Giustizia: Berlusconi vuole “l’agibilità politica”, mentre le carceri sono piene di poveracci di Pino Nicotri www.blitzquotidiano.it, 30 agosto 2013 Agibilità politica o morte? Benché fosse stato eletto deputato per tre legislature consecutive, benché fosse stato vicepremier e più volte ministro - dell’Industria, artigianato e commercio, due volte della Difesa, delle Finanze - e benché fosse stato il segretario nazionale del Partito Socialista Democratico Italiano (Psdi), Mario Tanassi non fece tante storie quando il 1° marzo 1979 la Corte Costituzionale lo condannò “ad anni due e mesi quattro di reclusione e a lire 400.000 di multa”, “all’interdizione dai pubblici uffici per il periodo di anni due, mesi sei e giorni venti” e alla “sanzione costituzionale della decadenza dall’ufficio di deputato”. Anzi, la carica di segretario nazionale del Psdi aveva già dovuto lasciarla quando, assieme al suo collega ex ministro Luigi Gui, democristiano, era stato accusato di avere intascato robuste tangenti dalla società statunitense Lockheed Corporation per favorire l’acquisto di 14 aerei da trasporto Hercules C-130. Comprati nonostante gli ufficiali dell’Aeronautica Militare li avessero giudicati eccessivamente costosi e inadatti alla difesa. Guarda caso, si tratta delle stesse critiche che oggi molti muovono contro il mega acquisto degli F35, anch’essi prodotti dalla Lockeed. Che nel frattempo, dopo la fusione nel 1995 con Martin Marietta, ha cambiato nome in Lockeed Martin. Gui venne assolto, Tanassi condannato. E pur protestandosi innocente accettò il pesante verdetto: uscì dalla vita politica istituzionale ed entrò in carcere, dove ci restò quattro mesi. Il Psdi si limitò anch’esso a protestare l’innocenza del suo leader, ma non si azzardò mai a delirare con accuse di complotti della magistratura “cancro da estirpare” e tanto meno a inveire contro la Corte Costituzionale, all’epoca avente anche funzione di Tribunale dei Ministri. Le sentenze della Corte non erano appellabili, ovviamente, particolare che si tentò di utilizzare per rendere inefficace la sentenza, ma nonostante le polemiche le cose restarono com’erano. E l’Italia continuò ad andare avanti, compreso il Psdi. Che pur se ammaccato è sopravvissuto perfino alla tempesta di Tangentopoli dei primi anni 90, per aderire nel 1998 ai Socialisti Democratici Italiani e rinascere sia pure senza successo nel 2008. Insomma, morto un papa se n’è sempre fatto un altro. E sempre senza troppi problemi. Garantismo al cubo per il “povero Silvio”, ma lapidazione di chiunque non essendo un ricco, famoso e potente finisca in galera per un qualche motivo. E se si scopre che un gruppo di innocenti è stato condannato all’ergastolo e s’è fatto un bel po’ di anni di galera, meglio far finta di niente. Come è successo con i sei siciliani che condannati all’ergastolo nel 1993 per avere ucciso il magistrato Paolo Borsellino sono stati scarcerati solo nell’ottobre 2011. L’argomento forse più ridicolo, ma di maggiore presa su tanta gente, contro la condanna di Berlusconi confermata dalla Cassazione è il seguente: “Ma come si fa a condannare per avere nascosto sette milioni di euro uno come Berlusconi, che di milioni di euro al fisco ne ha versati una marea?”. Il che è come dire che chiunque può evadere un po’ di tasse, per giunta truffaldinamente, purché la gran parte la paghi. Oppure è come dire: “Perché arrestare chi un bel giorno della sua vita ha svaligiato una banca o ucciso una persona, visto che alla società ha dato tutti i giorni della sua vita, eccetto appena uno, vissuti senza rapinare banche e uccidere qualcuno?”. Fermo restando che se la condanna di Berlusconi riguarda “appena” 7,3 milioni di euro, la somma reale che gli è stata contestata inizialmente ammontava a 368 milioni. E fermo restando anche che gli altri reati contestatigli si sono estinti a causa della prescrizione accelerata dallo stesso imputato indossando i panni del capo del governo. Anziché infliggerci anche l’umiliazione di vedere la sfilata di fior di giuristi, magistrati, politici e rappresentanti anche “de sinistra” delle istituzioni accorrere volenterosi in soccorso del “povero” (!?) Berlusconi, si sbrigherebbero prima e farebbero meno danni, perché il degrado di così tanti bei nomi non continuerebbe a espandersi a macchia d’olio, approvando una modifica della Costituzione che dichiari Silvio Berlusconi legibus solutus: sciolto cioè dall’obbligo di rispettare le leggi. O che lo dichiari non processabile. Oppure non condannabile. O almeno esentato dal rispettare le eventuali condanne. Tanto è ormi chiaro e lo abbiamo capito tutti che la legge non è e non può essere realmente eguale per tutti. Anzi, per essere più democratici, un tale privilegio lo si potrebbe estendere ai grandi ricchi e/o famosi visto che, immancabilmente, quando i magistrati ne processano o condannano uno si scatena il finimondo: urla e accuse a non finire di “accanimento giudiziario”, “fine della giustizia” e “fine della libertà e della Repubblica”. Un copione inaugurato, per stare ai tempi recenti, quando i magistrati romani osarono arrestare per corruzione, il 12 marzo 1996, il loro collega Renato Squillante, capo dell’Ufficio Istruzione del tribunale di Roma. E che si tenta di rimettere in scena in questi giorni per accorrere in soccorso della “povera” (!?) famiglia Ligresti, colpita in blocco - il padre Salvatore e i figli Jonella, Giulia Maria e Paolo - dai mandati di cattura del 17 luglio di quest’anno. Oltretutto la povera Jonella non sopporta il carcere, tant’è che è dimagrita di sei chili e le hanno dovuto quindi concederle velocemente la detenzione a casa sua. Con buona pace di tutti quei detenuti che, non sopportando neppure loro il carcere, ma essendo dei signori Nessuno, restano in galera: tant’è che regalano all’ Italia il record della percentuale di suicidi nella popolazione detenuta. Ogni tanto uno sciopero della fame e della sete del solito Marco Pannella, che protesta per l’incivile situazione delle carceri italiane, o un flebile monito del Presidente della Repubblica: le carceri italiane sono “una realtà che non fa onore al nostro Paese, ma anzi ne ferisce la credibilità internazionale e il rapporto con le istituzioni europee”, ha concesso infatti Giorgio Napolitano l’anno scorso commentando i dati sui suicidi forniti dallo stesso ministero della Giustizia. Poi lo scioperino di Pannella e le belle chiacchiere passano. La galera per la marea dei signor Nessuno invece resta. Con le sue incivili ingiustizie. Giustizia: carceri sempre più ingovernabili, l’amnistia è indispensabile e inevitabile di Valter Vecellio Notizie Radicali, 30 agosto 2013 Intervistato dal “Sole 24 Ore”, Emanuele Macaluso dice una cosa di “semplice” e puro buon senso: “Per la situazione delle carceri l’amnistia non è solo indispensabile e necessaria, ma inevitabile”. Punto, e meglio non si poteva e doveva dire. Carcere palermitano dell’Ucciardone: uno dei più “delicati”. L’allarme arriva da Domenico Nicotra, segretario generale aggiunto di un sindacato della polizia penitenziaria, l’Osapp. Timori relativi all’ordine e alla sicurezza penitenziaria: “Sono a rischio per l’insufficienza di poliziotti penitenziari. Ormai esiguo personale in servizio nell’istituto palermitano non riesce più a garantire i livelli minimi di sicurezza. È gravissimo che un importante presidio di sicurezza qual è un istituto penitenziario non possa adempiere al proprio mandato e questo perché negli ultimi anni nessun significativo incremento di poliziotti penitenziari sia stato disposto dal Dap”. Ucciardone paradigma della situazione generale delle strutture carcerarie italiane. Se la situazione dei detenuti, infatti, tra sovraffollamento e carenze igienico-sanitarie è divenuta ormai insostenibile e la condanna dell’Unione Europea in tal senso è giunta senza appello, come un coro unanime, quella degli agenti penitenziari (gli “altri detenuti”) non è di certo migliore: sottodimensionamento, stress, turni insostenibili e supporto psicologico carente costituiscono problematiche comuni all’intera categoria, la cui vita lavorativa è divenuta ormai impossibile. “I numerosi casi di suicidio tra i poliziotti”, sottolinea Nicotra, “rappresentano la manifestazione più drammatica ed evidente del fatto che i penitenziari sono divenuti strutture invivibili sotto tutti i profili: umano e lavorativo. Pochi agenti penitenziari, troppi detenuti: le carceri italiane sono sempre più bombe ad orologeria pronte ad esplodere”. La situazione delle carceri, dunque. I dati forniti dall’Associazione Antigone sono eloquenti e significativi. La piaga del sovraffollamento è tutt’altro che sanata: all’inizio di questo mese i detenuti dei penitenziari italiani erano 64.873, 17.414 in più della capienza ufficiale. Secondo le stime di Antigone, i posti letto sono ben inferiori ai 40.000 dichiarati. Poco meno di 30.000 persone vivono in spazi ritenuti degradanti dalla Corte di Strasburgo, che prevede regole molto chiare rispetto alla capienza e agli spazi da garantire a chi sconta una pena. Inoltre, i lunghi tempi burocratici accorciano la vita dei detenuti malati. Il numero dei detenuti, dunque, non cala. Le presenze di reclusi nelle carceri italiane hanno smesso di crescere, ma non sono certo diminuite in modo significativo. Quale sia poi la capienza effettiva delle nostre carceri, questo nessuno lo sa, ma anche da documenti ufficiali del Ministero della Giustizia, si sa che il dato ufficiale è ampiamente sovrastimato, mentre il piano straordinario di edilizia penitenziaria continua a non produrre effetti. Secondo le valutazioni di Antigone, il numero di posti letto è di molto inferiore a 40.000, il che stabilisce un tasso di sovraffollamento più alto di tutta la UE. Nelle carceri italiane la media dei detenuti è circa 170, ma i posti letto non sono mai più di 100. Poco meno di 30 mila persone quindi vivono in spazi ritenuti degradanti dalla Corte di Strasburgo. Per la Corte Europea non prevedere almeno tre metri quadri a persona nei luoghi di detenzione comporta la violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea del 1950 sui diritti umani, che proibisce la tortura e ogni forma di trattamento inumano o degradante. Sono, ad oggi, molte centinaia i ricorsi pendenti per questioni legate allo spazio insufficiente nei penitenziari italiani. La valutazione di questi ricorsi è al momento bloccata nell’esame da parte della Corte europea in attesa che l’Italia assuma provvedimenti sistemici. Entro maggio 2014 le nostre case circondariali dovranno necessariamente contenere tanti detenuti quanti saranno i posti letto a disposizione, in modo tale da porre fine allo scempio dei 30.000 carcerati che non possono civilmente seguire le norme stabilite al livello internazionale. È credibile che in pochi mesi si possa fare quello che non si è riusciti a fare in anni? Evidentemente no. Inevitabile, dunque, il fioccare di salatissime condanne; risarcimenti a tutti i detenuti che faranno ricorso, e a pagare, alla fine della fiera sarà il contribuente, tutti noi. Se tutti e 30.000 i detenuti senza spazio vitale dovessero fare ricorso, il nostro Stato dovrebbe spendere circa 450 milioni di euro a titolo di risarcimento. Non solo. Tra i tanti problemi che il sovraffollamento carcerario comporta, uno dei più delicati è quello della salute delle persone detenute, accentuato dalla mancata soluzione di alcuni gravi problemi emersi da quando la competenza della sanità dei ristretti è passata, nel 2008, dal Ministero della Giustizia al Servizio sanitario nazionale. “Al trasferimento della sanità penitenziaria alle Ssn”, spiega Fiorentina Barbieri, coordinatrice dello Sportello di tutela dei diritti di Antigone del carcere di Roma Rebibbia Nuovo Complesso “non ha fatto seguito un’adeguata pianificazione della gestione del settore da parte della Asl. Accade quindi che i ritardi e le carenze nell’assistenza dei malati acuti e cronici, le gravi carenze nelle attività di riabilitazione, le modalità inadeguate di distribuzione dei farmaci”. Tutto questo solo a Rebibbia, con i suoi quasi 1.800 detenuti, un terzo dei quali oltre la capienza regolamentare. Alcuni casi danno l’idea della situazione. R. N., 54 anni, con sospetto tumore alla prostata, attende da gennaio di eseguire una biopsia prostatica necessaria per la diagnosi. D. I., 37 anni, affetto da glaucoma bilaterale, totalmente cieco all’occhio destro, con parziale capacità visiva all’occhio sinistro da mesi non effettua alcuna terapia né è sottoposto a nessuna visita specialistica. H. I., 49 anni, zoppica per una frattura pluri frammentata al femore sinistro, ha subito diverse operazioni con trapianto d’osso, è alloggiato in cella con altre 5 persone e bagno alla turca, di cui non riesce a usufruire. C.I., 41 anni, non cammina a causa di interventi precedenti alla colonna vertebrale, convive con forti dolori, ma non è sottoposto ad alcuna fisioterapia né a terapia del dolore, se non con analgesici generici. Non solo a Rebibbia, ovviamente; la situazione è generale. Dal carcere di Messina, Q.V., 34 anni, è affetto da una rara malattia alle spina dorsale che gli ha procurato una definitiva paralisi agli arti inferiori; è interessato poi da incontinenza ordinaria e fecale, ma dichiara di non essere visitato da oltre 3 mesi. Da Napoli-Poggioreale, scrive D.G., affetto da neoplasia vescicole: chiede di essere curato per evitare la perdita dell’arto inferiore destro. D.P., detenuto obeso di quasi 200 chili racconta di essere stato prima alloggiato a San Vittore (Milano) in una cella al quarto piano senza uso di ascensore, con bagno alla turca, è stato poi trasferito nel vicino carcere di Opera, in una cella con un accesso al bagno troppo piccolo e, successivamente, spostato a San Gimignano, a 500 chilometri di distanza dai propri parenti, tutti residenti a Milano e costretto a dormire in un letto a castello molto stretto. Desi Bruno, garante dei detenuti della regione Emilia Romagna, che “vive” quotidianamente la situazione, parla di “carcere sempre più povero e sempre più misero, totalmente fuori dai parametri di legalità costituzionale e convenzionale e in attesa che la Corte Costituzionale si pronunci sulla questione sollevata meritoriamente dal Tribunale di Sorveglianza di Venezia con ordinanza 13.02.2013 relativa alla possibilità di non eseguire pene detentive in istituti che non garantiscono i parametri minimi di umanità del trattamento e delle condizioni di vita”. Un carcere, aggiunge, che va “doverosamente ridimensionato nei numeri da provvedimenti di clemenza che specificamente dovrebbero prendere la forma della l’indulto, perché l’amnistia aiuta a realizzare le riforme del sistema penale e giudiziario, ma non riduce le presenze in carcere”. Non si può accettare un provvedimento di clemenza? Si tratterebbe di una resa dello Stato? Si chiede Bruno. “Forse la realtà descritta dalla sentenza Torreggiani della Cedu dell’8 gennaio scorso, o dall’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Venezia e quella che quotidianamente caratterizza gli istituti di pena italiani cosa rappresentano, se non la resa dello Stato di fronte alla impossibilità di garantire un livello minimo di dignità delle persone?. L’elemento decisivo che giustifica il provvedimento chiesto anche dall’attuale Ministro di Giustizia è dato proprio dalla consapevolezza che, in nessun altro modo, si potrà ottemperare alla sentenza Torreggiani e al limite temporale imposto per la messa a norma del sistema penitenziario. E allora si faccia, senza ipocrisia: senza attendere il sacrificio di altre vite umane”. Chissà che prima o poi, questa ragionevole proposta non riesca a farsi strada e convincere anche i più riottosi. Non fosse altro perché non si vede un’alternativa praticabile. Giustizia: Berlusconi incontra Pannella, accordo per appoggio ai Referendum Radicali Il Velino, 30 agosto 2013 Silvio Berlusconi, rientrato ieri sera a Roma, ha incontrato a Palazzo Grazioli Marco Pannella per fare il punto sull’eventuale appoggio del Pdl ai referendum del Partito radicale sulla giustizia. A pranzo incontrerà il segretario, Angelino Alfano, per discutere anche sulla strategia da tenere nei prossimi giorni in attesa che la giunta di Palazzo Madama il 9 settembre si pronunci sulla decadenza da senatore dopo la condanna della Cassazione per il processo Mediaset. La richiesta di appoggiare i referendum Radicali, soprattutto quelli sulla giustizia, è sul tavolo del Cavaliere da qualche mese, ma soltanto adesso sembra aver deciso di schierare il Pdl ufficialmente a favore. Una iniziativa che viene vista con molta diffidenza e preoccupazione dal Pd e anche dal Colle. La raccolta di firme, infatti, diventerebbe molto più rapida e anche i referendum avrebbero molte più speranze di essere approvati. Sempre che la legislatura non venga interrotta. Per quanto riguarda l’incontro con il segretario del Pdl, Berlusconi ha fatto il punto sullo stato della riorganizzazione del partito che a tappe forzate deve cambiare per ritornare a “Forza Italia”. Giustizia: Ucpi; cinque giorni di astensione dalle udienze e raccolta firme per Referendum www.ottopagine.net, 30 agosto 2013 Cinque giorni di astensione dalle udienze e da ogni attività giudiziaria, dal 16 al 20 settembre, e, in concomitanza con l’inizio dello sciopero, il 16, una giornata di raccolta firme per i referendum sulla giustizia che sarà attuata su tutto il territorio nazionale davanti ai palazzi di giustizia. È la presa di posizione della Giunta dell’Unione Camere penali contro una politica sempre più “debole” in tema di riforme della giustizia e sull’emergenza carceri. Questioni che andrebbero affrontate con “interventi strutturali, e vi sarebbero le iniziative legislative per farlo, ma il Parlamento - si legge nella delibera di astensione dell’Ucpi trasmessa alle massime cariche dello Stato e a tutti i capi degli uffici giudiziari - appare condizionato da fatti di cronaca e da polemiche spicciole i cui effetti si riscontrano nei ritmi alternati di importanti disegni di legge”. La protesta dei penalisti di “forte denuncia politica per indirizzare la ripresa dei lavori parlamentari verso una sessione straordinaria sulla giustizia”, passa attraverso la battaglia per restituire un grado minimo di civiltà alle carceri, “uno dei punti fondanti del programma di governo”, ma su cui, si ricorda, “non sono state licenziate fin qui misure davvero efficaci per fronteggiare l’emergenza”, fino alle riforme costituzionali e del sistema penale nel suo complesso, che ha visto protagoniste, oltre alla mancanza di coraggio della politica, “le reazioni corporative del sindacato dei magistrati e quelle velenose dei giustizialisti”. E persino le minime indicazioni sul tema che erano state elaborate dal gruppo di saggi nominati dal Presidente della Repubblica, si sottolinea, “sono state di fatto del tutto accantonate, e tuttavia la necessità di una riforma organica della giustizia, anche con riguardo ai suoi assetti costituzionali, continua ad essere evidenziata dal Capo dello Stato, che non ha mancato di farne riferimento anche in questi giorni invitando la classe politica ad una coraggiosa inversione di rotta. Proprio questo monito - si conclude - riapre la questione del dibattito costituzionale e comunque complessivo sul tema giustizia, reclamato da anni e con forza dai penalisti, che dunque diventa tema di stretta attualità cui la politica è di nuovo chiamata a rispondere nei prossimi mesi”. Lettere: in ricordo del Card. Carlo Maria Martini… di Francesco Maisto, Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Bologna Ristretti Orizzonti, 30 agosto 2013 Quando mi capita, forse nei momenti di sconforto, di chiedermi quando e perchè scelsi di fare il magistrato, quaranta anni fa, il mio pensiero va anche a p. Martini. Devo anche a lui se ho scelto di fare il magistrato. Lo devo anche alle meditazioni radicate nella Scrittura (cosa era la Scrittura 40 anni per il popolo di Dio che ancora non era tale o riconosciuto come tale?), ogni mattina nella cappella della Domus Pacis in occasione di convegni, lui allora quarantenne, rettore del Biblico di Roma. In particolare, ricordo il suo commento delle beatitudini, di fame e sete di giustizia a noi del mov. Studenti cattolici non integralisti che ancora ci sentivamo figli spirituali di Carlo Carretto e Arturo Paoli. “Non è giustizia” è il titolo del secondo libro sulla giustizia di Martini, con conferenze e articoli e interviste di un profeta del dialogo allargato, senza confini, senza gabbie mentali, dai cappellani ai giuristi cattolici, convegni internazionali per studiosi, associazione Antigone, Rassegna Penitenziaria e Criminologica del Dap, Amnesty International, Vincenziani, lettera a Arrigo Cavallina, Giornali delle carceri: “Ora d’aria, l’Opera, Magazine 2”, Sermig, catechesi quaresimale nelle carceri, messaggio per il giubileo delle carceri, omelie per i Natale e cresime nelle carceri. Non era solo il Maestro, il professore apparentemente distaccato, ma anche uomo di opere e testimonianza, fin dal girovagare per Trastevere, disse” voglio fare qualcosa per i poveri” a don Paglia alla Comunità” di S. Egidio. Il carcere e i carcerati erano tra le preoccupazioni fisse. Fin dall’ingresso a Milano , a febbraio del 1980, a piedi da S. Eustorgio al Duomo, chiese al segretario don De Scalzi “ mostrami dove si trova S. Vittore” , dove, più di una volta , sarebbe tornato vestito da vescovo o in clergyman con la sciarpa bordeaux e il borsalino nero. Nello stesso periodo iniziai e continuai per 10 anni, la mia avventura come magistrato di sorveglianza a Milano. Non ha insegnato e testimoniato solo sul carcere, perdono, pentimento dei carcerati, misericordia della società, ma ci ha donato un pensiero globale, ampio, in cui il carcere è nel contesto della Giustizia in generale, umana e divina, nella pena, nella colpa, nell’inveramento della tradizione biblica rivisitata, quella stessa ricerca ,da lui spesso richiamata, di p. Eugen Wiesnet, pubblicata col titolo “pena e retribuzione - la riconciliazione tradita”, sul rapporto tra cristianesimo e pena, gesuita anche lui, che aveva scavato l’approccio biblico alla tsedaqah, alla giustizia in positivo, oggi lontanamente richiamata dal paradigma della giustizia riparativa ( Isaia 11, il lupo e l’agnello dimoreranno insieme). Un richiamo fondamentale per affermare la necessità di pene alternative al carcere, personalizzate e tali da chiudere ferite. Noi magistrati milanesi lo abbiamo sentito sempre vicino fin dal barbaro omicidio di Guido Galli il 19 marzo dello stesso 1980, Guido allora maestro in Statale, collega progressista, professore di criminologia. Si verificò allora una strana coincidenza. Guido quel giorno faceva lezione sui diritti dei detenuti e la legge penitenziaria. A poco più di un mese dal suo ingresso , Martini fece un gesto allora irrituale, precipitandosi di persona dove era stato assassinato Guido per pregare sul corpo della vittima. Furono anni di funerali di vittime , ma anche del battesimo dei gemelli in carcere della terrorista Giulia Borrelli, anche se non erano d’accordo i suoi collaboratori. A giugno 1984 don Cortesi, nuovo segretario, riceve in episcopio, in ufficio, mentre era al telefono, uno sconosciuto che abbandona sul tavolo tre borse contenenti 2 fucili kalashnikov con caricatore, un fucile berretta, un moschetto automatico, tre pistole, un razzo per bazooka, 4 bombe a mano, due caricatori e 140 proiettili e la seconda copia della lettera precedente “noi vi affidiamo le nostre armi”, mandata dai detenuti per lotta armata a S. Vittore. E qui ancora un altro intreccio. Il cappellano di S. Vittore era don Melesi che ebbe modo di insinuare nel cardinale l’idea della Cattedra dei non credenti, una iniziativa affollatissima su un tema fisso in cui era centrale il suo dialogo per coltivare “ il forse è vero, forse non è vero che è dentro ciascuno di noi” dal 1987 al 2000 per ben 11 incontri all’università statale (notate, non in cattolica) con Giorello, Cacciari, Gustavo Zagrebelsky, l’ultimo dedicato al tema: la domanda di giustizia. Singolare l’incipit: l’idea di giustizia nasce dall’esperienza di un’ingiustizia, subita da noi o da chi ci è caro. Per un discorso comune si può partire da qui, non dalle speculazioni astratte che, invece, di unire, hanno sempre diviso. Alle critiche dei detrattori di un vescovo dialogante, non autoritario, non assertivo ed alla mancanza di conversioni, rispondeva”, in quegli anni di piombo:” ci sono stati cammini di conversione, battesimi nelle carceri, matrimoni, ci sono stati ex terroristi che si sono riconciliati con le famiglie delle vittime. Ci sono state consegne delle armi, portate in una chiesa, fatte trovare in un confessionale. Ci sono stati terroristi che hanno scritto delle preghiere e le hanno pubblicate dopo la loro conversione”. Il suo magistero si diffuse come stella polare perfino alla inaugurazione dell’anno giudiziario del 1993 da parte del procuratore generale Beria di Argentine: l’etica della responsabilità e tangentopoli, la lotta contro la corruzione, “ il nostro corpo sociale è ammalato.. La magistratura può’ compiere interventi di tipo chirurgico, atti ad asportare i corpi cancerogeni, ad individuare chiaramente corrotti e corruttori”. Il riferimento a Isaia 5 sui giudici e i corruttori . Ma non sempre fu in sintonia con il crescente clima giustizialista e stigmatizzò l’accanimento inquisitorio, ma poi scrisse la lettera pastorale “ sto alla porta” che lui stesso definì “un pugno nello stomaco”, “ se si vuole veramente difendere la vita democratica del paese, i partiti vanno rinnovati e rimotivati” E poi proprio qui in Calabria bisogna ricordare che pubblicò nel Novembre 1992 su leghismo e razzismo, il libro “ Nord Sud” insieme a mons. Agostino, vescovo di Crotone “connotazioni razziste” della Lega. Gli auguri di Natale dei magistrati e tanti non credenti erano un appuntamento fisso e cercato dai colleghi Le visite alle carceri e carcerati erano tante. Si interessò ai nostri lavori per la legge Gozzini, e rimase turbato per la controriforma del 1992. La Speranza era sempre la prospettiva. Secondo il suo metodo, nelle pastorali e nelle “lectio”, alla fine indicava insegnamenti ed impegni. Anche noi oggi cerchiamo di attingerne qualcuno. Insegnamenti per il volontariato carcerario che Martini chiamava anche “operatori del recupero”. Innanzitutto, non “ lo Sato ti condanna ed io ti assolvo (pag.32 ), ma la Verità vi farà liberi e aiutare a rinunciare ai falsi meccanismi di difesa che inducono a fuggire da s’è, a giustificarsi e ad autoassolversi”. Quindi enucleava le 3 condizioni per la rieducazione (in Sulla Giustizia), utili orientamenti anche per gli educatori (pag. 66), sullo schema della parabola del figliuol prodigo: 1. Aiutare a riconoscere la società, 2. Insegnare ad appagare i bisogni fondamentali, 3. Educare alla responsabilità. E poi la modernità a proposito dei bisogni fondamentali”. Il problema dell’affettività, difficilissimo, non può essere ignorato, irrisolto o addirittura esasperato o snaturato. È un problema reale e di grande valore”. Insegnamenti per noi magistrati: una quadriga, giustizia, fortezza, prudenza, temperanza. Non c’è giustizia se non nasce dalla prudenza, se non sa usare, quando occorre, la forza, se è incapace di moderarsi. Il pensiero a lui caro di Pascal: “far sì che ciò che è giusto sia forte e ciò che è forte sia giusto”. Lettere: “Antonio uno di noi”, la testimonianza dei detenuti del carcere di Fermo www.informazione.it, 30 agosto 2013 “Antonio era un uomo, un amico, un nostro compagno. Vogliamo ricordarlo così, a pochi giorni dalla sua morte. Abbiamo letto sui giornali della sua fine, fino al mattino precedente era qui con noi, nella Casa Circondariale di Fermo. Era uno di noi. Oggi vogliamo dire che non è morto un tossicodipendente, è morto un uomo che ci manca profondamente”. Sono ancora scossi i detenuti del carcere di Fermo. La morte di Antonio Paolini, detenuto in permesso ritrovato qualche giorno fa nella sua macchina, stroncato da un’overdose, li ha profondamente toccati: “Noi sapevamo delle sue fragilità e delle sue preoccupazioni, negli ultimi tempi aveva avuto dei problemi molto seri, gli era morto il padre, la madre non era stata bene, aveva tanti pensieri. Però non si faceva mai mancare un sorriso, una parola gentile per noi amici. Passava e ti chiedeva sempre se era tutto a posto, ti consigliava, era presente, sempre positivo. Per questo ci pare incomprensibile la fine che ha fatto, da solo in quel parcheggio, così lontano da casa sua”. Paolini doveva scontare diversi anni ma non aveva mai voluto usufruire di sconti di pena: “La verità è che quando sei qui dentro anche la libertà può farti paura. Finisce che non vedi niente oltre quel muro, che quasi non reggi il peso della terra sotto i piedi. Il marchio che circonda chi è stato detenuto diventa impresso a fuoco se sei anche tossicodipendente. Chi te lo offre un lavoro quando hai una storia così? E pensare che sarebbe l’unica soluzione, una responsabilità, un lavoro che ti fa sentire al sicuro. Lui chiedeva di avere una possibilità, una soltanto. Aveva 44 anni e non si sentiva di andare in comunità, diceva che non era la soluzione per lui, che era troppo vecchio per quel tentativo. Un lavoro però lo voleva, sapeva fare il cuoco, aveva fatto per tanti anni il pescatore, poi aveva perso tutto perché quando incontri l’eroina finisce che ne diventi schiavo ed è una facile consolazione”. I detenuti fermani si sono tassati per partecipare, almeno idealmente, ai funerali dello sfortunato Paolini, mandando un cuscino di fiori che voleva essere un grande abbraccio e un saluto per un uomo che non ha saputo reggere le difficoltà della vita. Sardegna: Cisl; in arrivo 276 nuovi agenti penitenziari, il 2 settembre incontro al Dap Ansa, 30 agosto 2013 Il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ha convocato le organizzazioni sindacali per il 2 settembre 2013 per discutere della mobilità ordinaria e dell’assegnazione dei neo agenti. In Sardegna arriveranno 276 nuovi poliziotti e saranno incrementati i commissari. Sono 276 i nuovi poliziotti penitenziari che saranno presto destinati nelle carceri sarde, a comunicarlo è la Federazione Nazionale Sicurezza della Cisl. I nuovi poliziotti penitenziari dovrebbero essere suddivisi in 159 a Cagliari, 104 a Sassari, 7 a Nuoro, 4 a Mamone e 2 a Iglesias. “L’amministrazione si muove nella direzione giusta - afferma Giovanni Villa, segretario regionale aggiunto della Cisl - consapevole che la tipologia di utenza, e parlo di As e 41bis non può che avere questa attenzione, sicuramente questi numeri saranno incrementati con gli altri corsi che partiranno nel prossimo futuro ad iniziare da fine anno con il 168° corso. Come già detto più volte la nostra soddisfazione raggiungerà il massimo solo quando vedremmo la copertura della pianta organica nella sua completezza certo è, che bisogna essere anche realisti sapendo che la carenza di organico penalizza gli Istituti di tutta Italia. Riteniamo sia un buon risultato, anche questa volta, ottenuto grazie alla coesione di impegno e lavoro tra noi, Cisl Fns regionale e nazionale, e l’Amministrazione penitenziaria Sarda. Voglio sottolineare - conclude Villa - che in più alle 276 unità, vista anche la mobilità che investe i ruoli direttivi, avremmo anche un incremento di Commissari”. Taranto: detenuto di 29 anni si impicca in cella mentre i compagni sono all’ora d’aria Ansa, 30 agosto 2013 Un detenuto georgiano di 29 anni, Suladze Shota, si è suicidato nel carcere di Taranto. Ne dà notizia il Coordinamento sindacale penitenziario (Coosp) che spiega che il suicidio è avvenuto mentre gli altri detenuti erano fuori per l’ora d’aria. L’uomo era detenuto per reati contro il patrimonio e la persona. Il Coosp, che torna a denunciare la grave situazione di sovraffollamento delle carceri, afferma che nei giorni scorsi sono avvenute aggressioni ai danni di due poliziotti penitenziari nel carcere di Lucera e di otto poliziotti nel penitenziario di Bari. Prato: Camera Penale; cordoglio per detenuto suicida; astensione dal 16 al 20 settembre Ristretti Orizzonti, 30 agosto 2013 Apprendiamo da un comunicato del Sindacato Autonomo di Polizia Penitenziaria e dai consueti trafiletti sulla stampa locale che il 13 agosto, presso la Casa Circondariale di Prato, si è verificato l’ennesimo suicidio di un detenuto, che ha approfittato dell’ora d’aria per restare solo in cella ed impiccarsi. Prosegue la strage silenziosa che da mesi l’Unione delle Camere Penali Italiane denuncia con la campagna “Fate Presto” e con molte altre iniziative, l’ultima delle quali ha portato i penalisti pratesi ad agire direttamente nelle strade della nostra Città per raccogliere firme a sostegno delle “3 Leggi per la Giustizia e i Diritti”, disegni di legge di iniziativa popolare finalizzati anche al miglioramento delle condizioni di vita dei reclusi ed al ripristino della legalità costituzionale all’interno degli Istituti di pena. Il 23 novembre 2012, giornata di mobilitazione nazionale dei penalisti sull’Emergenza Carcere, avevamo incontrato, presso il locale Palazzo di Giustizia, i rappresentanti delle Istituzioni e delle Associazioni di volontariato che operano nel settore, diffondendo le immagini dell’impressionante documentario “Prigioni d’Italia”, uno spaccato della desolante situazione di degrado incontrata dalle delegazioni dell’Unione delle Camere Penali Italiane durante le visite effettuate negli Istituti di detenzione in varie parti d’Italia, e divulgando i tristi numeri del sovraffollamento della Casa Circondariale di Prato, giunto ai suoi massimi storici: da allora, ancora attendiamo che la Direzione dell’Istituto autorizzi l’ingresso di una nostra delegazione anche in questo Carcere. Nel frattempo, il dibattito politico, nonostante le condanne che ci arrivano dall’Europa e gli appelli del Presidente della Repubblica, ha partorito un provvedimento che, a dispetto dell’etichetta giornalistica di “Svuota Carceri”, è destinato a rappresentare poco più di una goccia nel mare. E intanto la strage continua, nell’insostenibile situazione di dover assistere inermi al continuo sacrificio di vite umane. Ecco perché non si può restare in silenzio. Per questi motivi, la Camera Penale di Prato, oltre ad esprimere il proprio cordoglio, torna a denunciare le condizioni di degrado e di sofferenza in cui versano i detenuti custoditi presso la locale Casa Circondariale, sia per l’estremo sovraffollamento dei reclusi che per l’ormai endemica carenza di personale carcerario, invocando l’adozione non più procrastinabile di concreti provvedimenti per il ripristino della legalità e della dignità umana ed invitando tutti i Colleghi ad aderire all’astensione collettiva proclamata dall’Unione delle Camere Penali Italiane per i giorni 16-20 settembre pp.vv., anche e soprattutto per portare l’attenzione della società civile e della politica su questi temi e per sollecitare su di essi una riflessione comune. Il Referente dell’Osservatorio Carcere per la Camera Penale di Prato, avv. Gabriele Terranova. Il Presidente della Camera Penale di Prato, avv. Manuele Ciappi. Modena: detenuto straniero tenta il suicidio nella Casa Lavoro di Castelfranco Emilia Agi, 30 agosto 2013 Un uomo di origine straniera, ristretto nella Casa di Lavoro di Castelfranco Emilia (Modena), è stato salvato da un agente della polizia penitenziaria dopo un tentativo di suicidio. A darne notizia è il segretario generale aggiunto del Sappe (sindacato autonomo polizia penitenziaria), Giovanni Battista Durante. L’uomo, di oltre 50 anni, ha inalato il gas della bomboletta che deteneva legalmente, per cucinare e riscaldare cibi e bevande. Secondo la ricostruzione del Sappe, si sarebbe trattato di un tentativo di suicidio dovuto ad un momento di sconforto, derivante dallo stato di detenzione e da problemi personali. “Sarebbe opportuno, come più volte ribadito - ha dichiarato Durante - che l’amministrazione vietasse l’uso delle bombolette di gas”. Torino: nessun risultato dai decreti svuota-carceri, grande attesa per l’amnistia di Monica Cerutti, Sinistra Ecologia Libertà www.imgpress.it, 30 agosto 2013 La visita alla Casa Circondariale di Torino ci ha permesso di fare una fotografia approfondita dello stato attuale della struttura carceraria. Non abbiamo voluto, a differenza di altre visite istituzionali, anche recenti, concentrare la nostra attenzione su qualche ospite più illustre di altri, constatando che dietro le sbarre le persone sono tutte uguali e il sovraffolamento rende le loro condizioni di permanenza nella struttura piuttosto pesanti. I detenuti sono infatti complessivamente 1540, di cui 783 italiani e 757 stranieri. Le donne sono 133, due delle quali sono lì con tre bambini. Ricordiamo che la capienza reale è di 1139. Dunque alta continua ad essere la percentuale del sovraffollamento. E su questa struttura gli ultimi provvedimenti svuotacarceri non hanno prodotto alcun effetto. Invece dovrebbero essere finalmente modificate le leggi riempicarceri: la Bossi-Fini sull'immigrazione del 2002, la ex Cirielli del 2005, che diminuisce i termini di prescrizione ma aumenta le pene per i recidivi, e la Fini-Giovanardi sulle droghe leggere del 2006. In questa situazione, fra i carcerati si è creata un’attesa spasmodica nei confronti di una possibile amnistia. Unica novità in positivo è l’applicazione a tre detenuti del braccialetto elettronico, a partire da fine giugno, all’interno della sperimentazione nazionale. Per quanto riguarda il personale penitenziario, le unità sono 700 per la struttura e 160 per il nucleo di traduzione e piantonamento. A breve è però annunciata una nuova pianta organica a livello regionale, con una nuova assegnazione alle singole sedi del personale. Il numero di detenuti impiegati in attività interne è circa un centinaio, distribuito fra falegnameria, torrefazione, catering, lavanderia, vivaio e a breve l’avvio di un panificio. E’ stata anche stipulata una convenzione con la circoscrizione 5 per la manutenzione del verde pubblico. Partirà a settembre una classe del liceo artistico. Nella visita siamo venuti a contatto con diversi detenuti. Abbiamo visitato le sezioni Sestante dei malati pschiatrici e Prometeo dei detenuti seriopositivi. Le condizioni di vivibilità sono particolaremente precarie nelle sezioni dei nuovi arrivi, data anche la temporaneità presunta della permanenza in quelle aree, che non permette l’organizzazione di attività complemetari. In particolare abbiamo affrontato queste problematiche nella sezione femminile, con le detenute fra le quali anche Jonella Ligresti. Questo braccio della struttura è al completo e tutte lamentano la scarsezza di risorse. Mancano le forniture di base, a partire dalla carta igienica e gli assorbenti. Le celle sono spazi angusti che ospitano le detenute per 22 ore al giorno, essendo solo 2 le ore d’aria. Questi sono gli effetti di una politica nazionale di tagli e anche di scarsa attenzione alla risoluzione di problematiche pratiche, quale potrebbero essere la definizione e le modalità di accesso a beni di prima necessità. Invece tali privazioni rendono poco sostenibile la vita in cella e difficile di conseguenza il lavoro degli agenti penitenziari, come più volte denunciato da loro stessi. Genova: Sappe; in cella a Pontedecimo bimbo di 20 giorni con la mamma detenuta www.grnet.it, 30 agosto 2013 “Questi i veri scandali dell’esecuzione della pena a Genova e in Italia”. Roma, 29 ago - “Il carcere non è, o meglio non dovrebbe essere, un posto per bambini, vittime di errori che non hanno commesso. Eppure, ogni giorno, molti di loro aprono gli occhi dentro una cella. Nel penitenziario di Genova Pontedecimo, ad esempio, ha passato la notte di ieri in carcere un bimbo di soli 20 giorni, ristretto in cella con la mamma (una cittadina cinese proveniente da La Spezia, soggetta a custodia cautelare in carcere per il reato di sfruttamento della prostituzione, peraltro nonostante avesse ancora sul corpo i punti di sutura per il parto). E questo nonostante da più di due anni tutte le forze politiche hanno approvato una legge per effetto della quale le mamme detenute non dovrebbero più stare chiuse in cella, a meno di particolari esigenze cautelari di “eccezionale rilevanza” come può avvenire, ad esempio, per i delitti di mafia o per terrorismo. Ma su questo tema, sulla necessità di realizzare (come prevede la legge) anche a Genova un Istituto a custodia attenuata per madri detenute con bimbi fino a sei anni di età, le Istituzioni locali e quelle regionali penitenziarie non sembrano aver fatto proprio nulla, lasciando tutto sulle spalle delle donne con il Basco Azzurro del Corpo di Polizia Penitenziaria che, a Pontedecimo e negli asili nido delle carceri italiane, hanno espresso nel tempo ed esprimono quotidianamente una professionalità ed una umanità davvero particolari. Spesso mamme loro stesse, sanno conciliare perfettamente il binomio di tutori dell’ordine e della sicurezza e di operatrici del trattamento rieducativo con una particolare ed apprezzata sensibilità umana”. Lo dichiara Roberto Martinelli, segretario generale aggiunto del Sindacato di Polizia Penitenziaria Sappe, il primo e più rappresentativo Sindacato del Corpo, che torna a sensibilizzare le Istituzioni locali sui temi penitenziari genovesi. “La legge prevedeva che in alternativa alla cella si disponesse la custodia cautelare negli “Istituti a custodia attenuata per madri detenute”. Mi sembra grave che a Genova non si sia ancora trovato il tempo per individuare una struttura dove realizzare questa nuova tipologia di Istituto. Anche il provvedimento varato dal Governo, il cosiddetto “svuota carceri” recentemente convertito in legge dal Parlamento, non mi convinceva e non mi convince. Pensare di risolvere i problemi del sovraffollamento delle carceri con una legge che, di fatto, darà la possibilità a chi si è reso responsabile di un reato di non entrare in carcere, è sbagliato, profondamente sbagliato ed ingiusto. Le soluzioni potevano e possono essere diverse: nuovi interventi strutturali sull’edilizia penitenziaria, l’aumento di personale e di risorse, anche modifiche normative sulle disposizioni penale, riservando il carcere ai casi che lo meritano davvero. Ma intaccare la certezza della pena per coprire le inefficienze e le inadempienze dello Stato è sbagliato. Certo, il dato oggettivo è che il carcere, così come è strutturato e concepito oggi, non funziona. E la presenza nella cella di un carcere italiano di un bimbo di soli 20 giorni ne è la dimostrazione più evidente”. Giustizia: “Ok School Academy” attiva stage formativi all’interno del carcere di Verziano www.bresciaoggi.it, 30 agosto 2013 Nella casa di reclusione verranno inviati sia insegnanti che allievi. L’Academy, oltre al personale per i corsi, fornirà prodotti e attrezzature. La spesa più grossa sarà l’allestimento della sala. Trovare un lavoro per chi esce dal carcere dopo aver scontato la propria pena non è cosa facile. Ancor più oggi quando le possibilità di impiego scarseggiano per tutti. Poter quindi imparare una professione, o almeno acquisirne i rudimenti di base, quando ancora ci si trova all’interno della casa di reclusione è un’opportunità da cogliere al volo. Lo sa bene la direttrice del carcere di Verziano Paola Lucrezi che ha accolto con favore la proposta dalla Ok School Academy di attivare stage formativi all’interno dell’istituto di pena. Si tratta di dieci ore di lezione a scelta fra acconciature, trucco e trattamenti estetici. I moduli, che verranno ripetuti tre volte ciascuno durante il corso dell’anno, saranno composti da lezioni con docenti forniti dal centro di formazione di via Tirandi. “Sicuramente questi argomenti rientrano fra i desiderata delle detenute di Verziano che hanno sempre molto apprezzato corsi di formazione riguardanti l’estetica - spiega Lucrezi. Inoltre si tratta di un primo approccio a quella che, una volta fuori dal carcere, può diventare una vera professione dopo gli opportuni approfondimenti nella preparazione”. E un ex detenuto che trova un lavoro stabile esce con più facilità dalle statistiche dei recidivi. Il tutto, per il carcere di Verziano, sarà a costo zero. Lo ha deciso proprio la Ok School Academy che fornirà gratuitamente personale per i corsi, attrezzature e prodotti. “Contatteremo le nostre aziende partner per capire se c’è disponibilità da parte loro a fornirci materiali o arredi in modo gratuito - spiega Nicola Orto, amministratore delegato del centro di formazione, ma anche se così non dovesse essere abbiamo deciso di imbarcarci in questa avventura perché ci crediamo e quindi siamo pronti anche a farlo da soli sostenendo tutte le spese”. I conti precisi non sono ancora stati fatti, ma la spesa più grossa sarà l’allestimento della sala con le attrezzature. “Crediamo che nel giro di 45 giorni circa riusciremo ad allestire il laboratorio. La spesa maggiore, quindi, la affronteremo solo quest’anno, nei prossimi anni avremo solo il consumo dei prodotti” dice ancora Orto. È stato lui, insieme al direttore del centro di formazione Roberto Tosi, a volere fortemente questa iniziativa che è per la scuola, nata nel 2000 come centro di formazione professionale accreditato con la Regione Lombardia, il primo progetto del genere. L’iniziativa prevede anche un altro aspetto: due volte al mese i ragazzi del quarto anno dell’Ok School Academy entreranno nel carcere di Verziano per offrire il servizio di taglio dei capelli alle detenute. Accompagnati dal docente di riferimento i ragazzi, 5 per volta a rotazione, si eserciteranno con le acconciature, ovviamente gratis. “Prima di avviare il progetto, il personale dell’istituto di pena verrà nella nostra scuola per incontrare i ragazzi e spiegare loro la realtà del carcere in modo che siano preparati - spiega ancora Orto. Noi offriamo un servizio alle detenute, ma ritengo che i nostri ragazzi avranno molto da imparare. Io stesso ho partecipato ad un’esperienza del genere e le raccomandazioni che queste persone ti fanno sul restare lontani dalla cattiva strada valgono mille volte più di quelle dei propri genitori”. Reggio Calabria: Sappe; agenti aggrediti da detenuto in ospedale Adnkronos, 30 agosto 2013 Due agenti della polizia penitenziaria, in servizio di piantonamento presso l’ospedale di Reggio Calabria, sono stati aggrediti da un detenuto, riportando ferite giudicate guaribili in 25 e 7 giorni. Lo riferisce il Sappe, Sindacato autonomo di polizia penitenziaria. “La situazione a Reggio Calabria è sempre più difficile, anche in considerazione delle scelte inadeguate dell’amministrazione penitenziaria che ha aperto il nuovo carcere di Arghillà con sole 30 unità di personale, costringendo la direzione del vecchio carcere ad inviarne altre 28 - denunciano Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto, e Damiano Bellucci, segretario nazionale del Sappe. Ciò ha determinato un ulteriore decremento di organico che rende ormai impossibile l’organizzazione del lavoro, in una struttura dove ci sono frequenti processi e un alto numero di detenuti appartenenti alla criminalità organizzata”. Vicenza: accusato di mafia… assolto dopo un anno e mezzo di carcere e cinque di processi Giornale di Vicenza, 30 agosto 2013 Il mediatore di pellami Diego Olivieri dopo l’assoluzione dall’infamante accusa di avere favorito Cosa Nostra, racconta in un libro dodici mesi di carcere. “Il ricavato del libro, come i soldi che avrò dallo Stato per l’ingiusta detenzione, li destinerò a un ospedale in Tanzania”. L’immagine di Diego Olivieri sul retro di copertina del libro che ha dato alle stampe per raccogliere fondi per la costruzione di un ospedale in Tanzania, attraverso la onlus che ha costituito. “Il mio memoriale è un libro saturo di infelicità”, scrive il mediatore di pellami, nonno di quattro nipoti. Uno sfogo lucido e impietoso sui mali della giustizia inquirente lungo 257 pagine. A scriverle Diego Olivieri, un presunto colpevole, catturato con l’infamante accusa di essere un favoreggiatore della mafia. Del potente clan dei Rizzuto che sovraintende il traffico di droga dall’America in Italia, tramite il Canada. Un libro scritto per lo più in carcere, in cui c’è dentro la disperazione dell’uomo innocente che per un anno mette tra parentesi la vita normale: detenuto in attesa di giudizio. Isolato dal mondo in mezzo ai boss di Cosa Nostra. Come Brusca, Greco, i casalesi e 94 ergastolani. C’è dentro la rabbia di chi si sente stritolato nel nome di quello Stato di diritto che a volte prende granchi paurosi. Ma c’è anche dentro la speranza, dopo l’assoluzione con formula piena scandita dal tribunale di Roma dopo cinque anni di sospetti il 23 novembre 2012, che simili errori non accadranno più, consapevoli, purtroppo, che non succederà. Perché sbagliare è umano, anche se è facile scriverlo, quando non sei tu a raccogliere il sacco nero alla matricola, all’ingresso in carcere. Chi è Diego Olivieri? Un benestante mediatore di pellami da tre generazioni che dichiara un alto imponibile e viene arrestato per telefono una maledetta notte di ottobre del 2007. Per telefono? Gli investigatori della Dia sbagliano indirizzo e vanno a casa di mio figlio Christian, che alle 3.30 mi butta giù dal letto. “C’è un maresciallo per te”. Me lo passa. Dopo pochi minuti è a casa mia. Incomincia l’incubo. Subito non capisco, penso a un errore, comincio a leggere l’ordine di custodia in cui si parla di mafia, e penso che siano dei pazzi. Iniziamo dalla fine. Perché un libro? Mia figlia Cristina, sì io e mia moglie non abbiamo avuto molta fantasia coi nomi, fa la psicologa e fu lei a consigliarmi di stendere un diario di bordo per farmela passare in carcere. Una sorta di terapia. Mettiamola così, un memoriale di un anno di cella ad alta sicurezza in mezzo ai mafiosi, dove io stesso per farmi accettare da loro ho dovuto fingere. Adesso ho costituito una Onlus e con i soldi ricavati vorrei costruire un ospedale in Tanzania. Tutto ha inizio quasi sei anni fa. Lei conosce Felice Italiano, l’unico degli arrestati accusato di essere uomo legato alla famiglia mafiosa dei Rizzuto condannato in primo grado a 5 anni. Era uno dei miei clienti. Andavo a trovarlo in Canada per lavoro e lui veniva alcune volte in Italia. Un normale rapporto. Lui era seguito dall’Fbi. Lui viene intercettato e lei finisce nel girono dantesco della malagiustizia. Un giorno, nel 2006, succede che la concessionaria che mi ha venduto l’Audi mi dice che deve ritirarla per un possibile problema al cambio. Gliela porto, ovviamente non sospetto nulla, e i detective della Dia inseriscono la microspia. Il primo interrogatorio a Roma col pm antimafia? Mi dice, “Olivieri le chiediamo di collaborare per evitare guai peggiori”. Torino: teatro-carcere, sul palco l’incontro (a distanza) fra vittime e autori di reati Ansa, 30 agosto 2013 Teatro in carcere, ma non per portare in scena testi drammaturgici, bensì un reato, la sua vittima e il suo autore. L’insolito appuntamento è all’interno della casa circondariale Lorusso e Cotugno di Torino, dove dal 9 al 18 ottobre sono in programma otto serate che compongono un ciclo intitolato Cicatrici e Guarigioni. Obiettivo del progetto è quello di sperimentare la funzione del teatro nel mettere a confronto, attraverso la rievocazione dell’evento traumatico, le ferite del corpo e dell’anima di chi è vittima di un reato con coloro che hanno commesso il reato. I delitti scelti sono del tipo contro il patrimonio, dal furto della bicicletta allo scippo. L’incontro avviene però a distanza, senza cioè che le vittime debbano trovarsi sul palcoscenico insieme agli autori del reato che hanno subito. La partecipazione alle serate è aperta, ma è necessario iscriversi entro il 18 settembre con le modalità indicate sul sito dell’associazione TS Teatro e società www.teatrosocieta.it. Il progetto è realizzato grazie al sostegno della Compagnia di San Paolo e con l’Assessorato alla Cultura della Città di Torino. Ideato dal regista Claudio Montagna con il gruppo teatrale TS Teatro e Società, ha coinvolto anche il Gruppo Abele, il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Torino, l’Ordine degli avvocati e la Caritas. L’individuazione delle vittime è avvenuta dopo un ciclo di incontri tra detenuti e cittadini sul tema della riconciliazione e del perdono. Immigrazione: proteste senza fine al Cie di Gradisca d’Isonzo, altri due “ospiti” feriti di Luigi Murciano Il Piccolo, 30 agosto 2013 Clandestini nuovamente sui tetti, è ancora bagarre al Cie di Gradisca. L’allarme è scattato mercoledì sera, quando un gruppo di una ventina di trattenuti all’ex Polonio ha forzato le barriere, riuscendo ad uscire dalle vasche di contenimento e a salire nella zona già teatro delle proteste dei giorni scorsi. Almeno in due hanno tentato senza successo la fuga: uno di loro si è ferito in maniera non grave cadendo a terra nel tentativo di raggiungere il muro di cinta aggrappato ad una sorta di fune rudimentale che ha cercato di agganciare alle sbarre. L’uomo non ha voluto desistere dal suo proposito (con gli agenti che avevano piazzato una scala per farlo scendere) quando la corda improvvisata ha ceduto facendogli compiere un volo di 4 metri. È stato soccorso dagli uomini del 118 e ricoverato al nosocomio di Gorizia, dal quale è stato dimesso facendo ritorno al Cie già durante la notte. Rovinosa caduta anche per un secondo straniero che non è riuscito a scavalcare le barriere per questione di centimetri. Non vi sono stati comunque scontri fra gli “ospiti” e le forze dell’ordine. Fonti interne alla polizia smentiscono con decisione, fra l’altro, la notizia secondo cui anche gli agenti sarebbero saliti sui tetti nel tentativo di riportare nelle camerate i “rivoltosi”. L’ordine della Questura al contrario è quello di controllare la situazione evitando il contatto fisico. I trattenuti, quattordici, hanno continuato ad occupare il tetto per tutta la giornata, dichiarando di volervi rimanere ad oltranza. Il “casus belli” della nuova protesta sono state le convalide di fermo per altri due mesi comminate dal giudice di pace nei confronti di 4 delle persone trattenute al Cie, una delle quali si trova all’ex Polonio da ormai 14 mesi. Altre persone colpite dal provvedimento hanno moglie e figli nel nostro Paese. Altri due avrebbero inoltrato senza successo richiesta di rimpatrio. Torna quindi d’attualità il tema dei tempi di “detenzione” nei Cie, tempi che sono acuiti anche dalla lentezza e a volte negligenza con cui i Paesi d’origine di queste persone colpite da decreto di espulsione avviano le procedure di rimpatrio. “Non abbiamo prospettive”, “La vita qui non conta più niente”, “Siamo come cani, molto meglio il carcere”. Altri ospiti hanno persino chiesto il trasferimento in altri Cie. Nel frattempo il trattenuto agerino che aveva spaccato il naso ad un operatore con un pugno al volto è stato processato per direttissima e condannato a sei mesi di reclusione. È stato tradotto a Gorizia, nella casa circondariale via Barzellini. Ieri sera l’on. Serena Pellegrino (Sel) ha svolto una nuova visita al Cie per proporre eventuali mediazioni. La nuova protesta è andata in scena proprio quando a Roma si è svolto un incontro fra i funzionari del Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione e le Questure il cui territorio ospita un Cie. Sul tavolo le criticità di questi giorni e le possibili soluzioni operative. Il Pdl: a Gradisca delinquenti comuni Sul caso del Cie di Gradisca e sulla sua eventuale chiusura si muove anche la politica. In una lettera al presidente della Regione Serracchiani, i consiglieri del Pdl Ziberna, Novelli, Colautti, Cargnelutti, Ciriani e Riccardi esprimono la loro “perplessità”. “Noi riteniamo - scrivono - che su problemi di questa portata, che si ripercuotono in diversi quanto delicati ambiti (dalla sicurezza degli ospiti a quella della popolazione, alle condizioni di vita all’interno delle strutture ed a quelle degli operatori di polizia, sino alle relazioni internazionali), si debba abbandonare quella demagogia con cui questa Giunta ha prevalentemente operato. Chi oggi chiede tout court la chiusura dei Cie in Italia - continuano i berluscones - è come se chiedesse la chiusura delle carceri e la conseguente messa in libertà dei detenuti. Perché chi fa questa proposta deve avere il coraggio di dire ai cittadini che la maggior parte dei clandestini stanno scontando pene detentive per stupro, rapina, spaccio di stupefacenti, violenza”. Stati Uniti: due detenuti di Guantánamo consegnati al governo dell’Algeria www.atlasweb.it, 30 agosto 2013 Il governo degli Stati Uniti ha riferito di aver consegnato ieri due detenuti del centro di detenzione di Guantánamo Bay (Cuba) al governo dell’Algeria, una mossa che rientra nei suoi sforzi per chiudere il controverso carcere. Il Pentagono ha confermato il trasferimento di Nabil Said Hadjarab e Mutia Sadiq Ahmad Sayab, portando il numero dei detenuti nella prigione a 164. Il rilascio di 84 di questi è stato deciso da anni. L’amministrazione Obama ha annunciato i suoi piani per rimpatriare i due prigionieri in Algeria lo scorso mese, riattivando il trasferimento di detenuti per la prima volta in quasi un anno. Non è chiaro quanto tempo i due uomini siano stati detenuti dagli Usa. Il Pentagono ha detto che la decisione di rilasciare i due uomini fa parte di una revisione globale dei gruppi di lavoro inter-agenzie. “Come risultato di questa studio, che ha analizzato una serie di fattori, tra cui aspetti di sicurezza, con il consenso dei sei dipartimenti e organismi che compongono i gruppi di lavoro, è stata approvata la consegna di questi uomini”, ha informato il Pentagono tramite un comunicato. Obama ha promesso di chiudere la prigione, che ha ospitato decine di prigionieri - la maggior parte dei quali senza imputazioni - per oltre un decennio. Tuttavia, i processi vengono rinviati per anni. Durante la campagna elettorale del 2008, Obama ha promesso di chiudere le installazioni, citando i danni che queste hanno causato alla reputazione degli Stati Uniti in tutto il mondo, ma finora, nei suoi quattro anni e mezzo di mandato, non è riuscito a farlo, in parte per la resistenza del congresso. La prigione è stata creata sotto George W. Bush dopo gli attacchi del 11 settembre 2011 contro gli Stati Uniti per ospitare i sospetti terroristi. Uno sciopero della fame della maggioranza dei detenuti - e la quotidiana alimentazione forzata di decine di essi - ha fatto aumentare il numero di richieste per la sua chiusura. Lo scorso mese un gruppo di parlamentari ha criticato i suoi costi, circa 2,7 milioni di dollari per prigioniero l’anno contro i 70 mila dollari per detenuto delle prigioni federali di massima sicurezza.