Giustizia: “le nostre carceri sono incivili”, Napolitano chiede clemenza per i detenuti di Marzio Breda Corriere della Sera, 28 settembre 2012 Un appello forte e allarmato. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano interviene sulla situazione delle carceri italiane, “una realtà che non fa onore al nostro Paese, ma anzi ne ferisce la credibilità internazionale e il rapporto con le istituzioni europee”. Il capo dello Stato si rivolge al Parlamento con “l’auspicio che proposte volte a incidere anche e soprattutto sulle cause strutturali della degenerazione dello stato delle carceri in Italia trovino sollecita approvazione”. Riconosce al governo “uno sforzo intenso per intervenire in materia”. Infine cita l’articolo 79 della Costituzione su amnistia e indulto che prevede l’approvazione con maggioranza dei due terzi di ogni Camera. Invita a riflettere sulla validità di questo strumento e sulle misure di clemenza. Fra gli indicatori della civiltà di una nazione c’è anche quello del funzionamento del suo sistema carcerario. Un sistema che da noi, lo sappiamo da un tempo infinito, è tale da collocarci ai livelli più bassi e mortificanti nelle graduatorie di tutto il mondo. “Una realtà che non fa onore al nostro Paese, ma anzi ne ferisce la credibilità internazionale e il rapporto con le istituzioni europee”, dice Giorgio Napolitano. Bisogna fare qualcosa. Presto. In Parlamento. Davanti al quale vanno portate e affrontate “proposte in grado di incidere anche e soprattutto sulle cause strutturali della degenerazione” attuale, in modo che in quella sede “trovino sollecita attuazione”. A cominciare dai progetti di legge, “già in avanzato stato di esame, per l’introduzione di pene alternative alla prigione”. E vanno valutate poi, in questa legislatura ormai vicina al termine o nella prossima, “le questioni di un possibile, speciale ricorso a misure di clemenza”. Cioè un’amnistia o un indulto. A costo di cambiare l’articolo 79 della Costituzione, che regola i due istituti con maglie troppo strette. È “un auspicio”, spiega la dichiarazione del Quirinale. In realtà, dati i toni di denuncia e di urgenza con cui è formulata, ha il carattere di una sollecitazione che non può essere lasciata inevasa dalla politica. Dunque impegnativa anche a futura memoria, appunto dopo il voto del 2013. Il presidente della Repubblica ha affrontato il tema nel luglio scorso con un intervento pubblico a Palazzo Giustiniani, che è tra le sedi del Senato e quindi nell’ambito parlamentare, attribuendo così al suo “allarme e appello” quasi la valenza di un messaggio alle Camere. E di quella materia (che per lui seguiva il consigliere Loris D’Ambrosio, scomparso improvvisamente a luglio) ha riparlato ieri con una delegazione dei 120 giuristi e accademici firmatari di una lettera aperta sul più drammatico punto di ricaduta della crisi della nostra giustizia: le carceri. Con loro il capo dello Stato ha “condiviso una dura analisi critica e l’espressione di una forte tensione istituzionale e morale” per l’universo carcerario com’è ora in Italia, ragionando sulle gravi insufficienze che lo penalizzano (e, per inciso, l’elevato numero di suicidi è un segnale tragico e che non può essere ulteriormente ignorato). Riconosce che negli ultimi mesi il governo e le forze che lo sostengono hanno compiuto “uno sforzo intenso per intervenire con proposte e interventi”. Sono state dunque affrontate - “conseguendo già dei risultati”, sottolinea - “scottanti esigenze di riduzione della popolazione carceraria e di creazione di condizioni più civili per quanti scontano sanzioni detentive senza potersi riconoscere nella funzione rieducativa che la Costituzione assegna all’espiazione di condanne penali”. Ma è chiaro che, a fronte di 66.271 detenuti su 45.568 posti disponibili negli istituti di pena italiani, questi primi passi non bastano. Serve altro, per toccare le “cause strutturali” del problema. Cioè “pene alternative alla prigione”. E, considerando l’emergenza in corso, soprattutto “l’attenzione del Parlamento su un possibile” (e da lui evidentemente incoraggiato) “ricorso alle misure di clemenza”. Qui bisognerà riflettere, incita Napolitano, “sull’attuale formulazione dell’articolo 79 della Carta costituzionale”, che proprio alla clemenza “oppone rilevanti ostacoli”. Ecco il punto cruciale: l’ostacolo della maggioranza dei due terzi di voti parlamentari costituzionalmente indispensabile per la concessione di amnistie o indulti. Insomma, un vincolo a un ampio accordo politico che è sempre difficile costruire e contro il quale da anni si paralizza ogni proposta per sfoltire le carceri e umanizzarne la vita. Il presidente - lo aveva scritto a fine luglio ai giuristi saliti ieri sul Colle - non esclude “pregiudizialmente” quei due tipi di provvedimento. Tuttavia, non vedendo allora le condizioni per metterli in cantiere, suggeriva altre strade innovative, già in parte imboccate, per assicurare “diritti e dignità” a chi si ritrova chiuso in una cella. Adesso chiede al Parlamento di affrontare il problema alla radice. Giustizia: carceri nel caos, servono pene alternative; ma ddl Severino è fermo alla Camera di Umberto Rosso La Repubblica, 28 settembre 2012 Troppo alto il quorum per approvare l’amnistia nel nostro Paese. Giorgio Napolitano chiede al Parlamento, a questo e anche al prossimo, di avviare una “necessaria riflessione” sull’articolo 79 della Costituzione (che impone i due terzi delle Camere per i provvedimenti di clemenza), e nello stesso lancia un duro richiamo sulla “ferita” del sovraffollamento delle carceri. Una pagina nera per l’Italia, che “non fa onore al nostro Paese, ma anzi ne ferisce la credibilità interazionale e il rapporto con le istituzioni europee”. Per questo il presidente della Repubblica torna a sollecitare con urgenza l’approvazione di misure svuota-prigioni, a cominciare dal pacchetto di misure alternative al carcere, “volte ad incidere sulle cause strutturali della degenerazione attuale dello stato delle carceri in Italia”. Le ultime cifre del resto parlano chiaro: 66 mila detenuti rinchiusi nelle 206 carceri italiane, contro un limite massimo di 45 mila. Dunque Napolitano “apre” all’amnistia e all’indulto ma, ben consapevole dei tempi stretti di fine legislatura e degli ostacoli dovuti alla missione quasi impossibile di raccogliere in Parlamento i due terzi per varare il provvedimento, sollecita in primis interventi immediati. Come? Con l’approvazione di “pene alternative alla prigione, già in avanzato stato di esame”. È il pressing del Colle perché il pacchetto sulle misure alternative fermo in commissione Giustizia, e che “sblocca” arresti domiciliari, affidamento in prova e altri strumenti, esca dalle secche e dai veti (legati anche alla legge anti corruzione). Un richiamo che Napolitano torna a lanciare ai partiti, dopo l’appello del luglio scorso nel convegno al Senato, ma stavolta accompagnato da una novità nell’atteggiamento del Colle, che adesso mette sul tavolo anche l’ipotesi amnistia. Spiega infatti Napolitano che “restano nello stesso tempo aperte all’attenzione del Parlamento”, in questa legislatura ormai vicina al suo termine e anche in quella che presto inizierà, “sia le questioni di un possibile, speciale ricorso a misure di clemenza, sia della necessaria riflessione sull’attuale formulazione dell’articolo 79 della Costituzione che a ciò oppone così rilevanti ostacoli”. È l’articolo che fissa appunto in due terzi il quorum in ciascuna Camera per dare via libera ad amnistia e indulto, un’asticella troppo alta, un “ostacolo” appunto per il capo dello Stato, che chiede ai partiti di aprire una discussione per rivedere la norma. Senza tuttavia comunque escludere in assoluto che “uno speciale ricorso a norme di clemenza” possa in teoria già scattare in questo fine legislatura. Parole molto apprezzate dal ministro Severino, che crede “profondamente nelle misure alternative” come soluzione al problema strutturale del sovraffollamento, e che giudica “realistico” il richiamo del capo dello Stato al tema dei provvedimenti di clemenza. Sul Colle, a consegnare una lettera aperta sul collasso del sistema penitenziario, si è presentato ieri un gruppo di giuristi e accademici. E con loro, come ha spiegato lo stesso presidente della Repubblica nella nota diffusa dopo l’incontro, Napolitano ha condiviso una “dura analisi critica” e l’espressione di una “forte tensione morale” per una realtà carceraria che resta una ferita aperta. I passi avanti ci sono stati, sottolinea il capo dello Stato, sono stati affrontati dal governo e dalle forze politiche “scottanti esigenze” di riduzione dei detenuti e di “creazione di condizioni più civili”. Ma l’allarme resta altissimo. I numeri sono sempre più preoccupanti. Nel giro di pochi anni, dall’ultimo provvedimento di clemenza datato 2006 che aveva portato a 31 mila i detenuti, le carceri tornano a scoppiare. Sono soprattutto stranieri (il 40 percento) e detenuti ancora in at-tesa di giudizio: il 42 per cento di chi è rinchiuso dietro le sbarre. Giustizia: Napolitano; la situazione delle carceri ferisce la credibilità del nostro Paese La Stampa, 28 settembre 2012 Il Colle punta i riflettori sulla giustizia, partendo dal caso Sallusti, e sulla drammatica situazione delle carceri. Al Parlamento, Giorgio Napolitano chiede di rivedere le norme sulla diffamazione a mezzo stampa, in piena sintonia con il governo, come dimostra la nota diffusa dal Colle dopo l’incontro di questa mattina al Quirinale con il Guardasigilli Paola Severino. Ma al Parlamento Napolitano chiede soprattutto uno scatto di reni per approvare rapidamente proposte che incidano sulla “degenerazione dello stato delle carceri, a cominciare da quelle, già in avanzato stadio di esame, per l’introduzione di pene alternative alla prigione”. Anche in questo caso, Colle e palazzo Chigi sono sulla stessa lunghezza d’onda: “condivido pienamente le meditate parole del Presidente della Repubblica”, dice il ministro Severino. Il Capo dello Stato non si ferma qui, richiamando le assemblee parlamentari ad una “riflessione” (richiamo definito “estremamente realistico” dal Guardasigilli) sulle norme costituzionali che rendono farraginosa e complessa la concessione di amnistia e indulto. Napolitano non lo dice espressamente, ma il nodo da sciogliere è quello del meccanismo voluto dai padri costituenti per la concessione delle misure di clemenza e che investe le assemblee parlamentari. L’articolo 79 della Costituzione, infatti, prevede che amnistia e indulto siano concessi “con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale”. In sostanza, un quorum eccessivo che può rendere molto difficoltoso il via libera alle misure di clemenza, che oggi sono invocate da più parti e che potrebbero contribuire a rendere meno drammatica la situazione degli istituti di pena. In ogni caso, il Parlamento deve affrettare il passo. Anche perché la situazione degli istituti di pena italiani “non fa onore al nostro Paese ma anzi ne ferisce la credibilità internazionale e il rapporto con le istituzioni europee”, dice Napolitano, che prende come riferimento l’Europa anche sulle necessarie modifiche al reato di diffamazione a mezzo stampa che devono essere apportate all’ordinamento giudiziario “tenendo conto delle indicazioni della Corte europea di Strasburgo”. Modifiche che, dice chiaramente il Capo dello Stato, non escludono “possibili ricadute concrete sul caso Sallusti”. Quanto alla situazione delle carceri italiane, non è la prima volta che Napolitano affronta la questione, sollecitando misure che rendano “più civili” le condizioni dei detenuti. In questa occasione, però, l’intervento del Capo dello Stato è stato più duro di altre volte. Già a luglio (ma lo aveva fatto anche in precedenza in più di una circostanza) Napolitano aveva chiesto alle le assemblee parlamentari di velocizzare l’iter dei provvedimenti contro il sovraffollamento delle carceri. E oggi ha voluto pubblicamente riconoscere al governo di aver di aver compiuto in questi mesi “uno sforzo intenso nel rapporto con le forze politiche che lo sostengono, per intervenire con molteplici proposte e interventi”, di cui si sono visti i primi frutti: “sono state affrontate, conseguendosi già dei risultati, scottanti esigenze di riduzione della popolazione carceraria e di creazione di condizioni più civili per quanti scontano sanzioni detentive senza potersi riconoscere nella funzione rieducativa che la Costituzione assegna all’espiazione di condanne penali”, sottolinea Napolitano. Insomma, il governo ha fatto la sua parte. Ora tocca a deputati e senatori allungare il passo. Il capo dello Stato ha ribadito “l’allarme e l’appello” che nel luglio scorso rivolse al Parlamento in occasione di un importante convegno svoltosi al Senato e “a cui è seguito peraltro, mi è sembrato giusto sottolinearlo, uno sforzo intenso del governo, nel rapporto con le forze politiche che lo sostengono, per intervenire in materia con molteplici proposte e interventi”. “Sono state così affrontate, conseguendosi già dei risultati, scottanti esigenze di riduzione della popolazione carceraria e di creazione di condizioni più civili - ha ricordato Napolitano - per quanti scontano sanzioni detentive senza potersi riconoscere nella funzione rieducativa che la Costituzione assegna all’espiazione di condanne penali”. “Condivido pienamente le meditate parole del Presidente della Repubblica ed apprezzo molto il suo invito per un rapido esame del provvedimento sulle misure alternative attualmente pendente presso la Commissione Giustizia della Camera” ha detto il ministro della Giustizia, Paola Severino. “Ho più volte sollecitato io stessa - ha aggiunto il Guardasigilli - l’accelerazione dell’itinerario parlamentare, credendo profondamente che le misure alternative possano essere una soluzione strutturale al problema del sovraffollamento carcerario e della rieducazione del condannato”. “Trovo infine estremamente realistico - conclude il Ministro Severino - il richiamo del Presidente Napolitano alle procedure imposte dall’art. 79 della Costituzione per l’adozione di misure di clemenza cui il Parlamento può decidere di far ricorso, ove sussistano i presupposti di un’intesa politica di larga maggioranza”. Giustizia: il parere di Napolitano; troppi ostacoli a indulto e amnistia di Luca Liverani Avvenire, 28 settembre 2012 Lo stato delle carceri italiane “ferisce la credibilità internazionale” del Paese. Bisogna quindi “intervenire sulle cause strutturali della degenerazione”. Pene alternative, dunque. E nel frattempo “misure di clemenza”. Napolitano interviene ancora una volta sulle pesanti problematiche del mondo penitenziario. E il ministro Severino rilancia l’appello sollecitando l’approvazione della riforma delle misure alternative, decisive contro il sovraffollamento e per la rieducazione. Al Quirinale il presidente della Repubblica riceve la delegazione dei sottoscrittori - accademici e giuristi - della lettera aperta sull’efficienza della giustizia. E dice subito di “condividere” la “dura analisi critica” sulla realtà del carcere “che non fa onore al nostro paese, ma anzi ne ferisce la credibilità internazionale e il rapporto con le istituzioni europee”. Napolitano riconosce lo “sforzo intenso del governo” in materia. Sovraffollamento e tempi biblici della giustizia, dice, vanificano la funzione rieducativa stabilita dalla Costituzione. E dunque rinnova “l’auspicio” che le proposte che possono incidere “sulle cause strutturali della degenerazione” delle carceri “trovino sollecita approvazione in Parlamento”. A cominciare da quelle “per l’introduzione di pene alternative alla prigione”. Senza escludere un “possibile, speciale ricorso a misure di clemenza”, assieme ad una “necessaria riflessione sull’attuale formulazione dell’art. 79 della Costituzione che a ciò oppone così rilevanti ostacoli”. Lanorma, cioè, che fissa in due terzi la maggioranza per varare provvedimenti di amnistia e indulto. Immediato il plauso di Paola Severino. “Condivido pienamente le meditate parole del Presidente - dice il Guardasigilli - e apprezzo molto il suo invito per un rapido esame” del ddl sulle misure alternative, “pendente presso la commissione Giustizia della Camera”, più volte “sollecitato” dallo stesso ministro. Perché le misure alternative davvero “possono essere una soluzione strutturale al problema del sovraffollamento e della rieducazione”. “Estremamente realistico” anche il richiamo all’articolo 79. “Amnistia e indulto riguardano il Parlamento - commenta il capo del Dap Giovanni Tamburino - senza dubbio, però, occorre pensare a rendere davvero il carcere extrema ratio”. Scontare la pena in modo alternativo alla cella non è buonismo, spiegano al ministero, ma realismo: in Italia l’82,6% dei detenuti sconta in cella tutta la condanna, e questa è la concausa dell’alto numero di recidività. Il 68,5% torna infatti a commettere reati una volta uscito. E ad affollare le celle stipate da oltre 66 mila persone. In Francia e Gran Bretagna invece solo il 74% dei reclusi usufruisce dell’esecuzione penale esterna. Carceri, i numeri dell’emergenza In Italia l’82,6% dei detenuti sconta in cella tutta la sua pena, senza poter usufruire di misure alternative al carcere e ciò, secondo gli esperti, è la concausa dell’alto numero di recidività. Se sette detenuti su 10, il 68,5%, tornano a commettere reati una volta usciti dal carcere e quindi a riempire quelle celle già stipate da oltre 66 mila persone, è chiaro che il sistema penale così com’è non sta assolvendo al suo compito. È da qui che è partito il ministro della Giustizia, Paola Severino, per avviare un progetto che vuole aggredire, seguendo l’esempio della Gran Bretagna e della Francia,” quello che è il vero grande canale di rifornimento del carcere, che è la recidiva”. Francia e Gran Bretagna stanno affrontando il problema del sovraffollamento attraverso le misure alternative che in Italia, invece, sono residuali. Nei due Paesi i reclusi sono solo un quarto del totale di chi deve scontare una pena: in entrambi i casi circa il 74% dei condannati usufruisce dell’esecuzione penale esterna. I dati del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, dimostrano che il nostro Paese negli ultimi anni è andato nella direzione opposta: il numero complessivo delle misure alternative è stabile rispetto al 2006, anno in cui è stato varato l’indulto, ma oggi ci sono circa 5 mila detenuti in più (in totale, secondo i dati aggiornati sono 66.384). E per di più c’è stata un’inversione che ha portato a preferire sempre più una misura premiale come la detenzione domiciliare a quella dell’affidamento esterno, che presuppone un comportamento attivo e positivo da parte del condannato: se al 30 giugno 2006 usufruivano dei domiciliari 4.949 persone, al giugno di quest’anno erano 9.186, mentre gli affidamenti sono diminuiti da 16 mila a 10.183. Inoltre i detenuti lavoratori, tra l’altro in costante calo, sono circa 13 mila, quasi tutti (10.986) lavorano negli istituti alle dipendenze del Dap. Si occupano per esempio delle cucine o delle pulizie, e lavorano per periodi molti brevi. Mentre lavorano all’esterno solo 2.215 persone, anche se secondo i dati del ministero del Lavoro tra questi il tasso di recidiva è molto basso, il 2,8%. Giustizia: Napolitano e l’emergenza carceri “pensare ad amnistia e indulto” Quotidiano Nazionale, 28 settembre 2012 Uno spettacolo “indegno che non fa onore all’Italia e ne ferisce la credibilità internazionale”. È senza sfumature la condanna di Giorgio Napolitano sullo stato delle carceri italiane. Come senza ambiguità sono le sue ricette: amnistia o indulto e pene alternative al carcere. Dati alla mano (ben 66.300 detenuti schiacciati in celle minuscole e con servizi medievali, un tasso di suicidi impressionante in strutture obsolete concepite per un massimo di 45.500 persone) il Presidente della Repubblica ha preso ieri carta e penna per una nota durissima dettata con l’emozione del ricordo di una sua visita nel carcere minorile di Nisida lo scorso anno. “Il sovraffollamento carceri è una vergogna per l’Italia. Non sono degne di essere umani le carcere sovraffollate”, disse allora sgomento dopo il confronto con i giovani reclusi, quasi scusandosi per l’assenza di condizioni politiche utili a varare un’amnistia. C’era ancora il Governo Berlusconi e il confronto politico tra maggioranza ed opposizione era durissimo. Oggi è passato un anno esatto e la situazione delle carceri, se possibile, è peggiorata. È migliorato invece il dialogo politico e il presidente può permettersi di essere incisivo, molto incisivo. Si muovano le Camere e prendano in esame la possibilità di “provvedimenti di clemenza”, cioè amnistia o indulto. Si muovano le Camere e facciano rispettare il dettame costituzionale che vuole la detenzione come rieducazione e non pena fine a se stessa, ricorda il presidente subito dopo aver incontrato al Quirinale una delegazione di personalità di varia estrazione che gli hanno presentato una lettera aperta sul tema. “Siano introdotte quindi pene alternative al carcere”, chiede autorevolmente il presidente Napolitano nella nota. Decisamente contraria solo la lega Nord che annuncia battaglia: “Qualsiasi forma di indulto o amnistia è una proposta irricevibile. Se dovesse arrivare in Parlamento faremo un’opposizione durissima. Il sovraffollamento carcerario non si risolve tirando fuori dalle carceri i delinquenti, ma costruendo nuove strutture”, assicura il capogruppo della Lega Nord in commissione Giustizia alla Camera, Nicola Molteni. Apprezza invece le parole di Napolitano il Governo che col ministro della Giustizia, Paola Severino, rilancia “le misure alternative” al carcere sottolineando che “possano essere una soluzione strutturale”. Sì quindi a “uno speciale ricorso a misure di clemenza per alleggerire la situazione critica delle carceri italiane. Nonché un invito tutto politico al Parlamento a mettere mano alla riforma dell’art. 79 della Costituzione. Giustizia: “celle indegne per l’Italia, servono misure alternative” di Donatella Stasio Il Sole 24 Ore, 28 settembre 2012 Il Presidente della Repubblica sollecita il Parlamento ad approvare al più presto il ddl del governo sulle misure alternative alla detenzione, all’esame della commissione Giustizia della Camera, perché, spiega, è necessario incidere sulle “cause strutturali” della “degenerazione dello stato delle carceri in Italia”. Una degenerazione che “non fa onore al nostro Paese, ma anzi ne ferisce la credibilità internazionale e il rapporto con le istituzioni europee”. Giorgio Napolitano mette nero su bianco questo suo nuovo appello alle Camere dopo aver incontrato il professor Andrea Pugiotto e altri giuristi firmatari di una lettera aperta indirizzata al Quirinale sui temi della situazione carceraria. Quanto all’amnistia e all’indulto, il Capo dello Stato ribadisce che lo “speciale ricorso a misure di clemenza” spetta al Parlamento, o al prossimo (visto che la legislatura è agli sgoccioli) e lo invita (questo o il prossimo) a riflettere sui “rilevanti ostacoli” che l’attuale formulazione dell’articolo 79 della Costituzione oppone al varo di queste misure, vale a dire la necessità di una maggioranza amplissima (i 2/3 dei componenti delle Camere). Parole “estremamente realistiche”, dice il ministro della Giustizia Paola Severino, ricordando appunto che per adottare un provvedimento di clemenza è necessaria “un’intesa politica di larga maggioranza” finora mai raggiunta e difficile da immaginare adesso, nella tempesta di scandali che sta scuotendo il paese e con l’anticorruzione ancora da approvare. Piena condivisione, ovviamente, anche sulle misure alternative al carcere (cavallo di battaglia del ministro) come “soluzione strutturale sia al problema del sovraffollamento sia a quello della rieducazione del condannato”: il guardasigilli si unisce quindi a Napolitano nell’invito al Parlamento ad “accelerare l’iter” del ddl del governo su depenalizzazione, messa alla prova, detenzione domiciliare. Salita al Colle per discutere con il Capo dello Stato del caso Sallusti, Severino ha anche fatto il punto della situazione sul carcere, illustrando a Napolitano la ricerca avviata in collaborazione con Il Sole 24 Ore, l’Einaudi Institute for Economics Group (Eief), il Crime Research Economic Group (Creg) per verificare l’incidenza sulla recidiva delle misure alternative alla detenzione e del lavoro in carcere. Un’iniziativa apprezzata dal Capo dello Stato perché si inserisce nel solco dei suoi richiami - l’ultimo dei quali nel luglio scorso - e riflette “lo sforzo intenso del governo, nel rapporto con le forze politiche che lo sostengono, per intervenire in materia con molteplici proposte e interventi”. Grazie a questo sforzo, dice Napolitano, “sono già state affrontate - con risultati - scottanti esigenze di riduzione della popolazione carceraria e di creazione di condizioni più civili per quanti scontano sanzioni detentive senza potersi riconoscere nella funzione rieducativa della pena”. Ma bisogna “incidere anche e soprattutto sulle cause strutturali della degenerazione carceraria” aggiunge il presidente, che perciò auspica la “sollecita approvazione in Parlamento” delle proposte che vanno in questa direzione. “A cominciare - sottolinea - da quelle per l’introduzione di pene alternative alla prigione”. E quindi del ddl del governo sulla depenalizzazione, sulla messa alla prova e sull’introduzione della detenzione domiciliare, ancora in commissione. Ma anche del ddl di iniziativa parlamentare sul “reato tenue”, approvato all’unanimità in commissione Giustizia ma scomparso dal calendario dell’aula della Camera. Giustizia: nell’inferno delle celle italiane, dove spesso si dorme per terra di Massimo Martinelli Il Messaggero, 28 settembre 2012 L’ultimo segnale dalle catacombe è arrivato il 30 agosto. Mezz’ora di “battitura” delle sbarre, nelle celle di tutta Italia, organizzata dai radicali e da un movimento di giuristi e intellettuali tra i quali spicca quel professor Andrea Pugiotto che ieri era al Quirinale. I morti viventi, come li chiama qualcuno, hanno protestato così, pacificamente. Per le condizioni disumane in cui sono costretti a vivere, per il caldo insopportabile che d’estate li obbliga a dormire per terra, per l’affollamento nelle celle che impone di restare sdraiati in branda perché tutti in piedi non ci stanno. Vivono così. Muoiono così. Perché qualcuno preferisce andarsene in fretta piuttosto che subire una lenta agonia. Centodiciotto morti, di cui 41 suicidi dall’inizio dell’anno tra i detenuti. Qualcuno anche tra i secondini; perché l’inferno che vedi negli occhi degli altri alla fine ti entra dentro. È questa l’apocalisse che Paola Severino ha trovato quando si è insediata in via Arenula. È arrivata con il vantaggio di conoscerla bene; perché fa parte di quella schiera eletta di docenti universitari che nel girone infernale ci portano i neolaureati, futuri avvocati e futuri magistrati. Affinché vedano. In via Arenula sapeva dove mettere le mani da subito, ma la strada era in salita e ripidissima. Non ci sono isole felici, nonostante gli ultimi provvedimenti che hanno alleggerito un po’ la situazione. Ci sono sempre 66.384 detenuti in celle costruite per 43mila. Il Dap segnala che quelle stesse celle, potrebbero avere una “capienza tollerabile” di 69mila unità, ma resta da capire quale sia il concetto di tollerabilità per una società civile. Dalla Sicilia al Valle D’Aosta i numeri sono sconfortanti: 278 detenuti nella civilissima Valle su 181 posti; e 7.281 detenuti in Sicilia contro i 5.465 posti letto. Nel Lazio c’è un picco: 7.121 reclusi e 4.839; e questa è una delle poche regioni in cui si va addirittura oltre quel concetto astratto di tollerabilità coniato dal Dap per aprire un ombrello sulle responsabilità di decenni di politica apatica. Drammatica anche la situazione lombarda, con un rapporto di quasi due detenuti per un posto letto: 9.394 reclusi e 5.389 brandine. E anche qui siamo fuori “tollerabilità”, perché il Dipartimento la fissa a 8.536 unità, quasi mille in meno. Ma il vero paradosso viene fuori dai certificati penali dei detenuti. E anche dai passaporti: perché quasi 24mila di loro sono stranieri, quasi tutti extracomunitari, e potrebbero semplicemente essere rispediti nella loro terra da subito dopo la condanna, dopo aver stipulato un trattato con il paese di provenienza. Ne resterebbero 42.667 e il problema delle carceri sarebbe risolto. Oppure si potrebbe seguire un altro criterio, quello che il Parlamento potrebbe varare in fretta e invece giace su qualche tavolo: accorciare la detenzione per chi ha meno di tre anni da scontare e ha dimostrato in maniera concreta di poter essere riammesso alla società civile. Di detenuti con condanna definitiva che hanno meno di tre anni da scontare ce ne sono 23.372, dei quali, certamente, una buona parte potrebbe meritevole di avere una seconda possibilità di vivere. Giustizia: Napolitano apre all’amnistia e all’indulto, chiesta una riflessione sull’articolo 79 Il Tempo, 28 settembre 2012 Il Parlamento sia aperto a una “necessaria riflessione sull’attuale formulazione dell’art. 79 della Costituzione” che “oppone così rilevanti ostacoli” a provvedimenti di clemenza per i carcerati. Con queste parole il Presidente della Repubblica ha rilanciato il dibattito aperto sulla necessità di provvedimenti di clemenza per alleviare la terribile situazione carceraria italiana. Ed ha anche ricordato alle Camere come si possa modificare l’articolo della Costituzione che regola i provvedimenti ponendo molti paletti. Insomma, il Colle punta i riflettori sulla giustizia, partendo dal caso Sallusti e sulla drammatica situazione delle carceri. Al Parlamento, Giorgio Napolitano chiede di rivedere le norme sulla diffamazione a mezzo stampa, in piena sintonia con il governo, come dimostra la nota diffusa dal Colle dopo l’incontro di ieri mattina al Quirinale con Paola Severino, ministro della Giustizia. In buona sostanza, Napolitano reclama dal Parlamento soprattutto uno scatto di reni per approvare rapidamente proposte che incidano sulla “degenerazione dello stato delle carceri, a cominciare da quelle, già in avanzato stadio di esame, per l’introduzione di pene alternative alla prigione”. Anche in questo caso, Colle e Palazzo Chigi sono sulla stessa lunghezza d’onda col Guardasigilli che ha dichiarato in merito: “Condivido pienamente le meditate parole del Presidente della Repubblica”. Ma Napolitano non si ferma qui, richiamando le assemblee parlamentari a una “riflessione” (richiamo definito “estremamente realistico” dalla Severino) sulle norme costituzionali che rendono la concessione di amnistia e indulto farraginosa e complessa. Non lo dice espressamente, ma per il Presidente della Repubblica il nodo da sciogliere è quello del meccanismo voluto dai padri costituenti per la concessione delle misure di clemenza e che investe le assemblee parlamentari. Infatti, come accennavamo all’inizio, l’art. 79 della Costituzione prevede che amnistia e indulto siano concessi “con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale”. Quindi, un quorum eccessivo che può rendere molto difficoltoso il via libera alle misure di clemenza, che oggi sono invocate da più parti e che potrebbero contribuire a rendere la situazione degli istituti di pena meno drammatica. Ad ogni buon conto, il Parlamento deve affrettare il passo. Anche perché la situazione degli istituti di pena italiani “non fa onore al nostro Paese ma anzi ne ferisce la credibilità internazionale e il rapporto con le istituzioni europee”, sostiene Napolitano, che prende come riferimento l’Europa anche sulle necessarie modifiche al reato di diffamazione a mezzo stampa che devono essere apportate all’ordinamento giudiziario “tenendo conto delle indicazioni della Corte europea di Strasburgo”. Modifiche che, non escludono “possibili ricadute concrete sul caso Sallusti”, sottolinea il Capo dello Stato. C’è da dire come non sia la prima volta che Napolitano affronta la situazione delle carceri italiane, sollecitando misure che rendano “più civili” le condizioni dei detenuti. Però, in questa occasione, l’intervento del Capo dello Stato è stato più duro rispetto ad altre circostanze. Già a luglio (ma lo aveva fatto anche in precedenza in più di una circostanza) Napolitano aveva chiesto alle assemblee parlamentari di velocizzare l’iter dei provvedimenti contro il sovraffollamento delle carceri. Così, ieri ha voluto pubblicamente riconoscere al Governo di aver di aver compiuto in questi mesi “uno sforzo intenso nel rapporto con le forze politiche che lo sostengono, per intervenire con molteplici proposte e interventi”, di cui si sono visti i primi frutti: “Sono state affrontate, conseguendosi già dei risultati, scottanti esigenze di riduzione della popolazione carceraria e di creazione di condizioni più civili per quanti scontano sanzioni detentive senza potersi riconoscere nella funzione rieducativa che la Costituzione assegna all’espiazione di condanne penali”, sottolinea Napolitano. Come dire: il governo ha fatto la sua parte. Ora “allungare il passo” è compito e dovere di deputati e senatori. Giustizia: si è aperto il dibattito su amnistia e indulto, voci favorevoli e contrarie Adnkronos, 28 settembre 2012 Tamburino (Dap); reclusione sia medicina per casi estremi Il carcere solo come medicina per i casi estremi. Ne è convinto Giovanni Tamburino, capo dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, che commenta le parole del Capo dello Stato. “Amnistia e indulto - dice - riguardano il Parlamento e sono scelte politiche. Senza dubbio, però, quelle del Presidente Napolitano sono affermazioni in cui mi riconosco completamente. Occorre pensare a rendere davvero il carcere extrema ratio”. “Il Dipartimento e il ministero della Giustizia - aggiunge il capo del Dap - hanno ottenuto importanti risultati in tema di edilizia carceraria, ma rimane vero che nel carcere vi sono ancora aree in condizioni inaccettabili. La soluzione non può essere solo quella edilizia”. “Si faccia ricorso al carcere - rimarca Tamburino - quando davvero altre sanzioni non sono efficaci e percorribili”. Per il Capo del Dap occorre però fare un passo in più: “Bisogna fare entrare nella coscienza generale che vi sono pene diverse, che possono essere efficaci, tali da dare sicurezza alla società, meno distruttive del carcere e anche meno costose. Si può pensare a un ventaglio di sanzioni che utilizzi il carcere come una medicina per i casi estremi. Tra le diverse misure, forme di interdizioni o limitazioni della libertà diverse dalla reclusione, come pene pecuniarie, attività riparative gratuite e altri interventi”. “Un ampliamento di benefici che già esistono nell’ordinamento - fa notare ancora il Capo del Dap - potrebbe essere necessario, in una fase temporanea, per far fronte a una condizione carceraria che ha dei profili di contrasto con la legalità, in modo particolare con l’articolo 27 della Costituzione e con la Convezione europea dei diritti dell’uomo. Anche se vi è chi non è favorevole a misure di clemenza - conclude Tamburino - bisogna riflettere sulla necessità di realizzarle, vista la condizione di legalità compromessa”. Schifani (Pdl): servono soluzioni strutturali a sovraffollamento “Occorre individuare al più presto gli strumenti anche legislativi più idonei per arginare il sovraffollamento delle carceri nel nostro Paese. Anche questa è una vostra legittima richiesta ed è un tema al quale sono molto legato, soprattutto dopo avere personalmente visitato diverse strutture carcerarie italiane con caratteri di criticità, sia per la vetustà dei luoghi, sia per la periodica presenza di un numero di detenuti superiore alla effettiva capienza”. Lo ha affermato il presidente del Senato, Renato Schifani, rivolgendosi alla platea del XIV Congresso ordinario dell’Unione Camere Penali, a Trieste. “Occorre dare una risposta concreta al più presto. Le difficoltà delle carceri sono le difficoltà della stessa giustizia. La pena non è solo prevenzione, risarcimento, repressione; è e deve essere sinonimo di ‘giustizià - aggiunge -. È il punto finale e definitivo del processo, ma è anche l’inizio del recupero della dignità, l’avvio per un percorso di legalità, la possibilità di reinserimento dei detenuti nella società e principalmente nel mondo del lavoro. Negli istituti penitenziari gli spazi delle celle sono ridotti, le condizioni di vita a volte insostenibili”. “Il recente decreto svuota carceri, che pure qualcosa di positivo ha portato, non è ancora sufficiente - ha sottolineato la seconda carica dello Stato -. Vanno previste altre forme di limitazione della libertà in strutture diverse dai penitenziari. Servono soluzioni strutturali; penso ad esempio ad accordi bilaterali tra Stati che prevedano la consegna dei detenuti stranieri già condannati in via definitiva, affinché scontino le pene nei rispettivi Paesi di origine”. “I detenuti, come prevede la nostra Costituzione, devono avere assicurate condizioni di vita umane. Dobbiamo però, nello stesso tempo, sapere garantire sicurezza e serenità di vita a chi vive nella nostra Italia - ha concluso Schifani -. La politica deve farsi carico della salvaguardia di queste esigenze egualmente meritevoli di rispetto e della necessità di non mortificare mai le une rispetto alle altre. Lo deve fare al più presto per essere all’altezza delle aspettative di un Paese libero e democratico”. Vitali (Pdl): non lasciare cadere appello Napolitano “Non si lasci cadere nel vuoto l’appello del Capo dello Stato sulle condizioni delle nostre carceri” è quanto ha dichiarato Luigi Vitali, responsabile nazionale dell’Ordinamento Penitenziario del Pdl commentando l’intervento di ieri del presidente Napolitano. “La situazione ha contorni di drammaticità“ ha continuato il parlamentare che di recente è stato nominato relatore dal Consiglio d’Europa sul tema delle carceri nei 47 paesi membri “che richiedono interventi radicali e tempestivi. Le norme che sono allo studio del Parlamento” ha continuato l’esponente politico “se e quando saranno varate, rischiano di arrivare a tempo scaduto ed i loro benefici saranno percepibili molto dopo la loro entrata in vigore”. Vitali ha poi così concluso: “Oggi parlare di amnistia non significa una resa da parte dello Stato, ma purtroppo una necessità per i detenuti che hanno il diritto di scontare la pena in maniera civile; per gli operatori che patiscono quanto i reclusi; per il nostro Paese che continua ad essere additato in Europa per lo stato delle sue carceri”. Della Monica (Pd): contro sovraffollamento soluzione c’è “Per risolvere sui problemi del carcere occorre intervenire seriamente e sistematicamente, modificando tra l’altro anche la Fini-Giovanardi e la Cirielli”. Lo afferma Silvia Della Monica, capogruppo Pd in commissione Giustizia al Senato. “La gravità dei problemi - spiega - che tocca detenuti, polizia penitenziaria, personale amministrativo è la conseguenza di una legislazione inutilmente securitaria, da noi contrastata , che ha imposto aumenti di pene, introduzioni di reati come quello di clandestinità, che hanno aggravato a dismisura i problemi delle carceri”. “Chiediamo quindi al centrodestra - aggiunge - un passo indietro, affinché in tempi rapidi si accolgano le nostre proposte: depenalizzazione di reati privi di offensività, revisione della custodia cautelare, introduzione degli istituti della messa alla prova e dell’irrilevanza penale del fatto, rafforzamento e ampliamento delle misure alternative alla pena detentiva. Chiediamo loro di non opporsi alla modifica della legge Fini-Giovanardi per i tossicodipendenti e della legge Cirielli sulla recidiva, cause prevalenti del sovraffollamento carcerario”. “Già dal luglio 2011 il Presidente Napolitano ha richiamato tutte le forze politiche alla necessità di dare risposte concrete all’emergenza assillante e ineludibile del carcere. Giustamente oggi ripropone il tema, con la drammaticità che lo connota e con la determinazione di chi è garante della Costituzione. “Il Partito democratico - conclude Della Monica - per il rispetto degli articoli 13 e 27 della Costituzione, insisterò affinché siano approvati i propri disegni di legge e le proposte del Ministro Severino, ma è pronto anche a far approvare decreti legge del Governo e a non escludere pregiudizialmente l’ipotesi di amnistia e indulto, pur nella consapevolezza che il carcere richiede una riforma coerente e strutturale di sistema”. Moroni (Fli): al via campagna contro condizioni disumane istituti detenzione “La situazione delle carceri italiane è ormai intollerabile. Le condizioni disumane in cui i detenuti sono costretti a scontare la pena non sono degne di un Paese civile, come ieri ha evidenziato anche il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Per questo Futuro e Libertà darà vita a una serie di iniziative, tra cui un viaggio negli istituti di detenzione e una serie di convegni sulla situazione delle carceri per aprire un dibattito con i principali interlocutori istituzionali come il Ministro della Giustizia, Paola Severino”. Lo annuncia la deputata di Fli, Chiara Moroni. “Una serie di iniziative - aggiunge - per sensibilizzare opinione pubblica, Governo e Parlamento sulla qualità della vita nelle carceri, sul sovraffollamento e sulla necessità di trovare misure innovative per fornire un’alternativa alla detenzione. Perché oggi le prigioni italiane non hanno nulla di rieducativo e quelli che dovevano essere luoghi finalizzati al reinserimento si sono trasformat i in palestre per ulteriore emarginazione e criminalità. Tra le nostre iniziative, inoltre, ce ne sarà una dedicata alle detenute madri, dato che è inaccettabile che i bambini fino ai tre anni debbano crescere dietro alle sbarre: servono luoghi adeguati per questo tipo di situazioni e - conclude Moroni - chiederemo che vengano predisposte risorse adeguate per risolvere questo problema”. Crociata (Cei): l’amnistia, perché no? “I detenuti debbono poter avere condizioni di vita consone alla dignità umana. Le modalità per ottenere questo possono essere diverse. Anche l’amnistia, perché no?”. Il segretario della Cei, monsignor Mariano Crociata, risponde così a una domanda sulle parole del presidente della Repubblica. “Credo di dover dire con le parole di Giovanni Paolo II - aggiunge il vescovo - che la nostra preoccupazione dovrebbe essere sempre quella di aiutare e accompagnare le persone che hanno sbagliato a non nuocere ma anche a riscattarsi a redimersi. Dobbiamo credere - scandisce Crociata - nella possibilità delle persone di cambiare. L’obiettivo del carcere deve essere questo”. Russo Spena (Prc-Fds): sì ad amnistia e indulto “Di fronte al 41esimo, tragico, suicidio nelle carceri italiane dall’inizio dell’anno non si lasci cadere nel nulla l’allarme del Presidente Napolitano sulle condizioni disastrose e il sovraffollamento degli istituti di pena. La situazione è gravissima, come da tempo denunciamo”. Così Giovanni Russo Spena, responsabile Giustizia di Rifondazione comunista, che aggiunge: “In attesa di riforme strutturali e normative che il parlamento non ha voluto attuare, come l’abrogazione della Fini-Giovanardi, della Bossi-Fini, dell’ex Cirielli, il parlamento vari per lo meno provvedimenti di amnistia e indulto e la possibilità di applicazione di misure alternative al carcere. Sarebbe meschino che le forze parlamentari facessero prevalere ancora una volta l’opportunismo elettoralistico”. Di Pietro (Idv): noi non abbiamo mai votato amnistia o indulto L’Idv “non ha mai votato né voterebbe provvedimenti di amnistia o indulto”. Antonio Di Pietro, leader dell’Italia dei valori “prende atto” dell’invito al Parlamento del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a studiare una proposta svuotacarceri, ma la considera “una sconfitta delle istituzioni”. Da Bologna, Di Pietro spiega: “Ai delinquenti bisogna dare l’occasione per redimersi con le procedure e le strutture che già ci sono, ma innanzitutto bisogna garantire lo Stato di diritto”. Insomma, conclude, “se c’è bisogno di 100 posti in più nelle carceri vanno creati, non si mettono 100 delinquenti in libertà“. Belisario (Idv): ipotesi amnistia va rispedita al mittente “L’Italia dei Valori rispedisce al mittente ogni ipotesi di amnistia o di indulto”. Lo ha detto il presidente dei senatori dell’Idv Felice Belisario, secondo il quale non va fatto “nessuno sconto per chi ha commesso reati. La certezza della pena è uno dei principi giuridici fondanti per ogni stato di diritto. Inoltre a usufruire di questo sconto sarebbero alcune categorie, come i corrotti e i corruttori, per cui invece è necessario, al contrario, un inasprimento della pena”. “So bene - conclude Belisario - che esiste un problema reale di sovraffollamento delle carceri, ma questo può essere risolto soltanto con un piano carceri serio. Possiamo ragionare seriamente e subito, su pene alternative, depenalizzazione di molti reati, di edilizia penitenziaria adeguata, di cancellare Bossi-Fini e Fini-Giovanardi, ma basta con sconti, condoni, amnistie ed indulti. Sarebbe oltremodo immorale - conclude Belisario - di questi tempi”. Giustizia: ispezione Dap in carcere Parma, su visite Sonia Alfano-Lumia Il Velino, 28 settembre 2012 “A seguito di nuovi elementi acquisiti dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria sulla visita svolta dall’onorevole Sonia Alfano e dal senatore Giuseppe Lumia, il 25 maggio scorso, presso l’istituto penitenziario di Parma, nonché sugli accompagnatori dei parlamentari e sulle modalità di registrazione degli stessi all’atto dell’ingresso, il capo dell’Amministrazione Giovanni Tamburino ha disposto una visita ispettiva presso il carcere. La decisione è stata assunta d’intesa con il ministro della Giustizia Paola Severino per accertare la dinamica dei fatti. I nuovi elementi acquisiti sono stati inoltre comunicati alla Procura nazionale antimafia e ai procuratori della Repubblica competenti”. Lo rende noto un comunicato del ministero della Giustizia. Giustizia: Ilaria Cucchi; Napolitano pensi anche alla legge sulla tortura Adnkronos, 28 settembre 2012 “È importante che il presidente della Repubblica si ponga il problema della realtà delle carceri. Gli chiederei anche di intervenire sulla legge sulla tortura, arenata al Senato, e che probabilmente morirà lì“. È l’appello di Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, a margine della presentazione del libro sulla vicenda del fratello (“Chi ha ucciso Stefano Cucchi?”, di Luca Pietrafesa, per i tipi di Reality Book). Il padre di Stefano, Giovanni, rileva che “detenzioni alternative al carcere esistono già, ma non vengono applicate, semplicemente. Stefano poteva essere detenuto in una struttura per tossicodipendenti, visto che lo era. Non è stato così, ed è morto”. Biella: detenuto si impicca con i lacci delle scarpe, da inizio anno 41 suicidi in carcere www.articolotre.com, 28 settembre 2012 Un detenuto di 51 anni, L.S., si è suicidato la scorsa notte nel carcere di Biella, impiccandosi con i lacci delle scarpe alle inferriate della finestra della cella, nel reparto isolamento. Era detenuto dal 2006 per una serie di condanne per furti e rapine e avrebbe finito di scontare le pene nel 2014. “È il 118.mo morto dall’inizio dell’anno nelle carceri italiane e il 41.mo per suicidio”, sottolinea il Segretario Generale dell’Osapp (Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria), Leo Beneduci che parla di “una vera e propria strage di Stato che bisogna fermare ad ogni costo”. “Tralasciando il senso di frustrazione che pervade coloro che operano in carcere del tutto impotenti davanti ai drammi che si consumano ogni giorno negli istituti di pena, e che spesso ci coinvolgono direttamente - aggiunge Beneduci - come poliziotti penitenziari non possiamo subire ulteriormente l’inerzia dell’Amministrazione e della politica che abbandonano a se stessi quasi centomila donne e uomini nelle carceri, 66.500 dei quali sono detenuti”. Sappe: suicidio in istituti penitenziari è sconfitta stato “Il suicidio in carcere è sempre, oltre che una tragedia personale, una sconfitta per lo Stato”. Lo afferma in una nota Donato Capece, segretario generale del Sindacato autonomo Polizia penitenziaria (Sappe) commentando il suicidio di un detenuto avvenuto ieri nel carcere di Biella. “Nelle carceri italiane sovraffollate - aggiunge - si continua a morire, e il Comitato nazionale per la bioetica ha autorevolmente sottolineato come il suicidio costituisca solo un aspetto di quella più ampia crisi di identità che il carcere determina, alterando i rapporti e le relazioni e affievolendo progetti e speranze”. “La via più netta e radicale per eliminare tutti questi disagi - suggerisce il segretario - sarebbe quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere”. Capece torna poi sul sovraffollamento delle carceri che, con oltre 66mila detenuti, ne potrebbero contenere a malapena 43mila: “Tali episodi accadono per questo motivo. Il ricorso - aggiunge - alle misure di reinserimento dei detenuti socialmente meno pericolosi attraverso il lavoro sono l’unico strumento valido ed economicamente vantaggioso per attuare il tanto citato articolo 27 della nostra Costituzione”. “Se la situazione non si aggrava ulteriormente - prosegue la nota - è grazie agli agenti che, in media, sventano ogni mese dieci tentativi di suicidio”. Il Corpo di Polizia Penitenziaria secondo il Sappe è carente di oltre 7mila unità, ma “ha mantenuto finora l’ordine e la sicurezza negli oltre duecento istituti penitenziari a costo di enormi sacrifici personali e senza perdere il senso del dovere e dello Stato”. “Ma è evidente - conclude Capece - che il Corpo è allo stremo: servono concrete iniziative per fare davvero fronte alle crescenti criticità penitenziarie”. Bologna: Tar non “sospende” Garante Laganà, primo “no” al ricorso dell’Ass. Papillon Dire, 28 settembre 2012 L’associazione Papillon non fa il bis al Tar. E per ora deve registrare una prima sconfitta nel secondo ricorso al Tribunale amministrativo contro il Comune di Bologna per la (ri)nomina di Elisabetta Laganà a garante dei detenuti. Due giorni fa, infatti, il Tar ha respinto la richiesta di sospensiva della nomina, incidentale al ricorso presentato proprio da Papillon e da Vito Totire (candidatosi anche lui al ruolo di garante) per l’annullamento della sua rielezione. E per i ricorrenti si profila una bocciatura anche quando ci sarà la discussione nel merito: infatti nell’ordinanza il Tar scrive che “ad una prima sommaria deliberazione non si ravvisano nel ricorso profili che possano condurre a un suo accoglimento”. Da qui la decisione di negare l’istanza cautelare. Dunque, sembra prossima alla conclusione il travagliato percorso di Laganà verso la nomina di garante dei detenuti. Nomina che ottiene la prima volta a ottobre 2011 e che viene contestata immediatamente proprio da Papillon: infatti per l’associazione il ruolo di garante è incompatibile con quello di giudice onorario presso il Tribunale di Sorveglianza di Bologna che all’epoca Laganà ricopriva. Del “pasticcio” si lamenta anche l’opposizione che chiede di ritirare la nomina. Ma il Pd assicura che è tutto a posto e che Laganà aveva già annunciato la volontà di dimettersi dal Tribunale se fosse diventata garante dei detenuti. Papillon però non ci sta e a gennaio presenta ricorso al Tar, la cui decisione arriva a maggio: la nomina di Laganà è annullata. Il Comune di Bologna deve ricominciare tutto daccapo: a giugno esce il nuovo bando e a luglio Laganà, che nel frattempo si è dimessa dal Tribunale di Sorveglianza, viene di nuovo rieletta coi voti della maggioranza. Valerio Guizzardi, di Papillon, definisce la rielezione uno “spettacolo desolante” e annuncia un secondo ricorso: “Non è la garante dei detenuti - dice subito dopo - ma la garante della maggioranza in Consiglio comunale e della magistratura di sorveglianza”. Con Papillon stavolta fa ricorso anche Vito Totire, conosciuto fra l’altro per la sua lotta all’amianto, che si era candidato al bando. Stavolta, però, sembra profilarsi un esito opposto al primo ricorso. Oristano: Pili (Pdl) in visita ispettiva al nuovo carcere, allarme per arrivo detenuti mafiosi Adnkronos, 28 settembre 2012 Dopo l’allarme di ieri per l’arrivo in Sardegna, entro il 10 ottobre di 70 detenuti mafiosi e camorristi nel nuovo carcere di Oristano, lanciato dal parlamentare Mauro Pili (Pdl), il deputato sardo stamani ha compiuto una improvvisa visita ispettiva nel carcere di Massama (Or) per verificarne le condizioni in previsione dell’arrivo dei detenuti. Cresce la tensione e la preoccupazione anche nel Consiglio comunale di Oristano, dopo l’allarme lanciato ieri, per l’arrivo in Sardegna, entro il 10 ottobre di 70 detenuti mafiosi e camorristi nel nuovo carcere di Massama, alla periferia della città, lanciato dal parlamentare Mauro Pili (Pdl). Il consigliere comunale del Pdl Andrea Lutzu chiede al sindaco di Oristano Guido Tendas se siano state ricevute “eventuali comunicazioni sull’argomento da parte del Ministero di Grazia e Giustizia e quale posizione intende assumere il Sindaco circa l’eventuale arrivo nel territorio di Oristano di detenuti estremamente pericolosi invitandolo a convocare l’intera assemblea con specifico Odg per discutere dell’importante argomento”. Intanto il deputato sardo mauro Pili stamani ha compiuto una visita ispettiva, ancora in corso, secondo quanto si apprende direttamente da Pili, improvvisa nel carcere di Massama (Or) per verificarne le condizioni in previsione dell’arrivo dei detenuti. Roma: si inaugura la seconda edizione del festival dell’arte reclusa 9Colonne, 28 settembre 2012 Dal teatro del carcere di Rebibbia al palcoscenico del Teatro Quirino questa sera il debutto del nuovo spettacolo della compagnia dei detenuti-attori della compagnia del Reparto G8 del carcere romano, “Exodus”, condotta dal Centro Studi Enrico Maria Salerno. Il successo del progetto è stato pienamente coronato nella scorsa primavera, con l’ingresso della troupe dei Fratelli Taviani che hanno narrato per il cinema - attraverso mesi di riprese nelle celle e nei corridoi delle Sezioni -, l’avventura di portare il Giulio Cesare di Shakespeare, con un cast di soli detenuti-attori, al debutto sul palcoscenico del carcere, sotto la guida di Fabio Cavalli. La collaborazione con il Teatro Quirino prosegue dopo due anni di successi di pubblico e critica che hanno accompagnato il debutto dello spettacolo Viaggio all’isola di Sakhalin, nel maggio 2010, e di La leggenda di Fitzcarraldo, nel settembre 2011, entrambi per la drammaturgia e regia di Laura Andreini Salerno e Valentina Esposito. Gli eventi sono straordinari, in quanto prevedono la presenza sul prestigioso palcoscenico di trenta attori di lunga pena che recitano per la prima volta in un teatro “libero” fuori dalle mura del carcere, alla presenza di migliaia di spettatori. “Exodus” è la vicenda fantastica di un popolo in cammino, la storia dell’eterno peregrinare dell’uomo alla ricerca del senso della propria vita. La metafora usata è quella del Circo, sempre in movimento e pure prigioniero di eterni cliché, ruoli, maschere. Centrale è il tema della nostalgia per un passato in oblio e, quindi, il tema della memoria. Iraq: durante assalto a prigione Tikrit uccisi 12 poliziotti, fuggiti un centinaio di detenuti Tm News, 28 settembre 2012 Almeno 12 poliziotti sono rimasti uccisi durante gli scontri fra un gruppo di ribelli armati, che ieri sera aveva dato l’assalto alla prigione di Tikrit, e le forze di sicurezza. “Almeno 12 poliziotti sono stati uccisi”, ha detto il vice governatore della provincia di Salaheddin, Ahmed Abdul Jabbari, precisando anche che 83 detenuti hanno approfittato dell’assalto al carcere per fuggire. Altre fonti hanno indicato invece che 15 poliziotti e 7 prigionieri hanno perso la vita durante le violenze, iniziate ieri dopo l’esplosione di un’autobomba guidata da un kamikaze all’ingresso della prigione. Un centinaio i prigionieri evasi. Le forze speciali hanno assaltato questa mattina il carcere di Tikrit, a nord di Baghdad, caduto ieri dopo una rivolta carceraria sotto il controllo dei detenuti, buona parte arrestati per la loro appartenenza ad al Qaeda. Secondo quanto riferisce l’emittente televisiva “al Sumaria”, già nella notte gli uomini della sicurezza, con l’ausilio degli elicotteri, hanno tentato di riprendere il controllo del carcere. In una serie di attacchi sono morti dodici uomini delle forze speciali. Sono inoltre stati fermati più di 40 detenuti che nel frattempo erano riusciti ad evadere.