Giustizia: Severino ha fretta, ma il “suo” ddl sulle alternative alla reclusione non fa passi avanti Asca, 15 settembre 2012 La Commissione Giustizia per tutta la settimana è stata impegnata nel proseguire l’approfondimento del ddl 5019 contenente le misure di depenalizzazione e pene alternative alla detenzione per attenuare il sovraffollamento carcerario. Il Ministro della Giustizia ha più volte sottolineato la necessità ed urgenza di questo provvedimento anche per dare risposta all’emergenza carceri, ma l’ampiezza delle misure contenute nello schema normativo e, soprattutto, la non piena concordanza di valutazioni dei partiti che sostengono il Governo hanno già reso molto ampio il confronto. Nella discussione è intervenuta la senatrice Rita Bernardini del Pd che ha rilevato l’esigenza di invertire tendenza nell’attuale fase di depotenziamento degli Uepe, cioè gli uffici per l’esecuzione penale esterna e di valutare le conseguenze della riduzione del numero di assistenti sociali ormai quasi ridotto a zero. Su queste valutazioni hanno concordato molti deputati. L’ufficio di Presidenza della Commissione Giustizia ha quindi rinviato sine die l’approdo in Aula del disegno di legge, che nella prevista calendarizzazione doveva andare in Aula il 24 settembre. Giustizia: in carcere si muore… ma ciò nonostante le tanto attese riforme slittano ancora www.ilcarcerepossibileonlus.it, 15 settembre 2012 L’Ufficio di Presidenza della Commissione Giustizia della Camera ha rinviato l’approdo in aula del disegno di legge sulla messa alla prova e le misure alternative alla detenzione in carcere. Il provvedimento doveva andare in aula il 24 settembre, ma non era ancora stato completato l’esame per cui si è scelto di farlo slittare. Il rinvio è senza l’indicazione di una data precisa. Insomma gli onorevoli non hanno studiato abbastanza e il periodo estivo, seppur utilizzato da qualcuno per visitare gli Istituti di Pena, non è servito. Del resto che le priorità erano altre lo si era già capito. Riforma del delitto di corruzione, intercettazioni, responsabilità civile dei magistrati, sono questi i temi reali su cui concretamente si dibatte, da lungo tempo senza nulla decidere, nel Palazzo. Non che non siano importanti, ma dinanzi al fenomeno inarrestabile delle morti in carcere, la discussione in aula di riforme che avrebbero potuto, se approvate, influire direttamente sul sovraffollamento, era un preciso dovere anche perché la data fissata - il 24 settembre - appariva già in ritardo inspiegabile dopo un’estate torrida che aveva visto aggravarsi le già precarie e in gran parte illegali condizioni di vita all’interno degli istituti di pena. C’è di che vergognarsi. Ancora una volta i detenuti sono abbandonati al loro tragico destino da uno Stato che ha la pretesa di voler punire chi ha commesso un reato e, allo stesso tempo, manifesta macroscopicamente la sua impotenza a far rispettare la legge all’interno delle sue carceri, dove lo scopo principale dovrebbe essere quello della rieducazione. Come giudicheranno i detenuti le promesse di riforma per l’ennesima volte assicurate e non mantenute. Cosa penseranno i detenuti della Casa Circondariale di Poggioreale, che dopo aver trascorso un’estate terribile, tra ingiuste (e illegali) sofferenze, si preparavano a una “protesta pacifica, silenziosa, civile e non violenta” astenendosi dal prendere il cibo preparato dall’Amministrazione e rinunciando alle due ore d’aria, nei giorni in cui il disegno di legge sarebbe stato in discussione in aula? Giustizia: Sappe; amareggia rinvio discussione ddl su misure alternative, carceri allo stremo Adnkronos, 15 settembre 2012 “Ci amareggia il rinvio a data da destinarsi della discussione in Aula del disegno di legge sulla messa alla prova e le misure alternative alla detenzione in carcere”. È quanto afferma Donato Capece, segretario generale del Sappe, sindacato autonomo Polizia Penitenziaria. “La drammaticità quotidiana della situazione penitenziaria è infatti sotto gli occhi di tutti - prosegue - con suicidi, tentati suicidi, aggressioni ad agenti, evasioni, atti di autolesionismo, colluttazioni e i soli agenti di Polizia Penitenziaria in prima linea, a perenne rischio della propria incolumità”. “In tante occasioni - ricorda Capece - il Sappe aveva auspicato che la classe politica e istituzionale del Paese non trascurasse le importanti e pesanti parole dette in più occasioni dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sulle nostre carceri terribilmente sovraffollate”. “Oggi - rimarca il leader dei baschi azzurri del Sappe - ci sono in Italia oltre 66mila detenuti in carceri idonee regolarmente per ospitarne regolarmente 45mila. Abbiamo più del 40% dei detenuti in attesa di un giudizio definitivo e ben 7mila agenti di Polizia Penitenziaria in meno rispetto al previsto”. “È auspicabile - prosegue Capece - che si concentrino sforzi comuni per varare una nuova legislazione penitenziaria, che riporti alla normalità le carceri terribilmente sovraffollate, che preveda un maggiore ricorso alla misure alternative alla detenzione, delineando per la Polizia Penitenziaria un nuovo impiego e un futuro operativo, al di là delle mura del carcere, parallelamente all’affermarsi del suo ruolo quale quello di vera e propria polizia dell’esecuzione penale”. “Nelle scorse settimane - spiega ancora il Sappe - abbiamo valutato positivamente il ddl del Guardasigilli Severino di percorrere la tanto da noi auspicata strada dei circuiti penitenziari differenziati con il potenziamento al ricorso delle misure alternative e della messa in prova”. “La situazione penitenziaria è ogni giorno sempre più incandescente - conclude il sindcalista - e le donne e gli uomini della Polizia penitenziaria sono costretti a turni di servizio molto pesanti in termini di stress e di sicurezza, come dimostrano anche le costanti inaccettabili aggressioni a nostri agenti”. Giustizia: emergenza sanitaria nelle carceri; a Viterbo conferenza europea dal 26 al 28 settembre Asca, 15 settembre 2012 Il carcere continua ad essere un grande contenitore di patologie infettive sia in Italia che in Europa: perché accoglie al suo interno un’alta quota di persone tossicodipendenti, prostitute, cittadini provenienti da zone ad elevata endemia. Ma anche perché in tale vi permangono comportamenti e situazioni che possono diffondere ulteriormente le infezioni tra le persone detenute e da queste ai cittadini liberi sia durante i ‘permessi premiò che dopo la scarcerazione. La Simspe (Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria) congiuntamente a Simit (Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali), organizzano a Viterbo dal 26 al 28 settembre 2012 la “Conferenza Europea 2012 sulle Malattie Infettive, le politiche di riduzione del danno ed i diritti umani in carcere”, che intende affrontare questi problemi e mettere a confronto l’esperienza italiana con quelle europee identificando le maggiori criticità e i migliori modelli a cui ispirarsi per un auspicato miglioramento degli standard assistenziali per i cittadini detenuti nelle carceri europee. Durante la Conferenza verranno discusse nel corso di sessioni e tavole rotonde tra gli esperti ed il pubblico, tematiche di estremo interesse ed attualità, a partire dal ruolo delle Ong nel supporto della salute dei prigionieri, dalla situazione dei diritti umani in carcere, passando all’uso di droga e alle strategie di riduzione del danno dietro le sbarre, non senza offrire uno sguardo approfondito alla situazione della donna, sempre più esposta al rischio di malattie come Aids e Tbc. Ai lavori prenderanno parte, oltre ai massimi esperti italiani ed europei e molte delle Organizzazioni Internazionali attive in questi campi in Europa, esponenti dell’Organizzazione Mondiale per la Salute, Dirigenti Generali del Ministero della Giustizia, associazioni nazionali e internazionali per la tutela dei diritti umani come Ristretti Orizzonti, Nps, Lila, Medici senza Frontiere. E per toccare con mano la realtà della vita quotidiana dei detenuti, sarà organizzata una visita al super carcere di Viterbo. La lettura introduttiva sarà svolta da Stefano Vella, responsabile per l’Oms della lotta all’Aids nei Paesi in via di sviluppo. “Tra tutti i diritti violati quello alla salute è forse l’unico che ancora riesce a suscitare pietà”, sottolinea Giulio Starnini, Past President e Fondatore Simspe. “Non è giusto, però, accettare che la disperazione di chi sta in carcere, ma anche talvolta di chi ci lavora, per poter avere ascolto si trasformi in suicidio. Non dobbiamo credere ineludibili le centinaia di morti per cancro, per cirrosi epatica o per Aids. Non possiamo illuderci che la tubercolosi, che coinvolge il 20% dei detenuti, non travalichi le mura del carcere. Non vogliamo che la giustizia si trasformi in colpevole, violenta, indifferente”. Intervento di Giulio Starnini* Negli anni della crisi economica vi è un luogo dove più che in ogni altro i diritti civili sono quotidianamente calpestati: il carcere. Accade perché chi vi è ristretto prima ha sceso tutti i gradini della società, e anche oltre. Una società che non è stata in grado di arrestare la serie di cadute e di errori che iniziano presto nella vita di centinaia di migliaia di persone, perché nascono in luoghi lontani dai paesi ricchi, perché la violenza e la droga sono compagni di infanzia, perché non si ha la forza di lottare quando si è soli. I detenuti sono persone per le quali oggi è sempre più difficile trovare comprensione. Perché? Sono riconosciuti colpevoli, ed è giusto che paghino, ma un terzo non ha avuto neanche un processo. É giusto che paghino, ma non così, con il non senso, il dolore, l’umiliazione, la deprivazione degli affetti fino ad arrivare alla depersonalizzazione; la pena fine a se stessa che dovrà finire prima o poi, in un modo o in altro; fino alla prossima carcerazione, in un carosello infernale che abbiamo chiamato “il fenomeno delle porte girevoli”. E in tutto questo il distacco e la diffidenza degli altri preoccupati per il lavoro che non c’è, per i soldi che non bastano più, in una discarica sociale, per dirla con Saviano, di cui parlare è inutile. Tra tutti i diritti violati quello alla salute è forse l’unico che ancora riesce a suscitare pietà. Non è giusto però accettare che la disperazione di chi sta in carcere, ma anche di chi ci lavora, si trasformi per poter avere ascolto in suicidio. Non dobbiamo credere ineludibili le centinaia di morti per cancro, per cirrosi o per Aids. Non possiamo illuderci che la tubercolosi, che coinvolge il 30% dei detenuti, non travalichi le mura del carcere. Non vogliamo che la giustizia si trasformi in colpevole, violenta, indifferenza. Di questo si parlerà diffusamente dal 26 al 28 settembre a Viterbo, al congresso europeo sulla salute in carcere organizzato dalla Società italiana di medicina e sanità penitenziaria (Simpse) e dalla Società italiana di malattie infettive (Simit). Oltre ai massimi esperti italiani - la lettura introduttiva sarà svolta da Stefano Vella - responsabile per l’Oms della lotta all’Aids nei paesi in via di sviluppo, saranno presenti esponenti dell’Organizzazione mondiale per la salute, dirigenti generali del ministero della Giustizia, associazioni nazionali e internazionali per la tutela dei diritti umani come Ristretti orizzonti , Nps Lila, Medici senza Frontiere e altri. Roberto Saviano, sull’Espresso del 3 settembre, invita tutti a prendersi il lusso” di parlare di carcere. Noi lo faremo affrontando il problema con serietà, impegno, rispetto e umanità. Noi ci saremo. *Ex presidente Simpse e Direttore U.O. medicina protetta - Malattie infettive, Ospedale Belcolle Giustizia: i bimbi che fanno “pena” di Valentina Ascione Gli Altri, 15 settembre 2012 Cinquanta, cinquantacinque o sessanta. Non si sa con esattezza quanti siano oggi i bambini in carcere. E tenere il conto non è semplice, visto che entrano ed escono al seguito della propria madre. Tra le sue braccia o stringendole la mano, potremmo immaginarli così: compagni innocenti e inconsapevoli di un viaggio all’inferno. Alcuni restano in cella solo pochi giorni, ma c’è anche chi in carcere praticamente ci nasce. Come il bimbo di una settimana o poco più di vita, che solo qualche giorno fa si trovava nell’istituto di San Sebastiano a Sassari. Con lui, racconta la presidente dell’Associazione “Socialismo Diritti Riforme” Maria Grazia Caligaris, il fratellino più grande e altri due bambini: tutti in un’unica “cella nido”. Poi, fortunatamente, due dei piccoli hanno potuto lasciare il carcere. Ma il problema resta e inchioda il sistema a un solo assordante interrogativo: è o non è una vergogna, in un Paese che vuole spacciarsi come civile, condannare dei bambini a scontare la pena delle loro madri? Costringerli a trascorrere ore, giorni, settimane fondamentali della propria infanzia in spazi degradati e malsani, dove nessun giocattolo o disegno alle pareti potrà mai dissimulare la dura realtà delle sbarre che li circonda? Alla lettera con la quale Maria Grazia Caligaris le segnalava la situazione dei piccoli detenuti di Sassari, il ministro della Giustizia Paola Severino ha risposto garantendo che le istituzioni stanno facendo tutto il possibile per rendere la permanenza di questi bimbi “adeguata” alla tenera età. Non sapremmo immaginare come, visto che nelle nostre prigioni la vita detentiva non è adeguata, sotto nessun punto di vista, nemmeno per un adulto. E che le direttive europee prevedono condizioni più decenti perfino negli allevamenti di maiali. La legge varata lo scorso anno ha dato il via libera alla costruzione sul territorio nazionale di nuovi istituti a custodia attenuata per madri con - prole, i cosiddetti Icam, come quello attualmente operativo a Milano. Ma solo dal 2014: prima non si può per mancanza di risorse e tuttavia permangono i dubbi anche sulla copertura finanziaria dopo quel termine. Quando però - racconta Caligaris - da consigliera regionale era riuscita a far approvare un emendamento che finanziava l’istituzione di un Icam in Sardegna, dal ministero le hanno risposto che il numero di recluse con figli nella sua regione era irrisorio rispetto ai costi che una struttura del genere avrebbe comportato. Insomma, per una manciata di bambini, non valeva la pena di mettere mano alla borsa. Ma allora, davanti a numeri così contenuti da non superare le poche decine anche su scala nazionale, è ancora più difficile capire come mai non si riesca a individuare per queste donne - colpevoli per lo più di reati a basso tasso di pericolosità - e per i loro figli una sistemazione alternativa in strutture protette più accoglienti. O sono forse, le loro, vite per cui non ne vale la pena? Giustizia: ora vogliamo 150.000 firme per i diritti dei detenuti in attesa di giudizio di Achille Saletti Il Fatto Quotidiano, 15 settembre 2012 Ritengo che dopo la querelle Ingroia e Napolitano sia necessario ritornare a parlare, realmente, di giustizia. Quella vera, quella che colpisce i ceti sociali che una volta venivano definiti “subalterni”. Quella giustizia che vede, in carceri vergognose, il 42% dei detenuti in attesa di giudizio (28.000 detenuti). Se i giornali, tutti, dedicassero anche solo un decimo dello spazio dedicato alle intercettazioni presidenziali al fatto che di quel 42% di carcerati una fetta consistente andrà assolta, si riuscirebbe a comprendere come il “benaltrismo” , in questo caso, deve essere rivolto a coloro che si dedicano allo scontro tra istituzioni dello Stato. Che esiste, che è persistente, intendiamoci, ma marginale rispetto al tema Giustizia, processo penale (tralasciamo quello civile, per carità di patria), garanzie. Da venti anni a questa parte, il tema Giustizia, è stato assorbito interamente dal conflitto tra magistratura e politica. Si tralascia il fatto che entrambe, unitamente ad altre categorie (prima tra tutte, l’avvocatura), sono parte in causa di una sofferenza che investe decine di migliaia di persone. E, con buona pace di tutti coloro a cui schiumano le labbra quando si parla di carcerati, sono migliaia le persone (assolte successivamente) la cui unica, vera disgrazia, è quella di vivere in Italia, di confrontarsi con una politica inetta, una avvocatura affarista, una magistratura ego-riferita. I principi costituzionali, in tema di giustizia, sono calpestati quotidianamente. Ma, in questo caso, nessuno della società degli onesti, si erge a denunciare questo calpestio. Non ne vale la pena perché questa macelleria giudiziaria ha nelle categorie professionali sopra menzionate i protagonisti attivi, e nella opinione pubblica (il narcotizzato popolo) i referenti passivi. Ma se si riduce la questione Giustizia ad una osservazione dal buco della serratura degli interesse di una o dell’altra categoria professionale, non se ne esce. Se si svia l’attenzione dalla considerazione che la Giustizia è, forse, il settore più disastrato di questa Repubblica (ben più della Sanità e della Istruzione), e che riguarda milioni di individui (3.400.000 processi penali pendenti nell’anno 2011), ogni sforzo teso a rinvigorire il senso etico dei cittadini si tramuterà in un sempre più evidente desiderio di vendetta. Sicilia: carceri al collasso; i detenuti sono più di 7mila, gli agenti in servizio nelle sezioni 1.600 Ansa, 15 settembre 2012 Una bomba pronta ad esplodere da un momento all’altro: la situazione nelle 27 carceri siciliane è ormai insostenibile, con circa 3.000 detenuti in più rispetto alla capienza regolamentare (stimata in 4.400 unità) e un personale del tutto inadeguato a livello numerico. Sono infatti soltanto 4.000 gli agenti di polizia penitenziaria, di cui 800 si occupano del servizio “traduzioni e piantonamenti”, mentre almeno il 10% surroga le carenze a livello amministrativo e altri 150 sono divisi tra Provveditorato, Uffici esecuzione penale esterna e tutela di alte personalità politiche. In pratica, soltanto 1.600 agenti possono vigilare nell’arco delle 24 ore sulla sicurezza delle carceri e quindi sugli oltre 7.300 detenuti presenti. Numeri che sono spia di un sistema prossimo al collasso. “Una situazione esplosiva”, la definisce senza mezze misure Gioacchino Veneziano, coordinatore regionale Uil-Penitenziari. “È semplicemente scandalosa - aggiunge - la mancanza di attenzione della politica verso la Sicilia, l’unica tra le tre regioni penitenziarie più estese dopo Lombardia e Campania, a non avere da tanti anni mezzi, strutture e neppure le risorse economiche. E oggi, gli unici a pagare il prezzo più alto di questa disattenzione sono tutti i lavoratori delle carceri, sia essi del comparto sicurezza che quelli del comparto ministeri. Insomma, la macchina a breve potrebbe bloccarsi”. La polizia penitenziaria, sostiene Veneziano, “non può continuare a combattere in trincea sia la delinquenza comune, che la grande criminalità, facendo fronte solo allo spirito di servizio, poiché la gravissima carenza di personale genera in tutto il territorio regionale la soppressione o la negazione dei riposi e dei congedi, subendo ritardi nel pagamento dello straordinario e delle missioni. Tutto questo - conclude - è inaccettabile. Per rimpinguare gli organici la strada maestra non è chiudere il carcere di Marsala ma effettuare una revisione vera degli organici che in Sicilia sono davvero all’ osso”. Un grido d’allarme che viene raccolto e rilanciato da Salvo Fleres, Garante regionale dei diritti dei detenuti. “Più volte e in diverse circostanze ho evidenziato la necessità, ormai improcrastinabile, di implementare l’ organico e rivisitare compiti e mansioni del personale attualmente in servizio. Per quanto mi riguarda - assicura - continuerò a sollecitare il governo e il Parlamento affinché si affronti seriamente e concretamente il problema”. Milano: Marcora (Udc); chiudiamo San Vittore e spostiamo il carcere nelle aree Expo Il Giornale 15 settembre 2012 “Apriamo il dibattito politico su San Vittore, vista la totale non disponibilità dell’amministrazione comunale ad affrontare il tema”. Interviene con forza sulla questione dello spostamento del carcere il consigliere regionale dell’Udc Enrico Marcora, caldeggiando l’approvazione in consiglio regionale di un ordine del giorno che impegni la giunta a definire un “progetto concreto” per la realizzazione della cittadella della Giustizia nell’area Expo dopo il 2015. Il discorso si è aperto durante la trasferta della Commissione speciale sul sistema carcerario del consiglio regionale a Palazzo Marino per una seduta congiunta con la sottocommissione carceri del Comune. In polemica sul destino del carcere, Regione e Comune sono invece uniti per aumentare le iniziative che favoriscono i detenuti ad inserirsi nel mondo del lavoro. “Dobbiamo spingere le aziende partecipate a fare di più - ha detto il presidente della Commissione regionale, Stefano Carugo. Giunti a questo punto sollecitarle non basta. Ci vuole una legge regionale ad hoc per convincere le nostre aziende a prendere i detenuti, perché chi lavora non delinque”. Risposta positiva sull’argomento da parte di Lamberto Bertolè, presidente della sottocommissione del Comune. “È necessario avanzare insieme per le commesse pubbliche per quanto concerne il mondo delle cooperative. C’è già una mozione del consiglio comunale, ma una legge sarebbe un passo importante. La probabilità di recidiva fra i detenuti che lavorano precipita dal 60% al 20%”. Intanto si prosegue con la ristrutturazione dell’istituto di pena. I funzionari del provveditorato hanno fatto presente che le opere d’intervento del secondo e quarto raggio di San Vittore sono state inserite fra gli scopi prioritari del piano carceri, con una revisione deliberata la primavera scorsa. Foggia: Consigliere Nuzziello scrive a Ministro Cancellieri “detenuti vivono un inferno” www.statoquotidiano.it, 15 settembre 2012 “È sconcertante e allarmante la situazione in cui versano le carceri di Foggia e vergognosa è l’inerzia del governo nazionale che sa applicare solo tagli lineari che hanno portato allo smantellamento dell’intero sistema di welfare schiacciando i deboli e impoverendo i più fragili. Il sistema delle carceri rappresenta la misura del grado di civiltà di un Paese. Dimmi che carceri che hai e ti dirò che società civile sei. C’è un ordine del giorno approvato in consiglio regionale nel luglio scorso che impegnava la Regione Puglia a mettere in atto tutti gli interventi necessari per sostenere il sistema penitenziario regionale, per garantite una condizione di vita dignitosa e un’adeguata assistenza sanitaria a tutti i detenuti pugliesi; c’è anche la mia lettera di denuncia inviata al Ministro Cancellieri con la quale rappresentavo l’inferno in cui si sono rinchiusi i detenuti foggiani. Abbiamo anche istituito il Garante dei detenuti e quello dei minori. La situazione però è rimasta immutata. Nessuna iniziativa è stata intrapresa”. È il grido d’allarme lanciato dal consigliere de La Puglia per Vendola Anna Nuzziello. “Basta - continua la Nuzziello, è finito il tempo delle ricognizioni, delle denunce e dell’attesa. Siamo stati nelle carceri, abbiamo visto con i nostri occhi la sofferenza e il degrado fisico e psicologico in cui vivono i detenuti, lo abbiamo denunciato alle istituzioni competenti e tramite la stampa abbiamo tenuto alta l’attenzione, ma ora è giunto il momento di passare agli atti concreti. Bisogna istituire un tavolo permanente di confronto con le autorità competenti e le istituzioni locali con dietro una cabina di regia che includa le associazioni di volontariato e cittadini, la cui sensibilità è stata sempre molto spiccata riguardo ai problemi dei detenuti che sia preposta al costante monitoraggio della situazione carceraria, per programmare una linea di interventi urgenti ed efficaci che pongano fine alla situazione giunta al collasso in cui versano le case penitenziarie foggiane. E tutte le istituzioni pugliesi locali e nazionali devono far fronte comune per spingere il governo nazionale affinché garantisca una dignitosa e civile permanenza dei detenuti nelle carceri, prevedendo anche la possibilità di incrementare ogni forma possibile alternativa alla carcerazione, in modo da incentivare un graduale svuotamento degli Istituti di pena e nel contempo consentire una seria riabilitazione sociale”. Trento: il carcere di Spini di Gardolo attende il Garante dei detenuti www.ladigetto.it, 15 settembre 2012 Il Difensore Civico Sampaolesi ha chiesto che si faccia in fretta, se ne discute da troppo tempo. Il Presidente Anderle ha assicurato che poche settimane basteranno a risolvere il caso. Visita della I Commissione del Consiglio Provinciale: “Struttura modello, ma sull’apertura al territorio c’è molto da fare” “Questo carcere? È un hotel quattro stelle, per chi come me è appena stato a San Vittore e in precedenza è stato recluso per esempio a Vigevano. Qui in cella abbiamo buoni spazi, possiamo respirare. C’è pulizia e c’è modo di fare una vita dignitosa”. Le parole tra le sbarre di un anziano detenuto maghrebino hanno detto più di tante altre, stamattina, ai legislatori provinciali in visita ufficiale alla nuova casa circondariale. Parole che hanno confermato come a Spini di Gardolo la Provincia Autonoma di Trento abbia davvero consegnato allo Stato un carcere modello. “Una realtà con pochi eguali in Europa, - ha detto lo stesso Provveditore agli istituti di pena del Triveneto, Felice Bocchino. - Ha grosse potenzialità da esprimere, ma anche un grosso problema all’orizzonte: a fine anno la responsabilità e il costo di gestire tutti gli impianti passano all’amministrazione statale, temo che vivremo enormi problemi di copertura finanziaria.” La Prima Commissione permanente del Consiglio provinciale - l’ha spiegato subito il suo Presidente, Renzo Anderle - è andata a toccare con mano la realtà di questa “istituzione totale” con uno scopo preciso: fornire ai consiglieri tutti gli elementi di prima mano utili a sciogliere il nodo dei disegni di legge provinciale in discussione, attorno all’istituzione del Garante provinciale dei detenuti. Una figura di garanzia per la quale il dottor Bocchino ha spalancato le porte. “Sarebbe utilissima, perché farebbe da cinghia di trasmissione tra il mondo dei detenuti, l’amministrazione penitenziaria e il mondo esterno, favorendo la soluzione di tanti problemi francamente irrisolvibili con le sole forze e le rispettive competenze attualmente in campo”. Superata la cancellata d’ingresso, i commissari oggi hanno potuto vedere tutto, senza restrizioni: l’ampio teatro, la chiesa, lo spazio pronto per eventuale moschea (ma i detenuti islamici possono pregare liberamente anche in cella). Le cucine (dove a spadellare sono gli stessi ospiti della casa circondariale, sul cui lavoro ai fornelli vigila una commissione di “colleghi”) e ancora le lavanderie (un cambio biancheria ogni settimana). Nella palazzina direzionale, una sala di comando esibisce una schiera di grandi schermi tv, da dove un agente penitenziario tutto vede e tutto controlla (salva la privacy dentro le celle), accedendo luci e chiudendo porte con una serie di comandi domotici di ultima generazione. Assieme ai commissari passeggia anche il dottor Claudio Ramponi: è il primario dell’emergenza al Santa Chiara e risponde dell’unico settore del carcere affidato al territorio, ossia l’assistenza sanitaria, nelle mani per l’appunto dell’Azienda sanitaria provinciale. Passando per saloni e corridoi - sempre con tanta luce e nessun senso d’oppressione - si giunge infine anche ai bracci dei detenuti, proprio mentre viene distribuito il rancio (non abbondantissimo, sussurra qualcuno). Nelle celle c’è una tv a muro, i letti, un piccolo bagno cieco, l’angolo per lavare i piatti, l’immancabile finestra col sole a scacchi. Il settore femminile fa più impressione. “Ho a casa quattro bambini - spiega una donna delle genti nomadi - l’ultima ha due anni, eppure mi negano i domiciliari per pochi mesi di pena da scontare. Se potete, fate qualcosa”. Di fronte alla sua cella, una piccola stanza con delle spalliere e una cyclette. Poco distante c’è una biblioteca con una collezione di volumi un po’ ingialliti (gradite le donazioni, dice il direttore). Se c’è un forte limite, anche in una “galera” così moderna e attrezzata, è comunque nelle opportunità di socializzazione e di recupero. Poco il volontariato trentino attualmente attivo dentro le alte mura di Spini, lontane dalla città. La dirigente del Difensore Civico provinciale, Maria Ravelli, viene ogni mese a raccogliere istanze e problemi, sono attivi anche molti sportelli informativi, è stato realizzato con profitto un bel progetto teatrale. Ma si potrebbe fare molto di più, e anche le opportunità di lavoro interno al carcere sono limitate ai laboratori della Cooperativa Kaleidoscopio (si assemblano ad esempio i sacchetti per le deiezioni dei cani). I commissari oggi li hanno visti in funzione: tanti giovani uomini - quasi tutti nordafricani, in gran parte condannati per reati legati alla droga - che si guadagnano 120/130 euro al mese e imparano quanto meno a non disimparare un po’ di manualità. Il coordinatore dei Garanti dei detenuti, Franco Corleone, ha fatto vedere come si muove questa figura: ha parlato con i carcerati, ha stretto mani, ha subito affrontato problemi. Come quando s’è confrontato con un detenuto iracheno, che ha spiegato come il suo Paese d’origine non ne accetti il rientro, vanificando la norma italiana varata per “scambiare” gli ultimi due anni di reclusione con l’allontanamento dall’Italia. Una delle preoccupazioni espresse dai consiglieri provinciali è stata quella del sovraffollamento di una casa circondariale fatta per 240 ospiti e già arrivata a 296. “Il problema - ha replicato il dirigente, Massimo Francesco - proprio non si pone, se solo si fa il raffronto con la situazione delle altre carceri italiane. Sì, ci sono 30/40 detenuti in più e stanze da 2 posti sono state adattate per 3, ma la vivibilità rimane molto alta. Suggerirei anzi di ragionare seriamente anche sul significato di una seconda, nuova struttura penitenziaria in quel di Bolzano. Più grave, qui a Trento, è semmai la carenza di organico del personale, questo sì”. La visita si conclude con qualche riflessione al tavolo. Il Garante Corleone si dichiara apertamente a favore di una figura di Garante trentino dotata di piena autonomia. “Accollare le competenze al Difensore Civico sarebbe improduttivo, una scelta al ribasso. Qui il Garante dovrà lavorare molto e con passione, dovrà dare impulso ai protocolli Stato - Provincia, dovrà interfacciarsi con l’avvocatura, con le famiglie dei detenuti, con l’amministrazione penitenziaria, con le autorità sanitarie, il volontariato. Dovrà vigilare anche sullo stato delle celle di sicurezza nelle questure. Mi auguro che il vostro Garante nasca attrezzato e forte”. Reggio Calabria: Lo Moro (Pd), accelerare completamento carcere di Arghillà Adnkronos, 15 settembre 2012 Mentre le carceri scoppiano a Reggio c’è un istituto di pena che manca solo delle opere complementari per essere messo in funzione. Le denunce del Sappe che parlano delle ripetute aggressioni dei detenuti agli operatori di Polizia e la vicenda del carcere di Arghillà diventano oggetto di riflessione e denuncia in un’interrogazione parlamentare rivolta al governo e al Ministro della Giustizia presentata dall’on. Doris Lo Moro del Pd. Si legge nell’atto “la Corte dei Conti ha depositato in Parlamento un documento di analisi sullo stato dell’edilizia carceraria in Italia; ampi stralci dell’indagine sono dedicati al completamento dei carcere di Arghillà di Reggio Calabria che dovrebbe essere utilizzabile tra il 2014 e il 2015, grazie alle risorse di 21,5 milioni di euro e al suo inserimento nel piano carceri così come aggiornato all’inizio dell’anno. Nel corso del 2011 i 21,5 milioni sono stati impegnati a favore del commissario delegato il quale ha indicato quale stazione appaltante il provveditorato interregionale alle opere pubbliche per la Sicilia e la Calabria”. Ad oggi sono circa 2978 i detenuti ospitati nelle strutture calabresi a fronte di una capacità di 1870 posti e se il carcere di Arghillà di Reggio Calabria fosse completato potrebbe ospitare 150 detenuti. Inoltre, la deputata calabrese ha ricordato come in Calabria manchi da anni la figura di un provveditore generale delle carceri che garantisca la possibilità agli operatori penitenziari di avere un interlocutore istituzionale, come già chiesto nell’interrogazione 4-15754. “Le condizioni precarie delle carceri italiane finiscono per incidere non solo sulla vita dei detenuti, ma anche su quella degli operatori della Polizia Penitenziaria che sono costretti a lavorare in situazioni limite per molte ore al giorno”. Cremona: il carcere di Cà del Ferro esplode; 416 detenuti con capienza regolamentare di 200 La Provincia, 15 settembre 2012 Mai così tanti detenuti nel carcere di via Cà del Ferro. Con l’arrivo degli ultimi due uomini arrestati all’inizio di questa settimana da carabinieri e polizia, la casa circondariale di Cremona si trova in questo momento a ospitare 416 reclusi, a fronte di un limite massimo a suo tempo fissato in 350 detenuti, già ampiamente derogato rispetto a quando stabilito al debutto del carcere. Già, vent’anni fa esatti, in occasione del varo della casa di pena, la soglia era stata fissata a duecento detenuti. Una cifra che oggi lascia senza parole. Oramai la gran parte delle celle ospitano tre persone rispetto alle due previste. Il colpo di grazia è stato l’arrivo di trenta detenuti dal casa circondariale di Monza, dove sono in corso lavori che riguardano un’ala del carcere. A Cremona il degrado delle condizioni di vita oltre le sbarre è aumentato in maniera vistosa. Come le condizioni di lavoro degli agenti della polizia penitenziaria, chiamati a turni spesso massacranti. Catania: individuata area per nuovo penitenziario, la struttura potrà ospitare 450 detenuti Tm News, 15 settembre 2012 È stata siglata questa mattina nella sede della Presidenza della Regione Siciliana la rimodulazione del piano carceri dell’isola. A sottoscrivere l’intesa sono stati i vertici dell’assessorato regionale al Lavoro, su delega della Presidenza della Regione, e il Commissario delegato per l’emergenza conseguente al sovrappopolamento degli istituti penitenziari presenti sul territorio nazionale. Il documento localizza le aree destinate al nuovo istituto penitenziario di Catania che avrà capienza di 450 posti e sorgerà al fianco del penitenziario di Bicocca. Castelvetrano (Tp): in carcere dopo le 20:00 non c’è né assistenza medica né infermieristica La Sicilia, 15 settembre 2012 “Ieri sera ho avuto un fortissimo mal di pancia e ho dovuto attendere più di tre ore per avere qualcosa. Qui se stiamo male di sera siamo abbandonati, non c’è né assistenza medica né infermieristica”. A parlare è un uomo di 76 anni recluso presso la casa circondariale di Castelvetrano. All’interno dell’istituto penitenziario è assicurata la presenza di un medico 24 ore su 24 soltanto nelle giornate di venerdì, sabato e domenica mentre nel resto della settimana il presidio sanitario è attivo fino alle 20.00. La segnalazione è stata raccolta dall’onorevole Rita Bernardini, dei Radicali italiani, che, dopo la visita ispettiva presso la casa circondariale, ha presentato nei giorni scorsi un’interrogazione parlamentare in cui segnala una serie di gravi carenze. L’istituto è gravemente sovraffollato: i detenuti presenti sono 97, a fronte di una capienza regolamentare di 46 posti. Le celle, che misurano circa 8 metri quadrati, pensate per ospitare un detenuto, ne ospitano generalmente due e in alcuni casi perfino tre. Il personale di polizia penitenziaria è sottodimensionato. La pianta organica prevede 61 unità, gli agenti assegnati sono 67, ma tra distacchi e congedi quelli in servizio sono soltanto 55. Pavia: due detenuti al lavoro per l’Asm, grazie alle borse lavoro della regione La Provincia Pavese, 15 settembre 2012 Da giugno lavorano fuori dalla cella. Uno nel servizio di raccolta differenziata, l’altro in quello della manutenzione caldaie di Asm. Sono due detenuti del carcere di Torre del Gallo che stanno usufruendo di due delle 5 borse lavoro messe a disposizione da Regione Lombardia. I due detenuti saranno al servizio di Asm anche per i prossimi tre mesi, grazie a un accordo stretto tempo fa tra l’allora vicepresidente Vittorio Pesato, la direttrice del carcere di Pavia Iolanda Vitale e l’Apolf (Maria Pia Giacobone e Angela Chiofalo). I detenuti, due giovani attualmente in carcere a Pavia, usufruiscono del permesso lavoro ed escono ogni giorno per recarsi in Asm. Non è stato facile dipanare la matassa burocratica che consentisse di dare concretezza all’accordo con Asm. È stato necessario rispettare le esigenze di custodia, che hanno ottenuto comunque l’avallo del magistrato di sorveglianza. IL bilancio è positivo, i due detenuti si sono integrati con i colleghi, tanto che è stata richiesta la loro presenza alla partita di calcio aziendale che si terrà domani. Altri tre detenuti hanno ottenuto l’assegnazione di borse: uno lavora nella falegnameria interna a Torre del Gallo, uno è impiegato in una biblioteca universitaria e un altro ancora si occupa dell’orto del carcere che produce verdura che viene poi venduta sul mercato equo e solidale tramite la cooperativa pavese Arkè. Frosinone: detenuti per lavori di pubblica utilità, siglata convenzione Il Messaggero, 15 settembre 2012 Il Comune di Frosinone ha stipulato una convenzione con la Casa Circondariale di Frosinone e l’Associazione Gruppo Idee per l’inserimento di persone detenute in attività formative prioritariamente destinate allo svolgimento di lavori di pubblica utilità. Il progetto è nato per perseguire il fine del reinserimento sociale dei condannati, ed ha come elemento fondamentale di riferimento l’occupazione lavorativa durante l’espiazione della pena e l’orientamento e l’inserimento al lavoro per il futuro post detentivo. Nel mese di agosto e in questi giorni, i detenuti sono stati impegnati in attività di bonifica di alcune zone della città: dapprima una vasta area verde sulla quale l’Amministrazione comunale ha intenzione di realizzare un parco e poi alcune strade del capoluogo. Si tratta di un progetto sperimentale, che fa di Frosinone il primo comune in Italia a portare avanti un’esperienza di così vasto respiro e così articolata, che durerà sei mesi e che ha visto fino ad oggi coinvolti sei detenuti, impegnati in attività formative che faranno curriculum, finalizzate ad offrire, in prospettiva futura, opportunità lavorative ai medesimi soggetti per un completo reinserimento sociale. Lunedì prossimo si terrà una conferenza stampa di presentazione del progetto per illustrare le guida e l’attuazione della convenzione linee alla presenza del sindaco di Frosinone, Nicola Ottaviani, del vice sindaco e assessore all’ambiente Fulvio De Santis, del provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria del Lazio, Maria Claudia Di Paolo, del direttore della casa circondariale di Frosinone Luisa Pesante, del magistrato di sorveglianza di Frosinone Luisa Martoni, dei rappresentanti dell’Associazione Gruppo Idee, oltre ai detenuti che hanno partecipato al progetto. Modica (Rg): Osapp; nuova aggressione, detenuto lancia ventilatore contro agente La Sicilia, 15 settembre 2012 Un agente di polizia penitenziaria del carcere di Modica, in provincia di Ragusa, è stato aggredito da un detenuto, che gli ha lanciato contro un ventilatore. Lo ha reso noto il vicesegretario nazionale dell’Osapp, il sindacato autonomo della polizia penitenziaria, Mimmo Nicotra, che ritiene “necessario chiudere” il carcere di Modica, ritenuta “una struttura troppo piccola” e trasferire il personale a Ragusa. Per Nicotra ciò “permetterebbe di affrontare le emergenze con più personale ed evitare fatti come l’aggressione”. Per Nicotra “Trentacinque uomini in più a Ragusa, quelli che sono in servizio a Modica, garantirebbero una maggiore forza all’interno del carcere”. “La verità è che in tutta la Sicilia, ma non solo, c’é una situazione di grande tensione che ogni giorno mette a rischio il personale della polizia penitenziaria. La situazione é ben oltre il limite della tolleranza e questo è ampiamente dimostrato dalla sistematicità con cui avvengono episodi di tensione ed eventi critici nel penitenziario di Ragusa ma non solo” Benevento: “Le realtà distorte”, a Città Spettacolo un incontro con il teatro dei detenuti www.ntr24.tv, 15 settembre 2012 Città spettacolo mette in pausa pièce e rappresentazioni; si ferma e si interroga sul significato e le potenzialità dei laboratori teatrali nei luoghi di detenzione. Lo fa attraverso un incontro, al Mulino Pacifico, tra critici, attori ed operatori impegnati quotidianamente nel delicato lavoro di portare la recitazione all’interno delle case circondariali d’Italia. “Le realtà distratte” questo il titolo del convegno scelto da Giulio Baffi, direttore artistico di Benevento Città Spettacolo. “Chi porta il teatro nelle carceri spesso è vittima insieme ai detenuti di una distrazione sociale ed istituzionale - ha dichiarato Baffi - quello di oggi vuole essere un momento di confronto per cercare di capire quali saranno le potenzialità e le possibilità future del linguaggio teatrale alla luce degli ottimi risultati, etici ed estetici, ottenuti dai laboratori teatrali nelle carceri”. Eppure il capoluogo sannita non è estraneo ad esperienze teatrali nei luoghi di detenzione. “Nel carcere di Benevento il laboratorio è presente dal ‘91 con risultati ottimi”, spiega Maria Luisa Palma, direttrice della casa circondariale sannita. Il teatro, infondo, è libertà di espressione che rende libere le persone. “Un dibattito, quello sulle realtà distratte, che non è fine a se stesso, precisa Baffi. Sarebbe bello - confessa il direttore artistico - riuscire ad inserire all’interno del prossimo festival anche uno spettacolo realizzato dai detenuti”. San Gimignano (Si): a colloquio con figlio detenuto cerca di consegnargli 30 grammi di droga www.gonews.it, 15 settembre 2012 La polizia penitenziaria di Ranza si accorge degli strani movimenti e sorprende la madre 63ennee nel tentativo di dare lo stupefacente. Ha cercato di introdursi nel carcere di Ranza, nel comune di San Gimignano, con 30 grammi di droga contenuti all’interno di un involucro, ma la polizia penitenziaria l’ha scoperta. Una donna italiana, A.G., 63 anni, è stata arrestata perché sorpresa a passare gli stupefacenti al figlio detenuto, D.A., 40 anni, anche lui italiano, mentre si trovavano a un colloquio. La madre adesso è stata portata a sua volta in un istituto penitenziario femminile. A dare la notizia Giuseppe Sottile, segretario generale della Cisl Fns, il quale “si congratula con il personale di polizia penitenziaria per la professionalità dimostrata nell’operazione e nella dimestichezza e impegno nel fronteggiare le notevoli criticità che si verificano quotidianamente nel penitenziario garantendo la sicurezza”. Anche il comandante del reparto di polizia penitenziaria, Benvenuto Greco, ha elogiato “la professionalità, l’oculatezza e l’abilità dimostrata dai poliziotti penitenziari durante l’operazione”. “Durante il colloquio con la propria madre - ricostruisce un comunicato del sindacato Sappe - i colleghi hanno visto qualcosa di sospetto nel detenuto e all’uscita lo hanno perquisito, trovandogli nelle mutande un doppio scompartimento con un sacchettino con 28 grammi di sostanza stupefacente”. Il detenuto, continua il Sappe “sta già scontando una pena per vari reati tra cui anche droga, rapina, furto, detenzione di armi”. Livorno: da carcere ad albergo, sull’isola di Pianosa ex struttura penitenziaria si trasforma www.clandestinoweb.com, 15 settembre 2012 L’edilizia carceraria dismessa può rappresentare una grande risorsa. Lo sanno bene i ragazzi della Cooperativa San Giacomo di Livorno che sono riusciti a trasformare l’ex penitenziario di massima sicurezza dell’isola di Pianosa in una struttura ricettiva gestita proprio da ex detenuti. Un modo per riabilitare struttura e persone entrare a far parte del mondo carcerario. Per ex ristretti e persone in semilibertà, infatti, questo particolare albergo è diventato un vero lavoro. Si chiama Hotel Pianosa ma è anche conosciuto anche con il nome di Hotel Milena. Dopo la chiusura del carcere ospitato nella suggestiva isola toscana la struttura rimase completamente abbandonata a se stessa fino a quando la cooperativa scelse di lanciare questo progetto originale. Le camere vengono fittate a prezzi concorrenziali: 50 euro a notte e 90 per una matrimoniale. La location è a dir poco suggestiva: rievoca non solo la storia dell’edificio, tra sofferenze e storie di vita ma anche quella più famosa del Conte di Montecristo. Alba (Cn): l’assessore Paola Farinetti alla “Merenda sinoira” in Casa circondariale www.cuneocronaca.it, 15 settembre 2012 “Una bella festa di fine estate fatta in carcere”. Così Paola Farinetti assessore alla Cultura, Turismo e Manifestazioni del Comune di Alba ha definito la “Merenda sinoira” nella Casa Circondariale “Giuseppe Montalto” di Alba. Definizione quanto mai azzeccata per la strepitosa serata a cura dello chef stellato Maurilio Garola e dell’Associazione Sapori Reclusi organizzata con il supporto logistico e la collaborazione del Comune di Alba. Martedì 11 settembre, 120 persone svelte a prenotare sono arrivate in carcere, hanno dato le proprie generalità, pagato la quota e partecipato alla cena picnic nel giardino della casa circondariale dove hanno gustato le delizie del ricco menu partito con lauto cestino antipasti preparati dallo chef de “La Ciau del Tornavento” di Treiso supportato da otto membri del suo staff e da 11 detenuti che hanno servito con entusiasmo gli ospiti ed hanno preparato a sorpresa anche una torta alla frutta come dolce di fine serata. Una grande festa in compagnia in un luogo insolito ma dove si svolgono molte attività durante l’anno per educare i carcerati ad un modello di vita diverso. “All’interno del carcere di Alba c’è ne sono tantissime - ha ricordato Paola Farinetti accompagnata dall’assessore comunale all’Agricoltura e all’Ambiente Massimo Scavino - da quelle pratiche legate all’agricoltura, a quelle letterarie e teatrali e altro che aiutano a considerare il detenuto una persona”. Alla serata di beneficienza l’assessore Farinetti ha poi parlato delle difficoltà economiche di questo periodo anche nel mondo carcerario: “I finanziamenti che c’erano prima per queste attività non ci sono più - ha ricordato Farinetti. Iniziative come questa vogliono portare all’attenzione dei cittadini l’importanza di continuare a mantener vivo il lavoro di anni. Come l’esperienza del vino “Vale la pena” presente ovunque, anche in un negozio a Parigi. Come Comune di Alba abbiamo voluto intitolare “Vale la pena” un mercatino fatto all’interno della Fiera del Tartufo in cui vengono presentate tutte le eccellenze dei prodotti realizzati nelle varie carceri italiane: biscotti, vino, panettoni, i lavori in ferro battuto e altre cose. Quest’anno lo riproporremo durante la Fiera. Il Comune di Alba non si può sostituire ai finanziamenti dello Stato ma per quello che può è assolutamente vicino al mondo del carcere e speriamo che questa serata non sia un episodio isolato ma si ripeta magari con altri colleghi di Maurilio. Lui ci ha regalato una serata fantastica dimostrando una sensibilità eccezionale. Spero che altri suoi colleghi seguano l’esempio. Possiamo fare un cartellone di chef per altre serate come questa”, ha proposto Paola Farinetti davanti al direttore della Casa Circondariale albese Giuseppina Piscioneri, al comandante della Polizia Penitenziaria Alessandro Catacchio, a Marco Bonfiglioli capo dell’Ufficio Detenuti e Trattamento del Provveditorato Regionale Amministrazione Penitenziaria di Torino e agli educatori Raffaella Messina, Sergio Pasquali e Letizia Crisman. “In un periodo di evidenti difficoltà economiche - ha dichiarato l’assessore Scavino - è encomiabile lo sforzo della Direzione della Casa Circondariale albese a continuare e a praticare politiche nel solco costituzionale della funzione rieducativa della pena, per questo il Comune di Alba vuol continuare a manifestare la sua vicinanza fattiva a questa realtà”. Padova: lunedì ministro Severino interverrà al convegno “Vigilando Redimere” Adnkronos, 15 settembre 2012 Lunedi alle 17.30, presso l’Aula Magna dell’Università di Padova, il ministro della Giustizia Paola Severino interverrà al convegno “Vigilando Redimere”, organizzato dal Gruppo studentesco Articolo 27. Ne dà notizia una nota del ministero di via Arenula. Al convegno, che ha come tema l’utilizzo del lavoro dei detenuti come strumento fondamentale per il loro recupero, partecipano, oltre al guardasigilli, il giornalista Luigi Ferrarella e l’ex Presidente della Camera Luciano Violante. A coordinare l’incontro Nicola Boscoletto, presidente di Officina Giotto che opera all’interno del carcere Due Palazzi di Padova. Prima del convegno, proprio nel carcere Due Palazzi, da anni punto di riferimento per il reinserimento sociale dei detenuti attraverso numerose attività lavorative che si svolgono all’interno delle sue mura, il ministro Severino visiterà la struttura e incontrerà i detenuti e il personale di Polizia penitenziaria. Roma: lunedì a Rebibbia evento in ricordo di Gabriella Ferri Adnkronos, 15 settembre 2012 Roma rende omaggio a Gabriella Ferri. In onore dell’artista romana, scomparsa nel 2004 e che proprio il 18 settembre avrebbe compiuto 70 anni, parte il progetto “Nata da Roma, Viaggio emozionale nella musica di Gabriella Ferri”. Un evento a più tappe che vede coinvolti musicisti e volti noti per far rivivere l’arte e l’anima dell’artista testaccina, unica nel panorama nazionale e internazionale. La manifestazione è realizzata dall’associazione Culturale V&C, con la Direzione Artistica di Vanessa Cremaschi e il sostegno dell’assessorato alle Politiche Culturali di Roma Capitale. Il primo appuntamento si terrà lunedì 17 settembre presso la Casa Circondariale Femminile di Rebibbia, Via Bartolo Longo 92 alle ore 16.30 (riservato alle detenute e al personale della struttura ricevente); mentre la seconda tappa sarà al Ceis (Centro Italiano Solidarietà don Picchi), Via Appia 1251 (spettacolo gratuito e aperto al pubblico). All’incontro previsto per lunedì al carcere di Rebibbia, parteciperà il consigliere capitolino Pdl Alessandro Cochi. “Questo viaggio emozionale - afferma Cochi - ha il merito di far rivivere una delle voci più belle e famose della canzone popolare romana. Testaccina di nascita e di origine, Gabriella Ferri è stata un’interprete unica nel suo genere, soprattutto per il ruolo di ‘Mamma Romà ereditato dalla Magnani, capace di incarnare perfettamente lo spirito popolare della Città Eterna, portando l’autentica romanità ben oltre i confini nazionali. È giusto, dunque, ricordarla ed è meritevole che l’Associazione Culturale V&C, per festeggiare il settantesimo anniversario della sua nascita, abbia voluto realizzare due concerti speciali rivolti a chi, purtroppo, vive in situazioni di evidente disagio sociale”. Sempre lunedì, si esibiranno gli artisti Barbara Eramo, Diana Tejera, Vanessa Cremaschi, che interpreteranno canzoni del repertorio di Gabriella Ferri: donna e artista geniale e controcorrente, capace di dare voce alle diverse anime di Roma. Ospiti speciali: Nathalie, Giorgio Caputo ed altri elementi dell’Orchestraccia. Latina: “Evasioni Musicali”, con l’esibizione in carcere di Marco Masini Adnkronos, 15 settembre 2012 Il concerto di Marco Masini si è tenuto oggi pomeriggio presso la sezione femminile della casa circondariale di Latina. Entusiasmo tra le detenute e cori all’unisono col cantante toscano. Il concerto rientra nell’ambito di Evasioni Musicali, la manifestazione ideata dalla Giunta Polverini, arrivata alla penultima tappa, per portare musica e cabaret negli istituti penitenziari del Lazio. Presente l’assessore regionale agli enti locali e politiche per la sicurezza, Giuseppe Cangemi, che ha portato alla direttrice della struttura, Nadia Fontana, agli operatori di polizia penitenziaria e al folto gruppo di detenute in sala, i saluti della Presidente della Regione, Renata Polverini. “È con piacere ed emozione - ha dichiarato l’assessore Cangemi - che saluto l’esibizione di Marco Masini, al penultimo concerto della manifestazione Evasioni Musicali in programma quest’estate nelle carceri del Lazio. Masini ci ha deliziati grazie alle sue armonie coinvolgenti. Ma soprattutto è riuscito a dilettare le detenute di Latina, facendo superare loro, almeno per qualche ora, la solitudine e i momenti bui che la condizione di detenzione comporta. L’ultima tappa estiva di Evasioni Musicali, progetto che sicuramente confermeremo nel prossimo futuro visto il grande successo ottenuto nel mondo penitenziario, sarà Regina Coeli”. Francia: Hollande rivede sistema carcerario; stop dall’edilizia, sì a pene alternative di Christian Elia Il Fatto Quotidiano, 15 settembre 2012 L’appuntamento con il nuovo corso del governo francese sulle carceri è per il prossimo 18 settembre. Come annunciato il 1 settembre scorso dal ministro della Giustizia transalpino, Christiane Toubira, verrà indetta una conference de consensus, una sorta di assemblea generale aperta alla società civile, per elaborare una prospettiva differente al mondo del carcere rispetto a quella del precedente governo Sarkozy. L’ex presidente francese nel 2007 aveva caratterizzato la sua campagna elettorale con la tolleranza zero, in continuità con il suo mandato da ministro degli Interni. La presidenza Sarkozy, oltre che a un generico inasprimento delle pene, puntava molto sull’edilizia carceraria. Era già pronto, per quanto mai realizzato, un piano per portare la capienza dei penitenziari francesi a 80mila posti, invece dei 55mila posti attuali. Questo sia per far fronte a leggi sempre più dure, anche per reati minori, sia per il sovraffollamento carcerario che in Francia (come in Italia) è un problema enorme. Ad oggi risultano infatti almeno 65mila i detenuti in Francia e le condizioni di alcuni penitenziari sono pessime. Lo denunciava già nel 2007 il Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura, che in un rapporto definiva “disumano e degradante” il trattamento riservato ai detenuti nei penitenziari francesi. Esattamente quello che denunciava Daniele Franceschi, nel 2010, nelle disperate lettere alla madre. Carpentiere viareggino 31enne, Franceschi era detenuto nel carcere di Grasse, con l’accusa di falsificazione di una carta di credito. Dopo cinque mesi di carcere, è morto nel penitenziario per un attacco cardiaco, almeno secondo la versione ufficiale, che è ancora al centro di polemiche. Anche quest’anno la situazione non è affatto migliorata. Un’inchiesta del giornale on line RU89, a febbraio scorso, ha denunciato la pratica delle perquisizioni corporali dei detenuti, vietate in Francia dal 2009 perché ritenute “degradanti, umilianti e lesive della dignità umana”. Dal 2011, l’Osservatorio Internazionale delle Prigioni in Francia - Oip, ha lanciato una campagna per sostenere i ricorsi individuali contro le prigioni francesi e, nella maggior parte dei casi, ha vinto in tribunale. L’Oip ha chiesto anche una revisione dei regolamenti interni e il 22 febbraio scorso l’Autorità garante dei prigionieri in Francia ha diffuso un rapporto che mette in luce come le perquisizioni sui detenuti nudi, anche se illegali, continuino alla luce dell’interpretazione di una circolare dello scorso aprile. I detenuti sono costretti a questa pratica ogni volta che vengono a contatto con il mondo esterno. Per questo sono state condannate le direzioni dei carceri di Rennes, Oermingen e Poitiers-Vivonne. Una situazione esplosiva, insomma, che l’esecutivo Hollande ha deciso di affrontare, ma invertendo completamente l’approccio dei suoi predecessori. Pene alternative al carcere, prima di tutto, ma anche e soprattutto un lavoro accurato sulla recidiva e sugli antidoti a questo problema. Passando per un’apertura al confronto con la società civile che non ha precedenti. Tutte le realtà che si occupano dell’universo carcere, laiche e confessionali, politiche e civili, potranno dire la loro nell’incontro del 18 settembre prossimo. Per elaborare una vera strategia nazionale che non risponda solo con nuovi penitenziari ai problemi di una società. Francia: detenuta denuncia call center carcere per sfruttamento e ingiusto licenziamento Il Fatto Quotidiano, 15 settembre 2012 Per la seconda volta i giudici hanno rinviato la decisione sul caso di Karine, 36enne in attesa di giudizio che aveva denunciato la società Mkt. L’azienda l’aveva infatti tagliata per avere telefonato alla sorella con l’apparecchio del lavoro. Ora lei accusa: fuori dal carcere non ci sarebbe stato licenziamento. E l’episodio diventa un caso nazionale. È ingiusto che i detenuti lavoratori siano pagati meno dei loro colleghi liberi? O è questo uno scotto inevitabile cui bisogna sottoporsi quando si è finiti in prigione, quando si è commesso un reato? E le imprese che impiegano “per motivi sociali” i detenuti non è che alla fine lo fanno semplicemente per tagliare in maniera drastica i costi produttivi, per interesse? Sono domande al centro di un dibattito nazionale in Francia sulla scia di una causa intentata proprio da una carcerata contro una società di call center. Che l’ha licenziata, secondo la donna ingiustamente. Non solo: durante il periodo di lavoro l’ha pagata molto meno di quanto previsto dalla legge per chi è libero. È la storia di Karine (i media francesi usano questo nome fittizio), 36 anni, in detenzione preventiva (in attesa di giudizio), dal 2010. Ebbene, fra l’estate di quell’anno e l’aprile 2011 ha lavorato, dall’interno del carcere dove è detenuta, quello di Versailles, alle porte di Parigi, per la società Mkt Societal, attiva nel settore dei call center. Alla fine, però, le è stato imposto di interrompere l’attività per “aver utilizzato le risorse informatiche dell’azienda per usi personali”, come hanno sottolineato i dirigenti di Mkt: una telefonata alla sorella. Karine non c’è stata. E ha fatto causa. Due giorni fa i giudici del lavoro dovevano emettere la loro sentenza, che già era stata rinviata una volta. Niente da fare: ancora un rinvio, stavolta al prossimo 29 gennaio. Che la dice lunga sull’imbarazzo dei magistrati su una questione spinosa che ha attirato l’attenzione dei media. E che è diventata il parametro nazionale di un supposto sfruttamento dei detenuti. Da una parte gli avvocati della donna, Fabien Arakélian e Julien Riffaud, ritengono che si tratti di “un licenziamento abusivo”. Quella telefonata, insomma, se effettuata da un dipendente al di fuori del carcere non avrebbe portato a tanto. Chiedono un risarcimento e il reintegro della lavoratrice, anche se l’azienda è nel frattempo stata messa in liquidazione. Ritengono anche che la loro cliente sia stata oggetto di discriminazione, perché pagata meno dei suoi colleghi liberi, attivi all’esterno della prigione. Gli avvocati di Mkt, ora sotto commissariamento, ribattono che a Karine non si applica il diritto del lavoro comune. E che i giudici non dovrebbero neanche pronunciarsi. In effetti l’articolo 717 - 3 del codice di procedura penale francese stabilisce che “le relazioni di lavoro delle persone incarcerate non fanno l’oggetto di un contratto di lavoro”. La legge penitenziaria del 1999 ha solo introdotto l’obbligo a un “contrat d’engagement”, quindi, d’impegno, che deve essere sottoscritto fra il detenuto e la direzione del penitenziario, il quale, a sua volta, attribuisce concessioni ad aziende esterne. Viene anche fissato il pagamento, pari a 4,03 euro lordi all’ora, che è praticamente la metà di quanto stabilito dallo Smic, il salario minimo fissato in Francia per legge, per i cittadini del Paese. Sembra, comunque, che anche tale paga ridotta sia nella realtà solo un riferimento e soprattutto una media: gli ispettori del lavoro non vanno mai a spulciare quelle cifre. Secondo l’Observatoire international des prisons (Oip), Ong con sede a Lione, una delle associazioni di difesa dei diritti dei prigionieri, “si tratta di una zona di non diritto del lavoro. E di un Eldorado economico per le imprese private”. Che, fra l’altro, è una conveniente alternativa alla delocalizzazione. La stessa Mkt aveva spostato il grosso delle sue attività dalla Francia alla Tunisia. Il fenomeno non è così marginale. Sono 17.497 i detenuti francesi che lavorano, secondo gli ultimi dati disponibili, quelli del 2010, come dire il 27,7% del totale. Le imprese sono molto restie ad ammettere il ricorso ai detenuti. Solo di recente è emerso che la Bic, per rifinire le sue penne biro e i suoi rasoi, ha utilizzato intensivamente dal 1970 al 2007 i carcerati di due prigioni francesi, quelle di Fleury - Mérogis e di Osny. Libano: rivolta in carcere, 10 agenti in ostaggio dei detenuti Adnkronos, 15 settembre 2012 Dieci agenti di polizia sono stati presi in ostaggio dai alcuni detenuti nel carcere più grande del Libano, dove è scoppiata una rivolta. Lo rivelano fonti della sicurezza a condizione di anonimato, precisando che la rivolta è scoppiata verso mezzogiorno nell’ala B del carcere di Roumieh, dove sono vi sono circa 700 prigionieri. I detenuti hanno dato alle fiamme la struttura.