Lettera aperta di un ergastolano: "La mia vita in cella non ha più senso, aiutatemi" di Carmelo Musumeci Ristretti Orizzonti, 10 dicembre 2013 Carmelo Musumeci scrive alla deputata del Pd Laura Coccia, chiedendole di aiutarlo ad essere declassificato a un regime detentivo meno rigido, essendo stato giudicato "non pericoloso" da psicologi, direttori di carcere e assistenti sociali. Riceviamo dall’ufficio stampa dell’onorevole Laura Coccia, deputata eletta con il Partito Democratico, la drammatica lettera inviatale da Carmelo Musumeci, ergastolano. L’uomo, entrato in cella nel 1991 con un diploma di quinta elementare, nel frattempo si è laureato in Giurisprudenza, ha pubblicato quattro libri e da tempo si dedica alla causa dell’abolizione del "fine pena mai", in particolare dell’ergastolo ostativo (ossia senza possibilità di ottenere misure alternative al carcere né qualsiasi altro beneficio). In passato ha inviato una lettera aperta alla Ministra Cancellieri per richiedere la sua declassificazione, avendo ottenuto nella sua relazione trattamentale, firmata da psicologi, direttori di carcere, assistenti sociali ed esperti, un favore positivo sul suo pentimento e utilità sociale. On. Laura Coccia, scusa il tu, ma mi trovo meglio. In questi giorni mi è capitato di leggere un tuo scritto "Se questo è il mondo" e mi ha colpito questa frase: Considerate se questo è un uomo, [..] che ha perso la speranza e dice basta, in ogni modo, lento e inesorabile, che ha perso la speranza e si sente senza dignità. Laura, io sono uno di questi non-uomini, da tanti anni infatti chiamo me e i miei compagni ergastolani ostativi "uomini ombra". Siamo uomini senza futuro, condannati a essere "cattivi e colpevoli per sempre", destinati a morire nelle nostre celle. Siamo sepolti vivi, ombre che vagano, cadaveri che camminano in attesa di cadere. Le ombre possono solo soffrire, con la devastante sensazione di non appartenere più a questa vita e a questo mondo. L’uomo ombra ogni sera si chiede "Perché e per chi mi alzerò domani?". Ti confido che per me ormai continuare a respirare non ha più alcun senso, mi sembra persino di sprecare e levare aria al resto dell’umanità. Nel mio ultimo libro ho scritto: "L’ergastolano non può guardare in faccia il futuro, può solo guardare il tempo che va via. Anche noi siamo per la certezza della pena, ma non ci fermiamo solo qui. Siamo anche per la certezza del fine pena [..]. Da ergastolano vivi una vita che non ti appartiene più, vivi una vita riflessa, una vita rubata alla vita [..]. La legge viene dal greco nomos: distribuire, ordinare e misurare. Ma come si fa a misurare l’ergastolo? Non ha nessuna funzione, è la vendetta dei forti, dei vincitori, della moltitudine". Laura, ho letto la tua storia, il tuo impegno e quello dei giovani deputati del PD per il miglioramento delle condizioni dei detenuti, e ho capito che sei una donna coraggiosa. Vorrei chiederti di venirmi a trovare, sto lottando con tutte le mie forze per essere declassificato, ma senza nessun risultato. Nella mia relazione trattamentale, già oltre due anni fa, hanno riconosciuto il mio cambiamento: "Il ristretto assume su di sé la responsabilità ed il peso emotivo delle proprie azioni distruttive, avendo avuto la capacità di rivedere criticamente la propria vita e tali scelte, di riconoscerle sbagliate [..]. Tale integrazione, in quanto garante della elaborazione del lutto per il danno arrecato, da stabilità al cambiamento nel mondo interno del Musumeci". In questi anni di carcere ho vinto un ricorso alla Corte europea sui diritti dei detenuti, mi sono laureato due volte, ho pubblicato quattro libri, sono stato anche in permesso (di necessità) da uomo libero per 11 ore e sono rientrato in carcere pur sapendo che non sarei più uscito. Eppure continuo ad essere considerato altamente pericoloso. Ciò che mi addolora più di tutto è che sono anni che non mi rispondono sulla richiesta di declassificazione e a questo punto ho pensato di chiederti se puoi fare tu una domanda pubblica ai funzionari del Ministero e del DAP (Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria). Cara Laura, non so se avrai il tempo e la voglia di venire a trovare un uomo sepolto vivo che non vuole rassegnarmi al suo destino, ma se puoi io sono qui e ti aspetto. Un sorriso tra le sbarre. Giustizia: Cancellieri; con indulto mai usciti detenuti pericolosi, su 41-bis non arretriamo Adnkronos, 10 dicembre 2013 "Sull’indulto decide il Parlamento. Non ravviso alcuna preoccupazione sull’argomento, mai con l’indulto sono usciti detenuti ad alta pericolosità sociale". Così il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri ha risposto alle domande dei componenti della commissione parlamentare antimafia a Reggio Calabria sull’ipotesi dell’indulto. "Noi non arretriamo di un millimetro sul 41 bis", ha poi affermato. Molteni (Lega): da Pd e Governo nuovo indulto mascherato "L’ennesima finta riforma - questa volta sulla carcerazione preventiva - diventa ancora una volta una scusa, per il Pd e il Governo, di approvare un nuovo indulto mascherato a favore di criminali e delinquenti. Escludere l’obbligatorietà del carcere preventivo per reati di gravissimo allarme sociale come ad esempio tutti reati di violenza sessuale o di violenza di gruppo o come l’omicidio volontario o il sequestro di persona o l’estorsione, è una vergogna a cui la Lega si opporrà con tutte le proprie forze. Adesso diciamo basta e siamo pronti a ogni tipo di iniziativa per bloccare questa ingiustizia a danno dei cittadini onesti". Lo dichiara Nicola Molteni, capogruppo della Lega Nord in commissione Giustizia a Montecitorio. "Da due anni, prima con Monti e ora con Letta, assistiamo a dei veri e propri svuota-carceri. L’esecutivo, con l’alibi di risolvere il problema del sovraffollamento, garantisce impunità - spiega Molteni - a delinquenti e criminali senza davvero risolvere il problema. Svuotano le carceri ma il riflesso è solo quello di aumentare i livelli di insicurezza dei cittadini onesti, svilendo al contempo il lavoro delle forze dell’ordine e abbandonando le vittime dei reati al loro destino". "Abbiamo un sistema giustizia da terzo mondo, una disoccupazione a livelli record, le aziende che chiudono o delocalizzano ma la maggioranza di governo è capace solo di inventarsi un nuovo indulto mascherato, palesando così tutta la propria inadeguatezza politica. La Lega è pronta - conclude Molteni - a ogni tipo di battaglia sia parlamentare che di piazza". Zaia (Lega): no a indulto e amnistia, si facciano nuovi penitenziari Secondo Luca Zaia, governatore del Veneto, "ha ragione il neosegretario federale della Lega Nord, Matteo Salvini, a lanciare la campagna contro l’indulto. A me dispiace dirlo ma il Capo dello Stato sta sbagliando di grosso - spiega Zaia - nel senso che noi non siamo a favore di indulto ed amnistia, ma pensiamo che se da un lato ci sono le disumane condizioni nelle carceri da risolvere, dall’altro ci sono le persone che soffrono che sono gli aggrediti e le vittime dei reati, in generale, persone che hanno subito aggressioni, violente e reati probatori". "Per questo - spiega Zaia - diciamo che se il problema è il sovraffollamento della carceri, si facciano nuove carceri. Si utilizzino le caserme dismesse che abbiamo, le isole abbandonate in laguna, invece di lasciarle in preda ai topi, magari con una buona bonifica, non sarebbe una cattiva idea diventassero sede di nuove carceri". Giustizia: Cancellieri; Pianosa diventerà una struttura penitenziaria di media sicurezza Adnkronos, 10 dicembre 2013 Il carcere di Pianosa diventerà una struttura penitenziaria di media sicurezza. Lo ha detto il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri oggi in commissione antimafia a Reggio Calabria, anticipando che sarà firmato un protocollo con la regione Toscana che ha espresso l’intenzione di volere utilizzare l’isola anche per la ricezione turistica. "I bisogni del 41 bis sono coperti - ha spiegato la Cancellieri - dalle carceri in Sardegna". Giustizia: Morani (Pd); non solo amnistia e indulto, servono riforme strutturali di Fabio Martini La Stampa, 10 dicembre 2013 Alessia Morani, avvocato pesarese, 37 anni, è la nuova responsabile giustizia del Pd. "La settimana scorsa, Luca Lotti mi ha detto "inizia a studiarti bene la giustizia, non so in che forma ma te ne occuperai". Oggi alle due m’ha chiamato Renzi. Sono rimasta in apnea qualche secondo poi ho accettato". Così la deputata Alessia Morani, avvocato pesarese 37enne, un percorso politico iniziato nei Ds e proseguito nel Pd, "orgogliosamente compagna di un carabiniere", è la nuova responsabile giustizia del partito. "Confusa e felice, come diceva Carmen Consoli". Avete una grande responsabilità, dovete "cambiare verso" al partito, no? "Accettiamo onore e onere della prova. Dateci tempo e un po’ di fiducia e dimostreremo che c’è una generazione di quarantenni con la voglia di mettersi sulle spalle questo Paese". Leinel2012sostenneBersani, stavolta Renzi. Cosa l’ha convinta del sindaco? "La stessa cosa che ha convinto il 70% degli elettori delle primarie a votarlo: la possibilità di dire basta a un gruppo dirigente che non è più in sintonia né con gli iscritti né con gli elettori, sconfitto dal punto di vista elettorale ma anche culturale, visto che non ha saputo fare da anticorpo al berlusconismo". Lei si occuperà di giustizia: che ne pensa di amnistia e indulto? "Sono provvedimenti che non risolvono il sovraffollamento carcerario, creano nei cittadini l’idea che non esistano pene certe e fanno venire meno la funzione fondamentale del carcere, cioè la rieducazione. Bisogna fare riforme strutturali per tenere insieme i diritti dei detenuti con i diritti delle persone violate". Giustizia: il ministro Bonino a plenaria del Comitato Interministeriale per i Diritti Umani Ansa, 10 dicembre 2013 Il ministro Affari Esteri Emma Bonino ha inaugurato oggi alla Farnesina la prima sessione plenaria del Comitato Interministeriale per i Diritti Umani, ricostituito lo scorso settembre essendo stato compreso nel 2012 fra gli organismi da sopprimere dalla "spending review". Il Cidu "consentirà di continuare con rinnovato impulso l’azione di sensibilizzazione delle competenti istanze nazionali per l’adeguamento degli impegni da noi assunti sul piano internazionale", ha detto il capo della diplomazia italiana. All’ordine del giorno, la presentazione dell’attività del Cidu e l’esame delle principali scadenze previste nel 2014, con un importante focus sulla dimensione nazionale della tutela dei diritti umani. "La promozione dei diritti umani nei contesti internazionali" - ha osservato al riguardo la titolare della Farnesina - "non può prescindere dal loro rafforzamento sul piano interno in attuazione degli obblighi internazionali assunti dal nostro Paese" su temi-chiave quali: l’introduzione nell’ordinamento del reato di tortura; la ratifica della Convenzione internazionale per la protezione dalle Sparizioni Forzate; il rafforzamento dell’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali); la compilazione del Piano Nazionale razzismo e del Piano Nazionale in materia di infanzia e adolescenza; il contrasto alla discriminazione, fra cui quella in base all’orientamento sessuale; la tutela dei Rom e dei Sinti; il sovraffollamento delle carceri; l’indipendenza del sistema giudiziario e dell’amministrazione della giustizia; la libertà di espressione. I lavori hanno anche toccato l’avvio, nell’ottobre 2014, della Revisione Periodica Universale dell’Italia da parte del Comitato Diritti Umani delle Nazioni Unite e la predisposizione del Common Core Document, documento fondamentale di presentazione complessiva del sistema-Italia nelle sue dimensioni costituzionale, legislativa, civile, politica, economica, sociale e culturale. Durante la riunione plenaria si è inoltre discusso del dibattito che, nella cornice del semestre di presidenza italiana dell’Unione Europea, il governo intende promuovere su temi come la gestione integrata dei flussi migratori, l’integrazione, il contrasto alla discriminazione, la parità di trattamento. Sulle carceri siamo un paese tecnicamente fuorilegge Sulle carceri dobbiamo riconoscere che siamo un paese tecnicamente fuori legge: lo ha detto il ministro degli Esteri italiano Emma Bonino, nel corso dell’incontro con la stampa estera a Roma. Inoltre la titolare della Farnesina non ha voluto rilasciare dichiarazioni sulle primarie del partito democratico, che si sono svolte ieri. Giustizia: D’Alessandro (Fi), Marini e Anzaldi (Pd), aderiscono a Marcia per l’amnistia Ansa, 10 dicembre 2013 "Sono passati due mesi dal messaggio del Presidente, il Parlamento dovrà fare qualcosa. Io sono favorevole all’amnistia, temo che come al solito questi temi possano essere soggetti a ritorsioni e ricatti, figli del ricatto perenne di questo Parlamento". Lo ha detto il deputato di Forza Italia Luca D’Alessandro, intervistato da Radio Radicale. "La decadenza di Berlusconi potrebbe darci la speranza che sia finito il periodo dei veti della sinistra, ma temo di no. Io comunque sono favorevole, e penso che se si fa una vera amnistia e un indulto serio si deve prescindere dal fatto che possa riguardare Tizio, Caio o Sempronio", ha concluso D’Alessandro. Michele Anzaldi, deputato del Pd, pure intervistato da Radio Radicale, ha commentato così la iniziativa promossa dai Radicali: "La marcia di Natale? La trovo una iniziativa bellissima, innanzitutto perché si svolge in un giorno in cui tutti pensiamo al Natale e all’anno nuovo", ha detto ai microfoni di Radio Radicale. I radicali hanno promosso per il 25 dicembre, da San Pietro a Palazzo Chigi una marcia in favore del provvedimento di clemenza. "Ancora una volta i radicali riescono a riportarci ai problemi veri che ci sono, che non sono risolti, e ci ricordano che ci sono delle persone dimenticate che soffrono", ha aggiunto Anzaldi. "Non so se ci sarò, perché esigenze di famiglia mi potrebbero tenere fuori Roma. Ma condivido pienamente questa iniziativa". Lo ha detto Franco Marini, intervistato da Radio Radicale sulla marcia per l’amnistia promossa dai Radicali per il giorno di Natale, da San Pietro a Palazzo Chigi. "La mia ammirazione per Pannella cresce grazie a questa battaglia di civiltà che sta facendo. Dunque voglio dirlo: se starò a Roma sicuramente mi farò vedere alla marcia per l’amnistia", ha concluso Marini. Giustizia: Osapp; no a corsi di pugilato per detenuti, il ministero si occupi di problemi veri Ansa, 10 dicembre 2013 No ai corsi di tiro al piattello e pugilato per la popolazione detenuta. Il sindacato di polizia penitenziaria Osapp ha scritto al ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri, e al capo del Dap, Giovanni Tamburino, per esprimere "il malcontento" verso il programma che non potrà non avere diretta influenza sulla già scarsa funzionalità delle infrastrutture penitenziaria". L’iniziativa, dice il sindacato in una nota, "dovrebbe portare degli atleti professionisti a impartire insegnamenti su come si spara o su come si tirano pugni a soggetti che se stanno in carcere non sempre è per un errore giudiziario". Nell’esprimere le proprie critiche, il segretario Leo Beneduci invita invece l’Amministrazione penitenziaria "a farsi carico dei reali problemi del sistema penitenziario e ad avviare corsi di formazione e aggiornamento fermi da anni per il personale, senza trascurare le esigenze di benessere dei dipendenti", e a prevedere "programmi trattamentali che si sostanzino in benefici per l’erario e per la collettività, come i lavori all’esterno di pubblica utilità in prossimità della scadenza pena". Lettere: se al 99% degli italiani non frega niente del carcere e delle sue condizioni… di Giovanni Battista De Blasis www.poliziapenitenziaria.it, 10 dicembre 2013 È triste dover constatare quanto poco faccia notizia parlare di carceri sovraffollate, degradate, da terzo mondo. Se ne è parlato talmente tanto da inflazionare (per così dire) l’argomento, da annoiare l’opinione pubblica fino al punto da indurre l’uomo comune a rispondere "...chissenefrega di come si vive dentro il carcere, dopotutto quelli sono delinquenti... chiudeteli dentro e buttate la chiave". Sembra brutto, cinico e crudele dire queste cose, ma è la sacrosanta verità. Il carcere, e le sue sofferenze, interessa soltanto chi - per scelta, per dovere o per condanna - viene a contatto con il suo mondo. Mi diceva, qualche tempo fa, un alto dirigente del Dap: "Qui in questo palazzo, abbiamo perso il senso della realtà. Pensiamo che il carcere sia l’ombelico del mondo, che tutta l’Italia (politica, governo, stampa, opinione pubblica) sia disponibile ad ascoltarci e pronta ad aiutarci. Invece la verità è che del carcere non frega niente a nessuno e noi siamo autoreferenziali ed emarginati dalla società". Condivido, pienamente, la sua opinione. In realtà, basta soffermarsi, anche superficialmente, ad analizzare il fenomeno carcere dal punto di vista sociologico per comprendere come sia vero quanto affermato da quel dirigente. Quanta gente è interessata al carcere? Proviamo a fare due rapidi calcoli. Le persone condannate o in custodia cautelare che entrano ed escono da carcere, nel corso dell’anno, sono (più o meno) centomila. Familiari, parenti ed amici, dovrebbero essere una media di tre ciascuno per un totale di trecentomila. Avvocati, Magistrati e personale dell’amministrazione giudiziaria, diciamo centomila. Associazioni di volontariato, presumibilmente, diecimila. Altrettanti diecimila tra insegnanti, religiosi, esperti e consulenti. Personale della Polizia Penitenziaria e personale civile conta in totale meno di cinquantamila persone alle quali, ammesso e non concesso siano interessati, si possono aggiungere i familiari, per diventare potenzialmente duecentomila. Consideriamo, per eccesso, qualche altra decina di migliaia di persone in qualche modo interessate, tra politica, locale e nazionale, sanità, ditte esterne e altre figure. In totale, come possiamo vedere, si arriva ad assommare all’incirca sette-ottocentomila persone. Ciò vale a dire, poco più dell’uno per cento del totale della popolazione italiana. E il dato assume un valore ancor più significativo se confrontato con quello di altri settori della società. Si pensi, ad esempio, alla scuola che interessa decine di milioni di persone, o alla sanità che interessa - praticamente - tutti. È immediatamente evidente l’enorme predominanza numerica rispetto al mondo penitenziario. E altrettanto si può dire della sicurezza, dell’informazione, della politica, del turismo, dei trasporti e così via. Questa, seppur approssimativa, analisi dei numeri e delle percentuali ci dimostra inconfutabilmente che quasi il novantanove per cento della popolazione italiana è disinteressata al carcere e, probabilmente, non ne vuol nemmeno sentir parlare. Per altro verso, è pur vero che in nostro soccorso sopraggiunge la solidarietà delle persone più sensibili (che, fortunatamente, non sono così poche) che si avvicinano alla realtà dell’esecuzione penale soprattutto quando si verificano gli eventi più tragici. Ma è altrettanto vero, purtroppo, che spesso e volentieri proprio queste persone più sensibili alle difficoltà carcerarie sono quelle che hanno minor potere decisionale per la risoluzione dei problemi e non possono far altro che esprimerci solidarietà e aiutarci a coinvolgere la restante opinione pubblica. E la questione finisce per avvolgersi sul suo stesso circolo vizioso. Ovviamente, tutto ciò non significa affatto che siamo deputati a soccombere sotto le macerie di un sistema inevitabilmente destinato al collasso sociale e strutturale. Comunque, non soccomberemo senza combattere contro l’indifferenza della gente comune e contro l’autoreferenzialità dei nostri dirigenti troppo spesso indaffarati a difendere la propria poltrona situata negli ultimi piani delle loro torri d’avorio. Indubbiamente, abbiamo disperatamente bisogno dell’aiuto della "casalinga di Voghera" e del "commerciante di Benevento", ma, forse, abbiamo più bisogno di un radicale rinnovamento della classe dirigente dell’amministrazione penitenziaria, troppo sedimentata sul potere ed arroccata a difendere le proprie rendite di posizione. Del resto, è innegabile che la responsabilità della situazione carceraria è (per inversione proporzionale) al novantanove per cento dei dirigenti del Dap così come, sempre al novantanove per cento, sarebbe loro dovere risolvere i problemi. Firenze: a Sollicciano una "scuola di libertà" (con lista d’attesa) di Lisa Baracchi Corriere Fiorentino, 10 dicembre 2013 La visita del sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi dentro il carcere. È una scuola dove mancano i libri e per avere una penna a volte bisogna aspettare delle settimane. In classe ci sono le carte geografiche, la lavagna e le sbarre alle finestre dai vetri opachi. Ma al carcere di Sollicciano la scuola è una forma di libertà, come spiega la professoressa Paola Nobili, a cui gli studenti che l’hanno provata non possono rinunciare. È il modo per liberarsi dall’ignoranza, "il peggiore di tutti i mali", come dice Hafid: "se siamo finiti in carcere è perché siamo ignoranti, il vuoto è la fonte del male". Davanti al sottosegretario all’Istruzione, Gabriele Toccafondi, che oggi pomeriggio ha visitato il penitenziario fiorentino, accompagnato dal direttore Oreste Cacurri, davanti all’assessora al Comune di Firenze Cristina Giachi e al vicedirettore dell’ufficio scolastico regionale Claudio Bacaloni i detenuti hanno parlato della loro scelta di frequentare la scuola del carcere e dei problemi che di anno in anno restano. "Si decide di fare la scuola per uscire dalla cella - dice Valeria - per trovare argomenti diversi in giorni, mesi e anni sempre uguali. Poi si continua perché nel frattempo si è creato un bel gruppo affiatato e le lezioni sono un arricchimento che contiamo di portare fuori di qui. La scuola è una speranza". Ma chi inizia un percorso di studi qui non ha la certezza di poterlo continuare, perché i posti non sono tanti, perché il numero dei docenti concessi alla scuola in carcere varia. La grande maggioranza dei detenuti è di origini straniere e chiede di fare lezioni di alfabetizzazione: alla scuola dell’obbligo le richieste sono circa 250 e i posti 60. Va meglio alle superiori (qui ci sono i corsi del Sassetti Peruzzi e del Russell-Newton) dove restano in lista d’attesa una decina di persone. Un ragazzo albanese ha imparato in carcere a leggere e a scrivere, dice che è la cosa migliore che ha fatto ma in classe manca la pulizia e vorrebbe non dover scegliere tra fare un lavoro e fare la scuola. "Ogni piccola cosa qui ha un grande significato, per noi poter vedere un video al computer è importante, sarebbe bello poter fare più laboratori creativi", spiega un altro detenuto. Tra i laboratori che si sono concretizzati a Sollicciano c’è stato il corso di murales che ha abbellito le aule, i corridoi e la biblioteca della scuola in carcere, c’è oggi il laboratorio di riparazione delle biciclette (con la cooperativa Ulisse) e c’è la falegnameria, con tanti macchinari funzionanti, ma per il momento inutilizzati. Il segretario Toccafondi vorrebbe fare ripartire la falegnameria, in collaborazione con Federlegno Arredo, per offrire la possibilità ai detenuti di imparare un mestiere richiesto e coinvolgere aziende che possono avere interesse per i prodotti della falegnameria. "L’istruzione ha un ruolo fondamentale all’interno del sistema penitenziario – dice Toccafondi. Noi siamo per il rispetto della pena, ma come dice la nostra Costituzione, lo scopo finale deve essere quello della rieducazione: dentro al carcere devono essere fatti percorsi formativi veri". E aggiunge: "Chi impara un mestiere durante la detenzione, raramente torna a delinquere. C’è tanto da fare, non posso fare promesse, ma il Miur deve essere in prima linea nell’attenzione alle carceri". Dall’ufficio scolastico regionale potrebbe arrivare inoltre una prima risposta per recuperare i libri di testo che servono alle classi di Sollicciano. Toccafondi: formazione fondamentale per reinserimento "L’istruzione ha un ruolo fondamentale all’interno del sistema penitenziario. Noi siamo per il rispetto della pena, ma come dice la nostra Costituzione, lo scopo finale deve essere quello della rieducazione: dentro al carcere devono essere fatti percorsi formativi veri". Lo ha detto il sottosegretario all’Istruzione, Gabriele Toccafondi, che oggi pomeriggio ha visitato il penitenziario fiorentino di Sollicciano, accompagnato dal direttore Oreste Cacurri. Toccafondi ha visitato le aule scolastiche, la biblioteca, il laboratorio in cui vengono riparate le biciclette, e i locali della falegnameria, non più utilizzati da qualche anno. Tra le idee lanciate dal sottosegretario al’Istruzione, c’è proprio quella di ripristinare la falegnameria di Sollicciano, in collaborazione con FederlegnoArredo, per offrire la possibilità ai detenuti di imparare un mestiere sempre più richiesto, e facilitare il loro reinserimento nella società. "Chi vuole cambiare deve avere la possibilità, dentro il carcere, di fare percorsi formativi e lavorativi utili e concreti - ha sottolineato Toccafondi. Chi impara un mestiere durante la detenzione, raramente torna a delinquere, una volta tornato libero. L’istruzione nei penitenziari contribuisce ad abbattere la recidiva: c’è tanto da fare in questo campo, e il Miur è in prima linea in questo percorso di riabilitazione per i singoli ma che ha ricadute importanti per l’intera società". Assessore Giachi in visita alla scuola del carcere di Sollicciano "Oggi i detenuti ci hanno ricordato che cosa sia la scuola: uscire dall’ignoranza e riempire il vuoto che li ha portati lì. Grazie alla scuola possiamo far capire ai detenuti che non li abbiamo abbandonati e dimenticati; anzi, che continuiamo a preoccuparci di loro. Lo studio è un’occasione di riscatto, un’opportunità per ricominciare". Lo ha detto l’assessore all’educazione Cristina Giachi che questo pomeriggio, insieme al sottosegretario alla pubblica istruzione Gabriele Toccafondi, ha visitato la scuola all’interno della casa circondariale del nuovo complesso penitenziario di Sollicciano. "La finalità fondamentale della scuola all’interno del carcere - ha aggiunto l’assessore Giachi - è di collaborare con l’istituto di pena per preparare, favorire il recupero ed il reinserimento dei detenuti nella società. Lo studio, il diploma, il contatto con gli insegnanti possono rappresentare l’occasione per progettare un futuro degno d’esser vissuto ed offrire almeno una speranza occupazionale una volta riacquistata la libertà. C’è bisogno però di una scuola diversa, che risponda al bisogno educativo primario dei detenuti, e che non usufruisca soltanto delle risorse che avanzano al sistema, di una scuola che non sia la copia brutta e povera della scuola normale. Chiedo al governo di fare, tutti insieme - enti locali, istituti di pena, ministeri dell’istruzione e della giustizia - uno sforzo immaginativo per progettare e realizzare una scuola che sia del e per il carcere". Aosta: sovraffollamento e iniziative professionalizzanti discussi dall’Osservatorio carceri www.aostaoggi.it, 10 dicembre 2013 il Presidente Rollandin: "inoltrato ai Ministeri una nota formale per sollecitare il trasferimento delle competenze". Si è tenuta al palazzo regionale della Valle d’Aosta, la riunione dell’Osservatorio sulle carceri, presieduta dal presidente della Regione, Augusto Rollandin. Al tavolo molte componenti rinnovate: Antonio Fosson, assessore alla Sanità, Joel Farcoz, assessore alla cultura, Giovanna Sampietro, sovraintendente agli Studi, Enrico Formento, difensore civico Dojot, Domenico Minervini, direttore della casa circondariale di Brissogne, Silvia Messina dell’Ufficio esecuzione penale esterna (Uepe), Ettore Jaccod in rappresentanza dell’associazione valdostana di Volontariato Carcerario, Marisa Rey della struttura politiche per l’impiego che segue gli adempimenti relativi alle iniziative formative e professionalizzanti previste dal protocollo d’intesa tra il Ministero della Giustizia e la Regione. Proprio su queste iniziative l’Osservatorio ha esaminato il progetto del laboratorio di panificazione, un’iniziativa cofinanziata dall’Fse e gestita dalla Cooperativa sociale Enaip, che comincerà nei primi mesi del 2014 l’attività formativa per dieci detenuti. Accanto alle iniziative di formazione professionale quelle di alfabetizzazione e di informatica, per le quali vi è una collaborazione tra la casa circondariale, la aovraintendenza e l’assessorato. Buona parte della riunione è stata dedicata al tema della medicina e sanità penitenziaria, per la quale la Regione è ancora in attesa del trasferimento delle competenze da parte dello Stato. "Come Presidenza della Regione - ha detto il presidente della Regione Valle d’Aosta - abbiamo inoltrato, ancora lo scorso 28 ottobre, un’ulteriore nota formale ai Ministri della Salute e della Giustizia per richiedere la sollecita definizione della vicenda. Sull’argomento, sono stati altresì nuovamente sensibilizzati i Parlamentari valdostani per i loro auspicabili interventi. La Regione ha presentato le esigenze sulla base delle richieste prodotte dal Ministero di giustizia, in ragione dei servizi necessari". "Nell’attesa che il Governo definisca il trasferimento delle competenze - ha proseguito Rollandin - in materia di medicina e sanità penitenziaria alla Regione, l’Assessorato alla sanità, salute e politiche sociali sta operando per verificare se, già nell’immediato, vi siano le condizioni per migliorare gli interventi medico-sanitari già supportati dalla Regione. In conclusione dell’incontro si è anche parlato della questione del sovraffollamento delle carceri, questione sulla quale il Direttore ha sottolineato che sono state adottate adeguate misure per contenere la problematica". Parma: la sfida sociale sulle carceri nell’esperienza della coop Sirio di Raffaele Castagno La Repubblica, 10 dicembre 2013 Convegno all’università. In primo piano il tema del sovraffollamento, ma anche la necessità di ripensare il modello di detenzione. Buffa: "Non solo un problema di spazi, ma di relazioni". "Il grado di civilizzazione di una società si misura dalle sue prigioni" scriveva Fedor Dostoevskj. La questione delle condizioni dei detenuti è stato affrontata in un convegno all’università, promosso dall’Udu, in occasione della giornata mondiale dei diritti umani. Un tema di stringente attualità anche per le carceri italiane, alla luce delle recente condanna inflitta all’Italia - per trattamento inumano - dalla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo. Il supremo organo continentale ha dato un anno di tempo all’Italia (oramai poco più di sette mesi) per risolvere il problema della sovrappopolazione degli istituti di pena. Problema che affligge anche la casa circondariale di via Burla, benché la direttrice Anna Albano definisca la situazione "non tra le peggiori rispetto ad altre carceri". Penitenziario che nel 2014 vedrà il completamento di un nuovo padiglione da 200 posti. Sono i nudi numeri a dare la dimensione del problema. I detenuti in Italia sono oltre 68mila, con strutture in grado di accoglierne 42mila. Vincenzo Scalia (associazione Antigone): "La metà è dentro per violazione delle leggi Bossi-Fini e Fini-Giovanardi - su immigrazione e assunzione di droga - il 50% dei quali è in attesa di giudizio, con il 75% che finisce assolto, vale a dire 25mila persone. Significa che non dovrebbero starci. Un terzo è tossicodipendente, un quarto dei quali affetto da Hiv. In molte carceri le strutture sanitarie sono insufficienti o assenti. Parma è fortunata con un reparto completamente nuovo. La prigione non può diventare un lazzaretto o uno strumento per risolvere il problema dell’immigrazione. Non ci meravigliamo se avvengono suicidi, in questo Paese non sono rispettati i diritti fondamentali. I provvedimenti di amnistia e indulto sono a breve termine, bisogna agire in altre direzioni, discutendo l’efficacia della Bossi-Fini e la Fini-Giovanardi, che hanno contribuito al picco dei detenuti". Sul fatto che le leggi abbiano mutato profondamente l’assetto e la funzione delle case circondariali concorda Pietro Buffa, provveditore penitenziario della carceri. "Hanno fatto sì che diventasse tutt’altra cosa. Oggi il 70% dei detenuti, soprattutto nelle strutture della grandi aree urbane, è formato da stranieri". La questione coinvolge direttamente il problema della funzione della pena, e in particolare quella della sua valenza rieducativa, espressamente indicata dalla Costituzione, come sottolineato dal professore dell’ateneo parmigiano Alberto Cadoppi nel corso della tavola rotonda moderata dalla giornalista de Il fatto quotidiano Silvia Bia. Proprio la città ducale porta l’esperienza della cooperativa Sirio, illustrata dal presidente Patrizia Bonardi, con gli esempi del progetto Cittadella, con 24 detenuti coinvolti nella risistemazione dell’area verde. "Entrarono in contatto con la città". E ancora l’intervento al Parco di Colorno, che coinvolse altri 16 carcerati. Vicende inscindibilmente legate alla figura di Mario Tommasini. Una sfida quella del lavoro resa oggi più complessa, non solo dal contesto di crisi, ma anche dal regime di massima sicurezza che caratterizza il penitenziario ducale. Il tema della relazione è centrale nell’intervento di Buffa. "Certamente è importante la riduzione del sovraffollamento, che è anche un problema di costi" spiega, citando l’esempio del calo della popolazione carceraria negli Stati Uniti, diventata economicamente insostenibile. "Non accontentiamoci dell’amnistia, non è solo un problema di metri quadrati, occorre fa partire relazioni umane nel sistema penitenziario". Si tratta di processi lunghi, che inevitabilmente coinvolgono la società, trasformando la pena in un fatto sociale più che in una questione di mero diritto. Luoghi che accolgono sempre più tossicodipendenti, emarginati, persone escluse dalla società, i carceri secondo Buffa assumono una valenza per così dire "profetica". Spiega: "Quello che oggi si vive in prigione lo avremo tra dieci anni nella società. Ci fa vedere una cosa che potrebbe essere. Una società che dimentica un pezzo è perdente. Abbiamo la possibilità di cambiare, la relazione fa di uno spazio un luogo. Dobbiamo modificare il nostro modo di pensare, non consideriamo il carcere come un fenomeno ineluttabile. La vita dei detenuti non inizia e non finisce in cella". Cita l’esempio dei "tribunali del perdono" voluti da Nelson Mandela in Sud Africa per affrontare i crimini che avevano dilaniato il Paese. Un luogo dove dare modo a vittime e "carnefici" di raccontare i loro sentimenti, di creare in qualche modo un rapporto. "La libertà ha scritto lo scomparso leader sudafricano - è una sola: le catene imposte a uno di noi pesano sulle spalle di tutti". Tempio Pausania: colletta in carcere a Nuchis per i cittadini colpiti dall’alluvione La Nuova Sardegna, 10 dicembre 2013 La solidarietà supera le sbarre delle carceri. L’eco del disastro che si è abbattuto nella Gallura costiera è arrivato ai 180 detenuti di massima sicurezza di Nuchis attraverso la televisione e il racconto degli educatori. Il passaparola tra boss e gregari è stato immediato, e in poche ore i detenuti hanno raccolto 800 euro, un contributo che è stato già inviato al sindaco di Tempio "per i cittadini che sono stati colpiti dall’alluvione", come è scritto sul bonifico bancario, e che presto arriverà a destinazione. Per raccogliere questa somma gli ospiti del supercarcere di Nuchis - tutti personaggi di spicco della criminalità organizzata italiana - per alcuni giorni hanno rinunciato all’acquisto di sigarette, riviste e alimentari. L’iniziativa è trapelata solo ieri, durante la fase organizzativa del concerto che si terrà nel salone principale del penitenziario domani, quando sul palco salirà il cantautore Piero Marras con il suo repertorio di canzoni in limba e in italiano. Un concerto che rientra nel programma di reintegro e acculturamento dei detenuti avviato un anno fa con l’apertura della struttura di massima sicurezza. Un lavoro impegnativo seguito dalla popolazione carceraria che, contrariamente ad altre e ben più drammatiche situazioni detentive, ha instaurato un rapporto di collaborazione con il personale della polizia penitenziaria (sempre ridotto all’osso) e gli educatori impegnati nel progetto finanziato dal ministero della Giustizia che reinveste i fondi ricavati dalla vendita dei prodotti realizzati dai carcerati e messi in vendita in diversi negozi italiani. L’arrivo dei detenuti sottoposti a regime di alta sicurezza venne accolto con preoccupazione da alcuni rappresentanti politici, primo tra tutti il deputato Mauro Pili di Unidos, che aveva espresso preoccupazione per l’introduzione nelle carceri sarde di pezzi da novanta che avrebbero potuto importare il germe della criminalità organizzata attraverso l’arrivo di parenti e compari che sarebbero arrivati nell’isola. I detenuti si trovano nei tre istituti di pena di massima sicurezza di Nuchis in Gallura; Bancali, vicino a Sassari e Massama, a Oristano. Ferrara: Garante dei detenuti Marighelli; nel carcere migliorano le condizioni di vita www.telestense.it, 10 dicembre 2013 Migliorano le condizioni di vita dei detenuti all’interno del carcere di Ferrara, anche se il problema del sovraffollamento resta. Lo afferma il garante dei diritti dei detenuti di Ferrara, Marcello Marighelli. Il limite massimo per il carcere di via Arginone è di 260 unità, oggi quindi ci sono quasi il doppio dei detenuti che dovrebbero esserci ma le condizioni di vita dei detenuti sono migliorate. A migliorare la situazione hanno senz’altro contribuito alcune novità a livello legislativo, come ad esempio il fatto che non sia più previsto l’arresto in flagranza per gli immigrati che non hanno ottemperato all’ordine di espulsione. Brescia: la faccia "buona" di Canton Mombello… di Magda Biglia Brescia Oggi, 10 dicembre 2013 Il fotografo Renato Corsini: "Mi aspettavo un luogo di palpabile violenza, di urla e invettive; ho trovato invece un "paese" abitato da un’umanità solidale". Prima i simboli, quelle grosse chiavi che tolgono la libertà, le alte cancellate che separano, i piani a ringhiera affacciati alla rotonda, i letti a castello nello spazio angusto. Poi arriva il sorriso, arrivano le immagini di gruppo, "come nell’album dei ricordi di un viaggio tra amici". Nel volume fotografico che sarà presentato oggi alle 18 nel salone Vanvitelliano di Palazzo Loggia c’è il viaggio durato sei mesi dentro il carcere di Canton Mombello di Renato Corsini, autorizzato dal ministero della Giustizia a tenere un corso, a entrare nelle celle, a conoscere i detenuti e immortalarli. "Cosa che mi è riuscita estremamente facile - racconta l’autore - perché erano disponibili, desiderosi di essere messi davanti all’obiettivo che li leggeva; io e la macchina diventavamo un tramite verso il "fuori", il vero assillo". La principale scoperta di Corsini è stata il capovolgimento degli stereotipi che aveva in mente. "Mi aspettavo un luogo di palpabile violenza, di urla e invettive, con carcerati rabbiosi e litigiosi, agenti aguzzini e tensioni pronte a esplodere, situazioni pericolose. Invece mi sono trovato in un paesotto, con amici che mi invitavano a bere un caffè o giocavano a carte e a scacchi con quelli della cella accanto, legati dal tipo di solidarietà che unisce gli abitanti di un villaggio isolato - racconta il fotografo bresciano -. Se un "paesano" senza parenti e senza soldi non può comprarsi i biscotti o le arance, c’è sempre qualcuno che gliene offre. Solo due volte ho assistito a scazzottate, ma per motivi da bar, da stadio, una discussione o uno sbaglio nel giocare a calcetto". I nuovi sono accolti cameratescamente, qualsiasi atto li abbia condotti lì. Quando il pilota accusato del delitto della brasiliana ha tentato il suicidio, i compagni di detenzione si davano da fare in ogni maniera per rincuorarlo, racconta Corsini. Solo con gli "infami", i delatori, e con i pedofili, i detenuti non hanno pietà. Troppi film e telefilm nella testa, il fotografo è rimasto spiazzato. Ha visto "secondini" un po’ reclusi anche loro che lo hanno volentieri assecondato. Ha stretto amicizia con chi aveva fatto a pezzi un amico; si è commosso l’ultimo giorno salutando, come quando di torna dalle vacanze e si lascia un posto dove si è stati bene. "Ciò non toglie che esistano mille problemi - ammette Corsini. C’è soprattutto il sovraffollamento con notevolissimi disagi: 6 invece di 2, nella cella fatichi persino a muoverti e il fornellino con la caffettiera è nel bagnetto. Ma la decisione della direttrice Francesca Gioieni di aprire tutto il giorno le porte ha dato molto sollievo. Così come è importante che si cerchi di accomunare nelle abitudini, ove possibile, le varie nazionalità, le culture. In ogni caso, la medesima sorte diventa fonte di integrazione dal basso. La direttrice è una persona molto in gamba, è grazie a lei che è stata possibile la mia esperienza, sollecitata da Laura Castelletti. Che mi è stato possibile un rapporto così ravvicinato e vero al quotidiano, a quel mondo che non è quello asettico del parlatorio. Allo stesso tempo io ho portato dentro il mondo esterno, quello cui tutti loro si aggrappano. Lì c’è grande sofferenza, la nostalgia, l’essere lontani. Tutti vivono in attesa della visita settimanale, sprazzo di luce. Se manca, crollano. E alcuni, soli, non l’avranno mai". Corsini riferisce di un giovane disperato perché la "morosa" non si era fatta più vedere. "Vai tu a cercarla, a convincerla a tornare da me", lo supplicava, non volendo credere a un abbandono. Si attende solamente di uscire. Eppure la realtà è dura con chi ha fatto la galera. "Sapevano che avrebbero ricominciato a spacciare, a rubare, una volta scontata la pena. "Che altro posso fare?" era il ritornello". Soprattutto i tanti stranieri, oltre il 70 per cento, non hanno altra prospettiva. "Ho la mia compagna che mi aspetta per pagare l’affitto, come glielo procuro?. Lo so già", ha ammesso apertamente uno. Riescono però a non avere fretta, spesso rassegnati all’ingiustizia, "consci di non avere i soldi per il buon avvocato che serve - secondo Corsini. Aspettano l’udienza, gliela rimandano continuamente e lo accettano con un fatalismo per me impensabile". Gli uomini cucinano, fumano, si divertono con la scacchiera, si godono le ore d’aria, esibiscono i tatuaggi. "Gente di carcere" sottotitola il libro che raccoglie i flash del viaggio collettivo. "Non ho voluto sbattere il mostro in prima pagina, nemmeno gridare la denuncia sul povero prigioniero, ma far emergere l’umanità che si coglie, con rispetto", dice il docente di fotografia che ha già un progetto per la prossima volta, anticipato nella fine del volume. Sarà un giocare al confronto fra i ritratti del bravo fotografo e le foto segnaletiche stile lombrosiano, "primo atto di criminalizzazione". Come mostrano le ultime pagine, succederebbe di apparire un terribile wanted anche a tanti poliziotti, alla direttrice o alla vice comandante della polizia penitenziaria. Cagliari: nuova protesta dei lavoratori edili davanti al cantiere del carcere di Uta Ansa, 10 dicembre 2013 Si riaccende la protesta dei lavoratori impegnati nella costruzione del nuovo carcere di Uta che venerdì hanno ripreso lo sciopero interrotto martedì scorso. Questa mattina in quaranta hanno dato vita ad un nuovo presidio davanti all’ingresso del cantiere dell’istituto penitenziario. Chiedono la revoca dei licenziamenti che, con le ultime lettere di questa mattina, sono arrivati a 19 su 43 lavoratori. "Martedì abbiamo interrotto lo sciopero indetto per il mancato pagamento degli arretrati della cassa edile e abbiamo atteso di venire convocati dall’azienda - ha sottolineato Erika Collu, segretaria territoriale della Fillea-Cgil - non solo non è arrivata alcuna risposta, ma l’azienda ha interrotto le comunicazioni sindacali perché ritiene illegittimo lo sciopero e addirittura continuano ad arrivare le lettere di licenziamento. Qui si rischia di andare tutti a casa prima che venga completata l’opera". Secondo gli operai, infatti, per portare a termine i lavori manca circa un anno. Lo stato di agitazione permane quindi sino alla revoca dei licenziamenti. "Lanciamo un appello anche alle istituzioni perché non lascino soli i lavoratori", ha aggiunto Erika Collu. Diana (Pd): Cappellacci "salvi" lavoratori Uta Il capogruppo del Pd in Consiglio regionale lancia un appello al governatore e all’assessore dei Lavori pubblici "per trovare una soluzione imminente per i lavoratori impegnati nella costruzione del carcere di Uta". "è ignobile questo perenne silenzio di Cappellacci e Nonnis - attacca Diana - ben sapendo dell’urgenza della richiesta fatta dai sindacati il 2 dicembre per un incontro unitario con Regione, azienda Opere pubbliche, ministero di Giustizia e quello delle Infrastrutture, per la gravissima situazione in cui versano gli operai del cantiere. Altresì - aggiunge l’esponente del Pd - non è tollerabile il silenzio del Governo e nella fattispecie dei due ministeri interessati". "Entro questo dicembre - sottolinea il capogruppo - si decide il futuro dei primi 19 operai su 43, che hanno già ricevuto la lettera di licenziamento. è necessario intervenire immediatamente, sia chiesto un nuovo garante per assicurare gli stipendi ai dipendenti dell’azienda e sia rivisto il contratto con una proroga, giacché il carcere non è concluso". Alghero: da detenuti a tipografi, avviato il centro stampa della Casa Circondariale www.vocedialghero.it, 10 dicembre 2013 Sarà possibile grazie ad un importante accordo tra la casa circondariale di Alghero, l’Università di Sassari (Dipartimento di Architettura) e la ditta Alldigital per dare un futuro a numerosi reclusi desiderosi di rimettersi in carreggiata. Grazie a questa intesa alcuni inquilini del carcere di Alghero saranno formati per apprendere il lavoro di tipografo/serigrafo. Lavoreranno alle dipendenze della Alldigital nel laboratorio allestito all’interno del penitenziario di via Vittorio Emanuele. L’intesa come spiega la direttrice della struttura di via Vittorio Emanuele Elisa Milanesi "è frutto di un approfondito studio sulle opportunità che possono agevolare la riabilitazione dei detenuti e valorizzare le potenzialità lavorative nel territorio. Alla base c’è l’idea di costruire un modello di collaborazione integrata che realizzi l’obiettivo istituzionale di recupero sociale, per l’amministrazione penitenziaria, e di formazione per l’ateneo, in sinergia con il mondo imprenditoriale". "Un’occasione emblematica di come anche il carcere può rendere al territorio parte delle risorse consumate con l’esecuzione penale e soprattutto costruire il futuro di una persona che, da ex detenuto, avrà una possibilità effettiva di cambiamento per non tornare più in carcere". Il protocollo di intesa sarà formalizzato il prossimo 11 dicembre presso gli uffici della casa circondariale di Alghero. Trapani: rubano sette finocchi in un orto (valore 5€), rischiano fino a sei anni di carcere Adnkronos, 10 dicembre 2013 Rischiano fino a sei anni di carcere per avere rubato sette finocchi, per un valore di neppure cinque euro. Accade ad Alcamo, grosso centro del trapanese, dove il giudice ha rinviato a giudizio tre marocchino, uno di 22 anni, un altro di 33 anni e un terzo di 35 anni, accusati di furto aggravato per l’avere agito in tre su cose esposte alla pubblica fede. I tre, come recita il provvedimento del giudice, sono stati rinviati a giudizio perché "al fine di trarne profitto, si introducevano in un terreno recintato coltivato ad orto, di proprietà di D.N. e si impossessavano di 7 finocchi, per un valore di 5 euro. Con l’aggravante dell’avere agito in tre persone e su cose esposte alla pubblica fede". Il furto è avvenuto ad Alcamo il 19 febbraio 2013. I tre marocchini sono difesi dagli avvocati Annamaria La Rocca e Giorgio Bisagna. Milano: "Riscatti", il reportage realizzato attraverso lo sguardo dei detenuti www.libreriamo.it, 10 dicembre 2013 "Riscatti" è la mostra collettiva dei fotografi del 4° Reparto del carcere di Bollate che inaugura oggi allo Spazio Ostrakon. È allestita fino al 21 dicembre allo Spazio Ostrakon la mostra fotografica collettiva "Riscatti", a cura di Alessia Locatelli e Rodolfo Tradardi, dedicata agli scatti di alcuni detenuti del carcere di Bollate. Gli autori delle fotografie sono persone detenute, alcune delle quali sono ritratte nelle foto in mostra. Sono per la maggior parte giovani, alcuni italiani ma molti di loro provenienti da diversi parti del mondo, dal Nord Africa, dall’Est Europa, dal Sud America. Tutti loro hanno avuto l’opportunità di fotografare e imparare a fotografare seguendo gli "Incontri di fotografia" tenuti - tra il 2009 e il 2013 - da Rodolfo Tradardi e Mariagrazia Pumo che prestano la loro attività a titolo volontario presso il Carcere di Bollate. Tali incontri si collocano tra le diverse attività offerte nell’ambito di un progetto educativo ideato e gestito - in accordo con la Direzione dell’istituto penitenziario - dalla Cooperativa Articolo3 all’interno del cosiddetto Reparto a Trattamento Avanzato (4° reparto). Il Carcere di Bollate è da sempre impegnato ad offrire alle persone detenute opportunità per rendere costruttivo il tempo della detenzione, affinché la pena non sia solo un ulteriore momento di esclusione ma anche un’esperienza evolutiva, per un possibile futuro migliore. Per fare ciò non si può prescindere dall’apporto della società civile e dallo scambio con il mondo esterno. Non il reportage di una agenzia esterna ma scatti e ri-scatti dei detenuti stessi in libertà creativa. Fotografie caratterizzate da una determinazione estetica che ha pochi riscontri formali con quelle prese in altri ambiti coatti quali un collegio o una caserma. Perché un detenuto è consapevole, responsabile, sa il perché e dove si ritrova, sa discriminare. E se maneggia una macchina fotografica sa decidere quali soggetti ritrarre, cosa cavarne. Perché in carcere ha sviluppato antenne e sensibilità particolari, da conoscitore di uomini e di situazioni. Le scene che riprende sono prive di retorica, vere, scattate per estro, senza auto compiangersi, senza proposito di sensibilizzare alcuno sulla propria condizione. Si tratta di giovani, in maggioranza stranieri, che si ritraggono l’un l’altro attratti dai gesti e dalle espressioni dei compagni in cui vedono riflessa, come in uno specchio, la loro stessa voglia di vivere. Sono autoritratti reciproci, partecipi, che fissano momenti quotidiani, ora malinconici, ora giocosi, da cui mai si ricava l’impressione che si tratti di esercizi vani, solipsistici. Si capisce che il loro orizzonte è oltre la realtà contingente delle quattro mura. E anche quelle pose che a prima vista siamo tentati di classificare come narcisistiche sono invece simbolo di una umanità esuberante e repressa. E in ciò, in questa universalità non narrativa, risiede la qualità estetica delle loro fotografie. I temi più ricorrenti, oltre al ritratto, sono la palestra, l’esibizionismo discreto, la struttura vista da angolature ricercate. Non mancano struggenti nature morte colte col teleobiettivo, a conferma che l’intento non è di denuncia. Ma non è nemmeno musica d’angeli. Avanzato quanto si vuole, il carcere di Bollate rimane luogo di reclusione. E l’immagine della coppia di cavalli lucenti, sullo sfondo delle mura grigie, con le code mosse dalla corsa, è commovente e dichiara tutto il rimpianto dell’autore per la perdita della vita piena. Dato di fatto che suscita pensamenti, rimurginazioni. Soprattutto in chi ha scoperto in carcere, grazie anche alla dedizione volontaria di ammirevoli animatori esterni, di possedere delle abilità impensate. Santa Maria Capua Vetere (Ce): "Le carceri in Italia", convegno dell’Ordine Francescano www.pupia.tv, 10 dicembre 2013 La Comunità Francescana di Santa Maria delle Grazie e l’Ordine Francescano Secolare di Santa Maria Capua Vetere hanno organizzato, per martedì 10 dicembre, alle ore 20, nella Sala Santa Chiara del convento un incontro sul tema "Matteo 25,36 … ero carcerato e siete venuti a trovarmi…". La situazione delle carceri in Italia ed in particolare a Santa Maria Capua Vetere. Interverranno don Antonio Iadicicco, cappellano della casa circondariale, e padre Giuseppe Palmesano, cappellano militare. Firenze: reclusa aggredisce tre agenti, dopo telefonata per ritardo versamento denaro Ansa, 10 dicembre 2013 Tre agenti di custodia sono rimasti feriti, dopo essere stati aggrediti da una detenuta della sezione femminile del carcere fiorentino di Sollicciano. Lo rende noto l’Osapp, l’organizzazione sindacale autonoma di polizia penitenziaria. La donna, detenuta definitiva trasferita a Firenze alcuni mesi fa, ha dato in escandescenze dopo aver saputo dalla madre, in una delle telefonate periodiche autorizzate, che il suo tutore non aveva versato i soldi che le doveva. Ha chiesto e ottenuto di fare una seconda telefonata per rintracciare il tutore, ma non essendovi riuscita ha rifiutato di rientrare in cella aggredendo due agenti: in soccorso delle colleghe è giunta un’altra agente e per tutta risposta ha aggredito anche lei. Le tre agenti sono dovute ricorrere alle cure dei sanitari. "Il caso di questa detenuta - ha detto Lorenzo Traettino, segretario regionale dell’Osapp - è stato più volte sollevato e ne è stato chiesto il trasferimento e comunque che venga monitorata la sua situazione. Quanto accaduto - ha aggiunto - è anche da mettere in relazione alla situazione di sovraffollamento della sezione femminile che dovrebbe essere al disotto delle 100 recluse e che ne ospita attualmente 110". Messina: nel carcere di Gazzi per una partita di calcio "speciale" fra i detenuti e gli arbitri Gazzetta del Sud, 10 dicembre 2013 Il sindaco Accorinti prepara, con il direttore della Casa circondariale, una serie progetti che coinvolgano la città. Vestiti come gli arbitri, giudici dello sport. In campo liberi di inseguire un pallone, ma senza infrangere le regole. Questo è il campo di calcio della Casa circondariale. Non vi confondete. Quelli vestiti di nero, come arbitri sono i detenuti di Gazzi. In grigio, loro sì, gli arbitri della sezione di Messina. Faccia a faccia in un giorno speciale per entrambi. Per i detenuti che sono abituati a giocare solo fra di loro ogni domenica. Ma anche per gli arbitri che invece la domenica sono arbitrati a fischiare e non a segnare. Prima di questa partita, su questo campo inaugurato dal Messina di Ruisi nel 1997, hanno giocato o gli uomini della polizia penitenziaria o gli studenti ed i professori dell’istituto Minutoli che in carcere vengono ad insegnare ogni giorno. Oggi è toccato agli arbitri essere testimoni di una società civile deve provare a non isolare chi deve scontare il proprio debito con quella società. Il direttore del carcere Calogero Tessitore è rimasto colpito dall’abbraccio che gli ha riservato il sindaco Accorinti. La casa circondariale guarda all’esterno chiedendo un aiuto concreto per cercare di assolvere al principio della rieducazione piuttosto che della pena afflittiva, fine a se stessa. Nel 2014 sarà avviato un progetto a quattro mani con Palazzo Zanca per la raccolta differenziata in carcere e per alcuni lavori di pubblica utilità all’esterno Ferrara: Concerto di Natale in carcere, quando la musica oltrepassa i muri dell’Arginone www.estense.com, 10 dicembre 2013 In attesa del Natale la musica oltrepassa i muri e le sbarre del carcere per portare svago e solidarietà anche ai detenuti. L’appuntamento è per giovedì 12 dicembre alle 13,30, quando la Casa Circondariale di Ferrara farà da teatro alle esibizioni dei cantanti e musicisti dell’etichetta discografica cittadina Jaywork per un concerto patrocinato da Comune e Provincia di Ferrara dal titolo "La musica dentro-Un Natale con voi". In scaletta cover rivisitate e brani cantautoriali, rock, R&B, dance e pop interpretati da Leonardo Veronesi, con Enrica Bolognesi ed Ettore Poggipollini, e da Frenk Nelli e War-K, che si esibiranno tutti rigorosamente dal vivo per dimostrare, attraverso la musica, un’autentica vicinanza ai detenuti. "Con questa iniziativa - ha puntualizzato stamani in conferenza stampa l’assessore comunale Chiara Sapigni - intendiamo mettere in pratica le direttive di una recente normativa regionale che auspica una maggiore apertura delle carceri ad attività provenienti dal territorio, poiché siamo convinti che l’unico modo per far sì che la detenzione conduca a una riammissione nella vita sociale sia quello di considerare il carcere come un pezzo della nostra città e della nostra comunità" "Ringraziamo - ha aggiunto l’assessore Luciano Masieri - sia la direzione della Casa Circondariale per la grande disponibilità dimostrata sia gli artisti che hanno voluto offrire gratuitamente le loro performance, a dimostrazione ancora una volta che ad animarli è un’autentica passione per la musica, accompagnata dal desiderio di condividerla con altri". "Tutti gli artisti - ha confermato l’organizzatrice dell’iniziativa Silvia Bottoni - si sono messi a disposizione con grande slancio perché pensano che la musica sia uno dei più efficaci strumenti di comunicazione e aggregazione e sono convinti che sarà un’esperienza gratificante anche per loro stessi". Grande apprezzamento per l’iniziativa è stato espresso anche dalla direttrice della Casa circondariale Carmela De Lorenzo che ha ricordato come il periodo delle festività rappresenti per i carcerati uno dei momenti in cui il peso della detenzione diventa maggiore e eventi come quello in programma per il 12 dicembre contribuiscono ad alleviarlo, offrendo un’occasione di distrazione. "Il concerto di giovedì - ha ricordato poi il Garante dei detenuti Marcello Marighelli - segue una serie di altre iniziative in carcere che in questo anno hanno dimostrato un’attenzione particolare della nostra città verso il tema dei diritti dei detenuti, a fronte anche della gravi problematiche in materia che riguardano l’intero Paese". "Il nostro intento - ha spiegato infine Paolo Martorana di Jaywork - è quello di condividere emozioni con il pubblico attraverso la musica e speriamo che il nostro contributo possa davvero essere d’aiuto ai detenuti con cui vivremo questo momento". Roma: Alemanno; esporre al Campidoglio striscione per chiedere scarcerazione dei tifosi www.romadailynews.it, 10 dicembre 2013 "Condivido l’iniziativa di oggi del consigliere capitolino Pdl, Alessandro Cochi, di esporre al Campidoglio lo striscione per chiedere la scarcerazione dei tifosi della Lazio detenuti a Varsavia". Lo dichiara, in una nota, Gianni Alemanno. "Chiediamo al Governo un intervento risolutivo per riportare a casa i nostri concittadini detenuti dal 28 novembre nelle carceri polacche - continua - Chi ha sbagliato verrà sicuramente sanzionato, ma una detenzione che dura da più di dieci giorni è da ritenersi spropositata dal momento che non è ancora stata fatta adeguata chiarezza sulle ragioni dell’arresto. Desidero, inoltre, manifestare tutta la mia solidarietà alle famiglie dei tifosi che aspettano di poter riabbracciare al più presto i loro ragazzi". Foggia: nel carcere di San Severo in preparazione concerto di Natale dei detenuti www.statoquotidiano.it, 10 dicembre 2013 Fervono i preparativi per l’atteso evento Natalizio del 14 dicembre che vedrà protagonisti i detenuti della Casa Circondariale di San Severo. Sono ancora in atto le prove generali. Sarà previsto il pienone delle grandi occasioni al Teatro "Giuseppe Verdi" di San Severo, dove si esibiranno, oltre ai detenuti, ottimi artisti: il Maestro Antonello Ciccone e la sua Orchestra di Fiati "Città di San Severo", Luca Sardella, Gina Palmieri, Luigi Minischetti, Massimo Sentinella. Presenterà la serata il giornalista dott. Desio Cristalli, direttore del settimanale "La Gazzetta di San Severo". La Garante dei diritti delle persone private della libertà Sig.ra Maria Rosa Lacerenza Solimene dichiara che l’Amministrazione Comunale e la Casa Circondariale, entusiasti dell’originalità dell’evento anche nazionale, in questi giorni hanno dato il massimo ausilio alla macchina organizzativa. Teramo: due iniziative teatrali per i detenuti di Castrogno www.teramonews.com, 10 dicembre 2013 Sono due le iniziative promosse per i detenuti del carcere di Castrogno, in programma oggi. Il direttore della struttura detentiva, Stefano Liberatore, comunica infatti che martedì 10 dicembre sarà rappresentato lo spettacolo teatrale "Le Eumenidi", che vedrà recitare insieme carcerati teramani e studenti del Liceo classico Delfico (dalle ore 10 alle ore 11.30). Dalle ore 14 alle 16 verrà invece dato spazio alla nuova edizione della gara canora al termine della quale l’associazione culturale Bon Ton di Bellante (patrocinio della Fondazione Tercas) aggiudicherà il premio "Ugola d’oro 2013". Televisione: a "Linea Gialla" (La7) intervista al ministro Cancellieri sul "caso Perna" Italpress, 10 dicembre 2013 Questa sera alle 21.10, Salvo Sottile conduce la tredicesima puntata di Linea Gialla il settimanale di cronaca targato La7. Linea Gialla torna ad occuparsi della strage di Erba avvenuta l’11 dicembre 2006 per la quale sono stati condannati in Cassazione i coniugi Olindo Romano e Angela Rosa Bazzi. In collegamento da Tunisi Azouz Marzouk, padre di Youssef e marito di Raffaella Castagna, entrambi vittime della strage di Erba. Inoltre sarà trasmessa un’intervista esclusiva a Carlo Castagna, padre di Raffaella. Attraverso un’intervista esclusiva al Ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri e la testimonianza di Nobila Scafuro, madre di Federico Perna massacrato e morto in carcere in circostanze sospette, Linea Gialla continuerà a parlare delle morti che avvengono nelle carceri italiane. Stati Uniti: sceriffi violenti a Los Angeles, 18 finiscono in carcere www.blitzquotidiano.it, 10 dicembre 2013 Almeno 18 tra sceriffi ed ex sceriffi delle contee di Los Angeles, negli Stati Uniti, sono stati arrestati il 9 dicembre. Le accuse per i funzionari statali sono di violenze e uso eccessivo della forza. Gli arrestati dovranno rispondere di violazione delle norme sulla garanzia dei diritti civili. Lunga la lista degli episodi incriminati, tra le cui vittime ci sono anche i parenti di alcuni detenuti picchiati in occasione delle visite ai propri familiari in carcere. L’indagine ha riguardato anche il caso di alcuni detenuti con problemi mentali brutalmente percossi e oggetto di soprusi e angherie. Il giudice che si occupa del caso ha sottolineato come determinati comportamenti da parte dei pubblici ufficiali erano divenuti in certi casi la normalità, quasi "istituzionalizzati". Russia: le Pussy Riot e 30 attivisti Greenpeace della Artic Sunrise inclusi in bozza amnistia Adnkronos, 10 dicembre 2013 Le due attiviste del gruppo delle Pussy Riot ancora detenute e i 30 della Artic Sunrise di Grrenpeace rilasciati su cauzione sono stati inclusi nella bozza di amnistia. Lo anticipa l’emittente di sole notizie RT. Il Presidente Vladimir Putin ha appena trasmesso alla Duma di stato la bozza di amnistia, ha precisato l’agenzia di stampa Interfax citando il Cremlino, proprio mentre veniva fatto trapelare, attraverso Rt, l’inclusione delle due ragazze del collettivo delle Pussy Riot e dei trenta della Artic Sunrise. Secondo il quotidiano Izvestia, che cita la nota esplicativa alla bozza, l’amnistia sarà applicata a donne, che hanno figli piccoli, e a persone condannate secondo l’articolo 213 del codice penale russo, "teppismo". Quello che appunto riguarda Nadezhda Tolokonnikova, Maria Aliokhina e gli Arctic 30. Nel testo sarebbe previsto il perdono anche per imputati e detenuti per disordini di massa, articolo che tocca i militanti dell’opposizione in carcere per le proteste anti Putin nel "caso Bolotanaya". L’amnistia dovrebbe essere adottata entro la fine dell’anno, e attuata entro sei mesi dalla firma. Svizzera: fa discutere decisione di riaprire le carceri chiuse nel 2006 perché disumane www.liberatv.ch, 10 dicembre 2013 Il ministro: "Non è ritorno al passato". Il coordinatore dei Verdi: "Ma cosa passa per la testa dei nostri governanti?". Come si dice, a volte ritornato... e a volte riaprono. Anche se in tempi e modi diversi. La notizia della prossima rientrata in servizio delle carceri pretoriali, chiuse nel 2006 perché ritenute disumane e sotto la pressione delle associazioni internazionali, scatena le prime polemiche politiche. A scagliarsi contro la proposta il coordinatore dei Verdi Sergio Savoia che definisce "una vergogna" la riapertura di quelle celle. Ma prima di addentrarci nella disputa cerchiamo di capire il progetto del Dipartimento delle istituzioni. "Non è un ritorno al passato - ha detto il ministro delle istituzioni Norman Gobbi interpellato dalla RSI - Dal 2007, per il carcere preventivo, è operativa la Farera. Le celle che abbiamo presso il Palazzo di giustizia di Lugano e quelle che riattiveremo anche al Pretorio di Locarno serviranno per dei fermi di polizia. Saranno inoltre utilizzate per poter gestire i detenuti durante le fasi processuali". "Trattandosi di celle di fermo di polizia, dunque fino ad un massimo di 72 ore - ha proseguito Gobbi - dovranno corrispondere a questo tipo di necessità e non per detenzioni preventive molto più lunghe per le quali non sarebbero più utilizzabili. La Gendarmeria sta allestendo i preventivi e le migliorie da attuare in collaborazione con la sezione della Logistica: nei prossimi mesi si tratterà di portare a termine queste misure così da poterle poi riattivare". E veniamo a Savoia, che in un articolo pubblicato sul suo blog, lancia critiche durissime: "L’intenzione manifestata dal nostro governo di riaprire le infami celle pretoriali rappresenta un’offesa a tutti coloro che ritengono che i diritti umani non siano negoziabili. Le celle delle pretoriali per anni sono state il teatro di sofferenze, tetraggini, torture psicologiche legate alle indecenti condizioni detentive, spesso culminanti nel dramma disperato del suicidio. Proprio per rimediare a ciò, fu costruito il carcere giudiziario della Farera. Tutti coloro che, come me, votarono il credito in gc, lo fecero con la coscienza di lasciarsi finalmente alle spalle una vergogna quale quella delle carceri pretoriali. Mi domando e mi chiedo: ma cosa passa per la testa dei nostri governanti?" "Per anni - prosegue il coordinatore dei Verdi - siamo stati sulle liste (nere) di Amnesty International e del consiglio d’Europa, proprio a causa di quelle celle, indecenti di un paese altamente civile e democratico come il nostro. Vogliamo ritornarci? Nel messaggio per il credito suppletorio, presentato dal Consiglio di Stato nel 2004, si ricordava che la Commissione della gestione aveva ritenuto "urgente e prioritario realizzare un nuovo Carcere giudiziario cantonale; in modo tale da poter chiudere le Carceri pretoriali che nel frattempo erano state giudicate inadeguate per l’esecuzione della detenzione preventiva anche dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura e dei trattamenti inumani o degradanti (Cpt), che nel febbraio 1996 aveva effettuato una visita in Ticino." Ora, con la consueta cultura dell’emergenza, coniugata alla sempre più evidente militarizzazione di ogni discorso di giustizia (il governo non è evidentemente molto interessato né alla prevenzione, né a strategie alternative di controllo del crimine), si riaprono quegli antri cavernosi da cui molti (troppi) hanno scelto di sottrarsi con la misura estrema del suicidio". Medioriente: segretario di Stato Usa Kerry vorrebbe rinviare rilascio detenuti palestinesi La Presse, 10 dicembre 2013 Il segretario di Stato Usa John Kerry vorrebbe far slittare il prossimo rilascio di prigionieri palestinesi da parte di Israele in modo da collegarlo a un accordo di base che spera di raggiungere nei negoziati di pace tra le due parti. Lo affermano due ufficiali palestinesi, che hanno parlato a condizione di anonimato perché non erano autorizzati a diffondere la notizia. Durante i negoziati di pace Israele dovrebbe rilasciare complessivamente 104 detenuti palestinesi in quattro tappe, ultime due delle quali sono previste a fine dicembre e a marzo. Kerry, hanno riferito i due funzionari, ha proposto di liberare tutti i rimanenti prigionieri a fine gennaio e collegare il rilascio a un accordo di base. Yasser Abed Rabbo, un consigliere del presidente palestinese Mahmoud Abbas, ha affermato che gli Stati Uniti stanno sfruttando i prigionieri per "ricattare" i palestinesi e costringerli ad accettare un vago piano che non soddisfa le loro richieste. Fyrom: progressi per maggiori diritti umani al di sotto delle aspettative Nova, 10 dicembre 2013 I progressi verso un maggiore rispetto dei diritti umani nell’ex Repubblica jugoslava di Macedonia (Fyrom) sono stati al di sotto delle aspettative nel 2013: lo ha detto il mediatore macedone Ixhet Memeti. "È preoccupante che quest’anno abbiamo nuovamente notato una tendenza alla posticipazione delle procedure giudiziarie (nell’ambito dei diritti umani, ndr), che ostacola l’accesso alla giustizia", ha detto Memeti, che ha espresso soddisfazione per il fatto che quest’anno la gente ha presentato un numero record di denunce per violazioni dei diritti umani al suo ufficio, fattore che dimostra una maggiore consapevolezza di questo problema nella società. Per quanto riguarda invece le condizioni all’interno delle prigioni e nei centri di detenzione, Memeti ha rilevato un leggero miglioramento, anche se il sovraffollamento delle carceri rimane uno dei problemi principali della Fyrom. "Anche se le autorità hanno aperto una nuova prigione a Kumanovo e hanno preso alcune misure per migliorare le condizioni nelle carceri con altri paesi il sovraffollamento ancora viola i diritti dei detenuti", ha affermato il mediatore Memeti, citato dall’agenzia d’informazione macedone "Mia". Secondo Memeti, la Fyrom non soddisfa ancora gli standard internazionali, che prevedono almeno quattro metri quadrati di spazio per ogni cella e un massimo di cinque detenuti all’interno. Inoltre Memeti ha aggiunto che la Fyrom deve migliorare per quanto riguarda le tempistiche dei processi.