Giustizia: e improvvisamente il Pdl cambiò opinione sulle carceri e le misure alternative… di Simone Mariotti La Voce di Romagna, 10 agosto 2013 Quando tocca a te, allora tutto diventa reale. Quando si è coinvolti in prima persona, tutto cambia. È un classico, e la comoda superficialità lascia il posto ad altro. In questi giorni è la volta della giustizia e delle pene alternative al carcere. E tra i simpatizzanti del Popolo della Libertà qualcosa è improvvisamente cambiato. Se prima della sentenza che ha condannato il Capo il carcere era l’unico degno luogo in cui dovevano finire i condannati di ogni tipo (un sentimento diffusissimo anche a sinistra, non credete, per non parlare del M5S), e se parole come “amnistia” e “indulto” erano impronunciabili, se le pene alternative erano frivolezze se non escamotage per non punire i delinquenti perché, secondo una vulgata comune, i domiciliari o i servizi sociali sono ritenuti equivalenti alla libertà, solo con qualche fastidio, oggi improvvisamente anche questi provvedimenti alternativi sarebbero delle “gravi restrizioni alla libertà individuale di Berlusconi”. C’è da chiedersi se ciò valga solo per lui o per l’intera popolazione, se la positiva evoluzione verso forme alternative alla detenzione sarà seriamente portata avanti, o se ci dovremo ancora sorbire la Santanché che, come ha fatto sino a ieri, nega l’emergenza carceraria, o le sparate dei leghisti su quelli che se la sono cercata e che stiano dentro che è peggio per loro, o gli “approfondimenti sul tema” di Gasparri (e di tanti con lui) che liquida sempre tutto col ritornello penoso del “faremo nuove carceri”. E se finirà l’ostruzionismo contro i tentativi di “svuotare” le carceri per riportarle a uno stato di almeno vaga umanità. Eppure tutta questa ostilità diffusa per le pene alternative e per le misure che tentano di riportare sotto controllo lo stato delle carceri fa leva su una paura atavica e su un giustizialismo tanto innato quanto frutto dell’ignoranza che porta ad incartocciarsi su se stessi, procrastinando una situazione drammatica che finisce per peggiorare la sicurezza nazionale. E questo sia perché la funzione rieducatrice del carcere viene di fatto negata in tale contesto, sia perché di spazio per i delinquenti non ve n’è più e oramai si entra e si esce dopo poco, sia perché una giustizia ingolfata produce qualcosa come 170mila processi l’anno che cadono in prescrizione (di fatto un indulto silenzioso al mese, che pare non disturbi troppo), un’amnistia per ricchi con buoni avvocati. E questo mentre il 70% dei furti e l’80% degli omicidi rimane impunito. Oltretutto con la spada di Damocle della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo che ha rigettato i ricorsi dell’Italia, dando al nostro paese ancora pochi mesi prima di far scattare pesanti sanzioni. E come ricordò il Presidente Napolitano a un convegno organizzato dai Radicali due anni fa, dal penoso stato delle carceri “la sicurezza nazionale viene più insidiata che garantita”. Bombardati da messaggi di terrore che rinfocolano la paura verso un mondo attuale che in realtà è tra i più sicuri di tutta la storia dell’uomo, sia che si guardi all’Italia che al resto del mondo, in troppi ancora non comprendono che davanti a una situazione di violento dissesto della giustizia come quella italiana, se non si percorrono strade alternative alla carcerazione, se non si puliscono le scrivanie dei magistrati, se non si ha il coraggio di dire e certificare che abbiamo fallito nell’amministrazione della giustizia e che dobbiamo ricominciare, non ci risolleveremo più. E per farlo, tra molte altre cose, è necessaria, seppur certamente non sufficiente, anche un’amnistia. I Radicali sono oggi meno soli in questa richiesta. Il ministro Cancellieri ne ha ultimamente più volte sottolineato l’importanza, ma è la popolazione che lo deve capire. Capire che un’amnistia porterebbe un po’ di ossigeno al paese, alla nostra sicurezza e, non ultima, alla nostra dignità. Giustizia: il berlusconismo ha devastato i fondamenti della nostra repubblica democratica di Gianfranco Paris Notizie Radicali, 10 agosto 2013 Questa storia della sentenza della Cassazione che ha sancito che gli italiani sono stati governati per tanti anni da un imprenditore che con le sue aziende era solito evadere il fisco, costituire all’estero dei fondi con le somme evase e fare utili ai danni dei cittadini, sta diventando veramente insopportabile. Se è vero che in attesa di un giudizio definitivo non è giusto dire che l’imputato di un reato non sia tacciato di infamia, nel caso di Berlusconi sta accadendo addirittura che, nemmeno di fronte a una condanna definitiva, sembra si possa affermare che il condannato sia una persona che ha commesso un reato e che possa essere additato alla pubblica riprovazione. È veramente troppo! Una repubblica democratica è basata sul principio della divisione dei poteri. Uno di questi è la Magistratura, che esercita il suo magistero con indipendenza secondo il principio fondamentale della eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. Berlusconi è stato sottoposto a tre gradi di giudizio, le prove erano schiaccianti, la legge è stata osservata, i magheggi dei suoi avvocati, che non sono stati molti, ma moltissimi, non hanno sortito effetti, quindi tutto si è svolto secondo le regole e le scuse addotte sono risibili e offensive della intelligenza umana (il padrone che non sa quello che fanno i suoi servi in suo favore, suvvia!). E allora? Come italiano, mi rifiuto di farmi prendere per il sellino. Capire perché sarebbe stata commessa una ingiustizia è veramente arduo. Comprendere quanto sta accadendo intorno a questo personaggio in questi giorni offende il buon senso e mette a dura prova la coscienza civica i tutti noi. Secondo i suoi sostenitori sarebbe stata commessa una ingiustizia, per riparazione dovrebbe essergli concessa la grazia e magari essergli chiesto scusa, e soprattutto non dovrebbe scontare la pena accessoria che gli impedisce di svolgere l’attività politica a salvaguardia degli interessi della collettività, l’altra pena, quella del carcere che la gente qualunque sconta nelle patrie galere che somigliano a quelle di un paese del terzo mondo, lui la passerà agli arresti domiciliari in una delle sue agiate ville, o giù di li. Ora non è chi non veda come un tale atteggiamento da parte di una fazione politica sia particolarmente dannoso per la vita sociale italiana. Gridare al “lupo” contro le istituzioni a difesa di una malefatta dichiarata tale da tre gradi di giudizio rappresenta un vulnus di grave portata che fa strame delle regole della repubblica e che semina il cattivo esempio. La Magistratura italiana, attraverso tre gradi di giudizio, ha dichiarato che Berlusconi ha derubato il popolo italiano arricchendosi alle sue spalle frodando il fisco. Io come cittadino italiano ho il diritto di proclamarlo ad alta voce, ho anche il diritto che un tal personaggio non eserciti la pubblica attività ed ho anche il diritto di non vedere i nostri governanti che, per opportunità del momento, patteggiano su queste cose e che si usino due pesi e due misure nei riguardi dei cittadini. La legge deve essere uguale per tutti. La Repubblica attraversa un momento assai grave della sua giovane storia. Si può uscire dal tunnel solo con il rispetto delle regole del gioco democratico. Non certo con le compiacenze e con gli ammiccamenti per convenienza di questo o quel gruppo politico. Berlusconi non è degno di governare né di partecipare alla vita politica di questo paese, tale indegnità risulta per “tabulas”, come si dice in gergo. Si faccia da parte. Dia prova di esser ancora un uomo degno di questo nome! Finché questi concetti non ridiventeranno di dominio pubblico, poca speranza avranno i nostri giovani di vivere in un paese appena normale. Avevo appena finito di scrivere questa nota, quando il mondo dei media è stato colpito dalle esternazioni del presidente del collegio giudicante dei cassazionisti che ha emesso la sentenza della condanna di Berlusconi. È la dimostrazione esatta di quanto questa nostra repubblica del cavolo sia stata devastata dall’insieme delle istituzioni e soprattutto dai mass media. Il desiderio di protagonismo, la ricerca ad ogni costo della notorietà a scapito del buon andamento delle cose è diventata ormai la regola generale. Importa solo il sentirsi “protagonisti”, il sentirsi tutti dei berlusconi, il resto non conta. Se c’è una regola per svolgere con dignità e prestigio il delicato compito di magistrato in qualsiasi parte del mondo è quella della riservatezza, della discrezione e del silenzio. Compiere il proprio dovere come una missione, come un dovere civico. Andare a raccontare ad un giornalista a caccia di notizie eclatanti le cose, che sono state dette in camera di consiglio e che debbono rimanere necessariamente segrete, significa che quel magistrato ha perduto la bussola e il Consiglio superiore dovrebbe mandarlo in pensione con demerito. Ma non sarà così. Intanto il segretario di magistratura democratica si è subito affrettato a dichiarare che quelle parole non modificheranno nulla del verdetto. Ci mancherebbe altro! Ma il problema non è se lo modificheranno o meno, perché non lo potrebbero comunque fare perché siamo in presenza di una sentenza definitiva. Il problema è che queste vicende aiutano a nascere tanti berlusconi in questo paese disastrato e danno fiato a tutti coloro che dicono che in fondo Berlusconi non ha commesso reato frodando lo stato e arricchendosi alle spalle di tutti noi. Magistrati così, e purtroppo ce ne sono molti come dimostrano i fatti accaduti in questi ultimi due decenni, non vanno difesi, vanno mandati a casa. E Napolitano non può far finta di non vedere, perché diversamente anche lui va mandato a casa. Giustizia: “Esercito di Silvio” polemizza con Lega su amnistia “serve per pacificare Paese” Tm News, 10 agosto 2013 “Maroni dovrebbe ricordare che lui, Cota e Zaia sono alla guida delle regioni più importanti del Nord solo grazie a Silvio Berlusconi ed ai suoi voti, l’ultimo dato elettorale infatti non consentirebbe alla Lega di vincere da sola nemmeno le comunali di Varese”. Simone Furlan, leader dell’Esercito di Silvio, rimanda al mittente le accuse in ordine alla proposta di legge sull’amnistia che l’Esercito di Silvio sta portando avanti dal basso come proposta di legge di iniziativa popolare. “Maroni - prosegue Furlan in una nota - dovrebbe aderire al comitato promotore della amnistia come atto di rispetto e riconoscenza dovuta a Silvio Berlusconi e come elemento fondante della necessaria riforma della giustizia. Il sistema carcerario e la giustizia penale italiana sono da Paese sotto sviluppato. Maroni oggi dispensa ricette come non fosse stato Ministro dell’Interno per quasi 4 anni negli ultimi 5. L’amnistia - Conclude Furlan - serve certamente alla pacificazione politica del Paese, serve a ridare giusta e meritata serenità a Silvio Berlusconi e serve a dare il via alla riforma globale della giustizia, necessaria per gli italiani e per rilanciare l’impresa. Le minacce di Maroni fanno sorridere, senza l’agibilità politica di Berlusconi i primi a farne le spese saranno lui ed il suo movimento, una specie in via d’estinzione. Se il Vietnam vuol dire tornare subito al voto in Lombardia, Veneto e Piemonte, noi siamo pronti”. Giustizia: Pagliari (Pd); la legge Severino è chiara… Berlusconi deve decadere da senatore di Francesco Bandini Gazzetta di Parma, 10 agosto 2013 “La legge Severino va applicata, Berlusconi deve decadere da senatore”. Non ha dubbi il senatore parmigiano del Pd Giorgio Pagliari, membro della giunta per le immunità del Senato che dovrà decidere delle sorti dell’ex presidente del Consiglio. La prima riunione sul caso del Cavaliere si è tenuta l’altra sera e Pagliari era presente. Vista dal di dentro, com’è andata la riunione? La discussione è avvenuta con toni assolutamente civili e all’unanimità si è deciso un percorso nel rispetto delle norme che riguardano questo tipo di giudizi, che sono norme interne al Senato. Questo aspetto dell’unanimità non è un fatto trascurabile… Infatti. Tengo a sottolineare che il rinvio al 9 settembre non nasconde alcuna volontà di dilazione, ma è una decisione che tiene conto dei tempi tecnici, che sono legati anche al rispetto del contraddittorio. Lo dico perché è uscito qualche commento di esponenti 5 stelle che hanno criticato questa cosa. Ma loro stessi in giunta non hanno eccepito nulla. Durante la seduta è intervenuto anche lei? Sì, per ribadire che la norma è chiara e che non ci sono problemi interpretativi: chi è condannato per i reati previsti dalla legge Severino, fra cui anche la frode fiscale, decade dalla carica pubblica che ricopre. E ho insistito perché fosse definito subito l’iter e venisse fissata una nuova udienza. Sulla necessità di essere celeri, devo dire che nessuno ha obiettato e il Pdl non ha fatto ostruzionismo. Cosa pensa delle due obiezioni avanzate dal Pdl, ovvero la questione della non retroattività della legge Severino e la questione secondo cui la norma non sarebbe applicabile perché la pena effettiva che Berlusconi dovrà scontare è inferiore ai due anni? Per quanto riguarda la retroattività, non può esserci, perché non siamo di fronte a una sanzione penale o amministrativa, ma a una causa di inidoneità all’esercizio di una funzione, un requisito negativo individuato dalla legge, che non ha quindi valenza penale. In proposito c’è anche una sentenza del Consiglio di Stato. Quanto all’aspetto dell’entità della condanna, non vi sono dubbi: la legge parla di decadenza in caso di condanna ad almeno di due anni, e la condanna è quella definita dalla sentenza. Non c’entra che ci sia l’indulto che riduce la pena. Nel Pdl parlano di persecuzione nei confronti di Berlusconi… Non c’è alcun intento persecutorio. La legge è chiara e va applicata. Detto questo, credo che la vicenda di Berlusconi sarebbe meglio che si concludesse su un piano strettamente politico. D’altra parte, non è irrilevante che un leader sia condannato in questo modo, perché in qualsiasi altra democrazia degna di questo nome, con imputazioni di quel tipo l’uscita dalla scena politica sarebbe istantanea. In altri Paesi ci sono ministri che si sono dimessi perché non hanno pagato i contributi alla colf, o perché vent’anni prima avevano copiato la tesi di laurea. Berlusconi ha tutto il diritto di dire che non molla e che continua a fare politica, ma questa è la vera anomalia italiana: un’anomalia che ha condizionato vent’anni della vita politica di questo Paese. Giustizia: Sottosegretario Ferri; reinserimento detenuti stranieri difficile, meglio rimpatrio di Andrea Accorsi La Padania, 10 agosto 2013 Sottosegretario Ferri, che cosa pensa della proposta della Lega di risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri facendo scontare la pena ai detenuti extracomunitari nei loro Paesi di origine? “Maroni ha posto l’attenzione su un problema serio che merita un’attenta riflessione e una pronta soluzione - risponde il sottosegretario del ministero della Giustizia, Cosimo Ferri. Circa il 40% dei detenuti è rappresentato da stranieri non appartenenti all’Ue, per i quali l’accesso alle misure esterne al carcere è quasi sempre precluso: o perché si tratta di clandestini, con conseguente elevato pericolo di fuga, o per ragioni legate all’assenza di risorse quali il lavoro, la famiglia o il domicilio. Si tratta generalmente di soggetti che hanno scarse probabilità di reinserirsi nella società civile al termine della pena, e che spesso sono risucchiati nell’illegalità non appena fuori dal carcere. Sul punto significativi sono i dati statistici di recidiva”. Tutto dipende dai trattati che andrebbero sottoscritti con i Paesi di provenienza dei detenuti? “È la via maestra da intraprendere con decisione, soprattutto di fronte al problema del degrado delle condizioni di vita negli istituti penitenziari, oltre che per garantire l’effettività delle pene detentive. Accordi internazionali con i Paesi europei e del bacino mediterraneo consentirebbero agli stranieri condannati di scontare la pena nel Paese di origine con le opportune garanzie del rispetto dei diritti fondamentali”. I trattati andrebbero concordati con qualunque Paese, o con alcuni in particolare? “Sarebbe importante privilegiare inizialmente la collaborazione con i Paesi dai quali proviene la parte più cospicua di detenuti. Dalle statistiche ministeriali, ad esempio, si rileva che fra le nazionalità più numerose ospitate negli istituti di pena compare il Marocco”. Quanto pensa sia realizzabile un’idea del genere? “È realizzabile se l’iniziativa è accompagnata da un forte sostegno politico, necessario ad esercitare nei confronti dei Paesi interessati una moral suasion a collaborare con l’Italia. Anche le istituzioni europee devono dare il loro contributo strutturale e politico”. Considerato però che occorre il consenso dei diretti interessati e il rispetto dei loro diritti, un simile provvedimento, anche se adottato, non rischia di restare lettera morta? “Non si tratta semplicemente di trasferire i detenuti di una determinata nazionalità nel loro Paese. L’idea è piuttosto che la pena possa essere eseguita nei Paesi di origine non solo con forme di collaborazione che implichino garanzie sul profilo del rispetto dei diritti fondamentali, ma anche con la possibilità di eseguire misure alternative al carcere. In ogni caso, il consenso dei condannati non è necessario nel caso di espulsione, motivo per cui a tali iniziative internazionali dovrebbe essere affiancato il potenziamento delle norme in tema di espulsione”. In che modo andrebbero riscritte le norme sulle espulsioni? “Ampliandone le possibilità di applicazione nelle varie forme già previste dal nostro ordinamento: come sanzione amministrativa, come misura di sicurezza, come sanzione sostitutiva di pene detentive e soprattutto come misura alternativa alla detenzione applicabile da parte del magistrato di sorveglianza. In particolare, si potrebbe intervenire sull’istituto dell’espulsione come misura alternativa: da un lato, elevando la soglia di pena sotto la quale far scattare l’espulsione, portandola da due a tre anni, così da accrescere il numero di detenuti potenziali destinatari di tale misura, oltre che riducendo i tempi della relativa procedura mediante un più stretto coordinamento tra gli organi amministrativi e giudiziari coinvolti. Dall’altro, dovrebbe essere prevista la possibilità del cosiddetto “scioglimento del cumulo”, se il titolo esecutivo ricomprende uno o più reati ostativi all’esecuzione della misura: in questi casi, parte della giurisprudenza di legittimità ritiene non consentito procedere all’espulsione”. Lo “svuota carceri” varato dal governo è davvero una soluzione alternativa o è un indulto mascherato, come accusa la Lega? “È sicuramente un passo positivo nella direzione che ci indica anche l’Europa con riferimento alla necessità di diminuire la popolazione detenuta. Questo obiettivo è stato perseguito non con provvedimenti di natura clemenziale, ma con il rafforzamento delle misure alternative alla detenzione che non hanno carattere automatico né costituiscono un diritto del detenuto, ma sono concesse caso per caso dalla magistratura di sorveglianza. Il decreto appena convertito in legge introduce anche disposizioni a tutela della vittima del reato”. Anche sul taglio di molti tribunali periferici la Lega è fermamente contraria. Ha ragione o no? “La riforma della geografia giudiziaria era attesa da anni e deve andare avanti. Ciò però non vuol dire che non si possano fare correttivi. Alcune situazioni meritano davvero un’attenta riflessione, ma la politica deve fare la propria parte nell’aiutare il Governo a trovare il giusto equilibrio. Bisogna dire no ai campanilismi ed essere invece aperti nel rivedere alcune situazioni”. Da molte parti si reclama la necessità di riformare la giustizia. Qual è secondo lei l’intervento più urgente? “Una riforma della giustizia civile allo scopo di renderla più veloce. I cittadini non possono essere costretti ad attendere anni per avere una risposta e le imprese straniere spesso non investono in Italia anche perché scoraggiate dai tempi della giustizia italiana. Il Governo ha iniziato ad intervenire con il decreto del fare, prevedendo l’introduzione di alcuni giudici ausiliari con incarico a tempo determinato, oltre alla possibilità per i neolaureati di stage formativi presso gli uffici giudiziari, per i quali tuttavia non è stato previsto neanche un rimborso spese. Ritengo indispensabile un ulteriore significativo sforzo economico, in termini di maggiori risorse sia di beni che di personale”. Giustizia: polemica Sappe-Dap su alloggi a pagamento in caserme di Polizia penitenziaria Adnkronos, 10 agosto 2013 Alloggi a pagamento nelle carceri per gli operatori della Polizia Penitenziaria dal primo di settembre: è la denuncia del Sappe, che cita una circolare a firma di Alfonso Sabella, direttore generale Beni e servizi del Dipartimento amministrazione penitenzia. Infuriato il segretario generale del sindacato, Donato Capece: “in più occasioni abbiamo definito quella penitenziaria una Amministrazione matrigna e nemica verso i poliziotti, che assume decisioni palesemente in contrasto con le regole minime del buon senso. Questa ora sembra una barzelletta: quegli agenti che sono costretti a dormire nelle caserme delle carceri, lontani dalle famiglie, perché il loro stipendio non permette loro di potersi prendere una casa in affitto, che combattono ogni giorno nelle carceri la tensione determinata dal sovraffollamento, che accorrono anche fuori servizio in caso di eventi critici nei penitenziari ora - dice Capece - debbono pagare l’alloggio. Ci appelliamo al Ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri perché sospenda questa assurda decisione”. In caso contrario, aggiunge Capece, “il Sappe porterà prossimamente in piazza l’ira delle donne e degli uomini della penitenziaria che, nell’indifferenza dei piani alti del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, combattono ogni giorno - nella prima linea delle sezioni detentive delle carceri, a bordo dei mezzi che trasportano i detenuti, nelle sale degli ospedali in cui piantonano i detenuti ricoverati - le gravi criticità penitenziarie che si caratterizzano per il pesante sovraffollamento e la consistente carenza dei nostri organici”. Tamburino: poche decine di euro al mese.. in criterio di spending review Il Capo del Dap Giovanni Tamburino risponde alle accuse del Sappe che ha denunciato l’assurdità della decisione del Dap di far pagare agli Agenti di Polizia Penitenziaria gli alloggi si servizio. La circolare del Dap che “inaugura” il pagamento di un canone per gli alloggi della Polizia Penitenziaria “risponde in senso ampio ai criteri di spending review: c’è un’indicazione generale di risparmio e di utilizzo delle risorse che servono a coprire le spese. Peraltro si tratta di un impegno di poche decine di euro al mese” per gli agenti. Lo afferma il direttore del Dipartimento amministrazione penitenziaria, Giovanni Tamburino, replicando alla denuncia del Sappe sulla novità, prevista per il primo settembre. “Si tratta di una circolare, dunque può essere rimodulata anche in relazione allo stato degli alloggi - sottolinea Tamburino - può avere una certa elasticità ed essere soggetta a revisione. Oltretutto - conclude - la richiesta di alloggio è a discrezione dell’operatore: se fosse obbligatorio sarebbe certamente gratuito”. Sassari: detenuto morto in cella, le prime perizie confermano una “sofferenza cardiaca” La Nuova Sardegna, 10 agosto 2013 È stata eseguita ieri all’Istituto di Patologia forense l’autopsia sul corpo di Viorel Neicu, il detenuto morto nei giorni scorsi in una cella del carcere di Bancali a seguito di un malore. Il sostituto procuratore della Repubblica Elena Loris, ieri mattina, ha conferito l’incarico per la perizia al medico legale Vindice Mingioni, mentre i familiari della vittima (che sono assistiti dagli avvocati Cristina e Abele Cherchi) hanno nominato due periti di parte, i medici Uda e Garippa. Pochi i particolari trapelati, ma pare che dal primo accertamento del medico legale sia emersa, comunque, una sofferenza cardiaca (il giovane detenuto romeno era stato stroncato da un infarto fulminante). Ci vorrà un po’ di tempo, invece, per conoscere i risultati degli esami tossicologici: il medico legale, infatti, ha chiesto 90 giorni di tempo per il deposito della perizia. Dopo l’apertura dell’inchiesta da parte della Procura, la moglie del detenuto (madre di due bambini piccoli) e i familiari avevano chiesto chiarezza sulle cause del decesso. E per questo avevano conferito l’incarico ai legali per chiedere il sequestro della cartella clinica e della documentazione carceraria. Nel momento in cui ha accusato il malore, alle sei del mattino, Viorel Neicu era in cella con un connazionale che aveva dato immediatamente l’allarme. Tempestivi i soccorsi del medico di turno e dell’infermiere, ma non c’era stato niente da fare. Il detenuto era stato trasferito di recente dal carcere di San Sebastiano. Brescia: direttrice carcere; decreto-carceri fondamentale per contenere sovraffollamento di Mario Pari Brescia Oggi, 10 agosto 2013 “È un provvedimento strutturale e fondamentale nell’ottica di contenere questo sovraffollamento”. Francesca Gioieni direttrice della casa Circondariale di Canton Mombello, non ha dubbi sulla rilevanza positiva della “svuota carceri”, che da ieri è appunto è legge, essendo arrivato il voto favorevole del Senato. “Il provvedimento - spiega la direttrice riguarda chi deve entrare. La prospettiva per chi è detenuto è di una maggiore apertura a misure alternative. Una doppia ottica, quindi: ridurre gli ingressi e consentire il reinserimento sociale”. Su questo tema aggiunge che la sicurezza sociale si ottiene se la fine della pena coincide con un ritorno all’attività lavorativa. La semplice esecuzione della pena non fa altro che alimentare un circolo vizioso. Pensare che il carcere da solo possa fare tutto è impossibile, le persone che delinquono hanno tanti problemi alle spalle”. Ma a Canton Mombello non si pensa, ovviamente solo al dopo, al fatto che vada costruito durante gli anni di carcere per fare in modo che l’ex detenuto non torni a delinquere. Dal 22 luglio, spiega la direttrice: “Abbiamo cominciato ad aprire le celle per otto ore al giorno. Un’iniziativa che porta un’interazione sociale nel carcere, libertà di movimento, cambia di gran lunga la prospettiva e la risposta è stata eccellente”. I numeri di Canton Mombello, nel frattempo rimangono quelli di un sovraffollamento che però rispetto a un anno fa è in deciso calo. Allora infatti i detenuti erano 540, ora sono 440 e la capienza ottimale è di 298. E positivo, sul provvedimento approvato ieri, è anche il commento di Calogero Lo Presti coordinatore regionale Fp - Cgil - polizia penitenziaria. “Il nostro commento - dice - non può che essere positivo, rispetto al decreto Alfano. Questo abbraccia una popolazione carceraria molto più ampia. Quello che noi accogliamo favorevolmente è l’affidamento ai servizi sociali, perché chi commette dei reati minori non passa dalle carceri. È una cosa buona. Poi c’è anche una forma di risarcimento nei confronti della società. Penso che si possa tirare veramente un sospiro di sollievo. Lavorare in condizioni di sovraffollamento, per noi significa fare i conti con la sofferenza di chi è detenuto, che talvolta sfocia in atti di autolesionismo”. È comunque convinto che per Brescia, al di là dei provvedimenti, rimanga sempre l’annosa questione del nuovo carcere. “Per noi - conferma - è importante che la politica e l’amministrazione locale si mettano in testa che Brescia ha bisogno di un nuovo carcere. Non bisogna dimenticare che quando il detenuto sta bene o quanto meno non sta male, la situazione è migliore anche per noi”. Ci sono però importanti novità in arrivo, secondo Lo Presti. “Si apriranno a Pavia, Voghera, Cremona, nuovi padigiloni, realizzati a tempo di record. È possibile che un centinaio di detenuti venga trasferito da Brescia a Cremona quando il padiglione, verso il 15 settembre, inizierà ad ospitare i primi. Con il trasferimento Brescia potrebbe diventare un carcere vivibile. È però importante non spostare il problema da Brescia a Cremona”. E per chi si occupa della sicurezza all’esterno di un carcere, cosa comporta il provvedimento Rosario Morelli, segretario del Siulp di Brescia commenta: “Bene, perché non possiamo mettere la testa nella sabbia, il problema delle carceri in Italia è conclamato. Bisogna in ogni caso tenere presente che per controllare chi lascerà il carcere servirà più personale”. Pordenone: Ellerani (Udc); progetto nuovo carcere a San Vito… fretta cattiva consigliera Messaggero Veneto, 10 agosto 2013 “Le cose fatte in fretta possono portare all’errore”. Lo afferma Fabio Ellerani, consigliere comunale dell’Udc a San Vito, in merito al progetto di realizzare proprio a San Vito, al posto dell’ex caserma Fratelli Dall’Armi, il nuovo carcere. “Il progetto preliminare - afferma Ellerani - è uno schema di massima, nel quale manca una relazione sulla necessità che il sito in oggetto venga servito da apposite infrastrutture. Non è poi chiaro nemmeno l’impatto urbanistico. E allora, perché questo schema/progetto ci è stato fatto approvare?”. Ellerani, che è favorevole alla nascita del carcere a San Vito, vuole vederci chiaro. “Perché cedere gratis - dice - l’area dell’ex caserma Dall’Armi allo Sttao? A fronte di cosa? Di quali servizi per la comunità? Chi realizzerà le fognature e le infrastrutture necessarie? Chi sosterrà i loro costi? Si è pensato a una nuova viabilità?”. Di qui la proposta di “realizzare il penitenziario nell’area agricola rivedendo la palazzina delle carceri perché rimanga dell’altezza indicata dal piano regolatore e non come previsto di 23 metri”. Verona: a Montorio i detenuti protestano, anche personale polizia in stato di agitazione L’Arena, 10 agosto 2013 La situazione all’interno del carcere di Montorio è sempre più grave. Lo denuncia Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto del Sappe (sindacato autonomo polizia penitenziaria). “Sono stati addirittura tre gli eventi critici verificatisi nella giornata di ieri - spiega. Il primo ha riguardato un tentativo di suicidio messo in atto da un detenuto di origine nigeriana il quale, dopo aver ricavato dagli indumenti un rudimentale cappio, stava per mettere in atto il proposito suicida. L’agente addetto alla vigilanza se n’è accorto ed ha cercato di dissuaderlo, riuscendo nell’intento fino all’arrivo dell’ispettore responsabile del reparto: il detenuto ha iniziato a urlare ed a darsi pugni in testa, è stato poi condotto dal medico che lo ha visitato e successivamente è stato sottoposto a grande sorveglianza, per evitare che potesse mettere nuovamente in atto l’insano proposito”. Sempre ieri, aggiunge, “un gruppo di detenuti ha inscenato una violenta protesta tagliandosi in varie parti del corpo. Il personale di polizia penitenziaria è intervenuto tempestivamente, evitando problemi maggiori. Infine, gli agenti addetti al controllo della posta hanno sequestrato hascisc all’interno di una lettera diretta ad un detenuto”. Il Sappe ribadisce la necessità di una visita ispettiva all’interno del penitenziario veronese, “per verificarne l’adeguatezza gestionale ed organizzativa”. “Intanto oggi è formalmente iniziato lo stato di agitazione del personale - conclude Durante - sostenuto dalla maggioranza delle organizzazioni sindacali che hanno esposto davanti al carcere bandiere e striscioni”. Coosp: è emergenza, servono rinforzi È emergenza nel carcere di Montorio: ad accendere i riflettori sul penitenziario vicino Verona è il segretario generale del Coordinamento Sindacale Penitenziario, Domenico Mastrulli, che denuncia una situazione “invivibile” e “sempre più grave”. “In queste ore gli eventi critici verificatisi nella giornata di giovedì hanno riguardato un tentativo di suicidio messo in atto da un detenuto di origine nigeriana il quale, dopo aver ricavato dagli indumenti un rudimentale cappio, stava per mettere in atto il proposito suicida, una auto soppressione evitata solo grazie al tempestivo professionale intervento dell’agente addetto alla vigilanza che se n’è accorto ed ha cercato di dissuaderlo, riuscendo nell’intento fino all’arrivo dell’ispettore responsabile di sorveglianza generale del reparto, poi lo stesso recluso ha iniziato a urlare ed a darsi pugni in testa, condotto dal medico che lo ha visitato e successivamente è stato sottoposto a grande sorveglianza, per evitare che potesse mettere nuovamente in atto l’insano proposito”, scrive Mastrulli in una nota. Il segretario Coosp denuncia inoltre l’ulteriore situazione verificatasi sempre giovedì, quando un gruppo di detenuti ha inscenato una violenta protesta tagliandosi in varie parti del corpo, atteggiamenti autolesionistici pericolosi per il sangue a rischio contagio per chi soccorre i reclusi. Il Coordinamento chiede dunque una visita ispettiva dipartimentale all’interno del penitenziario veronese, per verificarne l’adeguatezza gestionale ed organizzativa e la pianificazione detentiva o. I Poliziotti Penitenziari sono infatti sotto organico di almeno 50 unità con la solidarietà del Coordinamento Sindacale Penitenziario con turni stressanti ha formalmente iniziato lo stato di agitazione del personale attirando l’attenzione dei media e della popolazione esterna con attività sindacale esterna al carcere stesso. Rossano (Cs): "situazione insostenibile", i detenuti scrivono a Corbelli (Diritti Civili) Ansa, 10 agosto 2013 "E' di estremo disagio la situazione che vivono i detenuti nel carcere di Rossano". E' quanto afferma Franco Corbelli del movimento Diritti Civili al quale i detenuti della struttura hanno recapitato una lettera dopo l'ultimo suicidio verificatosi nella casa circondariale lo scorso 22 luglio. "Corbelli rivela - e' scritto in un comunicato di Diritti civili - che i detenuti hanno denunciato nella loro missiva che 'prima dell'ultimo suicidio di due settimane fa si erano registrati negli ultimi mesi altri quattro tentativi di suicidio, di altrettanti detenuti, tutti nella stessa sezione. Il detenuto morto suicida (un giovane straniero di origine greca) aveva già tentato di togliersi la vita per tre volte, ed era stato salvato in extremis dai compagni di cella". "Noi siamo degli essere umani - scrivono i detenuti a Corbelli - e vogliamo che vengano rispettati la nostra dignità e i nostri diritti. Nella casa circondariale di Rossano la situazione è assai difficile, insostenibile. Ad iniziare dal sovraffollamento (su 233 posti regolamentari sono presenti circa 320 detenuti). Siamo costretti a vivere tutto il giorno in uno spazio (un cubicolo) di un metro e mezzo, adatto per due persone, dove invece vengono ammassati in alcuni casi anche 5 detenuti. La condizione igienica è preoccupante e a rischio, soprattutto d'estate. Il reinserimento dei detenuti non è possibile. Le sole scuole presenti sono le elementari e le medie". Busto Arsizio: dolci, tè e preghiera per chiudere il Ramadan in carcere www.varesenews.it, 10 agosto 2013 Due diversi momenti negli istituti di Busto Arsizio e Varese a conclusione del periodo di digiuno e preghiera. L’obiettivo è quello di riconoscere il “valore” e la ricchezza delle diversità. È ormai una tradizione quella di chiudere anche in carcere il periodo di Ramadan con un momento collettivo. Per questo le due case circondariali hanno organizzato per venerdì 9 agosto due iniziative: al mattino a Busto Arsizio e al pomeriggio a Varese. L’obiettivo delle iniziative è anche quello di riconoscere il “valore” e la ricchezza delle diversità in contesti in cui vivono persone provenienti da tutto il mondo. A Busto l’incontro si è svolto al piano socialità nella sezione “comuni” e nella sala colloqui nella sezione tossicodipendenti. Ad accompagnare la piccola festa, dolci comprati alla macelleria islamica e la pizza preparata al laboratorio interno dell’istituto. Il diacono ha portato il messaggio del vescovo di Milano. A Varese, dopo la preghiera del venerdì recitata in una sala al piano terra, il cappellano Don Marco ha coinvolto i presenti in una riflessione. Ad accompagnare il momento thè e dolci maghrebini. Ma non sono solo le persone detenute di fede musulmana a partecipare questi momenti. Proprio per coinvolgere tutti in questo percorso, ai due momenti conclusivi hanno partecipato la direzione e la polizia penitenziaria, gli educatori, i cappellani, il consorzio SolCo Varese, Enaip, associazione Mezzobusto (a Busto), cooperativa L’Una - in adesione a SolCo e ente gestore del laboratorio di panetteria (a Busto). Stati Uniti: in California secondo mese per sciopero della fame dei detenuti Ansa, 10 agosto 2013 Lo sciopero della fame tra i detenuti della California è entrato nel secondo mese, con centinaia di prigionieri che continuano a rifiutare il cibo chiedendo la chiusura delle unità di isolamento nelle carceri di massima sicurezza. Secondo quanto riporta il Guardian, molti dei detenuti che hanno aderito alla protesta sono stati ricoverati, avendo raggiunto uno stadio in cui “si iniziano a consumare i muscoli”, provocando danni permanenti alla salute. I leader dello sciopero, che il quotidiano inglese definisce “un’inusuale alleanza tra afroamericani, latini e bianchi”, sostengono che le condizioni di isolamento equivalgano alla tortura e che i criteri di condanna siano spietati e non sempre coerenti. D’altra parte le autorità statali che gestiscono le carceri hanno risposto esortando gli americani a non “farsi fregare” dallo sciopero, sostenendo che si tratti di un tentativo da parte dei peggiori criminali per riprendere il controllo delle prigioni.