Giustizia: Amnesty Italia chiede più rispetto dei diritti umani, dentro e fuori le carceri Ansa, 23 aprile 2013 Oltre 350 iscritti prenderanno parte, dal 25 al 27 aprile, alla ventottesima assemblea generale di Amnesty International Italia che si terrà presso l’hotel Capannelle a Roma. Fondata nel 1975, la Sezione Italiana di Amnesty International conta 65.000 iscritti e circa 200 gruppi locali. In Italia, attraverso la sua Agenda in 10 punti per i diritti umani, Amnesty chiede alle istituzioni di garantire la trasparenza delle forze di polizia e introdurre il reato di tortura; fermare il femminicidio e la violenza contro le donne; proteggere i rifugiati, fermare lo sfruttamento e la criminalizzazione dei migranti e sospendere gli accordi con la Libia sul controllo dell’immigrazione; assicurare condizioni dignitose e rispettose dei diritti umani nelle carceri; combattere l’omofobia e la transfobia e garantire tutti i diritti umani alle persone lgbt (lesbiche, gay, bisessuali, transessuali); fermare la discriminazione, gli sgomberi forzati e la segregazione etnica dei rom; creare un’istituzione nazionale indipendente per la protezione dei diritti umani; imporre alle multinazionali italiane il rispetto dei diritti umani; lottare contro la pena di morte nel mondo e promuovere i diritti umani nei rapporti con gli altri stati; garantire il controllo sul commercio delle armi favorendo l’adozione di un trattato internazionale. Tra gli ospiti dell’assemblea, Beatriz Micaela Carrillo de los Reyes (presidente dell’Associazione delle donne rom dell’Università dell’Andalusia e di Fakali, Federazione delle donne rom dell’Andalusia) e Milan Raskovic (formatore e direttore dei programmi di Canvas, Centro per l’applicazione di strategie e azioni non violente, Serbia) che ha ispirato, tra l’altro, le tattiche di mobilitazione non violenta nelle primavere dell’Africa del Nord. Venerdì 26, nell’ambito della campagna europea “Diritti umani qui. Diritti dei rom adesso”, si terrà un concerto di Alexian Santino Spinelli, l’artista diventato ambasciatore della cultura rom nel mondo. Giustizia: l’innovazione delle carceri minorili parte dal “Ferrante Aporti” di Torino di Marina Lomunno Avvenire, 23 aprile 2013 Martin, Luca, Cesar, Ahmed: sono nomi di fantasia ma corrispondono a quelli dei 26 giovani (italiani e stranieri tra peruviani, romeni, senegalesi, marocchini) detenuti al “Ferrante Aporti”, il carcere minorile di Torino, per i quali ieri è stata inaugurata ufficialmente una nuova struttura detentiva, la prima in Italia riorganizzata secondo gli ultimi orientamenti per gli istituti di pena minorile. Sono ragazzi dai 16 ai 21 anni, numerosi italiani, con alle spalle storie di spaccio, rapine e altri reati più gravi ma a vederli, quando vengono fatti entrare nel grande salone pieno di autorità convenute per l’inaugurazione, potrebbero essere nostri figli o figli dei nostri vicini di casa. Pantaloni a vita bassa, codino, piercing, tatuaggi e bandana; altri semplicemente in tuta da ginnastica, tutti con la faccia spaurita di chi non sa cosa ti riserva il futuro. Ma appena stringi loro la mano, anche ai più spavaldi, gli occhi sorridono. Alla cerimonia, oltre al capo del dipartimento Giustizia Minorile Caterina Chinnici, al sindaco di Torino Piero Fassino, al Questore Antonino Cufalo, a don Virgilio Balducci, ispettore generale dei cappellani delle carceri italiane e alle altre autorità, il direttore del carcere, Gabriella Picco, ha invitato monsignor Cesare Nosiglia che aveva voluto due anni fa, il 9 marzo 2011, iniziare il cammino di Quaresima nel mercoledì delle Ceneri con i ragazzi del Ferrante. E proprio allora la direttrice aveva chiesto all’arcivescovo di tornare quando il cantiere della nuova struttura fosse terminato e monsignor Nosiglia l’aveva promesso ai giovani. L’arcivescovo ha tagliato il nastro dei nuovi locali e ha benedetto la nuova struttura e la cappella incoraggiando i ragazzi “a non mollare. Siamo qui per voi perché crediamo in voi - ha detto - nella vostra capacità di recuperare energie anche spirituali per cambiare e per riacquisire dignità, per guardare avanti”. Il trasloco dalla storica struttura di corso Unione Sovietica, non più adeguata alle esigenze educative dei detenuti, è avvenuto nei giorni scorsi. La nuova palazzina - come ha illustrato Antonio Pappalardo, dirigente del centro per la giustizia minorile di Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria e Massa Carrara - è dotata di un ampio piano terra per i servizi e ospita, oltre alla cappella, diverse grandi aule destinate alle attività scolastiche, formative, ricreative e culturali affacciate in una grande piazza coperta che sarà utilizzata per attività teatrali e ad altre manifestazioni di apertura e integrazione con il territorio. Al primo piano la “zona notte” dove sono state allestite quattro sezioni detentive da 11 posti letto ciascuna per una capienza massima di 45 ragazzi. La nuova struttura è molto luminosa con pareti in tinta pastello e si trova all’interno di un’ampia area attrezzata con un campo da calcio regolamentare, campo sportivo per basket e volley e un giardino. Il campo di calcio è stato attrezzato di gradinate per gli spettatori e di spogliatoi per le squadre ospiti per favorire l’organizzazione di partite di calcio di squadre esterne con i giovani detenuti. “La fine del cantiere iniziato nel 2010 e il trasloco - ha detto la direttrice del carcere - fa bene a tutti: ai ragazzi tuttora detenuti, al personale, ai volontari. La struttura non è tutto, soprattutto un carcere, luogo per antonomasia in cui non vorresti mai entrare. Ma se ci devi scontare una pena o lavorare, un luogo vivibile e “piacevole” può aiutare creare una mentalità di cambiamento o per lo meno favorevole al recupero. Crediamo che questi colori e questi spazi possano rendere più sopportabile la sofferenza che si portano dentro questi giovani, alcuni minori in attesa di processo, altri più grandi che stanno scontando una pena definitiva”. I 26 giovani ospitati al Ferrante sono tra i circa 470 ragazzi e ragazze detenuti attualmente negli istituti di pena minorile italiani, solo il 3% dei minori che entrano nel circuito penale: per gli altri, fin dove si può, si attuano percorsi di recupero in comunità o presso strutture educative nel territorio. Il cappellano: “Il mio sogno è abbattere il pregiudizio” “Un trasloco è sempre segno di un cambiamento non solo materiale e i nostri ragazzi hanno bisogno di ri-orientare la loro vita, in alcuni casi di ricominciare da capo”. Per questo, secondo don Domenico Ricca (per tutti don “Mecu”), salesiano, cappellano dal 1979 al “Ferrante Aporti” di Torino, l’inaugurazione di nuovi locali del carcere minorile è un passo importante soprattutto per i giovani detenuti. Cosa significa essere salesiani in un carcere minorile? Al Ferrante c’è una lapide che ricorda la visite di don Bosco fra queste mura. Da quando il carcere è stato aperto nel 1845, allora si chiamava “La Generala”, i cappellani qui sono quasi sempre stati salesiani perché un carcere minorile è il luogo privilegiato per accettare la sfida di “educare buoni cristiani e onesti cittadini”. Del resto i nostri ragazzi non sono così diversi dagli altri adolescenti. Noi cerchiamo di accompagnarli a progettare la loro vita, invitandoli a tenere qualche sogno nel cassetto perché per alcuni di loro intravedere il cambiamento è un sogno e noi dobbiamo aiutarli a realizzarlo. E il suo sogno qual è? Uno si è realizzato oggi: è 33 anni che attendo che in questo carcere venga adibito uno spazio a cappella accogliente, sempre aperta - se sarà possibile - e comunque un luogo per la riflessione sulla Parola e in alcuni momenti l’Eucarestia. L’altro sogno è quello di aprire le porte del carcere al territorio. Forse con la nuova struttura sarà più facile. A beneficiarne non saranno solo i ragazzi detenuti: anche chi entra dentro potrà rendersi conto che i giovani del Ferrante potrebbero essere nostri figli o figli dei nostri vicini di casa. Solo così si possono abbattere le barriere del pregiudizio. Più il carcere diventa un pezzo di città, più avremo possibilità di restituire alla libertà persone “rinate” evitando la piaga delle recidive. Qual è secondo lei uno dei nodi ancora da sciogliere nella giustizia minorile? Credo sia necessario insistere perché venga rispettata la territorialità della pena. Abbiamo molti ragazzi detenuti le cui famiglie non vivono in Piemonte e che devono fare lunghi viaggi per vederli. E poi ho un altro sogno: che non si costruiscano più carceri. La soluzione al sovraffollamento è più opportunità per tutti, specie per chi ha avuto meno degli altri Giustizia: la caccia al rame blocca le ferrovie… è in arrivo un (ennesimo) nuovo reato di Antonella Baccaro Corriere della Sera, 23 aprile 2013 Non passa giorno che nel nostro Paese non avvengano furti di rame dalle linee elettriche e ferroviarie, dai tetti delle scuole, nei cantieri, nei cimiteri, nelle industrie. La linea Nola-Bivio Nola delle Fs è rimasta ferma per mesi perché i danni prodotti dai predoni del rame hanno necessitato seri lavori di ripristino. Anche ieri la linea a Alta Velocità Roma-Napoli ha subito rallentamenti a causa del tentato furto avvenuto nella notte. Con i prevedibili disagi per i viaggiatori. Il nuovo “oro rosso”, essendo usato negli impianti tecnologici, nei sistemi infrastrutturali e in quelli di telecomunicazione, è molto richiesto dal mercato ma la produzione non riesce a soddisfare la domanda mondiale. Così le quotazioni negli ultimi anni sono cresciute a dismisura, di pari passo con gli episodi di furto, non solo in Italia: anche in Francia e Germania la situazione ormai è fuori controllo. Solo nel triennio 2010-2012 le Fs hanno stimato un danno economico per i furti su tutto il territorio nazionale pari a quasi 31 milioni di euro, di cui circa 12 milioni di euro per gli interventi di ripristino della circolazione. La maggior parte delle esportazioni riguarda i Paesi dell’Est fino all’Estremo Oriente, in particolare la Cina, che negli ultimi anni è sempre più interessata all’acquisto di rame a prezzi più bassi rispetto a quelli di mercato. Secondo i dati della polizia, a rubare il metallo sono soprattutto bande di nomadi e in particolare cittadini di nazionalità rumena che cercano un guadagno facile rivendendo ai grossisti. Ma il mercato, come si è detto, è gestito dai “pesci grossi” che operano a livello internazionale. Che fare? Oggi si riunirà a Foggia l’Osservatorio sul furti del rame che è stato istituito da un anno. La sua proposta coinvolge il prossimo governo ed è quella di istituire un nuovo reato: furto a danno delle infrastrutture essenziali del Paese. Perché se è vero che la vigilanza è aumentata, la durata della detenzione non funziona ancora come deterrente rispetto alle prospettive di guadagno offerte da questo business. Lettere: viaggio in carcere tra giovani in crisi e montascale rotti di Fiamma Satta (Diversamente aff-abile… diario di un’invalida leggermente arrabbiata) Gazzetta dello Sport, 23 aprile 2013 La scorsa settimana ho varcato, per la prima volta in vita mia, la porta di un carcere, Regina Coeli, per assistere alla presentazione dei finalisti del premio letterario “Goliarda Sapienza”, da quest’anno aperto anche ai detenuti minori. Non capita tutti i giorni di entrare in una prigione, così ho osservato attentamente guardie, corridoi, porte, chiavi, finestre, sbarre e, dal mio punto di vista, le scale e il modo di superarle. In questi nostri tempi cupi, umiliati, depressi e incerti in cui il rispetto del prossimo è l’ultima delle preoccupazioni, un buio ancora più nero arriva dalle condizioni degradanti delle nostre carceri sovraffollate, incompatibili con i diritti dell’uomo. Mi hanno molto colpito le parole di Serenella Pesarin, direttore generale del Dipartimento giustizia minorile, che ha ricordato a tutti che i minori rinchiusi nelle nostre carceri sono soprattutto ragazzi italiani, “incapaci ormai di avvertire il rispetto dell’altro come un valore condiviso”, che la recidiva diminuisce notevolmente introducendo la passione della cultura nelle carceri, che i giovani non sono il futuro del nostro paese, bensì il nostro presente. E che su di loro bisogna, perciò, convogliare i nostri sforzi e le nostre energie. Intanto, su due montascale incontrati, ne funzionava solo uno. Oppure, solo uno era rotto. Scegliete voi come considerare il bicchiere… Umbria: il Consiglio regionale rinvia elezione del garante detenuti alla seduta del 6 maggio Ansa, 23 aprile 2013 L’Assemblea legislativa dell’Umbria ha deciso oggi a maggioranza, votando una proposta del capogruppo Pd Renato Locchi, di rinviare l’elezione del garante dei detenuti alla seduta del Consiglio fissata per il 6 maggio. Al termine di una pausa richiesta dal capogruppo Udc Sandra Monacelli per concordare il calendario del confronto sul nome del Garante, durante la quale si è riunita la conferenza dei presidenti dei gruppi, l’Aula ha dunque stabilito di fissare per la prossima seduta, senza ulteriori possibilità di rinvio, la designazione del garante. Prima della sospensione - riferisce una nota della Regione - Oliviero Dottorini (Idv) ha ricordato l’obiettivo della legge che istituisce il Garante dei detenuti, “una figura di garanzia a tutela dei detenuti, ma anche un faro in grado di gettare luce su una problematica che spesso viene trascurata, quella appunto della situazione delle carceri italiane e regionali” e comunicato i nomi dei dieci candidati tra cui l’Aula potrà scegliere il nome del garante. A proposito del rinvio, Orfeo Goracci (Cu) ha parlato di “un segnale di scarsa serietà e di contraddizione con quanto scritto nella legge” mentre Raffaele Nevi (Pdl) ha convenuto sull’esigenza di “un accordo largo tra i gruppi politici”. Aosta: un progetto di formazione per panettieri rivolto ai detenuti di Brissogne www.aostaoggi.it, 23 aprile 2013 L’iniziativa è rivolta a dieci persone, quattro delle quali lavoreranno nella panetteria della casa circondariale. Detenuti panettieri entro fine anno. Quattro ospiti della Casa Circondariale di Brissogne verranno assunti dalla Cooperativa Enaip nella struttura in fase di realizzazione all’interno del penitenziario regionale. La Cooperativa ha vinto l’appalto indetto dall’Agenzia Regionale del Lavoro per un ammontare di 240 mila euro, cifra da destinare alla formazione professionale e creazione di impresa nel carcere. “Sono state proposte varie attività - dice il direttore dell’istituto carcerario Domenico Minervini. La panetteria è stata giudicata la più consona dall’Agenzia e dalla Cooperativa. L’allestimento dei locali, di 70/80 metri quadri, è possibile grazie al sostegno economico della Cassa delle Ammende del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria. Questo futuro nuovo laboratorio è stato ricavato nell’ex area sanitaria in disuso da anni”, sottolinea Minervini. Aggiunge: “Stiamo procedendo alla gara d’appalto per affidare i lavori ad una ditta edile e a due detenuti; lo prevede il percorso rieducativo carcerario”. L’Enaip si occuperà della formazione professionale di un gruppo di dieci ragazzi accolti a Brissogne, come sancito nel bando; i sei che verranno esclusi dall’organico in attività nella panetteria avranno l’opportunità di essere assunti da imprenditori esterni oppure, una volta ritornati liberi, potranno mettere in pratica la professionalità acquisita. Il piano economico redatto dall’Enaip ha disposto la produzione di pane per mense, in particolare. Un mercato esterno con fasce orarie diverse dalla realtà carceraria. “Non potremmo aprire il laboratorio alle 2, alle 3, come richiede questa attività - puntualizza Domenico Minervini. Nella nostra panetteria si comincerà a lavorare alle 7,30, in modo da fornire il settore della ristorazione a partire dalle 11”. L’avvio della nuova struttura potenzia l’offerta lavorativa, gestita da soggetti esterni, all’interno delle mura carcerarie. Offerta già consolidata con l’apertura della lavanderia e idonea alla definizione di condizioni occupazionali simili alla realtà esterna. Lo stipendio alle maestranze sarà commisurato alle ore di lavoro e all’andamento delle commesse. “Un valore importante sul piano educativo”, chiosa il direttore, ponendo l’accento sulla rivitalizzazione della legge Smuraglia, il parlamentare che nel 2000 aveva stabilito notevoli sgravi fiscali alle Cooperative o alle imprese che assumono soggetti svantaggiati, tra cui i carcerati. Il fermo di questi incentivi economici nel 2012 (riduzione del 100 per cento dell’aliquota contributiva e aumento di 700 euro del credito d’imposta) aveva costretto gli imprenditori ad abbandonare l’idea di assumere gli ospiti del penitenziario una volta finito lo stage. “Quest’anno - riprende Minervini - il governo Monti ha deciso di rifinanziare la normativa, apportando dettagli migliorativi. In sintesi - spiega - viene assicurato l’abbattimento del 50 per cento del costo del lavoro a chi offre un’occupazione detenuti. Ho già inviato il testo della legge al Consorzio di cooperative Trait d’Union e mi auguro di definire un accordo con i Comuni per cui si aprirebbe l’opportunità di affidare, tramite le cooperative, lavori di manutenzione o quant’altro con notevoli tagli economici”, conclude il direttore della Casa Circondariale di Brissogne. Domenico Minervini sarà ospite degli studi di Aostaoggi.tv, in video chat, lunedì 29 aprile a partire dalle ore 11. Voghera (Pv): sbarre tagliate con le lime, così evasero tre detenuti albanesi di Carlo Ercole Gariboldi La Provincia Pavese, 23 aprile 2013 Un’evasione che si poteva evitare. Anzi, che si doveva evitare. La rocambolesca fuga di tre detenuti albanesi dal carcere di Voghera, nel marzo di due anni fa, era stata annunciata e l’intervento della polizia penitenziaria - che c’è stato - si è però dimostrato inefficace. Questo emerge dagli atti del processo che si è aperto davanti al tribunale di Voghera nei confronti proprio dell’organizzatore della fuga, ossia Dritan Rexhepi, 32 anni, oggi super ricercato dalle polizie di mezza Europa e considerato dalla stampa inglese uno dei 17 criminali più ricercati dalla polizia di sua maestà britannica. Rexhepi, assistito dall’avvocato Grazia Lanfranchi, è ovviamente contumace, mentre gli altri due complici - Leonard Mirtaj e Ylli Ndoj - sono stati arrestati e hanno già patteggiato altri 16 mesi di carcere. Allegata agli atti del processo c’è una relazione dell’Ufficio ispettivo del ministero della Giustizia che, pur assolvendo le strutture e gli uomini al lavoro al carcere di Voghera, segnalano una serie di errori, omissioni e anche gravi limiti della struttura di via Prati Nuovi. In primo luogo l’Ufficio ispettivo del ministero ricorda la segnalazione, circostanziata, che avvisava del progetto di evasione. Una prostituta albanese che esercita in Umbria e che era stata sentimentalmente legata a uno dei tre, si era messa in contatto con i carabinieri di Perugia dicendo che un parente di Rexhepi aveva ricevuto una lettera - scritta in albanese - dal detenuto che chiedeva nuovi lime per il ferro, perché quelle che erano già state recapitate in carcere (sic!) non funzionavano bene. E così, a quanto pare, una nuova fornitura di seghetti viene fatta all’intraprendente trio. Fatto sta che ai primi giorni di marzo gli agenti di custodia entrano nelle celle dei tre albanesi e, in effetti, dietro un attaccapanni, nel muro, vengono rinvenuti alcuni aggeggi utili a segare le sbarre. La direzione del carcere decide l’immediato trasferimento dei detenuti dal reparto nel quale si trovavano ad un altro. A quanto pare, però, i tre non vengono controllati più di tanto, nei giorni successivi anche perché - segnalano gli ispettori del ministero - nella struttura penitenziaria vogherese c’è una cronica carenza di personale. I tre continuano nel loro piano. Nottetempo trasformano le coperte in solide corde e, rompendo uno dei letti in ferro, si costruiscono un gancio. La mattina del 17 marzo escono dalle celle, per un’ora stazionano in un’area di fatto di passaggi dove le grate (incredibile a dirsi) sono realizzate, evidentemente per risparmiare, in acciaio più dolce. Per non far sentire i seghetti i tre “sparano” la musica di una radio a mille, piazzano una specie di specchio retrovisore per controllare di non essere disturbati. Quando è l’ora di rientrare in cella - è ormai mezzogiorno - hanno segato la sbarra. Passato il pranzo, in concomitanza con il cambio turno delle guardie, escono tutti e tre, indossano i giubbotti e sotto nascondono le coperte. Senza essere controllati tornano dove la grata è stata segata. La piegano, si arrampicano e, con gancio e coperte si calano dal blocco numero 5, arrivano al muro di confine, utilizzano la stessa attrezzatura e riescono a salire in cima. Usano i giubbotti - che resteranno appesi - per scavalcare il filo spinato. Percorrono diverse centinaia di metri in campagna, poi arrivati alla strada bloccano un’auto, una Dahiatsu guidata da Teresa Ivaldi. Minacciano la donna e salgono in auto. E spariscono. Roma: la ministra Severino domani è in visita al carcere di Civitavecchia Il Velino, 23 aprile 2013 Ancora una visita in un istituto penitenziario per Paola Severino. A partire dalle 15, la Guardasigilli visita la casa circondariale nuovo complesso di Civitavecchia, dove incontra una rappresentanza della popolazione detenuta e presenta la Carta dei Diritti e dei Doveri dei Detenuti e degli Internati. È il ministro stesso a consegnare ad alcuni di loro le prime copie della Carta, tradotta in sette lingue (italiano, francese, tedesco, arabo, inglese, spagnolo e rumeno). Accompagnano il ministro il capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Giovanni Tamburino, il provveditore regionale per il Lazio Maria Claudia Di Paolo e il direttore dell’istituto Silvana Sergi. Rimini: Comunità Giovanni XXIII; quarto pellegrinaggio fuori le sbarre vicino ai detenuti www.newsrimini.it, 23 aprile 2013 L’uomo non è il suo errore, ripeteva sempre Don Oreste Benzi, per questo, e per dare voce ai detenuti che vivono in condizioni sempre più critiche, anche quest’anno si svolge il pellegrinaggio “Fuori le sbarre” domenica 28 aprile alle 14.30. Il percorso di tre chilometri inizia dal carcere di Rimini per giungere al centro città. Il ministro Alfano aveva dichiarato lo stato d’emergenza carcere. Il Ministro della giustizia Severino aveva dichiarato che così le carceri sono solo luogo di tortura. Eppure poco o nulla è stato fatto. Le carceri sono in fondo lo specchio della nostra società. La Chiesa è presente nelle carceri: in ogni carcere c’è un cappellano, che porta sostegno morale e speranza. Oltre 9.000 volontari le visitano. Importanti progetti sono sviluppati sia all’interno del carcere che all’esterno, e attraverso fatti concreti si risponde al grido dei prigionieri. Per questo motivo al pellegrinaggio parteciperanno alcune realtà significative della chiesa Italiana impegnate nel mondo del carcere: Caritas nazionale, Rinnovamento nello Spirito, Sant. Egidio, Comunità Papa Giovanni XXIII i vari cappellani a livello nazionale, e i vari movimenti e aggregazioni laicali coinvolti con i detenuti, e quanti vorranno a vario titolo unirsi. Significativa è anche la presenza della Conferenza Nazionale Volontariato e Giustizia (Cnvg) che coordina oltre 9000 volontari (e rappresenta la maggioranza dei volontari in carcere). Scopo della marcia è Dare voce a questi progetti, dare voce ai detenuti che possono uscire dal carcere, dare voce a chi ogni giorno si sporca le mani con loro. Ma soprattutto dare voce al desiderio di una giustizia giusta, di una Giustizia Educativa. Il percorso di tre chilometri inizia dal carcere di Rimini per giungere al centro città. “È un’occasione di comunione - dicono gli organizzatori - in cui verranno presentate le iniziative che già si stanno facendo e con essi germogli di speranza per modi nuovi di concepire l’uomo che sbaglia e le carceri stesse. La via del perdono e della riconciliazione è l’unica capace di dare speranza, pace e giustizia. Si chiederà a Dio di intervenire per risolvere l’attuale situazione. Invio anche l’invito di Paolo Ramonda, Responsabile Generale della Comunità Papa Giovanni XXIII”. Programma ore 14.15 ritrovo davanti al carcere di Rimini, via Santa Cristina n.19 ore 14.30 partenza del pellegrinaggio. ore 17.30 arrivo alla chiesa di S. Agostino di via Cairoli, saluto del Vescovo Francesco Lambiasi e celebrazione della Santa Messa ore 18.30 ritorno ai propri mezzi, per chi è sprovvisto con apposito pullman Durante il cammino momenti di riflessione con: Paolo Ramonda - presidente Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII Salvatore Martinez e Marcella Reni - presidente e coordinatrice Rinnovamento nello Spirito. Anna Pia Saccomandi - conferenza nazionale volontariato e giustizia (cnvg) Nicola Boscoletto - presidente cooperativa Giotto Don Virgilio Balducchi - ispettore generale dei cappellani delle Carceri Italiane Don Andrea La Regina - Caritas italiana Stefania Tallei - Comunità di Sant’Egidio Per informazioni Massimo 346.3850862 e Grazia 338.4696116 - pellegrinaggiocarcerati@gmail.com. Il pellegrinaggio si svolgerà anche in caso di pioggia. Rimini: da detenuto a paladino dei diritti dei carcerati con l’Associazione Papillon di Minnie Luongo Corriere della Sera, 23 aprile 2013 Davanti a una tragedia che ci sconvolge la vita da un momento all’ altro, in genere due sono le maniere per reagire. C’è chi si chiude in se stesso e non ha più fiducia nel prossimo, e c’è chi, invece, trae da quest’evento l’opportunità per uscirne positivamente e, subito dopo, s’impegna per offrire solidarietà agli altri. Claudio Marcantoni, nato a Milano 51 anni fa ma residente a Rimini da circa 13 anni, appartiene senz’ altro alla seconda categoria di persone. “Impiegato, con due figli e una vita normale, nel maggio 2011 mi è capitato ciò che credi succeda solo nei film - racconta -. Svegliato bruscamente all’alba, fui arrestato e sottoposto al regime di carcerazione preventiva per 40 giorni, cui seguirono due mesi di arresti domiciliari e altri quattro di obbligo di firma. Il tutto per qualcosa che ancora non capisco come abbia potuto coinvolgermi, anche se l’accusa parla di truffa più associazione a delinquere. Tuttavia, l’aver vissuto in prima persona questa vicenda mi ha rafforzato nel mio impegno per un cambiamento radicale del diritto e del sistema carcerario italiano. Troppe persone, infatti, sono detenute nelle nostre carceri in condizioni di abbandono, in celle di pochi metri quadrati dove si trovano a convivere con sconosciuti, senza lo spazio minimo e in condizioni igienico-sanitarie pietose “ Per questo, Claudio ha aderito all’associazione Papillon, diventando subito presidente della sede riminese. E come neopresidente, assieme ad ex detenuti, esponenti politici ed esperti del settore giustizia, in poco più di sei mesi ha dato una netta accelerata alle attività di Papillon: non solo visitando quasi tutte le carceri dell’Emilia Romagna e promuovendo incontri e dibattiti, ma soprattutto elaborando progetti concreti per sostenere detenuti ed ex detenuti nel percorso di reinserimento nella società, attraverso la collaborazione con le istituzioni, il sindacato delle guardie carcerarie, altre associazioni non profit ed esponenti imprenditoriali. Riassume Claudio, che nel frattempo è stato reintegrato nel suo posto di lavoro: “Il nostro obiettivo consiste nel permettere ai detenuti di lavorare nelle carceri, realizzando manufatti, curando la raccolta differenziata o la coltivazione di un orto, o seguendo laboratori artistici o di cucina. In ogni modo, conferendo loro una formazione professionale utile quando torneranno in libertà”. Ecco come trarre da un’esperienza negativa nuovi stimoli per offrire aiuto a chi è ancora privato della libertà (l’ex magistrato Gherardo Colombo consiglia nei suoi libri di trascorrere qualche giorno in galera per rendersi conto della situazione delle carceri italiane, è lo stesso Claudio a ricordarcelo) è una buona notizia. Ma in questo caso si va oltre, e la notizia da buona diventa ottima: Marcantoni desidera dare una mano a tutte le persone che a Rimini si trovano in difficoltà, e non solo a chi ha, o ha avuto a che fare, con la giustizia. Pertanto, quotidianamente, nel suo tempo libero, si occupa di volontariato a 360 gradi: da solo o assieme ad amici fidati, aiuta le tante persone senzatetto, disabili ed emarginate che gli vengono segnalate. Un’ennesima buona notizia. Agrigento: ergastolano di 48 anni si laurea in lettere, esame in carcere Agi, 23 aprile 2013 Ergastolano e in carcere da 22 anni dopo essere stato un killer dell’organizzazione mafiosa della Stidda, Giuseppe Grassonelli, 48 anni, di Porto Empedocle (Agrigento), si è laureato in Lettere con 110 e lode, discutendo una tesi sulle “Insorgenze napoletane del 1799”. Essendo stato condannato all’ergastolo “ostativo” non ha diritto ad alcun permesso e dunque è stata la commissione dell’Università di Napoli a recarsi nel carcere di Carinola, a Caserta, per fargli sostenere, nella sala colloqui, l’ultimo esame. Presente anche il professore Giuseppe Ferraro che lo ha seguito per tutti questi anni e diversi suoi parenti. L’ergastolo “ostativo” non ha consentito nemmeno di fare una foto ricordo. Giuseppe Grassonelli è anche autore di un romanzo autobiografico, intitolato “Malerba” e di prossima pubblicazione. Giuseppe Grassonelli diventò uno spietato killer per vendetta: la mafia gli uccise nella strage di Porto Empedocle del luglio del 1986 lo zio e il nonno e lui cominciò ad abbattere a uno a uno coloro che ritenne i colpevoli di quell’agguato. Una scelta che ora Grassonelli - che non si è mai pentito - ha ripudiato cercando la redenzione non solo nel carcere ma anche tra i libri. La sua storia nel settembre scorso divenne nota con un’intervista - ottenuta grazie a un permesso speciale - effettuata dal giornalista agrigentino Carmelo Sardo e andata in onda nello speciale “Dopo Tg5” su Canale 5. Torino: Osapp; agente aggredito nel carcere di Ivrea… ennesima violenza subita www.torinotoday.it, 23 aprile 2013 Un detenuto nel carcere di Ivrea ha sbattuto l’inferriata della cella contro un agente di polizia penitenziaria, procurandogli un trauma cranico. La denuncia dell’Osapp. Il sindacato di Polizia penitenziaria Osapp denuncia un altro fatto increscioso avvenuto all’interno di un carcere. Questa volta non a Torino, ma nella prima cintura, ad Ivrea. Un agente - secondo quanto riportato dal segretario generale Leo Beneduci - è stato aggredito da un detenuto e lanciato violentemente contro un’inferriata di una cella. Il poliziotto si è procurato in questo modo un trauma cranico guaribile in cinque giorni, salvo complicazioni. L’aggressore è un ragazzo di 25 anni di origine gabonese, in carcere per reati legati alla droga. Il sindacato continua a denunciare fatti di questo genere e ribadisce la pericolosità del lavoro di un agente penitenziario causato in primo luogo da mancanza di personale. “È l’ennesimo episodio di violenza subito in carcere dal personale di polizia penitenziaria. - commenta Leo Beneduci. Al di là di quanto si ritiene, questi episodi non fanno parte dei rischi cosiddetti professionali, ma sono sempre legati a carenze gestionali e alle annose disattenzioni nei confronti del carcere da parte delle autorità amministrative e politiche”. Un mese fa circa, il 22 marzo, la casa circondariale eporediese era già balzata agli onori della cronaca a causa del suicidio di un detenuto. La vittima, 53 anni, doveva scontare ancora un anno di pena all’interno del carcere, ma gli agenti lo hanno trovato impiccato all’interno della sua cella. Birmania: liberati decine di prigionieri politici, all’indomani di revoca sanzioni Ue Tm News, 23 aprile 2013 Decine di prigionieri politici sono stati liberati oggi dalle carceri birmane, secondo riferito da un gruppo di attivisti, all’indomani della revoca pressoché totale di tutte le sanzioni europee contro il regime birmano. “Abbiamo la conferma che un totale di 59 prigionieri politici sono stati liberati”, ha indicato Bo Kyi, dell’Associazione di assistenza ai prigionieri politici della Birmania (Aapp). Un altro militante ha invece parlato di un’amnistia relativa a una trentina di prigionieri. Austria: si fingeva nobile per spillare soldi, s’impicca in cella Agi, 23 aprile 2013 Un millantatore che si spacciava per nobile, allo scopo di avvicinare le sue ricche vittime e spillare loro più soldi possibile, si è suicidato in carcere poche ore prima di andare sotto processo a Vienna per truffa aggravata: lo hanno riferito fonti giudiziarie secondo cui l’uomo, un cittadino tedesco di 61 anni, fingeva di essere un conte austriaco. Lo stratagemma, realizzato in concorso con alcuni complici, gli avrebbe permesso di raggirare numerose persone, alle quali proponeva forti investimenti finanziari in progetti edilizi di fatto inesistenti: era così riuscito a estorcere in poco tempo ai malcapitati una somma complessiva di circa 10 milioni di euro. Arrestato il mese scorso, già condannato per frode nel 2008, il truffatore è stato trovato impiccato nella sua cella dagli agenti, andati a prelevarlo per portarlo in tribunale. Israele: palestinese Issawi smette sciopero fame in cambio della promessa di essere liberato Tm News, 23 aprile 2013 Samer Issawi, palestinese detenuto in Israele e in sciopero della fame dall’agosto 2012, ha accettato di mettere fine alla sua protesta in cambio della promessa di essere liberato. Lo ha reso noto alla France presse il suo avvocato. Ricoverato a Tel Aviv in condizioni critiche, Samer Issawi, 33 anni, ha cominciato ad assumere vitamine ieri sera, ha precisato il legale, dopo un accordo con le autorità israeliane che sarà formalizzato oggi. L’intesa prevede che Issawi, accusato di attività “terroristiche”, venga liberato e possa tornare nella sua casa a Gerusalemme dopo aver scontato otto mesi di carcere, per violazione dei termini del suo precedente rilascio, che verranno contati una volta sospeso lo sciopero della fame. Le autorità israeliane avevano accettato il rilascio “immediato” solo a condizione che il detenuto si trasferisse nella Striscia di Gaza, ma Issawi ha rifiutato. Arrestato nel 2002 e condannato a 26 anni di carcere per “attività militari”, Issawi era stato liberato nel 2011 nell’ambito dello scambio di prigionieri avvenuto per il rilascio del soldato israeliano Gilad Shalit. Venne arrestato di nuovo nel luglio 2012, con l’accusa di essersi recato a Gerusalemme Est e in Cisgiordania per creare “cellule terroristiche”. In otto mesi di sciopero della fame ha perso almeno 45 chilogrammi.