Giustizia: ok della Camera al decreto-carceri, ma niente misure alternative per i recidivi di Nicoletta Cottone Il Sole 24 Ore, 6 agosto 2013 Una giornata piena di tensione ha caratterizzato il via libera dell’Aula della Camera al decreto legge svuota-carceri. Il testo, che torna al Senato per l’approvazione definitiva, ha ricevuto il placet ieri sera a Montecitorio con 317 sì, 106 no e un astenuto. Contro si sono espressi Lega, Fratelli d’Italia e M5S. Il decreto, ha sottolineato Donatella Ferranti (Pd), presidente della commissione Giustizia della Camera e relatrice del provvedimento, è “una vera e propria misura strutturale. Un punto di equilibrio fra esigenze di sicurezza, certezza della pena e recupero del condannato. Così come integrato e arricchito, sarà capace di incidere sostanzialmente e positivamente sull’ordinamento penitenziario”. Fra le novità arriva una stretta sui benefici ai recidivi reiterati: niente più semilibertà e affidamento ai servizi sociali, come prevede un emendamento passato con il sostegno della Lega, con il no di Sel e l’astensione del M5S. Misura che ha sollevato una dura la critica dell’Unione Camere penali. “Quello che poteva essere il primo segnale di inversione di tendenza rispetto alla fallimentare legislazione penale degli ultimi anni che ha prodotto la disastrosa situazione delle carceri e la conseguente condanna dell’Italia da parte della Cedu - ha sottolineato l’Ucpi - si sta risolvendo in un sostanziale nulla di fatto”. Passano gli sgravi, fino a 700 euro al mese, per chi assume detenuti per almeno 30 giorni. Fino a 350 euro per chi assume per almeno 30 giorni detenuti in semilibertà. Aumenta da 20 a 30 giorni la durata dei permessi premio per i condannati minorenni. Respinto l’emendamento del deputato Andrea Colletti (M5S) che voleva sopprimere la cosiddetta “salva Previti”, che prevede la possibilità per gli ultrasettantenni di scontare la pena ai domiciliari e non in carcere. E in aula è scoppiata una bagarre. Protagonisti M5S e Pdl, ma i grillini hanno chiamato in causa anche il Pd, reo di bocciare una norma che servirebbe anche a Silvio Berlusconi dopo la condanna in via definitiva a 4 anni di carcere. “Qui si vuole eliminare - ha chiarito Donatella Ferranti - qualcosa che non c’è nel decreto legge in discussione, ma è prevista nell’ordinamento penitenziario, norma che prevede che possano scontare la detenzione domiciliare gli ultrasettantenni”. Fra le novità la custodia cautelare in carcere potrà essere disposta solo per i delitti per i quali è prevista la reclusione non inferiore nel massimo a 5 anni. Dopo lunghe discussioni una specifica deroga è stata prevista per il finanziamento illecito dei partiti, mentre per il reato di stalking è stata aumentata la pena a 5 anni. Previsti sconti di pena anticipati. Quando la pena residua da espiare non supera i 3 anni (o 4 in casi particolari, come ad esempio le donne incinte o malati gravi) e i 6 per reati legati alla tossicodipendenza, si sospende l’esecuzione della pena applicando se possibile la libertà anticipata. La misura non si applica a chi già si trova in carcere e ai condannati per delitti gravi e per alcuni specifici reati (furto in abitazione e con strappo, maltrattamenti in famiglia, stalking e incendi boschivi). Sul fronte delle infrastrutture carcerarie le funzioni del Commissario straordinario sono prorogate fino al 31 dicembre 2014. Sono anche state ampliate le sue competenze (escludendo però poteri derogatori del Codice degli appalti) in materia di programmazione, manutenzione, utilizzo e ristrutturazione di immobili dismessi, ma nel quadro di un coordinamento più incisivo con i ministeri della Giustizia e delle Infrastrutture e con il Parlamento. Obbligo di relazione semestrale alle commissioni competenti. I parlamentari del M5S nel corso di una conferenza stampa hanno rilanciato un piano per risolvere l’emergenza carceraria messo a punto dal Dap. Per il M5S servirebbero 355 milioni “per uscire dalla fase emergenziale entro due anni, creando 21.800 nuovi posti detentivi”. Ai parlamentari stellati non piace la figura del Commissario che ha il potete dismettere edifici penitenziari in cambio di altre strutture. Per il M5S sono previste misure contra legem, come la riapertura del carcere di Pianosa o la costruzione di quello di San Vito al Tagliamento in Friuli Venezia Giulia che è “l’unica regione che copre il fabbisogno carcerario del territorio” Il decreto in pillole Carcerazione preventiva - La custodia cautelare in carcere potrà essere disposta solo per i delitti per i quali è prevista la reclusione non inferiore nel massimo a 5 anni. Per evitare che tale soglia ne comporti l’esclusione, una specifica deroga è stata prevista per il finanziamento illecito dei partiti, mentre per il reato di stalking è stata aumentata la pena a 5 anni. Sconti di pena anticipati - Quando la pena residua da espiare non supera i 3 anni (o 4 in casi particolari, come ad esempio le donne incinte o malati gravi) e i 6 per reati legati alla tossicodipendenza, si sospende l’esecuzione della pena applicando se possibile la libertà anticipata. In altri termini, le detrazioni di pena (45 giorni per ogni semestre) sono conteggiate anticipatamente così da limitare il ritorno in carcere per brevi periodi di detenzione. La misura non si applica a chi già si trova in carcere e ai condannati per i delitti gravi e per alcuni specifici reati (furto in abitazione e con strappo, maltrattamenti in famiglia, stalking e incendi boschivi). Benefici ai recidivi - Cadono gli automatismi della ex Cirielli che precludono ai recidivi l’accesso ai benefici carcerari (domiciliari, liberazione anticipata, etc.). Restano però i limiti per ciò che riguarda i permessi premio e resta la condizione quanto ai recidivi reiterati che l’affidamento in prova al servizio sociale, la detenzione domiciliare a la semilibertà siano concessi soltanto una volta. Lavoro all’esterno - Il decreto estende le prestazioni di lavoro di detenuti e internati permettendo la partecipazione a titolo gratuito e volontario a progetti di pubblica utilità presso lo Stato, enti locali e organizzazioni di assistenza sociale e sanitaria. è prevista anche l’attività a sostegno delle famiglie delle vittime. Ai lavori di pubblica utilità potranno ora accedere anche tossicodipendenti condannati per reati connessi di basso spessore criminale. Recupero post-pena - Per favorire il reinserimento lavorativo è ampliato (18 mesi per chi ha beneficiato di misure alternative, 24 mesi per gli altri) il periodo successivo alla detenzione quanto agli sgravi contributivi in caso di assunzione in cooperative sociali. Modificando la legge Smuraglia, è anche concesso un credito d’imposta alle imprese che assumono detenuti. Infrastrutture carcerarie - Le funzioni del commissario straordinario sono prorogate fino al 31 dicembre 2014. Sono ampliate le sue competenze (escludendo comunque poteri derogatori del Codice degli appalti) in materia di programmazione, manutenzione, utilizzo e ristrutturazione di immobili dismessi, ma nel quadro di un coordinamento più incisivo con i ministeri della Giustizia e delle Infrastrutture e con il Parlamento. Vi è un obbligo di relazione semestrale alle commissioni competenti. Berretta (Pd): soddisfazione per testo approvato a Camera “Siamo soddisfatti del lavoro compiuto grazie ad un pieno accordo dei gruppi di maggioranza a cui va il ringraziamento del governo, unitamente a quello alla presidente del commissione Giustizia della Camera e relatrice del provvedimento Donatella Ferranti”. Lo afferma il sottosegretario alla Giustizia Giuseppe Berretta, all’indomani dell’approvazione alla Camera del disegno di legge di conversione del Dl sull’esecuzione della pena. “Il testo approvato dalla Camera contiene alcune importanti modifiche che riportano il provvedimento allo spirito originario, che è quello di incentivare l’utilizzo della detenzione domiciliare e di facilitare la risocializzazione dei condannati attraverso il lavoro”, spiega Berretta. “Questo decreto legge rappresenta un primo decisivo passo per avere carceri meno affollate, auspichiamo ora una rapida conversione del testo anche al Senato”, continua il sottosegretario alla Giustizia. “Il provvedimento approvato rappresenta un punto di equilibrio tra le esigenze di tutela della collettività e l’obiettivo del reinserimento sociale delle persone che hanno commesso reati - sottolinea Berretta - in questa direzione abbiamo individuato l’attività lavorativa come strumento principale di rieducazione, consapevoli del fatto che la recidiva si attesta al 70/90 per cento per i detenuti che non svolgono attività lavorativa e scende all’1/2 per cento per quanti iniziano percorsi di inserimento lavorativo. Molto significativo è anche l’ampliamento delle possibilità di utilizzare, a titolo volontario e gratuito, i detenuti in lavori di pubblica utilità”. “Inoltre, dopo il passaggio a Montecitorio viene mantenuto il limite massimo della pena a 5 anni per il ricorso alla custodia cautelare in carcere con l’esclusione del delitto di finanziamento illecito dei partiti - aggiunge Berretta - e inoltre è stata innalzata a 5 anni la pena prevista per il reato di stalking, in modo che lo stesso rientri tra quelli per i quali è applicabile la custodia cautelare in carcere”. “Con questa modifica - aggiunge il sottosegretario - è stata fatta salva l’efficacia del decreto per limitare il sovraffollamento delle carceri ed allo stesso tempo si è risposto esigenza di tutela delle vittime di un reato particolarmente odioso come la persecuzione”. “Nel testo passato alla Camera, infine, figura anche il ripristino del testo originale del decreto nella parte in cui eliminava i divieti introdotti dalla legge cosiddetta ex Cirielli sull’applicabilità di alcuni benefici per i recidivi, la cui concessione rimane comunque sottoposta al vaglio del magistrato di sorveglianza”, conclude Berretta. Ferranti (Pd): il Senato approvi subito decreto, stop esiziale “Confido che il Senato licenzi a tambur battente il decreto Carceri. Il rischio di una impasse o di una navetta agostana sarebbe esiziale per un provvedimento che già sta dispiegando i suoi primi positivi effetti in una situazione come quella penitenziaria che, al di là delle reprimende europee, resta un punto di disonore per il nostro paese”. È quanto afferma Donatella Ferranti, presidente della commissione Giustizia a Montecitorio, sollecitando i colleghi di palazzo Madama ad approvare senza modifiche il testo varato ieri sera dalla Camera. In fondo, osserva l’esponente del Pd, “le modifiche apportate alla versione trasmessa dal Senato restano nel solco dell’impianto originario del decreto Cancellieri eliminando solo alcune storture come l’esclusione della custodia cautelare in carcere per il finanziamento illecito dei partiti e lo stalking”. Quanto alle polemiche alimentate dal movimento 5 Stelle sulla cosiddetta salva-Previti, Ferranti è netta: “Sostenere che ora servirà a Silvio Berlusconi per evitare il carcere accusando il Pd di inciucismo è, prima ancora che ignoranza giuridica, infantilismo politico. I domiciliari di cui potrebbe beneficiare Berlusconi trovano la loro ragion d’essere nel decreto Severino di fine 2011, che ha alzato a 18 mesi la pena detentiva scontabile nel proprio domicilio. Non c’entra nulla il provvedimento che abbiamo approvato ieri, né tantomeno c’entra la salva-Previti”. Fedriga (Ln): ci opporremo aspramente al decreto vergogna “Questo vergognoso provvedimento non danneggia solo il Nord ma anche tutti i cittadini onesti”. Lo ha detto in Aula Massimiliano Fedriga, capogruppo in Commissione Lavoro per la Lega Nord a Montecitorio, durante la discussione sul Decreto Lavoro. “Se la formula proposta dal Governo per ovviare alla piaga della disoccupazione - aggiunge - è garantire al Sud la stragrande maggioranza dei fondi a disposizione dei giovani disoccupati, ignorando quasi completamente tutti i giovani del Nord e del centro, premiare le aziende che assumono detenuti ed ex detenuti e ritenere degni di sostegno economico esclusivamente le iniziative imprenditoriale dei giovani meridionali allora significa che il buonsenso non esiste più. Anche il settentrione sta subendo la crisi. Anche il Nord ha il sacrosanto diritto di essere sostenuto, specie in considerazione del fatto che ha sempre pagato il prezzo più alto degli sprechi del Paese. Non ci è stata consentita alcuna modifica del testo e i tempi per la discussione sono stati ridotti all’osso ma ci opporremo aspramente al decreto della vergogna”. Giustizia: no alla proposta del M5S di abolire la norma salva-Previti, ora salva-Berlusconi di Sara Nicoli Il Fatto Quotidiano, 6 agosto 2013 Silvio Berlusconi, da ieri, ha una possibilità in più di restare fuori dalle patrie galere. Nel decreto “svuota carceri”, approvato ieri dalla Camera (317 sì, 107 no, un solo astenuto) e che ora torna al Senato, di gran fretta, per la conversione definitiva in legge prima della chiusura estiva delle aule, è stato infatti confermato un emendamento che prevede la discrezionalità del giudice nel far scattare la pena carceraria sulle condanne inferiori ai tre anni. Berlusconi, com’è noto, dovrà scontare solo uno dei quattro anni della condanna confermata dalla Cassazione e dunque, qualora la Procura di Milano non lo considerasse a rischio di reiterazione del reato, questa “sospensione dell’ordine di esecuzione” della pena potrebbe diventare una concreta chance. Mai, comunque, come la “salva Previti”, quella norma che impedisce la carcerazione per chi ha superato i settant’anni che è stata confermata dall’aula di Montecitorio nonostante la battaglia messa in atto dal Movimento 5 stelle per tentare di abrogarla: i grillini avevano presentato un emendamento che sopprimeva la norma, ma l’Aula l’ha bocciato con 321 no e 94 sì. Dopo la votazione, gli stessi stellati hanno polemicamente applaudito verso i banchi del Pd. Andrea Colletti dell’M5S, firmatario dell’emendamento, aveva osservato, criticamente, che della “salva Previti” avrebbe beneficiato anche “un noto pregiudicato che ha fatto una manifestazione proprio ieri”. Immediata, dai banchi del Pdl, la reazione indignata del deputato azzurro Maurizio Bianconi che poi ha lasciato polemicamente l’aula, mentre Colletti sottolineava sarcastico: “Togliete la sambuca dalla buvette almeno la mattina...”. È andata come previsto. Ma la vera guerra contro lo “svuota Carceri” ieri l’ha messa in campo la Lega. Fortemente contrario al provvedimento, il Carroccio ha prima tentato una manovra ostruzionistica, presentando quasi 500 emendamenti, poi l’ha buttata sul polemico, con il leghista Gianluca Buonanno: “Un miliardo e mezzo di euro per mantenere 25mila stranieri venuti in Italia per delinquere è folle. Bisogna rimandarli a casa!”. Mentre Roberto Maroni annuncia battaglia in parlamento contro “questo gentile regalo fatto ai delinquenti da Pd-Pdl”. L’intervento di Buonanno ha coinciso con una scaramuccia con il vicepresidente della Camera, Roberto Giachetti, perché il leghista aveva chiesto di spiegarsi in dialetto. “Me lo dica in italiano”, la replica severa di Giachetti. L’esponente del Carroccio: “Ma come, qui a Roma voi parlate in dialetto. Con questo provvedimento nduma i numer!”. Ha vinto Giachetti, regolamento alla mano, e la discussione è potuta proseguire fino all’approvazione. Tre, in particolare, le novità del provvedimento: viene reintrodotta la custodia cautelare in carcere e agli arresti domiciliari per chi è accusato del reato di stalking, ma anche per falsa testimonianza e abuso d’ufficio. Per quello di finanziamento pubblico ai partiti resta nella possibilità del giudice di applicare la carcerazione solo nel caso di imminente pericolo di reiterazione del reato. Una indubbia vittoria del centrodestra. Per quanto riguarda, poi, la custodia cautelare e la liberazione anticipata, ora sarà il giudice a stabilire il luogo degli arresti domiciliari in modo da assicurare le esigenze di tutela della persona offesa dal reato. E ancora, è prevista un premio con una riduzione di pena (45 giorni per ciascun semestre) per il detenuto che tiene una condotta regolare in carcere e partecipa al trattamento rieducativo. Sconto che può essere anticipato. Giustizia: c’è meno lavoro anche per i detenuti, calano fondi a disposizione, tagli del 71% La Repubblica, 6 agosto 2013 Il calo dei fondi per le retribuzioni in particolare per le strutture produttive presenti all’interno degli istituti penitenziari (falegnamerie, tessitorie, tipografie ecc.) ha determinato una diminuzione della forza lavoro. Lo si apprende dall’ultima relazione del ministero della Giustizia. Il sempre grave fenomeno del sovraffollamento. La disoccupazione è in crescita anche tra i detenuti. Il taglio ai fondi per le retribuzioni in generale e in particolare per le strutture produttive presenti all’interno degli istituti penitenziari (falegnamerie, tessitorie, tipografie ecc.) ha determinato una diminuzione della forza lavoro: al dicembre 2012 risultavano 13.808 detenuti lavoranti, contro i 14.061 di un anno prima e i 14.174 del dicembre 2010, con un calo di 366 unità e un ulteriore elemento di aggravio della situazione legata al sovraffollamento. L’ultima relazione del ministero. A sottolinearlo è l’ultima relazione del ministero della Giustizia sull’attuazione delle disposizioni relative al lavoro dei detenuti trasmessa al Parlamento. “Malgrado le numerose commesse concesse per la realizzazione delle suppellettili necessarie all’arredamento delle nuove sezioni detentive”, non è stato possibile mantenere lo stesso numero di occupati “a causa della diminuzione del budget assegnato per la gestione delle industrie penitenziarie”. In particolare il Capitolo “Industria”, con il quale vengono retribuiti i detenuti che lavorano nelle officine gestite dall’amministrazione ed acquistati i macchinari e le materie prime, è passato da 11 milioni di euro del 2010, ai 9.336.355 del 2011, ai 3.168.177 del 2012, con una riduzione del 71% in due anni. Tutto questo, nota la relazione “in un momento nel quale le esigenze di arredo e dotazione di biancheria dei nuovi padiglioni realizzati, avrebbero reso necessario un incremento delle produzioni”. Unica nota positiva, la decisione di riportare a 9.336.355 euro lo stanziamento per il 2013. Il budget insufficiente. A livello di occupazione, la conseguenza è stata un calo di detenuti impiegati alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria in attività di tipo industriale, passati dai 603 del 31 dicembre del 2010 e dai 559 del 31 dicembre 2011, ai 336 del 31 dicembre del 2012. Complessivamente, i detenuti lavoranti al 31 dicembre scorso ammontavano a 13.808. “Il budget largamente insufficiente assegnato per la remunerazione dei detenuti lavoranti - afferma ancora la relazione ministeriale - ha condizionato in modo particolare le attività lavorative necessarie per la gestione quotidiana dell’istituto penitenziario (servizi di pulizia, cucina, manutenzione ordinaria del fabbricato) incidendo negativamente sulla qualità della vita all’interno dei penitenziari”. Le conseguenze sull’igiene e la sicurezza. Così il numero di detenuti occupati e destinati alla gestione quotidiana dell’istituto è passato dai 10.050 del dicembre 2010 e dai 9.922 del dicembre 2011 ai 9.773 della fine del 2012, “anche se le direzioni degli istituti, per mantenere un sufficiente livello occupazionale, hanno ridotto l’orario di lavoro pro capite ed effettuato la turnazione sulle posizioni lavorative. I servizi di istituto - ricorda il documento di via Arenula - assicurano il mantenimento di condizioni di igiene e pulizia all’interno delle zone detentive, comprese le aree destinate alle attività in comune, le cucine detenuti, le infermerie ed il servizio di preparazione e distribuzione dei pasti”. Perciò “un decremento nel numero dei detenuti lavoranti - e delle ore lavorate - alle dipendenze dell’amministrazione, ha comportato una forte riduzione dei livelli dei servizi in aspetti essenziali della stessa vivibilità quotidiana delle strutture penitenziarie, con inevitabili ricadute negative anche e soprattutto in materia di igiene e sicurezza”. Aumentano i carcerati, calano i fondi. “Nell’attuale situazione di grave sovraffollamento e di carenza di risorse umane e finanziarie, garantire opportunità lavorative ai detenuti - osserva ancora la relazione - è strategicamente fondamentale anche per contenere e gestire i disagi, le tensioni e le proteste conseguenti alle criticità esistenti. Queste attività, pur non garantendo l’acquisizione di specifiche professionalità spendibili sul mercato, rappresentano una fonte di sostentamento per la maggior parte della popolazione detenuta”. Tornando alle cifre, le somme complessive stanziate per i compensi ai detenuti sono diminuite negli anni a fronte di un aumento della popolazione carceraria. Se per il 2006 vennero assegnati 71.400.000 euro con un numero di detenuti pari a 59.523 al 31 dicembre 2005, per il 2007 si scese a 62.424.563, con i carcerati che nel frattempo erano diminuiti a 39.005 grazie all’indulto. Aumenta l’occupazione nelle cooperative. In generale, i detenuti assunti da imprese e cooperative (all’interno degli istituti penitenziari, ammessi al lavoro all’esterno e semiliberi) sono passati dai 2.064 al 31 dicembre 2010, i 2.233 al 31 dicembre 2011 ai 2.251 del 31 dicembre del 2012, unica categoria per la quale si è registrato un incremento di occupazione. Ancora dolenti note invece per quanto riguarda i finanziamenti per il lavoro dei detenuti nelle colonie e nei tenimenti agricoli, con tagli che mettono in rischio l’esistenza delle stesse colonie: si è passati da 7.978.302 euro del 2010, ai 5.400.000 del 2011, fino a 1.200.000 del 2012, tornando poi a 5.400.000 per il 2013. Ministero della Giustizia e delle Politiche agricole sono riusciti invece ad ottenere anche per il 2012 fondi comunitari per corsi professionali di apicoltura per un massimo di 720 detenuti in 36 istituti penitenziari, da inserire poi nella realtà lavorativa nazionale. Il corso è stato concluso da 499 persone. “In questo settore - conclude la relazione - il numero di detenuti lavoranti presso le aziende agricole è passato dai 359 del 31 dicembre 2010, ai 268 del 31 dicembre 2011 ai 266 del 31 dicembre 2012”. Giustizia: un dossier del M5S sul disastro delle carceri in Italia… mancano 25mila posti www.publicpolicy.it, 6 agosto 2013 Sono almeno 19 mila i posti in più che servirebbero per fronteggiare l’emergenza carceri. Ma viste anche le struttura inutilizzabili per manutenzione e ristrutturazione, il saldo sale a 25 mila posti. È la sintesi del dossier presentato dal gruppo M5S alla Camera. Oggi, mentre l’aula di Montecitorio sta esaminando il decreto cosiddetto svuota-carceri per licenziarlo in serata - M5S ha illustrato un dossier sulla situazione attuale, con tanto di proposte. “In Italia - si legge nel dossier dei 5 Stelle - ci sono all’incirca 66.090 detenuti - si legge nel dossier - i posti regolamentari: 47.040; Deficit: almeno 19.000 posti; la Lombardia è la Regione con il numero più alto di detenuti (9.159 - fabbisogno 8.574), seguita da Campania (8.333 - fabb. 11.171), Lazio (7.222 - fabb. 6.022) e Sicilia (7.163 - fabb. 7.835). La media è di 112 detenuti/100mila abitanti contro i 96 della Francia, gli 88 della Germania, i 103 dell’Austria, i 108 del Portogallo. Molto più bassa dei 160 della Spagna, i 154 del Regno Unito, i 208 della Repubblica Ceca, i 131 della Romania. Percentuale di sovraffollamento delle carceri italiane: 152,8%. Dei 47.000 posti regolamentari, oltre 6.000 non sono allo stato utilizzabili per necessità di manutenzione e ristrutturazione. Quindi la necessità attuale non è di 19 mila posti ma di 25 mila permanendo chiuse le sezioni che hanno bisogno di manutenzione”. Piano carceri a rilento Il gruppo parlamentare M5S Camera - commissione Giustizia, ricorda che è in vigore un Piano carceri e ne snocciola i dati: “0 posti consegnati a oggi; 4.050 posti nuovi da consegnare entro maggio 2014 (limite imposto Ue - sentenza Torreggiani); 1.299 posti dopo maggio 2014 attraverso ristrutturazioni . Totale piano carceri: 5.349 posti dopo maggio 2014 (sentenza Torreggiani); Posti non creati dal commissario ma confluiti nel piano carceri: - 780 posti consegnati dal ministero delle Infrastrutture a Reggio Calabria Arghillà (rifunzionalizzazione) e Sassari (nuovo), + 500 posti a Cagliari (nuovo, consegna settembre 2013); - 500 posti consegnati dal ministero delle Infrastrutture in Sardegna1 e a Massa + 400 posti a Forlì e Rovigo (consegna dicembre 2014); - 2.010 posti consegnati dal Dap con la creazione di nuovi padiglioni + 1.697 posti con consegna febbraio 2014; - 585 posti consegnati + 389 con consegna entro dicembre 2013. Totale: 6.861 posti regolamentari - 10.000 tollerabili. In totale quindi, secondo questi piani, si dovrebbe giungere a 12.210 posti regolamentari ovvero 18.000 tollerabili”. Non nuove carceri ma recupero e risparmi Inoltre, i 5 Stelle ricordano che “vi è anche un Piano Carceri già elaborato dal Dap che non prevede nuove Carceri se non un istituto da 800 posti nell’area del Napoletano/Casertano (costo 40mln di euro). La ratio di questo programma sta nel recupero funzionale di Carceri mal utilizzate, recupero di sezioni chiuse, costruzioni di nuovi padiglioni e riallocazioni di cubature”. Tirando le somme, “le differenze di costi fra i diversi interventi sono attribuibili al fatto che il DAP ha già al suo interno una struttura di professionisti e specialisti. Per cui in caso di nuove Carceri i costi sono i seguenti: - Commissario straordinario: 75mila euro a posto detenuto (consegnati zero) - Ministero Infrastrutture: 235mila euro a posto detenuto (consegnati 980) - Dap piano alternativo: 50mila euro a posto detenuto per 800 posti In caso di ristrutturazioni e rifunzionalizzazioni dei vecchi istituti i costi sono: - Dap piano alternativo: 15mila euro a posto detenuto per 21mila posti In totale: 355 milioni di euro per uscire completamente dalla fase emergenziale entro due anni attraverso il piano alternativo del Dap con la creazione di 21.800 nuovi posti detentivi. Per il piano Carceri del commissario Ionta erano stati stanziati ben 675 milioni di euro per soli 9.000 posti detentivi”. In conclusione, “il M5S ha presentato un ordine del giorno che chiede l’impegno al Governo a non vendere, dismettere, permutare cubature attraverso la cessione di edifici penitenziari quali Regina Coeli (Roma), San Vittore (Milano) e Piazza Lanza (Catania). Tra i poteri che il decreto-legge ‘svuota Carcerì concede al Commissario, infatti, vi è anche quello di dismettere degli edifici penitenziari magari permutandoli con altri, ovvero, di cartolarizzare il patrimonio immobiliare col rischio che questo venga svenduto. Ci sono notevoli interessi speculativi che si annidano dietro la cessione delle 3 Carceri. Speculazione che verrà fatta sulla pelle dei detenuti, utilizzati, in questo caso, come scudo-umano degli affaristi italiani”. Carceri, M5S a Cancellieri: Applichi il nostro piano I deputati del MoVimento 5 Stelle hanno scritto al ministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri, in merito all’emergenza carceri, sottoponendole il “contro piano carceri” elaborato dal M5S sulla base dei dati ufficiali del Dap. Un progetto basato sui principi di vivibilità, economicità, territorialità, tempestività, sostenibilità ambientale e rispetto dei diritti umani. Il “contro piano” consentirebbe, con una spesa di 355 milioni di euro, di avere una capacità complessiva di oltre 69mila posti per detenuti, di farli vivere in un ambiente salubre, senza costruire nuovi edifici, tenendoli vicini alle loro famiglie. Consentirebbe inoltre all’Italia di uscire fuori dall’emergenza in due anni e, soprattutto, rispettare le prescrizioni della Corte europea dei diritti dell’uomo. Attualmente, infatti, i posti consegnati grazie all’opera del ministero delle Infrastrutture sono costati 235mila a posto detenuto, mentre nel “contro piano carceri”, questa spesa si abbatte fino alla soglia di 15mila euro, garantendo la vivibilità. Al ministro è stato, dunque, chiesto un incontro, nella certezza del suo interesse sul tema. I membri della Commissione giustizia del M5S da giovedì inizieranno una serie di visite negli istituti penitenziari, a partire dal carcere romano di Regina Coeli, per portare all’attenzione dell’opinione pubblica le condizioni di vita in carcere e le possibili auspicabili soluzioni. Giustizia: Rita Ghedini (Pd); attuare in concreto le norme vigenti sulle detenute madri Dire, 6 agosto 2013 Attuare in concreto le norme vigenti sulle detenute madri per evitare che bimbi sotto i tre anni siano costretti a vivere in carceri dalle condizioni improponibili e che minori in età prescolare vedano le mamme solo negli orari di visita. È quanto chiede la senatrice del Pd Rita Ghedini alla ministra della Giustizia Anna Maria Cancellieri, con un’interrogazione sottoscritta dai senatori democratici Valeria Fedeli, Silvana Amati, Monica Cirinnà, Nerina Dirindin, Maria Grazia Gatti, Miguel Gotor, Sergio Lo Giudice,Donatella Mattesini, Pina Maturani, Pamela Orrù, Venera Padua, Giorgio Pagliari, Leana Pigendoli, Francesca Puglisi e Francesco Russo. “Oggetto del contendere - spiega Rita Ghedini - sono gli “Icam”, ovvero gli “Istituti a custodia attenuata per detenute madri”, istituiti dalla legge 62/11. Questa legge di civiltà, culmine di un percorso legislativo iniziato nel 1975 per la tutela della maternità anche in carcere, prevede l’obbligo, in caso di imputate incinte o madri di bimbi di età inferiore a 6 anni, di evitare la custodia in carcere ovvero di disporla solo negli Icam. Peccato che, nonostante uno stanziamento di 11,7 milioni di euro previsto per la loro realizzazione, gli Icam non abbiano mai visto la luce, se non nella città di Milano in forma sperimentale e in Toscana. Per questo, i tribunali non possono accordare alle imputate con figli piccoli un’alternativa alla custodia cautelare in carcere, dal momento che questa alternativa non esiste e che anche la realizzazione delle case-famiglia protette, previste dalle leggi vigenti, non potendo comportare maggiori oneri per le finanze pubbliche, è del tutto ipotetica, non potendo gravare sulle finanze già esangui degli enti locali. La conseguenza è che, secondo i dati forniti dal servizio di statistica del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, al 31 dicembre 2012 erano 40 le detenute con figli in istituto, per un totale di 41 bimbi sotto i 3 anni che di fatto vivono in carcere, in condizioni molto diverse a seconda delle regioni e comunque in sé improponibili. Per questi motivi chiedo alla ministra Cancellieri - conclude Rita Ghedini - quale sia lo stato di attuazione della legge 62/11, di fornire dati aggiornati circa la presenza di minori sotto i 3 anni nei penitenziari italiani e circa le loro condizioni di vita, come intenda utilizzare gli 11,7 milioni previsti per la realizzazione degli Icam e se non intenda stipulare con gli enti locali convenzioni per individuare strutture adatte per essere utilizzate come case famiglia protette e con quali tempi”. Giustizia: Berlusconi; niente servizi sociali o arresti domiciliari… sono pronto al carcere Corriere della Sera, 6 agosto 2013 “A questo punto, me ne vado in galera. E poi...”. È il momento in cui, fuori da Palazzo Grazioli, la colonnina di mercurio ha sfondato i 35 gradi. Il momento in cui, e siamo al primo pomeriggio di ieri, Silvio Berlusconi riceve la delegazione pidiellina appena rientrata dal Quirinale. E di fronte al tandem Schifa-ni-Brunetta, salito al Colle per perorare la causa berlusconiana, che il Cavaliere dopo giorni torna a parlare esplicitamente del carcere. L’aveva fatto in passato, a mò di sfogo. Ma stavolta la questione potrebbe essere diversa. Dietro i puntini del suo discorso sulla volontà di “scontare la pena in carcere”, di cui qualche ora più tardi Daniela Santanché darà una versione pubblica, potrebbe nascondersi la prima mossa della lunga partita a scacchi con il Quirinale e le forze politiche. Visto che “le colombe”, da Gianni Letta ai ministri, continuano a sostenere che l’unica (stretta) via per un qualsiasi provvedimento di clemenza passa attraverso un suo “primo passo”, ecco che - per la prima volta - l’ex premier l’avrebbe individuato, quel “passo”. Varcare il portone di San Vittore e, da lì, condurre il gioco da una diversa posizione. Anche nei confronti del Pd che, in caso contrario, avrebbe difficoltà a spiegare al suo elettorato l’eventuale voto favorevole su un provvedimento salva-Berlusconi. Che sia l’amnistia o un emendamento da inserire in una qualsiasi legge sulla giustizia. Ma visto che questa non è una semplice partita a scacchi, e che la “mossa” comporta dei sacrifici umani e affettivi, Berlusconi non s’è limitato a confidarsi col partito. No. Dell’ipotesi di pretendere la galera, rifiutando le pene alternative, il Cavaliere avrebbe già parlato con tutti i figli. Dalla primogenita Marina, che il diretto interessato continua a “proteggere” rispetto al pressing di chi la vorrebbe in campo subito, all’ultimogenito Luigi. Senza dimenticare, la tormentata opera di convincimento che sta facendo nei confronti della fidanzata Francesca Pascale, che domenica sera era talmente provata che ha evitato di farsi vedere dai ministri arrivati per la cena. Già, i ministri. All’appuntamento col presidente, fissato dopo la fine della manifestazione, la delegazione di governo arriva scura in volto. A cominciare da Alfano, che insieme a Gianni Letta e Fedele Confalonieri aveva dovuto respingere l’attacco di chi - da Denis Verdini a Daniela Santanché - aveva insistito col Cavaliere perché l’adunata di pace sotto Palazzo Grazioli si trasformasse in una guerra aperta contro Quirinale e governo. Il menù decisamente più castigato rispetto ai vecchi fasti a base di mozzarelle e pennette tricolore - in tavola vengono serviti pomodori di riso, insalata mista, melanzane ripiene - non aiuta la conciliazione con l’ala dura del partito. E quando Santanché prende di mira il capo dello Stato, sostenendo “non ci darà una mano”, subito Fabrizio Cicchitto interviene per spegnere l’incendio. “Io, comunque, ho usato e continuerò a usare toni responsabili”, sintetizza Berlusconi. Ma è soltanto la fine di un round. Poco dopo, prima che si faccia notte fonda, il Cavaliere torna ad accarezzare l’ipotesi di mostrare i muscoli. “A questo punto vado in tv, torno in piazza, parlo al Paese...”. E ci vuole ancora l’intervento di Letta per placare la situazione e invitare tutti “a essere equilibrati”. Un canovaccio che l’ex premier, adesso, associa però alla scelta di andare in galera. Su cui, a sentire i suoi, influirebbe anche un raffronto tra la sua situazione attuale e quella dei leader finiti nel 1992-1993 nella tenaglia di Mani Pulite. “Io ho ragione, non sono un criminale né un evasore”, è il ritornello che ha ripetuto anche ieri pomeriggio. A cui, però, Berlusconi avrebbe dato un finale diverso. “A differenza di altri politici finiti nel mirino della magistratura, io posso andare per strada e vedere la gente che mi acclama e applaude. A me la gente non...”. Ed è qui, insomma, che secondo più testimoni avrebbe lasciato la frase a metà. Forse per non evocare il lancio di monetine di cui fu vittima, vent’anni fa, il suo vecchio amico Bettino Craxi. Un modo come un altro per dire che, se va in carcere lui, “è un’altra storia”. Giustizia: sei possibili scenari per salvare il Cavaliere… di Silvia Barocci Il Messaggero, 6 agosto 2013 Commutare la pena in ammenda, oppure una norma interpretativa sul decreto Monti-Severino per non farlo decadere da senatore ed evitargli l’ineleggibilità. È possibile commutare la pena? Applicare a Berlusconi il “metodo Sallusti” e cioè commutare in ammenda la pena definitiva di quattro anni (di cui tre indultati) per frode fiscale nel processo Mediaset. È una delle ipotesi circolate in questi giorni per consentire all’ex premier di non dover chiedere l’affidamento in prova ai servizi sociali o la reclusione domiciliare per l’anno residuo da scontare al di fuori dei tre coperti dall’indulto. Si tratterebbe in ogni caso di un atto di clemenza del Capo dello Stato, previsto dall’art. 87 della Costituzione. Nel dicembre del 2012 Giorgio Napolitano decise di intervenire in favore di Sallusti commutandogli la pena definitiva di 14 mesi di reclusione, per aver diffamato un magistrato, in un’ammenda di 15.325 euro. Per Berlusconi, però, resterebbe aperto il fronte della decadenza da senatore e della sua incandiabilità per i prossimi sei anni, calcolata sull’interdizione dai pubblici uffici indicata nel decreto Monti-Severino. Pena accessoria, quest’ultima, che la Corte di Appello di Milano deve rideterminare per Berlusconi. Il problema, però, sarebbe superato se ad essere commutata in ammenda fosse non solo la pena principale ma anche quella accessoria, come previsto dall’art. 174 del codice penale. L’incandidabilità è retroattiva? Il decreto legislativo 235 del 2012, vale a dire la norma Monti-Severino sull’incandidabilità, fissa dei paletti che non solo rischiano di far perdere lo scranno di senatore al Cavaliere ma anche di tenerlo fuori dal Parlamento per almeno sei anni. Sul testo che regola l’incandidabilità (sopraggiunta o futura) si è aperto un dibattito interpretativo che vede, da una parte, costituzionalisti come Guzzetta e Armaroli sostenere che tali norme siano inapplicabili al Cavaliere perché si riferiscono a reati commessi prima dell’entrata in vigore della legge; dall’altra, invece, presidenti emeriti della Consulta come Onida e Capotosti, convinti della piena applicabilità di misure che, a loro dire, si riferiscono non al reato ma alla sentenza. Nel frattempo, la Giunta per le immunità del Senato è stata convocata per domani, mentre l’ultima parola sulla decadenza di Berlusconi spetterà all’aula. È possibile che il voto finale slitti al prossimo autunno. E non è da escludere che, nel caso 20 senatori lo chiedano, il voto possa essere segreto e favorevole al Cavaliere. Se così fosse, il Parlamento potrebbe anche varare, nel frattempo, una norma interpretativa della legge Severino, oppure modificarla stabilendone l’irretroattività. Ci sono le condizioni per dare la grazia? La strada della grazia è la più difficile da intraprendere. È vero che il Capo dello Stato può concederla anche in assenza di domanda o di proposta. Ma nel caso di Berlusconi sono numerose le circostanze che remano contro. Innanzitutto, il Cavaliere è stato condannato in via definitiva dalla Cassazione solo pochi giorni fa: un atto di clemenza di Napolitano sarebbe interpretato come una sorta di (improprio) quarto grado di giudizio. In secondo luogo, Berlusconi è imputato in altri processi: concussione e prostituzione minorile nella vicenda Ruby; induzione a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria nel caso escori di Bari; corruzione di Sergio De Gregorio per la presunta compravendita di senatori; concorso in rivelazione di segreto di ufficio nella pubblicazione dell’intercettazione Unipol. Per prassi, la pendenza di altri procedimenti è ritenuta ostativa nella concessione della grazia. Inoltre, tale atto di clemenza non estinguerebbe la pena accessoria. Risultato: seppure Berlusconi venisse graziato da Napolitano, ciò non gli eviterebbe l’espulsione dal Parlamento e non gli garantirebbe una nuova candidatura alle prossime elezioni, proprio in forza del decreto Monti-Severino. Sarebbe risolutiva un’amnistia? L’amnistia ha senz’altro un pregio: estingue non soltanto la pena ma anche il reato. Dal 1992 non è più un beneficio collettivo nella disponibilità del Capo dello Stato, ma è rimesso al Parlamento che lo deve votare con una maggioranza qualificata dei due terzi. Dal 1942 ad oggi si contano 30 amnistie, accompagnate o meno da indulti. L’ultima risale al 1990, dunque è precedente alla riforma del 1992, ed ha riguardato reati con pena fino a 4 anni, fatta eccezione dei reati finanziari. Se in astratto l’amnistia rappresenta la soluzione più efficace per Berlusconi, perché lo metterebbe al riparo non solo dall’affidamento in prova ai servizi sociali o dagli arresti domiciliari ma anche dal pericolo di incandidabilità (sopraggiunta o futura), anche questa ipotesi diventa impraticabile alla luce della tipologia di reato per cui è stato condannato il Cavaliere. La frode fiscale infatti negli ultimi anni ha subito un “giro di vite”, ed ora è punita fino a sei anni di carcere. Sembra impensabile che in Parlamento possa formarsi una maggioranza qualificata di due terzi per votare un’amnistia per delitti puniti con pena fino a sei anni, facendovi rientrare anche altri reati di grave allarme sociale. Un provvedimento d’indulto aiuterebbe? Grazie all’indulto votato dal Parlamento nel 2006 Berlusconi non andrà in carcere perché su 4 anni per frode fiscale 3 risultano coperti da questa misura di clemenza che, a differenza dell’amnistia, estingue la pena ma non il reato. Tuttavia, se Berlusconi dovesse essere nuovamente condannato, in via definitiva, anche tale beneficio in suo favore verrebbe meno. Certo, nulla vieta al Parlamento di varare un altro indulto, così da evitare al Cavaliere l’obbligo di dover scegliere tra l’affidamento ai servizi sociali e gli arresti domiciliari. Ma è bene ricordare che l’indulto non riguarda le misure accessorie e dunque non verrebbe meno il rischio di incandidabilità e di ineleggibilità. L’art. 13 del decreto Monti-Severino, infatti, prevede che l’incandidabilità “ha effetto per un periodo corrispondente al doppio della durata della pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici”. Nel caso di Berlusconi bisognerà attendere che la Corte di Appello di Milano ridetermini la pena accessoria, sulla base di quanto stabilito dalla Corte di Cassazione che aveva ritenuto non congrui, per legge, i 5 anni di interdizione e aveva disposto un nuovo calcolo compreso tra uno e tre anni. Riforma della giustizia: potrebbe incidere? “Diamo veste normativa alle proposte dei saggi. Ripristiniamo l’equilibrio costituzionale. Chiudiamo questi vent’anni di guerra ideologica”. Così Renato Brunetta, capogruppo Pdl alla Camera, ieri salito al Quirinale assieme a Renato Schifani per incontrare il Capo dello Stato. I saggi scelti da Napolitano lo scorso aprile avevano avanzato alcune proposte che erano state bollate come “conservatrici” dall’Associazione nazionale magistrati. Sulle intercettazioni, in particolare, i dieci saggi avevano posto un paletto: non devono essere strumento di ricerca del reato. E avevano anche proposto una Corte di giustizia come organo di secondo grado nell’azione disciplinare, dopo quella esercitata dal Csm. Nulla a che vedere, tuttavia, con la separazione delle carriere giudici-pm e con lo sdoppiamento del Csm alla base della “grande riforma” della giustizia voluta dal Pdl. Nessuna di queste proposte, al momento, potrebbe esser considerata un salvacondotto per il Cavaliere. A meno che, nel corso del dibattito, il Parlamento non decida di ripristinare la vecchia autorizzazione a procedere. Lettere: una soluzione per svuotare le carceri L’Unità, 6 agosto 2013 I giudici della Corte europea hanno assestato una sberla all’Italia: le carceri sono una prigione fatale. Ci sono 21 mila detenuti di troppo. Lo spazio è striminzito. C’è un suicidio ogni 924 detenuti. E mancano 7 mila agenti penitenziari. Il presidente della Repubblica ci è rimasto male. La ministra della Giustizia se l’aspettava. Non ci facciamo proprio una bella figura. Le carceri sono lo specchio della civiltà di un Paese. Fabio Sìcari Risponde Luigi Cancrini, psichiatra e psicoterapeuta Svuotare le carceri è importante. Quello che serve, tuttavia, è un progetto non emergenziale. Basato su una riflessione attenta dei motivi per cui in carcere si va e sulla possibilità di sostituire la detenzione con misure alternative intelligenti. La cui efficacia è ampiamente provata dalle esperienze nostra e di altri paesi. Cominciando dai reati connessi alla tossicodipendenza perché il 32% dei detenuti sono tossicodipendenti e perché la grande maggioranza di loro potrebbero (dovrebbero) essere curati (e non detenuti) se il Parlamento tornasse a distinguere la detenzione dallo spaccio. Come era prima della Giovanardi-Fini e del suo famigerato articolo 73. Continuando con i reati commessi d’impulso contro le persone, in secondo luogo, avviando chi agisce violenza in famiglia e riesce a rendersi conto dell’errore. Come accade da anni, e con grande successo, in Belgio e in altri paesi europei. Riservando il carcere a chi la droga la spaccia ed a chi (gli stalkers) pensa di potersi (doversi) fare giustizia da sé. Sapendo che la giustizia può essere rieducativa solo se mette in primo piano la persona e la sua condizione psichica nel momento in cui prende le sue decisioni. Lettere: Gilberto, uno dei centosessanta internati nell’Opg di Aversa, si è suicidato… di Adolfo Ferraro, psichiatra Ristretti Orizzonti, 6 agosto 2013 L’altra notte Gilberto, uno dei centosessanta internati nell’Opg di Aversa, si è suicidato impiccandosi con una striscia di lenzuolo alle sbarre della sua cella. Era stato arrestato per una rapina, ma le sue condizioni psichiche al momento del reato avevano fatto propendere i Magistrati per un periodo di internamento nelle strutture psichiatrico-giudiziarie. Gilberto era una bella persona. Gilberto aveva partecipato al teatro-laboratorio e aveva portato in scena la solitudine e la malinconia dell’Opg. Gilberto stava aspettando di andare in comunità, ma anche questa possibilità tardava a verificarsi. E allora si è liberato da solo. È uno dei tanti suicidi delle carceri e degli Opg in Italia, e la notizia ha avuto poca risonanza , forse perché di quella che è stata definita giustamente una profonda vergogna si tende sempre più a dimenticarsene o a rimuoverla. È forse utile ricordare brevemente le travagliate vicende normative che hanno determinato la permanenza e attuale operatività degli ospedali psichiatrici giudiziari. Dopo la denuncia della Commissione Europea contro la Tortura nel duemila otto - che si riferiva alla inadeguatezza del sistema carcerario a contenere e curare adeguatamente la patologia mentale - intervenne con narcisistica energia l’allora senatore Marino, che denunciò il mostro - nel senso foucaultiano del termine, ma non diede che superficiali e poco attente proposte risolutive al problema. Forse perché non aveva capito la complessità del problema e spesso quando si agisce d’impulso e sulle emozioni si vede solo una parte del problema. All’inizio del 2012, con la conversione del decreto legge n. 211 del dicembre 2011, si fissava il termine per il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari allo scorso febbraio, con il compito - assegnato alle regioni - di mettere a punto specifici piani per il raggiungimento di tale obiettivo. Preso atto dell’impossibilità, per le istituzioni coinvolte, di giungere alla auspicata chiusura nei termini stabiliti, il 25 marzo veniva disposta la proroga di un ulteriore anno per lo smantellamento degli Opg, ora fissata al primo aprile 2014. In queste iniziative nessuno ha preso in considerazione che fin quando non cambieranno le disposizioni del codice penale relative al concetto giuridico di pericolosità sociale del malato di mente , nessuna vera variazione nel senso della chiusura potrà verificarsi. E, se dovesse realizzarsi quanto proposto, gli Opg rimarranno ancora in funzione per i pazienti considerati ancora socialmente pericolosi, ma si apriranno piccole strutture manicomiali per quelli valutati non più pericolosi, con il medesimo compito di curare recludendo. E quindi nuovi manicomi, uno per ogni regione, a gestione Asl o di privati. Riecheggia sempre più forte lo spettro contro cui si era fin dal principio sollevato l’attenzione: chiudono gli Opg o riaprono i manicomi? Del resto è evidente di come è calata l’attenzione di associazioni o comitati che erano pronti a evidenziare come un tragico bollettino di guerra i suicidi degli anni passati, serviti solo a garantire una finta libertà di azione e la riappropriazione di un potere psichiatrico-burocratico sempre più pronto a chiudere e reprimere. O al massimo ad accogliere in strutture protette i pazienti che rappresentano soldi e potere personale. Indicativo è che la notizia è stata ripresa solo da un sindacato di polizia penitenziaria, che ha chiesto un aumento dell’organico per sorvegliare meglio. Gilberto questo non lo saprà mai, e adesso può interessargli veramente poco. Lettere: uscire dal carcere… e dopo? di Armando Michelizza La Sentinella, 6 agosto 2013 Una “affezionata lettrice” su La Sentinella del 26 luglio scorso racconta la sua esperienza di un casuale incontro con una persona appena dimessa dal nostro carcere, e si chiede come sia possibile uscire così, senza sostegni e risorse. Mi tira giustamente in ballo perché il Consiglio Comunale di Ivrea mi ha incaricato di provare a garantire i diritti delle persone detenute. La lettrice si chiede se dalle nostre carceri si esca così e se ciò sia accettabile. La risposta è articolata: sì e no. Dico no perché, almeno a Ivrea, da qualche anno, grazie a un comune impegno che vede coinvolti, direzione, agenti, educatori, Comune, Compagnia San Paolo e l’Associazione di Volontari Penitenziari “Tino Beiletti”, in previsione della dimissione vengono valutate le condizioni della persona, i contatti che ha all’esterno e, se del caso, gli viene dato un pacchetto di primo sostegno: un biglietto d’autobus, biglietto treno, vestiti (soprattutto d’inverno) e una piccola somma di pochi euro, qualche indirizzo per la prima accoglienza. In verità da un anno e mezzo il costo è sostenuto dai soli volontari, ma è ordinaria storia di supplenza. Può succedere che una liberazione che giunga improvvisamente non consenta questo aiuto. Ma alla osservazione della lettrice mi sentirei anche di rispondere sì : è proprio così che molti, moltissimi, troppi, escono dal carcere. Nel senso che troppe persone escono dal carcere più deboli, più sprovveduti di competenze, di possibilità, di buone relazioni, di riferimenti, di porte a cui bussare sperando di non vedersela sbattuta in faccia. Quante volte mi son sentito dire dai miei allievi in carcere “Armando, qui si sta male, ma i problemi sono fuori, e mi aspettano all’ultimo cancello”; ho sentito la confessione di uno che mi diceva: “Ho 62 anni, ho paura di uscire, non so dove andare”. Non si può generalizzare, non parlo di tutti, ma della maggioranza delle persone detenute. Ed è facile rendersene conto: basta guardare chi è nelle nostre carceri: i dati ministeriali sulla occupazione precedente, sul livello d’istruzione, sulla condizione di dipendenza da sostanze. Tutti, ma proprio tutti, giurano la prima volta che entrano in carcere: “Mai più! Mai più! Piuttosto mi ammazzo!” e qualcuno lo fa davvero. Ma molti, troppi, ricascano. La recidiva è alta fra coloro che escono senza un graduale “accompagnamento”, senza un ritorno assistito alla libertà, preparato negli ultimi tempi della carcerazione. La recidiva è, invece, bassissima fra coloro che tornano alla libertà con una “convalescenza” fatta di misure alternative alla piena detenzione (semilibertà, permessi per lavoro, per studio, per volontariato…). Tutte le ricerche e studi e statistiche sono concordi, ma basterebbe il buon senso per capire che un carcere che condanna all’ozio, indebolisce, e restituirà persone fatalmente a rischio di devianza. Non basta far paura con la pena e la sofferenza, occorre proporre una alternativa, seria, magari dura, ma realistica. Questo succede, voglio dare atto, nonostante il lavoro di operatori del carcere e del territorio. Ivrea da sempre è stata attenta in tutte le sue componenti istituzionali, sociali, culturali e la istituzione del garante è solo l’ultimo atto. E allora? Allora bisogna cambiare come si spendono le risorse, soldi e persone, per realizzare altri risultati. Io credo che dovremmo porci seriamente la questione se, per avere una società più sicura, serva più carcere o più educazione. Per educazione intendo formazione e attivazione e arricchimento delle risorse delle persone, anche e soprattutto di quelle che sono in carcere. Il problema è la certezza della pena, o invece la speranza che la pena (che non voglio eliminare) sia finalizzata a riconquistare alla legalità una persona che ha violato la comunità? Non è “buonismo”, o pensare ai diritti delle persone detenute e non a quelli delle vittime. È la razionalità di chi vede il fallimento di un sistema che pensa (e spende) quasi solo per la detenzione e quasi niente per la riconquista attraverso l’educazione. Spendiamo, tanto, per la detenzione ma sarebbe il caso di chiederci a cosa serve; chiederci non solo quanto stanno in galera, ma, soprattutto, come escono. Abbiamo carceri non in funzione per mancanza di personale! È sensato immaginare la costruzione di altre carceri? Spendere per nuove carceri e altro personale di custodia o per programmi di riconquista alla legalità? Queste sono scelte politiche. Su cui tutti dovremmo ragionare, informarci, farci una idea, sostenerla. Sì, ma in pratica? Io una proposta ce l’ho: istituire il Servizio Civile Volontario per persone detenute (o agli arresti domiciliari), almeno nell’ultimo anno di detenzione. Il Coordinamento nazionale dei garanti l’ha suggerito alla Ministra Cancellieri nell’incontro avvenuto recentemente. Grazie e cordiali saluti. Veneto: Valdegamberi (Futuro Popolare); da Regione stop Ospedali psichiatrici giudiziari Ansa, 6 agosto 2013 La Regione dia seguito alla legge che prevede la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari e incentivi la realizzazione di strutture alternative in grado di accogliere i pazienti in dismissione dagli Opg. L’invito è del consigliere regionale Stefano Valdegamberi (Fp), dopo la visita alla Casa Don Girelli di Ronco all’Adige, l’unica realtà sinora attivata in Veneto, tramite l’Ulss 21, in applicazione al progetto sperimentale regionale per l’accoglienza di pazienti in dimissione da Opg. “In questo modo - osserva Valdegamberi - si aiutano le persone e si risparmiano nel contempo finanze pubbliche. A Ronco all’Adige - spiega - il servizio È aperto da un anno e attualmente ospita nove persone, per le quali tutti gli obiettivi di recupero sono stati raggiunti. Il fatto che siano stati predisposti progetti riabilitativi individualizzati È stato molto importante e produttivo. Qui i pazienti collaborano in spazi comuni ad attività varie e svolgono anche lavori individuali, come il servizio in agriturismi o la gestione di cani per la pet therapy”. Per Valdegamberi “questa realtà, che È purtroppo unica in tutto il Veneto, costituisce la dimostrazione che È possibile riabilitare le persone investendo minori risorse, cosa che il carcere non riesce a fare. Oggi chi esce da un percorso giudiziario senza aver seguito un progetto rieducativo rischia di essere recidivo, rientrando nel circuito malavitoso, con conseguenti oneri per la collettività. Investire in questo tipo di strutture, quindi, - conclude - oltre a costituire un obbligo sociale, rappresenta anche un interesse comune”. Sassari: Mameli (Udc); basta piagnistei sull’arrivo di detenuti in 41 bis nel nuovo carcere di Elena Laudante La Nuova Sardegna, 6 agosto 2013 “Lagnarsi ora per i reparti 41 bis è pura demagogia. Non possiamo pensare di sottrarci a comuni responsabilità al pari di altre regioni italiane che ospitano già da anni questi detenuti. E poi la presenza di detenuti di massima pericolosità per l’appartenenza alla criminalità associativa l’abbiamo già sperimentata ai tempi dell’Asinara e sappiano che grazie al cielo non ne è certo scaturita alcuna corruzione sociale o fenomeni di evidenti infiltrazioni criminali”. È controcorrente la posizione di Mariano Mameli, capo dell’opposizione in Consiglio provinciale. Da avvocato e da politico Mameli cerca di trovare nella nuova dimensione penitenziaria della Sardegna un punto di forza. Al grido di “basta con i piagnistei”. Lo ha fatto in un intervento in aula rivolto alla presidente Alessandra Giudici, da tempo preoccupata per l’invio di detenuti di massima sicurezza nel nuovo carcere di Bancali (a regime completo, 92 boss, come a Uta). Mameli punta sulle possibili opportunità che deriverebbero da una struttura carceraria moderna attorno alla quale girerà un flusso di utenti, potenziali consumatori. “Se anziché lamentarsi come spesso è abitudine degli amministratori delle iniziative che vengono da altri ambiti amministrativi, cercassimo di coglierne per tempo le opportunità che generano, forse saremmo tutti più credibili”, ha spiegato il politico di centrodestra. Per poi constatare: “Il carcere è anche una grande opportunità: per Sassari il carcere è un opificio. In alcuni periodi, genererà a pieno regime un movimento stimato di mille persone al giorno (parenti, personale, avvocati, fornitori, manutentori, personale civile ecc.). Tutto questo movimento va assecondato, servono bar, tavola calda strutture di ricettività alberghiera che si mettano al servizio di opportunità che a fronte della crisi drammatica non sono certo da scartare”. Il messaggio è chiaro: guardare a Bancali con occhio pragmatico, oltre la retorica che pure sintetizza preoccupazioni e sospetti da parte di molti. E sul concreto, Mameli chiede cosa stia facendo la Provincia per rendere più agevoli i collegamenti con un penitenziario lontano dalla città, che si raggiunge percorrendo una strada dove - all’apertura dell’istituto risalente al 9 luglio - ancora nessun cartello ne segnalava l’esistenza. “La Provincia ha predisposta una accurata segnaletica stradale per la individuazione ora tutt’altro che facile della struttura ai viaggiatori? Sono state previste pensiline per le intemperie, ricoveri provvisori, aree di sosta, illuminazione? Tutte cose che avrebbero dovuto essere già pronte da tempo”. Trieste: dalla Camera penale una raccolta di firme per i diritti dei detenuti Il Piccolo, 6 agosto 2013 Continua la raccolta firme organizzata dalla Camera penale di Trieste “Prof. Sergio Kostoris”, unitamente all’Unione delle Camere penali italiane, per tre distinte proposte di legge di carattere giuridico e processuale in tema di tortura, carceri e stupefacenti. Si può firmare alla Corte d’appello da lunedì a venerdì (9-13, stanza 189, cancelliere Fabio Stradi, o nella stanza 184, cancelliere Giulia Lanza), e al Tribunale, sezione penale, da lunedì a venerdì (12.30-13.10, stanza 270, cancelliere Migliardi). L’iniziativa ha portata nazionale ed è stata voluta e sostenuta da un “cartello” di associazioni che si battono nel campo della giustizia, dei diritti del detenuto e della tossicodipendenza. La prima proposta di legge ha l’obiettivo di introdurre il reato di tortura nel codice penale, fattispecie a oggi inesistente nonostante un obbligo internazionale assunto con la ratifica della Convenzione dell’Onu. La seconda vuole intervenire in materia di diritti dei detenuti, anche con l’istituzione del Garante nazionale per i diritti dei detenuti, riducendo il sovraffollamento delle carceri e revisionando i criteri di scelta delle misure cautelari. Abrogazione del reato di clandestinità e introduzione di una sorta di “numero chiuso” negli istituti penitenziari sono ulteriori aspetti della proposta di legge. Con la terza proposta di legge si intende modificare l’attuale assetto normativo in materia di sostanze stupefacenti, che ha spesso determinato carcerazioni “inutili”, disponendo l’esenzione di sanzioni penali e amministrative per il mero consumo o la detenzione a fini di consumo personale. Spiega l’avvocato Andrea Frassini, presidente della Camera penale triestina: “Il sovraffollamento della popolazione carceraria nei 5 istituti di detenzione della nostra regione, pari attualmente a poco più di 800 detenuti, è in linea con la media di sovrappopolamento carcerario di cui soffre l’Italia, dove per ogni 100 posti sono presenti ben 140 detenuti: un pò troppo. Nel 2012 nelle nostre patrie galere sono stati registrati 93 decessi in carcere (età media poco meno di 40 anni), di cui 50 per suicidio e gli altri per overdose, omicidio, sciopero della fame, malattia o cause ancora da accertare”. Sulmona (Aq): ergastolani-agricoltori diventano produttori di semi di aglio rosso Adnkronos, 6 agosto 2013 Dodici ergastolani reclusi nel carcere di Sulmona produrranno il seme dell’aglio rosso, attraverso tecniche di moltiplicazione che garantiranno, da un lato, la conservazione della biodiversità agricola regionale e, dall’altro, una competenza professionale, nell’ottica del loro recupero e reinserimento sociale. Il progetto di collaborazione tra la Regione Abruzzo e la Casa di reclusione di Sulmona è stato calato in una convenzione firmata questa mattina a Pescara tra l’assessore allo Politiche agricole, Mauro Febbo, e il direttore dell’Istituto peligno, Massimo Di Rienzo. “È una iniziativa attenzionata dallo stesso Ministero - dichiara Febbo - per la sua peculiarità e originalità, e che ci rende orgogliosi non solo per gli aspetti legati alla conservazione dei semi autoctoni abruzzesi ma anche per il contributo fattivo a contrastare il disagio nelle carceri. Mentre il Parlamento si appresta a varare il decreto svuota-carceri noi facciamo altro”. Il direttore della Casa di reclusione di massima sicurezza Di Rienzo ha spiegato che saranno solo gli ergastolani, all’interno di un terreno ricavato dentro le mura della Struttura, dotato di protezione climatica, ad occuparsi dell’attività di moltiplicazione dei semi dell’aglio rosso di Sulmona, che ha definito “riconciliativa, terapeutica, da noi agognata e apprezzata”. Alle attività agricole sono pure destinati altri detenuti di minore pericolosità, cui è destinato un terreno di tre ettari più esterno. Nella sostanza, la convenzione tra la Regione Abruzzo e la Casa di reclusione, quest’ultima ha già collaborato con l’ex Arssa nella moltiplicazione di specie tipiche regionali, prevede che il Carcere realizzi campi di moltiplicazione del seme dell’aglio rosso di Sulmona, in modo da garantire partite certificate dall’Ente nazionale sementi elette (Ense) e dall’Istituto Fitopatologico regionale. A loro volta, i Consorzi produttori di aglio rosso di Sulmona si impegnano ad acquisire dalla Casa di reclusione i bulbi da seme prodotti, mentre l’eccedenza sarà restituita alla Regione Abruzzo. La convenzione evidenzia che le attività della casa di reclusione di Sulmona favoriscono l’occupazione lavorativa della popolazione detenuta nonché l’acquisizione di specifiche competenze, spendibili sul mercato del lavoro, in funzione del reinserimento extra murario; e l’interesse della Regione Abruzzo a rinnovare i rapporti con la Casa di reclusione di Sulmona e promuovere tutte le iniziative atte al recupero sociale della popolazione carceraria. Alla conferenza stampa ha partecipato anche Antonio Ricci, in rappresentanza del Consorzio aglio rosso di Sulmona, mentre l’assessore Febbo ha ricordato la fattiva collaborazione del vicepresidente del Coniglio regionale, Giovanni D’Amico. Pesaro: progetto promozione lettura, e-book reader nelle carceri della provincia Ansa, 6 agosto 2013 Si accresce il patrimonio bibliotecario della Casa di reclusione di Fossombrone e della Casa circondariale di Pesaro. Sono in arrivo due nuovi e-book reader, acquistati in collaborazione con le direzioni penitenziarie dei due istituti, l’Associazione italiana Biblioteche Aib-sezione Marche e l’assessorato alla Cultura della Regione Marche. Nuove tecnologie per aprirsi a nuove frontiere, eliminare il problema di spazi sempre più ridotti e garantire ai detenuti il diritto all’informazione, alla lettura e allo svago. Così, anche in carcere, ai libri di carta si affiancano i libri digitali. L’utilizzo dei nuovi dispositivi di lettura rientra nel processo di promozione culturale, rieducazione e supporto all’alfabetizzazione del recluso intrapreso dal Sistema bibliotecario carcerario regionale. Un progetto sperimentale, partito nel 2012 grazie all’interessamento delle Politiche sociali e delle Politiche per l’inclusione sociale della Regione Marche e dell’assessorato alla Cultura, che si rivolge alla popolazione reclusa nelle otto strutture detentive delle Marche. “L’obiettivo è rendere la biblioteca penitenziaria contemporanea e fruibile sia attraverso documenti tradizionali che digitali” spiega Lorenzo Sabbatini, coordinatore del progetto. In un’ottica multiculturale e multilinguistica di inserimento sociale e integrazione della popolazione straniera detenuta, l’utilizzo delle nuove tecnologie È utile per la comprensione di lingue diverse, permettendo anche una lettura agevolata per coloro che soffrono di difficoltà visive. Livorno: un pranzo... galeotto, all’isola di Gorgona di Ivo Gagliardi www.ilreporter.it, 6 agosto 2013 È quello, aperto al pubblico, che si svolgerà martedì 13 agosto all’isola di Gorgona, realizzato grazie alla collaborazione in cucina tra i detenuti e il ristorante Toscani da Sempre di Pontassieve (Fi), che prepareranno uno sfizioso menu guidati dallo chef Stefano Frassineti e da un team creato ad hoc e composto da cuochi free lance, gastronomi e maître. Un evento unico che permetterà ai partecipanti (prenotazione obbligatoria a booking.argonauta@robintur.it) di sbarcare su di un’isola altrimenti inesplorabile e di visitare una realtà carceraria fuori dal comune, dove i detenuti vivono senza sbarre, scontando la pena impegnati in attività di coltivazione, allevamento e produzione di latticini ma non solo. I partecipanti saranno condotti dalle guardie penitenziarie in giro per l’isola per osservare come lavorano i carcerati e quali sono i frutti che nascono in questa isola. Saranno portati, inoltre, a visitare l’ultimo progetto arrivato a Gorgona, una vigna che grazie all’azienda Frescobaldi di Firenze sta dando la possibilità ai detenuti, con il supporto di agronomi ed enologi, di imparare un utile mestiere: quello del vignaiolo. A tavola, in abbinamento alle preparazioni culinarie, si potranno degustare, oltre ad alcune etichette a marchio Marchesi dè Frescobaldi, anche il vino Gorgona, bland di vermentino ed ansonica prodotto in 2700 esemplari, frutto vitivinicolo dell’isola. Il ricavato del pranzo sarà devoluto alla campagna internazionale “Il cuore si scioglie onlus” (www.ilcuoresiscioglie.it), che dal 2000 è impegnata, insieme a Unicoop Firenze, nella realizzazione di progetti umanitari, in particolar modo nelle adozioni a distanza. L’appuntamento per tutti i partecipanti è martedì 13 agosto alle 8.30 (orario effettivo di partenza) a Livorno in piazza Micheli (Molo dei Pescherecci), da dove partirà il traghetto per Gorgona (arrivo alle 10.15 circa). Il ritorno a Livorno è previsto per le 19.30. L’iniziativa è realizzata dal Ministero di Giustizia in collaborazione con Unicoop Firenze e con il supporto organizzativo dello Studio Umami. Un ruolo importante sarà ricoperto dalla Fisar di Volterra che si occuperà dell’abbinamento e del servizio dei vini. Per maggiori informazioni: www.cenegaleotte.it. Ascoli Piceno: un carcere a colori tra graffiti e murales di Teresa Valiani Ristretti Orizzonti, 6 agosto 2013 Un carcere a colori, tanti colori, per affrontare con più ottimismo un futuro tutto in salita. È questo il “nuovo Marino del Tronto”, che si presenta agli occhi di detenuti, visitatori e operatori con mura cariche di tonalità e significati, tra graffiti e murales di grandi dimensioni. I lavori di “Coloriamo il carcere”, questo il nome del progetto, volgono al termine e sono già ampiamente visibili le opere che hanno cambiato volto al lungo corridoio che conduce alle sale comuni. L’iniziativa era stata avviata un anno e mezzo fa con un concorso pubblico indetto dalla Casa Circondariale di Ascoli Piceno in collaborazione con l’assessorato alle Politiche Giovanili della Provincia di Ascoli Piceno e aperto ai writers di tutta Italia. I vincitori, due ragazzi residenti a Milano, Giorgio Lambiase e Manuele Massessi, tre studentesse di Porto San Giorgio, Marta Alvear Calderon, Laura Galetti e Annalisa Accica, e un giovane artista ascolano, Simone Galiè, in soli tre giorni hanno trasformato completamente le mura e dispensato consigli alla squadra di sei detenuti che ha partecipato al progetto. Al centro del corridoio, una parte delle pareti è stata dedicata alle impronte delle mani. Direttore, ufficiali, operatori, detenuti e visitatori hanno accolto con entusiasmo l’invito a lasciare un segno indelebile sul muro del carcere: tante mani, tutte insieme, confuse una sull’altra, a dimostrazione di quanto i colori e l’arte riescano a unire, abbattendo tutte le barriere. Il progetto è nato da un’idea del Comandante, Pio Mancini, ed è coordinato dalla giornalista Teresa Valiani, direttore del giornale del carcere “Io e Caino”. Macerata: “Il Muro”, storie rock di gente da galera, i detenuti protagonisti www.viveremacerata.it, 6 agosto 2013 Un evento del Macerata Opera Festival che nasce dal lavoro dell’Associazione ART’O che da diversi anni opera all’interno del penitenziario Barcaglione, realizzando laboratori teatrali e culturali. L’appuntamento, ad ingresso gratuito, è stasera 6 agosto alle 21.30 nella magnifica cornice dei giardini della Tenuta Colli di Serrapetrona (Mc). Il Muro è un progetto artistico per detenuti attori che narra le vicende carcerarie di alcuni rocker finiti dietro le sbarre (come ad esempio Johnny Cash, Bon Scott, Chet Baker, Johnson Righeira, Greg Lake per citarne alcuni) messe in scena da chi il carcere lo vive quotidianamente con l’accompagnamento musicale dei South Down London che interpretano i Pink Floyd. I protagonisti, vestendo i panni delle rockstar, raccontano le loro vite e il loro disagio ai margini della società. Il copione è stato scritto da Marco Bragaglia che ha anche realizzato video e videopainting. Alessandro Bolli e Antonio Lucarini sono i consulenti per testo e musiche. A fare da colonna sonora, i brani di The Wall dei Pink Floyd, che sulla poetica del muro hanno costruito uno dei loro maggiori capolavori. Le storie delle rockstar raccontante sono molte: da Elvis Presley ai Sex Pistols, da Janis Joplin a Billie Holiday, passando per Amy Winehouse. L’unica rockstar italiana di cui vengono raccontate le gesta è Vasco Rossi da un punto di vista veramente speciale: Gianfranco, uno degli attori/detenuti, nel 1984 era nel carcere di Rocca Costanza a Pesaro ed ha diviso con un giovanissimo Vasco Rossi la cella; il suo sarà un racconto-verità di questo incontro, fatto in prima persona. Stati Uniti: condannato a morte si impicca in cella tra 4 giorni l’appuntamento con il boia di Anna Guaita Il Messaggero, 6 agosto 2013 Era in prigione, condannato a morte da quando aveva 18 anni. L’appuntamento con il boia era ormai a soli quattro giorni. Ma Billy Slagle non ha voluto più aspettare. Dopo 26 anni nel braccio della morte, ha deciso di accelerare la sua fine. I secondini della Chillicothe Correctional Institution, di Columbus, Ohio, lo hanno trovato impiccato, domenica mattina. Le autorità del carcere hanno assicurato che non c’era nessuno nella cella di Slagle. Il guaio è che non c’era neanche nessuna guardia nelle vicinanze: normalmente quando si avvicina un’esecuzione, è prassi che il detenuto venga posto sotto costante sorveglianza. Negli altri Stati questa sorveglianza scatta sin dal momento in cui il detenuto viene prelevato dall’area generale della prigione e trasferito nelle celle di attesa dell’esecuzione. In questo isolamento, avvengono tutte le fasi di preparazione per l’appuntamento con la morte: viene un sarto che prende le misure per la divisa che verrà usata per il cadavere. Vengono chieste le ultime volontà: cosa il detenuto vuole mangiare come ultimo pasto, cosa vuole che avvenga del suo corpo (può chiedere di essere cremato), e cosa vuole fare delle sue ultime proprietà. Viene anche condotta una prova generale, per quanto raggelante questo possa sembrare: si fanno tutti i passi che verranno ripetuti nel giorno finale, il detenuto viene prelevato dalle guardie, e accompagnato da un sacerdote, se lo richiede. Viene portato nella sala dove vede la barella su cui si sdraierà, e su cui verrà legato e messo a morte con un cocktail di sonniferi e paralizzanti del battito cardiaco. Slagle sapeva che doveva andare incontro a tutto ciò e ha scelto di troncare l’attesa. L’elemento davvero inquietante in questa vicenda è che gli avvocati di Slagle stavano ancora tentando un estremo appello per fermare l’esecuzione. E a dar loro qualche speranza c’era stato l’intervento del procuratore distrettuale della contea, Tim McGinty, che ha pubblicamente sostenuto che se Slagle fosse stato processato oggi, avrebbe ricevuto l’ergastolo e non la condanna a morte. Sulla colpevolezza di Slagle non ci sono mai stati dubbi. E lo stesso condannato ha sempre ammesso di aver ucciso in modo ciecamente brutale la sua vicina, Mari Anne Pope, a colpi di forbice. Quel che non è stato però portato come attenuante di quella mostruosa brutalità è stato il ritratto dell’infanzia e della gioventù di Slagle, cresciuto senza padre, abbandonato a se stesso in una famiglia di alcolizzati e drogati, e lui stesso drogato fin dalla più tenera età. Difatti l’omicidio, a scopo di rapina, era avvenuto mentre il diciottenne Slagle era in preda alla droga. Ma quando fu tenuto il processo, nel 1988, nel codice dell’Ohio non esisteva la possibilità di condannare un criminale all’ergastolo avendo la certezza che non sarebbe mai uscito di prigione per buona condotta. Per questo davanti a crimini particolarmente sanguinari, le giurie sceglievano la pena capitale, per paura di rivedere quel criminale per strada entro pochi anni. Oggi quel rischio non esiste più, e difatti il ricorso alla pena capitale è molto diminuito. L’avvocato che aveva recentemente preso in mano il caso di Slagle, Vicki Werneke, si è detta sgomenta alla notizia che il suo cliente si sia suicidato: “Sono molto rattristata. Speravo proprio di ottenere il blocco dell’esecuzione. Dovevo presentare il mio ricorso al giudice lunedì. Avevamo ancora una breve finestra di tempo”. Stati Uniti: giustiziato detenuto malato di mente, da 35 nel braccio della morte Ansa, 6 agosto 2013 Eseguita in Florida la condanna a morte di un 65enne, da 35 nel braccio della morte, affetto da schizofrenia. Le sue ultime parole: “Tutti sappiano che sono il principe di Dio e che risorgerò”. È stata eseguita la condanna a morte di John Errol Ferguson, 65 anni e da 35 nel braccio della morte, ucciso con un’iniezione letale in Florida. “Voglio solo che tutti sappiano che sono il principe di Dio e risorgerò”, ha detto l’uomo sul lettino dell’esecuzione, poco prima di morire. Ferguson fu condannato per avere ucciso, negli anni 70, otto persone nella contea di Miami-Dade, ma il suo caso, ricorda la stampa americana, è stato al centro di una battaglia legale perché l’uomo era malato di schizofrenia da molto tempo. Quella di oggi è la quinta esecuzione in Florida dallo scorso dicembre. Egitto: in sciopero fame 170 sostenitori Morsi in carcere ad Alessandria Aki, 6 agosto 2013 Circa 170 sostenitori del deposto presidente egiziano Mohammed Morsi in carcere ad Alessandria hanno iniziato uno sciopero della fame per denunciare i maltrattamenti subiti. Lo ha riferito il loro avvocato Mahmoud Gaber, spiegando che i loro assistiti sono stati picchiati dagli altri detenuti nel carcere di al-Ghorbanyat a Borg Al-Arab senza che l’amministrazione penitenziaria intervenisse. Sabato l’avvocato Ali Kamal aveva reso noto che 179 sostenitori di Morsi in carcere al Cairo avevano iniziato uno sciopero della fame per denunciare i maltrattamenti e gli assalti subiti in prigione.