’arresto. Crediti d’imposta Il decreto chiarisce che l’ammontare massimo dei crediti di imposta mensili concessi ai datori di lavoro in favore di detenuti e internati è riferito, per l’anno 2013, a tutti i mesi; viene anche prorogato il termine per l’adozione del regolamento di attuazione della legge 193/ 2000, e della legge 381/1991: l’obiettivo è assicurare concedibilità, anche per l’anno 2013, dei benefici e degli sgravi concessi ai datori di lavoro in favore di detenuti e internati. Giustizia: ddl riforma, un collegio di giudici deciderà sulle richieste di custodia cautelare di Dino Martirano Corriere della Sera, 31 dicembre 2013 Tutte le novità del piano del governo: processi rapidi e lotta ai ricorsi. Più garanzie per l’indagato: in cella potrà sempre vedere il suo legale. La pericolosità sarà valutata anche con criteri di attualità e non solo in base al reato commesso. Dopo due decreti svuota carceri, il governo Letta è pronto a varare ("Dal 6 gennaio tutte le date sono buone", dicono al ministero della Giustizia) un disegno di legge, messo a punto dagli uffici del Guardasigilli Annamaria Cancellieri, che affronta alcuni nodi strutturali della procedura penale. Il tema è quello della velocizzazione del processo ma anche delle garanzie, per esempio nell’adozione delle misure cautelari in carcere non più da un singolo giudice ma da un collegio di toghe. Il testo, che potrebbe subire ritocchi prima di entrare in Consiglio dei ministri, è il frutto del lavoro della commissione ministeriale guidata dal magistrato Giovanni Canzio ma va a sovrapporsi, almeno in parte, ad alcuni provvedimenti già all’esame del Parlamento. Il 17 dicembre il governo ha deciso di non recepire nel decreto legge svuota carceri il testo già approvato all’unanimità (Lega esclusa) dalla commissione Giustizia della Camera in materia cautelare. In quell’occasione ci fu polemica perché è stata attribuita alla delegazione del Ncd, guidata dal vicepremier Alfano, la volontà di inserire una norma che avrebbe favorito Berlusconi (condannato a 4 anni per frode fiscale e sottoposto ad altri processi): quella che vieta il carcere per gli ultra 75enni mentre oggi può finire in cella per motivi eccezionali e rilevanti anche chi ha compiuto 70 anni. Così il governo ha preso tempo. Su questo tema, dunque, il governo riparte dal disegno di legge in arrivo a gennaio. Il primo passo riguarda il rafforzamento delle garanzie per l’indagato che potrà ottenere sempre (esclusi i reati di mafia e terrorismo) un colloquio con il difensore fin dall’inizio dell’esecuzione della misura cautelare in carcere. Il secondo passo, invece, si avventura su un terreno minato e per questo il governo ha scelto lo strumento della delega: si propone infatti "la garanzia della collegialità del giudice per l’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere in fase di indagine e si rafforza tale garanzia con la previsione del diritto di essere sentiti prima che la misura cautelare sia emessa". Lo schema prevedrebbe l’eliminazione del tribunale del Riesame limitando la possibilità di ricorso alla Cassazione. Il 7 gennaio, quando la commissione Giustizia della Camera riprenderà i lavori, si porrà il problema se "accelerare" il testo sulla custodia cautelare, già votato dai deputati, e inserirlo nel ddl di conversione del decreto carceri (relatore David Ermini, renziano di ferro). Il testo approvato in commissione prevede una rimodulazione garantista dei presupposti che fanno scattare la misura cautelare in carcere: la pericolosità (reiterazione del reato e fuga) dovrà essere valutata anche con criteri di attualità e non solo in base alla gravità del reato. L’Associazione nazionale magistrati si è espressa negativamente sul punto perché finirebbe per lasciare in libertà, per esempio, gli autori di un omicidio fino a quel momento incensurati. Il presidente della commissione Giustizia, Donatella Ferranti (Pd), prima firmataria del testo, chiede rispetto del lavoro svolto dal Parlamento: "Che senso ha proporre una delega per un governo che si prevede duri un anno’ Piuttosto se il governo è pronto con un emendamento sul giudice collegiale lo presenti al nostro testo che è in aula". Il sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri (giudice fuori ruolo) osserva: "Il principio della collegialità del giudizio in materia cautelare è condivisibile. Andrà coniugato con i problemi dell’incompatibilità dei magistrati coinvolti e della nuova geografia giudiziaria". L’archiviazione del procedimento per particolare tenuità del fatto fu trattata da Lanfranco Tenaglia (Pd) nella scorsa legislatura e ora è ripresa dalla proposta Ferranti, Orlando Rossomando. Eppure il governo si appresta a chiedere la delega non specificando se la causa di archiviazione varrà solo per i reati a citazione diretta (pena sotto i 4 anni). L’archiviazione dei processi "minori" porterebbe a un sostanziale alleggerimento dell’arretrato penale ma non scatterebbe se il reato bagatellare si configura come un comportamento seriale. Seguendo il principio della "leale collaborazione tra le parti", il governo sta per sforbiciare gli accessi al ricorso per Cassazione. Si parte dalla cancellazione dei ricorsi confezionati dal condannato che rappresentano il 19% delle istanze (quasi tutte inammissibili). Per il solo patteggiamento il ricorso sarà limitato ai meri errori materiali, mentre in caso di doppia conforme assolutoria si potrà andare in Cassazione per vizi di violazione di legge. L’elencazione chiara delle prove e della motivazione farà "recuperare una migliore leggibilità delle ragioni delle decisioni". Il governo imporrà ai giudici di scrivere le sentenze in maniera comprensibile e più ordinata. Giustizia: Ucpi; collaborazione su riforme, no all’eliminazione del Tribunale del Riesame www.camerepenali.it, 31 dicembre 2013 Nel corso degli ultimi giorni si sono lette anticipazioni sul contenuto di un disegno di legge delega di riforma del codice di procedura penale di iniziativa governativa. Nello stesso contesto si è legato il contenuto di tale intervento ai lavori della commissione ministeriale presieduta dal Presidente della Corte di Appello di Milano, Giovanni Canzio, cui hanno partecipato esponenti dell’avvocatura penale, magistrati ed accademici. In particolare è stata anticipata dai media anche una riforma della norma che prevede, a pena di nullità assoluta, che la sentenza sia pronunciata dai giudici che hanno partecipato al dibattimento, e di quelle collegate che impediscono che in caso di cambiamento di uno o più giudici le prove debbano di regola essere rinnovate. Ancora si è letto di una possibile riforma delle norme sulla custodia cautelare con scomparsa del Tribunale del Riesame e contestuale istituzione di un organo collegiale deputato alla pronuncia delle ordinanze previo contraddittorio anticipato. Al di là della discutibilità di tali interventi - l’avvocatura penale ha già più volte espresso in passato la propria decisa contrarietà alla prima ed anche alla seconda nella formulazione che prevede un contraddittorio limitato ed una eliminazione del controllo di merito - va comunque sottolineato che di tali proposte non si trova traccia nei lavori della già citata commissione ministeriale - che dunque non le ha mai discusse ed approvate. Per altro, proprio a sostegno della oralità del giudizio e dell’effettività del diritto di difesa, e dunque del principio di immutabilità del giudice come della possibilità di una seria interlocuzione in fase cautelare, che vengono già oggi vanificate dalle prassi giudiziarie, l’avvocatura penale scenderà in astensione per tre giorni nel prossimo mese di gennaio, perciò mai avrebbe approvato modifiche quali quelle di cui sopra. Viceversa la Commissione Canzio ha messo a punto una serie di proposte, sia relative alle misure cautelari ed al funzionamento del Tribunale del Riesame, che alla definizione del procedimento per tenuità del fatto, che ai riti speciali, e più in generale alle indagini preliminari – le quali pure vengono anticipate in questi giorni dai mezzi di informazione - sulle cui si è registrata una generale condivisione (eccezion fatta per talune specifiche soluzioni, come ad esempio l’estromissione della parte civile dai processi con rito abbreviato) anche perché rispondenti a richieste che gli avvocati avanzano da molti anni. In attesa che di tutte le proposte si discuta in parlamento, e già registrando commenti che si distinguono per rozzezza da parte dei soliti forcaioli di professione - che ogni volta che sentono odore di rafforzamento delle garanzie difensive accendono i roghi della inquisizione ed invocano il fantasma della sicurezza - è bene allora fare chiarezza sui temi per i quali l’avvocatura penale, responsabilmente, presta il proprio contributo per l’articolazione di riforme il più possibile condivise, dalle proposte sulle quali esprime, e da tempo, il proprio motivato dissenso. Se si vuole arrivare ad una vera riforma della giustizia, infatti, è bene seguire la strada della collaborazione, non quella della contrapposizione, ma una volta imboccata questa strada non si devono alimentare confusioni rispetto agli obiettivi che si raggiungono: un conto sono le cose che si discutono e sulle quali ci si può incontrare, un conto i prodotti autoreferenziali degli apparati ministeriali. Giustizia: Sappe; sovraffollamento, Napolitano richiami Parlamento a proprie responsabilità Adnkronos, 31 dicembre 2013 "Il Capo dello Stato Giorgio Napolitano si è occupato, in più occasioni e lo scorso 8 ottobre direttamente con un messaggio al Parlamento, delle gravi condizioni di vivibilità delle carceri italiane, che incidono negativamente principalmente sulle condizioni di lavoro dei poliziotti penitenziari che vi lavorano in prima linea. Ma poco o nulla è cambiato. Sarebbe davvero significativo se nel suo messaggio di fine anno il Presidente della Repubblica richiamasse una volta di più i parlamentari sulla urgente necessità di riformare il sistema dell'esecuzione penale in Italia, attraverso provvedimenti concreti". Lo afferma Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (Sappe). “Ogni tanto si varano provvedimenti che impropriamente si definiscono svuota-carceri ma la realtà è che la situazione di affollamento dei penitenziari è sempre drammaticamente grave, a tutto danno del lavoro dei poliziotti penitenziari. Basta un dato: il 31 dicembre 2009 i detenuti erano 64.791 e, nonostante tre leggi presunte svuota-carceri Alfano-Severino-Cancellieri i detenuti sono 64.047, lo scorso 30 novembre 2013. E il Parlamento, su questo scandalo delle sovraffollate carceri italiane nelle quali il 40% dei detenuti è in attesa di un giudizio definitivo, ignora persino l’autorevole messaggio alle Camere del Capo dello Stato dell’8 ottobre scorso. Noi ribadiamo di non credere che amnistia e indulto, da soli, possano risolvere le criticità del settore carceri. Quello che serve sono vere riforme strutturali sull'esecuzione della pena: lavoro in carcere per i detenuti, espulsioni degli stranieri, detenzione in comunità per i tossicodipendenti ed alcool dipendenti che hanno commesso reato in relazione al loro stato di dipendenza. La realtà oggettiva è che le carceri restano invivibili, per chi è detenuto e per chi ci lavora. E la vigilanza dinamica, voluta dai vertici dell'Amministrazione Penitenziaria, non ha affatto migliorato la situazione ma si è rivelata un bluff se ai detenuti non li si fa lavorare ma si permette loro unicamente di girare liberi nel carcere, con controlli sporadici della Polizia Penitenziaria". Giustizia: madre vittima strada scrive alla Cancellieri "subito Garante diritti vittime" Ansa, 31 dicembre 2013 Dice di essere indignata per il decreto svuota carceri e in particolare per l’istituzione del garante dei detenuti Elisabetta Cipollone, la madre di Andrea De Nando, un ragazzo di quindici anni ucciso mentre attraversava la strada sulle strisce pedonali a Peschiera Borromeo (Milano) nel 2011. "Perché - chiede in una lettera aperta al ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri - dal Vostro decreto non è emersa in alcun modo l’esigenza di istituire un Garante per i diritti delle vittime?". "Sentirvi parlare dei diritti dei detenuti quale fosse l’unica ed essenziale priorità - aggiunge - senza mai aver fatto un solo cenno ai diritti delle vittime è totalmente e completamente ingiusto". Secondo la mamma di Andrea, "esiste tutta una schiera di persone che quei reati li ha subiti e che, allo stato attuale, non gode di alcuna attenzione da parte delle Istituzioni". Ed è questo che l’ha spinta a scrivere la lettera. "I detenuti devono certo avere condizioni di vita migliore - dice a voce - ma loro hanno fatto qualcosa e usciranno dal carcere. Mio figlio ha un "fine pena mai". Il garante delle vittime, secondo lei, dovrebbe fare soprattutto una cosa: non lasciare sole loro e le loro famiglie. "Dal momento che è morto mio figlio - racconta - siamo stati abbandonati. Non abbiamo nessuna tutela. Eravamo da soli anche al momento del riconoscimento del corpo, che è una delle cose più terribili. Non siamo stati affiancati da uno psicologo, un medico o un infermiere". "Guardi - aggiunge - il garante delle vittime ne avrebbe di cose da fare...". Secondo la mamma di Andrea bisognerebbe avere l’assenso dei famigliari delle vittime prima di patteggiare, mentre ora non hanno diritto di parola. "Perché - chiede - deve essere il pm a concordare la pena con il giudice?". E poi perché, aggiunge, si lascia la patente a chi ha ammazzato fino al terzo grado di giudizio "non parlo solo di mio figlio, è morta anche una bambina a Roma due giorni fa. In Italia abbiamo pluriomicidi stradali perché continuano a lasciar loro la patente". "Le persone che votano certe cose - conclude - manco sanno questa realtà". Giustizia: Marco Cavallo torna a correre, una conversazione con Peppe Dell’Acqua di Claudio Magris Corriere della Sera, 31 dicembre 2013 Quarant’anni fa il viaggio che portò alla chiusura dei manicomi. Ora l’animale di cartapesta blu grida contro gli ospedali giudiziari. Come Ronzinante, il destriero di don Chisciotte, Marco Cavallo è uscito dalla sua casa e si è avventurato per le strade del mondo col suo ostinato messaggio di liberazione e di cavalleria, che non si lascia intimidire dalle tante difficoltà incontrate per strada. Marco Cavallo è il grande cavallo azzurro di cartapesta che nel 1973 uscì, rompendo il muro, dall’ospedale psichiatrico di San Giovanni a Trieste, per simboleggiare la libertà che si apriva per molte persone, che cinque anni dopo avrebbero ritrovato, con la legge 180 che aboliva i tradizionali manicomi, diritti e dignità. Diritti e dignità ridati a persone che vivevano spesso in condizioni subumane - certo diverse da ospedale a ospedale, a seconda di chi li dirigeva, ma spesso intollerabili. Non solo pazienti affetti da disturbi psichici (mai negati, come spesso falsamente si dice, dalla nuova psichiatria riassunta nel nome di Basaglia) ma anche disadattati, infelici, asociali, alcolizzati. Marco Cavallo è stato e rimane il simbolo gioioso di questa possibilità d’incontro, di libertà; perfino di comune allegria. Oggi il territorio del vecchio ospedale psichiatrico di San Giovanni a Trieste è un luogo amabile e sereno, che ospita istituti universitari, mostre, roseti, ristoranti; anche poche abitazioni per ex ricoverati che dopo tanti anni passati in quel luogo non se la sentono di cambiare casa, ma preferiscono restare in un posto loro familiare e divenuto lieve e accogliente. Tra il 12 e il 25 novembre scorso la cavalcata ha portato Marco Cavallo nei sei Ospedali psichiatrici giudiziari (Opg) di Barcellona Pozzo di Gotto, Aversa, Napoli, Montelupo Fiorentino, Reggio Emilia, Castiglione delle Stiviere, e poi Torino, Genova, Livorno, Palermo, Roma, L’Aquila, Firenze, Milano. Il cavallo, incoraggiato dalla bella lettera e dalla medaglia del presidente della Repubblica, si è incontrato con i sindaci, con i presidenti del Senato e della Camera e con la gente. A organizzare il lungo viaggio il comitato Stop Opg, un cartello di decine di istituti e associazioni dalla Cgil ai familiari, ad Antigone, a Cittadinanza attiva, insieme alle Edizioni Alpha Beta con la "Collana 180. Archivio critico della salute mentale". A guidare, in ogni senso, questa cavalcata è stato Peppe Dell’Acqua, uno dei primi e fondamentali collaboratori di Basaglia, direttore sino a poco tempo fa del Dipartimento di salute mentale di Trieste e animato da una passione civile e da una competenza terapeutica accompagnata da un’affettuosa, ironica, umanissima attenzione alla vita, immune da ogni "ideologia". Perché, chiedo a Peppe Dell’Acqua incontrandolo in un caffè triestino, questo viaggio adesso? Dell’Acqua - Il sostegno non comune di un grande sindacato e del responsabile nazionale Stefano Cecconi, conferisce un significato in più all’impresa. Quarant’anni fa l’uscita del Cavallo fu solo l’inizio. La critica alle istituzioni totali e il loro superamento continuano a essere nella prospettiva senza fine di quell’inizio. Di fronte alla persistenza degli Opg e alla fatica di avviare processi reali di chiusura, il Cavallo non ha potuto restare fermo. Vuole evitare che un’occasione storica, che nasce dall’inchiesta della commissione Marino, venga perduta. O peggio si trasformi in una paradossale riproposizione dei peggiori dispositivi - la pericolosità sociale, la misura di sicurezza e la negazione della soggettività - che un secolo e mezzo fa hanno fondato i manicomi criminali. Mi riferisco alla proposta governativa di costruire, nelle singole regioni, piccoli ospedali psichiatrici mantenendo una cultura psichiatrica clinico-biologica e una legislazione, il Codice Rocco del 1930, che riprodurrebbe gli stessi meccanismi degli istituti che vuole superare. Il vero cruccio del Cavallo sono i 160 milioni che verrebbero investiti per riadattare carceri di massima sicurezza e padiglioni dei manicomi vuoti, rinnovando, in piccole strutture regionali, l’arcaica e infondata triade concettuale: malattia mentale, pericolosità sociale, internamento. Non sarà infatti la frammentazione dagli attuali Opg a tanti mini Opg a risolvere il problema, quanto piuttosto l’impegno di Regioni, Dipartimenti di salute mentale e Tribunali nel mettere in atto risorse e progetti individuali con i quali garantire attenzione alla sicurezza sociale e, al tempo stesso, nel promuovere percorsi individuali di cura. Magris - Lo scopo principale di questa sortita di Marco Cavallo mi sembra sia stata l’urgenza di richiamare l’attenzione sugli Opg, la cui situazione di disagio, di promiscuità, di pudore violato, di diffidenza reciproca degli internati tu descrivi con un’intensità che lascia il segno. Qual è l’alternativa? Uno dei meriti della legge 180 è stato affermare i diritti costituzionali anche per i malati di mente, contemplando in prospettiva la responsabilità e la conseguente punibilità del malato per eventuali reati commessi. Infatti la responsabilità, in ogni senso, fa parte dell’essere umano e della sua dignità. Ricordo che una volta Basaglia disse che il malato mentale non può permettersi di disturbare, schiamazzando di notte, il sonno dei vicini. L’attenzione ai suoi diritti e alle sue sofferenze non va confusa con un paternalistico buonismo; Agostino Pirella, direttore dell’Ospedale psichiatrico di Gorizia dopo Basaglia, a un malato che gli aveva detto "Lei è una merda", non porse l’altra guancia, ma rispose: "No, guardi, una merda sarà lei". In che rapporto sta la richiesta di chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari con la situazione dei malati che hanno commesso reati? Quale sarà o dovrebbe essere la loro condizione? Dell’Acqua - "Lo Stato deve occuparsi dei cittadini per ciò che fanno o per ciò che sono?" si chiedeva Michel Foucault. La chiusura degli Opg va intesa come un banale e irrinunciabile atto di giustizia. Il presidente Napolitano, nel suo messaggio alla nazione del 31 dicembre 2012, li definì "luoghi orrendi, non degni di u n Paese appena civile". Alla fine del viaggio, devo dire che l’orrore non sta solo nella fatiscenza degli ambienti, ma soprattutto nell’insensatezza assoluta che i dispositivi psichiatrici e giuridici concorrono a riprodurre. L’internato vive una costante condizione di disinformazione, di precarietà, di sospensione. Scriveva Basaglia: "È interessante notare che il reo non viene inviato in carcere perché non può comprendere ciò che significa pena e rieducazione. Viene allora inviato in manicomio giudiziario, dove sotto forma di cura espia in realtà una pena che capisce ancora meno". Due recenti sentenze della Corte Costituzionale hanno tentato di riportare nello stato di diritto la condizione del "folle reo". Deve essere garantita la stessa cura che riceve un altro cittadino con la stessa malattia e che non ha commesso un reato, quasi intimando a giudici di sorveglianza, a giudici di merito e aziende sanitarie la presa in carico e la cura di quel cittadino evitando l’invio "per cura" nell’Opg. Se dal 1978 gli ospedali psichiatrici non sono più "cura" per i cittadini liberi che soffrono di un disturbo mentale, tanto meno possono esserlo gli Opg per chi è ritenuto malato e "incapace". Nella prospettiva del cambiamento dobbiamo adoperarci perché il "folle reo" possa essere di norma "capace" e responsabile, e portato in giudizio. E, se colpevole, condannato. L’erogazione della pena, pur potendo e dovendo considerarsi il carcere, dovrà articolarsi attraverso misure alternative che prevedano l’impegno delle comunità locali, dei centri di salute mentale, delle reti sociali, di risorse finalizzate al progetto per la persona. Magris - Mi sembra fondamentale la richiesta di aprire i centri di salute mentale 24 ore su 24, perché le crisi psichiche, che possono avere gravi conseguenze per il malato e per altri, non hanno orario sindacale. È pensabile un’apertura dei centri di salute mentale 24 ore su 24 in tutto il territorio nazionale? Ho anche l’impressione che non tutti i centri funzionino con la medesima efficienza, ma che vi siano notevoli differenze fra l’uno e l’altro, come ho avuto casualmente modo di vedere, constatando sia notevolissimi risultati sia disfunzioni e carenze, anche esiti tragici di pazienti pur curati in un centro di salute mentale. Non c’è forse ogni tanto un certo trionfalismo, che parla poco di ciò che resta da fare e che presta poca attenzione a chi - come inevitabilmente accade e come oggi accade molto meno di una volta, molto meno che all’epoca dei manicomi chiusi - resta vittima di una crisi di violenza da parte di un malato? Non si rischia una visione manichea, che considera tutti gli psichiatri non appartenenti al movimento basagliano dei repressori, mentre - certo accanto ad alcuni autentici repressori - ce n’erano di aperti e illuminati, che facevano il possibile? Dell’Acqua - È sempre bene precisare che sono davvero pochi gli psichiatri che si dicono appartenenti al movimento basagliano e non tutti, dentro questa definizione, agiscono secondo pratiche conseguenti. Molti giovani operatori tuttavia sono affascinati da quella cultura e con fatica nella pratica quotidiana cercano di essere conseguenti. È vero invece che le parole, le forme organizzative e le proposte di quel movimento sono molto diffuse e pesano. Una cultura che riesce, malgrado tutto, a porre prima di tutto limiti etici nell’agire psichiatrico. Nel lavoro di salute mentale, oggi, non è più possibile prescindere dal lavoro di Basaglia e le buone pratiche sono alla portata di tutti. E tuttavia oggi possiamo contare 20 servizi sanitari regionali differenti. Lo stesso diritto costituzionale alla cura e alla salute nel rispetto della dignità e della libertà della persona (art. 32 della Costituzione) può essere esercitato in alcune Regioni mentre è negato in altre. Il Cavallo è partito da Trieste avendo nell’ordine tre grandi obiettivi: chiusura degli Opg, contrasto ai mini Opg, attivazione di Centri di salute mentale (Csm) sulle 24 ore su tutto il territorio nazionale. Alla fine del viaggio è diventato chiaro che bisogna riaccendere l’attenzione sullo stato sempre più preoccupante dei servizi di salute mentale. È chiaro come all’assenza o al malfunzionamento dei servizi consegua l’Opg. In Italia, oggi, circa 18 persone su 1 milione sono internate in Opg. In Friuli-Venezia Giulia e in altre aree dove esiste una diffusa rete di servizi diventano meno di un terzo e a Trieste da 5 anni nessun cittadino è internato. Ci sono Regioni dove più di 30 persone su 1 milione sono internate. Le risorse che oggi si impegnano sarebbero sufficienti ad attivare Csm h24 ovunque: più servizi comunitari e meno denaro perduto nell’infinito mondo delle residenze, delle comunità terapeutiche, degli istituti, dei luoghi di amputazione, come tu dici. In Lombardia come in Puglia il 70% delle risorse dedicate alla salute mentale si consuma ogni anno in acquisto di posti letto in strutture che sono alla fine cronicari. Magris - Come si colloca la situazione dell’assistenza psichiatrica in Italia rispetto agli altri Paesi europei? Non sto chiedendo pagelle di confronti, bensì se esista, in vista di un’auspicata Unione Europea sempre più omogenea, un progetto comune, l’idea di unificare la situazione - e dunque i diritti e doveri - del malato in tutta Europa. Dell’Acqua - L’Italia è il Paese che, per primo, ha avuto il coraggio di chiudere gli ospedali psichiatrici. Ma soprattutto di restituire diritto e dignità al "malato di mente". Da questo momento molti altri Paesi hanno dovuto interrogarsi. Nel 2001 l’Organizzazione mondiale della sanità promosse una Giornata della salute mentale con lo slogan: "Contro l’esclusione, il coraggio di prendersi cura", spiegando con chiarezza che era arrivato il momento di attivare politiche governative per la chiusura degli ospedali psichiatrici. Nel 2005 la stessa Oms, radunando a Helsinki tutti gli Stati dell’Europa geografica, approvò una Dichiarazione con lo slogan: "Non c’è salute senza salute mentale", che suggeriva ai governi di orientarsi sempre più a pratiche territoriali di prossimità e di attenzione verso il singolo, tenendo come ultima risorsa il letto in ospedale. Le parole che ricorrono in questo documento sono: cittadino, persona, individuo. Parole che certamente vengono dai passaggi non solo italiani di deistituzionalizzazione. E che Marco Cavallo ha voluto rimettere in gioco per i "fratelli più scomodi" di tutti. Sicilia: "Indulto e amnistia subito", nuove iniziative davanti alle carceri di Calogero Giuffrida www.supermoney.eu, 31 dicembre 2013 "Dopo aver partecipato alla marcia di Natale di Roma torneremo davanti alle carceri siciliane già dagli inizi del 2014 per chiedere al Parlamento indulto e amnistia subito. Due provvedimenti di clemenza che dopo la condanna della Corte di Strasburgo sono urgenti e necessari e che rappresentano solo un primo passo, e non la soluzione definitiva, al problema del sovraffollamento carcerario in Italia". A parlare è Antonello Nicosia, direttore del centro studi "Pedagogicamente" e candidato come Garante dei diritti dei detenuti in Sicilia. "Il 2013 - aggiunge Antonello Nicosia - si chiude con una finestra di riflessione sul mondo carcerario attraverso un modo diverso di condividere il senso delle festività natalizie con la marcia di Natale organizzata dai radicali a Roma.Quello che per anni è rimasto un fenomeno oscuro e dimenticato per l'intera società diventa oggi patrimonio di approfondimento ed autovalutazione sull'efficacia rieducativa del nostro sistema penitenziario e soprattutto spunto di sensibilizzazione verso la garanzia dei diritti umani dentro le strutture carcerarie. Nonostante fosse il giorno di Natale la massiccia presenza alla marcia testimonia l'impegno concreto di uomini e donne verso la ricerca di strumenti idonei ad attivare e promuovere soluzioni al sovraffollamento delle carceri e alla garanzia del rispetto delle condizioni di vivibilità dentro le strutture penitenziarie". "Ad Agrigento faremo un'iniziativa davanti al carcere di contrada Petrusa tra Capodanno e l'Epifania, poi andremo a fare dei sit-in davanti alle carceri di Sciacca e Castelvetrano. Ad indulto e amnistia però vanno accompagnate misure che puntino alla rieducazione dei detenuti ma anche alla modifiche di leggi come la Bossi-Fini sull'immigrazione clandestine o la legge Fini-Giovanardi sulle droghe leggere". Sollecitiamo al presidente della Regione siciliana la nomina del Garante dei diritti dei detenuti, l'ufficio risulta scoperto dallo scorso settembre. Il presidente Rosario Crocetta non si è mai occupato da governatore delle carceri siciliane pur essendo più volte sollecitato - afferma Nicosia. Noi gli abbiamo più volte detto attraverso i mezzi di comunicazione che l'azione di antimafia va fatta anche e all'interno delle carceri, offrendo a tutti la possibilità di formarsi a livello culturale e professionali all'interno delle carceri e progettare un futuro diverso". "In questo senso - aggiunge il direttore del centro studi "Pedagogicamente" - il 2014 però potrebbe essere l'anno della svolta in Sicilia, perché l'assessore alla Formazione Nelli Scilabra, in un incontro avuto nei giorni scorsi, ci ha detto che si impegnerà per istituire un tavolo scientifico composto da pedagogisti, psicologi, operatori culturali per un nuovo piano di formazione e lavoro all'interno delle strutture penitenziarie siciliane". "Il 2013 - conclude Antonello Nicosia - si chiude con una finestra di riflessione sul mondo carcerario attraverso un modo diverso di condividere il senso delle festività natalizie con la marcia di Natale organizzata dai radicali a Roma.Quello che per anni è rimasto un fenomeno oscuro e dimenticato per l'intera società diventa oggi patrimonio di approfondimento ed autovalutazione sull'efficacia rieducativa del nostro sistema penitenziario e soprattutto spunto di sensibilizzazione verso la garanzia dei diritti umani dentro le strutture carcerarie. Nonostante fosse il giorno di Natale la massiccia presenza alla marcia testimonia l'impegno concreto di uomini e donne verso la ricerca di strumenti idonei ad attivare e promuovere soluzioni al sovraffollamento delle carceri e alla garanzia del rispetto delle condizioni di vivibilità dentro le strutture penitenziarie". Brescia: Bazoli (Pd); no ad amnistia e indulto, servono riforme serie e vere di Mauro Zappa Brescia Oggi, 31 dicembre 2013 Alfredo Bazoli: "Per sfoltire la popolazione carceraria stiamo varando interventi che siano articolati e duraturi". "Prima di arrivare al promulgamento di un indulto o di un'amnistia, è necessario percorrere una strada che preveda il varo di misure articolate per sfoltire la popolazione carceraria". Alfredo Bazoli, parlamentare bresciano del Pd e membro della Commissione Giustizia della Camera, sembra credere poco all'efficacia dei provvedimenti dettati dall'emergenza, preferendo affidarsi a soluzioni più strutturali e definitive. L'ha detto a chiare lettere ieri all'ora del pranzo, uscendo dal portone principale di Canton Mombello, visitato in compagnia della collega di partito Marina Berlinghieri e di Mario Sberna (Scelta Civica). I TRE fanno parte di "Argomenti 2000", associazione di matrice cattolica e promotrice di un'iniziativa denominata "Natale in carcere", ideata per richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica sul sovraffollamento dei penitenziari italiani, sposata da una cinquantina tra deputati e senatori. Il piano d'intervento specifico per dare una risposta all'appello del Capo dello Stato è stato avviato. "Alla Camera è stata approvata la norma che introduce l'istituto della messa alla prova anche per gli indagati maggiorenni, con la contestuale sospensione del procedimento penale - ha spiegato Bazoli - se non s'incaglierà nelle secche del Senato, potrà essere varata entro due mesi". La Commissione Giustizia ha inoltre licenziato il testo che prevede novità sulla custodia cautelare (il 20% dei detenuti è in attesa del primo grado di giudizio), favorendo gli arresti domiciliari o l'affidamento a strutture alternative al carcere. Toccherà poi alle Aule trasformarlo in legge. Si dovrà poi elaborare un diverso approccio nei confronti dei reati connessi all'uso di stupefacenti, essendo le celle affollate di tossicodipendenti, il che significa mettere prima o poi mano alla Fini-Giovanardi. Intanto il recente trasferimento di molti ospiti ha reso la situazione della prigione cittadina molto meno critica: "In questo momento i detenuti sono poco più di 300, mai così pochi, da tantissimi anni a questa parte - ha raccontato Bazoli - se il numero rimanesse tale nel tempo, secondo la direttrice la struttura potrebbe essere considerata sostanzialmente adeguata". SUPERATO il secolo di vita, il carcere avrebbe certamente necessità di un profondo maquillage ma, stante l'opinione (riportata) di Francesca Gioieni, sarebbe ancora in grado di esercitare la sua funzione. Ipotesi poco verosimile, se è vero che il 2014 porterà con sé una decisione finalmente definitiva su dove realizzare una nuova casa circondariale. Le opzioni, dopo la bocciatura da parte dei tecnici del Ministero della Giustizia circa l'utilizzo delle ex caserme Papa e Goito, sembrano ormai ridotte a due sole: dare una nuova vita alla Serini di Montichiari oppure edificare ex novo un secondo Verziano. Da Bazoli, Sberna e Berlinghieri non sono arrivate novità sulla questione, solo una fotografia precisa dell'esistente: "In Spalto San Marco questa mattina gli ospiti erano 316, il 65% dei quali stranieri appartenenti a 14 diverse etnie , quasi un terzo dei carcerati ha pendenze legate all'utilizzo e allo spaccio di droga, mentre i costi di gestione ordinaria ammontano a circa due milioni di euro l'anno". Il deputato di Scelta Civica ha dato merito a chi a Canton Mombello lavora: "Ho percepito una grande professionalità da parte di tutti, svolgono un impegno gravoso e lo fanno in modo appassionato". "Al centro vanno messe le persone e i loro diritti - ha proseguito Sberna - altrimenti la strada che porta alla rieducazione risulterà un vicolo cieco". "So bene che la nostra attenzione non può limitarsi al periodo delle feste natalizie - ha dichiarato Berlinghieri - e così non sarà, così come mi è chiaro che a tamponare le situazioni critiche ci debba sempre pensare il mondo del volontariato". Padova: delegazione parlamentare del Partito democratico al carcere Due Palazzi Il Mattino di Padova, 31 dicembre 2013 Una delegazione parlamentare del Partito Democratico, guidata dal Senatore Giorgio Santini, capogruppo in Commissione Bilancio a Palazzo Madama, trascorrerà l’intera mattinata dell’ultimo giorno dell’anno presso la Casa di Reclusione e la Casa Circondariale Due Palazzi di Padova. "Ero incarcerato e siete venuti a trovarmi. (Mt 25, 36)", questo il titolo dell’iniziativa nazionale che prevede la presenza di oltre cinquanta parlamentari di tutti i gruppi che vogliono portare un segno di solidarietà ed umanità ai detenuti di diverse province italiane e che in questi giorni sono stati e saranno presenti nelle principali case di reclusione della Penisola. Si tratta di un'iniziativa promossa da "Argomenti 2000"- Associazione di amicizia politica, per richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica su una drammatica emergenza del Paese e compiere un gesto di concreta vicinanza a quella parte della popolazione fatta di uomini e donne che, pur scontando una pena, rimangono a pieno titolo cittadini. Insieme al Senatore Santini saranno presenti anche l’europarlamentare Franco Frigo, la deputata Margherita Miotto ed il consigliere regionale Claudio Sinigaglia. Oltre a visitare le strutture ed incontrare i detenuti, la delegazione incontrerà anche i rappresentanti dell’amministrazione e della polizia penitenziaria che operano all’interno della Casa di Reclusione e della Casa Circondariale. "Vogliamo compiere un gesto che da credenti, insieme ad altri parlamentari di buona volontà, testimoni quella attenzione agli ultimi che deve caratterizzare l’impegno politico" - afferma Giorgio Santini e aggiunge "si tratta di una prima risposta concreta al discorso del Presidente Napolitano alle Camere l'8 ottobre scorso dove ha denunciato i disagi ed i problemi della situazione carceraria in Italia. A partire dalla riapertura del Parlamento dopo la pausa natalizia, ci impegneremo affinché il Governo e le Camere affrontino l’emergenza carceri. Fermo restando il principio che chi sbaglia deve scontare una pena e che questa deve avere un fine rieducativo, dovremo intervenire su molteplici fronti", spiega Santini, anticipando alcune delle battaglie di cui i cinquanta firmatari si faranno promotori in Parlamento. "È necessario individuare strumenti legislativi affinché il fine rieducativo della pena sia non solo principio costituzionale, ma concreta realizzazione di percorsi carcerari che restituiscono il cittadino alla collettività senza il pericolo della reiterazione dei reati - spiega Santini. Per fare questo bisogna dare centralità al percorso rieducativo del condannato attraverso il lavoro e la formazione civica. E ancora realizzare istituti carcerari attenuati, dove far scontare la pena in tutti quei casi, in cui ciò sia possibile, ad esempio per i detenuti malati o tossicodipendenti. Non possiamo più voltarci dall’altra parte e dobbiamo affrontare con urgenza anche il dramma dei suicidi in carcere, offrendo in concreto un supporto psicologico e psichiatrico all'interno delle strutture carcerarie. Mi auguro infine che le forze politiche, in linea con quanto auspicato da più parti, si confrontino e prendano in considerazione con equilibrio e senza ideologismi, gli istituti dell’ indulto o dell’ amnistia anche per contenere il sovraffollamento delle carceri". Salerno: i Radicali con mamma di Federico Perna; verità per tutelare gli altri detenuti Ansa, 31 dicembre 2013 "Voglio la verità e voglio salvaguardare i diritti umani che non ha avuto mio figlio, ma anche quei detenuti che subiscono violenze all’interno delle carceri". è quanto ha affermato Nobila (Nina) Scafuro, madre di Federico Perna, morto nel carcere napoletano di Poggioreale e che oggi, assieme al suo avvocato Patrizia Riggi, ha preso parte all’incontro organizzato dall’associazione "Maurizio Provenza" dei Radicali di Salerno e dal circolo "Franco Fiore" di "Nessuno Tocchi Caino". Nina Scafuro ha ripercorso la drammatica storia del figlio non risparmiando critiche alle istituzioni. Nel corso dell’incontro il segretario dei Radicali Salerno, Donato Salzano, ha tenuto a sottolineare che "se il carcere napoletano di Poggioreale è il più affollato d’Europa, quello salernitano di Fuorni ha il maggior numero di detenuti in attesa di giudizio". Salzano ha annunciato che dal prossimo gennaio sarà attivo presso il gruppo socialista al Comune di Salerno uno sportello dove sarà possibile richiedere informazioni sulla presentazione di esposti per il giusto risarcimento alla Corte Europea di Strasburgo. All’incontro erano presenti anche i familiari di altri detenuti che nonostante le loro precarie condizioni non riescono a beneficiare della detenzione domiciliare. Napoli: detenuto a Poggioreale rischia di morire, ha gravi disturbi a livello cardiaco Corriere dell’Irpinia, 31 dicembre 2013 "Nostro padre non può morire in carcere". L’appello di due donne per il loro genitore, Vincenzo Bianco 65 anni , originario di Mugnano del Cardinale , ma residente a Nola. Un barbiere finito in carcere a giugno, deve scontare una condanna a 3 anni e 8 mesi per bancarotta e ricettazione. In sei mesi di detenzione, però, le sue condizioni di salute si sono notevolmente aggravate. Ha perso 13 chili, gli hanno sospeso le medicine, soffre di una grave cardiopatia ischemica, nel 2011 gli sono stati impiantati 4 by-pass. Una situazione per cui già questa estate dai medici del carcere di Poggioreale (dove è detenuto) hanno disposto che venga sottoposto ad alcuni esami e visita specialistica da eseguirsi al Policlinico, ma per due volte l’uomo è stato trasferito presso il nosocomio troppo tardi, quando gli ambulatori avevano già chiuso. Adesso la situazione sta peggiorando. "Chiediamo che il giudice accerti questa patologia", aggiungono le donne, "e gli conceda gli arresti domiciliari, nelle sue condizioni non può restare in cella". Una condizione di salute molto seria, accertata da almeno due certificati e visite mediche. Bianco in questo momento oltre al calo di peso sta avvertendo anche diversi disagi vascolari, sente molto freddo. La famiglia aveva chiesto di portare in carcere dei guanti, un pigiama più pesante, delle coperte. "Ci è stato risposto che sono beni di lusso", affermano le figlie, "non riesce neppure a lavarsi, l’acqua del carcere è fredda e i termosifoni spesso si rompono. Bisogna fare qualcosa in fretta. Può scontare la sua condanna agli arresti domiciliari, ma non possiamo abbandonarlo". Una battaglia che i familiari di Bianco stanno conducendo sostenuti dall’avvocato Maria Francesca Tripaldi, che pochi giorni fa ha presentato un’istanza al magistrato di Sorveglianza del Tribunale di Napoli in cui ripercorre le vicissitudini di salute del 65enne nolano. Ai primi di dicembre Bianco è stato nuovamente visitato da una specialista in angiologia medica che lo aveva controllato il 28 giugno. Nella nuova visita il medico ha "riscontrato un evidente aggravamento del quadro clinico, con conseguente scadimento delle condizioni generali di salute del paziente" che necessitano di ulteriori approfondimenti alla luce delle sue patologie carotidee. Il medico inoltre ha rilevato "importanti anomalie nell’esame elettrocardiografico", si legge nel documento, "eseguito in carcere il 31 agosto, unico esame specialistico tra quelli inizialmente prescritti che ha evidenziato segni di sovraccarico ventricolare sinistro, denotando un quadro clinico grave e pertanto incompatibile con il regime carcerario". Ora la decisione passa al magistrato. Firenze: Radicali; domani sit-in nonviolento a piazzale Michelangelo per chiedere l’amnistia Tm News, 31 dicembre 2013 Mercoledì 1 gennaio 2014 a partire dalle ore 12.15 l’associazione per l’iniziativa radicale "Andrea Tamburi" organizzerà al piazzale Michelangelo a Firenze un sit-in non violento per chiedere al Parlamento i provvedimenti di amnistia e indulto: così come organizzato su Ponte Vecchio, durante l’iniziativa verrà appeso lungo il terrazzo del piazzale fiorentino uno striscione lungo 8 m recante la scritta "Amnistia". Brescia: Ial Lombardia, per cinque detenuti di Canton Mombello lavoro in biblioteca www.ecodellevalli, 31 dicembre 2013 60 ore di corso e tirocinio organizzati dalla sede di Brescia dello Ial Lombardia hanno consentito a cinque detenuti del carcere bresciano di Canton Mombello di ottenere le competenze di base per lo svolgimento delle attività di biblioteca. L’attestato regionale con la qualifica di "Addetto al prestito" è stato consegnato ai neodiplomati poco prima di Natale dall’assessore provinciale alla Cultura Silvia Razzi e dal direttore della Casa circondariale di Brescia Francesca Gioieni. La biblioteca del carcere fa parte, caso unico in Italia, della "Rete bibliotecaria bresciana e cremonese" che comprende in tutto 270 biblioteche. La sede bresciana dello Ial è da sempre, non solo a livello locale, un punto di riferimento per la formazione professionale dei bibliotecari e l’attestato ottenuto dai cinque detenuti apre loro per il futuro, una volta scontata la pena, possibilità concrete di lavoro e reinserimento sociale. Napoli: sindaco Luigi de Magistris visita i detenuti del carcere di Secondigliano Adnkronos, 31 dicembre 2013 Il sindaco di Napoli Luigi de Magistris oggi è stato presente al pranzo organizzato dalla comunità di Sant'Egidio con i detenuti del penitenziario di Secondigliano. Il sindaco de Magistris si è intrattenuto con gli 83 reclusi che hanno partecipato al pranzo organizzato dal direttore della comunità Antonio Mattone insieme al direttore della struttura penitenziaria Liberato Guerriero. Nel discorso di saluto, il sindaco ha voluto esprimere il suo più sentito augurio per il nuovo anno, insistendo sull'importanza di alimentare e conservare la fiducia nel cammino di cambiamento, inteso in termini individuali e sociali, ed ha voluto ribadire la sua profonda vicinanza, come primo cittadino di Napoli, a quanti e quante sono privati della libertà personale. Massa Marittima (Gr): una giornata con i detenuti per gli studenti dell’Isis Il Tirreno, 31 dicembre 2013 Per il secondo anno si sta realizzando il progetto "Carcere Scuola", nato dalla collaborazione tra Caritas diocesana, casa circondariale di Massa Marittima e Isis Piombino. Per questa prima parte dell’anno scolastico, ci sono stati due incontri, allo scopo di visitare la mostra sugli Etruschi realizzata dalla direzione penitenziaria in collaborazione con la Sovrintendenza ai beni culturali e l’area archeologica di Roselle. Vi hanno partecipato 90 ragazzi che, a gruppi di dieci, hanno avuto modo di entrare nell’area di allestimento della mostra, all’interno del carcere. Nella visita sono stati accompagnati da alcuni detenuti (complessivamente il carcere ne ospita 40) che hanno seguito un corso di formazione gestito dalla Sovrintendenza. Al termine, tutti si sono ritrovati nella grande sala mensa dove i rappresentanti dell’amministrazione carceraria hanno spiegato le caratteristiche del carcere e la sua gestione mentre i detenuti hanno potuto raccontare la loro esperienza. Tante sono state le domande e le sollecitazioni reciproche. Si sono sottolineate anche le carenze e le difficoltà dell’amministrazione penitenziaria nazionale che dovrebbero essere colmate per ristabilire equilibrio ed equità all’interno delle strutture. Ascoli Piceno: "Il nome della Rosa", vietata la lettura del romando a detenuto in 41-bis di Rosario Cauchi Giornale di Sicilia, 31 dicembre 2013 Negata a Davide Emmanuello, detenuto in regime di 41 bis ad Ascoli Piceno, la possibilità di leggere il romanzo di Umberto Eco "Il nome della Rosa" "Quel romanzo non può essere consultato dal detenuto" Ci sarebbero ragioni di sicurezza interna dietro il no recapitato al quarantanovenne Davide Emmanuello, attualmente ristretto sotto regime di carcere duro, e successivo alla sua richiesta di poter ricevere dalla biblioteca del penitenziario di Ascoli Piceno una copia de "Il Nome della rosa", testo scritto da Umberto Eco. Il romanzo richiesto dal detenuto, in sostanza, non potrà raggiungere la cella. La scelta è stata formalizzata dal personale interno alla struttura carceraria marchigiana, dove l'esponente dell'omonima famiglia di cosa nostra sta scontando la pena dell'ergastolo. Emmanuello, in base alle decisioni assunte dai magistrati che lo hanno giudicato, è sottoposto al regime del 41 bis. Di conseguenza, gli operatori del carcere di Ascoli Piceno effettuano continui controlli anche rispetto alle attività svolte nella struttura. Più volte, il detenuto ha inoltrato richiesta per poter ottenere la copia del romanzo di Umberto Eco. Gli operatori che si occupano dell'aspetto educativo dei ristretti, però, l'hanno sempre rimandata al mittente. Si ritiene, infatti, che il testo non sia adatto alla lettura da parte del detenuto. Frosinone: la "riffa" dei Bisonti per i detenuti, quando lo sport ti cambia la vita di Samantha Trancanelli Il Tempo, 31 dicembre 2013 Progetto ed esperimento perfettamente riuscito quello dei "Bisonti", la squadra di rugby composta dai detenuti dell’Alta Sicurezza della Casa Circondariale di Frosinone, che da luglio grazie al pieno appoggio della Federazione Italiana Rugby e del suo comitato regionale laziale, milita nel campionato di serie C. Una scommessa che si è trasformata lungo il cammino in una splendida avventura, un girone d’andata appena terminato per i Bisonti, enormi le soddisfazioni che vanno ben oltre il risultato sportivo, mai stato così poco importante come in questo caso, con un girone di ritorno che li vedrà ancora più uniti e determinati che mai. In questi giorni di festa è nata anche un’altra bella iniziativa in collaborazione sempre con la Federazione Italina Rugby per sostenere proprio tutte le attività dell’associazione "Gruppo Idee", da sempre attenta allo sport, che si occupa del recupero e del reinserimento dei detenuti all’interno della società. Una riffa in occasione della Befana, con l’estrazione il 4 gennaio, in concomitanza con il Lotto e il primo numero estratto sulla ruota di Roma, con in palio due premi che sicuramente faranno piacere a tutti i tifosi e amanti del calcio: una maglia della Roma autografata dal capitano Francesco Totti per i lupacchiotti e un’altra della Lazio, con la firma di uno dei beniamini biancocelesti, Cristian Ledesma, per gli aquilotti. Il costo dei biglietti della riffa benefica è di 10 euro e si possono acquistare scrivendo in posta privata anche su Facebook, chiedendo l’amicizia al "Gruppo Idee". Un modo diverso per regalare un sorriso a un tifoso e dare una mano concreta ai tanti progetti, sportivi e non, del gruppo. Tempio Pausania: Giacchetti visita il carcere, vicepresidente della Camera a Nuchis Agi, 31 dicembre 2013 La notte del 31 dicembre, il vicepresidente della Camera, Roberto Giacchetti, farà visita ai detenuti del carcere di Nuchis. Il deputato del Pd trascorrerà la notte di capodanno all'interno della struttura per accogliere, insieme alla direttrice Carla Ciavarella, ai circa duecento detenuti e a tutto il personale, il nuovo anno. Non è la prima volta che Giacchetti visita la struttura di Tempio Pausania e, da tempo, il deputato è sensibile ai temi inerenti al mondo carcerario. La casa di reclusione di Nuchis, negli ultimi tempi, ha ospitato presentazioni di libri, spettacoli teatrali e musicali, corsi scolastici e universitari per i detenuti. Un importante scambio di idee tra il mondo interno e quello esterno soprattutto in un momento dove le difficoltà e le emergenze del mondo carcerario vanno raccontate e affrontate. Roma: Capodanno "speciale" a Rebibbia e Regina Coeli per una delegazione Radicale www.clandestinoweb.com, 31 dicembre 2013 Un capodanno speciale quello dei detenuti delle carcere di Regina Coeli e Rebibbia. Il primo gennaio del nuovo anno una delegazione del Partito Radicale e di Radicali Italiani, come di consueto, farà visita ai due penitenziari capitolini. Folta la delegazione che comprende, oltre a Marco Pannella, anche Rita Bernardini, Laura Arconti, Mina Welb, Isio Maureddu, Paola Di Folco e Giulia Crivellini, che si recheranno a Regina Coeli alle 9.30 e nel pomeriggio, alle 15.00, si trasferiranno a Rebibbia. Nel giorno di Natale i Radicali avevano effettuato una marcia in favore dell’amnistia. Lucera (Fg): un "ponte" per i detenuti grazie a l’Associazione "Lavori in corso" www.lucera.it, 31 dicembre 2013 Questo Natale è stato per l’Associazione "Lavori in corso" occasione per cercare di creare un "ponte" tra il dentro e il fuori: un ponte comunicativo tra i detenuti ed il mondo libero, ma soprattutto con il nostro mondo interiore. Un primo evento importante è stato il "Il Presepe dal carcere": realizzato interamente a mano dai reclusi del casa circondariale di Lucera ed i volontari di "Lavori in corso", attraverso il quale si vuole far riflettere ciascuno su come si possa sperare di ricostruire noi stessi, pensando a quello che siamo ma soprattutto a quello che potremmo diventare. Creare un uomo con semplice argilla e stoffa: metafora della vita per chi ha tutto da ricostruire. Tale iniziativa è stata realizzata in collaborazione con il Csv Daunia Un altro momento altrettanto significativo, il concerto di musica neo-melodica, tenutosi in carcere il 20 dicembre. Grazie alle musiche di Antonio Gallarello e Mario Pio Coda e le poesie recitate da Marco Barbaro, Anna Lisa Vespa e alcuni detenuti, si è gioito e pianto insieme, contemplando la vita, l’amore, l’amicizia e la libertà. Perché l’arte, in ogni sua espressione, riesce ad abbattere ogni diffidenza e a creare profonda empatia. Il primo giorno d’inverno quest’anno per noi è coinciso con la consegna dei beni di prima necessità, indumenti e quant’altro agli ospiti della Casa Circondariale di Lucera ai quali rivolgiamo il nostro sentito grazie per tutto l’impegno prestato nel corso delle attività realizzate durante l’anno. Napoli: Cardinal Sepe a Poggioreale; Casa accoglienza per detenuti agli arresti domiciliari Ansa, 31 dicembre 2013 Una mattinata con circa 300 detenuti del carcere di Poggioreale per sottolineare come "i reclusi non sono esclusi dalla società". Å stato questo uno dei passaggi dell’omelia dell’arcivescovo di Napoli, cardinale Crescenzio Sepe che ha celebrato oggi la messa nella cappella della casa circondariale napoletana. Sepe ha celebrato insieme a don Franco Esposito, cappellano del carcere. Accanto all’altare un grande presepe con la Madonna e San Giuseppe che guardano a Gesù bambino nato, però, non in una culla ma in un fedele modellino del carcere di Poggioreale, con tanto di modellini delle auto della polizia penitenziaria a vigilare. Un modo con cui i detenuti del Padiglione Italia hanno voluto indicare quanto sentono vicino Gesù. Il cardinale, nella sua omelia, ha ricordato "la situazione di difficoltà - ha detto - dei carcerati che è nota anche a livello internazionale", sottolineando che "anche il presidente Napolitano sta cercando risposte a questo". "Qualcosa si sta muovendo - ha aggiunto Sepe - per dare a voi fiducia a speranza di redenzione e di reinserimento nella società". Durante la messa, 14 detenuti hanno preso dalle mani del cardinale la prima comunione al termine di un percorso di catechismo che si fa in carcere oltre alla catechesi che coinvolge oltre 200 detenuti. Tra le attività della Curia per i detenuti c’è ora anche la casa di accoglienza per coloro a cui vengono inflitti gli arresti domiciliari ma non hanno un domicilio: la struttura è nata in via Trinchera, in un edificio che ospitava un vecchio convento e che la Curia ha destinato a questo scopo. A chiudere la mattinata l’intervento dal presidente del tribunale di sorveglianza di Napoli, Carmineantonio Esposito, che ha espresso "cauto ottimismo per la situazione delle carceri italiane - ha detto - soprattutto se lo confrontiamo con la situazione di fine 2012. Sono stati fatti passi avanti dal punto di vista normativa ma anche sotto il profilo della sensibilità nei confronti dei detenuti". La direttrice del carcere Teresa Abate ha infine ricordato come il 2013 sia stato un anno importante per Poggioreale sia per la visita del presidente Napolitano che "per la riorganizzazione del sistema dei colloqui: le famiglie non aspettano più all’esterno e per i figli minori dei detenuti c’è un’area verde per un colloquio più umano con il loro padre". L’applauso più forte è, però, arrivato all’annuncio del cardinale Sepe ai detenuti: "Finchè ci sarò io potrete sempre vedere tutte le partite del Napoli. In attesa che arrivi finalmente lo scudetto". Immigrazione: Cie di Lampedusa, i 17 migranti trasformati in detenuti di Leonardo Sartori LasciateCIEntrare, 31 dicembre 2013 Sono 17 i migranti che dalla tragedia dello scorso ottobre rimangono trattenuti nel Centro di prima accoglienza ed assistenza di Lampedusa, limitando gravemente la loro libertà personale sancita dall’articolo 13 della Costituzione italiana. Il giustificante del loro trattenimento, di fatto illegale, si configurerebbe nella necessità del Tribunale di Agrigento di trarre informazioni rilevanti nel procedimento contro gli scafisti e i responsabili del reato di tratta. La raccolta di dati fondamentali fruibili dai 17 migranti è motivata, sebbene avvenga prima del processo, ma l’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione, appoggiata da Cir e Acnur, parla di una vera e propria prigionia, contro la quale la stessa Asgi, membro della campagna LasciateCIEntrare, lancia un appello. Alla base di questo appello si colloca proprio l’incostituzionalità della coercizione fisica esercitata nei confronti dei migranti. Come cita l’articolo 13, "non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge". Come denunciato da Asgi, non è presente alcuna legge che giustificherebbe tale restrizione, e nemmeno sussistono atti emessi dell’autorità giudiziaria nei loro confronti, in quanto non indagati per reati che consentano l’adozione di misure cautelari personali. Non solo, seppur non comporti misure limitative della libertà personale, salvo espulsione, i migranti in questione non risulterebbero neanche indagati per il reato di immigrazione clandestina. Per risolvere ogni dubbio, la AsgiI specifica che tale limitazione non può essere dovuta al fine di identificare le persone accolte, in ragione del fatto che il fermo per identificazione ammonta ad un massimo di 12 ore. Paradossalmente, i 17 testimoni detenuti dovrebbero invece giovare del soggiorno per motivi di giustizia, previsto dal Dpr 394/99 (art. 11, lett. c bis), in qualità di vittime di gravi reati, il cui accertamento è legato alla loro presenza nel territorio italiano. Un’accoglienza che si sarebbe tramutata in una detenzione amministrativa, discrezionale all’amministrazione, senza alcuna base giuridica e senza alcuna convalida di detenzione da parte dell’organo giudiziario. Per questo motivo Asgi chiede di mettere fine al trattenimento dei migranti-testimoni, nonché di ripristinare la vera funzione del centro di Lampedusa, quella di Centro di primo soccorso ed accoglienza. Spagna: i membri dell’Eta finiti in carcere riconoscono la legalità penitenziaria Nova, 31 dicembre 2013 Spagna, il gruppo di membri dell’Eta arrestati riconosce la legalità penitenziaria. Il gruppo di carcerarti appartenenti all’Eta, l’organizzazione che rappresenta gli oltre 500 detenuti della banda terroristica e i più riluttanti ad abbandonare le armi, ha accettato sabato la legalità penitenziaria, le sue disposizioni per il reintegro individuale dei suoi prigionieri, il rifiuto della violenza e la "sofferenza e i danni multilaterali generati", in un comunicato trasmesso in un video inviato al quotidiano "Berria". Con questo gesto l’Eta ha compiuto un passo fondamentale nel processo che porterà al suo scioglimento, due anni dopo l’annuncio dello stop al terrorismo e solo due mesi dopo che l’annullamento dell’applicazione retroattiva della dottrina Parot ha portato al rilascio del 10 per cento dei detenuti membri dell’Eta. Il leader della sinistra nazionalista, Arnaldo Otegi, in un’intervista al quotidiano "La Jornada del Mexico", realizzata dal carcere di Logrono due settimane fa, ha insistito nel chiedere all’Eta e ai suoi arrestati di continuare il processo unilaterale iniziato due anni fa con la fine del terrorismo e che porterà allo scioglimento della banda terroristica. Tutto fa pensare che nelle prossime settimane, a gennaio o febbraio, l’Eta compirà qualche atto di disarmo come preludio al suo epilogo. Il governo basco, il Partito nazionale basco (Pnv), il Partito socialista (Psoe) e il Partito popolare (Pp) si sono uniti nel fare pressioni sui membri dell’Eta finiti in carcere affinché passino dalle parole ai fatti, come risulta dalle dichiarazioni fatte sabato dai leader politici Josu Erkoreka, Alfredo Perez Rubalcaba e Inaki Oyarzabal. è molto importante, in questo momento in cui la fine definitiva dell’Eta è a portata di mano, mantenere l’unità del governo e dei principali partiti democratici per affrontare insieme gli attacchi vendicativi da parte dei media di destra e dell’opportunismo politico. Birmania: basta detenuti politici, Presidente annuncia nuova amnistia Ansa, 31 dicembre 2013 La Birmania ha assicurato oche non avrà "più prigionieri politici", con l'annuncio di una nuova amnistia destinata a mantenere la promessa del presidente Thein Sein di rilasciarli tutti entra la fine dell'anno. Grazie a due ordini d'amnistia "non ci saranno più prigionieri politici", ha dichiarato sulla sua pagina Facebook il portavoce del presidente Ye Htut, senza precisare quanti detenuti sono coinvolti e quando verranno liberati. Medio Oriente: Israele libera 26 detenuti palestinesi, festa a Ramallah Adnkronos, 31 dicembre 2013 Israele ha liberato nella notte 26 detenuti palestinesi, nel quadro degli impegni presi per rilanciare i negoziati di pace sponsorizzati dagli Stati Uniti. Alle due ora locale, 18 detenuti sono arrivati a Ramallah e sono stati condotti al palazzo presidenziale, per una cerimonia ufficiale con il presidente Mahmoud Abbas. Altri tre prigionieri hanno invece attraversato il confine con Gaza, mentre gli ultimi cinque sono stati rilasciati a Gerusalemme est, come ha spiegato il portavoce dei servizi carcerari israeliani, Sivan Weizman. Centinaia di persone aspettavano l'arrivo dei 18 detenuti presso la sede della presidenza palestinese, cantando e sventolando bandiere. Altri due gruppi di detenuti erano stati rilasciati ad agosto e a ottobre, mentre si attende la scarcerazione di un quarto gruppo di palestinesi, per un totale di 104 detenuti, come segnale di buona volontà per il rilancio dei negoziati tra Israele e Anp. La Corte suprema israeliana ha respinto tutte le richieste di vittime e parenti di bloccare le scarcerazioni. Usa: liberazione detenuti palestinesi "passo positivo" La liberazione di 26 detenuti palestinesi da parte di Israele è "un passo positivo" nel processo di pace: lo ha dichiarato la portavoce del Dipartimento di Stato americano, Marie Harf, a pochi giorni da una nuova missione del Segretario di Stato John Kerry nella regione. Kerry - la cui partenza è prevista per mercoledì prossimo - incontrerà il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente palestinese Abu Mazen per discutere sullo "schema dei negoziati" che servirà da guida per le trattative sullo status finale e che "riguarderà tutte le questioni di fondo", ha concluso la portavoce. Medio Oriente: ricorso parenti vittime contro liberazione detenuti palestinesi Adnkronos, 31 dicembre 2013 Un nuovo gruppo di 26 detenuti palestinesi dovrebbe essere rilasciato poco dopo la mezzanotte, nell’ambito delle trattative di pace in corso fra israeliani e palestinesi. Ma un’associazione di vittime del terrorismo, Almagor, ha presentato un ricorso dell’ultimo minuto davanti all’Alta corte di giustizia e prepara manifestazioni di protesta. Almagor chiede che il governo non liberi chi ha ucciso israeliani, in particolare i sei che risiedono a Gerusalemme est, e che il rilascio sia sospeso fino al pronunciamento della Corte. I 26 sono stati condannati per atti di terrorismo compiuti prima degli accordi di pace di Oslo del 1993. Dovevano essere rilasciati alle prime ore di questa mattina, ma per motivi tecnici la liberazione è slittata di un giorno. I detenuti sono stati già trasferiti al carcere di Ofer, a ovest di Ramallah. Secondo le previsioni saranno rilasciati all’una del mattino di domani dopo essere stati identificati e visitati dalla Croce Rossa. Altri 52 detenuti sono stati già liberati in due occasioni, in agosto e ottobre. I rilasci sono previsti nell’ambito del proseguimento dei negoziati di pace iniziati a fine luglio. Il segretario di Stato americano John Kerry, che ne è il principale promotore, sarà nuovamente a Gerusalemme e Ramallah il primo gennaio per sostenere la trattativa. Brasile: diffuso video scioccante delle torture su un detenuto Reuters, 31 dicembre 2013 Un uomo con la gamba sezionata e torturato a morte, rapporti sessuali sotto lo sguardo di tutti e detenuti con malattie mentali messi insieme ad altri detenuti. La conclusione è che il governo del Maranhão è "impossibilitato" a frenare questa escalation di violenza. Lo scenario di illegalità nel carcere di Pedrinhas, São Luís, in Brasile, è stato descritto in una relazione del giudice Douglas Martins, del Cnj (Consiglio Nazionale di Giustizia), dopo la visita in loco il 20 dicembre scorso. Il governo ha confermato che 59 morti sono avvenute quest’anno. Durante gli ultimi disordini del 17 dicembre, tre detenuti sono stati decapitati. Il complesso, progettato per 1.700 uomini, ne ospita almeno 2.500, secondo il Cnj. La relazione è stata consegnata venerdì 27 al Ministro della Corte Suprema Joaquim Barbosa, che presiede il consiglio. Il report riproduce l’appello rivolto al Ministro da parte dell’Osa(Organizzazione degli Stati Americani), affinché il governo brasiliano agisca per garantire l’integrità dei prigionieri. La scena scioccante è citata nella relazione: un video, che, secondo Martins, è stato inviato dalla direzione del sindacato delle guardie carcerarie, e che mostra la lenta morte di un detenuto nel carcere di Pedrinhas. Queste torture avvengono quando i detenuti non si schierano con le gang che dettano legge all’interno della prigione. Il video è "la scena più barbara che abbia mai visto", secondo le parole pronunciate alla Leaf da Martins. Le immagini mostrano un detenuto ancora vivo con la pelle della gamba sezionata. L’uomo ha esposti muscoli, tendini e ossa. La Leaf ha avuto accesso al video. Le immagini sono molto forti. Egitto: arrestati 2 giornalisti di Al Jazeera per violazione sicurezza nazionale Asca, 31 dicembre 2013 Due giornalisti dell’emittente araba Al Jazeera sono stati arrestati stamattina in Egitto con l’accusa di "violazione della sicurezza nazionale". Lo ha reso noto una fonte del ministero dell’Interno del Cairo, secondo cui "i giornalisti arrestati sarebbero legati ai Fratelli Musulmani", messi al bando nei giorni scorsi dal governo come "organizzazione terroristica". I giornalisti di Al Jazeera arrestati sono l’egiziano Mohamed Adel Fahmy, responsabile dell’ufficio di corrispondenza del Cairo e l’australiano Peter Greste. Fahmy è stato identificato dal ministero dell’Interno egiziano non con le generalità o con la nazionalità, ma soltanto quale "membro dei Fratelli Musulmani". Le forze di sicurezza hanno fatto irruzione in un hotel della capitale dove i due giornalisti avevano allestito uno studio di fortuna, e "li hanno costretti a seguirli dopo aver confiscato loro attrezzature e altro materiale", come riferiscono i media locali. I due giornalisti sono accusati di aver "trasmesso in diretta informazioni lesive della sicurezza nazionale". A partire dal colpo di stato del 3 luglio scorso, con cui fu destituito l’allora presidente Mohamed Morsi, le autorità egiziane hanno ripetutamente fatto ricorso a misure repressive nei confronti di Al-Jazeera, cui è imputata una "posizione di parte a favore degli islamisti", come riferisce il comunicato del ministero dell’Interno, precisando che "alcuni giornalisti di Al-Jazeera si trovano da tempo in custodia cautelare" nelle carceri egiziane. Mauritania: detenuto salafita senegalese ricoverato in ospedale per sciopero della fame Nova, 31 dicembre 2013 Il detenuto salafita senegalese Bashir Sidi Abi Asib, protagonista di uno sciopero della fame in segna di protesta contro la sua condizione di permanenza in carcere in Mauritania nonostante abbia scontato da anni l'intera pena inflittagli, è stato ricoverato in ospedale. Il detenuto islamico è stato portato dal carcere centrale di Nouakchott all'ospedale della capitale mauritana. Il suo caso è stato preso come simbolo della protesta dei detenuti salafiti incarcerati nonostante abbiamo scontato l'intera pena. I detenuti islamici hanno chiesto per il senegalese la grazie e la scarcerazione così come per tutti gli altri detenuti mauritani che non vengono scarcerati perchè non in grado di pagare la multa inflittagli insieme alla pena detentiva.