Giustizia: il gran pasticcio del decreto “svuota carceri” di Matteo Mascia Rinascita, 2 agosto 2013 La conversione in legge del decreto svuota carceri “è iniziata male e rischia di proseguire addirittura peggio”. Questa la nota ufficiale con cui l’Unione Camere Penali fotografa gli emendamenti aggiunti alla legge di conversione depositata da Palazzo Chigi. I lavori di Palazzo Madama hanno ripristinato le preclusioni a carico dei recidivi, una novella che ha “restaurato gli effetti cancerogeni della legge Cirielli cui si voleva mettere la parola fine, adesso la Camera dovrebbe adoperarsi per recuperare lo spirito iniziale dell’intervento legislativo, riammettendo i recidivi di piccolo spessore criminale alla detenzione domiciliare ed alle misure alternative, cosa che avrebbe un primo - anche se non risolutivo - effetto deflattivo sul numero dei detenuti. Preoccupa, invece, che nelle ultime ore questi temi siano andati progressivamente in ombra - sottolineano i penalisti - per discutere del limite minimo per la custodia cautelare in carcere, peraltro con argomenti che contraddicono la posizione ufficiale delle maggiori forze politiche in tema di carcerazione preventiva”. Per l’Ucpi, la “facile demagogia” di indicare specifici reati che sarebbero sottratti al carcere è “sufficiente a provocare la retromarcia di una politica sempre più sconsolatamente debole, nonostante sia risaputo che le carceri sono piene di persone in attesa di giudizio, in barba al principio di civiltà che vorrebbe la detenzione prima della sentenza definitiva come assolutamente eccezionale e, comunque, contenuta - dove possibile, e cioè nella quasi totalità dei casi - nella misura degli arresti domiciliari”. In definitiva, concludono gli esperti di diritto e procedura penale, “mentre la civiltà e la tenuta del sistema richiederebbero, tolti i pochi casi di pericolo attuale, il divieto tout court del carcere prima della sentenza definitiva, viceversa assistiamo all’incapacità di attuare questa elementare modifica. Il che dimostra che la politica attuale è incapace di operare le riforme di cui la giustizia necessita con urgenza assoluta”. Sul tema è intervenuto anche Giuseppe Meloni, avvocato penalista e presidente del movimento “Clemenza e dignità”, ente che ha fornito una lucida analisi relativa alle gestione dell’esecuzione penale nel nostro Paese. “Sulla drammatica situazione delle carceri italiane, ed in merito alle soluzioni che via via vengono meramente prospettate o approvate, ricorrono spesso, nei commenti politici, parole pesanti, quali, colpo di spugna, resa dello Stato, e molto altro ancora”, spiega in un comunicato il legale romano. Meloni poi aggiunge: “In merito a tale aspetto, si rende opportuno chiarire, per un minimo senso di onestà intellettuale, che ciò che ha distrutto e sta distruggendo il concetto della certezza della pena in Italia, non sono, certamente, i pochi provvedimenti clemenziali o di vaga ispirazione clemenziale, intervenuti, ma proprio tutte quelle politiche miopi, succedutesi negli anni, che hanno voluto vedere nella sanzione penale, e, quindi, nel carcere, la soluzione di ogni problema, compresi quelli dettati dall’emarginazione sociale, dalle malattie, dalle grandi disperazioni e dalla povertà”. “Era evidente prima e ed è evidente ancora oggi, - conclude - che un panpenalismo esasperato, una volta contestualizzato in un sistema che prevede l’obbligatorietà dell’azione penale, una volta contestualizzato all’interno di un sistema sanzionatorio penale che è basato prevalentemente sulla privazione della libertà personale, e una volta contestualizzato in un sistema di misure, in cui non sono precisamente e tassativamente delineate le ipotesi di custodia cautelare in carcere, avrebbe portato e porta, ad un tale punto di sovraffollamento , ad un tale grado di ingestibilità dei penitenziari, così da richiedere ciclicamente il ricorso a provvedimenti di svuotamento delle carceri”. La politica continua a denunciare la mancanza di tutele per le vittime di stalking, reato che sarebbe favorito nell’accesso al nuovo regime premiale previsto dallo “svuota carceri”. Stupisce la voglia matta di custodia cautelare che alberga nelle menti di tantissimi parlamentari, uno strumento che andrebbe fortemente ridimensionato e non - come si vaticina in queste ore - potenziato con un automatismi che nulla hanno a che spartire con l’attuale impianto del codice di procedura. Per l’ennesima volta, a farla da padrona è la vuota demagogia. Nel frattempo i penitenziari continuano a scoppiare nella più totale indifferenza. Giustizia: la Camera inizia esame disegno di legge di conversione del decreto-carceri Tm News, 2 agosto 2013 È iniziato nell’aula della Camera l’esame del disegno di legge di conversione del dl sull’esecuzione della pena. Il provvedimento mira a limitare il problema del sovraffollamento delle carceri. Grazie all’accordo trovato ieri in commissione Giustizia sono state apportate alcune modifiche come l’innalzamento a 5 anni della pena prevista per il reato di stalking, in modo che questo reato che desta, dopo i numerosi casi di cronaca, allarme sociale “rientri tra quelli per i quali è applicabile la custodia cautelare in carcere”. Tra gli altri interventi di modifica in commissione c’è anche il ripristino del testo originale del decreto nella parte in cui eliminava i divieti introdotti dalla legge cosiddetta ex Cirielli sull’applicabilità di alcuni benefici per i recidivi. Giustizia: Ferranti (Pd); corrette storture decreto-carceri, ora testo è ben calibrato Asca, 2 agosto 2013 “Abbiamo corretto due evidenti storture introdotte dal Senato”. È quanto afferma Donatella Ferranti, presidente della commissione Giustizia, al termine della discussione generale - nell’aula di Montecitorio - sul decreto carceri. Oltre a eliminare le preclusioni dell’ex Cirielli per i recidivi, il nuovo testo messo a punto dalla commissione alla Camera reintroduce il carcere per il finanziamento illecito dei partiti e il reato di stalking pur mantenendo 5 anni come limite minimo per disporre misure cautelari in carcere. “Siamo approdati a una soluzione equilibrata, ispirata all’idea del carcere come extrema ratio, che dà corpo - commenta l’esponente del Pd - a un sistema in grado di rispondere adeguatamente sia alle esigenze di sicurezza sia agli impegni contro il sovraffollamento penitenziario. Insomma, un testo ben calibrato, in grado di scongiurare ulteriori condanne in sede europea”. Spiega Ferranti, che del provvedimento è relatrice: “Le modifiche del Senato riducevano il decreto a ben poca cosa svuotandone il contenuto. Noi ne abbiamo ripristinato l’originaria filosofia impedendo che automatismi basati solo sulla recidiva non consentano ai soggetti che ne siano meritevoli l’accesso alle misure alternative”. E poi, puntualizza, “si è cercato di individuare un punto di bilanciamento sulla custodia in carcere: abbiamo deciso di mantenere la scelta di palazzo Madama sulla soglia dei 5 anni ma derogandovi per l’illecito finanziamento dei partiti, per il significato etico-istituzionale di tale reato. E aumentando la pena per lo stalking, così da farlo rientrare nella sfera di applicabilità delle misure coercitive”. Campana (Pd): grazie a Pd custodia in carcere per finanziamento illecito “Oggi in Commissione Giustizia abbiamo dato una risposta concreta a tutte quelle donne vittime di stalking che oggi hanno osteggiato i propri aguzzini con armi spuntate. L’introduzione della misura della custodia cautelare in carcere e l’innalzamento della pena da quattro a cinque anni speriamo possano essere una risposta concreta a questo tipo di violenza e uno strumento in più per chi fino ad oggi si limitava a raccogliere le denunce. Purtroppo l’Italia si è attivata tardi per predisporre gli strumenti necessari al contrasto della violenza sulle donne. Ma la Commissione sta facendo molto per recuperare il tempo perso e dare una risposta concreta alle vittime”. Così Micaela Campana, deputata Pd della Commissione Giustizia della Camera. “Grazie ad un emendamento del Pd, oggi è stata introdotta la custodia cautelare in carcere per il reato di finanziamento illecito ai partiti nel caso ci sia pericolo di fuga o inquinamento delle prove. Sono due norme di civiltà che speriamo che possano arrivare quanto prima al voto dell’Aula e diventare leggi dello Stato”. Giustizia Molteni (Ln); Pdl e Pd si preparano a fare un’amnistia, noi faremo barricate Tm News, 2 agosto 2013 “Nessuno dei provvedimenti fatti fino ad ora in materia di sovraffollamento carcerario ha risolto il tema del sovraffollamento, voglio ricordare che il nostro Paese è chiamato da qui a un anno ad abbassare di 20-30mila unità il numero dei detenuti, in conseguenza della sentenza Torreggiani: io sono assolutamente convinto che a breve la maggioranza e il governo dovranno presentare una amnistia, contro la quale noi faremo le barricate”. Lo ha affermato a Radio Radicale il capogruppo della Lega Nord in commissione giustizia alla Camera Nicola Molteni. Giustizia: incontro Dap-Sindacati su presentazione linee guida “sorveglianza dinamica” Comunicato Dap, 2 agosto 2013 Si è svolto ieri, 1° agosto, l’incontro dei vertici del Dap, presenti il capo del Dap Giovanni Tamburino e i suoi collaboratori, con i rappresentanti delle organizzazioni sindacali, ai quali sono state presentate e illustrate le linee guida sulla applicazione concreta, negli istituti penitenziari, della c.d. “sorveglianza dinamica”, redatte a conclusione di un lungo percorso che ha visto l’Amministrazione impegnata nella definizione dei circuiti regionali, avviati con le circolari del 30 maggio 2012 e del 29 gennaio 2013. La condivisione del progetto dei circuiti regionali con i Provveditorati e le osservazioni delle stesse Organizzazioni sindacali, hanno consentito di apportare miglioramenti al progetto che è in via di attuazione in tutti i distretti regionali. La sorveglianza dinamica, che si sostanzia in un diverso modello organizzativo degli istituti penitenziari, consentirà un notevole miglioramento delle condizioni di vita all’interno degli stessi innalzando, nel contempo, i livelli di sicurezza, offrendo al personale di Polizia Penitenziaria e agli altri operatori nuovi strumenti e modalità di lavoro che consentiranno di accrescerne la professionalità. Il Capo del Dipartimento Giovanni Tamburino, che ha aperto i lavori, ha evidenziato come la stabilità, derivante dalla recente conferma alla guida del Dap, deve essere accolta come premessa per consentire, dopo un lungo lavoro preparatorio che ha visto impegnate tutte le articolazioni dell’Amministrazione Penitenziaria, il passaggio alla fase di applicazione delle linee guida nei diversi contesti regionali a completamento della progettualità avviata dall’inizio dell’incarico. Il Capo Dap non ha nascosto le difficoltà di realizzazione di un progetto volutamente ambizioso, ma ciò non deve frenare l’azione dell’Amministrazione semmai spingerla a operare in termini graduali perché gli interventi di volta in volta realizzati abbiano il tempo di assestarsi ed essere assimilati. Nuovi modelli operativi che, per essere partecipati a tutto il personale, vedranno dispiegata anche una massiccia azione formativa messa in campo già da tempo dall’Istituto Superiore di Studi Penitenziari che coinvolgerà tutto il personale operante negli istituti. Le OOSS per la quasi totalità, seppure con diverse argomentazioni, talune anche in chiave di critica, ma dichiaratamente costruttiva, hanno espresso un sostanziale e positivo giudizio sulle linee guida proposte che intendono riaffermare i principi di legalità e di umanità sottesi alla esecuzione della pena e, su tutti, quello per cui la camera detentiva deve essere considerata, per il detenuto, quale mero luogo di pernotto. La sorveglianza dinamica, sulla base di un simile presupposto, diviene logica conseguenza per un concetto di sicurezza che sposta l’asse da una sorveglianza basata sul mero controllo e sulla riduzione degli spazi di movimento delle persone detenute, a un altro che mira a incentivare le attività trattamentali e le ore di socialità dei detenuti, riducendo il tempo di permanenza nelle camere detentive. La sicurezza, assicurano i vertici del Dap, con queste modalità, non solo non viene messa in discussione, ma anzi viene maggiormente garantita. Anche il controllo, infatti, diventa più agevole se si creano spazi comuni accessibili alle persone ristrette ove istituire servizi quali mensa, ambulatori, aule scolastiche e attività trattamentali, permettendo, inoltre, di attingere concreti elementi di conoscenza seguendo i detenuti nelle diverse iniziative e nelle interrelazioni con gli operatori penitenziari. Per le organizzazioni sindacali erano presenti: Osapp: Beneduci Uil Pa/Pp: Sconza e De Fazio Cisl-Fns e Fsp: Inganni-Marra-Costantino-D’Ambrosio Sinappe : Pellegrino Ugl: Laura-Parisi Cgil Fp Pp: Prestini - Lamonica - De Pasquale Confsal: Martinelli-Tedde Rdb-Usb: Roscioli Flp: Macchia - D’Anna Fed. Intesa: Catalano-Giannini Si.Di.Pe: Calandrino Giustizia: Berlusconi condannato, scatta subito l’iter per decadenza da carica senatore di Andrea Maria Candidi Il Sole 24 Ore, 2 agosto 2013 Potrebbe scattare subito la procedura per la decadenza di Berlusconi dalla carica di senatore. A consentirlo è il Dlgs sull’incandidabilità, approvato alla fine del 2012 e in vigore dal 5 gennaio scorso. L’articolo 3, rubricato “Incandidabilità sopravvenuta nel corso del mandato elettivo parlamentare”, prevede infatti che “qualora una causa di incandidabilità (...) sopravvenga o sia accertata nel corso del mandato elettivo, la Camera di appartenenza delibera ai sensi dell’articolo 66 della Costituzione” (in base al quale “ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità”). Quindi è sempre necessario il voto della camera di appartenenza. Ma quali sono le cause di incandidabilità previste dalle nuove norme? L’articolo 1 prevede che non possano essere candidati e comunque ricoprire la carica di deputato e di senatore coloro che hanno riportato condanne definitive a pene superiori a due anni, e dunque anche l’ex premier. Impongono le nuove norme che, in questi casi, le sentenze definitive di condanna di cui all’articolo 1, emesse nei confronti di deputati o senatori in carica, siano “immediatamente comunicate”, a cura del Pm alla Camera di appartenenza. Quanto alle conseguenze sulla libertà personale, trattandosi di condanna a meno di 5 anni, il dispositivo verrà trasmesso a Milano dove l’ufficio esecuzione della procura dovrebbe far partire subito l’ordine di carcerazione, ma, considerato che tre anni di pena sono coperti dall’indulto, l’ordine sarà accompagnato da un decreto che sospende la pena residua (un solo anno) per consentire all’imputato di chiedere misure alternative. Per questo il codice concede 30 giorni, che decorrono dal 16 settembre, quando finirà la sospensione feriale dei termini. Fino al 15 ottobre, dunque, non dovrebbe accadere nulla a meno che i legali di Berlusconi non chiedano subito dopo la ripresa dell’attività l’applicazione di riti alternativi. Nel caso in cui invece il Cavaliere non dovesse chiedere alcun beneficio, potrebbe scattare l’ordine di arresto: ma la procura, come nel caso di Alessandro Sallusti, potrebbe assegnare d’ufficio i domiciliari in base alla legge “svuota carceri”. Berlusconi comunque incandidabile alle prossime elezioni Dopo la conferma della condanna per frode fiscale Silvio Berlusconi non potrà candidarsi per sei anni a nuove elezioni, quale che sia la nuova decisione della Corte d’Appello sugli anni di interdizione dai pubblici uffici. Lo ha detto a Reuters il presidente della Giunta per le elezioni e le immunità del Senato, Dario Stefano, di Sel. “Il decreto legislativo del 2012 che dà attuazione alla legge anticorruzione è chiaro su questo punto. È ineleggibile in Parlamento per sei anni chi, come Berlusconi, abbia riportato condanne definitive e pene superiori a due anni di reclusione”, ha detto Stefano. “Questa incandidabilità è indipendente dalla pena accessoria dell’interdizione ai pubblici uffici”, il cui calcolo la Cassazione ha rimandato a nuova corte d’Appello, mentre ha confermato la pena principale a 4 anni di reclusione, tre dei quali condonati da indulto. “In applicazione dello stesso decreto legislativo la sentenza ha prodotto la sopravvenuta incandidabilità di Berlusconi da senatore”, ha aggiunto il presidente della Giunta. Sulla decadenza da parlamentare del leader del Pdl ci sarà comunque bisogno di un voto di Palazzo Madama, dopo una “istruttoria” in Giunta, che potrebbe concludersi non prima di settembre. “Non appena la Corte di Cassazione ci avrà notificato la sentenza, la Giunta esaminerà il caso, anche ascoltando Berlusconi, se lo richiedesse, e formulerà il suo parere per l’aula che voterà poi sulla decadenza”, ha detto Stefano. Sul tavolo della Giunta, convocata per mercoledì prossimo, c’è già il caso Berlusconi, dopo che M5s ne aveva chiesto la decadenza per effetto di una legge del 1957, mai finora applicata verso l’ex premier, che gli chiuderebbe le porte del Parlamento come titolare di concessioni pubbliche attraverso Mediaset. Piemonte: Buquicchio (Idv); su Garante detenuti pdl maggioranza razzista e xenofoba Ansa, 2 agosto 2013 “La proposta di legge della maggioranza in merito ai compiti del Garante dei detenuti è il prodotto di una cultura razzista e xenofoba. In questo modo il centrodestra dimostra il proprio disinteresse nei confronti delle persone private della propria libertà, un atteggiamento dovuto probabilmente a meri calcoli elettorali. È grave inoltre che insieme ai diritti dei detenuti il Garante debba occuparsi anche di quelli degli agenti penitenziari. È del tutto evidente che in alcuni casi il Garante potrebbe trovarsi ad affrontare controversie che vedono contrapposti una persona reclusa ed un agente. Così sarebbe come affidare allo stesso avvocato sia la difesa e sia l’accusa nel medesimo processo”. È quanto afferma Andrea Buquicchio, capogruppo IdV al Consiglio regionale del Piemonte, in merito alla proposta di legge del centro destra sul Garante dei detenuti. “La legge regionale che prevede l’istituzione del Garante - prosegue Buquicchio - anziché distruggerla come vorrebbe il centrodestra, andrebbe semmai migliorata, con l’obiettivo di estendere ulteriormente le funzioni di questa importante figura. Non c’è crisi economica che tenga. Non è tollerabile mettere in secondo piano i diritti fondamentali, sanciti costituzionalmente, di tutte le persone ospiti delle carceri piemontesi”. Lazio: il Garante dei detenuti dona alimenti, vestiario e testi sacri per il ramadan Agenparl, 2 agosto 2013 Garantire il diritto a professare la propria religione agli oltre 200 musulmani praticanti, che stanno osservando il Ramadan, detenuti a Regina Coeli. È questo lo scopo dell’iniziativa del Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni che questa mattina ha donato generi alimentari, indumenti e testi sacri alla folta comunità musulmana (circa il 20% dei detenuti) reclusa a Regina Coeli. L’iniziativa è stata organizzata in accordo con il Centro Culturale Islamico di Roma, rappresentato dal sig. Aziz Darif. Già negli anni scorsi, il Garante si era attivato per garantire, durante il Ramadan, la fornitura del pasto di rottura del digiuno ed altri generi alimentari ai detenuti di fede musulmana reclusi nelle carceri del Lazio. Il digiuno durante il Ramadan è uno dei cinque pilastri dell’Islam. Durante il Ramadan, infatti, i musulmani praticanti devono astenersi, dall’alba al tramonto, dal bere, mangiare e fumare. Questa mattina a Regina Coeli sono stati consegnati datteri ed altri generi alimentari, stuoie per la preghiera e capi di abbigliamento e numerose copie del Corano. I detenuti che, a Regina Coeli, stanno osservando il Ramadan sono oltre 200 su una popolazione detenuta di poco più di mille unità. Si tratta, per lo più, di extracomunitari provenienti dall’area Maghrebina (Algeria, Marocco, Tunisia) oltre che dal Congo e dal Gambia. Il Garante Angiolo Marroni ha evidenziato come il diritto al culto “sia una priorità in carcere. Io credo che garantire il rispetto delle diversità religiose, come in questo caso, possa essere una importante opportunità utile per consentire migliori condizioni di vita in carcere insieme ad una civile convivenza tra chi,pur professando religioni diverse tuttavia mantiene un atteggiamento rispettoso nei confronti degli altri culti e di coloro che li professano. Nelle condizioni in cui versa il sistema penitenziario italiano, credo che una piena tutela del diritto alla Fede possa contribuire a migliorare la qualità complessiva della vita in carcere”. Sassari: detenuto romeno ritrovato morto in cella stamattina all’alba, forse è infarto Casteddu Online, 2 agosto 2013 È stato trovato morto nella propria cella dell’istituto di Sassari “Bancali” un detenuto di nazionalità romena”. A dichiararlo è il Segretario Generale Aggiunto dell’Osapp - Domenico Nicotra - che rende altresì noto che solo alle 6.30 circa il personale di Polizia Penitenziaria ha potuto constatare il decesso del detenuto. “La causa del decesso, continua Nicotra, dovrebbe essere riconducibili a problemi cardiaci e nonostante tutte le procedure di rianimazione necessarie in simili circostanze non è stato possibile scongiurare il decesso. È evidente, conclude il sindacalista dell’Osapp, che sempre più spesso le criticità di un sistema penitenziario al collasso generano sempre più eventi critici e che per questo è necessario che vengano adottati immediati provvedimenti di natura legislativa”. Socialismo Diritti Riforme: morte detenuto a Bancali sconcertante “Dieci giorni fa, per la seconda volta in due settimane, un detenuto rumeno aveva tentato di togliersi la vita ed è stato salvato dagli Agenti di Polizia Penitenziaria. Oggi un infarto ha stroncato l’esistenza di un altro detenuto rumeno. Tutto ciò appare sconcertante considerato che quello di Sassari-Bancali è un Istituto Penitenziario all’avanguardia inaugurato da poche settimane”. Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, avendo appreso della morte del cittadino privato della libertà originario della Romania. “L’episodio - sottolinea - induce a riflettere sulla distanza dagli Ospedali delle nuove strutture penitenziarie appena entrate a regime. C’è da chiedersi se in caso di un evento imprevedibile esistano le oggettive condizioni per impedire che abbia un finale tragico. La vicinanza degli Istituti di Pena ai Nosocomi, oltre a un efficiente Centro Clinico, deve essere considerata una circostanza imprescindibile non solo per i detenuti ma anche per tutti coloro che lavorano all’interno della struttura”. Is Arenas (Nu): detenuto tenta di uccidersi, voleva sfuggire all’ennesima condanna L’Unione Sarda, 2 agosto 2013 Ha patteggiato in Tribunale una pena a un anno e quattro mesi per un furto. Poi, mentre attendeva in sala matricole l’ufficialità dell’arresto, ha cercato di uccidersi. È stato salvato dagli agenti della polizia penitenziaria. Protagonista della vicenda un 33enne di Quartucciu. Mercoledì mattina è evaso dalla colonia penale di Is Arenas e in una casa vicina ha rubato un maialetto congelato, alcune bottiglie e una motosega. È stato sorpreso dagli agenti. Mentre attendeva la notifica dell’arresto, ha tentato di uccidersi nella stanza adiacente all’ufficio matricola. È stato salvato dagli uomini della polizia penitenziaria e poi processato per direttissima. È stato trasferito dalla colonia penale al carcere di Buoncammino Pordenone: carcere del “Castello”, detenuto restaura i libri matricola di Sigfrido Cescut Messaggero Veneto, 2 agosto 2013 Nel carcere di Pordenone, il “Castello”, con sorprendente abilità Igor Gaber, detenuto di origine moldava di 40 anni, ha restaurato una testimonianza storica di grande valore: il libro matricola dei detenuti negli anni della Seconda guerra mondiale. Sono sei volumi che, dal 1940 al 1946, tramite i nomi e le storie di migliaia di carcerati raccontano soprattutto il dramma causato dalla dittatura fascista, dalla guerra e dall’invasione nazista della Destra Tagliamento, oggi provincia di Pordenone insignita di medaglia d’oro al valor militare per il contributo dato alla Resistenza. Le carcerazioni al “Castello”, durante l’anno della lotta partigiana di liberazione, fra le due primavere del 1944-45, sono decuplicate, passando da una media di trecento prigionieri all’anno a tremila carcerati. Diversi di loro sono stati fucilati, tanti non sono più tornati dai campi di sterminio nazisti, dove, dopo l’iniziale detenzione al “Castello”, spesso venivano deportati. I sei volumi del libro matricola del periodo della guerra, si presentavano a tal punto deteriorati che, sfogliando le pagine, queste rischiavano di rompersi. Alcuni fogli erano abrasi, con pezzi mancanti. Quei libri, testimonianza tanto preziosa della storia recente dei pordenonesi, ora restaurati in modo eccezionale, saranno presto messi a disposizione dell’Archivio di Stato di Pordenone. Ciò si è reso possibile grazie all’abilità di Igor Gaber, acquisita con un corso di restauro seguito proprio in carcere, e all’iniziativa del direttore dell’istituto di pena, il dottor Alberto Quagliotto che, con i fatti quotidiani, assieme a tutto il personale di custodia, cerca di rieducare chi ha sbagliato, fornendo ai carcerati la possibilità di istruirsi e imparare un mestiere, rendendo così più accettabile l’esistenza dietro le sbarre. I sei volumi in procinto di essere consegnati all’Archivio di Stato, contengono una nota significativa di presentazione, scritta dal direttore Alberto Quagliotto: “Questo registro matricola detenuti, per molti anni conservato nella casa circondariale di Pordenone, già castello della città, finalmente sottratto all’incuria degli uomini e gratuitamente restaurato (assieme a tutti gli altri del periodo bellico) dalle mani di un detenuto della Repubblica di Moldavia, viene conferito all’Archivio di Stato di Pordenone, affinché non vada dispersa una pagina della storia del dolore di quella forte generazione di uomini che soffrirono, a pegno di un futuro migliore, nei tragici anni della seconda guerra Mondiale”. I successi del restauro dei libri matricola e di tante altre iniziative all’interno del carcere pordenonese, sono ottenuti, quasi sempre in condizioni di insostenibile sovraffollamento delle celle, che ospitano più di ottanta carcerati al posto dei 68 previsti, con un personale di custodia limitato a poco più di 40 agenti sui 60 necessari. Verona: Sappe; aggressioni fra detenuti in carcere… la situazione precipita www.veronasera.it, 2 agosto 2013 Picchetto dei radicali con un gazebo all’esterno dell’Istituto di Montorio. Denuncia del sindacato di polizia penitenziaria: “Mancano 70 agenti. La nuova direttrice mette in dubbio la sicurezza del personale” Nuovo episodio di violenza, tra i detenuti, in carcere a Montorio. Una situazione pesante, denunciata dai sindacati della polizia penitenziaria che hanno proclamato lo stato di agitazione del personale. Tutto questo mentre all’esterno del carcere un gazebo dei radicali si pronunciava contro il sovraffollamento dell’istituto di pena veronese. Fuori c’erano dunque gli attivisti e dentro scoppiava il finimondo. La denuncia del Sappe, sindacato autonomo della polizia penitenziaria, è arrivata 24 ore dopo l’ultimo episodio di violenza. Una lite era scoppiata nella sezione “Protetti”: due detenuti ne avevano aggredito un terzo, ferendolo. “Tutto per problemi già esistenti” dichiarano i sindacati. L’accusa è contro la direttrice Maria Grazia Bregoli, se ne chiede ancora la rimozione e si avanza l’ipotesi di un’ispezione ministeriale: “Il nuovo vertice del carcere - spiega il segretario Giovanni Battista Durante - sta adottando provvedimento che mettono in serio dubbio la sicurezza di chi ci lavora e degli stessi detenuti”. “Situazione al limite - denunciano i sindacati - il sovraffollamento è troppo forte e mancano 70 agenti”. Salerno: continua lo sciopero della fame dei Radicali in nome della “Giustizia giusta” La Città di Salerno, 2 agosto 2013 Continua lo sciopero della fame dei Radicali in nome della “Giustizia giusta” invocata da Marco Pannella. Così come continua la raccolta firme per i 12 referendum sui diritti civili. Questa mattina, a partire dalle 10.30, il gruppo guidato da Donato Salzano e i familiari dei detenuti saranno in presidio nel piazzale antistante la casa circondariale di Fuorni per sollecitare l’opinione pubblica sulla condizione disumana delle carceri e per la difesa della legalità e dello Stato di diritto. L’intera comunità penitenziaria di Fuorni, anche quella interna, si unirà al digiuno. Salerno: cardiopatico incompatibile con il regime carcerario, rischia di morire in cella La Città di Salerno, 2 agosto 2013 È incompatibile con il regime carcerario per una patologia cardiaca grave il pluripregiudicato Gennaro Acanfora, sessantunenne detenuto alla casa circondariale “Antonio Caputo” di Salerno, affetto da una condizione clinica grave con un “improcrastinabile intervento di rivascolarizzazione miocardica tramite by-pass con successiva riabilitazione cardiologica”. Dopo la perizia specifica eseguita dal dottor Ferdinando Ferrara su incarico del tribunale di Nocera Inferiore, emerge il precedente rifiuto del pregiudicato di sottoporsi all’intervento, con contemporanea e infruttuosa attivazione da parte del dipartimento amministrazione penitenziaria di una struttura idonea per l’operazione indicata. In parole povere, non esiste una struttura in grado di effettuare intervento e riabilitazione per Acanfora, gravato da precedenti per detenzione ai fini di spaccio di stupefacenti. Il giudice nocerino Antonio Tarallo aveva firmato “con massima urgenza e sollecitudine” la richiesta al Dap per individuare una struttura attrezzata, con possibilità di rapido trasferimento in attesa del consenso del paziente-detenuto. Il mandato per l’esame era stato conferito a Ferrara il dodici luglio scorso, con visita ed esami conclusi con diagnosi di “cardiopatia ischemica, malattia critica di tre vasi coronarici e indicazione di intervento”. Negli ultimi tempi, come scrive la relazione compilata dal medico, il paziente era stato più volte trasportato al pronto soccorso del presidio ospedaliero San Leonardo per dolore di tipo anginoso, con fitte al petto e consiglio di ricovero in osservazione “puntualmente rifiutato”. Alla successiva visita del ventisei luglio scorso, Acanfora riferiva di dolori toracici insorgenti dopo forti emozioni, sforzi fisici, “Il paziente è suscettibile di ulteriore peggioramento, ed è a rischio infarto con complicanze imprevedibili che ne possono compromettere la sopravvivenza. È pertanto indispensabile che venga sottoposto nel più breve tempo possibile ad intervento di rivascolarizzazione con riabilitazione. Il paziente deve essere trattenuto in ambiente protetto con guardia medica presente per 24 ore e possibilità di rapido trasferimento in struttura cardiologica. Ritengo - conclude il medico - che sia estremamente rischioso trattenere Acanfora in una struttura carceraria sovraffollata, con organizzazione sanitaria non idonea a garantirgli un pronto intervento, la tranquillità di cui necessita e l’assistenza di cui ha bisogno”. Acanfora, già in precedenza finito agli arresti domiciliari proprio per problemi di salute, condannato a sette anni di carcere per un droga market domestico, era stato arrestato nel corso del 2012 per un nuovo episodio di vendita illecita di stupefacente in concorso col socio Francesco Paolo Cecco, entrambi alle prese in un negozio di pasticceria a Scafati con l’attività di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. Acanfora rischia la vita per problemi cardiaci. Una situazione molto grave e complessa. Firenze: concluso Laboratorio del Centro di Cinematografia nel carcere di Sollicciano www.cinemaitaliano.info, 2 agosto 2013 Si è conclusa ieri la prima fase del Laboratorio Demo, un Laboratorio Didattico organizzato dal Centro Sperimentale di Cinematografia e coordinato dal docente Daniele Segre. Il Laboratorio prende il nome dalla nota trasmissione radiofonica di Rai Radio 1, creata e condotta da Michael Pergolani e Renato Marengo, che da più di un decennio è un vero e proprio trampolino di lancio per giovani musicisti che propongono brani musicali originali frutto della propria ricerca artistica. La trasmissione Demo ha organizzato nel Penitenziario di Sollicciano un grande evento live nel corso del quale si sono esibiti alcuni dei migliori artisti scoperti dal programma insieme all’ospite d’onore Francesco Baccini. Accogliendo una proposta degli autori di Demo, il Centro Sperimentale di Cinematografia ha deciso di offrire ai propri allievi l’eccezionale opportunità di calarsi in una drammatica realtà del nostro Paese, con il compito di rappresentarla attraverso il linguaggio cinematografico. Riteniamo infatti che la scuola non debba limitarsi a impartire conoscenze e abilità tecniche, ma possa svolgere un ruolo importante nella crescita umana e sociale dei cineasti del futuro. Grazie all’appassionata collaborazione del dottor Carmelo Cantone, Provveditore Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria della Toscana, 4 classi di allievi della Scuola Nazionale di Cinema sono potute entrare nel Penitenziario e hanno potuto incontrare per diversi giorni agenti della polizia penitenziaria in servizio, detenuti e detenute, raccogliendo preziose testimonianze di vita. Dai materiali girati in questi giorni nascerà un film interamente realizzato dagli allievi di regia sceneggiatura montaggio e suono, che avrà come perno e snodo narrativo la trasmissione radiofonica nel suo incedere, nel raccontare e presentare un concerto particolare. Protagonisti saranno i conduttori della trasmissione, i musicisti che hanno partecipato al concerto, i detenuti e le detenute del carcere di Sollicciano, l’amministrazione carceraria. L’intenzione è di realizzare un’opera che possa aiutare a far incontrare mondi apparentemente distanti tra di loro e offrire allo spettatore un forte stimolo culturale per una riflessione necessaria a rafforzare il grado di civiltà e di democrazia nel nostro paese. Torino: Sappe; poliziotta ferita nel sedare rissa tra detenute, inchiesta amministrativa Adnkronos, 2 agosto 2013 “Una violenta colluttazione tra due detenute straniere del carcere di Torino. L’intervento di una poliziotta per sedare gli animi, la stessa agente colpita da un pugno e costretta al ricovero in ospedale. È quello che è successo martedì, nel carcere Lorusso Cotugno di Torino”. La denuncia è di Donato Capece, segretario generale del Sappe (Sindacato autonomo di polizia penitenziaria). “Un grave episodio -sottolinea- che pesa sulla coscienza di chi ha messo in servizio quella poliziotta, che si trova in condizioni fisiche assai precarie per una seria limitazione all’uso degli arti. Stiamo parlando di una collega che è in attesa di essere inviata a visita presso l’Ospedale militare e che dovrebbe essere impiegata non in compiti operativa ma sedentari, che invece si è trovata sbattuta in prima linea nonostante le palesi difficoltà di movimento. Per questo auspico un’urgente indagine amministrativa che accerti com’è potuto avvenire tutto ciò”. Per il Sappe “si dovrebbero rivedere certe norme oggi in vigore eccessivamente garantiste, che alla fine non consentono di risolvere criticità e problematiche importanti, come quella legata appunto all’eccessiva presenza di stranieri nelle carceri italiane. Non è possibile che chi si è reso responsabile di reati in Italia, più o meno gravi, abbia la facoltà di decidere come e dove scontare la propria pena. Oggi abbiamo in Italia più di 66.000 detenuti: ben 23.233 (più del 35% del totale) sono stranieri. Questa tipologia di detenuti -conclude Capece- determina una palese accentuazione delle criticità con cui quotidianamente devono confrontarsi le donne e gli uomini della polizia penitenziaria”. Frosinone: detenuto disabile tenta di aggredire poliziotto durante colloquio con familiari Ansa, 2 agosto 2013 “Ancora tensioni delle carceri italiane. Questa mattina a Frosinone un detenuto disabile che stava effettuando colloquio con i familiari ha tentato di scagliare contro un poliziotto una stampella. Il detenuto era stato richiamato dall’Agente perché stava alzando la voce con i familiari ed era in evidente stato d’ira: la cosa non ha avuto conseguenze drammatiche anche per l’intervento di un familiare del carcerato. Questa ennesima tentata aggressione ci preoccupa, anche perché gli eventi critici nelle carceri - aggressioni, atti di autolesionismo - sono purtroppo all’ordine del giorno e la tensione resta alta, a tutto discapito del nostro lavoro. La carenza di personale di Polizia Penitenziaria e di educatori, di psicologi e di Personale medico specializzato, il pesante sovraffollamento delle carceri italiane (66mila detenuti in carceri che ne potrebbero ospitare 43mila,con le conseguenti ripercussioni negative sulla dignità stessa di chi deve scontare una pena in celle affollate oltre ogni limite tenuto anche conto che più del 40% di chi è detenuto è in attesa di un giudizio definitivo), una pessima organizzazione del lavoro interno come c’è a Frosinone, sono temi che si dibattono da tempo, senza soluzione, e sono concause di questi tragici episodi. Spesso, come a Frosinone, il personale di Polizia Penitenziaria è stato ed è lasciato da solo a gestire all’interno delle nostre carceri moltissime situazioni di disagio sociale e di tensione, 24 ore su 24, 365 giorni all’anno. Le tensioni in carcere crescono non più di giorno in giorno, ma di ora in ora: bisogna intervenire tempestivamente per garantire adeguata sicurezza agli Agenti e alle strutture ed impedire l’implosione del sistema”. È quanto dichiara Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, la prima e più rappresentativa organizzazione di Categoria, in relazione a quanto avvenuto nel carcere di Frosinone. “La carenza di personale di Polizia Penitenziaria, il costante sovraffollamento delle carceri con le conseguenti ripercussioni negative sulla dignità stessa di chi deve scontare una pena in celle affollate oltre ogni limite e soprattutto di coloro che in quelle sezioni deve lavorare rappresentando lo Stato come i nostri Agenti, sono temi che si dibattono da tempo, senza soluzione”, prosegue. “Rispetto a tutto questo, il Dap a guida Tamburino & Pagano pensa alle favole, alla vigilanza dinamica ed all’autogestione dei detenuti: ma le tensioni in carcere crescono in maniera rapida e preoccupante, colpevole anche una pessima organizzazione del lavoro dei poliziotti come c’è a Frosinone. Quel che non serve per risolvere questa umiliante situazione di sovraffollamento e tensioni è la delegittimazione del ruolo di sicurezza affidato alla Polizia Penitenziaria, come invece previsto proprio dal Capo Dap Giovanni Tamburino con una scelta (che il Vice Capo Luigi Pagano continua a tentar di presentare in giro come una positiva rivoluzione normale delle carceri) che favoleggia di un regime penitenziario aperto, di sezioni detentive sostanzialmente autogestite da detenuti previa sottoscrizione di un patto di responsabilità favorendo un depotenziamento del ruolo di vigilanza della Polizia Penitenziaria mantenendo in capo ai Baschi Azzurri il reato penale della colpa del custode (articolo 387 del Codice penale). Di fatto, da quando è operativa questa disposizione del Dap, abbiamo constatato un aumento di aggressioni, di suicidi, dei tentati suicidi sventati per fortuna sventati dai poliziotti penitenziari, delle evasioni e di quelle tentate, delle risse e degli atti di autolesionismo. Se gli agenti non possono controllare stabilmente le celle le responsabilità non possono essere le loro ma di chi quella nota circolare ha firmato, il Capo dell’Amministrazione Penitenziaria Giovanni Tamburino, e di chi la spaccia per rivoluzione normale delle carceri, il Vice Capo Luigi Pagano”. Argentina: 516 € a Podlech, l’ex procuratore militare risarcito per ingiusta detenzione Ansa, 2 agosto 2013 Alfonso Podlech, ex procuratore militare del regime di Augusto Pinochet, assolto l’11 luglio 2011 a Roma dall’accusa di aver concorso nella morte di Omar Venturelli, ex sacerdote italo-cileno, avvenuta poco dopo il golpe militare cileno del 1973, ha ottenuto 516 mila euro a titolo di risarcimento danni per ingiusta detenzione. Una detenzione, quella di Podlech in Italia, durata quasi tre anni prima che i giudici della corte d’assise di Roma lo assolvessero dall’accusa di strage aggravata, sequestro di persona a scopo di estorsione aggravata e omicidio plurimo. Assoluzione, quella chiesta e ottenuta dai difensori dell’ex procuratore militare, Nicola Caricaterra e Stefano Zoccano, diventata definitiva. Destinatario di un’ ordinanza di custodia cautelare emessa il 19 ottobre del 2006 nell’ambito di uno dei capitoli dell’inchiesta romana sui desaparecidos di origine italiana, Podlech fu arrestato mentre a Madrid il 27 luglio del 2008. Il 13 agosto successivo fu estradato in Italia e detenuto per quasi tre anni. Francia: per Ablyazov l’estradizione è lontana, il dissidente kazako resta in carcere di Francesca Pierantozzi Il Messaggero, 2 agosto 2013 Si trova in una cella del carcere di Luynes, vicino a Aix en Provence, Mukhtar Ablyazov. Detenuto in attesa di estradizione. “È un detenuto come un altro, non è sottoposto a nessun regime speciale” ha spiegato al Messaggero Solange Legras, l’avvocato generale della Corte d’Appello di Aix che ieri mattina ha notificato all’oligarca e dissidente kazako la procedura di estradizione richiesta dall’Ucraina e la detenzione per “rischio elevato di non ripresentarsi alla giustizia”. “È tranquillo, mi è sembrato sereno” ha detto il magistrato francese, che ha giustificato l’enorme dispendio di mezzi (anche un elicottero) e uomini per arrestarlo nella villa in cui aveva trovato rifugio a nord di Cannes con il rischio che fosse “difeso da guardie armate”. Invece non c’è stata nessuna resistenza, nessuno sparo. “Si trovava con la sorella e con altri membri della sua famiglia, alcuni nipoti - ha raccontato la Legras, che ha ora in mano il suo dossier - Era arrivato in Costa Azzurra da poco tempo”. La procedura è avviata, adesso è solo questione di tempi: quaranta giorni all’Ucraina per inviare gli elementi della richiesta di estradizione (“per appropriazione indebita e truffa su larga scala”) altri cinque giorni alla Francia per dare il suo parere, poi, in caso di sì all’espatrio, un altro periodo agli avvocati della difesa (“sono molti” ha precisato la Legras) per presentare ricorso, che passerà davanti alla Camera d’istruzione, poi in Cassazione, quindi sul tavolo del primo ministro, che deve firmare il decreto, e ancora davanti al Consiglio di Stato. “Per farla breve, non potrà esserci nessuna estradizione prima del 2014” ha riassunto l’avvocato francese. A volere Ablyazov non è soltanto Kiev: lo vuole Mosca - che avrebbe partecipato attivamente alla sua caccia e collaborato con la polizia francese per localizzarlo - e naturalmente il Kazakhstan, che lo accusa di aver sottratto sei miliardi di dollari dalla BtaBank, di cui è stato presidente e che ora è stata nazionalizzata. In Kazakhstan - con cui la Francia non ha convenzione di estradizione - si trovano già la moglie Alma e la figlia Alua, dopo il blitz di Casalpalocco. A proposito dell’estradizione lampo da Roma, la Legras si è limitata a definire “quantomeno curiosa” la procedura, che impone tempi normalmente più lunghi in base alle norme comuni a tutta l’Europa. “Non ho certo gli elementi per giudicare l’operato della giustizia italiana - ha detto il magistrato francese - Dico solo che in Francia i tempi credo sarebbero stati più lunghi”. Ablyazov continua a negare tutto e a dirsi un perseguitato politico. “È combattivo e determinato” ha assicurato uno dei suoi legali, Bruno Rebstock, che ha assistito all’udienza davanti alla Corte d’Appello. “La sua priorità - ha aggiunto Rebstock - è ora ottenere la scarcerazione, poi si opporrà a una richiesta di estradizione che è palesemente politica e che non ha nulla a che vedere con procedure giudiziarie”. I legali sono pronti a presentare “nei prossimi giorni” una richiesta di scarcerazione. La battaglia si annuncia aspra e aperta su diversi fronti. Ieri la Russia, altro paese in cui la Bta aveva interessi, ha subito annunciato l’intenzione di chiedere a sua volta l’estradizione di Ablyazov: “Un elenco di documenti essenziali per l’estradizione sarà pronto a breve termine” ha detto il ministero dell’Interno a Mosca. L’ufficio della procura di Astana ha fatto sapere di essere stato informato dell’arresto in Costa Azzurra dall’Interpol e ha precisato che Ablyazov è accusato di “aver creato un’organizzazione criminale per sottrarre alla Bta Bank più di 5 miliardi di dollari attraverso procedure illegali”. La Bta, nazionalizzata nel 2009 dopo essere stata dichiarata insolvente, ha aiutato la polizia francese ad arrestare il suo ex patron e in una nota si è detta “più ottimista sulla possibilità di recuperare i suoi fondi”. Cina: torna repressione, in galera blogger e giornalisti di Beniamino Natale Ansa, 2 agosto 2013 Il giornalista Xiao Shu e il blogger Zhou Lubao, entrambi arrestati alla fine della scorsa settimana, sono le ultime vittime di un’ondata di repressione che, secondo i gruppi per i diritti umani, è la più grave dal 2011. Nella primavera di quell’anno centinaia di dissidenti e critici del governo furono detenuti nel timore di un’imitazione delle primavere arabe. Xiao Shu, 51 anni, è uno dei commentatori politici più conosciuti in Cina. I suoi articoli, spesso ai limiti di quanto consentito dalla censura, sono stati pubblicati dalle riviste più coraggiose della Cina, come Southern Weekend e Yanhuang Chunqiu, il cui sito web è stato chiuso nei giorni scorsi. Xiuo Shu è stato, con l’ultraottantenne economista Mao Yushi e con l’imprenditore Wang Gongquan uno dei promotori di una petizione per liberazione dell’ avvocato democratico Xu Zhiyong, detenuto dalla metà di luglio. Ambienti del dissenso affermano che alla base dell’ arresto di Xiao Shu ci potrebbe essere proprio il successo della petizione per Xu Zhiyong, che è stata sottoscritta da circa duemila persone. Venerdì scorso è scomparso, dopo essersi recato a Pechino per essere interrogato dalla polizia, il blogger Zhou Lubao di Lanzhou, nella Cina settentrionale. In dicembre, il blogger aveva promosso una campagna contro il sindacato di Lanzhou, diffondendo su Internet una foto che lo ritraeva con al polso un orologio Vacheron Constantin da 25mila euro. La denuncia del blogger aveva portato all’apertura di un’indagine sulle fonti di reddito del sindaco, Yuan Zhanting. L’ondata di arresti è la prima a verificarsi da quando è salito al potere, in marzo, il nuovo gruppo dirigente guidato dal presidente Xi Jinping, dal quale alcuni commentatori si attendevano riforme economiche e politiche. In una conferenza stampa tenuta oggi a Pechino l’assistente segretario di Stato americano Uzra Zeya ha sostenuto che la situazione dei diritti umani in Cina è “peggiorata” negli ultimi anni. Zeya, che ha partecipato alla 18/ma seduta del dialogo tra Cina e Usa sui diritti, ha aggiunto di avere sollevato con i suoi interlocutori cinesi i casi di alcune decine di detenuti tra cui, oltre a Xu Zhiyong, l’avvocato Gao Zhisheng e il premio Nobel per la pace Liu Xiaobo, condannato a 11 anni di prigione per aver lanciato il documento Charta08 che chiede la democratizzazione del sistema politico cinese.