Giustizia: amnistia sì… amnistia no, si scaldano gli animi Avvenire, 24 agosto 2013 “Come già più volte dichiarato nelle scorse settimane, siamo nettamente contrari a un provvedimento di amnistia”, ribadiscono Danilo Leva, responsabile Giustizia e Sandro Favi, responsabile Carceri del Partito Democratico, che notano: “La tempistica del provvedimento fa tra l’altro sorgere il dubbio che l’emergenza che il Pdl vuole affrontare non riguarda tanto le sorti della popolazione carceraria italiana quanto quelle di una sola persona, Silvio Berlusconi. E l’unica cosa che interessa al Pdl. Ma non è nell’interesse dell’Italia”. Rincara la dose Davide Zoggia, responsabile Organizzazione della segreteria nazionale PD: “Il Pdl insiste nel cercare dal Pd ciò che non può ottenere, perché è contro la legge. E ora di dire basta. E di finirla anche con i continui ripescaggi dell’idea di amnistia per salvare Berlusconi”. È avverte che “sta diventando una storia indecente, oltre che imbarazzante per coloro che avanzano queste proposte”. “Amnistia come atto politico presuppone guerra civile, prepara uscita di scena degli sconfitti. Non confondiamo gli italiani”, scrive su Twitter Andrea Romano, deputato di Scelta civica ed esponente della fondazione Italia Fura di Luca Cordero di Montezemolo, in compagnia di Gianluca Susta, presidente dei senatori di Scelta Civica, che esclude si possa trovare un modo per evitare la decadenza di Silvio Berlusconi o che si possa arrivare a un’amnistia: “Mi pare che da parte del Pdl ci sia quasi la richiesta di un Berlusconi sciolto dalle leggi. Io credo che bisognerebbe fare un salto di qualità verso la normalità che c’è in tutto il mondo quando viene coinvolto un leader politico in un fatto che prefigura anche una fattispecie penale. Non vedo strade per ‘salvarè Berlusconi”, ha chiarito. Sull’amnistia come via di uscita per evitare una crisi di governo e per trovare una soluzione al “caso Berlusconi”, caldeggiata dal Pdl, arriva l’alt del Pd, la bocciatura di Sel e il no di Scelta Civica e dei montiani. Anche se, l’idea trova porte aperte dai ministri della Difesa, Mario Mauro, e, soprattutto, del Guardasigilli, Annamaria Cancellieri. In attesa che la Giunta per le immunità del Senato torni a riunirsi il 9 settembre per decidere della decadenza del senatore Berlusconi a causa della legge, approvata nel 2012, che vieta lo scranno in Parlamento ai condannati, il dibattito politico si sposta dalla ventilata ipotesi di grazia da parte del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che peraltro nessuno ha chiesto, al provvedimento di clemenza che le Camere dovrebbero votare con la maggioranza dei due terzi, a tredici anni di distanza dall’ultimo precedente, che risale al 1990. Non è meno netta la posizione di Sel: “Se si parla di amnistia si fanno delle selezioni dei reati - osserva il capogruppo alla Camera, Gennaro Migliore - Certamente i reati più odiosi, quelli dei colletti bianchi, quelli che hanno prodotto come nel caso di Berlusconi l’accumulazione di ingentissimi fondi (si parla di duecentosettanta milioni di euro di fondi neri per agire al di fuori di ogni norma). Noi ovviamente non solo saremmo contrari ma non saremmo disponibili nemmeno ad aprire la discussione”. Non così nel Pdl con Sandro Bondi, Fabrizio Cicchitto e Franco Frattini che, al Meeting di Rimini osserva: “non è - spiega - un provvedimento ad personam, bensì tocca una questione generale”. “La proposta della Cancellieri è condivisibile. Il blocco dell’amnistia sta producendo conseguenze inaccettabili”, dichiara invece dal Pdl Fabrizio Cicchitto mentre Sandro Bondi annota che “se due membri autorevoli del governo, come Mario Mauro e Anna Maria Cancellieri, affrontano con serietà e lungimiranza il problema dell amnistia, ciò ha un valore che non può essere eluso, sottovalutato o accantonato da chi ha a cuore le sorti dell’Italia”. Ma, nel merito, che cosa è l’amnistia? È un provvedimento di clemenza che estingue il reato. È prevista dall’articolo 79 della Costituzione e dall’articolo 151 del codice penale: l’amnistia e l’indulto sono concessi con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale, recita la nostra Carta costituzionale. La legge che concede l’amnistia o l’indulto stabilisce il termine per la loro applicazione. In ogni caso l’amnistia e l’indulto non possono applicarsi ai reati commessi successivamente alla presentazione del disegno di legge. “L’amnistia estingue il reato e, se vi è stata condanna fa cessare l’esecuzione della condanna e le pene accessorie”, recita il codice. Nel concorso di più reati, l’amnistia si applica ai singoli reati per i quali è concessa. L’estinzione del reato per effetto dell’amnistia è limitata ai reati commessi a tutto il giorno precedente la data del decreto, salvo che questo stabilisca la data diversa L’amnistia può essere sottoposta a condizioni o ad obblighi. L’amnistia non si applica ai recidivi, nei casi previsti dai capoversi dell’articolo 99 Codice Penale, nè ai delinquenti abituali, o professionali o per tendenza, salvo che il decreto disponga diversamente. L’amnistia, a partire dal 1992, viene disposta con una legge dello Stato, che deve essere votata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera. Precedentemente era prerogativa del Presidente della Repubblica. Giustizia: il Pdl apprezza aperture della Cancellieri sull’amnistia, il Pd stoppa l’ipotesi Il Velino, 24 agosto 2013 La disponibilità a valutare l’ipotesi di un’amnistia, manifestata dal Guardasigilli Annamaria Cancellieri e dal ministro della Difesa Mario Mauro, trova sponda all’interno del Pdl. E se da Scelta civica il capogruppo al Senato Gianluca Susta manifesta la propria contrarietà a qualsiasi provvedimento generale (segno di una crescente divaricazione fra Mauro e il suo partito), il Popolo della libertà appoggia la proposta, che consentirebbe fra l’altro di risolvere la vicenda giudiziaria di Silvio Berlusconi. E proprio il tema dell’amnistia diventa il principale nelle dichiarazioni dello stato maggiore del Pdl. Per il coordinatore Sandro Bondi, se due ministri affrontano “con serietà e lungimiranza il problema” dell’amnistia, la questione di carica di “un valore che non può essere eluso, sottovalutato o accantonato da chi ha a cuore le sorti dell’Italia”. “Non si può procedere secondo schematismi ideologici, ma deve prevalere il senso di umanità”, aggiunge Fabrizio Cicchitto. Favorevole anche Altero Matteoli, convinto “che uno Stato democratico forte dimostra di essere tale anche con gesti di clemenza verso chi ha sbagliato”. L’amnistia sarebbe infatti un modo “per fronteggiare l’emergenza carceri” e una “precondizione per risolvere la questione della detenzione garantendo condizioni civili negli istituti di pena e la reale riabilitazione, come prevede la Costituzione”. L’ex senatore Raffaele Lauro fa esplicito riferimento alle conseguenze sui partiti e sul governo di un simile provvedimento: “Soltanto un’amnistia generale, con un indulto, potrà evitare il caos alla politica italiana”. Ma l’idea non piace al Pd, che boccia l’ipotesi per bocca dei responsabili Giustizia e responsabile Carceri del partito, Danilo Leva, e Sandro Favi: “Siamo nettamente contrari, per risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri c’è bisogno di interventi strutturali mediante la riforma della custodia cautelare e la depenalizzazione. Fuori da un contesto di riforme, l’amnistia è un provvedimento una tantum, e come tale non serve a nulla. La tempistica del provvedimento fa tra l’altro sorgere il dubbio che l’emergenza che il Pdl vuole affrontare non riguarda tanto le sorti della popolazione carceraria italiana quanto quelle di una sola persona, Silvio Berlusconi. È l’unica cosa che interessa al Pdl ma non è nell’interesse dell’Italia. Giustizia: Nitto Palma (Pdl); amnistia per Berlusconi difficilmente percorribile Adnkronos, 24 agosto 2013 L’amnistia “è un provvedimento a carattere generale” e quella che “potrebbe essere utile al presidente Berlusconi è quella sostenuta da Marco Pannella, quella più estesa. Ed è difficilmente percorribile”. Così il presidente della commissione Giustizia del Senato, Francesco Nitto Palma, del Pdl, in un’intervista a La Stampa”. L’amnistia, aggiunge, “non serve a svuotare le carceri ma a deflazionare i carichi di lavoro negli uffici giudiziari”, quindi se sarà approvata, conclude l’esponente del centrodestra, “saranno spazzati via una gran fetta di processi pendenti e non prescritti”. Giustizia: Ingroia (Azione Civile); sì all’amnistia, ma escludere reato evasione fiscale Il Velino, 24 agosto 2013 “Di un’amnistia ci sarebbe bisogno per rendere meno tragica la vita nelle carceri italiane, non certo per salvare Berlusconi”,. Lo ha detto il presidente di Azione Civile Antonio Ingroia. “Azione Civile è da sempre favorevole a un atto di clemenza del Parlamento, ma a patto che vengano esclusi i reati dei colletti bianchi, a cominciare da quelli per evasione fiscale, proprio quello per cui Berlusconi è stato condannato con sentenza definitiva. L’amnistia non può ridursi a un provvedimento ad personam, di leggi così ne abbiamo viste fin troppe in questi anni. Chi parla di un salvacondotto e di agibilità politica per salvare un governo la cui maggioranza non è stata eletta dal popolo prende in giro gli italiani onesti, quelli che le tasse le pagano e che non commettono reati. A queste condizioni non mi pare vi siano i presupposti per un’amnistia, per cui - conclude Ingroia - la soluzione migliore è sciogliere immediatamente le camere e andare a votare. Abbiamo bisogno di un governo serio e soprattutto rappresentativo, non di un esecutivo in agonia”. Giustizia: direttrici carceri; ok amnistia, ma insieme a misure strutturali Adnkronos, 24 agosto 2013 Sì all’amnistia, a patto che si accompagni ad altri provvedimenti più organici e strutturali, per affrontare l’emergenza delle carceri italiane. Fuori dalla polemica politica, ma quotidianamente impegnate sul campo, alcune direttrici di istituti penitenziari, dal nord al sud del Paese, da Milano a Enna, interpellate dall’Adnkronos, sono concordi, e avvertono: l’eventuale ricorso a un provvedimento di clemenza sia pensato come parte di un intervento più complessivo. Con un occhio alla scadenza imposta dalla Corte europea dei diritti dell’Uomo, che ha condannato l’Italia per le condizioni disumane delle carceri e ci dà tempo fino a maggio del 2014 per riparare. “L’amnistia è un provvedimento che nell’immediato risolve sicuramente i problemi di sovraffollamento penitenziario e il sovraccarico di processi nelle aule di giustizia. Ma è giusto accompagnarlo a provvedimenti più strutturali di lungo respiro, come quelli attuati di recente - dice Gloria Manzelli, direttore di del carcere milanese di San Vittore - la detenzione domiciliare, le misure che alleggeriscono gli accessi in carcere, che nel medio-lungo periodo possano avere un effetto deflattivo. È un ottimo provvedimento che può fare da trampolino di lancio ad altri”. La direttrice esprime dunque “apprezzamento” per “i recenti provvedimenti del governo, innanzitutto perché segnalano un’attenzione al problema del sovraffollamento, a fronte di una condanna della Corte europea dei Diritti dell’uomo”. Un provvedimento di clemenza, infine, ricorda Manzelli, “incide comunque sui reati di non particolare allarme sociale, e si aggiunge a interventi già fatti che vanno nella stessa direzione”. Si dice d’accordo con i nuovi richiami all’amnistia del ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri, anche Alba Casella, che dirige il carcere di Modena. “Senza un provvedimento di questo tipo dal punto di vista organizzativo è difficile riuscire a rientrare nei limiti che ci consentano di rispettare i parametri imposti da Corte di Giustizia europea, nonostante tutti i tentativi che l’amministrazione sta facendo, attraverso il regime aperto, e sperimentando un modo nuovo di organizzare la vita negli istituti penitenziari”. Ma, ricorda, i numeri sono impietosi. “Resta il fatto che ci sono 20 mila detenuti in più rispetto alla capienza, e che difficilmente questo consentirà di rientrare nei parametri ordinari. Ventimila posti non si possono recuperare in nessun modo se non con un provvedimento di clemenza”. Ma, avverte, “aprire le celle senza poi dar seguito ad attività trattamentali non ci consentirebbe comunque di rispettare il dettato di Strasburgo. In questo momento non ci sono fondi, c’è solo il volontariato, che non è una risorsa inesauribile”. Dunque, sì all’amnistia ma non da sola, “altrimenti rischia di fare la fine dell’indulto del 2006. Va accompagnata dal rilancio delle misure alternative e di misure normative che servono per evitare che si riproponga la situazione attuale”. Da questo punto di vista, per la direttrice del carcere modenese “il tentativo che il ministro ha fatto col decreto è stato tiepido nei risultati”, e complessivamente le ultime misure adottate “non sono strumenti che servono nel breve periodo, non sono sufficienti: ci hanno consentito di ridurre gli ingressi ma di circa 1500 unità, che è poca cosa rispetto ai 20mila. Da tempo il ministro insiste perché la ritiene l’unico strumento che ci consente di arrivare in un tempo breve a rispettare la scadenza di maggio 2014, a migliorare la vivibilità, cosa che sta già avvenendo. Amnistia e indulto “sono provvedimenti non risolutivi, hanno una loro utilità a fini deflattivi per poter mettere mano ad altri interventi” ma comunque “un’amnistia che non si colleghi a un episodio specifico della vita del Paese “è un po’ una resa, una presa d’atto dell’incapacità di gestire l’ordinario”. È l’opinione di Letizia Bellelli, che dirige il carcere di Enna. Dunque l’Amnistia “va bene solo per tamponare una situazione di emergenza, poi però bisogna ripensare la gestione degli istituti, capire come si possono dare condizioni di detenzione più decorose, accelerando anche i lavori di ristrutturazione. Se serve a questo, ben venga, il problema è poi la gestione del sistema penale, l’individuazione dei reati e delle misure restrittive, per arrivare al carcere come extrema ratio”. Per fare questo, sottolinea Bellelli, “valgono quei provvedimenti ai quali si sta cominciando a mettere mano, la capacità di pensare in modi diversi la detenzione, che consenta una restituzione diversa alla società di chi ha commesso un reato”. Anche per quanto riguarda l’organizzazione degli istituti penitenziari: “si stanno mettendo in moto concezioni differenti, c’è fermento: la sentenza Ue ha fatto un po’ da elettrochoc, ci ha costretto a interrogarci, al di là del quotidiano, su come ripensare il sistema”. L’auspicio è dunque che “prevalga una valutazione a largo raggio: procedendo con ordine e serenità si può arrivare ad avere strutture dignitose e adeguate rispetto ai diritti umani, che da maggio 2014 devono essere garantiti”. Giustizia: Meeting Rimini; una pena per redimere… in una società più sicura di Benito Giorgetta www.ilsussidiario.net, 24 agosto 2013 Una sala preventivamente gremita quella che ha ospitato l’incontro con i ministri Alfano, Cancellieri e l’ex pressi dente della camera Violante insieme a Boscoletto coordinatore della cooperativa Giotto di Padova coordinati dal giornalista Brambilla esperto del mondo della detenzione. Tra il pubblico vi era una nutrita rappresentanza di magistrati, detenuti ed ex detenuti, polizia penitenziaria e, in prima fila con posto riservato anche la molisana De Sottosegretario per i rapporti col Parlamento. Confusi tra il pubblico tanti visi noti come per esempio la Pivetti, Farina e tanti altri. Sovraffollamento, poche pene alternative pochissimo lavoro per i detenuti, ancora meno recupero e reinserimento sociale. L’emergenza carcere continua. “Vigilando redimere” è il motto della polizia penitenziaria. Fa bella mostra di sé all’ingresso di ogni carcere italiano. Ma nel paese di Cesare Beccaria il valore rieducativo della pena sembra ancora obiettivo ben lontano dall’essere raggiunto. Abbiamo 64mila detenuti, un terzo di loro stranieri, reclusi in istituti di pena che potrebbero accoglierne al massimo 47mila. Condizioni di detenzione contrarie ai principi di umanità e di tutela della dignità. A dirlo è la Corte europea dei diritti dell’uomo, che ci ha invitato ad adeguare le nostre strutture garantendo uno spazio vitale di almeno 3 metri quadrati a ogni detenuto. E di come sia possibile costruire percorsi carcerari in grado di rieducare, portare a un pieno reinserimento sociale, garantendo nel contempo la sicurezza dei cittadini e valore e significato della pena. Ad aprire la discussione, la testimonianza di Boscoletto: “Il rapporto tra meeting e carcere risale al 2006. Da allora, portiamo l’esperienza vera e concreta di un percorso possibile. Anche la nostra cooperativa offre lavoro ai detenuti. Imparano un mestiere, si mantengono durante la detenzione. Soprattutto, una volta fuori trovano un lavoro e non infrangono più la legge”. A dirlo sono dati e cifre. Il tasso di recidiva di chi segue percorsi di recupero lavorativo oscilla tra l’1 e il 2%, mentre arriva oltre il 90% per chi passa qualche anno della sua vita tra cella e cortile della prigione. Ogni milione investito in progetti di reinserimento lavorativo equivale a un risparmio effettivo di 9 milioni per le casse della Stato. Sul problema del sovraffollamento il ministro Alfano successivamente ha evidenziato come su cento persone soggette a misure di custodia cautelare, siano poi oggetto di una condanna solo 50, quindi “un utilizzo più attento di questa misura ridurrebbe il numero dei reclusi”. Il ministro Cancellieri ha invece aperto il suo intervento ricordano le parole pronunciate al Meeting 2011 dal Presidente Giorgio Napolitano: “La condizione delle carceri italiane ripugna”. Secondo il ministro la situazione degli istituti penitenziari è a “macchia di leopardo”, si passa da situazioni positive come Padova o Bollate (Mi) ad altre dove non è attuato neanche il regolamento carcerario: “Stiamo adeguando le strutture a requisiti minimi, come sale colloqui con i parenti senza divisori, o a rimuovere sbarre alle finestre che non fanno entrare luce o aria”. Il ministro ha poi valutato due proposte presentate da Luciano Violante: istituzione di un commissario straordinario per il lavoro ai detenuti e un garante unico per i diritti dei carcerati, considerandole materia di lavoro per il suo dicastero. Secondo Violante il commissario può operare per fare arrivare in Italia i fondi Ue stanziati per progetti sociali nel periodo 2014/2020 e il garante verificare il rispetto di condizioni umane di detenzione su tutto il territorio nazionale. Il ministro Alfano ha invece sottolineato le difficoltà che ogni riforma deve affrontare: “Nel nostro Paese si è riformatori delle cose altrui”. Cita le resistenze trovate mentre era guardasigilli sulla riforma dell’avvocatura, l’introduzione della mediazione civile e sul cosiddetto decreto svuota carceri: “Un decreto che ha riguardato solo detenuti al termine della pena e per reati di scarso allarme sociale. Bene, nessuna fuga dai domiciliari, nessuna recidiva eppure poiché bisognava contrapporre pdl a lega si trovò questa cattiva denominazione a una buona scelta politica”. E sulle indicazioni che ci arrivano dall’Europa: “Accettiamo i richiami se sono giustificati e corretti, ma l’Europa non può chiederci molto e darci poco”. Citando il problema dell’alto numero di detenuti stranieri nelle nostre carceri, ricorda come negli ultimi anni il nostro Paese abbia speso 1 miliardo 200 milioni di euro per fronteggiare l’immigrazione clandestina. Tutti concordi gli illustri ospiti che il pianeta carcere è un problema da risolvere per via del sovraffollamento e della mancanza di lavoro che garantirebbe una via risolutiva nel dare dignità alle persone e una mezzo di risoluzione delle recidivanti, ma nessuno ha proposto in concreto cosa fare. Alla domanda del moderatore come mai una volta al potere diventa difficile, in Italia, attuare le le leggi, i provvedimenti, solo Violante ha attribuito la colpa alla instabilità o comunque alla esigua durata (18 mesi mediamente) dei vari governi succedutisi. È necessaria quindi la stabilità e la garanzia della durata dell’intera legislatura per approdare a dignitosi risultati. Ma come, se si è capito che l’emergenza uomo in carcere e essenzialmente emergenza lavoro e che quando questo c’è porta la recidivante dal 99 al l’uno per cento, perché non ci si da fare per offrire una possibilità di lavoro in carcere o fuori a tutti i detenuti che hanno i giusti requisiti per godere di questa misura che è un diritto dettato dalla Costituzione? Nel canto XXVI dell’Inferno dantesco Ulisse dice ai suoi compagni:” fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e conoscenza”, sembra che i detenuti non possono rientrare in questa categoria e allora le carcere, malgrado tutti, nonostante l’indignazione di ciascuno, sono destinate ad essere e, tristemente, rimanere delle discariche umane. Quanto di più brutto, avvilente e poco civile possa avere una società evoluta che si deve prendere cura dei suoi cittadini, anche di quelli che sbagliano. Allora meno chiacchiere e più fatti visto che si conoscono le situazioni. Altro che come ha affermato la Cancellieri che noi :”dobbiamo ringraziare l’Europa che ci ricorda di dare maggiore dignità abitativa ai detenuti, concetto per altro contemplato anche dalla Costituzione italiana”. Allora applichiamola! Padova: allarme sovraffollamento, le Associazioni invocano un Garante dei detenuti www.padovaoggi.it, 24 agosto 2013 Esplosiva la situazione alla Casa Circondariale: 245 persone a fronte di una capienza massima di 98 nella struttura che ospita i carcerati in attesa di giudizio, 886 presenze contro una capacità di 350 nella casa di reclusione. Il recente suicidio di un ventenne di origine marocchine al carcere di Padova - vicenda dai torbidi contorni sulla quale è stata aperta un’inchiesta - riapre l’ormai annoso problema del grave sovraffollamento che regna nel Due Palazzi, una struttura lodata a livello nazionale per i suoi standard di sicurezza e le attività di recupero ma per niente immune dalla strabordante quantità di carcerati che superano di gran lunga le soglie massime di capienza previste per legge. Come riportano i quotidiani locali, numerose associazioni che gravitano nel settore si sono riunite chiedendo con forza misure efficaci fra cui l’introduzione di un garante dei detenuti. La situazione è esplosiva sia nella casa circondariale, dove stazionano i detenuti in attesa di giudizio (245 presenze a fronte di una capienza massima di 98) sia nella casa di reclusione, dove si registrano 886 carcerati contro una capacità di 350. La mancanza di spazio vitale, anche per i bisogni di prima necessità, oltre ad un’altissima tensione, sta causando problemi anche di ordine igienico e sanitario. Si ammalano i detenuti e a volte anche gli agenti penitenziari che, cronicamente sotto organico, sono sottoposti a turni massacranti a contatto con situazioni difficili che sarebbero di competenza di educatori e psicologi, anche loro troppo pochi a fronte di una tale emergenza. A chiedere a gran voce la messa in campo immediata di misure efficaci numerosi rappresentanti di sigle e associazioni: Antigone, Camera penale e Camera del lavoro, Ristretti orizzonti, Giuristi democratici, il gruppo “Noi famiglie padovane contro l’emarginazione”, il fondatore dei Beati costruttori di pace don Albino Bizzotto e alcuni sindacalisti dei poliziotti penitenziari. A loro si sono uniti il consigliere regionale e segretario cittadino del Pd, Piero Ruzzante e la consigliera comunale democratica Nona Evghenie. In testa alle rivendicazioni delle associazioni c’è l’istituzione, per la struttura padovana, di un garante dei detenuti, figura già presente in altre realtà venete. I vari gruppi poi chiedono l’introduzione del reato di tortura nell’ordinamento giuridico italiano e il rafforzamento delle misure alternative (che, dati alla mano, riducono fortemente la recidività dei reati). Nel mirino poi c’è la legge Fini-Giovanardi che, espandendo il ricorso alla custodia cautelare in carcere ai reati minori, ha di fatto aumentato vertiginosamente gli ingressi nei penitenziari. Inferno carcere, tre agenti riformati per motivi di salute (Mattino di Padova) In carcere si muore. In carcere si entra sani e si esce ammalati. In carcere c’è da diventare matti e non solo se si è detenuti: il rischio di patologie psichiatriche è alto anche tra gli agenti di polizia penitenziaria. Non a caso nel 2012 sono stati “riformati” ben tre di loro in servizio nelle due strutture penitenziarie di Padova, la casa circondariale destinata ai detenuti condannati in via non definitiva (circa 250 a fronte di una capienza di 96 posti) e la casa di reclusione (886 presenze contro una capacità di 350 unità). Ecco perché il “cartello” di associazioni che lavorano per un carcere rispettoso della Costituzione, reclamano a gran voce la nomina di un garante dei detenuti. Anzi, un garante del carcere a tutela di tutti, di chi deve scontare una condanna che, oltre all’espiazione, punta al reinserimento sociale e di chi lavora nei penitenziari. Un garante che esiste in altre realtà carcerarie del Veneto. Venerdì scorso, al circondariale, è scoppiata una rivolta in seguito alla notizia della morte di un ventenne di origini marocchine, Abdelaziz Daoudi (arrestato per spaccio il 19 luglio): si era impiccato dopo un alterco con un agente in circostanze ancora da chiarire (la procura ha aperto un’inchiesta). Tutti d’accordo, sono indispensabili quattro misure immediate: la nomina del garante dei detenuti, l’introduzione del reato di tortura nell’ordinamento giuridico italiano, il rafforzamento delle misure alternative, l’abolizione della legge Fini-Giovanardi che ha riempito le carceri. Lo hanno ribadito ieri in una conferenza stampa i rappresentanti delle associazioni che formano, a livello nazionale, il “cartello”: Giuseppe Mosconi (Antigone); l’avvocato Annamaria Alborghetti (Camera penale di Padova); Laura Baccaro (Ristretti Orizzonti); Alessandra Stivali (Camera del lavoro); Giampiero Pegoraro, Alessandro Biasioli, Enrico Ciligo e Giacomo Valastro (Cgil Funzione Pubblica-polizia penitenziaria); don Albino Bizzotto (Beati i Costruttori di Pace) e Acli oltre all’avvocato Evita Della Riccia (Giuristi Democratici e Associazione famiglie padovane contro l’emarginazione), la consigliera comunale Nona Evghenie e il consigliere regionale Piero Ruzzante (entrambi del Pd). E proprio Evghenie presentò nel 2010 una mozione ai colleghi del consiglio municipale per sollecitare la nomina del garante che spetta al Comune. Richiesta finora inascoltata, nonostante lei (come Ruzzante) siano esponenti della maggioranza che governa a Palazzo Moroni. "È indispensabile una figura super partes per creare un ponte fra sistema carcerario e mondo esterno" spiega Evghenie, anticipando le voci sull’apertura di una sezione femminile nella casa circondariale. Mosconi insiste: «Il problema principale è il sovraffollamento che la politica non vuole risolvere. Così a ogni riforma, segue una controriforma per fare pura speculazione politica in termini di allarme sociale". "Si dimentica" aggiungono Alborghetti, Ruzzante e Baccaro "che investire in pene alternative riduce la possibilità di recidive dal 79 al 19%. La Regione, invece, taglia ogni anno i soldi destinati alle attività rieducative in carcere, pur percependo fondi statali". Resta il nodo del sovraffollamento, mentre le guardie saltano ferie, si vedono negare permessi e riposi, sono obbligate a turni di 12 ore. Rilevano Pegoraro e Biasioli: «In Veneto mancano 400 agenti, in Italia sono vacanti posti per direttori, educatori e psicologi. La forte tensione nei penitenziari “pesa” sugli agenti addestrati solo dal punto di vista militare, impreparati a gestire etnie e situazioni difficili. Anche loro si ammalano sempre di più". Della Riccia denuncia: "Si entra in carcere sani, si esce almeno con l’epatite virale. Carenti le condizioni igieniche in celle strapiene dove si mangia accanto al water". Aosta: l’Ugl polizia penitenziaria denuncia criticità della situazione sanitaria in carcere Ansa, 24 agosto 2013 L’Ugl polizia penitenziaria denuncia i “problemi sanitari del penitenziario valdostano” di Brissogne e, dopo un incontro con l’assessore regionale alla Sanità Antonio Fosson, chiede di “superare il cavillo burocratico, che consiste nel passaggio delle risorse economiche dal Ministero dell’Economia e Finanze alla Regione Valle d’Aosta ponendo fine, una volta per tutte, a tutti i disagi creati all’intera organizzazione della casa circondariale”. Il mancato passaggio delle competenze sanitarie dal Ministero della Giustizia al servizio sanitario regionale, secondo il segretario regionale del sindacato Luciano Giglio, “si ripercuote sull’operato dei baschi azzurri che quotidianamente ricorrono con traduzioni d’urgenza presso l’ospedale Parini di Aosta. Ad oggi - precisa Giglio in una nota - i dati ci dicono che i ricorsi in via d’urgenza al nosocomio aostano hanno superato di gran lunga gli invii del 2012 e del 2011”. Rieti: 500 kg di cocomeri ai detenuti da Supermercato Crai e Sesta Opera San Fedele Agi, 24 agosto 2013 Per il secondo anno, il Supermercato Crai di Villa Reatina dona alla Sesta Opera San Fedele di Rieti, l’associazione di volontariato penitenziario che opera all’interno della Casa Circondariale di Rieti, cinque quintali di cocomeri per i detenuti del carcere reatino. “Con vera gioia, anche quest’anno nel mese di agosto, possiamo fare dono ad ognuno di voi di una piccola porzione di cocomero, in questa stagione un frutto gradevole, ma soprattutto un segno della nostra amicizia e della nostra vicinanza che è possibile nonostante la crisi economica, troviamo ancora che ci aiuta e condivide il nostro esservi vicino per un periodo della vostra vita”. Queste le parole che in una lettera ad ogni detenuto rivolge Nazzareno Figorilli Presidente della Sesta Opera San Fedele Rieti che ringrazia il Supermercato Crai per “la solidarietà sociale a fondamento del proprio operare economico”. Arezzo: Pdl e Radicali, in visita al carcere, incontrano personale penitenziario e detenuti www.informarezzo.com, 24 agosto 2013 Nella mattinata di domani, sabato 24 agosto 2013, il Consigliere regionale del Pdl Stefano Mugnai, Vicepresidente della Commissione Sanità e Sociale, visiterà la Casa Circondariale di Arezzo al fine di incontrare i detenuti ed il personale di Polizia Penitenziaria. Nell’occasione verrà proposta - a chi lo vorrà - la possibilità di sottoscrivere alcuni dei quesiti referendari sul tema della Giustizia promossi dai Radicali e appoggiati convintamente dal Pdl. Accompagneranno Stefano Mugnai il Coordinatore Provinciale del Pdl Felice Maurizio D’Ettore, il Presidente dei Radicali Aretini-LiberAperta Angelo Rossi e i Capigruppo in Consiglio Comunale e Provinciale Francesco Francini e Lucia Tanti. “La nostra è una visita simbolica ma riteniamo importante per sensibilizzare anche la comunità aretina alla situazione carceraria avendo piena attenzione sia alle esigenze di chi vi lavora sia dei detenuti. Pensiamo - affermano i componenti della delegazione - da un lato che, come sosteneva Fëdor Dostoevskij, “Il grado di civilizzazione di una società si misura dalle sue prigioni” dall’altro che la lezione, del futuro Presidente della Repubblica, Giuseppe Saragat sia ancora attuale quando esortava a costruire una Repubblica dal volto umano e invitava a ricordare che “la democrazia non è soltanto un rapporto tra maggioranza e minoranza… ma è soprattutto un problema di rapporti fra uomo e uomo dove questi rapporti sono umani, la democrazia esiste; dove sono inumani, essa non è che la maschera di una nuova tirannide” (discorso di insediamento dell’Assemblea Costituente, 26 giugno 1946). La nostra tradizione culturale, anche se proveniente da famiglie politiche diverse, sa tenere insieme il rispetto della Legge e il Principio della certezza della pena con l’idea fondamentale della funzione rieducativa dell’esperienza carceraria, nel rispetto pieno della dignità di ogni singola persona. Anche per questo alcuni dei quesiti referendari, a partire da quello sulla revisione delle norme sulla carcerazione preventiva e sulla responsabilità civile dei magistrati, rappresentano un ineludibile punto di partenza per una riforma complessiva del Sistema giudiziario italiano che deve partire dal protagonismo diretto di tutti i Cittadini. Ringraziamo il Direttore e tutto il personale della Casa Circondariale di Arezzo per averci accordata la visita in tempi veloci a dimostrazione di una significativa collaborazione istituzionale che mai in questi anni è venuta meno”. Catania: domani delegazione Radicali visita il carcere di piazza Lanza Ansa, 24 agosto 2013 Domani domenica 25 agosto, a Catania una delegazione radicale guidata da Rita Bernardini entrerà nella Casa circondariale di piazza Lanza per consentire ai cittadini detenuti di sottoscrivere i 12 referendum per la giustizia giusta e i nuovi diritti umani. L’iniziativa rappresenta la prosecuzione del Ferragosto in carcere: lo scorso 15 agosto, infatti, nell’ambito della mobilitazione nazionale “per l’uscita dalla flagranza criminale dello Stato italiano, per l’Amnistia e i Referendum”, i Radicali hanno avuto accesso nel penitenziario catanese e 100 detenuti hanno potuto sottoscrivere le richieste referendarie. L’ingresso è previsto alle 9,30. Oltre a Rita Bernardini, faranno parte della delegazione Laura Harth, Matteo Angioli, Gianmarco Ciccarelli, Luigi Recupero, Daniela Basile, Eliana Verzì, Elio Cumitini. E’ la prima tappa di una serie di appuntamenti che vedranno Rita Bernardini impegnata fino al 30 agosto in incontri con la stampa e raccolta firme nelle carceri siciliane. Bari: detenuto violento, Sappe chiede ispezione Comunità psichiatrica Castellana Grotte Agi, 24 agosto 2013 Un giovane detenuto, seminfermo di mente, che il 21 agosto aveva aggredito e fatto finire in ospedale tre agenti penitenziari e un operatore, a distanza di 48 ore è tornato nella stessa comunità per recupero di patologie psichiatriche a Castellana Grotte. A denunciarlo è Federico Pilagatti, segretario nazionale del Sindacato autonomo polizia penitenziaria, secondo cui lo stesso detenuto, sempre il 21, “dopo essere stato riaccompagnato nel carcere di Bari avrebbe distrutto una stanza e si sarebbe inferto diversi tagli”, tanto da dover essere ricoverato presso il policlinico di Bari. Due giorni più tardi, una volta dimesso, “avrebbe dato fuoco ad una cella” dello stesso carcere del capoluogo. “Ora basta - attacca Pilagatti - prima che ci scappi il morto è necessario l’intervento del ministro della Giustizia affinché mandi degli ispettori a Bari per verificare tutti i comportamenti posti in essere nei confronti del detenuto”. Comportamenti che - sottolinea il segretario del Sappe - gli hanno permesso “totale libertà di azione, dandogli con ciò la possibilità nel tempo di spedire all’ospedale una decina di poliziotti penitenziari”. Vercelli: detenuti stranieri appiccano incendio in carcere, secondo caso in soli 10 giorni Ansa, 24 agosto 2013 È il secondo caso in soli 10 giorni. A darne notizia è il sindacato Sappe: “le conseguenze sono state contenute grazie al sangue freddo delle donne e degli uomini della polizia penitenziaria”. Due detenuti stranieri, finiti in manette per reati a sfondo sessuale, hanno appiccato le fiamme nella loro cella. A darne notizia è il sindacato Sappe. Non sarebbe il primo caso: dieci giorni fa, infatti, era accaduto un episodio analogo. “Le conseguenze - ha spiegato il segretario generale del Sappe Donato Capece - sono state contenute grazie al sangue freddo e al senso del dovere delle donne e degli uomini della polizia penitenziaria”. Secondo il sindacato è necessario recuperare “il tempo perso” riguardo l’elevato numero di stranieri detenuti e avviare “rapidamente le trattative con i Paesi esteri da cui provengono i detenuti, a partire dal Nord Africa, affinché scontino la pena nei Paesi d’origine”. Svizzera: la Procura; nessun rimborso ai detenuti per sovraffollamento a Champ-Dollon www-info.rsi.ch, 24 agosto 2013 La Corte di giustizia di Ginevra ha ammesso il ricorso presentato dal Ministero pubblico contro le decisioni del Tribunale delle misure coercitive sulle condizioni di prigionia a Champ-Dollon. Stando a quest’ultimo, i detenuti nel carcere ginevrino dispongono di una superficie individuale di 3,84 m2, inferiore allo standard minimo europeo (4 m2). Devono dunque venire indennizzati. Non sono di questo avviso i giudici cantonali, secondo i quali le condizioni di detenzione sono difficili, ma conformi alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. La vicenda finirà ora al Tribunale federale. Stati Uniti: carceri della California come Guantanámo, verso la nutrizione forzata Il Manifesto, 24 agosto 2013 Lo sciopero della fame dei detenuti nelle prigioni della California dura dall’8 luglio, ormai sono più di sei settimane senza nutrirsi. Lunedì scorso, lo Stato della California ha ottenuto dal tribunale il permesso di avviare la nutrizione forzata per i prigionieri in pericolo di vita. La maggior parte delle persone che portano avanti questo sciopero è in regime d’isolamento, anche da diversi mesi, e all’inizio dello sciopero hanno presentato cinque richieste per migliorare le condizioni dei detenuti e porre fine agli abusivi amministrativi. Intorno a questa protesta si è formata una salda rete di solidarietà che porta avanti la lotta dei prigionieri anche fuori dai luoghi di reclusione. Nonostante ciò, il governo non ha mai preso in considerazione le richieste avanzate, anzi, la Cdcr (California Dipartente off Corrections & Rehabilitation) ha difeso a spada tratta il regime d’isolamento e la procedura di de briefing (forme di pressioni per ottenere informazioni sulle gang) nei confronti dei prigionieri. Dall’inizio dello sciopero, la determinazione degli scioperanti si è sempre rinforzata, facendo intendere chiaramente al governo la loro ferma volontà nel portare avanti questa lotta. Attualmente, ci sono 69 persone in condizioni critiche che potrebbero portare alla disfunzione multiorgano. Dunque, lo stato ha fatto pressione per ottenere la nutrizione forzata, la stessa che è in uso nel carcere di massima sicurezza di Guantánamo. Si tratta di una procedura molto invasiva, durante la quale il prigioniero viene legato alla sedia e gli viene introdotto un tubo dentro la narice fino alla gola, attraverso il quale vengono somministrare grandi quantità di liquidi nutrienti, anche la rimozione del tubo è molto dolorosa. Molte associazioni e giornali hanno denunciato questa violenza messa in atto ogni giorno nei confronti dei 38 detenuti di Guantánamo. A metà agosto alcuni giornalisti hanno ottenuto il permesso di visitare la sezione della nutrizione forzata ma non di assistere alla seduta in sé. I soldati che accompagnavano passo per passo i visitatori si sono limitati a commentare che si trattava di una procedura giusto un po’ “fastidiosa” ma nulla di più. Bolivia. scontri tra bande di detenuti nel carcere di Palmasola, 38 morti e 60 feriti Ansa, 24 agosto 2013 Uno scontro tra detenuti nel carcere di Palmasola, in Bolivia, la mattina del 23 agosto si è concluso con un bilancio di 38 morti e 60 feriti. Le autorità di La Paz hanno riportato la notizia secondo cui lo scontro è nato tra i detenuti di diversi padiglioni, alcuni dei quali armati. Secondo le prime ricostruzioni di quella che i media locali definiscono “una battaglia campale”, un gruppo di detenuti ha preso il controllo di un settore del carcere e ha poi affrontato i carcerati di altri due padiglioni. Circa 150 agenti penitenziari sono poi intervenuti riuscendo infine a riportare l’ordine. Israele: 125 ex detenuti palestinesi sottoposti alla detenzione amministrativa InfoPal, 24 agosto 2013 Un centro palestinese per i diritti umani ha rivelato che 125 prigionieri sono sottoposti alla detenzione amministrativa. Si tratta di prigionieri non condannati per alcun reato specifico e spesso oggetto di proroga della loro detenzione da parte delle autorità di occupazione, che distribuisce loro in diversi centri di detenzione. In un rapporto pubblicato giovedì 22 agosto, il Centro al-Ahrar per gli studi sui detenuti e i diritti umani ha reso noto che i detenuti amministrativi, 125 in totale, sono degli ex prigionieri liberati, tutti sottoposti in precedenza alla detenzione amministrativa per molti anni. Il centro ha sottolineato che l’autorità di occupazione rinchiude la maggior parte di loro nel carcere del deserto del Negev, mentre altri 39 si trovano in quello di Ofer e altri nella prigione di Megiddo, a nord della Palestina. Nel suo rapporto, il centro ha sottolineato che la maggior parte dei detenuti amministrativi provengono da Hebron, e in testa a loro vi sono lo Shaykh Adel Shanyur e il parlamentare Hatem Qafishah. Entrambi hanno trascorso lunghi anni in detenzione amministrativa. Al-Ahrar si è rivolto alle organizzazioni per i diritti umani, agli organismi ufficiali e ai media per chiedere un loro impegno, atto a porre fine alla sofferenza dei prigionieri e realizzare le loro richieste incentrate sulla revoca della loro detenzione amministrativa. Dal canto loro, i detenuti amministrativi palestinesi nelle carceri israeliane hanno annunciato la loro intenzione di adottare delle misure di protesta, nei prossimi due mesi, ed intraprendere uno sciopero della fame, a causa della loro protratta detenzione in assenza di qualsiasi accusa nei loro confronti.