Giustizia: legge “svuota-carceri”, nelle prossime ore la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale di Patrizia Maciocchi Il Sole 24 Ore, 17 agosto 2013 Meno custodia cautelare e più misure alternative. Le novità introdotte in sede di conversione al cosiddetto decreto svuota carceri, atteso in “Gazzetta ufficiale” per lunedì prossimo, dovrebbero essere operative già da martedì. La Camera punta sull’effetto deflattivo che dovrebbe derivare dall’aver smantellato gli automatismi messi in piedi dall’ex Cirielli che negava i benefici carcerari ai recidivi. La legge di conversione, con una retromarcia rispetto alla prima lettura del Senato, prevede invece la sospensione dell’ordine di carcerazione anche per i recidivi. Via libera, per una sola volta, anche all’affidamento in prova ai servizi sociali, alla detenzione domiciliare e alla semilibertà anche in caso di recidiva reiterata, ipotesi che limita, però, l’accesso ai permessi premio. Gli sconti di pena, con l’applicazione della libertà anticipata se possibile, o di una misura alternativa, saranno concessi quando resta da scontare un periodo residuo non superiore a 3 anni, che diventano 6 per i reati connessi alla tossicodipendenza. Si può beneficiare dello sconto anche se mancano 4 anni di pena se si tratta di donne incinta, madri o malati gravi. Nessuna sospensione dell’esecuzione della pena detentiva è possibile per i reati più gravi, o per quelli di maggiore allarme sociale: stalking, maltrattamenti in famiglia, furti in abitazione, scippi e incendi boschivi. Mentre viene revocata la detenzione domiciliare al detenuto che evade. Nel corso dell’esame, la Camera ha confermato la modifica dell’articolo 280 del codice penale, con la quale il Senato ha alzato, da 4 a 5 anni di condanna, il limite per la carcerazione preventiva. I deputati sono corsi però ai ripari per evitare che delle maglie più larghe beneficiassero delitti come il finanziamento pubblico dei partiti e lo stalking. Il reato di finanziamento è stato esplicitamente incluso, malgrado sia punito con una reclusione massima di 4 anni, mentre per gli atti persecutori si è intervenuti portando da 4 a 5 anni gli anni di reclusione. Con la legge di conversione aumentano le occasioni per i detenuti di partecipare a programmi di volontariato. Le attività esterne, a titolo gratuito, possono essere svolte però solo se non pregiudicano le “esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute”. Per quanto riguarda il lavoro retribuito lo svuota carceri prevede un credito d’imposta alle imprese che assumono detenuti. Soddisfatto del risultato finale il sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri che indica, tra le novità più incisive, l’intervento sulla custodia cautelare in carcere, la modifica all’ex Cirielli e la possibilità per il carcerato di partecipare a progetti di pubblica utilità. “Si tratta di novità importanti perché da una parte mirano a ridurre la popolazione detenuta, dall’altra, nel rispetto della finalità rieducativa della pena, a limitare i casi di recidiva”. Secondo Cosimo Ferri resta però da affrontare la questione dei detenuti stranieri. “Sul punto deve essere data attuazione agli accordi internazionali con i Paesi europei e del bacino mediterraneo che consentano agli stranieri condannati di scontare la pena nel Paese di origine, con le opportune garanzie del rispetto dei diritti fondamentali della persona detenuta. Il rilancio di tali accordi potrebbe essere favorito dalla loro inclusione in più ampi piani di cooperazione bilaterale o multilaterale, anche di natura economica”. Giustizia: contro l’emergenza carceri servono più misure per il reinserimento di Roberto Giachetti L’Unità, 17 agosto 2013 Emergenza carceri. Dopo la visita al carcere di Tempo Pausania, il vicepresidente della Camera rilancia l’allarme sul sovraffollamento degli istituti di pena pari al 25%. Il vicepresidente della Camera, Roberto Giachetti, ha trascorso il giorno di Ferragosto visitando il carcere di Tempo Pausania, ma è stata l’occasione per rilanciare l’allarme sul sovraffollamento degli istituti di pena. “Per chi come me ha girato parecchi carceri la valutazione del carcere di Tempio Pausania, inaugurato l’anno scorso, è positiva. I problemi sono quelli che hanno tutti gli istituti, con un sovraffollamento del 25% circa. Il problema vero riguarda i familiari, perché è difficile arrivarci, e i detenuti sono soprattutto dalla Sicilia, dalla Calabria, dalla Campania. Ma detto questo è una struttura nella quale le condizioni basilari per il reinserimento ci sono, a differenza da altri istituti che ho visitato in questi anni”, ha spiegato ieri parlando a Radio Radicale. Il deputato Pd racconta: “Parlando con ergastolani, persone che in qualche modo sanno che il loro percorso è segnato, molti mi dicevano: “io non penso che ci sia cattiveria nel legislatore. Il fatto è che molto spesso non sanno, non conoscono la nostra realtà. Quando sei in carcere da 15 anni, l’unica cosa che vuoi fare è cambiare, rimetterti in carreggiata”, mi diceva”. “Il problema - ha aggiunge Giachetti - è che occorre avere delle condizioni che te lo consentano. Quando hai speso un terzo della vita in carcere devi avere le condizioni necessarie per poter sperare in un reinserimento”. E questo è tornato a chiedere il parlamentare dem: un reale reinserimento. Giustizia: carcerazione preventiva?... in molti casi è necessaria di Bruno Tinti Il Fatto Quotidiano, 17 agosto 2013 Le crociate sono una cosa pericolosa. Ti convinci che dio lo vuole e cominci a fare cose terribili. Non la smetti più. E, per una giusta, ne fai dieci di tremende. I radicali ne hanno fatte 2 giuste, i referendum sul divorzio e sull’aborto. Poi si sono impallati e sono finiti perfino a collaborare con B&C. Adesso stanno toccando il fondo. Per non scrivere un’enciclopedia, mi limito, al momento, a commentare il quesito n. 4 dell’ultimo referendum partorito dalla loro fervida ideologia. Lo scrivo in linguaggio comprensibile perché non si capisce niente; ma non è colpa loro, questa; è proprio il nostro sistema che suppone di avere a che fare con cittadini tutti laureati in legge. “Volete abrogare la norma (art. 274 comma 1 lett. e del codice di procedura penale) che permette di arrestare, prima del giudizio, qualcuno che ha commesso un reato quando vi è la ragionevole probabilità che ne commetta altri della stessa specie?”. Insomma, i radicali chiedono di votare contro la carcerazione preventiva nei casi in cui è certo, probabile, molto possibile, che il delinquente, se non viene messo in prigione, continuerà a commettere altri reati dello stesso tipo. Non commento, racconto fatti; come si dice, esperienza vissuta. Fino al febbraio del 2009, quando il governo Berlusconi emanò la legge sullo stalking (per quanto mi sforzi di ricordare, mi sembra l’unica cosa buona che abbia fatto B. in 20 anni di carriera) la persecuzione di una persona da parte di un’altra era punita con reati per i quali non era ammissibile la carcerazione preventiva. Ex fidanzati, mariti separati, uomini gelosi (ma c’era anche una parte non piccola di donne attive in questo senso) seguivano le loro partner ovunque, le insultavano, le minacciavano, le picchiavano, telefonavano tutta la notte, danneggiavano le loro macchine mentre erano in sosta, facevano scenate nei loro uffici, nei palazzi dove abitavano, mentre camminavano in strada; affrontavano gli uomini che le accompagnavano, li aggredivano e li picchiavano (magari, quando andava bene, erano picchiati loro ma era sempre una cosa sgradevole). Insomma, come riassumevano tutte nelle loro denunce, gli rendevano “la vita impossibile”. I reati che commettevano con questo comportamento erano: minacce, lesioni, ingiurie, molestie, violazione di domicilio e danneggiamento. Non uno per cui fosse possibile la carcerazione preventiva: pene previste troppo basse, inferiori a 4 anni. Sicché le poverette assillavano commissariati, caserme dei Carabinieri e anche i nostri uffici di Procura, chiedendoci di “fare qualcosa”. “L’ho denunciato 13 volte; ma lui continua. Ieri sera...” e giù l’elenco di tutte le altre vigliaccate che il bastardo le aveva inflitto. E noi? Noi niente. Non si poteva arrestare. Chiudevamo in fretta indagine dopo indagine (ma arrivava sempre una nuova denuncia e bisognava ricominciare), lo rinviavamo a giudizio; entro 1 anno si faceva il processo, qualche mese di galera con la condizionale; lui faceva appello e poi, naturalmente, ricorreva in Cassazione. Dopo 4, 5 anni (quando andava bene) sentenza definitiva e nemmeno un giorno di galera. Lui lo sapeva e continuava a “rendere impossibile la vita” alla poveretta di turno. Spesso l’affare si complicava. Perché la vittima o il suo nuovo partner si organizzavano, chiamavano un po’ di amici e reagivano. Come si dice, “si facevano giustizia da sé”. E, qualche volta, ci scappava il morto. Come dicevo, nel 2009, la Carfagna o chi per lei, partorì la nuova legge sullo stalking: pena fino a 4 anni di prigione. Perfetto, carcerazione preventiva possibile. Le cose cambiarono in fretta. Denuncia della vittima, verifica, gravi indizi di colpevolezza, prognosi negativa (che vuole dire che era ragionevole pensare che avrebbe continuato a molestare la poveretta) fondata - spesso - su perizia psichiatrica, carcerazione preventiva. Non è che durasse molto, un paio di mesi; ma era quasi sempre sufficiente perché il vigliacco la smettesse. Tutti felici e soddisfatti, il processo si faceva nei tempi tipici della giustizia italiana (che fanno schifo), la pena in genere non era scontata per via della sospensione condizionale o degli arresti domiciliari; ma Luisa, Elena, Ornella e Mario (capitava) potevano finalmente vivere in pace. Beh, la pacchia è finita. Se il referendum avrà successo, non si potrà arrestare nessuno con la motivazione: “potrebbe commettere altri reati di stalking nei confronti della stessa poveretta”. Torniamo alla preistoria. Naturalmente le riflessioni che potreste fare su questa storia si possono applicare a tanti reati. Pescano il drogato che ruba autovetture, autoradio, fa scippi e furti in casa. Ha un certificato penale di 3 pagine. Non ha lavoro; però la droga continua a comprarsela. Come? Delinquendo, reati contro il patrimonio si chiamano. Messo in prigione, magari smette di drogarsi; e soprattutto la pianta di fare del male al prossimo suo. Dite che, prima, bisogna condannarlo in via definitiva? E che basta farlo in un paio di mesi? Vero, un giorno forse ce la faremo. In molti Paesi succede così; ma lì non c’è l’Appello e la Corte Suprema i ricorsi standard che gli avvocati italiani presentano in questi casi non li leggerebbe nemmeno. Noi, per il momento, ci mettiamo 7, 8 anni. Che si fa nel frattempo? Date retta, questo referendum è proprio un’idea stupida. Giustizia: pagamento alloggi di servizio della Polizia penitenziaria, interviene il ministro www.affaritaliani.it, 17 agosto 2013 Il giorno di Ferragosto il Ministro Cancellieri si è recata, presso l’Istituto romano di Regina Coeli. Si tratta della seconda visita che il Ministro ha effettuato nello stesso Istituto dopo la sua nomina. Il Ministro ha avuto un incontro con il personale di Polizia Penitenziaria. Detto personale ha rappresentato al Ministro alcune problematiche quali: richiesta assunzioni e concorso PP, contratto, pagamento maggiorazione della base pensionabile - 6 aumenti periodici di stipendio (applicazione art 24 dl 201/2011), pagamento caserme. Problematica questa ultima che sta procurando moltissime lamentele in molti Istituti della regione e non solo a Regina Coeli, infatti, è impensabile far corrispondere una quota al personale per caserme che per il 90% dei casi sono fatiscenti. Occorre farsi un giro per gli IIPP (vedasi anche Velletri, NC Rebibbia - Caserma Cinotti, dove addirittura le stanze sono privi di bagni interni) per capire che di abitativo hanno ben poco. Il Ministro ha detto che sulla questione caserme ne parlerà con il Capo Dap Giovanni Tamburino mentre per il pagamento maggiorazione della base pensionabile - 6 aumenti periodici di stipendio non ne era al corrente che avrebbe provveduto nel merito. Giustizia: ma perché la grazia? fa a pugni con la storia di Berlusconi di Liana Milella La Repubblica, 17 agosto 2013 Se non avessi scritto, in questi anni, decine e decine di pezzi su Berlusconi, sui suoi insulti ai pm e ai giudici, sui suoi proclami di innocenza per ogni inchiesta e ogni processo che lo ha coinvolto, adesso non starei a chiedermi - con estremo sconcerto, devo ammetterlo - che c’entra la grazia con il Cavaliere. La mia idea di grazia fa a pugni con la sua storia. Essa dovrebbe premiare colui che ha ammesso la sua colpa e ha scontato la sua pena, oppure colui che, davvero innocente, è finito vittima di un’ingiustizia. Ma una vera ingiustizia, una sola, e non una dozzina, secondo l’improbabile teoria della persecuzione giudiziaria del fondatore di Forza Italia. Di certo per me, normale cittadino, la grazia non dovrebbe mai diventare una “grazia di Stato”, né tantomeno un escamotage politico, come sta rischiando di diventare. Neppure uno strumento di pacificazione, soprattutto se il soggetto da “premiare” è uno come Berlusconi, che la guerra c’è l’ha nel sangue, che ha il mito del sovrano, che propugna le larghe intese solo come via di fuga da un voto che non lo ha visto vincente. Quante volte, dal palco, ha rimproverato il suo popolo di non avergli dato il 51% per poter governare libero da vincoli e ceppi, autorizzato ad emanare decreti legge a ogni piè sospinto, affrancato dal rispetto che si deve al Parlamento e al suo parere definitivo? Diciamocelo, una volta per tutte: non è democratica l’ideologia di Berlusconi, ma autoritaria e totalitaria. Se tutto questo è vero - e sappiamo bene che è vero - allora che c’entra la grazia con Uno come lui? No, stavolta non sono affatto d’accordo neppure con Valerio Onida, il noto costituzionalista, non accetto la sua teoria che si dà la grazia al Cavaliere a patto che abbandoni la scena. Lui deve rispettare la legge come fanno tutti i cittadini. Se non lo farà, e soprattutto se sarà agevolato a non farlo, se per lui si dovesse trovare una strada storta per aggirare la legge e la condanna, allora qualunque altro cittadino potrebbe pretendere lo stesso trattamento. Sarebbe l’anarchia giuridica, sarebbe la fine dello Stato di diritto. Non mi si dica qui che sono la solita manettara. Non è affatto così. Per una diffamazione, se con un mio scritto ho diffamato qualcuno, io pago il mio conto con la giustizia. Alla colpa voluta e perseguita con decennale sistematicità deve seguire la condanna, la pena scontata (anche ai servizi sociali visto che la legge lo prevede), la riabilitazione. Altrimenti addio regole. Qui la pacificazione e l’agibilità politica non c’entrano nulla. In qualsiasi altro Paese Berlusconi sarebbe fuori da tutto. Qui invece, dal giorno della sentenza Mediaset, si sta solo cercando una via di fuga. Parlare di grazia con altri processi in itinere, di cui uno per reati molto gravi come il caso Ruby (prostituzione minorile e corruzione per induzione), è un clamoroso controsenso. Con che spirito, i futuri giudici, si occuperanno dei suoi dibattimenti? Nessun cittadino italiano, nella stessa situazione giudiziaria di Berlusconi, si arrischierebbe a chiedere la grazia. Se lo facesse, vedrebbe comunque bocciata la sua richiesta. Allora perché il Paese è bloccato su questo assurdo interrogativo? Perché il Quirinale scrive “chiedete e vedremo” alimentando speranze? Perché Berlusconi non si dimette da senatore evitando dannose risse sulla legge Severino, che invece viene compromessa nella sua linearità di sanzione amministrativa in chiave anti-casta? Nella notte di Ferragosto il mio sgomento è grande di fronte a un Paese che sbanda, per favorire un condannato in via definitiva che dopo tre processi chiusi con lo stesso verdetto, dopo tanti giudici diversi, è solo pieno di livore e di odio, come dimostrano le pagine del Giornale contro il giudice Antonio Esposito e contro la corrente di Magistratura democratica. Giustizia: imprescindibile l’agibilità politica a Berluscon, anche per grazia ricevuta di Francesco Damato Il Tempo, 17 agosto 2013 Si fa presto a dire, per deriderla se fosse concessa a Silvio Berlusconi, che “la grazia sostituisce alla violenza della pena l’energia della compassione”. Parole di Francesco Merlo su Repubblica. Come se fosse stata davvero compassionevole, e non riparatrice di situazioni considerate ingiuste, o dettata da criteri squisitamente politici, la clemenza applicata nel 2005 da Carlo Azeglio Ciampi e nel 2012 da Giorgio Napolitano, rispettivamente, ai giornalisti Lino Jannuzzi, allora anche senatore di Forza Italia, e Alessandro Sallusti. O, per andare più indietro negli anni ed entrare in un campo ancora più minato, la grazia concessa nel 1965 da Giuseppe Saragat al pur latitante ex parlamentare comunista Francesco Moranino. Che già nel 1958, sempre da latitante, rifugiato a Praga, aveva ottenuto da Giovanni Gronchi la commutazione dell’ergastolo in una pena di dieci anni per sette omicidi compiuti nel 1944 all’ombra della lotta partigiana. All’ombra, perché la magistratura con sentenza definitiva del 1957 aveva considerato circostanze e motivazioni di quei delitti estranee alle finalità della lotta partigiana, non coperti perciò dall’amnistia promossa nel 1946 dal leader comunista e allora ministro della Giustizia Palmiro Togliatti. Che aveva chiuso i dolorosi conti con la guerra civile svoltasi durante l’occupazione nazifascista. Gronchi prima ma soprattutto Saragat poi, restituendo a Moranino le condizioni per essere eletto nel 1968 senatore nelle liste del Pci, accreditarono di fatto le proteste contro la condanna sollevate dalla sinistra. Che aveva sempre creduto non alla magistratura ma a Moranino nella rappresentazione della strage da lui compiuta - la strage detta “della missione Strassera”- come di un’azione di guerra condotta contro compagni di lotta sospettati di collusione con il nemico. Non si venga quindi a sostenere adesso che sarebbe chissà quale inedito attentato alla Costituzione, meritevole d’impeachment del capo dello Stato, un intervento del Quirinale a favore di Berlusconi, condannato non per strage ma per frode fiscale. Condannato da giudici così competenti ed esenti da sospetti di pregiudizio (!) da sbagliare in eccesso, in primo e secondo grado, secondo le valutazioni della Cassazione la pena accessoria dell’interdizione. Che infatti è ancora da definire. Via, cerchiamo di non ragionare con la solita pancia di una lotta politica senza quartiere, condotta fuori e purtroppo anche dentro i tribunali contro un avversario che non si è riusciti a battere davvero sull’unico terreno corretto di gioco: quello elettorale. Si fa altrettanto presto a dire, stavolta sul versante opposto, che “il centrodestra e il suo leader con la grazia vanno al proprio annientamento” perché “i loro elettori sarebbero ostaggi” di una sinistra in grado, così, anche di “seppellire la riforma della giustizia”, come ha scritto qui, sul Tempo, il mio caro amico Davide Giacalone. Il quale mi sembra condividere, con linguaggio più arguto, timori e umori di falchi, falchetti, pitoni e pitonesse che a un Berlusconi graziato in corso di esecuzione della pena principale, ma quando sarà stata definita anche quella accessoria dell’interdizione, preferiscono un Berlusconi asserragliato nei suoi arresti e altri impedimenti domiciliari. Come se i suoi avversari, intimiditi dalla sfida per il carico di simpatia e solidarietà che potrebbe produrre in un elettorato che comunque Napolitano è indisponibile a chiamare a breve alle urne, volessero e potessero dare via libera alla riforma della giustizia. Che certa sinistra ha sinora osteggiato ritenendola propedeutica al superamento dei problemi giudiziari di Berlusconi e continuerà ad osteggiare interpretandola adesso, con il sindacato delle toghe, come una “ritorsione” per la condanna rimediata dal Cavaliere in Cassazione. In realtà, se Marco Pannella non riuscirà a fare il miracolo di realizzarla prima con i referendum che ha appena rimesso in cantiere, la riforma della giustizia intesa anche come riequilibrio dei rapporti fra politica e magistratura destabilizzatisi con la caduta per mano giudiziaria della cosiddetta prima Repubblica, dipenderà solo dalla sopravvivenza di questo governo dalle intese larghe ed emergenziali. Una sopravvivenza per la quale non basterà però la tutela del capo dello Stato, occorrendo anche quella condizione che Napolitano ha mostrato di comprendere bene nel comunicato dei giorni scorsi e si chiama “agibilità politica” di Berlusconi. Fosse pure per grazia ricevuta. Liguria: nelle carceri regionali mille stranieri, il 57% della popolazione detenuta www.savonanotizie.it, 17 agosto 2013 Sappe: “Lega ha ragione a sollecitare incremento espulsioni dei detenuti stranieri. Governo definisca presto trattative con Paesi d’origine”. “Si deve incrementare il grado di attuazione della norma che prevede l’applicazione della misura alternativa dell’espulsione per i detenuti stranieri i quali debbano scontare una pena, anche residua, inferiore ai due anni; potere che la legge affida alla magistratura di sorveglianza. In questo senso la manifestazione della Lega Nord iniziata in Liguria, pone una criticità oggettiva che, se risolta, avrà certo incidenza sul sistema.” Così Roberto Martinelli, segretario generale aggiunto del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, il primo e più rappresentativo della Categoria, commenta l’iniziativa della Lega Nord Liguria che ha intrapreso nei giorni scorsi. Numeri “incontrovertibili” sul boom di detenuti stranieri, dice Martinelli. “Oggi abbiamo in Italia quasi 65.000 detenuti: ben 22.744 sono stranieri. In Liguria sono stranieri 1.005 dei 1.764 presenti nelle celle della Liguria, con una palese accentuazione delle criticità con cui quotidianamente devono confrontarsi le donne e gli uomini della Polizia penitenziaria. Si pensi, ad esempio, agli atti di autolesionismo in carcere, che hanno spesso la forma di gesti plateali, distinguibili dai tentativi di suicidio in quanto le modalità di esecuzione permettono ragionevolmente di escludere la reale determinazione di porre fine alla propria vita. Le motivazioni messe in evidenza sono varie: esasperazione, disagio (che si acuisce in condizioni di sovraffollamento), impatto con la natura dura e spesso violenta del carcere, insofferenza per le lentezze burocratiche, convinzione che i propri diritti non siano rispettati, voglia di uscire anche per pochi giorni, anche solo per ricevere delle cure mediche. Ecco queste situazioni di disagio si accentuano per gli immigrati, che per diversi problemi legati alla lingua e all’adattamento pongono in essere gesti dimostrativi. Il Sappe chiede dunque al Governo di “recuperare il tempo perso su questa significativa criticità penitenziaria e di avviare le trattative con i Paesi esteri da cui provengono i detenuti - a partire da Romania, Tunisia, Marocco, Algeria, Albania, Nigeria - affinché scontino la pena nei Paesi d’origine. Per il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria “è fondamentale trovare accordi affinché gli stranieri scontino la pena nei Paesi d’origine. Questo, oltre a mettere un freno ad una grave emergenza, potrebbe rivelarsi un buon affare anche per le casse dello Stato, con risparmi di centinaia di milioni di euro, nonché per la sicurezza dei cittadini. Un detenuto - ricorda Martinelli - costa infatti in media oltre 250 euro al giorno allo Stato italiano”. Padova: 21enne suicida in cella, rivolta dei detenuti per sospetti su violenze dagli agenti di Enrico Ferro Il Mattino di Padova, 17 agosto 2013 L’ennesimo suicidio in carcere ha scatenato una rivolta dei detenuti che si sono rifiutati di rientrare dall’ora d’aria. È successo ieri pomeriggio alla Casa Circondariale diretta da Antonella Reale, dove polizia e carabinieri sono intervenuti in massa insieme alle guardie carcerarie. In serata sul posto i vigili del fuoco per illuminare il perimetro del carcere. La tragedia si è consumata giovedì verso le 20, quando Aziz Bouadili, marocchino di 21 anni in carcere dal gennaio 2012, si è impiccato nella sua cella. È stato soccorso, trasportato d’urgenza in ospedale e successivamente trasferito nella terapia intensiva del Sant’Antonio. Tre ore dopo, verso le 23, il suo cuore si è fermato. I detenuti dicono che è stato picchiato selvaggiamente dagli agenti della polizia penitenziaria. In effetti una colluttazione ci sarebbe stata. La notizia della morte del giovane, in carcere, è arrivata nel primo pomeriggio di ieri. Ed è scoppiato il finimondo. Tutti sono stremati per le condizioni disumane in cui sono costretti a stare: situazioni limite, in nove all’interno di celle di 24 metri quadrati. Ovviamente la situazione precipita nei mesi estivi, quando la temperatura rende le giornate ancora più invivibili. Ieri pomeriggio i carcerati hanno manifestato i primi segni di insofferenza sbattendo oggetti metallici contro le sbarre delle celle. La protesta è cresciuta rapidamente d’intensità. Alle 18 si sono rifiutati di rientrare dall’ora d’aria dando il via al braccio di ferro. Subito sono stati richiamati in servizio tutti gli agenti della polizia penitenziaria, anche quelli che avevano appena terminato il turno di lavoro. Sul posto è stato richiesto anche l’intervento del reparto Operativo dei carabinieri, oltre che della squadra mobile della questura e dei vigili del fuoco. Al parroco, padre Eraclio, è stato impedito di entrare per la complessità della situazione. Il timore era che si potesse scatenare una rivolta nei piani del carcere in cui i detenuti vengono rinchiusi in attesa del giudizio. Secondo gli ultimi dati forniti, a fronte di una capienza massima di 98 persone, sarebbero 370 i carcerati che attualmente si trovano nel Circondariale: una situazione esplosiva. La situazione è rientrata alla normalità nella tarda serata di ieri dopo che sul posto era intervenuta anche il pm Federica Baccaglini. Il magistrato ha deciso l’autopsia sul corpo del detenuto suicidato e ascoltato le proteste dei circa 200 detenuti che si sono rifiutati di rientrare nelle celle. “Ci sono delle indagini in corso e quindi dobbiamo essere molto cauti - ha spiegato Giampietro Pegoraro, coordinatore padovano Cgil Fp Polizia Penitenziaria - ma diciamo che sembrerebbe esserci qualcosa di poco chiaro dietro a quel suicidio”. Si impicca con i lacci delle scarpe dopo una violenta lite, di Luca Ingegneri e Lino Lava (Il Gazzettino) I detenuti della Casa circondariale di strada Due Palazzi sono rientrati nelle celle solo ieri sera alle ventidue. Una rivolta iniziata nell’ora d’aria e che aveva spaventato tutti. La causa della ribellione dei detenuti, quasi tutti extracomunitari, è stata il suicidio di un ventenne marocchino. E il sovraffollamento di un carcere che ha 82 posti e una popolazione di 240 detenuti. Quando si vuol morire, ci si uccide con tutto. Anche un paio di lacci da scarpe possono diventare un cappio. Ma il suicidio non dovrebbe avvenire alla Casa circondariale di strada Due Palazzi dove i lacci per scarpe vengono requisiti ai detenuti all’entrata. E se a compiere il gesto è un ragazzo marocchino di vent’anni, detenuto per spaccio di hashish, e che prima di morire avrebbe litigato con un agente di polizia penitenziaria, è rivolta. Una rivolta che è iniziata ieri pomeriggio quando alla Casa circondariale è arrivata dall’ospedale Sant’Antonio la notizia del decesso del giovane. I 240 detenuti in attesa di giudizio, la maggior parte extracomunitari, si sono ribellati durante l’ora d’aria. Una ribellione senza precedenti che si è conclusa solo a tarda ora. Nella casa circondariale sono arrivati tutti. Carabinieri, polizia, il pubblico ministero Federica Baccaglini. E quando si è fatto buio sono arrivate anche le squadre dei vigili del fuoco, impegnate ad illuminare il cortile del carcere dove i detenuti non sono mai rientrati dall’ora d’aria. Il giovane marocchino morto divideva la cella con altri compagni: aveva vent’anni, era in Italia con un regolare permesso di soggiorno, e recentemente era stato arrestato perché aveva un etto di hashish. Era il primo pomeriggio di Ferragosto quando il ragazzo ha avuto un violento diverbio con un agente di polizia penitenziaria. I motivi ancora non si conoscono. Quello che si sa è che sarebbero venuti alle mani. E ad avere la peggio sarebbe stato l’agente. Durante una colluttazione il ragazzo gli avrebbe causato la lussazione di una spalla. Il ventenne marocchino però quel giorno non è andato in cortile per l’ora d’aria. Quando è rimasto da solo in cella ha preso i lacci delle scarpe - che non si sa dove possa aver trovato - e ha formato un cappio. Quando gli agenti hanno fatto la scoperta del tragico gesto il giovane marocchino era ancora in vita. È stato subito soccorso e trasportato all’ospedale Sant’Antonio. Il ragazzo non ha più ripreso conoscenza e nella tarda mattinata di ieri è deceduto. Le notizie in carcere passano di bocca in bocca. E tutti gli extracomunitari della Casa circondariale erano in attesa dell’ora d’aria. Ma già nel primo pomeriggio la polizia penitenziaria aveva capito che la situazione stava degenerando. E le prime urla si sono udite un attimo dopo l’uscita in cortile. Il motivo? I detenuti extracomunitari sostenevano che il giovane marocchino si è ucciso per i motivi che avevano causato il litigio con l’agente di polizia penitenziaria. La rivolta è parsa subito grave. Le guardie del carcere si sono rese conto che non ce la facevano a gestire la protesta. Era iniziata una vera e propria sommossa. Taranto: Marranzano (Pd); in carcere, oltre sovraffollamento, anche emergenza sanitaria Ansa, 17 agosto 2013 "Oltre ai problemi di sovraffollamento e di carenza di agenti penitenziari, mi sembra ci sia anche un'emergenza sanitaria cui far fronte. Peraltro il numero dei detenuto tossicodipendenti si aggira intorno al 40% e poi c’è il problema dei detenuti con problemi psichiatrici". Su questi aspetti si è soffermato il consigliere regionale del Pd Michele Mazzarano al termine della visita in carcere effettuata con i colleghi di partito Massimo Serio (segretario provinciale) e Vito Miccolis (capogruppo il Comune a Massafra) e Annarita Digiorgio per il comitato promotore dei 12 referendum proposti dai radicali. "Penso che ci sia bisogno di una iniziativa seria parlamentare - ha aggiunto Mazzarano - smettendola con la retorica di occuparsi della giustizia solo quando ci sono casi dei singoli. Penso che la regione per le sue comptenze sanitarie debba intervenire magari per arricchire il più possibile l'organico in modo da supportare le gravi patologie di che sono pure presenti. A deputati e senatori spetta l'iniziativa parlamentare, a noi la competenza della Regione per affrontare questi temi che spesso non sono centrali nell'agenda di governo". Perugia: nel carcere di Capanne mancano all’appello 100 agenti rispetto a quelli richiesti Corriere dell’Umbria, 17 agosto 2013 Il resoconto di Adriana Galgano, vicepresidente dei deputati di Scelta Civica, e Andrea Maori, segretario di Radicali Perugia: le condizioni migliorano rispetto al 2012 ma restano criticità. Il Ferragosto di visita nelle carceri per i radicali è servito a constatare che le condizioni di quello perugino di Capanne sono “migliori dell’anno scorso”. Migliora, ad esempio, il dato sugli atti di autolesionismo, sensibilmente in calo rispetto al 2012, anche se restano criticità come il numero di agenti ancora inferiore al previsto (la direzione ne ha chiesti 320 mentre sono 222). È quanto emerge dal resoconto fornito da Adriana Galgano, vicepresidente dei deputati di Scelta Civica, e Andrea Maori, segretario di Radicali Perugia. “Il numero dei detenuti - dice Galgano - è a livello di soglia massimo consentito ed è importante che si mantenga tale per assicurare ad ogni detenuto il minimo di spazio vitale previsto per legge. Il 65 per cento dei detenuti è straniero. Sono inoltre pochissimi, circa una decina, i detenuti che lavorano all’esterno del carcere, grazie a una convenzione con il Comune di Perugia”. “Con soddisfazione prendiamo atto che l’aumento della cosiddetta vigilanza dinamica - continua Maori - che consente una maggiore socialità tra i detenuti, con un aumento notevole di ore di apertura delle celle (purtroppo applicata solo nelle sezioni maschili), viene considerato un elemento di deterrenza anche degli atti di autolesionismo, che, dal primo gennaio al 15 giugno, sono diminuiti notevolmente rispetto all’anno precedente”. Grave - concludono Adriana Galgano e Andrea Maori - la mancanza di un reparto dedicato ai detenuti all’ospedale regionale di Perugia. Anche della situazione del mondo carcerario in Italia tiene conto uno dei dieci quesiti referendari (quello per la limitazione del carcere preventivo, cioè prima della sentenza di condanna, ai soli reati gravi) per cui i radicali stanno raccogliendo firme. Sono giunte a quota 3.500 quelle raccolte dall’associazione radicaliperugia.org. Nuova mobilitazione in tal senso a Perugia si svolgerà in corso Vannucci sabato 17 agosto dalle 18 alle 23. Milano: successo per la “Giornata della restituzione”, 135 detenuti al lavoro all’Idroscalo di Stefano Vietta www.assesempione.info, 17 agosto 2013 Dopo il successo dello scorso anno, giovedì, l’Idroscalo ha ospitato la seconda “Giornata della Restituzione”. L’iniziativa, alla quale hanno preso parte il presidente Guido Podestà e il project manager Cesare Cadeo, rientra nel quadro della consolidata sinergia tra la Provincia di Milano e il Provveditorato dell’Amministrazione penitenziaria della Lombardia, finalizzata al reinserimento nella società delle persone in stato detentivo. Nell’ambito della collaborazione, la Provincia di Milano ha già favorito l’impiego di detenuti nella manutenzione del verde e ordinaria del Parco. Nell’occasione, 135 detenuti - più del doppio rispetto a quelli che vi parteciparono nel 2012 - hanno ripristinato alcune aree del “polmone verde”, prima di trascorrere un pomeriggio insieme con le famiglie, gli educatori e gli operatori. All’evento, oltre alla casa di reclusione di Bollate, hanno aderito anche quelle di San Vittore, Opera e Monza. Nella mattinata, i detenuti hanno portato a termine le attività di manutenzione dell’area adiacente al “Laghetto delle Vergini” e, successivamente, hanno vissuto un momento di festa e di svago con mogli e figli, grazie pure al pic-nic organizzato dall’associazione “Giacche Verdi”. La giornata è stata impreziosita da una mostra di pitture e di sculture (realizzate, in collaborazione con l’Accademia di Brera, dai laboratori artistici delle carceri) e da una installazione interattiva, dal titolo “Il muro del sorriso”, donata dall’artista Caterina Borruso all’Amministrazione penitenziaria. Si tratta di una reinterpretazione del “Muro del pianto”, che rievoca la forza e l’importanza del sogno per intraprendere un percorso di risocializzazione. “Anche quest’anno, la “Giornata della Restituzione” ha permesso a chi ha commesso atti contrari alla legge di riabilitarsi con semplici ma significative azioni a favore della società - ha dichiarato il presidente Podestà. L’aspetto più gratificante della seconda edizione è stato, senz’altro, l’adesione di altri istituti penitenziari della Lombardia. Carceri, come Bollate, capaci di promuovere progetti innovativi per integrare gradualmente nella comunità chi sceglie la strada della legalità. Abbiamo, dunque, scandito un messaggio chiaro: la detenzione non può prevedere solo un aspetto afflittivo ma anche dei momenti di partecipazione sociale utili alla vita della collettività. Tale principio è, sinora, risultato alla base dell’azione condotta da Palazzo Isimbardi. Basti pensare alla creazione di un asilo nido aziendale a Opera, destinato ai figli degli agenti della Polizia penitenziaria e degli altri operatori, o all’Istituto a custodia attenuata, nel quale tante donne possono scontare la pena insieme con i propri bambini”. Pontremoli (Ms): Sottosegretario giustizia Ferri visita unico istituto per ragazze recluse Ansa, 17 agosto 2013 Più scuola nel carcere minorile di Pontremoli che ospita solo ragazze; a chiederlo è il sottosegretario alla giustizia Cosimo Maria Ferri che nel giorno di Ferragosto ha visitato l'Istituto penale minorile. "Ho sentito l'esigenza di visitare l’Istituto minorile - ha spiegato Ferri che è originario proprio di Pontremoli, dove sono ristrette solo detenute minorenni, sede che rappresenta un unicum in Italia ed in Europa ed è giustamente motivo di vanto per la Provincia di Massa Carrara. Ho inteso manifestare gratitudine a nome delle istituzioni - aggiunge Ferri - nei confronti della polizia penitenziaria, degli operatori sociali e di tutti coloro che sono coinvolti in vario modo e con diverse mansioni in questa importante realtà. Questa visita mi ha fatto riflettere sulla necessità di una riforma del sistema penale minorile che si accompagni ad un incremento dell'organico della polizia penitenziaria, dei dirigenti, del personale tecnico e degli operatori sociali coinvolti nel processo di recupero del giovane adulto. Occorre, inoltre, migliorare l'inserimento del reo-minore nel mondo del lavoro attraverso attività di volontariato e di apprendistato, seguendo l'esempio delle realtà più virtuose, già attive nel nostro Paese. Auspico che la Regione Toscana dia seguito all'importante iniziativa di garantire per l'anno 2013/2014 almeno 10 ore scolastiche all'interno dell'Istituto penale minorile di Pontremoli". Catanzaro: Corbelli (Movimento Diritti Civili) chiede cure per detenuto malato di tumore Ansa, 17 agosto 2013 Il leader del Movimento Diritti Civili, Franco Corbelli, in una nota, denuncia il “dramma di un calabrese di 63 anni, detenuto nel carcere di Palmi, affetto da un tumore, che chiede di poter ottenere gli arresti domiciliari e di poter essere ricoverato e curato all’ospedale San Raffaele di Milano, dov’era in cura, prima di essere arrestato”. L’uomo ha scritto una lettera a Corbelli chiedendogli di aiutarlo. Corbelli si rivolge ai giudici competenti chiedendo di “voler accogliere la richiesta di questo detenuto gravemente malato per permettergli di potersi curare adeguatamente e avere accanto i suoi familiari per essere assistito e per meglio affrontare la brutta malattia che lo sta distruggendo giorno dopo giorno. Auspico soltanto - conclude Corbelli - anche in questo caso, e per questa vicenda giudiziaria, un provvedimento di giustizia giusta e umana”. Sassari: domani concerto per l’inclusione sociale, partecipano quattro detenuti semiliberi www.sassarinotizie.com, 17 agosto 2013 Domenica 18 agosto alle ore 11, a Sorso, appuntamento con l’appendice sassarese di Time in Jazz. Alla Fontana della Billellera, si esibiranno Paolo Fresu e Daniele Di Bonaventura, in una performance artistica che vedrà coinvolti un gruppo di carcerati inseriti in un progetto di recupero e inclusione sociale portato avanti dalla cooperativa Andalas de Amistade in collaborazione con il Ministero della Giustizia, la Regione Sardegna e il Comune di Sorso. Quattro detenuti in regime di semilibertà che hanno ultimato il progetto d’inserimento al lavoro iniziato lo scorso febbraio e sono stati assunti dalla stessa cooperativa per curare la manutenzione del parco e delle strutture dello Stagno di Platamona, si esibiranno dando voce ai loro attrezzi di lavoro: alla Fontana della Billellerale le note suonate da Fresu e Di Bonaventura si mescoleranno con i suoni prodotti dalle seghe ei martelli dei detenuti della case circondariali di Alghero e Sassari. “È un’esibizione in linea con il tema dell’edizione 2013 di Time in Jazz, che ha come filo conduttore “Il Quinto Elemento”, il vuoto” spiega Agostino Loriga, vice presidente della cooperativa Andalas de Amistade. “Si tratta di un’idea fortemente voluta da Paolo Fresu, che ha voluto coinvolgere i detenuti nel progetto artistico per far rappresentare loro il vuoto vissuto dalle persone che si trovano in difficoltà e apparentemente senza prospettive per il futuro. Un vuoto che può essere riempito appunto con il lavoro, capace di dare dignità, fiducia e speranza all’uomo”. Oltre a voler dare un contributo concreto nel percorso di recupero sociale di un gruppo di persone svantaggiate, l’Amministrazione comunale di Sorso, guidata dal sindaco, Giuseppe Morghen, e l’Assessorato Politiche Culturali, Pubblica Istruzione, Turismo, guidato dall’Assessore Simonetta Pietri, ha colto l’occasione per offrire ai sorsesi e ai turisti uno spettacolo di livello internazionale grazie alla presenza appunto di Fresu e Di Bonaventura. Roma: evade gli arresti domiciliari per amore, ruba una bici e pedala per 700 chilometri www.articolotre.com, 17 agosto 2013 In bici da Roma ad Aosta per rivedere la sua fidanzata, ma viene fermato e arrestato ad Ivrea, perché ricercato per evasione dagli arresti domiciliari. Lui è Umberto Rotundo, 28 anni, residente a Soverato, provincia di Catanzaro. Da qui, dove era ai domiciliari per una vicenda di spaccio di droga, avvenuta due anni fa in Valle d’Aosta, era scappato il 10 agosto scorso. Direzione? Il capoluogo valdostano, dove, fino a un anno fa, viveva con la fidanzata che voleva assolutamente vedere. Per la fuga ha scelto una bici, con cui ha attraversato mezza Italia, tre giorni e tre notti, pedalando senza sosta. Poi ad un passo dalla meta, viene fermato e arrestato dai Carabinieri di Ivrea. È partito dalla Calabria con in tasca pochi soldi, giusto quello che serviva per comprare un biglietto del treno per Roma e un paio di pacchetti di sigarette. Lo stesso giorno arriva a Termini, ma sono ancora più di 800 i chilometri che lo separano dalla sua amata. Cosa fare? L’idea gliela dà un tizio che lui dice di aver incontrato in stazione, quando ormai era quasi notte: “Aveva una bicicletta ed era un mezzo sbandato. C’è voluto poco a convincerlo: ho barattato la sua bici gialla con un pacchetto di sigarette”. Ecco che la rocambolesca pazzia d’amore ha inizio: “Non ho praticamente mai dormito. Forse lo avrò fatto per un paio d’ore al massimo”, ha raccontato ai militari. Ha viaggiato come un forsennato, evitando i tragitti troppo trafficati: “Non volevo dare nell’occhio. Ho pensato che a nessun carabiniere o poliziotto potesse venire in mente di fermare un tizio in bicicletta”. Poche soste, giusto il tempo di riposare qualche minuto, di fare rifornimento di acqua, latte e biscotti (l’unico alimento che ha ingerito in questi tre giorni) e nemmeno mezza parola con nessuno. Così ha attraversato il Lazio, la Toscana, la Liguria. È arrivato in Piemonte e poi, usando strade provinciali e regionali, dopo 716 chilometri è arrivato a Ivrea. Dove la sua fuga è terminata. A notare quel ragazzo grande e grosso girovagare con lo sguardo confuso e il fiatone è stata una commerciante di Ivrea. La donna ha chiamato il 112: “C’è un tizio strano, va avanti e indietro in bicicletta, venite a dare un’occhiata per favore”. Le forze dell’ordine sono arrivate dopo pochi minuti e hanno trovato Umberto seduto su una panchina che tirava il fiato prima di rimettersi in sella. Il giovane è stato poi arrestato, quando i carabinieri hanno scoperto essere ricercato per evasione dai domiciliari. Quando si è trovato di fronte i carabinieri si è lasciato scappare un mezzo sorriso: “Mi sono fatto più di 700 chilometri in bicicletta e mi avete beccato ad un passo dall’arrivo”. Immigrati: Sap; nei Cie situazione esplosiva, poliziotti a rischio… servono interventi Tm News, 17 agosto 2013 “La situazione nei Cie italiani in questi giorni di metà agosto è drammatica, con poliziotti impegnati h24 nei servizi di controllo e vigilanza che vivono una difficilissima situazione, anche a causa della carenza di personale, mettendo quotidianamente a rischio la propria incolumità”. È quanto denuncia in una nota il sindacato di polizia Sap. Per il segretario generale del Sap, Nicola Tanzi, “c’è bisogno di regolamenti comuni per tutti i centri e di nuove norme sullo status degli ospiti di queste strutture che non sono detenuti, ma che comunque devono essere trattenuti. La situazione ormai è esplosiva. I problemi maggiori sono legati ai soggiorni prolungati degli immigrati nei Cie, con i consolati che hanno il compito di identificare coloro che sono trattenuti e che invece non rispondono o lo fanno con estremo ritardo. “Abbiamo fatto presente questa situazione al ministero dell’interno - conclude Tanzi - ma per ora non abbiamo avuto risposte soddisfacenti. Il nodo è tutto politico. Finché non verrà sciolta la situazione dei Cie continuerà a essere a rischio”.