Né la pena di morte, né la "pena di morte viva", quinto Congresso di Nessuno tocchi Caino di Carmelo Musumeci Ristretti Orizzonti, 19 dicembre 2013 Il Congresso affronterà un tema di attualità nel nostro paese che, dopo aver abolito la pena di morte, mantiene ancora la "pena fino alla morte" quale è l’ergastolo o riserva la "morte per pena" come purtroppo accade nelle nostre carceri a causa di condizioni strutturali inumane e degradanti. Normalmente nei convegni, nei congressi e nelle tavole rotonde quando si affrontano questioni di carcere e di pena, mancano comunemente i diretti interessati: i prigionieri. Il Segretario di Nessuno tocchi Caino, Sergio D’Elia, come fanno di solito i radicali, è voluto andare contro corrente. E ha deciso che il Quinto Congresso di Nessuno tocchi Caino si svolgerà, in collaborazione con "Ristretti Orizzonti", il 19 e 20 dicembre nel carcere di Padova fra i prigionieri e gli ergastolani condannati alla Pena di Morte Viva. A mia volta io per coinvolgere più prigionieri e per avere una testimonianza dal basso ho scritto a diversi ergastolani sparsi nei vari carceri chiedendo a loro: "Preferisci la pena di morte o l’ergastolo?" ed ecco alcune loro risposte: Io credo che molto dipenda dallo stato d’animo in cui una persona si trova, ci sono dei momenti che si desidera solo morire, a volte vivere per sperare di uscire, anche se vecchio e acciaccato, gli ultimi anni fuori di questi luoghi. (Mario da Sulmona, venticinque anni di carcere fatti). Bella domanda! Posso parlare per me: quando ho avuto l’ergastolo preferivo la pena di morte, anzi l’ho desiderata, ma pensando a tanti ergastolani con figli, per loro penso che non sia giusto. A ogni modo una morte bianca l’abbiamo lo stesso. (Antonio da Parma, ventidue anni di carcere fatti). Io sinceramente preferirei la pena di morte: è rapida e non soffri e soprattutto non devi subire giornalmente mille abusi e soprusi. L’ergastolo in un certo qual modo equivale alla pena di morte perché lo stato ti sopprime piano, piano; il che è molto più annientante sotto il profilo psicofisico e morale, rispetto alla pena di morte vera e propria. (Pasquale da Catanzaro, trentaquattro anni di carcere fatti). Una domanda difficile cui non sono sicuro di poter rispondere esprimendo il mio vero pensiero, poiché se in alcuni giorni la voglia di vivere sembra superare ogni ostacolo, in altri invece quando penso che per tutta la vita dovrei sottostare ai voleri altrui, preferirei la morte" (Salvatore da Volterra, vent’otto anni di carcere fatti) La domanda sinceramente è molto violenta e poco risolutiva, poiché so per certo che una vita trascorsa qui sarebbe come morire con un’agonia interminabile, ma con una flebile speranza che alimenta la voglia di andare avanti. La morte l’ho pensata tante volte e con la più sincera verità propenderei per la speranza di vivere, affinché la stessa vita mi desse modo di riscattare il mio diritto all’acquisizione di uno spazio di liberta. (Giovanni da Opera Milano, ventinove anni di carcere fatti). Domanda da un miliardo di euro. Se non avessi i miei figli e la mia compagna e in tutti i casi una buona ragione per soffrire preferirei la pena di morte perché l’ergastolo è l’idea di essere condannato a morte rimanendo vivi. (Alfio da San Gimignano, ventiquattro anni di carcere fatti). Pena di morte, però una cosa sbrigativa, non come in America che ti ammazzano dopo tanti anni. In tutti i casi, in modo diverso sono entrambi spegnimento di vita. (Vincenzo da Novara, vent’otto anni di carcere fatti). L’ergastolo lascia sempre una speranza, ma volendo guardare in faccia la realtà, allo stato attuale, a come vengono applicate le leggi, per tutto ciò che provoca l’isolamento e la lontananza del carcere, forse sarebbe meglio la pena di morte, sicuramente meno dolorosa. (Francesco da Spoleto, ventinove anni di carcere fatti). Queste sono alcune delle testimonianze dal "Paese dei morti viventi": il 19 e 20 dicembre io cercherò di raccontare cosa significa vivere da morti e senza speranza, pur con un corpo che vive ancora. Penso che in Italia siamo riusciti a sconfiggere la pena di morte ufficiale, ma non siamo riusciti a sconfiggere la cultura della pena di morte. E forse molti sono contrari alla pena capitale solo perché è più crudele tenerci in vita. Giustizia: nel decreto-carceri liberazione anticipata e le altre novità che sfidano il Parlamento… di Giuseppe Sabella www.ilsussidiario.net, 19 dicembre 2013 Il Governo è intervenuto sul fronte Giustizia con un disegno di legge sul processo civile e con un provvedimento straordinario, un decreto legge, approvato dal Consiglio dei Ministri per affrontare l’emergenza carceraria attraverso misure per il reinserimento dei tossicodipendenti detenuti e per il rimpatrio degli immigrati. Tra le misure qualificanti del testo anche l’innalzamento dello "sconto" per la liberazione anticipata (misura temporanea che scadrà tra due anni) e la stabilizzazione dei domiciliari per gli ultimi 18 mesi di pena. Il premier Letta ha assicurato che "non ci sono in nessun modo elementi di pericolosità per i cittadini", il provvedimento serve a "smaltire l’arretrato, a rendere più veloce il processo civile"; e si è augurato che il Parlamento discuta il decreto con la necessaria urgenza. In cosa consistono le misure che il Governo ha predisposto su proposta del Ministro Cancellieri? Vediamo per prima cosa il DL "carceri". Liberazione anticipata. Per quanto riguarda la liberazione anticipata, si amplia il beneficio dell’aumento dei giorni di detenzione (da 60 a 75) per ciascun semestre di pena espiata. L’applicazione retroattiva comporta una contenuta anticipazione di un’uscita che si verificherebbe comunque in tempi brevi. "Non si tratta - come comunicato in una nota ufficiale - di una misura automatica e non si determina una liberazione immediata (in massa) di un numero rilevante di detenuti, ma è spalmata nel tempo e comunque sottoposta alla rivalutazione del giudice che deve verificare il corretto comportamento dei detenuti". Recupero dei tossicodipendenti. L’uso del braccialetto elettronico sarà facilitato, ma usato solo nei casi di detenzione domiciliare. "Per i piccoli spacciatori di droga - ha precisato il Ministro Cancellieri - l’istituzione del reato di spaccio lieve consente il recupero e la cura dei tossicodipendenti. In carcere il tossicodipendente non riceve le stesse cure che può ricevere nelle comunità". "Non si parli di indulti e indultini - ha sottolineato la Guardasigilli - non c’è nulla di automatico con questo decreto. Al giudice è data la facoltà di fare uscire delle persone con certi criteri, nei prossimi mesi ci potrebbe essere un’uscita scaglionata di 1.700 detenuti". Questa cifra va ad aggiungersi ai 4.000 usciti in virtù delle precedenti misure svuota carceri (si veda l’articolo già pubblicato su queste pagine). Rimpatrio stranieri. Il governo con le decisioni assunte intende inoltre rendere "più efficace l’identificazione dei detenuti stranieri che negli ultimi due anni di pena possono essere espulsi, dietro parere del magistrato di sorveglianza", una misura che "potrebbe portare all’espulsione di parecchi stranieri". Tra le novità riferite da Cancellieri anche la "messa alla prova" per condanne fino a 4 anni. Giustizia: Cancellieri: decreto non è atto clemenza, nessun pericolo per sicurezza pubblica Dire, 19 dicembre 2013 "Il nostro decreto legge non è un provvedimento di clemenza, punta sul limitare l’ingresso in carcere e favorirne l’uscita ma senza automatismi". Così il Ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri, intervenuta al programma di Radio 1 Rai, Prima di Tutto. "Il decreto - ha precisato il Ministro - ha l’obiettivo di tutelare la popolazione carceraria attraverso più controlli e soprattutto attraverso la figura del Garante per i Diritti del Detenuto che potrà effettuare ispezioni in qualsiasi struttura detentiva, senza preavviso o autorizzazione. Per quanto riguarda l’ uscita agevolata dei detenuti il Ministro ha specificato che avverrà sotto la supervisione del magistrato di sorveglianza e riguarderà solo chi si è distinto per buona condotta. Non ci sono pericoli per la sicurezza pubblica". "Ci sono due parti del decreto Carceri approvato ieri dal Consiglio dei Ministri che hanno efficacia immediata: quella che riguarda i tossicodipendenti e quella sugli immigrati". A dirlo è il Ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri, intervenuta al programma di Rai Radio1, Prima di Tutto. "Per quanto riguarda i reati legati al piccolo spaccio - ha aggiunto - sarà concessa la detenzione in comunità anche a chi è recidivo o colpevole di piccolo spaccio. Già operative anche misure più veloci per l’identificazione degli immigrati clandestini che ne consentano l’espulsione al posto della detenzione. Questo consentirà di diminuire la popolazione carceraria e ridurre il sovraffollamento". Amnistia e indulto? decide Parlamento "Qualsiasi provvedimento di clemenza tocca esclusivamente al Parlamento, non sono di mia competenza". Così il Ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri, intervenuta al programma di Rai Radio 1, Prima di tutto in merito all’audizione in Senato, prevista per domani, riguardo amnistia e indulto. Il Ministro ha fugato qualsiasi dubbio dicendo "mi hanno invitato a parlarne, io vado volentieri, ma non spetta me prendere decisioni. È una materia che riguarda esclusivamente il Parlamento". Necessario provare braccialetto elettronico Con il decreto carceri approvato ieri dal governo è previsto un maggior uso del braccialetto elettronico in caso di detenzione domiciliare e il ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri ha difeso la scelta di rilanciare il braccialetto elettronico, sottolineando la necessità di provarlo, nonostante i costi: "Strasburgo ci chiede di usare strumenti elettronici di controllo", quindi "proviamoci, e se non saranno necessari bisognerà dire con forza che non vanno ma qualcuno dovrà assumersi questa responsabilità". Il braccialetto elettronico - ha ricordato Cancellieri intervenendo a Radio 24 - "è sempre stato in uso, non è che non esisteva. Si è cercato di dar la possibilità di utilizzarlo di più. Non so perché in Italia c’è sempre stata diffidenza verso questa scelta, in Inghilterra se ne fa un uso incredibile, dà sicurezza alle forze dell’ordine, così in Francia e Spagna. Da noi viene usato molto a Campobasso dove c’è un magistrato che ci crede". Riguardo ai costi - il vicecapo della polizia Cirillo che sul braccialetto disse "costava meno se lo compravamo da Bulgari" - Cancellieri ha sottolineato: "Ha ragione perché lo Stato spende una cifra considerevole, la piattaforma dei costi che è sempre in uso è notevole. Allora dobbiamo decidere una volta per tutte se usarlo o no. Non lo dico io ma Strasburgo ci chiede di usare strumenti elettronici di controllo. Proviamoci, e se non saranno necessari bisognerà dire con forza che non vanno ma qualcuno dovrà assumersi questa responsabilità". Tamburino (Capo Dap): uscite a contagocce, decise caso per caso "Con la liberazione anticipata speciale abbiamo a che fare con provvedimenti singoli, decisi di volta in volta dal giudice, che riguardano solo detenuti che hanno osservato una condotta meritevole. Si tratta di una misura personalizzata, che porterà a un’uscita col contagocce". Lo spiega in una intervista al Messaggero Giovanni Tamburino, capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, assicurando che non si tratta di ‘indultino’. "Nel breve periodo - dice - saranno 1.500 - 1.700 detenuti. Nell’arco di 2 anni circa 3mila. La ricaduta in termini di sicurezza sarà quasi nulla". Quanto alla tragedia dell’omicidio - suicidio di Torino il capo del Dap conferma che "il personale è sottorganico di oltre 5mila unità. Vengo ora da Torino, dove tutti erano sotto shock. Come in altre sedi del nord, qui l’insufficienza di organico si manifesta in modo drammatico. Sono per forme di reclutamento circoscritte ad aree territoriali dove è necessario coprire il vuoto di organico". Nitto Palma: sì ad amnistia, partecipo a Marcia Natale "Io parteciperò alla Marcia di Natale. La marcia per l’amnistia è utile, positiva, importante, perché serve a sottolineare un problema enorme, già evidenziato dal Presidente della Repubblica. Anche i provvedimenti che vengono varati e che si immaginano in questi giorni non risolvono il problema e sembra servano solo a bypassare il problema più grave". Lo ha detto il presidente della Commissione giustizia del Senato Francesco Nitto Palma, intervistato da Radio Radicale sulla marcia per l’amnistia e l’indulto organizzata per il giorno di Natale. Nitto Palma ha ricordato che domani il ministro Cancellieri sarà in Commissione Giustizia al Senato proprio per riferire sulla questione amnistia e indulto. "Il ministro rilascia dichiarazioni in cui si proclama favorevole alla amnistia e all’indulto, vorremmo a questo punto conoscere la posizione del governo", ha detto Nitto Palma. Leva: Pd vuole riforma, ma stop uso strumentale pene "Non ci spaventa la riforma della giustizia. Siamo i primi a chiederla ed è necessario superare l’uso strumentale del diritto penale fatto in questi anni. Insieme al dl carceri, che miglioreremo in merito alla Fini-Giovanardi e alla detenzione domiciliare, deve essere approvata la riforma della custodia cautelare. Poi siamo pronti a discutere la riforma della responsabilità civile dei magistrati, naturalmente non con le finalità punitive vagheggiate da Fi, e a rivedere complessivamente il sistema delle pene". Lo afferma in una nota Danilo Leva, vicepresidente Pd in Giunta per le autorizzazioni della Camera. "Inoltre restiamo convinti della necessità di introdurre un istituto che renda effettiva l’obbligatorietà dell’azione penale come quello della tenuità del fatto - aggiunge. Al termine del processo di riforma si dovrà valutare il ricorso ad un provvedimento straordinario di clemenza che non può essere oggi escluso a priori". Alfano (Ncd): decreto e riforma custodia cautelare andranno insieme Il decreto legge sulle carceri approvato ieri dal Consiglio dei ministri e il disegno di legge attualmente all’esame della Camera che riforma la custodia cautelare marceranno insieme e sarà possibile avere "una riforma della custodia cautelare in una direzione assolutamente moderna. Mi fido e tra le persone per bene gli impegni si mantengono". Lo dice il ministro dell’Interno Angelino Alfano, durante la presentazione dell’ultimo libro di Bruno Vespa, ricostruendo in questi termini quanto avvenuto ieri nella riunione del Consiglio dei ministri e assicurando che "non è vero" che ci sia stato un contrasto tra lui, da un lato e il presidente del Consiglio, Enrico Letta e il ministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri, dall’altro. Pisapia: servono amnistia, indulto e riforma della giustizia "Chiedo al governo di farsi promotore di amnistia e indulto, e contemporaneamente vagli dei provvedimenti di riforma della giustizia". Lo ha detto il sindaco di Milano Giuliano Pisapia, intervistato da Radio Radicale sulla marcia di Natale promossa dai Radicali con don Mazzi e don Ciotti per l’amnistia e l’indulto. "La situazione carceraria e della giustizia è sull’orlo del collasso. C’è chi ha detto che le carceri italiane sono le migliori del terzo mondo, e io aggiungo che forse non sono neppure le migliori del terzo mondo", ha detto Pisapia. "Amnistia e indulto sono provvedimenti utili e necessari, ma aggiungo - ha detto Pisapia - che se non sono accompagnati da una riforma complessiva della giustizia noi non risolveremo il problema. Va benissimo un provvedimento di amnistia e indulto, ma il Parlamento e il governo lavorino contemporaneamente a cinque o sei riforme della giustizia". Polverini (Fi): favorevole a amnistia e indulto ma con riforma "Sul problema carceri sono favorevole da sempre a qualsiasi provvedimento che renda più dignitosa la vita di donne e uomini spesso costretti a vivere in una situazione insostenibile. Da anni mi impegno per il mondo carcerario e domani sarò presso la casa circondariale Nuovo Complesso di Civitavecchia per una visita di solidarietà". Così la deputata Renata Polverini (Fi). "Sono anche disponibile a provvedimenti come l’amnistia e l’indulto, ma insieme alla riforma della giustizia che in Italia, va con tempi troppo lenti. Mi auguro che il decreto varato ieri possa essere un primo passo per evitare un uso della carcerazione preventiva eccessivo che contribuisce sostanzialmente al sovraffollamento delle carceri." Ferri: con problema carceri indebolito semestre presidenza Ue "Il sovraffollamento carcerario è noto a tutti, la politica si deve interrogare. L’Europa ci ha dato un termine, maggio 2014, e per questo dobbiamo avere le carte in regola anche dal punto di vista della giustizia e della situazione carceraria, altrimenti ci presenteremo al semestre europeo indeboliti". Lo ha dichiarato Cosimo Ferri, sottosegretario alla Giustizia al Faccia Faccia di Luigi Galluzzo a Tgcom24. Bregantini (cei): finalmente il governo si è accorto del problema carceri La Cei attraverso monsignor Giancarlo Bregantini, presidente della Commissione Lavoro, Giustizia e Pace, accoglie con favore il decreto carceri approvato ieri dal Consiglio dei ministri per dare un po’ di sollievo all’affollamento nelle celle. "Ieri finalmente - ha sottolineato Bregantini - ci si è accorti" del problema. In particolare, il presidente della Cei ha sottolineato i continui moniti sul pianeta carceri del capo dello Stato Giorgio Napolitano e la necessità del "superamento di certe barriere. Dignità ai carcerati", ha ribadito Bregantini. Molteni (LN): "Pacco Natale governo a cittadini è pena sconti a detenuti" "Il pacco di Natale del governo Letta ai cittadini onesti contiene sconti di pena ai detenuti, liberazione anticipata da 45 a 75 giorni, cinque mesi di sconto garantiti per ogni anno di carcere, impunità per i tossicodipendenti, braccialetti elettronici per i domiciliari (dal 2001 a oggi quasi 100 milioni di spesa per 2000 braccialetti di cui solo 55 in uso e non funzionanti), sconti di buona condotta e oltre 3000 detenuti in libertà. E hanno anche il coraggio di dire che non è un salva delinquenti". Così il capogruppo della Lega Nord in commissione Giustizia alla Camera, Nicola Molteni. "La Lega Nord, al contrario del governo, annuncia una battaglia senza sconti contro questo provvedimento". Giustizia: intervista al ministro Cancellieri "resto al servizio dello Stato finché richiesta" di Claudia Fusani L’Unità, 19 dicembre 2013 "Di un eventuale rimpasto non mi curo. La politica è anche calcolo. Ora l’Italia sul carcere va in Europa a testa alta. L’evasione di Genova è gravissima". Più che al Panettone natalizio pensa alla Colomba pasquale, lavora "come fosse l’ultimo giorno" ma pensando di "avere davanti un anno". Mentre parliamo nel grande ufficio del ministero di via Arenula c’è un allarme sicurezza per un detenuto pericoloso evaso durante un permesso premio, la legge di Stabilità sta andando in aula alla Camera e al Senato i Cinque stelle tentano, inutilmente, l’ennesima spallata con una nuova mozione contro il ministro Guardasigilli e il viceministro De Luca. L’obiettivo è, ancora una volta, Renzi, il Pd, il governo. Ministro Cancellieri, teme un rimpasto di governo? "Non ne so nulla. Sono sempre stata e resto un servitore dello Stato. Finché mi si chiede di farlo. Altrimenti me ne vado. Un servitore obbedisce agli ordini, anche se non è d’accordo. Dunque farò quello che mi sarà richiesto, consapevole che la politica è anche calcolo. Nel frattempo penso a lavorare". Martedì in consiglio dei ministri il vicepremier e ministro dell’Interno Angelino Alfano è stato a un passo dalle dimissioni. Come sono andate le cose? "Il ministro Alfano ha posto due tipi di problemi. Il primo riguardava il carico di lavoro in più per gli uomini delle forze dell’ordine in conseguenza dell’aumento dei domiciliari e delle liberazioni anticipate. Il secondo riguardava l’assenza di misure per limitare il numero dei detenuti in attesa di giudizio. Sul primo punto è stato dimostrato che non ci sono nuovi carichi per le forze dell’ordine e che anzi, grazie a braccialetto elettronico e all’identificazione immediata dei detenuti stranieri che saranno espulsi 24 mesi prima della fine della pena, viene alleggerita la presenza degli stranieri nei Cie". E sulla custodia cautelare? "Alfano ha ragione, è in attesa di giudizio un terzo dei detenuti. Non è giusto. Ma il provvedimento che rivede la custodia cautelare è già in aula alla Camera. Toglierlo da lì e metterlo nel decreto sarebbe stato uno scippo istituzionale ingiustificabile". Forse il vicepremier aveva bisogno di marcare il suo territorio politico e far vedere a destra che non mette in libertà, come dice qualcuno, "ladri e drogati". "L’ho detto e l’ho ripetuto: il decreto non è un indultino e non ci sono problemi per la sicurezza visto che ogni uscita sarà prima valutata dal giudice di sorveglianza. Si tratta di un provvedimento che continua nella direzione già tracciata di voler cambiare un atteggiamento culturale sbagliato e perdente nei confronti del carcere e anchilosato da vent’anni di burocrazie spesso inutili. Il carcere non è una fogna, come dice papa Francesco. E l’Italia, come dice il premier Letta, deve ricordare di essere la patria di Cesare Beccaria". È possibile intanto chiarire il balletto di numeri sul decreto? "Proprio perché non c’è nulla di automatico è molto difficile indicare i detenuti che potranno beneficiare delle misure. L’unico dato certo sono i 1.700 che a giugno 2014 potranno usufruire della cosiddetta "liberazione anticipata", 75 giorni di sconto di pena invece di 45 per buona condotta ogni sei mesi". È il dato che diventa tremila o settemila se si valuta la complessiva efficacia del provvedimento sui due anni di prova? "È un calcolo elaborato dai giornali moltiplicando un numero che, però, non può esserlo. Possiamo fare previsioni solo di sei mesi in sei mesi". Una gamba del provvedimento riguarda i detenuti con reati legati alla tossicodipendenza, un terzo del totale. Avete ucciso la Fini-Giovanardi? "Abbiamo introdotto il reato di spaccio di lieve entità. Al netto quindi del tossicodipendente che ruba, scippa o fa rapine, abbiamo cercato di dare una chance a quei ragazzi che finiscono in carcere per reati di piccolo spaccio, sono recidivi e cumulano pene pazzesche. Dobbiamo dare loro una chance e permettere di andare, su richiesta e dopo il vaglio del giudice, in comunità assistite dove possono lavorare. Il protocollo con la Regione Toscana spero possa essere solo il primo di una lunga serie". Quello del giudice di sorveglianza è un ufficio Già sommerso di arretrati.. "Difatti il decreto prevede rinforzi in termini numerici e procedure più semplificate". Fuori i tossici, espulsione dei detenuti stranieri. Non sembra un provvedimento che può dare sollievo al paese che ammicca alla rabbia dei forconi. "Abbiamo un problema sul carcere grosso come una casa al netto del fatto che a fine maggio ci costerà circa 100 milioni di multa da parte della Ue. Sto cercando di non farli aumentare e di non pagarli. In agosto un primo decreto ha fatti uscire tremila detenuti. A giugno avremo 4.500 posti letto in più per arrivare a 12mila nel 2015. Sto aumentando l’ora d’aria, trovo soluzioni per impiegare le ore in attività lavorative. È nato il garante nazionale come interlocutore del detenuto che potrà denunciare la lesioni di diritti. L’Italia adesso è un paese che, sul fronte dell’esecuzione della pena, può andare a Bruxelles a testa alta". Sembra aver rinunciato ad amnistia e indulto? "Io posso solo assistere a quello che accadrà in Parlamento. Intanto continuo per la mia strada: cambiare il modo di trattare il detenuto". E però poi scappano, come il serial killer di Genova… "Si tratta di un episodio gravissimo che richiede un accertamento molto rigoroso. Inutile negare che questo rischia di essere un duro colpo a quanto stiamo facendo per rendere il carcere un luogo più civile e in grado di assolvere alla propria funzione rieducativa. Faremo chiarezza ed individueremo eventuali responsabilità. Fatti di questo genere non possono e non devono accadere". Dopo il caso Ligresti, a novembre, gli osservatori vedevano la nascita di questo decreto come la prova della sua capacità di proseguire nella mission politica… "Non sapevo che ci fosse questa sfida in atto. Ho passato momenti difficilmente immaginabili e aspri. Detto questo se mi fossi in qualche momento sentita dimezzata, me ne sarei già andata. Anche se, vista la mia stazza, pur dimezzata potrei bastare". Il governo mangerà la Colomba? "Non ho la sfera di cristallo. Abbiamo un’agenda molto ricca. Lavoriamo come se avessimo davanti un anno anche se ogni giorno potrebbe essere l’ultimo". Giustizia: Unione Camere Penali; decreto-carceri, luci ed ombre sotto l’albero di Natale Comunicato stampa, 19 dicembre 2013 Il decreto legge presentato è un passo concreto - e non il primo, di ciò va dato atto al Ministro - verso il rafforzamento delle misure alternative al carcere, ed è dunque importante per indicare percorsi riabilitativi diversi, e non soltanto per l’effetto di ridurre il numero dei detenuti, dove i risultati non potranno che essere ridotti, il che riporta alla necessità di varare - così come richiesto dal Capo dello stato - un provvedimento di clemenza generale per fronteggiare l’urgenza. Ciò posto, il provvedimento appare in linea con gli auspici e le indicazioni che l’Unione Camere Penali ha continuamente dato in questi anni e che vede con soddisfazione raccolti, sebbene rimanga da aggiustare il tiro, in sede di conversione, su alcuni aspetti che altrimenti darebbero problemi. Anzitutto l’innalzamento della liberazione anticipata per un predefinito arco di tempo, che determinerebbe una disparità di trattamento di dubbia costituzionalità e vedrebbe mortificata la portata pratica della modifica; in questo senso la scelta assunta nel medesimo decreto legge di stabilizzare la detenzione domiciliare per le pene brevi, che era partita anch’essa come misura temporanea, avrebbe dovuto insegnare qualcosa. Inoltre, appare criticabile la scelta di prevedere un iter più severo per i delitti di maggior allarme sociale, rafforzando il doppio binario, foriero di discriminazioni inaccettabili. Analoghe perplessità desta la pena massima del "piccolo spaccio" (art. 73 comma 5 Dpr 309/90) che - cedendo ad una tecnica legislativa dall’Unione sempre denunciata - è stata graduata in funzione degli strumenti processuali ed investigativi anziché del valore del bene giuridico tutelato dalla norma. Ad ogni modo, queste pecche potranno essere corrette nell’iter parlamentare, e comunque confidiamo che il provvedimento sia irrobustito da ulteriori misure. Viceversa, destano viva preoccupazione le anticipazioni di stampa sugli ulteriori provvedimenti legislativi rinviati a dopo le festività di fine anno. In particolare, preoccupa l’ipotesi di estensione ai processi ordinari della conservazione degli atti in caso di cambiamento del giudice, una norma che già appare insopportabile se circoscritta, com’è adesso, ai soli processi di criminalità organizzata - e contro la quale gli avvocati penalisti sono in stato di agitazione - figurarsi se estesa a tutti i processi, con l’effetto di fare emettere le sentenze ai giudici che del testimone non hanno visto la faccia, né ascoltato la voce. Giustizia: Bordin (Radicali); bene il decreto-carceri, ma senza un’amnistia resterà tutto come prima intervista a cura di Paolo Nessi www.ilsussidiario.net, 19 dicembre 2013 Non sarà un provvedimento epocale, né risolutivo. Per lo meno, ha il pregio di esistere. E, considerando l’assoluta inerzia della politica, il fatto che qualcosa si muova rappresenta già di per sé una piccola rivoluzione. In pratica, il decreto carceri approvato dal Consiglio dei ministri produrrà un calo della popolazione carceraria pari a circa 3mila detenuti. Lo sconto per buona condotta, inoltre, salirà da un massimo di 45 giorni a un massimo di 75 ogni 6 mesi di detenzione, previa ovviamente la decisione del giudice. Tale misura avrà valore retroattivo dal gennaio 2010. Il provvedimento, poi, potenzia le possibilità di affidamento terapeutico per i detenuti tossicodipendenti, che potranno usufruire delle comunità di recupero anche nel caso di recidiva per reati minori. Altra fondamentale novità è l’introduzione del Garante nazionale dei detenuti. Si tratterà di un organismo indipendente volto a dare tutela extra-giudiziale a quanti si trovano in galera. Massimo Bordin, per 20 anni direttore di Radio radicale, ci spiega la portata effettiva dell’intervento del governo. Cosa ne pensa del decreto? Di per sé, evidentemente, non si tratta di una misura negativa. Stiamo parlando pur sempre di persone che escono da una situazione umana intollerabile che, se fosse risparmiata anche a un solo detenuto, ci sarebbe da rallegrarsi. Detto questo, siamo ben lontani dall’avvicinarci alla soluzione definitiva del problema. Ci spieghi. I detenuti in Italia sono 67mila, a fronte di una capienza di 47 mila posti. I 3mila che vengono liberati grazie al decreto sono ben poca cosa rispetto all’ammontare complessivo. Come se non bastasse, i numeri ipotizzati dal governo rappresentano una semplice stima. Purtroppo, sappiamo che provvedimenti analoghi assunti in precedenza da questo stesso governo includevano dei calcoli che si sono rivelati approssimati per eccesso. Cosa dobbiamo aspettarci, invece, dall’istituzione del Garante dei detenuti? Beh, devo dire che sono fiducioso. Questa figura, in alcune Regioni, già esiste e funziona bene. In Lombardia e nel Lazio, per esempio. E, nel Lazio, la carica è stata ricoperta da un radicale, Gianfranco Spadaccia. Oltretutto, non dovrebbe esserci il rischio che si crei l’ennesimo carrozzone parastatale. La sua istituzione non necessita di particolari apparati, strutture o risorse, infatti, ma semplicemente di qualche persona esperta in materia. Crede che potrà realmente rivelarsi utile? Il garante, in molti casi, in seguito a delle segnalazioni potrebbe denunciare la situazione e attivarsi affinché a loro volta le amministrazioni competenti possano agire. Resta il fatto che, spesso, le carceri italiane sono gironi infernali a causa del sovraffollamento. Quando l’eccedenza supera certi limiti di guardia, neppure le amministrazioni hanno idea di come intervenire. Quindi, qual è la soluzione? Non c’è alternativa all’amnistia, per la quale noi radicali marceremo, a Roma, il giorno di Natale. Oltretutto, si tratterebbe dell’unico provvedimento in grado di evitarci le salatissime multe dell’Unione Europa. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia per le condizioni disumane del regime penitenziario, imponendo di risolvere la questione entro maggio 2014. Ovviamente, l’amnistia non si può fare per decreto. Ci riuscirà, il Parlamento, entro la data stabilita? Non credo proprio. Ci prenderemo la multa. Va dato atto, però, al ministro Cancellieri di avere una sensibilità in materia che i predecessori non avevano. Non escludo che questo provvedimento rappresenti, almeno, il segnale che la questione delle carceri sia stata posta, finalmente, all’ordine del giorno dell’agenda politica. Giustizia: dal decreto-carceri nuovi diritti per i tossicodipendenti, ma saranno esigibili? di Mimmo Battaglia (Presidente Fict) www.progettouomo.net, 19 dicembre 2013 In Italia, oggi i detenuti in carcere sono 63.657 e il tasso di sovraffollamento resta sopra il 140% il più alto dell’UE. Con l’approvazione del decreto legge sulle carceri, che intende alleggerire e migliorare tale situazione, si prevede che nei prossimi mesi usciranno 1700 detenuti. La Federazione Italiana Comunità Terapeutiche valuta positivamente il decreto varato ieri che permette ai piccoli spacciatori e tossicodipendenti una maggiore possibilità di accedere alle comunità di recupero come pena alternativa. Siamo preoccupati per quanto riguarda l’efficacia, in quanto il budget previsto per gli invii in comunità rischia di essere insufficiente a coprire il reale fabbisogno che determina uno stato di emergenza assoluta. Infatti, ad oggi, ci chiediamo se le Comunità terapeutiche che operano in regime di accreditamento sanitario sul territorio nazionale possano accogliere le istanze provenienti dalle carceri, così come disposto anche dal nuovo decreto. Il timore è che i provvedimenti rischino di rimanere sulla "carta" ed a pagare siano sempre e comunque i soggetti più deboli. Ciò che potrebbe rappresentare una via di riscatto sociale per i detenuti e una scelta di civiltà per l’intera società rischia di ripercuotersi sui territori creando ulteriore disagio e alimentando il circolo vizioso della recidiva. Noi crediamo che le carceri non possano essere semplicemente "svuotate" ma vada strutturato un percorso di accoglienza e accompagnamento che risponda al principio costituzionale della rieducazione della pena. Concordiamo con quanto affermato dal Premier Enrico Letta circa la necessità che il Decreto non vada letto come un rischio per i cittadini e per questo è necessario che siano previsti livelli adeguati di assistenza e cura. Va condiviso ancor più il pensiero del Ministro Cancellieri allorché afferma "in carcere il tossicodipendente non riceve le stesse cure che può ricevere nelle comunità". L’invio in Comunità per garantire il diritto alla cura, richiede che vi siano le risorse Il grido di disperazione rimane ancora una volta inascoltato e l’unica e triste realtà è che oggi le Comunità Terapeutiche sono al collasso e con loro rischiano di frantumarsi anche le condivisibili intenzioni dei provvedimenti legislativi. Giustizia: le carceri? una macchina costosa, indifferente di fronte al suo fallimento di Vladimiro Polchi La Repubblica, 19 dicembre 2013 A fotografare la vita dietro le sbarre è l’Associazione Antigone col suo decimo rapporto sulle condizioni di detenzione in Italia. Si è sempre parlato di una capienza di 47.649 posti, ma il numero effettivo di letti disponibili, per ammissione del ministro Cancellieri, è decisamente inferiore e si aggira attorno ai 37mila. "Il carcere è una macchina costosa che alimenta se stessa, crea la propria domanda e resta indifferente al proprio fallimento". Una prova? Dei 66.028 detenuti presenti al 30 giugno 2013, solo 28.341 (il 42,9%) erano alla prima carcerazione. Il restante 57% tornava in prigione dopo esserci già stato. A fotografare la vita dietro le sbarre è l’Associazione Antigone col suo X rapporto sulle condizioni di detenzione in Italia. Qualche numero: al 30 novembre di quest’anno erano presenti 64.047 detenuti per una capienza regolamentare di 47.649 posti. Il sovraffollamento. Da tempo Antigone sostiene che il numero effettivo dei posti disponibili sia decisamente inferiore alla capienza dichiarata e intorno ai 37mila. Un dato ora confermato dallo stesso ministro Annamaria Cancellieri: "Questa storia del numero dei posti letto in carcere è tutta vera, avete ragione voi. Sono effettivamente meno". Il dato del sovraffollamento è del 134,4%, ovvero in 100 posti sarebbero detenute più di 134 persone. È uno dei valori più alti in Europa, ma se si fa riferimento alla capienza effettiva stimata da Antigone, questa percentuale schizza a oltre il 173%. Le regioni più sovraffollate? Liguria (169,9%), Puglia (158,1%), Emilia Romagna (155,9%) e Veneto (153,4%). La custodia cautelare. Le persone in custodia cautelare sono 23.923, il 37,4% della popolazione detenuta, un numero senza confronti in Europa. La situazione è ancora più abnorme in alcune regioni come Campania (49,6%), Calabria (49,5%), Liguria (43,1%), Lazio (41,7%) e Puglia (41,5%). Se si guarda ai soli detenuti stranieri (ben 22.434), sono in custodia cautelare addirittura il 43,2%. Record europeo. Da qualche anno Antigone coordina lo European Prison Observatory, un progetto di ricerca che coinvolge attualmente 8 Paesi: Francia, Grecia, Italia, Lettonia, Polonia, Portogallo, Regno Unito e Spagna. Ebbene tra questi, l’Italia presenta la percentuale più alta di persone in custodia cautelare e il più alto tasso di affollamento delle carceri. Carcere e droga. Al 31 dicembre 2012, ultimo dato disponibile, la percentuale di tossicodipendenti nelle carceri italiane era del 23,8%, del 20,70% tra i soli detenuti stranieri. Ancora più allarmante il numero di persone detenute per violazione della legge sulle droghe. In particolare i detenuti per violazione del solo art. 73 del Testo Unico sugli stupefacenti sono il 38,4% del totale nazionale, il 47% dei detenuti stranieri. Volontari e mediatori. Il volontariato penitenziario italiano continua a essere una anomalia positiva: secondo i dati del Dap nel 2012 sono stati 12.098. I mediatori culturali, al contrario, sono pochissimi: nel 2012 sono stati 261 su 23.492 detenuti stranieri (ossia uno ogni cento detenuti stranieri). Inoltre lavorano sottopagati per poche ore a settimana e non full-time. Bambini dietro le sbarre. Al 30 giugno 2013, nei 16 asili nido penitenziari esistenti in Italia erano detenute 51 madri con 52 bambini: la gran parte, ben 20, solo a Roma. Gli agenti. Nel 2003 il personale di polizia penitenziaria era composto da 45.899 unità, nel 2011 da 40.865. "Oggi la carenza di personale di polizia è una delle criticità del sistema penitenziario più denunciate - sostiene Antigone - ma si dimentica come, in rapporto al numero di detenuti, l’Italia sia tra i Paesi con più polizia penitenziaria in Europa. I dati forniti dalle ultime statistiche del Consiglio d’Europa ci dicono che in Italia, a settembre 2011, c’era un poliziotto penitenziario ogni 1,9 detenuti. In Francia i detenuti per poliziotto erano 2,6, in Germania 2,7, in Spagna 3,9 e in Inghilterra e Galles 2,8". I morti in cella. Nel corso del 2013, i detenuti morti in carcere sono stati 99, l’ultimo lo scorso 13 dicembre a Bergamo per infarto. Tra le cause, 24 decessi per malattia, 47 per suicidio e 28 per cause ancora da accertare. Dei 47 suicidi, 24 erano italiani, 23 cittadini stranieri. Il primato delle morti spetta a Roma Rebibbia con 11 decessi (di cui 2 per suicidio, 3 per malattia e gli altri ancora da accertare), seguito da Napoli, dove a Poggioreale sono morti fino a oggi 6 detenuti. Il detenuto morto più giovane aveva 21 anni, era marocchino e si è impiccato il giorno dopo Ferragosto nella casa circondariale di Padova. Il detenuto deceduto più anziano aveva 82 anni, è morto a seguito di un malore e stava scontando la sua pena nella casa di reclusione di Rebibbia. "Aveva gravi patologie ed era stato recentemente colpito da un ictus. Agli inizi di ottobre il Tribunale di Sorveglianza aveva rigettato la sua richiesta di differimento della pena per motivi di salute". Giustizia: l’ex magistrato Gherardo Colombo; carcere inutile, serve educare e non punire 9Colonne, 19 dicembre 2013 "Quando ho iniziato la carriera di magistrato ero convintissimo che la prigione servisse, ma presto ho cominciato a nutrire dubbi. Anche se non l’ho mai detto, ritenevo giusto, ad esempio, proporre che i giudici, prima di essere abilitati a condannare, vivessero per qualche giorno in carcere come detenuti. Continuavo a pensare che il carcere fosse utile; ma piano piano ho conosciuto meglio la sua realtà e i suoi effetti. Se il carcere non è una soluzione efficace, ci si arriva a chiedere: somministrando condanne, sto davvero esercitando giustizia?". Lo ha affermato Gherardo Colombo in un incontro, ieri sera a Trento, nell’aula magna del Liceo "Rosmini". L’ex magistrato, famoso per le inchieste P2, Mani pulite e Lodo Mondadori, ha così approfondito le tematiche al centro del suo ultimo libro, "Il perdono responsabile" che riguarda le alternative alla punizione e alle pene tradizionali. "Per la Costituzione - ha aggiunto Colombo, che nel pomeriggio aveva incontrato un gruppo di studenti detenuti a Trento - ciascuna persona è un valore, ha dei diritti inalienabili. Il presupposto della democrazia è quindi il riconoscimento della pari dignità a tutti gli individui, senza discriminazioni. La capacità di scegliere è una condizione che riguarda le persone libere grazie ad una educazione che le rende consapevoli. Chi non avuto questa educazione o chi ha avuto degli input sbagliati non deve essere per forza punito, ma deve essere aiutato a comprendere i propri errori. È fondamentale fornire dei motivi affinché una persona si comporti bene, rifletta sulle proprie scelte". Secondo l’assessore provinciale alla salute e alla solidarietà sociale, Donata Borgonovo Re, presente alla serata, "il tema della pena ci deve far capire che esiste nel cuore di ogni persona il desiderio di recuperare la propria dignità e di trovare una nuova collocazione nella società. Abbiamo però bisogno di costruire una cultura di accoglienza all’esterno del carcere. Giustizia: oggi nel carcere a Padova inizia il V Congresso di "Nessuno Tocchi Caino" Tm News, 19 dicembre 2013 Inizia oggi il Quinto Congresso di Nessuno tocchi Caino che si concluderà il 20 dicembre nella Casa di Reclusione di Padova, nel ventennale dalla sua fondazione, avvenuta nel dicembre del 1993. Il Congresso, che si svolge in collaborazione con "Ristretti Orizzonti", si aprirà giovedì 19 alle ore 13.30 con le relazioni del Presidente Marco Pannella, del Segretario Sergio D’Elia e della Tesoriera Elisabetta Zamparutti e concluderà i suoi lavori venerdì 20 in tarda mattinata. Il Ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri interverrà al Congresso la mattina del 20 dicembre, mentre la Segretaria di Radicali Italiani, Rita Bernardini, terrà una Relazione dal titolo "La lunga Marcia per l’Amnistia" in vista della Marcia di Natale che i Radicali hanno promosso per il 25 dicembre a Roma. Sono previste, inoltre, relazioni di Padre Guido Bertagna, Maria Antonietta Farina Coscioni, Prof. Davide Galliani, Marco Perduca, Francesco Radicioni, Giuseppe Rossodivita, Sergio Segio e Maurizio Turco. La Redazione di Ristretti Orizzonti e i detenuti iscritti a Nessuno tocchi Caino interverranno al Congresso con le Relazioni di Carmelo Musumeci, Lorenzo Sciacca e Bruno Turci. Porteranno il saluto al Congresso Giancarlo Galan, Presidente della Commissione Cultura della Camera, Gianluca Pecchini, Direttore generale della Nazionale Cantanti, Don Albino Bizzotto, Presidente di Beati i Costruttori di Pace, Annamaria Alborghetti, Presidente Camera Penale di Padova e Anna Pia Saccomandi, Segretaria Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia. Interverranno al Congresso parlamentari o ex parlamentari iscritti all’Associazione, tra cui Marco Beltrandi, Salvatore Bonadonna, Antonio Buonfiglio, Bruno Mellano, Cesare Salvi, Gino Sperandio e il Consigliere Regionale del Veneto Diego Bottacin. Il V° Congresso di Nessuno tocchi Caino, che ha per tema il "No alla pena di morte e alla morte per pena", darà conto di quella che è una tendenza ormai irreversibile verso l’abolizione della pena di morte nel mondo e presenterà gli obiettivi della campagna di Nessuno tocchi Caino dopo l’approvazione nel dicembre 2012 della nuova Risoluzione sulla Moratoria Universale delle esecuzioni da parte dell’Assemblea Generale dell’Onu. Il Congresso affronterà anche un tema di attualità nel nostro Paese che, dopo aver abolito la pena di morte, mantiene ancora la "pena fino alla morte" quale è l’ergastolo e continua a riservare una "morte per pena", come purtroppo accade nelle nostre carceri, a coloro i quali vivono o lavorano in condizioni strutturali inumane e degradanti. Giustizia: quel serial killer armato in libertà detenuto modello per la burocrazia Corriere della Sera, 19 dicembre 2013 Il pool di esperti che lo ritiene una persona tranquilla, il permesso nonostante i precedenti e il decreto svuota carceri.È disarmante l’affermazione del direttore del carcere di Genova, dal quale il serial killer Bartolomeo Gagliano è evaso senza alcuno sforzo dalla porta principale, grazie a un permesso-premio: "Non sapevamo che avesse quei precedenti, per noi era un rapinatore". Invece nell’ormai lontano 1981, a soli 23 anni, aveva ucciso una prostituta, e dopo otto anni di manicomio criminale scappò e ammazzò un transessuale. Ripreso, fu giudicato incapace di intendere e di volere; condizione che gli evitò altre condanne per lesioni, aggressioni e una sfilza di ulteriori reati. Questo risulta dalle notizie circolate dopo la nuova fuga, ma il responsabile del luogo di detenzione di Gagliano sostiene che ne era all’oscuro: "L’abbiamo valutato in base al fascicolo di reato che risale al 2006 e lo indica come un rapinatore". Quanto alla presunta pazzia, "era diventato una persona tranquilla, seguito da un pool esperti; credevamo di poterci fidare". Buona condotta dall’ultimo arresto, fine pena nel 2015, dunque per la burocrazia tutto era a posto. Del resto l’evaso aveva già usufruito di un precedente permesso, dal quale era puntualmente rientrato. Tutto in regola, insomma. Forse. Ma, se davvero le cose stanno così, che regola è quella secondo cui il capo di una prigione ordinaria non conosce i precedenti di un detenuto scontati in un ospedale psichiatrico giudiziario? E che informazioni ha avuto il magistrato di sorveglianza che ha firmato il provvedimento di uscita di un assassino (e pare che nel conto ci siano pure un paio di tentati omicidi)? Ora ci saranno le dovute inchieste per accertare le responsabilità, e magari la rapida resipiscenza del fuggitivo di cui si mostra convinto il direttore del carcere — in contrasto con l’allarme sulla sua pericolosità lanciato dagli investigatori — eviterà altri guai. Speriamo. Ma quel che è accaduto, e la candida (e probabilmente improvvida) ammissione di ignoranza del direttore, non lascia tranquilli. Anzi, lascia allibiti. Anche perché tutto s’è consumato mentre il governo varava un decreto per contrastare il sovraffollamento delle galere destinato ad allargare le maglie dei benefici ai reclusi. Perché di questo necessita la vivibilità dei penitenziari che scoppiano, come ricordato ieri dal sindacato degli agenti di custodia: chiedono che l’evasione non metta in discussione i permessi-premio, istituto utile di cui le pochissime violazioni rientrano nella normale fisiologia. Ma quando derivano da disfunzioni come quella svelata dalla fuga del serial killer, è difficile che non ci siano conseguenze. A danno di tutti, purtroppo. Sappe: braccialetto elettronico per controllo detenuti in esecuzione penale esterna "Il mancato rientro nel carcere di Genova Marassi del detenuto Bartolomeo Gagliano, accusato di tre omicidi e un tentato omicidio, rientra purtroppo tra gli eventi critici che possono accadere. Ora è assolutamente prioritario catturare l’evaso ma questo episodio, seppur grave, non può inficiare l’istituto della concessione di permessi ai detenuti, anche perché gli episodi di evasione sono minimi, ma è evidente che c’è sempre qualcuno che se ne approfitta. Nel 2012 sono state complessivamente 13 le evasioni commesse da soggetti ammessi al lavoro all’esterno, 14 quelle poste in essere da Istituti di pena, 55 dopo aver fruito di permessi premio e 27 dalla semilibertà, mentre nei primi sei mesi del 2013 si sono contate 6 evasioni da strutture di pena, 20 da permesso premio 1 da lavoro all’esterno e 7 dalla semilibertà". A dichiararlo è Roberto Martinelli, segretario generale aggiunto del sindacato autonomo polizia penitenziaria Sappe, che chiede "di valutare l’opportunità che ai detenuti in permesso venga applicato il braccialetto elettronico di controllo, costato peraltro decine di milioni di euro pubblici e poco utilizzato. Ciò permetterebbe di tenerlo sotto il controllo di una Centrale Operativa interforze, pronta ad intervenire in caso di anomalie". E "ai ministri dell’Interno Alfano, già Guardasigilli, e della Giustizia Cancellieri, già all’Interno" Martinelli propone "di riprendere dai cassetti delle scrivanie ministeriali in cui inspiegabilmente è stato riposto da sinistre mani maldestre quello schema di decreto interministeriale finalizzato a disciplinare il progetto che prevede l’utilizzo della polizia penitenziaria all’interno degli Uffici di esecuzione penale esterna (Uepe) nel contesto di un maggiore ricorso alle misure alternative alla detenzione. Quello della polizia penitenziaria proiettata nel controllo esterno dei detenuti è un provvedimento che alla luce della legge concepita dal Governo e ratificata dal Parlamento assume una prioritaria urgenza". "Per molti mesi - conclude - abbiamo discusso con l’amministrazione penitenziaria la bozza del decreto interministeriale Giustizia-Interno, ma inspiegabilmente quel decreto si è arenato in chissà quali meandri pur potendo costituire un importante tassello nell’ottica di una riforma organica del sistema penitenziario e giudiziario italiano. Si era previsto molto chiaramente come il ruolo della polizia penitenziaria negli uffici per l’esecuzione penale esterna fosse quello di svolgere in via prioritaria rispetto alle altre forze di polizia la verifica del rispetto degli obblighi di presenza che sono imposti alle persone ammesse alle misure alternative della detenzione domiciliare e dell’affidamento in prova. Il controllo sulle pene eseguite all’esterno, oltre che qualificare il ruolo della polizia penitenziaria, potrà avere quale conseguenza il recupero di efficacia dei controlli sulle misure alternative alla detenzione, cui sarà opportuno ricorrere con maggiore frequenza. Efficienza delle misure esterne e garanzia della funzione di recupero fuori dal carcere potranno far sì che cresca la considerazione della pubblica opinione su queste misure, che nella considerazione pubblica, non vengono attualmente riconosciute come vere e proprie pene. Per questo motivo auspico che i ministri Cancellieri ed Alfano riprendano in mano quello scheda di decreto interministeriale al più presto". Giustizia: colleghi, ma non la vedete dunque la "notizia"? pensate solo ai "forconi"? di Valter Vecellio Notizie Radicali, 19 dicembre 2013 Con una tempistica che non avrebbe potuto immaginare neppure il più incallito dietrologo, non trascorrono ventiquattr’ore dai pur blandi provvedimenti del Governo in materia di carceri e giustizia, ed ecco che Bartolomeo Gagliano, 55 anni, accusato di aver ucciso due donne e una transessuale, beneficiario di un permesso premio, si eclissa. Lo prenderanno, è da immaginare che il clamore suscitato dalla sua evasione sia tale da mettere in campo tutte le forze investigative, mobilitate per catturarlo; ed è da sperare che ci riescano prima che Gagliano uccida ancora, come pure si teme possa fare. Il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri promette che saranno individuate tutte le responsabilità per l’accaduto. Non c’è da dubitarne. Però come non rimanere sconcertati nell’apprendere che oltre i delitti di cui si è macchiato, Gagliano aveva tentato altre cinque volte di evadere. Ed ancora più stupefacente la dichiarazione attribuita al direttore del carcere di Genova-Marassi Salvatore Mazzeo: "Non sapevamo che avesse quei precedenti penali da serial killer, per noi era un rapinatore". Come è possibile? Gagliano, responsabile di tre delitti, era stato giudicato "incapace di intendere e di volere", già finito in Ospedale Psichiatrico Giudiziario; per questo non è stato tecnicamente condannato; ma un conto è che non compaiano le condanne, altro che il direttore del carcere non venga avvertito della persona con cui avrà a che fare. Detto questo, la vicenda farà, inevitabilmente scalpore. Già da ieri è suonata la grancassa in questo senso. In parallelo l’iniziativa nonviolenta dei radicali, e in particolare di Marco Pannella. Ha iniziato dall’altro giorno uno sciopero della fame e della sete. Qualcuno si è scomodato per sapere perché lo fa? Ogni giorno – guardate lei siti radicali – arrivano adesioni da ogni dove, di ogni "colore" politico, credenti e laici; qualcuno è andato da don Antonio Mazzi, da don Luigi Ciotti, da monsignor Agostino Superbo, da qualche cappellano carcerario, a chiedere loro cosa viene mai in mente di marciare il 25 dicembre assieme ai radicali e a Pannella? E poi le maggiori organizzazioni degli agenti di polizia penitenziaria, il sindacato dei direttori delle carceri… Scorrete la lista, non c’è che l’imbarazzo della scelta: partecipano e promuovono la Marcia di Natale 2013: don Antonio Mazzi, fondatore delle comunità Exodus, Marco Pannella, Emma Bonino; don Ettore Cannavera, Presidente dei cappellani penitenziari sardi; Eugenio Sarno, segretario della Uil penitenziaria; sen. Luigi Manconi, Presidente Commissione Diritti Umani del Senato; Patrizio Gonnella, Presidente Associazione Antigone; Salvo Fleres, già Garante dei diritti dei detenuti per la Regione Siciliana; Angiolo Marroni, Garante diritti dei detenuti della Regione Lazio, Stefano Anastasia, Presidente onorario Associazione Antigone; on. Sandro Gozi, Presidente delegazione italiana presso Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, Valerio Spigarelli, Presidente dell’Unione delle Camere Penali Italiane (UCPI); Luigi Amicone, Direttore di "Tempi"; Enrico Sbriglia, Provveditore Regionale Amministrazione Penitenziaria Piemonte; Marco Arcangeli, Presidente Camere Penali di Rieti; Rosario Tortorella, Segretario Nazionale SI.DI.PE (Sindacato Direttori Penitenziari); sen. Nitto Palma, già Ministro della Giustizia, Presidente della Commissione Giustizia del Senato; Sen. Franco Marini; on. Mario Marazziti; Don Vincenzo Russo, responsabile Casa Caciolle (FI); Leo Beneduci, Segretario OSAPP (Organizzazione Autonoma Polizia Penitenziaria); Antonio Savino, Segretario Snalpe (Sindacato Autonomo Lavoratori Polizia penitenziaria); padre Massimiliano Sira, cappellano carcere di Buoncammino; suor Fabiola Catalano, volontaria del Carcere Velletri; don Gaetano Galia cappellano carcere Sassari; don Mario Cadeddu, cappellano carcere Macomer; don Nicolò Porcu, cappellano carcere di Mamone; don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele; Margherita Michelini, direttrice del carcere "Mario Gozzini" di Firenze; Ottavio Casarano, direttore C.C. Trieste; on. Giancarlo Galan, già Ministro dei Beni Culturali, Presidente della Commissione Cultura, Scienza e Istruzione alla Camera; Comune di Lodi e don Luigi Gatti, cappellano del carcere di Lodi; sen. Felice Casson, Vicepresidente della 2ª Commissione permanente Giustizia; Elisabetta Laganà, Presedente Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia; Alfredo Arpaia, Presidente della LIDU; Lucio Barani, Senatore GAL, Ignazio Marino, Sindaco di Roma, Roberto Giachetti, Vice-Presidente Camera dei Deputati, Franca Chiaromonte, già senatrice, Letizia Paolozzi, giornalista; Salvatore Chiaramonte e Fabrizio Fratini, CGIL Funzione Pubblica; Santino Spinelli in Arte Alexian, musicista, compositore e insegnante italiano di etnia rom; Gian Mario Gillio, direttore di "Confronti"… Non si tratta solo della condizione delle carceri, nelle quali 65.000 detenuti sono ammassati in celle che potrebbero ospitarne al massimo 37.000, ma della vita di milioni di cittadini italiani e delle loro famiglie, che sono o direttamente parti in causa, o comunque coinvolti negli attuali oltre 10 milioni di procedimenti penali e civili pendenti nei nostri tribunali, molti dei quali destinati a risolversi dopo troppi anni, altri cancellati dalla prescrizioni; in media sono infatti 500 ogni giorno le prescrizioni di reati che maturano nel silenzio: un’amnistia nascosta di cui nessuno si assume la responsabilità politica. Anche oggi, come ieri, continuiamo a ritenere che per far fronte a questa grave situazione, possa proporsi solo uno strumento tecnico, previsto dalla Costituzione, quale un provvedimento di amnistia: la più ampia possibile, che possa da subito ridurre drasticamente il carico processuale dell’Amministrazione della Giustizia, perché essa, sollevata dal peso immane di un arretrato impossibile da smaltire, possa così tornare al più presto a operare con efficienza. amnistia che sia premessa e traino di quella Riforma della Giustizia da anni invocata e mai realizzata. Assieme a questa, un indulto, per ripristinare la legalità nelle nostre carceri ponendo fine alla tortura dei trattamenti inumani e degradanti. Non c’è dunque notizia, colleghi? Possibile che vogliate e sappiate vedere sempre e solo "forconi"? Sardegna: ricerca Dap-Università Cagliari; scontare pena nell’isola abbassa tasso recidiva Ansa, 19 dicembre 2013 Seppure in una situazione di emergenza che si registra in tutte le carceri italiane, la Sardegna sembra andare in controtendenza e in alcuni casi, cioè il 42,02% di coloro che scontano o hanno scontato una condanna definitiva dal luglio 2007 al luglio 2013, il trattamento funziona, abbassando la soglia di recidiva rispetto alla media italiana che si attesta al 69,8%. Il dato emerge da uno studio condotto in collaborazione tra il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria della Sardegna e l’Università di Cagliari e illustrato oggi dal Capo dipartimento, Gianfranco De Gesu, e dalla docente di psicologia criminale, Cristina Cabras. Secondo questo studio la recidiva è inversamente proporzionale al livello di istruzione dei detenuti, cioè la maggior parte di chi "ricasca" in un reato dopo una prima esperienza ha un livello di istruzione medio basso (licenza elementare o media) e risulta essere strettamente correlata con il tipo di misura concessa: più bassa (13,8%) per chi sconta la pena con misure alternative al carcere o all’interno di una delle tre colonie penali sarde di Isili, Mamone e Is Arenas. I soggetti più recidivi sono spesso i giovani (20,4% tra i 18 e i 24 anni e 18,8% tra i 25 e i 34 anni), quelli affetti da una forma di dipendenza (alcol o droga, 21,1%) e che hanno commesso reati contro il patrimonio (22,9%) o contro la famiglia (17,6, maltrattamenti o abusi). Sull’eventualità di rientrare nuovamente in carcere incide anche la durata della condanna (più è breve più aumentano le possibilità, 27,1% se meno di un anno). "Ci siamo chiesti se il trattamento funziona e se i detenuti sono recidivi rispetto alle misure a cui vengono sottoposti - ha spiegato De Gesu. C’è da dire, però, che in buona misura le condizioni più favorevoli negli istituti sardi incidono positivamente anche sulla recidiva. Certo l’amministrazione penitenziaria esegue il trattamento e la rieducazione - ha chiarito il dirigente - ma quest’ultimo compito dovrebbe essere sentito anche dalla società intera quando queste persone rientrano nella vita di tutti i giorni. Per noi ci sono ancora grossi margini di miglioramento - ha concluso De Gesu - vogliamo incrementare le nostre colonie esportando questo modello". Toscana: Radicali; intesa Rossi-Cancellieri primo passo, ma il sovraffollamento resta www.gonews.it, 19 dicembre 2013 In merito al protocollo siglato nella giornata di ieri dal Governatore Enrico Rossi e dal Ministro della Giustizia Cancellieri sul tema carcerario, sono intervenuti il consigliere provinciale radicale Massimo Lensi ed il segretario dell’associazione radicale "Andrea Tamburi, Maurizio Buzzegoli: "È meritevole l’iniziativa promossa dal Presidente Enrico Rossi e sostenuta dalla Ministro Cancellieri, ma ancora non basta a risolvere la drammaticità del sistema penitenziario toscano che, ad oggi, vede presenti negli istituti circa 1.000 detenuti in più rispetto alla capienza regolamentare". I due radicali proseguono sulla riapertura di Pianosa: "Abbiamo già espresso la nostra contrarietà a questa decisione: riaprire Pianosa è una scelta controproducente" Infine, Lensi e Buzzegoli, concludono ribadendo la proposta di amnistia: "Il prossimo Natale marceremo a Roma per l’amnistia e l’indulto: unici due provvedimenti capaci di farci rientrare nella legalità costituzionale e internazionale". Toscana: Lazzeri (Ncd); l’Opg di Montelupo diventi un carcere a regime attenuato www.gonews.it, 19 dicembre 2013 "Soddisfazione per il piano di impiego e recupero dei detenuti sull’isola di Pianosa sottoscritto dal governatore Rossi, peraltro già presentato dal nostro gruppo senza alcun esito nel 2011, ma adesso la Regione deve prendere di petto la questione dell’Opg di Montelupo: la proposta del Nuovo Centrodestra è quella di realizzare nella villa dell’Ambrogiana un regime di carcere attenuato per i detenuti in attesa di giudizio. Si tratta di una misura con effetti su scala locale, simili a quelli del decreto Cancellieri, che permetterà di dare respiro a carceri con sovraffollamenti che superano dell’80% oltre i limiti, come Firenze e Pistoia". È la proposta del consigliere regionale Ncd e membro della IV commissione Sanità e Politiche Sociali Gian Luca Lazzeri. "Solo nel carcere di Sollicciano a Firenze - sottolinea - i detenuti in attesa di giudizio sono più di 300 in pratica un terzo degli internati del penitenziario, una quota che in tutta la regione supera le 1.500 unità. Si tratta di persone che non hanno ancora ricevuto una condanna definitiva e che sono innocenti fino a sentenza di condanna passata in giudicato. La Regione Toscana con la delibera 715 del 26 agosto 2013 ha concretizzato il percorso regionale di superamento degli Opg, creando ex novo 1 struttura di livello di sicurezza elevata e ristrutturate 4 strutture sanitarie extra ospedaliere dedicate a chi non sottoposto a misure detentive dove collocare gli internati. Ma la decisione sulla destinazione dell’Opg sarà frutto di un confronto della Regione col Ministero di Grazia e Giustizia anche se per ora gli 11.587.351 di euro stanziati da Roma per il superamento dell’Opg di Montelupo restano ancora nei capitoli di bilancio del Ministero. Nel frattempo però sarebbe auspicabile che la Giunta inizi a valutare la realizzazione della casa circondariale dove trasferire almeno parte di queste persone, tenendo presente che nel 2011 le persone presenti nell’Opg erano circa 130. Fra i motivi a sostegno di questa scelta c’è anche la sorte del personale dell’Opg, oggi impiegato nella struttura e in sovrannumero rispetto alle future esigenze. Al 31 dicembre si contavano infatti 85 uomini di polizia penitenziaria, 6 impiegati nell’area amministrativa e 3 in quella pedagogica che con la conversione in casa circondariale attenuata potrebbero essere riassorbiti. Ma proprio sul fronte del futuro utilizzo si preannunciano venti di guerra. La normativa prevede che la destinazione dell’utilizzo degli immobili ex Opg venga concordato tra Regione e Ministeri competenti. Leggendo la delibera 715, si legge che la Giunta regionale "in virtù dell’ubicazione e il carattere storico dell’edificio", è impegnata a definire la futura destinazione dell’immobile coinvolgendo il Comune di Montelupo. Ci auguriamo che ad un uso a fini civili sia preferita una scelta di civiltà che dia respiro al carcere fiorentino e ripristini i diritti dei detenuti". Bergamo: muore il detenuto-poeta, i suoi testi diventeranno una canzone di Rosanna Scardi Corriere della Sera, 19 dicembre 2013 Era riuscito a far uscire emozioni e sentimenti dalle fredde mura del carcere di Bergamo attraverso la poesia. E ieri sarebbe stato in prima fila, nell’auditorium della casa circondariale, per ascoltare le parole e i versi dei suoi compagni musicate e arrangiate sotto forma di canzoni nel concorso "Anime fuori". Ma è morto all’improvviso e il concerto è stato rinviato a febbraio. Roberto Rossetti, 43 anni, originario del Bresciano, non ce l’ha fatta. Ad accorgersi che respirava con affanno il compagno di cella, ma nonostante l’intervento della Croce Rossa e i tentativi di rianimazione, è morto poco prima delle nove di ieri mattina. Il lutto ha colpito la comunità carceraria, tanto che tutti hanno voluto annullare le due ore di svago programmate da tempo. Carcerato dal 2008, e dal 2012 in via Gleno, Roberto doveva scontare la pena fino al 2020 per reati legati al traffico di stupefacenti. "È stato un duro colpo, era un ragazzo grande e grosso, sempre allegro, lavorava nella struttura, consegnando i pacchi, partecipava alle iniziative sportive e frequentava i laboratori di teatro", raccontano Anna Maioli, responsabile dell’area pedagogica e Mariagrazia Agostinelli, supervisore delle attività scolastiche e formative del Ctp, il Centro territoriale permanente "Donadoni" operativo internamente. Al detenuto avrebbe fatto piacere assistere al concerto, anche perché lui il bando l’aveva vinto: si era classificato terzo, ex aequo, nella sezione poesia dell’edizione di quest’anno con "L’indifferenza". Testo che, l’anno prossimo, diventerà una canzone. "Cancellano così anni di vita i signori con la tunica, quella vita che è unica e purtroppo è breve, non è infinita", aveva scritto fra le rime contenute nel libricino pubblicato dal Ctp e che racchiude le opere dei detenuti che partecipano al concorso artistico letterario "Pensieri ed emozioni". In via Gleno ci sono 550 carcerati, fra cui 40 donne. Oltre il 60 per cento sono stranieri. Centocinquanta i partecipanti al bando, che premia anche manufatti in ceramica e opere pittoriche. Il lutto ha colpito anche l’organizzatore del concorso, Graziano Pelucchi, direttore artistico del Cafè de la Paix, al Polaresco, ieri alle 8.30 davanti ai cancelli del carcere insieme ai musicisti. "Nessuno ha avuto voglia di divertirsi a fronte di una morte così improvvisa, tanto più che questo ragazzo partecipava all’iniziativa - racconta Pelucchi. Quel libricino di parole, che viene pubblicato ma non esce dalle mura del carcere, per noi è prezioso. Ogni anno, dal 2009, cerco di far uscire fuori quelle voci, quelle sensazioni, rendendole pubbliche attraverso la musica le parole che altrimenti nessuno conoscerebbe mai". I testi che i detenuti compongono diventano quindi musica. Le parole sono affidate a venti gruppi musicali bergamaschi e, a partire da maggio, si svolge il contest. Ognuno porta nei locali quelle canzoni, al Bopo di Ponteranica, all’Arcibloom di Grumello, all’Edoné di Redona, al Barrio di Campagnola. Una canzone è di repertorio, un’altra con testo scritto dai detenuti. Una giuria selezionata valuta le composizioni. Aversa (Ce): l’Opg "Filippo Saporito" diventerà un carcere a custodia attenuata www.pupia.tv, 19 dicembre 2013 Lavori di ristrutturazione sono già in corso nella sezione che in gergo gli addetti ai lavori chiamano "staccata", pronta, a breve, ad ospitare in due delle sue quattro sezioni un centinaio di detenuti. Le proposte e le voci insistenti, che circolavano da qualche tempo, sembrano, quindi, essere confermate. Anche se l’ospedale psichiatrico, da quanto è dato sapere, non dovrebbe chiudere i battenti nemmeno entro il mese di marzo 2014, già termine oggetto di proroga, rimanendo in vita almeno e oltre il 2014, tenuto conto che le strutture sanitarie esterne previste dalla legge che ne ha ordinato la chiusura non sono ancora state allestite. Una decisione questa del carcere, o meglio di una casa circondariale, a servizio del tribunale che era già stata auspicata da più parti per rendere completamente autosufficiente il nuovo ufficio giudiziario ospitato nel castello Aragonese, praticamente nel perimetro dello stesso ospedale psichiatrico giudiziario. Una previsione utile soprattutto per bypassare i problemi legati ai fermi di persone che devono poi essere convalidati dai magistrati aversani. La notizia, però, rischiava di passare sotto silenzio, mettendo i cittadini normanni dinanzi al classico fatto compiuto, se non fosse stato per un gruppo di giovani che hanno lanciato l’allarme. Allarme che c’è anche chi ritiene immotivato, trattandosi, di fatto, di un permanere di strutture carcerarie in pieno centro cittadino, anche c’è chi si auspica che, comunque, si riesca a recuperare alla fruizione degli aversani buona parte degli spazi verdi e delle strade interne che, se aperte alla città, contribuiranno ad un sicuro miglioramento delle condizioni di vivibilità. Sulla vicenda, l’attuale direttrice del "Saporito", la dottoressa Elisabetta Palmieri ha dichiarato: "Di certo c’è che l’Opg sicuramente non chiuderà i battenti a marzo prossimo. Probabilmente ne avremo anche per il 2015 tenuto conto che le strutture esterne che dovevano essere allestite non sono ancora pronte. Per quanto riguarda il carcere ipotetico di cui lei mi chiede, posso dirle che non si conosce ancora cosa accadrà. Ci sono dei progetti, ma aleatori". "Al momento, dopo che è stata espletata anche una gara, sono in corso lavori di recupero della "staccata", un’ala del vecchio Opg che ospitava quattro sezioni con circa duecento detenuti. Le sezioni oggetto di recupero, però, sono solo due ed andranno ad ospitare un centinaio di detenuti". La stessa direttrice aggiunge di non sapere se la nuova struttura è stata riattata per ospitare sezioni carcerarie a custodia attenuata o, per svuotare il carcere napoletano di Poggioreale e rispondere ai bisogni del nuovo tribunale di Napoli Nord. Probabilmente, anche in previsione del completo recupero della "staccata", le due ipotesi, Istituto a custodia attenuata e casa circondariale, potrebbero coesistere senza che possano sorgere particolari problemi. Per la cronaca, gli istituti per la custodia attenuata possono essere di due tipi: gli istituti a custodia attenuata per il trattamento e il recupero dei detenuti tossicodipendenti e gli istituti a custodia attenuata per detenute madri di bambini inferiori a tre anni di età. Pistoia: petizione del garante dei detenuti sulle condizioni del carcere www.gonews.it, 19 dicembre 2013 Il garante dei detenuti di Pistoia ha presentato una petizione sulle condizioni del carcere. Ecco il testo: "La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Cedu) ha condannato l’Italia per trattamenti inumani e degradanti riservati alla popolazione carceraria. Il carcere di Pistoia ha la più alta percentuale di detenuti, oltre il numero consentito, di tutta la Toscana: circa 120 reclusi su una capienza regolamentare di 64, con celle di 7 mq dove sono ristrette per gran parte della giornata tre persone. Vi è un progetto a costo zero a carico dell’Amministrazione Penitenziaria per migliorare tale situazione, ma che ad oggi non è stato ancora realizzato, perché manca l’autorizzazione per l’inizio dei lavori da parte del Ministero della Giustizia. Il progetto consiste nella dislocazione, all’esterno del carcere, dell’attuale sezione dei detenuti in regime di semilibertà ristretti presso la Casa Circondariale di Pistoia. Questi detenuti durante la giornata svolgono attività lavorativa all’esterno e la sera rientrano in carcere. Attualmente a Pistoia sono circa 12 persone, ma potrebbero arrivare fino ad un numero massimo di 20 unità. La sistemazione esterna dei semiliberi, garantendo la copertura degli operatori di polizia penitenziaria necessari al controllo durante le ore serali, è una possibilità prevista dall’ordinamento penitenziario (Legge 26 luglio 1975, n. 354), e consentirebbe ai detenuti di Pistoia di fruire di uno spazio più dignitoso e soprattutto permetterebbe di rispondere in parte al problema del sovraffollamento carcerario alleggerendo il numero dei reclusi presenti in Istituto. L’ambiente individuato per dislocare la sezione dei semiliberi del Carcere di Pistoia, si trova presso il Convento dei Frati Cappuccini, situato a poche centinaia di metri dal Casa Circondariale, e donato gratuitamente per questo scopo dai Frati stessi. Anche i lavori di ristrutturazione di questo ambiente, richiesti per motivi di sicurezza dai tecnici del Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria della Toscana, sarebbero a carico di una Fondazione privata di Pistoia". Lecce: funzionano solo 12 camionette su 60, la Polizia penitenziaria resta a piedi di Chiara Spagnolo La Repubblica, 19 dicembre 2013 La protesta del sindacato nel carcere di Lecce: "Facciamo i conti con un parco macchine vetusto". Il caso degli agenti fermi per ore in autostrade con il mezzo in panne e tre detenuti a bordo. Sessanta mezzi in dotazione e ne funzionano soltanto dodici. I numeri non sono dalla parte della polizia penitenziaria di Lecce, costretta a fare i conti con un parco macchine vetusto, che crea disagi e anche molti pericoli, agli agenti e ai detenuti. Auto, camionette, pullman e blindati sono, infatti, in condizioni disperate. La maggior parte dei veicoli presenti sulla carta, allo stato attuale, sono parcheggiati dietro il penitenziario leccese con vetri rotti, gomme forate, motori definitivamente spenti, oppure stazionano nelle officine da anni, mentre dei dodici mezzi funzionanti e utilizzati per tutti i servizi ce ne sono alcuni che hanno superato gli 800.000 chilometri e che spesso e volentieri lasciano letteralmente "a piedi" gli occupanti. L’ultimo episodio risale a poche settimane fa, quando una camionetta che trasportava tre detenuti a Napoli si è improvvisamente fermata in autostrada e gli occupanti sono stati costretti ad aspettare per ore l’arrivo dei soccorsi. "Una situazione assurda e pericolosa, che purtroppo non è un’eccezione ma si ripete quasi ogni giorno", ha commentato il segretario regionale dell’Osapp Pantaleo Candido. Insieme alle donne e agli uomini in servizio a Lecce, al segretario provinciale Ruggiero Damato e a quello generale Pasquale Montesano, ha manifestato davanti alla struttura di Borgo San Nicola, chiedendo una presa di posizione forte dell’amministrazione penitenziaria della Puglia di fronte alla situazione "drammatica" in cui il Corpo è costretto ad operare. "Nel 2001 la pianta organica della Puglia prevedeva 2400 unita - spiega. Candido - nel 2013, dodici anni dopo e con un numero di detenuti maggiore, sono previste 2460 unità, assolutamente insufficienti rispetto alle esigenze di servizio". Nelle carceri pugliesi sono ristrette, infatti, circa 4.000 persone, 1.200 solo a Lecce, che rappresenta una delle situazioni più difficili secondo l’Osapp. "La nostra condizione di lavoro e insostenibile - fa eco Damato - a Lecce abbiamo ottimi rapporti con la dirigenza del carcere e proprio per questo chiediamo una pesa di posizione forte rispetto a problemi e carenze che rendono difficile il nostro lavoro e mettono a repentaglio la sicurezza, nostra e dei detenuti". A tal proposito D’Amato ricorda l’imminente apertura a Borgo San Nicola di un nuovo padiglione che ospiterà circa 200 persone e "la carenza di almeno 200 agenti penitenziari, aggravata anche dall’utilizzo di 10 colleghi per compiti amministrativi nella struttura, a cui non siamo deputati, e rispetto ai quali l’Osapp ha inviato un ultimatum alla dirigenza per il reintegro nei normali servizi". Secondo il sindacato grave e anche la situazione negli altri penitenziari pugliesi, sia in termini di parco mezzi che di dotazioni di organico, "dappertutto insufficiente e spesso costretto a iper lavoro" aggiunge Candido, ricordando anche i sacrifici del personale femminile, che a Borgo San Nicola lavora in proporzione di 1 agente per 45 detenute. "Nelle carceri di Altamura, Taranto e Foggia - cita ancora come esempio il segretario regionale - vengono invece disposti turni di lavoro di 8 ore, che con gli straordinari costanti raggiungono anche le 10-12 ore, in totale spregio della normativa che prevede che i turni non debbano superare le 6 ore". "Proprio su questa questione - conclude Candido - chiediamo una presa di posizione ferma dell’amministrazione regionale, dotata di potere ispettivo e di verifica su quanto viene disposto dai dirigenti delle singole strutture e su quel che accade al loro interno". Reggio Calabria: tossicodipendenti fuori dalle carceri? mancano i soldi per l’accoglienza di Luciano Squillaci (Portavoce Forum del Terzo Settore) www.mnews.it, 19 dicembre 2013 Il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto legge sulle carceri con l’obiettivo di alleggerire il sovraffollamento e di migliorare le condizioni di vita dei detenuti. Infatti si prevede che nei prossimi mesi usciranno 1.700 detenuti. Il Forum Provinciale e le organizzazioni sociali che si occupano di tossicodipendenze accolgono favorevolmente il provvedimento, cd. pacchetto carceri, varato ieri dal Consiglio dei ministri e per cui si prevedono interventi sui flussi in entrata e in uscita dal carcere permettendo ad esempio ai piccoli spacciatori e tossicodipendenti una maggiore possibilità di accedere alle comunità di recupero anziché la detenzione in carcere. Potrebbe essere certamente una concreta e reale possibilità di cura per i detenuti tossicodipendenti, che oggi rappresentano un terzo della popolazione carceraria. Ma ciò purtroppo rischia di non valere per la provincia di Reggio Calabria. Già la scorsa settimana avevamo lanciato insieme alle Comunità terapeutiche, il grido di allarme proprio segnalando l’emergenza carceri. Avevamo detto che il budget previsto per gli invii in comunità dall’Asp di Reggio Calabria era assolutamente insufficiente a coprire il reale fabbisogno, così come certificato anche dal Dipartimento per le Dipendenze della stessa Azienda Sanitaria. Oggi quell’allarme diventa emergenza assoluta! Infatti ad oggi le Comunità terapeutiche che operano in regime di accreditamento sanitario sul territorio dell’Azienda Sanitaria di Reggio Calabria non potranno accogliere le istanze provenienti dalle carceri, così come disposto anche dal nuovo decreto, visto che la copertura finanziaria attuale lascia un buco di ben il 60% dei posti letto potenzialmente disponibili nelle comunità. Il timore è che a Reggio Calabria i provvedimenti rischiano di rimanere sulla "carta" ed a pagare siano sempre e comunque i soggetti più deboli, tra cui anche i detenuti tossicodipendenti, che vedranno per l’ennesima volta leso il proprio diritto alla cura. Ciò che potrebbe rappresentare una via di riscatto sociale per i detenuti e una scelta di civiltà per l’intera società rischia di ripercuotersi sui territori creando ulteriore disagio e alimentando il circolo vizioso della recidiva. Ci chiediamo quali saranno i costi sociali di tale operazione? Chi si farà carico di accogliere e aiutare queste persone? Noi crediamo che le carceri non possano essere semplicemente "svuotate" ma vada programmato e creato un percorso di accoglienza e accompagnamento che renda vivo il principio costituzionale della rieducazione della pena. Ha ragione il Premier Letta quando dice che il Decreto non va letto come un rischio per i cittadini, ma per questo è necessario che siano previsti livelli adeguati di assistenza e cura. A Reggio, purtroppo, non è così. Ed ha ancora più ragione il Ministro Cancellieri quando afferma "in carcere il tossicodipendente non riceve le stesse cure che può ricevere nelle comunità". Ma per inviarli in Comunità, per garantire il diritto alla cura, è necessario che vi siano le risorse, altrimenti tutto perde di concreto significato. Da mesi abbiamo portato in primo piano le problematiche che stanno travolgendo le comunità terapeutiche della provincia di Reggio Calabria. Abbiamo chiesto più volte un incontro con Direzione Generale dell’Asp propedeutico alla soluzione definitiva di questa annosa problematica, da ultimo proprio ieri, ed attendiamo ancora risposte. Il grido di disperazione rimane ancora una volta inascoltato e l’unica e triste realtà è che oggi le Comunità Terapeutiche sono al collasso e con loro rischiano di frantumarsi anche le condivisibili intenzioni dei provvedimenti legislativi. Sassari: delitto di San Sebastiano; parla detenuto "Erittu mi disse di aver ucciso Sechi" La Nuova Sardegna, 19 dicembre 2013 "Marco Erittu era uno che si prendeva le colpe di cose che non aveva fatto per sentirsi grande, importante. Era un millantatore. Mi disse di esser stato lui a uccidere Giuseppe Sechi (il muratore scomparso da Ossi e mai più tornato a casa) e di avergli anche tagliato l’orecchio. Ma sicuramente era una bugia". A parlare nell’aula della corte d’assise, dove si avvia a conclusione il processo per la presunta uccisione a San Sebastiano del detenuto Erittu, è un suo ex compagno di cella: Massimiliano Pilo (al momento in carcere). A un certo punto l’avvocato Patrizio Rovelli (che insieme al collega Pasqualino Federici difende Pino Vandi, accusato dal pentito Bigella di essere il mandante dell’omicidio di Erittu) legge a Pilo alcuni passaggi di un suo interrogatorio rilasciato ai carabinieri di Nuoro durante il quale rivelò ai militari di una confidenza che Erittu gli fece quando erano compagni di cella: "Sì, è vero - ha confermato Pilo al legale. Un giorno gli parlai di Giuseppe Sechi perché lo avevo conosciuto in treno e lui mi disse di averlo ammazzato insieme a un’altra persona". Erittu disse anche dove il muratore di Ossi era stato seppellito: in un terreno a Tana di li mazzoni, nelle campagne di Sassari. E ogni tanto (come risulta sempre dal verbale dei carabinieri di Nuoro) il detenuto ucciso avrebbe pronunciato questa frase: "Chissà cosa sta crescendo nel terreno dove è sepolto Sechi". Poi Pilo aggiunge: "Ma sicuramente era una fesseria, era un ciarlatano". La convinzione che Erittu fosse un bugiardo accomuna molti testi (soprattutto detenuti o ex detenuti che lo conobbero). In ogni caso quelle rivelazioni fatte a Pilo (a prescindere dalla loro veridicità) potrebbero testimoniare il fatto che la vittima avesse fatto parte di un gruppo criminale coinvolto non si sa in che modo nella scomparsa di Sechi e che potesse quindi realmente essere a conoscenza di risvolti importanti su quella vicenda. Tanto da volerli mettere nero su bianco in una lettera che Erittu prima di morire indirizzò alla Procura e nei cui uffici, però, mai arrivò. E proprio per questa ragione - come ha raccontato il supertestimone Bigella agli inquirenti - Pino Vandi voleva far sparire Marco Erittu. Per evitare che vuotasse il sacco. Il pubblico ministero Giovanni Porcheddu a fine udienza ha chiesto una perizia sulla striscia di coperta trovata nella cella di Erittu (inizialmente si disse che il detenuto si fosse suicidato). In questo modo si potrebbe chiarire se quella coperta sia stata o meno introdotta dall’esterno nella cella della vittima per simulare un suicidio. Parma: evasione di due detenuti albanesi lo scorso febbraio, chiesti 10 rinvii a giudizio La Repubblica, 19 dicembre 2013 Dirigenti e agenti della polizia penitenziaria del carcere di Parma debbono rispondere a vario titolo di carenze e negligenze nella sorveglianza e, in un caso, anche di falsità in atti d’ufficio per aver mentito su quello che accadde la notte della fuga. Udienza preliminare a marzo. La Procura di Parma ha chiesto dieci rinvii a giudizio per i dirigenti e gli agenti della polizia penitenziaria del carcere di via Burla indagati per la clamorosa evasione di due detenuti albanesi lo scorso due febbraio. Le accuse sono, a vario titolo, omissione d’atti d’ufficio, colpa del custode, falsità materiale e ideologica in atti pubblici e procurata evasione. Ne dà notizia la Gazzetta di Parma. I reati più pesanti sono contestati al responsabile e all’addetta alla sala regia di sorveglianza, in servizio quella notte. I monitor della videosorveglianza ripresero infatti per ben cinque minuti la rocambolesca fuga dei due detenuti, in particolare il momento in cui riuscirono a scavalcare il muro di cinta dopo aver segato le sbarre ed essersi calati dalla finestra con le lenzuola annodate. Nessuno se ne accorse. L’allarme scattò per ben due volte e per due volte fu spento dall’addetta. Nella relazione ai superiori, poi, l’assistente capo scrisse che tutto si era svolto regolarmente e avrebbe mentito sull’ora e sulla posizione degli allarmi. Altri quattro assistenti in servizio e un vice sovrintendente debbono rispondere di omissione d’atti d’ufficio e colpa del custode. Due ispettori sono accusati di omissione d’atti di ufficio e uno di loro anche di procurata evasione. Il direttore del carcere e l’ex comandante della polizia penitenziaria non avrebbero vigilato sui sistemi di sorveglianza e sull’operato del personale. Per loro l’accusa è colpa del custode. L’udienza preliminare davanti al Gup Paola Artusi è stata fissata il prossimo 11 marzo 2014. I due albanesi fuggitivi sono stati catturati dopo mesi dall’evasione. Valentin Frrokaj, omicida ergastolano, è stato arrestato nel milanese il 14 agosto. Taulant Toma, mago delle evasioni, è stato rintracciato in Belgio lo scorso 11 settembre. Roma: i vertici del Dap incontrano la stampa, per illustrare il bilancio delle attività 2013 Comunicato stampa, 19 dicembre 2013 Venerdì 20 dicembre, ore 11,00, a Roma, nella Sala conferenze Museo Criminologico, Via del Gonfalone 29, il Capo del Dipartimento Giovanni Tamburino e i vertici del Dap incontrano la stampa per illustrare il bilancio delle attività del 2013 e gli impegni messi in campo per il 2014. L’anno che sta per concludersi ha visto il Dap, con tutte le sue articolazioni centrali e periferiche, impegnato nell’apertura di nuovi istituti e sezioni e nella creazione di circuiti regionali differenziati per tipologia giuridica e pericolosità dei soggetti ristretti. Questo rappresenta il primo passo di un progetto che dovrà portare a un cambiamento radicale del regime penitenziario fondato su una maggiore apertura dei detenuti, su un costante rapporto con la società esterna e sulla incentivazione delle iniziative trattamentali. Una trasformazione necessaria, soluzioni efficaci invocate da tempo, perché nelle nostre carceri si ritorni allo spirito originario della riforma penitenziaria varata nel 1975. Soluzioni oggi rese ancora più urgenti in vista della scadenza del maggio 2014, termine ultimo concesso dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo per un adeguamento delle nostre strutture dopo la condanna di gennaio subita dall’Italia per trattamenti inumani e degradanti. Messina: sabato prossimo si svolgerà il V° Raduno Nazionale Crivop Onlus Comunicato stampa, 19 dicembre 2013 In occasione del V anniversario della costituzione della Crivop Onlus, anche quest’anno, sabato 21 dicembre 2013 alle ore 18:00 presso il Teatro Vittorio Emanuele di Messina è stato organizzato un incontro nazionale che prevede un concerto con il gruppo musicale "L’Arpa di Davide" e l’intervento straordinario di Francisco Xavier Correia Da Cova proveniente dal Portogallo che presenterà il suo libro autobiografico "Dalla prigione alla libertà" una storia passata tra carcere, alcool e tossicodipendenza. Durante l’incontro saranno evidenziati i progressi compiuti in questi anni dalla Crivop nel campo penitenziario, documentati con filmati, fotografie, e testimonianze di ex detenuti che hanno realizzato un cambiamento di vita grazie al sostegno e alle attività svolte nelle carceri, evidenziando anche lo slancio nell’impegno sociale compiuto dall’Associazione e gli obiettivi che ancora si prefigge di raggiungere. Francisco Xavier durante la sua permanenza in Italia visiterà insieme ai volontari della Crivop alcuni penitenziari della Sicilia e della Calabria per portare la sua testimonianza di vita cambiata a coloro che si trovano ristretti dietro a delle sbarre. Lucca: appeso striscione per i marò detenuti in India, sospeso il consiglio comunale www.gonews.it, 19 dicembre 2013 Dopo la fase dedicata alle raccomandazioni e risposta alle interrogazioni la seduta del Consiglio Comunale è proseguita con la proposta riguardante i servizi di trasporto pubblico locale avente per oggetto "Perfezionamento intesa del 25 maggio 2012 tra la Regione Toscana e gli Enti locali - approvazione della stesura finale del progetto denominato Riorganizzazione rete Tpl del Comune di Lucca per l’Ato Regionale". Ad inizio seduta è entrato in aula un gruppo di giovani di Forza Italia che tenevano in mano uno striscione inneggiante i due Marò trattenuti dalle autorità indiane. Il presidente del consiglio, attenendosi al regolamento, ha sospeso la seduta per alcuni minuti. L’aula poi ha ripreso la discussione del documento riguardante il Tpl. Tale documento sancisce una serie di punti: Regione Toscana e Comune di Lucca concordano su un progetto di rete urbana per complessivi 2.000.000 km che il Comune intende far attuare al nuovo Gestore già al momento dell’affidamento dei servizi TPL; il Comune di Lucca si impegna fin dal momento dell’affidamento dei servizi TPL ricompresi nel lotto unico di gara regionale a finanziare il servizio di propria competenza fermo restando l’impegno della Regione a finanziare con risorse proprie la quota restante del servizio nell’ambito delle attribuzioni destinate al lotto unico; il Comune di Lucca si impegna, trattandosi di un contratto pluriennale, all’aggiornamento delle risorse aggiuntive destiate a sostenere il lotto unico regionale; Regione Toscana e Comune di Lucca si impegnano ad adottare l’assetto tariffario effettivo da applicare in fase transitoria e quello da applicare a regime. Secondo tale accordo, nella fase transitoria il costo del biglietto aumenterà del 20%, attestandosi ad 1,20 euro per poi passare a 1,50 euro. Una volta a regime, la novità sarà possibile con il biglietto da 1,50 euro usufruire sia del servizio urbano che extraurbano, compreso nella fascia dei primi 10 km. Nel documento si prevede inoltre un aumento del servizio nell’area del nuovo presidio ospedaliero. La proposta è stata approvata con 18 voti favorevoli e 1 contrario. Sul tema PD, Lucca Civica e Sel, hanno presentato due ordini del giorno. Il primo, approvato con 17 voti favorevoli e 1 contrario ed esposto dal consigliere Cantini (Lucca Civica), impegna il sindaco e la giunta ad attivarsi con il gestore del servizio TPL per ampliare l’offerta di mobilità pubblica senza aumentare il numero dei chilometri percorsi, chiedendo di uniformare, a partire da gennaio 2014, il titolo di viaggio valido per le linee extra urbane di prima fascia fino a 10 km con quello urbano. Così che sia possibile dare, al medesimo costo di 1,20 euro per corsa e utilizzando lo stesso abbonamento all’interno del territorio del Comune di Lucca, la possibilità all’utente viaggiante di utilizzare sia il mezzo urbano che quello extraurbano. Il secondo ordine del giorno - approvato con 17 voti favorevoli e 1 contrario, presentato all’aula dal consigliere Battistini (Pd) - impegna il sindaco e la giunta ad attivarsi con il Comune di Capannori affinché quest’ultimo riconosca, in sede di aggiudicazione della gara regionale sul trasporto pubblico locale, la quota dei costi del TPL attribuibili al prolungamento di tutte le attuali corse della linea 15, attualmente attestate ad Est sul capolinea di Antraccoli per oltre 3 Km, al fine di raggiungere la sede del Municipio di Capannori. Di seguito l’assemblea è passata alla discussione dell’approvazione del Bilancio Consuntivo 2012 dell’Azienda Speciale Teatro del Giglio in cui emerge una perdita di 118.486,33 euro relativa all’anno 2012, oltre a 710.288,46 euro per perdite relative ad esercizi portate a nuovo, per un totale di euro 828.774,79. Il documento è stato approvato all’unanimità (18 voti favorevoli). L’assemblea ha poi discusso la proposta di delibera avente per oggetti "Riconoscimento debiti fuori bilancio per copertura di disavanzi dell’Azienda Teatro del Giglio". Nel documento viene dato atto che al finanziamento della spesa si è provveduto con la deliberazione del Consiglio comunale n.82 del 29.12.2013 "Assestamento generale del Bilancio di previsione 2013" con la quale sono state allocate nel bilancio annuale e nel bilancio pluriennale le risorse necessarie a garantire il completo ripiano delle perdite accertate. Viene inoltre dato mandato al sindaco di attivare le procedure necessarie all’esecuzione in tempi brevi di un’attività di due diligence sulla gestione dell’Azienda speciale Teatro del Giglio, volta a verificare le cause delle perdite accertate, nonché la sussistenza dei presupposti per un eventuale esercizio dell’azione di responsabilità, subordinando il pagamento dei debiti riconosciuti ai risultati di tale attività di verifica. Il documento è stato approvato all’unanimità (17 voti favorevoli). Il consiglio è poi passato alla discussione della proposta di delibera avente per oggetto "Istituzione Opera delle Mura - Rendiconto dell’esercizio 2012 - Approvazione". Il documento, approvato all’unanimità, dà atto che le risultanze finali del Conto di bilancio dell’esercizio 2012 evidenziano un avanzo contabile di amministrazione di 98.758.38 euro. Infine è stato deciso di rinviare la votazione dell’ordine del giorno firmato da Marco Martinelli (FI) e Mauro Macera (FI) riguardante le possibili azioni a sostegno della richiesta posta in essere dal Governo Italiano atta a ricondurre i due militari trattenuti dalle autorità indiane sotto la giurisdizione italiana. Venezia: la Messa del Patriarca in carcere per i detenuti di Nadia De Lazzari La Nuova Venezia, 19 dicembre 2013 Francesco Moraglia in visita ai detenuti di S.Maria Maggiore porta la notizia dell’approvazione delle nuove norme che migliorano le condizioni in carcere e viene applaudito. "Bentornato Patriarca Moraglia". E’ un duplice giorno speciale quello che hanno vissuto i 269 detenuti del carcere circondariale maschile di Santa Maria Maggiore, 100 italiani, 169 stranieri, 35 nazionalità. Dallo scorso anno il loro numero si è ridotto di una cinquantina di presenze ma la capienza teorica ammonta a 169. C’è stata la tradizionale visita del presule accompagnato dalla direttrice Immacolata Mannarella, dal cappellano don Antonio Biancotto e dal vicario episcopale monsignor Dino Pistolato. Hanno dato la notizia dell’approvazione del decreto legge da parte del Consiglio dei Ministri sulle nuove misure per migliorare le difficili condizioni degli istituti di pena grazie al reinserimento dei tossicodipendenti e il rimpatrio degli immigrati clandestini. Ad annunciarla nella gremita chiesa del carcere è stato lo stesso Patriarca. I detenuti hanno applaudito e il presule ha evidenziato: "Il futuro, quello che state preparando oggi, sentendo il telegiornale, è più vicino di quello che poteva sembrare". Sul provvedimento ha dichiarato: "Qui si inizia un processo virtuoso da non sottovalutare. E’ importante. Riguarda la persona che vuole ricostruirsi. E’ una umanizzazione della detenzione e dei luoghi della detenzione". Moraglia ha toccato corde particolari. Quelle del cuore. A tutti ha teso la mano. Per tutti ha pronunciato parole di speranza: "Siete in un luogo di sofferenza ma ce ne sono altri. A Natale siamo intorno alla capanna di Gesù, gli ospedali, le case di riposo. E ci sono bambini in attesa di adozione, operai senza lavoro, anziani". Nell’omelia il pastore Francesco ha spaziato su vari campi. Il carcere: "E’ luogo a più mani, le prime sono le vostre. C’è la presenza dello Stato e della società civile. Per diventare persone affidabili dobbiamo ricostruirci". La famiglia: "Non siamo isole. Quando facciamo qualcosa di sbagliato tiriamo in ballo altre persone, in primis quelle che ci vogliono bene". L’esortazione: "Mantenete saldo dentro di voi che cosa sono il bene e il male. Vi porto nel cuore". Il recluso Fabio, 36 anni, una storia di droga, ha raccontato la sua esperienza di "ragazzo spocchioso": "Ho rovinato la mia vita e quella della mia famiglia. Ho perso tutto, qui ho ritrovato me stesso e mia moglie". Poi il gesto di solidarietà verso le popolazioni delle Filippine e della Sardegna. Un detenuto ha detto: "Stiamo lottando per potere essere visti dalla società civile come un valore aggiunto e non un pericolo". A conclusione il dono al Patriarca dei reclusi della cooperativa Rio Terà dei Pensieri. E’ intervenuto don Antonio Biancotto. Il cappellano ha raccontato tre storie di persone emarginate. E ha invitato "ad andare oltre i pregiudizi per cercare di capire da dove parte il disagio". Dopo lo scambio degli auguri alla polizia penitenziaria i portoni di ferro si sono chiusi ma nei prossimi giorni sono in programma altre visite. Il console greco in Venezia, Symeon Linardakis, incontrerà i cittadini greci: "È mio dovere portare loro, in particolare a Natale, la solidarietà". Modena: "Sette contro Tebe", al Teatro Dadà in scena gli attori-detenuti di Castelfranco www.modenatoday.it, 19 dicembre 2013 L’incontro col pubblico, la possibilità di mostrarsi in un ruolo diverso da quello che li ha portati in carcere, un momento di incontro con i familiari. Il Laboratorio Teatrale permanente tenuto alla Casa di Reclusione di Castelfranco dal Teatro dei Venti porta in scena venerdì 20 dicembre (ore 21.00 Teatro Dadà di Castelfranco Emilia, ingresso gratuito) "Sette contro Tebe" primo studio, liberamente tratto dall’omonima tragedia di Eschilo, che vede in scena gli attori-detenuti che hanno avuto la possibilità di lavorare, prima settimanalmente, poi con una sessione di prove intensive con il regista Stefano Tè. Lo spettacolo Il dramma del fratricidio, della maledizione atavica, ed insieme le contraddizioni profonde che stanno alla base della costruzione politica sono i temi principali dell’opera eschilea, riletta e rielaborata dalla sensibilità degli attori-detenuti. I "Sette contro Tebe", la tragedia dei figli di Edipo che giocano la loro ultima partita è una storia immortale che continua a interrogare la nostra epoca, con una profonda riflessione sulla guerra, sulla parabola dell’esistenza umana e sulle sue lacerazioni. Nello spettacolo si narra della polis, del suo ordine, e di tutti i "nemici" di fuori - la guerra, ma non solo - che attentano all’armonia politica. Alla fine di ogni guerra, oltre ai vincitori e ai vinti, ciò che rimane, è sempre una sconfitta della civiltà in cui parole, azioni, capacità di comprensione restano schiacciati dall’orrore che annebbia le idee e rende difficile distinguere i torti dalle ragioni, le vittime dagli carnefici. La produzione dello spettacolo è sostenuta in parte da uno specifico finanziamento della Regione Emilia Romagna (L.R. 13/1999) e avviene con la collaborazione della Casa di Reclusione di Castelfranco Emilia, PRAP Emilia Romagna e Coordinamento Teatro Carcere. Sono molto fortunata ad avere la possibilità di lavorare con i ragazzi della Casa di Reclusione di Castelfranco - dice l’attrice Alessandra Amerio, che fa parte dello spettacolo e che ha lavorato a diversi incontri in Carcere nell’ultima fase di prove - io sono in scena con loro e vedo quanto raccontano gli occhi di ciascuno. Attraverso il teatro possono comunicare con la gente "che sta fuori", è quello che vogliono, e assistendo allo spettacolo ci si rende conto che è esattamente quello che fanno. Alle volte mi parlano di loro, dei loro figli e qualcosa si accende nel loro sguardo...sono regali per me! Ho chiesto a uno di loro se la sua famiglia sarebbe riuscita a venire a Modena per lo spettacolo. "Meglio di no!" Mi ha detto sorridendo. "Non potrei fare lo spettacolo! Se vedessi mia figlia salterei giù dal palco e correrei da lei!" Il Laboratorio Lo spettacolo nasce dal Laboratorio permanente curato dal Teatro dei Venti all’interno della struttura penitenziaria, un progetto che da 8 anni viene proposto grazie a diversi finanziamenti e all’impegno volontario della compagnia, che dà la possibilità a detenuti e internati di avvicinarsi al teatro e di sperimentare diverse tecniche della comunicazione artistica, rimettendo in circolo creatività e relazioni, finalizzando l’attività alla messa in scena e al compimento di un’esperienza teatrale completa. Tra le produzioni di Teatro Carcere è importante ricordare lo spettacolo "Frammenti" finalista al Premio Scenario per Ustica nell’anno 2007 e lo spettacolo "Attraverso Caligola", che ha debuttato in Stanze di Teatro in Carcere 2011 al Teatro delle Passioni di Modena, replicando in diverse occasioni. Il teatro in carcere favorisce il cambiamento dei linguaggi comunicativi - dice il regista Stefano Tè - scardina le abitudini, sposta i confini. Crediamo che il teatro sia una lotta contro la prigionia dell’inespresso e fare un laboratorio in carcere sia un atto artistico fondamentale per una compagnia teatrale che vuole confrontarsi col contemporaneo. Terni: nel carcere festa in occasione del Natale a favore dei figli delle persone detenute Comunicato stampa, 19 dicembre 2013 La Direzione della Casa Circondariale di Terni, per il quarto anno consecutivo, ha organizzato una festa in occasione del Natale a favore dei figli delle persone detenute e dei loro cari: il desiderio è quello di ricreare, per quanto possibile, il clima natalizio in carcere, fatto di calore ed affetto familiare, per regalare un momento significativo alla relazione genitori - figli ed alleviare così nei bambini la sofferenza per la separazione dai propri papà. I detenuti sono stati partecipi di tutte le fasi di programmazione e preparazione della festa affinché la sentissero come propria. La festa si svolgerà il 19 dicembre prossimo: in mattinata, presso la sala teatro dell’istituto, i bambini saranno coinvolti in uno spettacolo di animazione con magie, giochi di prestigio e sorprese. Dopo lo spettacolo, tutti consumeranno il tradizionale pranzo di Natale nelle sale della pinacoteca allestite per l’occasione, serviti a tavola dagli allievi della scuola alberghiera Federico Cesi di Terni; gli stessi si occuperanno anche della preparazione del cibo. Una volta terminato il pranzo, si tornerà al teatro per la cerimonia di consegna dei regali ai bambini alla presenza del Magistrato di Sorveglianza dott. Fabio Gianfilippi e dei familiari di Marianna Boccolini che hanno offerto i doni. La famiglia Boccolini ha voluto devolvere una somma di denaro in beneficenza, in ricordo della giovane narnese (figlia) scomparsa in giovane età. La festa si concluderà con la distribuzione dello zucchero filato. Parma: a pranzo con papà... Natale in famiglia anche dietro le sbarre www.parmadaily.it, 19 dicembre 2013 Figli e mogli di 33 detenuti del carcere di Parma hanno potuto abbracciare i propri cari. Oggi erano in 15, ieri 18: tanto sono i detenuti del carcere di via Burla che hanno vissuto un paio d’ore di "vita normale" con le loro famiglie a pranzo nel salone del penitenziario. Fra una pizzetta e una fetta di panettone, qualcuno di loro con gli occhi lucidi per l’emozione, hanno potuto conversare con la moglie e giocare con i bambini. Tutto questo grazie a due benemerite associazioni di Parma, "Per ricominciare" (ha organizzato la festa martedì) e "Crescere con noi", che mercoledì mattina ha trasformato quell’angolo del penitenziario come luogo di festa, grazie ai clown di VIP (Vivere in Positivo), a un ammiccante Babbo Natale con il suo carico di doni e di sogni, ai giochi di Toyland e ai prodotti gastronomici offerti da "Noi di Parma" di Silvano Romani. "Tutti si sono prestati gratuitamente - ha affermato la presidente dell’associazione Layla Cervi - così non abbiamo neppure speso quel che abbiamo raccolto con la manifestazione di Santa Lucia in Ghiaia. Ma nulla andrà sprecato: useremo quei soldi per portare i ragazzi della Oncoematologia Pediatrica in gita sul peschereccio Speranza". Nell’occasione, anche le istituzioni non hanno voluto mancare di fare sentire la loro vicinanza ai detenuti e alle loro famiglie per Natale: al rinfresco pre-natalizio erano presenti il prefetto Luigi Viana, il sindaco Federico Pizzarotti e l’assessore Cristiano Casa, che ha collaborato alla manifestazione in Ghiaia, oltre alla direttrice del carcere Anna Albano e ai suoi più stretti collaboratori. Il pranzo in via Burla ha ottenuto anche il riconoscimento del Capo dello Stato, che, tramite il Prefetto, ha consegnato a Layla Cervi una medaglia a nome del Presidente della Repubblica, "premio di rappresentanza al pranzo dedicato ai bimbi e alle famiglie dei detenuti". "Con la nostra presenza - dice il sindaco fra un gioco e l’altro con i bambini e i clown - vogliamo sottolineare la vicinanza alla popolazione carceraria, che non vogliamo dimenticare come parte della comunità, come dimostra il fatto che abbiamo creato la figura del garante dei detenuti. Ma vogliamo anche ringraziare gli agenti di polizia penitenziaria che svolgono un lavoro prezioso e difficile e l’associazione che ha organizzato questa bella iniziativa". Poi, inevitabile, per chi vive dietro quelle mura, il ritorno alla noia di tutti i giorni, attendendo lo scorrere del tempo: intanto, davanti alle loro celle vedono una alta palizzata che delimita il cantiere per un nuovo padiglione da 200 posti del carcere di massima sicurezza di Parma, prevedibilmente pronto nel 2015. Ma almeno queste due giornate speciali resteranno nel cuore dei 33 padri e mariti che hanno potuto viverle insieme ai loro cari. Libri: "…e per casa una cella". Carta igienica, sigarette e scottex… i mobili fai-da-te del carcere di Gabriella Meroni Vita, 19 dicembre 2013 I mobili "normali", si sa, in cella sono vietati dal regolamento. Ma come fanno i detenuti a costruire mensole, scarpiere e perfino forni per la pizza? Semplice: si arrangiano usando quel poco che hanno, dai rotoli della carta igienica ai pacchetti di "bionde", dalle caffettiere all’alluminio da cucina. Ora un e-book presenta le loro "creazioni". In un contesto di profonda privazione e limitazione come quello carcerario, oggetti di uso domestico che fuori sono considerati normali e irrinunciabili nelle celle sono vietati. Perciò i detenuti sono costretti a creare da sé ciò di cui hanno bisogno, partendo da zero. Nascono così le mensole ottenute dai pacchetti vuoti di sigarette, che in carcere non mancano mai. O il ferro da stiro, che è ricavato da una caffettiera. Per cucinare si realizza un forno in grado di garantire ottime pizze e dolci: bastano due fornelletti da campeggio in dotazione ai detenuti e un po’ di ingegno. Per mantenere l’ordine e ottimizzare il poco, pochissimo spazio si creano scarpiere con i tubi vuoti di scottex, dispense sotto la branda, armadi, ganci appenditutto. È la sottile arte del fai-da-te portata all’ennesima potenza. L’e-book di Giorgia Gay approfondisce il difficile rapporto tra detenuti e spazio (che manca) e analizza le tattiche di reazione, rivendicazione, personalizzazione messe in atto dalla popolazione carceraria. Parallelamente, indaga se e quali effetti ha il carcere sul corpo e sull’identità della persona. Non solo, infatti, i cinque sensi subiscono un’alterazione (soprattutto peggiora la vista e si potenzia l’udito), ma cambia anche il modo di parlare, di relazionarsi con gli altri, di interagire. L’assenza di uno spazio proprio, infine, fa del corpo l’unico spazio davvero personale, utilizzato spesso per rivendicare la propria identità e autonomia, attraverso i tatuaggi ma anche l’autolesionismo e l’ingestione di oggetti. Il volume nasce da un’indagine etnografica condotta all’interno della casa di reclusione Due Palazzi di Padova ed è stato possibile grazie alla preziosa collaborazione della redazione di Ristretti Orizzonti. Stati Uniti: c’è un gran traffico di detenuti attorno alla scrivania di Obama di Mattia Ferraresi Il Foglio, 19 dicembre 2013 L’inevitabilità di Guantanámo, le faide nella Cia e l’illusione perduta di una svolta civile nella guerra legale al terrore New York. Barack Obama aveva elevato il problema della gestione e del trattamento dei detenuti per terrorismo a una questione di catarsi ed espiazione. Il raddrizzamento del legno storto dell’era Bush doveva necessariamente passare per una radicale riforma della struttura legale che giustificasse il carcere speciale di Guantánamo, gli interrogatori duri che sconfinavano nella tortura, le prigioni segrete della Cia, le "extraordinary rendition" che certo non erano appannaggio esclusivo del precedente inquilino della Casa Bianca, ma il bisogno di limpidezza dopo tanta "fog of war" non ammetteva troppe distinzioni. Invece di sciogliersi, però, il groviglio legale e politico intorno allo status e al destino dei detenuti della guerra al terrore si è complicato, e torna fuori in ogni dossier su cui il presidente mette le mani. Di testimonianze dell’inevitabilità di Guantánamo sono pieni i faldoni dell’Amministrazione, da ultimo il documento che ratifica le linee guida del Pentagono approvato alla Camera, in cui si incoraggia con fervore il trasferimento di prigionieri a paesi stranieri ma si ammette, con toni già meno concitati, che una cinquantina di detenuti nella base cubana non potrà in alcun caso essere tradotta altrove, dunque il carcere rimane aperto. Poco importa che Obama abbia rinominato due inviati speciali - Clifford Sloan e Paul Lewis, rispettivamente del dipartimento di stato e della Difesa - per gettare nuova benzina sulle promesse frustrate di un nuovo corso. A novembre i messi obamiani hanno fatto una visita a sorpresa al carcere, con incontri riservatissimi dai quali i disillusi sostenitori dello smantellamento non si aspettano granché. Anche al Congresso è tornata fuori la questione della detenzione, rinfocolata dalla concomitanza con il dibattito, inevitabilmente collegato, sui metodi di spionaggio della Nsa. La commissione Intelligence del Senato ha chiesto alla Cia di poter vedere un report - di cui finora non si sapeva nulla, anche se a Langley ci lavorano da anni - che, dicono alcuni membri, dettaglia metodi e risultati delle detenzioni segrete dell’Agenzia, con interrogatori brutali e impiego sistematico di tecniche borderline. Secondo il senatore Mark Udall, critico delle leggi approvate dopo l’11 settembre per combattere il terrorismo, la sostanza dell’indagine della Cia combacia perfettamente con un’inchiesta analoga ordinata dal Senato, ma confligge con la versione ufficiale della Cia. "Questo suscita domande sul perché una revisione della Cia iniziata anni fa e mai condivisa con la commissione è così diversa dalla sua risposta formale", ha detto Udall. Era stato John Brennan, consigliere della Casa Bianca poi passato alla direzione della Cia, a mettere insieme un’animosa smentita delle accuse del Congresso. Ora un documento prodotto dalla stessa agenzia potrebbe confermare le accuse di una gestione opaca dei detenuti, con ampie discrepanze fra le informazioni fornite alla Casa Bianca e i metodi praticati sul campo. La prigione segreta nella base di Bagram, in Afghanistan, è uno dei luoghi caldi della disputa, ed è lì che Obama sta combattendo una battaglia legata a un prigioniero russo noto con il nome di Irek Hamidullan. L’Amministrazione si sta adoperando per trasferire e processare negli Stati Uniti questo ammutinato dell’Armata rossa che si è ritrovato a combattere l’America al fianco dei talebani. Invece di trasferirlo a Guantánamo, il presidente vorrebbe portarlo davanti a una corte civile americana per assottigliare la barriera che separa la giustizia militare da quella civile. Portare Hamidullan in patria significherebbe creare un precedente fondamentale per affrontare il problema della detenzione, ma comporterebbe un conflitto con la legge passata al Congresso nel 2011: nessun detenuto di Guantánamo può essere trasferito in America. È plausibile sostenere che la stessa regola valga per chi era detenuto in una prigione della Cia. Il destino di Khalid Sheikh Mohammed Il sogno obamiano di una "civilizzazione" della macchina legale del terrorismo si era già infranto con il caso di Khalid Sheikh Mohammed, la mente dell’11 settembre che l’altro ieri si è presentato, assieme a quattro altri imputati, davanti a una corte militare per una nuova udienza del processo sull’11 settembre. Il rifiuto di un procedimento civile a Manhattan, nel luogo della strage, ha raffreddato le ambizioni catartiche di Obama, che si ritrova a muovere prudentemente le sue leve politiche per evitare di rimanere schiacciato in un complicato ingranaggio fatto di disposizioni sgradite e inevitabili. Russia: parlamento approva amnistia, si applica anche a Pussy Riot e ai 30 di Greenpeace Adnkronos, 19 dicembre 2013 Il parlamento russo ha approvato oggi la legge di amnistia che dovrebbe consentire la liberazione delle Pussy Riot in carcere e comportare la rinuncia alle accuse contro gli attivisti di Greenpeace. Il parlamento aveva già approvato in via preliminare ieri la legge di amnistia: la Duma di Stato, Camera Bassa del Parlamento russo, aveva passato all’unanimità il provvedimento in prima lettura. Oggi all’esame della camera in seconda lettura era stato presentato un testo modificato. Irina Khrunova, avvocato delle due Pussy Riot Nadezhda Tolokonnikova e Maria Alyokhina, aveva annunciato che se l’amnistia dovesse passare ed essere pubblicata giovedì le sue clienti potrebbero uscire di prigione il giorno stesso. "Se tutto va secondo i piani, saranno liberate immediatamente", aveva detto. Siria: britannico detenuto suicida (secondo le autorità). Londra non crede: "assassinato" La Presse, 19 dicembre 2013 Il medico britannico deceduto in un carcere in Siria si è suicidato impiccandosi nella sua cella. È quanto afferma un rapporto ufficiale siriano diffuso oggi dall’agenzia di stampa Sana sostenendo che il 32enne chirurgo ortopedico conduceva delle "attività non autorizzate". "Il cittadino britannico Abbas Khan era entrato in territorio siriano in maniera illegale e conduceva attività non autorizzate", afferma il testo. "La causa del decesso è asfissia per impiccagione. L’impiccagione è stato un atto individuale, vale a dire che è stato commesso dalla persona stessa con l’obiettivo di suicidarsi", recita il rapporto. "Dagli esami compiuti sul corpo non è emersa alcuna traccia di violenza o di resistenza", prosegue il rapporto. Un membro del gabinetto di Londra ha accusato ieri Damasco di avere "de facto" assassinato il medico che era in carcere dal novembre 2012 in Siria dopo aver lavorato in degli ospedali per curare le vittime della guerra civile. Il ministero degli Esteri siriano ha consegnato il rapporto medico al rappresentante dell’ambasciata della Repubblica ceca, in qualità di rappresentante degli interessi britannici a Damasco. Londra ha chiuso la sua ambasciata nella capitale siriana nel marzo 2012 per protestare contro la represssione compiuta dal regime contro la rivolta. Afghanistan: le Forze Usa alle prese con il problema dei detenuti cittadini di altri Paesi di Patrizio Cairoli www.america.com, 19 dicembre 2013 C’è il caso di un prigioniero russo: processo militare in America? L’amministrazione Obama sta considerando l’ipotesi di fare ricorso a una commissione militare negli Stati Uniti per processare un cittadino russo catturato molti anni fa in Afghanistan mentre combatteva con i talebani, detenuto in un centro di prigionia vicino alla base aerea di Bagram. A renderlo noto sono attuali ed ex funzionari americani al Washington Post, che in esclusiva racconta uno dei problemi da risolvere con l’avvicinarsi del ritiro degli Stati Uniti dall’Afghanistan. Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, deve infatti decidere cosa fare con i molti prigionieri in custodia che non sono afgani, tra cui il detenuto russo, un veterano della guerra combattuta dai sovietici in Afghanistan negli anni ‘80 finito a lottare contro gli Stati Uniti. Secondo i funzionari americani, l’uomo - che dovrebbe avere quasi 60 anni - è sospettato di aver partecipato a diversi attacchi mortali contro le truppe statunitensi nel 2009. In quello stesso anno, fu ferito durante un assalto e catturato. Se l’uomo, il cui nome di battaglia è Irek Hamidullan, dovesse essere portato negli Stati Uniti, sarebbe il primo detenuto per atti di terrorismo dopo l’11 settembre 2001 a finire davanti a un tribunale militare nel Paese, provocando presumibilmente uno scontro con il Congresso, che ha vietato il trasferimento negli Stati Uniti dei prigionieri detenuti nel campo di prigionia di Guantánamo. Ma nessun divieto simile è stato emesso per proibire il trasferimento dei prigionieri detenuti in Afghanistan, principalmente perché la questione non è mai stata sollevata. Quando gli Stati Uniti consegneranno migliaia di prigionieri afgani alle autorità di Kabul, dovranno però decidere cosa fare con i 53 detenuti stranieri. Al momento, "tutte le possibili opzioni sono al vaglio" ha dichiarato un funzionario della Casa Bianca. Solo alcuni detenuti - meno di dieci, secondo le fonti - potrebbero essere giudicati negli Stati Uniti, mentre per gli altri si prospetta il ritorno in patria, "che resta la prima opzione" per il governo. Di sicuro, gli Stati Uniti vogliono evitare di ripetere l’errore commesso ai tempi del ritiro dall’Iraq, quando i detenuti di Paesi terzi furono lasciati in mano a Baghdad. Il caso più citato è quello di Ali Musa Daqduq, un cittadino libanese sospettato di legami con Hezbollah e Iran, catturato nel 2007 e accusato di aver partecipato a un attacco nel sud dell’Iraq in cui morì un soldato americano; altri quattro furono rapiti e poi trovati morti. Daqduq fu lasciato alle autorità di Baghdad pochi giorni prima del ritiro definitivo dal Paese, nel dicembre di due anni fa. Nel maggio 2012, un tribunale iracheno liberò il prigioniero per mancanza di prove. E il rilascio di molti dei 3.000 afgani catturati sui campi di battaglia dagli Stati Uniti e consegnati quest’anno alle autorità locali rappresenta un chiaro segnale di quello che potrebbe succedere nel caso i prigionieri stranieri fossero lasciati a Kabul. Tornando al caso di Hamidullan, il Washington Post sottolinea che l’amministrazione Obama ha parlato con le autorità russe, che non si sono mostrate interessate al ritorno in patria dell’uomo, conosciuto anche per i suoi legami con i gruppi ribelli ceceni. Per questo una delle possibilità è che sia giudicato da un tribunale militare statunitense, per esempio nella Naval Brig di Charleston, in South Carolina. Per molti funzionari di Washington, una conclusione positiva del caso di Hamidullan, con un processo militare negli Stati Uniti, potrebbe anche convincere il Congresso a togliere il divieto che impedisce di portare nel Paese i detenuti di Guantánamo, per processarli e, nel caso, imprigionarli. La chiusura del centro di prigionia a Cuba rimane uno degli obiettivi principali del presidente Obama e, secondo alcuni membri dell’amministrazione, per una ventina di prigionieri non esistono alternative al trasferimento negli Stati Uniti. Israele: nasce bambina con sperma congelato del padre palestinese detenuto Ansa, 19 dicembre 2013 Per la prima volta, a Gerusalemme, la moglie di un detenuto palestinese ha dato alla luce una bambina nata utilizzando lo sperma del marito contrabbandato clandestinamente fuori dalla prigione. Lo annuncia l’agenzia palestinese Maan, secondo cui la donna, residente a Gerusalemme, si è sottoposta ad inseminazione artificiale nell’ospedale di Ramallah, utilizzando lo sperma del marito, attualmente detenuto nella prigione di Rimon nel sud di Israele dove sta scontando 20 anni reclusione per la sua affiliazione all’ala militare di Hamas. Non è il primo caso del genere che avviene: in novembre la moglie di un altro detenuto palestinese ha dato alla luce due gemelli nella città di Betlemme.