Il "miracolo" di una domenica con i propri cari in carcere Il Mattino di Padova, 2 dicembre 2013 "Bellissima giornata! Piena di emozioni e di esperienze nuove: mangiare qualcosa insieme, fare qualche passo mano nella mano… è stato un bel regalo! Grazie Ristretti Orizzonti". È bello, questo messaggio che abbiamo ricevuto, domenica 24 novembre 2013, dalla compagna di una persona detenuta, appena rientrata dal primo "colloquio lungo" avvenuto nella palestra della Casa di reclusione di Padova: quattro ore per pranzare insieme ai propri cari, una domenica quasi come una famiglia vera. Ma perché ci prendiamo volentieri i ringraziamenti? I ringraziamenti vanno certamente alla direzione, e alla Polizia penitenziaria in particolare, perché la domenica è sacra per tutti, e non è facile accettare di rinunciare un po' alle proprie feste per una iniziativa come questa. Però questa questione dei "colloqui lunghi" a rotazione per tutte le persone detenute, non solo per la festa del papà, per poter assaporare la gioia di pranzare con i propri cari la domenica, è una richiesta che Ristretti Orizzonti aveva avanzato anni fa, e a ogni incontro con il Direttore avevamo tenacemente insistito sull'importanza di questa proposta, finché si sono convinti tutti della sua utilità. E la cosa è iniziata. Quello che chiediamo al Ministro della Giustizia è che in tutte le carceri, come nella Casa di reclusione di Padova, si possa consentire a tutti di telefonare di più a casa e di pranzare ogni tanto con i propri cari. Una bellissima giornata in compagnia di mia figlia Mi chiamo Ylli. Voglio mettere per iscritto l'esperienza vissuta domenica scorsa durante il colloquio con la mia famiglia, è stata una bellissima giornata passata in compagnia di mia figlia Caterina, che ha dieci anni, e la mia ex compagna, con la quale purtroppo non stiamo più insieme, ma fortunatamente siamo rimasti in buoni rapporti. Lei mi è stata sempre vicina nonostante la sofferenza che le ho causato, commettendo dei reati sempre di spaccio, perché essendo io tossicodipendente di guai ne combinavo abbastanza. Nonostante tutto la mia ex compagna mi ha sempre portato ai colloqui mia figlia, e le racconta unicamente le cose positive, le dice che suo papà le vuole bene ed è bravo, e se sta in carcere è perché è successo un incidente, insomma le racconta solo il lato positivo, e si capisce allora perché mia figlia mi vuole veramente bene, e l'ultimo colloquio domenica scorsa, dopo cinque anni che sono in carcere, è stato il più bel colloquio che ho fatto in tutta la carcerazione. Io voglio ringraziare la Direzione per i sacrifici che hanno fatto e pure gli altri compagni che hanno rinunciato a un giorno di attività sportiva, visto che il colloquio si è svolto nella palestra del carcere. Il giorno prima in cella ho preparato le lasagne al forno e un tirami su, poi quando abbiamo pranzato insieme mia figlia diceva che il papà cucina molto meglio della mamma e vedevo negli occhi di lei la gioia che aveva per quel pranzo, consumato in compagnia della mamma e del papà. È una esperienza indimenticabile: in quelle quattro ore eravamo una trentina di famiglie, tutti i bambini che giocavano, e tra noi ci scambiavamo dei dolci gesti di affetto e umanità, l'unica cosa che non ti può togliere nessuno perché nella sofferenza nascono tante cose positive. Ho scritto questa esperienza per testimoniare che è un bel progetto e che vorrei che non si fermasse qui, ma che continuasse a svolgersi, visto che la domenica in carcere è il giorno più triste, mentre facendoci fare dei colloqui con i nostri famigliari e in particolare con i nostri figli, la domenica diventa la giornata più gioiosa e più felice. Ma vorrei ringraziare a nome mio e di tutti i compagni la redazione di Ristretti Orizzonti per la battaglia che hanno fatto e stanno facendo ogni giorno per ottenere dei benefici, che altrimenti senza di loro non credo verrebbero concessi. Ylli S. A pranzo con i miei, in carcere Erano passati più di dieci anni dall'ultima volta che di domenica mattina mi sono preparato per fare qualcosa di bello. Ed è successo di nuovo domenica scorsa: sveglia alle sette, caffè e una merendina, e poi l'attesa perché alle dieci di mattina avrei incontrato mia madre per fare un picnic particolare. Io, partito dall'Albania dieci anni fa ancora minorenne, finito ben presto in galera qui in Italia, la scorsa domenica ho pranzato con mia madre dentro il carcere. L'iniziativa, davvero straordinaria, vuole aiutare i detenuti ad aver cura dei loro affetti, e della loro normalità aggiungerei io. Può sembrare a chi si trova in libertà che io sia un alieno, ma non è cosi, sono un ragazzo di quasi 26 anni che da un bel pezzo non pranzava con sua madre. Ho apparecchiato la tavola nella palestra allestita a sala colloqui per l'occasione, mi tremavano le mani dall'emozione, ero felice come una pasqua e lo stesso mia madre, mentre ero lì vedevo attorno gli altri miei compagni, tutti emozionati certamente, vedevo i bambini giocare con un pallone fatto di carte, loro forse non capivano la gioia che trasmettevano a noi. L'aria magica di quella domenica è difficile da immaginare per chi non c'era, le famiglie come per incanto avevano un sorriso stampato sulle labbra. Durante la settimana ho pensato a quanto aiuto dia ai detenuti ritrovare un po' della normalità che si vive fuori, a quanto un gesto o un incentivo al miglioramento incida sul nostro cammino, a quanto sia servito questo colloquio a curare la depressione che si vive nelle carceri italiane. Sicuramente iniziative del genere aiutano più di tutti i farmaci che vengono assunti dai detenuti per andare avanti. Mi auguro di cuore che questa iniziativa non resti unica, perché certamente la migliore medicina in questi posti è l'umanità. Quell'umanità che mi ha permesso di mangiare con mia madre dopo dieci anni. Lejdi S. Basta un colloquio in più per rafforzare gli affetti Quando uno viene arrestato e portato in carcere, comincia a vedere distruggere pian piano le sue relazioni, gli affetti famigliari e i rapporti con i figli, mentre basterebbe solo un po' di più umanità, per rendere meno precari i nostri legami famigliari. E con sei ore di colloqui al mese è difficile rafforzare quegli affetti di cui uno ha bisogno in un ambiente pieno di sofferenza e malinconia. Ma finalmente il direttore ha mostrato la sua umanità, accogliendo la proposta di Ristretti Orizzonti di avere la possibilità di effettuare, seppure in via sperimentale, un colloquio lungo quattro ore con i propri famigliari. Ed è stata una cosa che ha trasmesso alla maggioranza dei detenuti entusiasmo e felicità per un grande passo avanti in fatto di rapporti famigliari. Domenica 25 novembre abbiamo fatto il primo colloquio a cui hanno partecipato parecchie famiglie. Guardando le facce dei detenuti e dei loro cari, si vede la felicità di tutti, grandi e piccoli, sembra una festa dove i bambini giocano e gli adulti chiacchierano, con il piacere di mangiare qualcosa di diverso, perché siamo stati autorizzati a far portare anche da fuori cose cucinate dai parenti. A pranzare con me sono venuti due dei miei fratelli, è stata una delle belle cose che ho avuto dopo cinque anni di galera, perché per quasi 15 anni non ci siamo visti tutti e tre insieme, seduti allo stesso tavolo, e fortunatamente nostra madre ci ha mandato del cibo che ha cucinato lei, mi credete ho provato in tutto il mio essere fisico emozionale e spirituale una esplosione di vita, di felicità e di serenità. Abbiamo parlato del più e del meno, ci siamo immersi nei ricordi di quando eravamo tutti insieme con tutta la famiglia, ci siamo divertiti un sacco, sono state quattro ore nelle quali ho dimenticato di essere in carcere, sono questi i momenti che ti danno speranza nel futuro e ti fanno sentire che esiste qualcuno che ti vuole bene (un fratello, una moglie, una fidanzata). Per questo l'affettività oltre che un diritto fondamentale e imprescindibile è una possibilità di riabilitazione, di sviluppo e di crescita interiore. Spero che questo tipo di colloqui continui per sempre e non rimanga una cosa sperimentale che finisce lì. Mohamed T. Giustizia: la corte costituzionale chiede provvedimenti straordinari per le carceri di Giorgio De Neri www.thinknews.it, 2 dicembre 2013 La Corte Costituzionale invoca strumenti eccezionali per ridurre il sovraffollamento carcerario e per evitare all'Italia la vergogna, annunciata di una sentenza esemplare a maggio del 2014, se non verranno ottemperate le prescrizioni della sentenza europea della Cedu (corte europea dei diritti dell'uomo) sul caso Torregiani. E lo ha fatto pur salvando provvisoriamente l'articolo 147 del codice penale da una censura di costituzionalità. Richiesta dai tribunali di sorveglianza di Venezia e Milano nella parte in cui non prevede tra le misure di sospensione facoltative dell'esecuzione della pena il fattore dello svolgimento della stessa in maniera contraria al senso di umanità. Un senso comune fissato in maniera rigida dall'articolo 3 della Convenzione dei diritti dell'uomo recepito dalla nostra Costituzione nel lontanissimo 1955 con la ratifica del trattato di Roma. Queste le parole di richiamo usate dal giudice costituzionale Giorgio Lattanzi, il redattore della sentenza 279 che risale al 9 ottobre scorso ma a cui i giornali hanno dato scarso rilievo limitandosi a raccontare il non accoglimento dei ricorsi presentati dai tribunali di sorveglianza su citati: "Fermo rimanendo che non spetta a questa Corte individuare gli indirizzi di politica criminale idonei a superare il problema strutturale e sistemico del sovraffollamento carcerario, non ci si può esimere dal ricordare le indicazioni offerte al riguardo dalla citata sentenza Torreggiani, laddove richiama le raccomandazioni del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa, che invitano al più ampio ricorso possibile alle misure alternative alla detenzione e al riorientamento della politica penale verso il minimo ricorso alla carcerazione, oltre che a una forte riduzione della custodia cautelare in carcere. È da considerare però che un intervento combinato sui sistemi penale, processuale e dell'ordinamento penitenziario richiede del tempo mentre l'attuale situazione non può protrarsi ulteriormente e fa apparire necessaria la sollecita introduzione di misure specificamente mirate a farla cessare". La norma è stata salvata dalla declaratoria di incostituzionalità con questa motivazione, in realtà molto opinabile, tipica di chi vuole dare al parlamento italiano e al governo un'altra chance prima di aprire un nuovo fronte di guerra tra le istituzioni: "il sovraffollamento però non può essere contrastato con lo strumento indicato dai rimettenti, che, se pure potesse riuscire a determinare una sensibile diminuzione del numero delle persone recluse in carcere, giungerebbe a questo risultato in modo casuale, determinando disparità di trattamento tra i detenuti, i quali si vedrebbero o no differire l'esecuzione della pena in mancanza di un criterio idoneo a selezionare chi debba ottenere il rinvio dell'esecuzione fino al raggiungimento del numero dei reclusi compatibile con lo stato delle strutture carcerarie". Insomma, secondo Lattanzi se si aggiungesse, con la richiesta additiva richiesta dai tribunali di sorveglianza di Venezia e Milano, un'ulteriore causa di differimento dell'esecuzione della pena nelle oggettive situazioni di sovraffollamento e di invivibilità delle singole carceri si rischierebbe di favorire alcuni detenuti in determinate zone del paese rispetto ad altri. Considerazione in realtà molto di astratta dottrina visto che nella suddetta "impossibilità di vivere in queste condizioni" le carceri italiane tranne due o tre eccezioni hanno tutte ormai un comune tragico denominatore. Ma la "ratio" della sentenza, come si diceva, è quella di un estremo monito a chi di dovere, tanto è vero he nelle sue parole conclusive avverte implicitamente che se lo stato continuerà di fatto a fare finta di nulla una prossima istanza di costituzionalità rispetto all'articolo 147 del codice penale, magari avanzata da qualche altro tribunale di sorveglianza, potrebbe sortire esiti ben diversi: "nel dichiarare l'inammissibilità questa Corte deve tuttavia affermare come non sarebbe tollerabile l'eccessivo protrarsi dell'inerzia legislativa in ordine al grave problema individuato nella presente pronuncia". Come a dire, chi ha orecchie per intendere, intenda. Giustizia: più difficile ricorso a custodia cautelare, il pdl approda in aula alla Camera Adnkronos, 2 dicembre 2013 Più difficile il ricorso alla custodia cautelare in carcere, provvedimento che si applica a chi è in attesa di giudizio. La commissione Giustizia della Camera ha infatti terminato l'esame del testo della proposta di legge che modifica le norme del codice di procedura penale in materia. Il provvedimento, dopo i pareri di altre commissioni, sarà licenziato in settimana per arrivare nell'Aula di Montecitorio a partire da lunedì prossimo, 9 dicembre. Filo conduttore della riforma, restituire natura di extrema ratio alla carcerazione preventiva, rendendo più stringenti i presupposti e le motivazioni che ne giustificano l'utilizzo e ampliando al contrario le misure alternative. Innanzi tutto, saltano gli attuali automatismi applicativi: la custodia cautelare potrà essere disposta soltanto quando siano inadeguate le altre misure coercitive o interdittive. Queste ultime però, a differenza di quanto avviene secondo la normativa vigente, potranno applicarsi cumulativamente. carcere o arresti domiciliari off-limits, invece, quando si ritiene di concedere la condizionale o la sospensione dell'esecuzione della pena. Per giustificare il carcere il pericolo di fuga o di reiterazione del reato non dovrà essere soltanto concreto (come è oggi) ma anche attuale. Il giudice inoltre non potrà più desumere il pericolo solo dalla semplice gravità e modalità del delitto, ma l'accertamento dovrà coinvolgere elementi ulteriori, quali i precedenti, i comportamenti, la personalità dell'imputato. Vengono poi inseriti dei meccanismi per evitare che il magistrato che dispone il provvedimento non dia l'impressione di svolgere un ruolo di semplice "passacarte". Gli obblighi di motivazione si intensificano e il giudice che dispone la custodia cautelare non potrà più limitarsi a richiamare "per relationem" gli atti del pm ma dovrà dare conto con autonoma motivazione delle ragioni per cui anche gli argomenti della difesa sono stati disattesi. Come detto a fare da contraltare ad un uso più limitato del ricorso al carcere, l'utilizzo di misure alternative. Così aumentano dagli attuali 2 a 12 mesi i termini di durata delle misure interdittive (sospensione esercizio potestà genitori, sospensione esercizio di pubblico ufficio o servizio, divieto di esercitare attività professionali o imprenditoriali) per consentirne un effettivo utilizzo. Per i delitti di mafia e associazione terroristica resta la presunzione assoluta di idoneità della misura carceraria. Per gli altri delitti gravi (ad esempio omicidio, violenza sessuale, sequestro di persona per estorsione, ecc.) vale invece una presunzione relativa: niente custodia dietro le sbarre se si dimostra che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure. Ferranti, riforma strutturale, ora diminuire i tempi processo Cambia radicalmente la disciplina del riesame delle misure cautelari personali. Il Tribunale competente in materia avrà 30 giorni di tempo per le motivazioni a pena di perdita di efficacia della misura cautelare. Dovrà inoltre annullare l'ordinanza liberando l'accusato (e non come oggi integrarla) quando il giudice non abbia motivato il provvedimento cautelare o non abbia valutato autonomamente tutti gli elementi. Tempi più certi anche in sede di appello cautelare e in caso di annullamento con rinvio da parte della Cassazione. "Si tratta di un provvedimento che rappresenta una riforma strutturale che potrà anche incidere sul dramma del sovraffollamento carcerario - sottolinea la presidente della commissione Giustizia Donatella Ferranti, del Pd - un provvedimento indispensabile per ripristinare una cultura delle cautele penali fondata sul pieno rispetto del principio costituzionale della presunzione di innocenza e sulla necessità di una valutazione caso per caso e senza automatismi delle misure più idonee a garantire le esigenze cautelari in attesa della sentenza". "Le esigenze cautelari non devono mai essere applicate in funzione di anticipazione della pena: quello messo a punto in commissione è un testo equilibrato che, grazie allo sforzo di sintesi dei due relatori Rossomando (Pd) e Sarro (Fi) e all'apporto costruttivo di tutti i gruppi, riesce a contemperare il principio di una carcerazione preventiva come "extrema ratio" con la necessità di tutelare le vittime e la sicurezza dei cittadini nei confronti dei gravi reati". A questo punto, però, conclude Ferranti, sono necessarie anche riforme "in grado di semplificare e accorciare i tempi del processo". Giustizia: internet in carcere, perché no? di Susanna Ripamonti Ristretti Orizzonti, 2 dicembre 2013 Internet in carcere, perché no? È il tema centrale che affrontiamo nel dossier di questo nuovo numero di carte Bollate, Ci chiediamo e abbiamo girato la domanda agli addetti ai lavori, se sia proprio impensabile un accesso limitato e controllato al web, anche per chi sta in carcere, pur sapendo che parliamo della luna soprattutto in tutte quelle situazioni, e sono la maggioranza, in cui manca perfino l'aria per respirare. Ma qualche esperienza pilota, e non solo nel carcere di Bollate ormai all'avanguardia su tutto, si potrebbe avviare? Luigi Pagano, il numero due del Dap non lo esclude: "Credo si possa fare.. sì". E Lucia Castellano, consigliere regionale e membro della commissione ministeriale Carceri, scrive nell'editoriale che Internet rientra in quella "nuova visione della vita detentiva, in cui vengono estesi al massimo tutti i diritti compatibili con la mancanza di libertà". Va in questa direzione "la possibilità di autorizzare l'utilizzo di internet, ovviamente limitato e controllato, evitando che si risolva nella possibilità di comunicare senza controllo con l'esterno. Comincerei ad aprire la sperimentazione alle Case di Reclusione, per poi estenderla, con le cautele del caso, alle Case Circondariali. Si fa affidamento, ancora una volta, sul senso di responsabilità del detenuto nell'usare questo ulteriore strumento di formazione e di contatto con l'esterno. Mi sembra che abbiamo avuto ragione ad affidarci al senso di responsabilità degli ospiti, finora, o sbaglio?" Guido Brambilla, magistrato di sorveglianza presso il tribunale di Milano è convinto che sia una strada percorribile: "Internet è uno strumento versatile e anche adeguatamente controllabile se si agisce a monte sul server dedicato, impostando, ad esempio, delle white list di siti accessibili con esclusione di tutto il resto. Ciò richiederebbe l'autorizzazione del ministero, ma in sé e per sé la cosa è fattibile. La mia opinione è che lo strumento possa essere davvero utile". Patrizio Gonnella, presidente di Antigone ritiene che il carcere non possa continuare ad essere indifferente a queste necessità: "Al sistema carcerario poco importa che le vecchie poste sono lì per chiudere, che nessuno scrive con carta e penna fuori dalle patrie galere, che Obama ha vinto le elezioni grazie ai social network o che Grillo usa il blog come se fosse un'agenzia di stampa. Come si può sostenere che la pena debba tendere alla rieducazione del condannato se si vieta alla persona reclusa di stare al passo dei tempi?". Roberta Cossia, magistrato di sorveglianza presso il Tribunale di Milano pensa che "come in tanti altri campi, l'Italia dovrebbe prendere atto del fatto che la tecnologia è diventata parte della vita quotidiana di ciascuno di noi e in particolare l'uso, seppure controllato, di Internet è diventato oggi imprescindibile strumento di aggiornamento e di informazione, di cui oggi non potremmo più fare a meno, neanche se lo volessimo. Penso anche che lo strumento Internet sia facilmente controllabile, perchè è possibile inserire dei blocchi che impediscono l'accesso a determinati siti. Dare la possibilità ai detenuti di accedere a siti internet che trattando argomenti relativi al carcere li metterebbe nella condizione di sapere lo stato della giurisprudenza, anche eventualmente a livello europeo, relativamente alla tutela dei diritti fondamentali dell'individuo, argomento oggi molto attuale, che impone ai singoli uno sforzo di apertura anche a saperi altri rispetto a quelli che si possono reperire sui libri, e per i quali proprio lo strumento informatico potrebbe certamente aiutare. Come sempre e come per tutte le cose, si tratta di instaurare delle regole e di farle rispettare, affinché uno strumento di per sé buono, non venga utilizzato in modo negativo o non venga abusato". Napoli: inchiesta su detenuto morto, oggi ispezione a Poggioreale e incontro con la madre Ansa, 2 dicembre 2013 Il capo del Dap, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, Giovanni Tamburino, e il suo vice, Francesco Cascini, saranno questo pomeriggio a Napoli - a quanto si apprende - per esaminare il caso di Federico Perna, il ragazzo detenuto a Poggioreale morto in carcere in circostanze da chiarire. La madre del detenuto morto incontra gli ispettori Oggi Nobila Scafuro racconterà agli ispettori del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria la vicenda di suo figlio Federico Perna, di Latina, morto a 34 anni nel carcere di Poggioreale lo scorso 8 novembre. Lo farà mostrando foto, lettere, ripercorrendo le tappe di una storia che, questa è la denuncia, presenta molti punti non chiari. Su tutto la morte che, a detta della sua famiglia, non si sa da cosa sia stata causata. Sul caso di Federico Perna il ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri, ha avviato una indagine interna e c'è attesa per l'arrivo degli ispettori nel carcere di Poggioreale, dove il 34enne era detenuto. "Non sarò tenera - dice Nobila Scafuro - non sarò affatto tenera con gli ispettori del Dap. Sono anche loro che mi devono dare spiegazioni, che mi devono dire perché mio figlio era in cella anche se aveva bisogno di un trapianto di fegato, anche se stava male. Mi devono dire perchè è stato picchiato e perchè è morto". Aspetta l'ultima lettera che Federico le ha inviato poche ore prima della sua morte, Nobila: "Potrebbe esserci scritta lì dentro la verità. A telefono mi disse "mamma ti sto scrivendo", ma questa lettera non è mai arrivata, controllo ogni giorno nella buca delle lettere ma è come se fosse scomparsa". Ieri la mamma di Federico ha ricevuto anche la telefonata di Ilaria Cucchi. Intanto, il legale della famiglia di Federico, Camillo Autieri, anticipa che i tempi dei risultati dell'autopsia (90 giorni dal 14 novembre) potrebbero allungarsi visto che "formuleremo un quesito ulteriore in merito alla incompatibilità tra il regime detentivo e lo stato di salute di Federico". Non solo. "La prossima settimana - spiega il legale - ci recheremo al carcere di Poggioreale per incontrare alcuni compagni di cella di Federico e ascoltare la loro versione dei fatti". Franco Corbelli, del Movimento Diritti Civili, chiede che "venga fatta giustizia a tutti i livelli per la morte atroce del detenuto Federico Perna nel carcere di Poggioreale, che doveva e poteva essere evitata" e rivolge un appello al Ministro della Giustizia, Cancellieri, "per un altro gravissimo caso che si sta consumando - afferma - sempre a Poggioreale e che riguarda un uomo affetto da tumore al midollo spinale che ha perso 60 kg, è ridotto ormai ad uno scheletro e si sta spegnendo lentamente in una cella". "Le chiedo di intervenire - dice Corbelli rivolto al Ministro Cancellieri - prima e non dopo la morte del detenuto. Faccia tutto quello che è nei suoi poteri per porre fine a questa altra ingiustizia e disumanità, a questo fatto indegno di un Paese civile. Un uomo malato di tumore ridotto ad una larva umana e morente può continuare a rimanere in carcere? Le condizioni di quest'uomo sono assolutamente incompatibili con il regime carcerario. Perchè, allora, si continua a tenerlo in prigione? Il ministro Cancellieri intervenga, vada a trovarlo in carcere questo detenuto malato di tumore. Faccia quello che tutti si aspettano da un Ministro della Giustizia, che difende i diritti di tutti i cittadini". Corbelli auspica, inoltre, che "su queste tragedie e ingiustizie faccia sentire la sua voce anche il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano". Napoli: la Garante; a Poggioreale detenuti denunciano percosse, ma poi non firmano per paura Ansa, 2 dicembre 2013 Il caso di Federico Perna, il detenuto morto nel carcere di Poggioreale per cause che l'autopsia stabilirà, lo ha appreso dalla stampa. "Ho visto le foto - dice il garante dei detenuti della Campania, Adriana Tocco - l'impressione è che sia stato percosso, ma è solo una impressione, solo l'autopsia potrà stabilirlo". Intanto Tocco parla anche di altre denunce per percosse dei detenuti di Poggioreale, "spesso sono casi denunciati solo a parole, perchè poi hanno paura di apporre la loro firma alla denuncia vera. Ma segnalazioni sì, ne arrivano". Lo scorso mese di luglio, il garante dei detenuti ha presentato in Procura una denuncia, questa volta firmata da ben 50 detenuti: "Denunciavano la presenza di topi, sporcizia e anche maltrattamenti". "Il problema è che ogni volta che leggo le loro lettere dove parlano di percosse e poi li incontro di persona - aggiunge il garante - spesso hanno paura e non firmano". In un carcere, quello di Poggioreale, dove ci sono 2700-2800 detenuti a fronte di una capienza di 1350, Tocco parla anche del caso Perna: "La famiglia non ci ha mai contattati. Seguiremo il caso, certo. L'aspetto importante è che c'è una indagine della procura e un'altra interna avviata dal ministero della Giustizia. Speriamo si faccia piena luce". Detenuto malato grave chiede grazia a Napolitano Affetto da tumore a midollo spinale, dimagrito di 60 kg. Ha chiesto la grazia al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, Vincenzo Di Sarno, il detenuto del carcere di Poggioreale, malato di tumore al midollo spinale e dimagrito di ben 60 chilogrammi. "La richiesta è stata inoltrata dalla mamma che ha inviato una lettera anche al ministro della Giustizia", dice il garante dei detenuti della Campania, Adriana Tocco. Di Sarno, 35 anni, incontrò il Capo dello Stato nel corso della sua ultima visita a Poggioreale, lo scorso settembre. Å nel carcere napoletano dal 2009; durante una rissa uccise una persona. "Å un caso grave, forse il più grave - dice Tocco - ci sono anche altri casi seri a Poggioreale, per alcuni siamo riusciti a trovare una soluzione come ad un detenuto paraplegico per il quale siamo riusciti ad ottenere i domiciliari; per altri la strada è ancora lunga". Bergamo: celle aperte con "rivoluzione Cancellieri", detenuti liberi 12 ore al giorno www.ecodibergamo.it, 2 dicembre 2013 Il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri sarà lunedì 2 dicembre a Bergamo e visiterà il carcere di via Gleno in un momento cruciale per l'intero sistema penitenziario italiano. Un sistema che da tempo ha raggiunto il collasso, certificato anche dalla Corte Europea che ha condannato l'Italia a mettersi in regola entro maggio dell'anno prossimo se non vuole incorrere in pesanti sanzioni. Per questo in tutte le carceri italiane, in questi mesi, è in corso una rivoluzione epocale. Quella delle sezioni aperte. Che cosa significa? Non si tratta di trasformare gli istituti di pena in villaggi turistici, come hanno provocatoriamente criticato alcuni esponenti politici, ma di adeguare agli standard europei il nostro sistema penitenziario, che sulla carta è uno dei più avanzati del mondo (ma la carta, è bene chiarirlo, è la legge del 1975, quasi quarant'anni fa, rimasta lettera morta in alcuni, fondamentali capitoli). Entro maggio dell'anno prossimo, anche in via Gleno l'80 per cento dei detenuti saranno liberi di uscire dalle loro celle per 12 ore al giorno, dalle 8 alle 20. Tale possibilità è già una realtà per i 120 detenuti della sezione penale, aperta da circa tre anni nell'ex aula bunker che ospitò il maxiprocesso a Prima Linea. In questa sezione i detenuti hanno stretto una sorta di "patto trattamentale" con la direzione dell'istituto, in base al quale, in cambio di un regime di custodia più attenuato, si impegnano a seguire il percorso educativo proposto. Agrigento: sovraffollamento carceri, Polizia penitenziaria proclama stato agitazione www.agrigentonotizie.it, 2 dicembre 2013 La cosiddetta sentenza "Torreggiani" prevede pesanti sanzioni per l'Italia se entro il mese di maggio 2014 non si troveranno soluzioni alla situazione di grave sovraffollamento delle carceri italiane, che lede la dignità e la salute dei detenuti. Le organizzazioni sindacali "Osapp" e "Fsa-Cnpp" hanno proclamato lo stato di agitazione del personale di Polizia penitenziaria della Casa circondariale di Agrigento, in contrada Petrusa, a seguito dell'incontro tenutosi tra la Direzione dell'istituto agrigentino e le sigle sindacali Sappe, Osapp, Uil, Fns Cisl, Ugl, Fsa-Cnpp e Cgil, nel corso del quale si doveva discutere la realizzazione dei circuiti regionale (sentenza Torreggiani). La cosiddetta sentenza "Torreggiani" prevede pesanti sanzioni per l'Italia se entro il mese di maggio 2014 non si troveranno soluzioni alla situazione di grave sovraffollamento delle carceri italiane, che lede la dignità e la salute dei detenuti. A tale scopo, infatti, è in corso la riforma dell'assetto organizzativo degli istituti penitenziari che modifica, di fatto, l'organizzazione del lavoro, basato su un nuovo sistema di vigilanza e sul ruolo della Polizia penitenziaria, modifiche che non possono prescindere dal contributo e dal coinvolgimento delle organizzazione sindacali. A fronte di precise indicazioni emanate dal Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria le Direzioni degli istituti penitenziari di tutto il territorio nazionale, si stanno attivando ad emanare dei provvedimenti finalizzati all'applicazione della sentenza "Torreggiani". Di conseguenza anche la Direzione dell'istituto agrigentino, dovendo ottemperare alle disposizioni dipartimentali, convocava le OO.SS per confrontarsi sulla realizzazione dei circuiti regionali sentenza "Torreggiani". La riunione con le organizzazioni sindacali per discutere dell'applicazione della sentenza doveva incentrarsi, esclusivamente, sull'argomento all'ordine del giorno, senza possibilità di intervento alcuno su altre tematiche ed escludendo anche la possibilità di una rivisitazione della organizzazione del lavoro, ritenuta questa ininfluente dalla parte pubblica al fine dell'esecuzione della c.d. sentenza "Torreggiani". "Ritenendo impossibile affrontare la discussione dell'ordine del giorno - scrivono le organizzazioni sindacali in una nota - senza la concomitante rivisitazione dell'organizzazione del lavoro, già deficitaria, destinata ad aggravarsi con gli effetti della sentenza "Torreggiani" e ravvisando inoltre nella limitazione alla contrattazione imposta alle OO.SS. dall'Amministrazione un comportamento antisindacale, teso a limitare le prerogative sindacali e a paralizzare l'attività di confronto tra le parti, le scriventi OO.SS. - proclamavano lo stato di agitazione del personale e abbandonavano il tavolo di trattativa. Le scriventi OO.SS. ritengono altresì inopportuna e immotivata la limitazione imposta dall'Amministrazione alle trattative, atteso il grave sovraffollamento che insiste nell'istituto agrigentino e le varie problematiche che affliggono il personale di Polizia penitenziaria". Così le organizzazioni sindacali hanno dichiarato lo stato di agitazione del personale di Polizia penitenziaria, fino a quando non verrà ripristinata l'attività di confronto tra le parti venuta meno, non escludendo, eventuali, manifestazioni di protesta, anche eclatanti. Massa Carrara: la politica va in carcere… per la festa della Toscana Il Tirreno, 2 dicembre 2013 Per arrivare nella sala dove si sarebbe svolto il consiglio comunale bisognava prima dare le credenziali, lasciare tutte le proprie cose all'ingresso, e con solo un block-notes e una penna percorrere un lungo corridoio bianco con porte di ferro colorate di celeste, passando davanti a una fila di detenuti che aspettavano di entrare. Un percorso reale ma anche simbolico nel mondo dei diritti che rendeva chiaro come quel consiglio congiunto fra il Comune di Massa e quello di Montignoso, indetto per la Festa della Toscana nel giorno stesso in cui fu abolita la pena di morte nella regione - il 30 novembre 1786 - fosse davvero straordinario. Straordinario per il tema, straordinario per i partecipanti, ma soprattutto straordinario per il luogo in cui si è tenuto: il carcere di Massa, individuato come luogo di riconoscimento dei diritti. La sala era gremita, anche se entrambe le giunte non erano al completo. Di entrambi erano presenti esponenti della maggioranza, degli arancioni - per Massa - e del movimento 5 stelle, assente invece la destra. C'era poi la Provincia, la Prefettura e, in fondo sulla destra un gruppo di una ventina di detenuti, i veri protagonisti, forse, di quel consiglio straordinario, volto a ricordare come l'abolizione della pena di morte fu solo un primo passo nella direzione dei diritti umani. "I diritti umani non sono figli della Toscana dell'800 - commenta il sindaco di Massa, Alessandro Volpi, da buon professore di storia contemporanea - ma della democrazia. È la costituzione italiana che inaugura un'epoca con al centro i diritti, anche quelli dei detenuti. È solo con essa che si crea la possibilità di creare un recupero nel carcere, in modo tale che si crei un collegamento tra il dentro e il fuori. Quello che il detenuto sarà quando uscirà, dipenderà da quello che ha vissuto dentro". Il leitmotiv del consiglio straordinario è stato questo: la tutela dei diritti dei carcerati, vittime loro stesse, di un sistema carcerario troppo spesso disumano, che invece di educare e di migliorare l'individuo nell'ottica di una sua reintegrazione nella società, lo danneggia. Questo il messaggio lanciato anche dai due detenuti che hanno preso la parola durante il consiglio. "Io sono entrato e uscito dalla galera diverse volte - racconta Claudio Caruso - e ho notato poche differenze negli anni. Sempre il problema del sovraffollamento, che forse peggiora, quello della sanità, che non è tempestiva e garantita e molto altro. Ma una cosa forse è cambiata: l'umanità. Prima venivamo sbattuti come bestie in gabbie e trattati malissimo, e questo non faceva che alimentare la nostra violenza. Ora ci trattano meglio, almeno qui a Massa". Bologna: Marzocchi (Regione); i ragazzi dell'Ipm devono stare in carcere il meno possibile di Rosario Di Raimondo La Repubblica, 2 dicembre 2013 Devono scontare la pena fuori, e non dietro le sbarre, in strutture più adatte, come le Comunità per i minori. A partire dai giovani detenuti del Pratello, al centro di un progetto che vede in prima linea il Comune, la Regione e gli assessori al Welfare Teresa Marzocchi e Amelia Frascaroli: "Abbiamo chiamato tutti gli attori in causa - dice la Marzocchi, vogliamo mettere a punto al più presto un sistema di governance regionale e una rete di accoglienza su tutto il territorio". I tavoli sono già partiti, i progetti rispolverati. Perché alcuni erano nel cassetto da tempo, mentre gli strumenti ci sono già, così come le leggi. La sfida è questa e parte proprio dall' istituto minorile di Bologna: "I ragazzi per i quali è stata già definita la pena non devono stare in carcere, ma nelle strutture d' accoglienza del territorio - continua la Marzocchi. Abbiamo presentato le nostre idee al dipartimento della giustizia minorile, che naturalmente le deve valutare per dare un parere. Noi abbiamo detto: mettiamo al servizio della giustizia la nostra rete di servizi, di comunità, di welfare". In media sono tra i 20 e i 25 i ragazzi normalmente detenuti al Pratello, in grande maggioranza stranieri. E proprio il carcere diretto oggi da Alfonso Paggiarino è stato al centro delle cronache degli ultimi mesi, in particolare dopo che il ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri è arrivato in città e ha incontrato il sindaco Virginio Merola. Non solo. È di poche settimane fa la protesta di ben sei sigle sindacali della polizia penitenziaria, che denunciano un "carcere al collasso" e una fuga delle guardie, cioè "numerose richieste di trasferimento in altre sedi". Uno degli ultimi tavoli tecnici risale a poche settimane fa e ha visto la partecipazione dei dirigenti del Centro di giustizia minorile, della Regione, dell'Ausl e del Comune di Bologna. Un tavolo che ha il compito di "migliorare la qualità della vita dei ragazzi all' interno del carcere", favorendone l' uscita. Uno dei temi dell' incontro, si legge dal verbale datato 8 ottobre, è stato come proseguire il lavoro "sulla programmazione degli interventi di integrazione a favore dei minori". E, riferendosi alla vita in carcere dei detenuti, si scrive: sia da parte "del personale educativo, sia da parte della polizia penitenziaria", "non sempre si riscontra in questo personale una formazione adeguata al lavoro educativo e di relazione che deve essere svolto con i ragazzi e si considera come possa essere uno degli ambiti da curare in modo integrato tra le diverse istituzioni". Garante regionale per l'infanzia e l'adolescenza: uso eccessivo del carcere Luigi Fadiga, garante regionale per l'infanzia e l'adolescenza, cosa pensa delle parole dell'assessore regionale al Welfare Marzocchi sulla necessità di non tenere i ragazzi che hanno una condanna definitiva nelle carceri minorili ma di affidarli alle strutture del territorio? "L'assessore non ha torto. Il processo penale minorile comprende diverse alternative alla detenzione che dovrebbero essere utilizzate più di quanto non lo siano adesso. Si potrebbe ridurre moltissimo la privazione della libertà dei minori". Può fare qualche esempio? "Su questo versante sono diverse le misure alternative che si potrebbero incrementare. Basti pensare alla messa in prova esterna. L'effetto è sicuramente migliore". Perché le misure alternative sono utilizzate così poco, allora? "Per tutta una serie di ragioni. A partire dal fatto che queste misure sono generalmente più impegnative della normale detenzione. Per metterle in pratica in maniera più diffusa, occorrerebbe prima di tutto potenziare i servizi esterni. E poi servirebbe qualificare gli operatori coinvolti in questo processo". Nel frattempo si ricorre di più al carcere. "Si preferisce la via tradizionale che esclude la libertà personale per un certo periodo di tempo". È un problema che si registra anche in Emilia-Romagna? "È un fenomeno italiano, prima di tutto. Ma possiamo dire che in questa regione il traguardo è meno lontano rispetto ad altre parti d'Italia". Quindi è possibile per lei immaginare un sistema penitenziario dove i minori condannati scontino la pena in luoghi diversi dal carcere? "Il "livello zero" non lo raggiungeremo mai, è chiaro. Ma è doveroso immaginare che si può ridurre sempre di più la privazione della libertà. Sicuramente più di adesso, più di quanto non si faccia oggi. Quello è un traguardo da cui siamo molto lontani". A proposito del carcere del Pratello, si fa spesso notare come l'istituto sia fatiscente. Si è anche parlato di ristrutturazioni o ipotetici trasferimenti. Lei cosa ne pensa? "Sull'istituto del Pratello ci sarebbero diverse valutazioni da fare, in base al proprio ruolo. Io penso che lì, anni fa, fu fatta una scelta sbagliata che non ha molto senso, perché la struttura non è delle migliori". Quindi pensa anche lei che sia necessario un trasferimento del carcere? "Sì. Quella attuale è una struttura etichettante, sproporzionata e non commisurata rispetto ai bisogni reali di venti ragazzi". Novara: Sappe; detenuto sottoposto al 41bis ha aggredito un agente di Polizia penitenziaria Adnkronos, 2 dicembre 2013 "Ancora una aggressione nel carcere di Novara, dove il 21 novembre scorso un agente di polizia penitenziaria venne aggredito da un recluso nel Reparto a regime di sorveglianza speciale 41bis. Domenica un ristretto di 40 anni, anch'esso sottoposto al 41bis perchè appartenente alla camorra, ha aggredito un altro agente in servizio nel carcere di Novara". La denuncia arriva dal sindacato Sappe, che esprime "solidarietà e vicinanza" al poliziotto ferito e chiede "urgenti provvedimenti" da parte dell'Amministrazione penitenziaria regionale e nazionale. "Quella di ieri a Novara è stata un'aggressione tanto improvvisa quanto vile -scrive in una nota Donato Capece, segretario generale del sindacato-. Il camorrista voleva consegnare un fornellino a gas ad altro recluso ma l'agente rispondeva di dover essere autorizzato. Dopo poco, lo stesso detenuto, all'uscita dalla doccia, domandava nuovamente la stessa cosa ma senza attendere la risposta colpiva improvvisamente l'agente con diversi pugni al volto. Otto i giorni di prognosi decretati dal pronto soccorso". Capece sottolinea le criticità delle carceri piemontesi: "Nei 13 istituti penitenziari piemontesi nel primo semestre del 2013 si sono registrati 232 atti di autolesionismo, 44 tentati suicidi, 118 colluttazioni e 25 ferimenti: 1.952 sono stati i detenuti protagonisti di proteste pro amnistia e indulto o sciopero della fame, mentre purtroppo 1 detenuto è morto per suicidio e 4 per cause naturali. Il sovraffollamento ha raggiunto livelli patologici, con oltre 4mila 700 reclusi per una capienza di circa 3mila e 500 posti letto regolamentari. Il nostro organico -conclude la nota- è sotto di 7mila unità". Sanremo (Im): Sappe; la Polizia Penitenziaria al freddo, difficili relazioni con la direzione www.sanremonews.it, 2 dicembre 2013 "La Polizia Penitenziaria allo stato si troverebbe in un istituto dove il freddo preannunciato da giorni passa inosservato, le postazioni sia interne che esterne di utilizzo del personale sono scarsamente riscaldate". Il Sappe, attraverso Michele Balestra, esprime vibrante protesta nel vedere la esagerata differenza di trattamento tra il personale di Polizia Penitenziaria e il direttore del carcere di Sanremo: "A noi del Sappe che già abbiamo ripetuto nel passato che mantenere un direttore in un carcere per anni e anni non è altro che un affossamento per la Polizia Penitenziaria presente non è argomento sconosciuto. La Polizia Penitenziaria allo stato si troverebbe in un istituto dove il freddo preannunciato da giorni passa inosservato, le postazioni sia interne che esterne di utilizzo del personale sono scarsamente riscaldate. La vigilanza esterna viene effettuata, specie di notte con delle minute stufe non a norma, che funzionerebbero ad intervallo. Non ci parlino di riduzione di spese a seguito della spending review la riduzione della spesa pubblica in atto. Il Sappe di questa visuale e questa maldestra gestione informerà il dipartimento con la massima urgenza questa stessa settimana, la denuncia in atto nasce dal fatto che un direttore che si trova a gestire un importante penitenziario con al suo interno una serie di tipologie di detenuti, compresa quella denominata alta sicurezza e sovraffollato del doppio, dovrebbe pensare a fare bene e a concentrarsi nel penitenziario assegnatogli, per altro ci viene fatto sapere molto ambito dallo stesso a suo tempo… ma forse solo a suo tempo". A riferire dell'anomalia è il segretario provinciale del Sappe Michele Balestra, che questa mattina ha esposto il problema: "Anche le relazioni sindacali sono lente, anzi lentissime, non c'è verso per snellire e accelerare certe pratiche in corso, non si riescono a portare a termine le relazioni sindacali intraprese. All'interno dei reparti il personale ci denuncia bagni fuori uso da tempo e inutilizzabili, tettoie adiacenti alle postazioni di servizio con accumulo di rumenta da mesi e mancherebbe inoltre un programma sistematico di pulizia di questi spazi, infatti come Sappe staremo pensando in caso di non miglioramento del contesto, di segnalare la cosa attraverso un concreto e documentato servizio fotografico. Il Sappe intanto dice un no secco ai dirigenti assenti e distaccati dalla Polizia Penitenziaria e soprattutto superati dai tempi, ormai fuori moda, invece approva un cambio immediato al fine di portare all'istituto e al personale del corpo una ventata di freschezza e di innovazione lavorativa, basta ai preconcetti, basta alle vecchie furbate, basta all'arroganza, basta alla presuntuosità, basta ai cattivi esempi, basta alla storia del predicare bene e razzolare male, siamo esausti e stufi ne abbiamo le scatole piene e quello che fa male è la sordità a livello centrale, riteniamo che la Polizia Penitenziaria meriti un direttore del carcere presente, innovativo, premuroso ai problemi ma soprattutto moderno e che non importuni ma sia costruttivo per l'ambiente. Servono fatti concreti e non chiacchiere da ufficio". Trento: arrestato il detenuto tunisino malato di tubercolosi evaso dall'ospedale Il Trentino, 2 dicembre 2013 Era fuggito dall'Ospedale Santa Chiara la notte tra mercoledì 27 e giovedì 28 novembre, si è trattato di un'evasione vera e propria perchè il 33enne tunisino era in stato di arresto. Si trovava nel reparto malattie infettive poiché sembra gli fosse stata diagnosticato un principio di tubercolosi. La gravità della malattia ed il pericolo di contagio, oltre al reato di evasione, avevano messo in allarme le forze dell'ordine che nei giorni successivi hanno cercato l'uomo, di cui però sembravano essersi perse le tracce. Fino a ieri: ci ha pensato lui stesso rendendosi nuovamente protagonista di un reato, un furto con strappo avvenuto ieri verso le 19.00 in corso degli Alpini a Trento. Insieme ad un connazionale della stessa età ha fermato una donna di 68 anni strappandole la borsa e fuggendo. I carabinieri, aiutati da personale della polizia penitenziaria e grazie ai particolari forniti da un passante, hanno trovato e fermato i due. Entrambi sono stati arrestati e trasferiti al carcere di Spini a disposizione dell'Autorità giudiziaria, che deciderà se trasferire nuovamente l'arrestato malato di tubercolosi al reparto dal quale era fuggito. Ancona: la città di Loreto aderisce alla giornata "Cities for life" contro la pena di morte Ansa, 2 dicembre 2013 Illuminata facciata teatro comunale. Il Comune di Loreto ha aderito per il secondo anno consecutivo alla giornata internazionale "Città per la vita-Città contro la pena di morte" promossa ogni 30 novembre dalla Comunità di Sant'Egidio per ricordare la prima abolizione della pena capitale in Europa, avvenuta nel Granducato di Toscana il 30 novembre 1786. Ieri sera la facciata del teatro comunale, scelto quale luogo simbolo e cuore dell'iniziativa, è stata illuminata con una brillante luce bianca alla presenza delle autorità comunali, scolastiche, del Consiglio Comunale dei ragazzi e della cittadinanza. "Pensiamo che, come nessun uomo ha il diritto di uccidere i suoi simili - ha detto Michelangelo Alessandrini Socci, minisindaco del Consiglio comunale dei ragazzi -, così lo Stato, in qualità di garante della giustizia, non può mettersi sullo stesso piano di chi si macchia di un terribile crimine come quello dell'omicidio. Sembra impossibile che nel 2013 ci siano ancora paesi che tollerano e praticano la pena di morte. Sono convinto che noi ragazzi, attraverso una vita attiva fatta di scelte a favore della solidarietà, del rispetto reciproco e della fratellanza possiamo testimoniare il nostro no alla pena di morte pronunciando il nostro sì alla vita". Roma: sport in carcere, domani il ministro Cancellieri presenta iniziativa con il Coni Ansa, 2 dicembre 2013 Appuntamento domani alle 11 nella sede del Coni. Migliorare la condizione carceraria italiana e del trattamento dei detenuti attraverso la pratica e la formazione sportiva. È l'obiettivo del progetto "Sport in carcere" che sarà presentato domani - martedì 3 dicembre - alle ore 11 presso il Salone d'Onore del Coni, a Roma, alla presenza del Ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri e del Presidente del Comitato Olimpico Nazionale Italiano Giovanni Malagò. L'obiettivo è quello di realizzare in tempi brevi una prima serie di interventi in ambiente carcerario, concordati in sede europea nel corso degli incontri che il Ministro della Giustizia ha avuto a Strasburgo il 4 e 5 novembre scorso, davanti al Consiglio d'Europa e alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. Nel corso dell'evento sarà firmato il "Protocollo d'Intesa" che prevede l'impegno congiunto dei promotori - con il concorso delle Federazioni Sportive Nazionali - nelle strutture individuate all'interno di diversi istituti di pena, su tutto il territorio nazionale. Le sedi-pilota interessate dall'iniziativa sono quelle della Casa Circondariale di Bologna e di Roma-Rebibbia "Femminile". Immigrazione: Garante dei detenuti dell'E-R domani a una tavola rotonda sulla sorte dei Cie Ansa, 2 dicembre 2013 Desi Bruno, Garante regionale delle persone sottoposte a limitazioni della libertà personale, interverrà domani, 3 dicembre, alla tavola rotonda sulla situazione in Emilia-Romagna dei Centri di identificazione ed espulsione, che si svolgerà alle 14.30 presso la Camera del lavoro di Bologna, via Marconi 67. All'incontro, promosso dalla Cgil, sono previsti gli interventi dei sindaci di Bologna e di Modena, Virginio Merola e Giorgio Pighi, di Teresa Marzocchi, assessore alle politiche sociali della Regione, di Vincenzo Colla, segretario generale Cgil Emilia-Romagna; sono stati invitati il viceministro dell'Interno, Filippo Bubbico, e i prefetti di Bologna e Modena. Scopo dell'iniziativa è avviare una riflessione sulla prospettiva del superamento dei Cie e sulle conseguenti necessarie modifiche alla legislazione in materia di immigrazione in Italia. Polonia: ministro Bonino; opportuni approfondimenti su modalità fermo tifosi Lazio Adnkronos, 2 dicembre 2013 "Certamente vanno fatti gli opportuni approfondimenti sulle modalità che hanno portato al fermo dei tifosi della Lazio e alla decisione delle autorità giudiziarie polacche di trattenere e rinviare a giudizio 22 persone. Voglio peraltro chiarire che più di un centinaio di fermati sono stati accompagnati in diversi commissariati di Varsavia ed è stato straordinario lo sforzo che la nostra Ambasciata ha fatto per giungere al più rapido rilascio dei connazionali". Lo ha dichiarato la Ministro Bonino in relazione agli scontri tra tifosi laziali e la polizia polacca avvenuti alla vigilia della partita Legia Varsavia-Lazio. "Nel corso delle ultime 48 ore il nostro Ambasciatore ha mantenuto un contatto pressoché continuo con la Questura centrale di Varsavia ottenendo la celebrazione di tutti i procedimenti con rito abbreviato che si sono svolti in 8 tribunali nella giornata festiva di sabato". "L'Ambasciata - ha concluso la Ministro Bonino - è entrata in contatto con tutte le famiglie delle persone rinviate a giudizio sollecitandole a designare un avvocato difensore e fornendo indicazioni su come presentare ricorso e quali ulteriori iniziative giudiziali potrebbero essere poste in atto nei prossimi giorni. Nel frattempo si è già potuto ottenere il permesso per alcune visite in carcere da parte dei parenti di alcuni dei detenuti". Ambasciatore Guariglia: ho incontrato i ragazzi e stanno bene Sono ancora 22 i tifosi biancocelesti detenuti nel carcere di Varsavia, dopo le vicende di giovedì scorso. L'intero popolo laziale è attento e ansioso di notizie dei propri fratelli. La macchina della solidarietà sta raccogliendo diversi fondi per aiutare i ragazzi, non solo nelle spese giudiziarie, ma anche per tornare finalmente a casa. Intanto la redazione di Lazialità ha contattato in esclusiva l'ambasciatore italiano in Polonia, Riccardo Guariglia, in modo da creare un ponte tra tutti coloro che vogliono avere notizie certe e chi queste notizie le ha: "Sono appena uscito dal carcere dove sono detenuti la maggior parte dei nostri connazionali, per cui ne ho potuto incontrare un certo numero ed ho potuto verificare personalmente il loro stato di salute fisica e psicologica. Li ho incontrati singolarmente - spiega l'Ambasciatore - in quanto non è possibile parlare con loro tutti insieme, hanno un buon morale e sperano di poter uscire quanto prima, ovviamente non è gradevole essere reclusi in un carcere". Questo non può che renderci più tranquilli, ma dal punto di vista procedurale cosa dobbiamo aspettarci? "Hanno nominato tutti un avvocato di fiducia, il quale può presentare ricorso nei prossimi giorni, essendo stati tutti quanti rinviati a giudizio. Il ricorso potrebbe portare ad un rilascio sotto cauzione, che è ciò che tutti noi speriamo. I ragazzi in carcere sono 22, tutti gli altri sono ripartiti o stanno ripartendo, abbiamo anche aiutato i familiari che erano arrivati a Varsavia per trovare i loro congiunti. È una situazione che non avremmo voluto vedere, parlando soprattutto di sport". Cosa accadrà nelle prossime ore? "L'avvocato presenterà ricorso, per farlo deve richiedere la documentazione al tribunale e ha tre giorni di tempo per farlo, quindi lunedì o martedì, poi ci sono 7 giorni per presentare il ricorso. Se la questione va alla lunga ci vogliono 10 giorni, se invece gli avvocati sono più rapidi - come speriamo - ci vorrà meno". Germania: calano i detenuti, prigioni dismesse e trasformate in case e alberghi Agi, 2 dicembre 2013 Il forte calo della popolazione carceraria sta facendo trasformare in Germania sempre più prigioni in case e alberghi. Lo rivela lo Spiegel, sottolineando che mentre dieci anni fa ad essere custoditi dietro le sbarre erano 79mila detenuti, il loro numero attuale è sceso a meno di 66mila, in rapporto ad una popolazione di 80 milioni di abitanti. Per questo motivo molti Laender tedeschi sfruttano questo fenomeno per concentrare la popolazione carceraria in case di pena modernissime e più vaste, vendendo ad imprenditori privati quelle non più agibili. Negli ultimi cinque anni il Land orientale della Sassonia-Anhalt ha chiuso cinque prigioni, altre cinque ne ha chiuse la città-Stato di Berlino, tre hanno cessato la loro attività in Baden-Wuerttemberg, una in Assia, mentre la Bassa Sassonia ha addirittura chiuso ben 11 istituti penitenziari, con la piccola Saar che nel 2011 ne ha chiusi due. A Stendal, la città della Sassonia-Anhalt il cui nome venne scelto come pseudonimo dall'omonimo scrittore francese autore de "La certosa di Parma", la centralissima prigione con 3500mq di superficie e magnifica vista sul duomo ha cambiato proprietario per 37mila euro, con le celle che verranno trasformate in 28 abitazioni con superficie compresa fra 40 e 90mq. Il nuovo proprietario, Thomas Richter-Mendau, spiega al settimanale che "con una vista del genere sul duomo in un nuovo appartamento ci abiterei subito", precisando sul disegno del progetto che "queste due celle diventeranno una camera da letto, le altre due la stanza dei bambini, qui sorgerà una grande cucina". A Offenburg, nel Baden-Wuerttemberg, la prigione sta per essere trasformata in un hotel, che aprirà le porte nel 2015, sul modello del vecchio penitenziario di Kassel, in cui le 90 celle sono rimaste come erano, ma che nei 100 giorni dell'ultima quinquennale d'arte "Documenta" hanno fatto registrare quasi 10mila pernottamenti. La prigione di Francoforte doveva essere trasformata in una casa dello studente, ma per il momento il progetto è naufragato a causa dell'elevato costo di ristrutturazione di 1,3 milioni di euro. A St. Ingbert, nella Saar, il borgomastro ha invece intenzione di trasformare la vecchia e centralissima prigione in un conservatorio musicale. Siria: attivisti; centinaia di persone uccise da torture in carceri e caserme polizia Adnkronos, 2 dicembre 2013 Sono 2.583 le persone uccise dalle forze del regime di Bashar al-Assad a novembre in Siria. Lo denuncia la Rete siriana per i diritti umani, spiegando che negli attacchi sferrati dalle forze di Damasco hanno perso la vita 663 membri di gruppi dell'opposizione e 1.920 civili. Tra questi ultimi, inoltre, si contano 227 bambini e 194 donne, mentre 122 persone hanno perso la vita in seguito alle torture subite in carcere e nelle stazioni di polizia controllate dal regime siriano. Circa 92 persone sono state uccise ogni giorno, ovvero quattro persone ogni ora, si legge nel rapporto degli attivisti. Inoltre ogni giorno sono morti nove bambini, che rappresentano il 14 per cento del bilancio delle vittime di novembre. Gli attacchi condotti dalle forze del regime con artiglieria, cecchini e missili hanno anche ucciso sei donne al giorno, ovvero l'8 per cento del bilancio totale delle vittime. Da quando è iniziata la rivolta contro il regime di Assad nel marzo 2011, quindi, almeno 12mila bambini e 11mila donne sono stati uccisi, come denuncia il rapporto degli attivisti. Egitto: Human Rights Watch; liberare consiglieri Morsi detenuti in luogo segreto LaPresse, 2 dicembre 2013 Human Rights Watch chiede al governo egiziano di rilasciare immediatamente cinque collaboratori del presidente deposto Mohammed Morsi, trattenuti in luoghi segreti. Il gruppo ha fatto sapere in una dichiarazione che sono trattenuti in un luogo non rivelato dal 3 luglio, giorno del colpo di Stato militare che ha destituito l'islamista Morsi. Altri quattro suoi collaboratori sono stati trasferiti in carceri regolari e incriminati. "Di che road map parliamo, in cui un governo appoggiato da militari può semplicemente far scomparire consiglieri dell'ex presidente e trattenerli senza alcuna spiegazione per 150 giorni?", ha dichiarato Sarah Leah Whitson, direttore dei Hrw per Medioriente e Nord Africa. Secondo il gruppo, i cinque tenuti in luogo segreto sono: Essam el-Haddad, alto consigliere per la politica estera; Ayman Ali, consigliere per gli affari degli espatriati egiziani; Ayman el-Serafy, consigliere; Abdel-Meguid el-Meshaly, consigliere per i media; Khaled el-Qazzaz, consigliere per gli affari esteri. Nord Corea: Casa Bianca chiede rilascio dei cittadini statunitensi Merrill e Bae Adnkronos, 2 dicembre 2013 La Casa Bianca ha chiesto il rilascio del cittadino statunitense Newman Merrill, detenuto in Corea del nord da oltre un mese. Ieri le autorità di Pyongyang avevano detto che l'85enne Newman aveva confessato "crimini indelebili" contro lo stato durante la guerra di Corea ed avevano pubblicato una presunta "dichiarazione di scuse" del cittadino americano, al quale si rimprovera anche di essersi reso colpevole di "atti ostili" nel paese, dove è entrato come turista il 17 ottobre per poi perpetrare "atti contro la dignità e la sovranità della Dprk e calunniare il suo sistema socialista". Washington chiede alle autorità nordcoreane di rilasciare anche un altro cittadino statunitense, Kenneth Bae, trattenuto dal novembre 2012 e condannato a maggio a 15 anni di lavori forzati.