Giustizia: sul carcere solo aria fritta di Franco Corleone (Garante dei detenuti di Firenze) La Nuova Ferrara, 23 ottobre 2012 Il carcere soffre di uno strano destino. Anche quando autorevolmente si richiamano governo e parlamento a compiere atti e riforme adeguati ad una situazione di “prepotente urgenza”, il silenzio e la mancanza di decisioni prevalgono ineluttabilmente. L’attualità è legata allo stillicidio dei suicidi che scandiscono drammaticamente la condizione delle prigioni italiane ed è giusto che sia così, ma non si riesce a imporre una discussione sul legame tra la persecuzione dei reati e il deposito finale dell’amministrazione della giustizia. Il sovraffollamento, cioè la condizione inaccettabile determinata dalla differenza tra i 46.000 posti disponibili e i 66.000 detenuti presenti, rischia di costituire un alibi per non fare nulla o, peggio, si trasforma in un mantra per far passare la necessità di aumentare il numero delle celle. Da tempo insisto a dire che lo scandalo non è dato dallo scarso numero di celle, bensì dall’alto numero di detenuti. L’ossessione securitaria e la forza degli imprenditori della paura hanno scavato profondamente nel senso comune determinando la richiesta di più carcere. Ma per chi? Basta esaminare la composizione sociale dei detenuti per rendersi conto che parlare di discarica sociale no è un’iperbole. Tossicodipendenti, poveri, stranieri, emarginati, border line sono la maggioranza degli ospiti delle patrie galere. Il sovraffollamento non è un accidente ma l’effetto di leggi criminogene come quella sulle droghe, sull’immigrazione o sulla recidiva. In particolare la legge Giovanardi del 2006 in pochi anni ha raddoppiato il numero degli ingressi in carcere per consumatori di sostanze stupefacenti, piccoli spacciatori, tossicodipendenti; per cecità ideologica si è cancellata ogni differenza tra droghe leggere e pesanti e si prevede la stessa pena da 6 a 20 anni. La metà dei detenuti ha relazione con i fatti di droga e per questo chiedo urgentemente al governo un decreto legge per cancellare le norme più inique della legge proibizionista e punitiva in modo da non far entrare in carcere gli accusati di fatti di lieve entità e di rendere possibili le misure alternative per i tossicodipendenti. Un carcere con la metà dei detenuti consentirebbe di sperimentare la sfida dell’articolo 27 della Costituzione sul reinserimento sociale del reo realizzando gli spazi per la pena rispettosi della dignità della persona. Invece il partito degli affari preferisce la strada dell’edilizia, della costruzione di nuovi edifici dove ammassare corpi senza speranza. (Il ruolo alternativo dell’architettura è al centro del volume “Il corpo e lo spazio della pena”, Ediesse editore, che ho curato con Stefano Anastasia e Luca Zevi) I garanti dei diritti dei detenuti non vogliono essere complici di una deriva che potrebbe risolversi in tragedia. Per altro già i numeri dei cosiddetti eventi critici parlano il linguaggio di un bollettino di guerra: 1.137 tentati suicidi, 5.703 atti di autolesionismo, 6.626 scioperi della fame nel 2011. Per questo con quindici conferenze stampa e prese di posizione contemporanee in tante città italiane, hanno proposto al governo, al parlamento e all’amministrazione penitenziaria un’agenda delle priorità, delle cose da fare subito: la modifica della legge sulle droghe e sulla recidiva, l’introduzione del reato di tortura nel Codice penale, l’introduzione del diritto all’affettività in carcere, l’approvazione della figura del garante nazionale dei diritti dei detenuti, l’applicazione integrale del regolamento dell’ordinamento penitenziario del 2000 per garantire salute, lavoro, studio in un carcere più responsabilizzante e meno infantilizzante. La grande riforma, a cominciare dalla definizione di un nuovo Codice penale, può essere un compito affidato alla prossima legislatura, sperando che sia di ricostruzione del tessuto civile del Paese. Finora la risposta della ministra Severino è pura aria fritta. Si trastulla con provvedimenti che non riescono a incidere sul grumo di contraddizioni che incatena l’istituzione totale come la cosiddetta messa alla prova e la detenzione domiciliare. Ma quel che è peggio è che il governo non trova la necessaria copertura per la legge Smuraglia sul lavoro vero dei detenuti attraverso la defiscalizzazione degli oneri contributivi ma ha pensato bene di prolungare il contratto con la Telecom per la gestione dei braccialetti elettronici per controllare i soggetti in misure alternative. Il costo di questa operazione è stato dal 2001 al 2011 di 110 milioni di euro per 15, dico 15, braccialetti e ora l’affidamento è prolungato al 2018. Lo scandalo è stato denunciato qualche giorno fa dalla Corte dei Conti. Non è solo uno sperpero di denaro pubblico intollerabile, ma il segno di disprezzo per i prigionieri a cui manca anche la carta igienica! Giustizia: Camera; da oggi in Aula il ddl su pene alternative al carcere Asca, 23 ottobre 2012 L’Assemblea di Montecitorio avvierà oggi la discussione del ddl 5019 di delega al Governo per le misure alternative al carcere, sospensione del procedimento per la messa alla prova e altri interventi diretti ad alleggerire l’emergenza del sovraffollamento dei penitenziari. Il testo è stato discusso a lungo dalla Giustizia che ha completato giovedì scorso l’iter referente anche alla luce dei pareri espressi dalla Affari Costituzionali, dalla Bilancio, dalla Finanze, dalla Ambiente, dalla Affari Sociali e da altre Commissioni. La rapida approvazione di questo testo è stata più volte sollecitata dal Guardasigilli. Per agevolare l’iter è stato stralciata dal testo originario del Governo la parte relativa alla depenalizzazione che, come ddl 5019 ter è al vaglio della Giustizia. Subito dopo la conclusione dell’iter del “pacchetto Severino”, l’Assemblea ha in programma la discussione del testo unificato 746 riguardante l’utilizzo del corpo post mortem a fini di ricerca e di studio. Il ruolino di marcia prevede poi l’esame del ddl 5466 riguardante il Protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura (approvata dal Senato) se sarà completato in tempo utile la discussione prevista per domani nelle Commissioni Esteri e Bilancio, Programmato poi l’esame del Ddl 3900, già varato dai senatori, contenente la nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense. Giustizia: misure alternative al carcere, si voti al più presto di Roberto Di Giovanpaolo (Senatore Pd) L’Unità, 23 ottobre 2012 Occorre fare delle nostre prigioni luoghi più vivibili per i detenuti e per chi vi lavora. La Camera ha la grande opportunità questa settimana di dare impulso al disegno di legge sulle misure alternative al carcere. Un provvedimento fondamentale per alleviare il problema del sovraffollamento, per fare delle nostre carceri luoghi più vivibili per i detenuti e per chi vi lavora. Va dato atto al ministro Severino di aver lavorato affinché i tempi parlamentari fossero veloci, seppur nel rispetto delle prerogative di tutti. Solo alcuni numeri per fare un esempio. Nel 2011 su un totale di 186 persone decedute nei penitenziari italiani, 63 sono stati suicidi. Già 31 le persone che si sono tolte la vita tra gennaio e luglio del 2012. Solo alcuni giorni fa ancora un suicidio a Poggioreale. A fine febbraio, su una capienza complessiva di 45.742 posti, nelle carceri italiane i detenuti erano 66.632, di cui solo 38.195 con condanna definitiva. Faccio notare, poi, che il 30 per cento dei detenuti è tossicodipendente e il 30 per cento è straniero. Se il ddl, che incide sui reati che prevedono meno di quattro anni di pena, fosse approvato in tempi brevi avrebbe effetti positivi proprie su queste due categorie. Se tanti tossicodipendenti e tanti immigrati sono in carcere è anche per la storture di leggi come la Fini-Giovanardi e la Bossi-Fini, oltremodo punitive e che prevedono la detenzione in carcere per reati che dovrebbero essere trattati in altro modo. Certo, la sfida parlamentare non sarà facile. C’è chi pensa che valga ancora il principio per cui chi sbaglia va comunque rinchiuso in prigione, che non vale investire nel suo recupero. E invece i dati dimostrano che laddove si dà ai detenuti una possibilità di progettare il loro futuro oltre le sbarre, magari imparando anche un lavoro, le recidive sono bassissime. Come è possibile avviare un percorso di recupero dalla dipendenza dalle droghe, se si sfruttano appieno le possibilità date dalle comunità di recupero. Però su questo fronte bisogna che le Regioni facciano di più, perché ad oggi non sappiamo quali strutture siano davvero attive e quante persone ospitano. Il federalismo, solidale, passa anche attraverso questi gesti. Dunque è arrivato il momento di dimostrare, con i fatti, che i nostri penitenziari non sono luoghi di ultima istanza. Il recupero passa anche e soprattutto un’espiazione più umana della pena. Giustizia: Vietti (Csm); ok depenalizzazione e misure alternative Agi, 23 ottobre 2012 È giusto intervenire per una depenalizzazione, così come si deve pensare a rafforzare le misure alternative al carcere. È il parere di Michele Vietti, vice presidente del Csm, intervenuto oggi a Radio Anch’io. “La bellissima formula del processo accusatorio - ha detto il numero due di Palazzo dei Marescialli - funziona quando a dibattimento vanno, come negli Stati Uniti, il 10 per cento dei processi, da noi questa percentuale sale al 90 per cento: il sistema non è idoneo a smaltire l’enorme quantità di contenzioso penale. Mi preoccuperei se fosse rimessa in discussione l’obbligatorietà dell’azione penale, credo piuttosto sia giusto intervenire sul versante della depenalizzazione”. Per quanto riguarda l’emergenza carceri, poi, Vietti ha rilevato che “non si può pensare che tutto venga sanzionato con il carcere, va prevista una graduazione di misure alternative, come anche la messa alla prova”. Diffamazione se si toglie carcere pene pecuniarie alte “Non bisogna confondere i reati di opinione con la diffamazione, che consiste nell’addebitare un reato ad altri, cosa che mi pare difficile da legittimare”: lo ha detto il vicepresidente del Csm Michele Vietti, a Radio anch’io, su Radio Uno, rispondendo a una domanda sui lavori in corso al Senato su questo tema. Secondo Vietti si tratta di una “materia scivolosa. Ho sentito - ha aggiunto - contumelie contro il “legislatore fascista” e lamentazioni contro la persecuzione dei reati di opinione. Ma il legislatore fascista non c’entra, il Codice Rocco prevedeva le pene in alternativa, fu una legge del 1948 che introdusse la pena cumulativa, cioè sia la sanzione del carcere che la pena pecuniaria”. In ogni caso, ha detto ancora il vicepresidente dell’organo di autogoverno dei magistrati, “se viene eliminata la sanzione della detenzione, dobbiamo ritenere che se addebitare ad altri è un comportamento riprovevole dobbiamo agire sulle pene. Non entro nel merito della discussione del Parlamento ma se togliamo il carcere, come credo sia giusto, in qualche modo l’inasprimento della pena pecuniaria penso sia inevitabile. E non possiamo trattare il reato di diffamazione a mezzo stampa in modo difforme rispetto a quello di diffamazione del cittadino comune”. Giustizia: Di Giovan Paolo (Pd); con ddl su pene alternative fuori 20mila detenuti Ansa, 23 ottobre 2012 “Circa 20 mila detenuti potrebbero uscire dal carcere beneficiando del ddl sulle pene alternative la cui discussione dovrebbe cominciare oggi in aula alla Camera. Circa il 30% dei detenuti è nelle condizioni di poter chiedere di scontare la propria pena in modo alternativo al carcere”. Lo ha affermato il senatore Roberto di Giovan Paolo, membro della Commissione Diritti umani del Senato e presidente del Forum della salute in carcere, auspicando “che la discussione in aula vada bene, perché se migliorano le leggi per i detenuti, migliorano le leggi per tutti gli italiani”. Parlando a un incontro al Regina Coeli di Roma, durante il quale è stato presentato anche il Rapporto sullo stato dei diritti umani negli istituti penitenziari e nei centri di accoglienza e trattenimento per migranti in Italia, redatto dalla Commissione Diritti umani nei mesi scorsi, Di Giovan Paolo ha ribadito la necessità - contro il sovraffollamento e per sottolineare “la differenza tra giustezza della pena e negazione dei diritti umani” - di “cambiare le leggi ex Cirielli, Bossi-Fini e Fini-Giovanardi”. “Il carcere - ha aggiunto il presidente della Commissione Diritti umani del Senato, Pietro Marcenaro - è una misura estrema se non ci sono alternative. Le statistiche ci dicono che chi ha potuto beneficiare di misure alternative è tornato meno in carcere rispetto a chi non ne ha beneficiato”. Bisogna “separare il concetto di pena dal concetto di carcere e recuperare le persone alla vita civile. Spero - ha concluso Marcenaro - che la discussione alla Camera sulle pene alternative vada avanti, l’Italia sta diventando più ragionevole: le posizioni forcaiole non contribuiscono alla sicurezza del Paese”. Giustizia: Zazzera (Idv); su pene alternative partorito topolino, fuori pochissimi detenuti Il Velino, 23 ottobre 2012 “La legge sulle pene carcerarie alternative approdato quest’oggi in aula rappresenta il classico topolino partorito dalla montagna. È stato annunciato come il provvedimento per svuotare le carceri e deflazionare il sistema giustizia, in realtà a mala pena servirà a qualche centinaio di detenuti mentre le carceri scoppiano con una utenza di 67.000 a fronte di 47.000 posti, di questi ben 23.000 sono extracomunitari. Non si risolve in questa maniera il sovraffollamento carcerario e neppure il funzionamento del sistema giustizia. Lo stralcio della depenalizzazione del provvedimento ha peraltro depotenziato la sua efficacia mentre rischia di essere utile ai soliti furbi che per reati fino a quattro anni potranno scontare la pena comodamente standosene a casa o in casa di cura. Il paradosso è che potrebbero rientrare in questo provvedimento anche reati socialmente gravi e pericolosi. Noi dell’Italia dei Valori riteniamo che il sovraffollamento delle carceri si risolve con la costruzione di carceri più umane e con l’effettività della pena cose che in questo provvedimento non abbiamo trovato. Valuteremo nel corso della discussione se il governo intende ascoltare le nostre obiezioni oppure come sempre si deciderà d’imperio senza prevedere alcuna modifica al testo”. È quanto afferma il deputato Idv Pier Felice Zazzera intervenendo in discussione generale sul provvedimento in materia di pene carcerarie alternative. Giustizia: Marcenaro (Pd); riflettere su atto di clemenza per i detenuti Adnkronos, 23 ottobre 2012 La situazione carceraria “ha bisogno di misure di emergenza”, tra queste, una potrebbe essere “un atto di clemenza”. Lo afferma Pietro Marcenaro, presidente della Commissione Diritti Umani del Senato, presentando nel carcere romano di Regina Coeli il Rapporto sullo stato dei diritti umani negli istituti penitenziari e nei centri di accoglienza e trattenimento per migranti in Italia. Non nasconde di avere “sempre avuto dubbi sulla questione che riguarda la clemenza ai detenuti, però penso che se parte un’azione di riforma strutturale che affronti i problemi delle carceri, un atto di clemenza sarebbe giustificato e capito. È una questione molto delicata - aggiunge - però il fatto che poco tempo fa con l’equilibrio e la cautela che gli è propria il Presidente della Repubblica abbia accennato a questa possibilità secondo me è una cosa che dovrebbe far riflettere”. Secondo il senatore, sarebbe necessario che il Parlamento intervenisse “per rimediare ad una violazione della legalità della quale la situazione nelle carceri è un segno”. Il sovraffollamento degli istituti di pena “è una conseguenza - prosegue il senatore - e non una causa, della situazione creata da leggi che esistono e che le riempiono ad ogni limite accettabile”. In discussione sono “la ex Cirielli che priva la possibilità di avere misure alternative a coloro che sono recidivi”, continua il senatore, la legge sulle tossicodipendenze “che invece di indirizzare verso la cura e quindi verso le comunità indirizza verso il carcere”, la legge sull’immigrazione “che rende reato penale le situazioni irregolari o ne fa un aggravante ed ha portato all’aumento del numero delle persone in carcere”. Queste, conclude, “sono solo alcune cose sulle quali, se si riuscisse a lavorare, contribuirebbero a svuotare le carceri e a ridurre la pressione”. Questo non vuol dire “non voler garantire la certezza della pena, ma solo utilizzare altre forme che tengano conto del recupero delle persone alla vita civile”. Giustizia: piano-carceri; sottoscritto addendum al protocollo per la legalità Agenparl, 23 ottobre 2012 “Con queste procedure vogliamo centrare l’obiettivo di impedire alle organizzazioni mafiose di infiltrarsi nelle fasi di esecuzione delle opere e di accaparrarsi le risorse economiche che verranno stanziate per realizzarle”: questo il commento dei segretari nazionali di Feneal-Uil, Filca-Cisl e Fillea-Cgil, Donato Bernardo Ciddio, Salvatore Scelfo e Salvatore Lo Balbo all’uscita dall’incontro odierno con il prefetto Angelo Sinesio, commissario delegato per il Piano Carceri, per la firma di un “addendum” al Protocollo per la Legalità previsto dalle Linee Guida Antimafia pubblicate in GU il 18 giugno scorso. L’addendum, che riguarda la realizzazione delle opere previste nel Piano Carceri, 17 nuovi padiglioni da realizzare in istituti già esistenti entro il 2013 per un importo di 230 milioni di euro, prevede “l’istituzione di un Tavolo di monitoraggio nazionale, in grado di verificare la corretta applicazione di quanto previsto dalle linee guida antimafia e dai Protocolli in ordine al monitoraggio dei flussi di manodopera e di tutte le norme legislative e contrattuali, compresa l’applicazione del Durc per congruità” affermano Scelfo, Lo Balbo, Ciddio. “Inoltre si prevede l’apertura di Tavoli territoriali per la realizzazione delle singole opere, che saranno accompagnate da un Protocollo per la contrattazione di anticipo siglato dai sindacati e dalle imprese. Queste ultime - spiegano i segretari nazionali di Feneal, Filca e Fillea - dovranno far pervenire alla Cassa Edile competente la documentazione richiesta e provvederanno a dotare tutti i lavoratori di un badge collegato ad un unico programma informatico a livello nazionale, consentendo così anche l’assimilazione dei lavoratori parasubordinati e delle partite Iva ai lavoratori dipendenti”. Giustizia: Pannella; oggi le carceri sono le catacombe aggiornate… Notizie Radicali, 23 ottobre 2012 Quella che segue è la trascrizione della conversazione domenicale di Marco Pannella a Radio Radicale. “L’iniziativa radicale sulla giustizia e il ruolo del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Il suo intervento nel luglio 2011 al convegno del Senato organizzato dai Radicali, nel quale Napolitano parlava di “prepotente urgenza” riguardo la situazione della giustizia: “Lui stesso la sbanchettò sette giorni dopo averla pronunciata, e credo che il povero D’Ambrosio sicuramente era l’ispiratore principale di quella formula, otto giorni dopo non essendo al Quirinale ma essendo andato al carcere minorile di Nisida se ne uscì subito fuori smentendo la prepotente urgenza e dicendo che le soluzioni come l’amnistia non erano politicamente mature. Lui era un marciatore da sei anni - a Natale e a Pasqua - sull’obiettivo amnistia, indulto, diritto e libertà, e me lo aveva ricordato”. “Non ho sentito molte obiezioni dicendo che esagero. Eppure ho detto che oggi le carceri sono le catacombe aggiornate, perché nelle catacombe si può ritenere che anche quelli che erano per motivi di ordine dentro le catacombe fossero anche loro catacombati, come i poliziotti di oggi. Allora avevano a che fare con Cesare, con lo Stato che li costringeva a stare lì. La cosa è semplice: oggi c’è lo Stato italiano che è da decenni in flagranza ufficiale, ammessa e riconosciuta, di crimine contro i diritti fondamentali secondo tutte le legislazioni di riferimento, la Costituzione italiana, il riferimento della legalità europea e la giurisdizione europea”. L’Europa “ci deplora, non ci condanna, che è peggio”. Giustizia: io, in sciopero della fame contro la violenza del potere di Franco Corleone (Garante dei detenuti di Firenze) Il Manifesto, 23 ottobre 2012 Digiuno per non rassegnarmi alla violenza del potere e non essere complice della catastrofe. Il dramma del carcere è destinato ad aggravarsi non solo perché il numero dei detenuti ha ripreso a crescere dopo una flessione degli ultimi mesi, ma perché è la vivida rappresentazione di una crisi della democrazia. Quando il Presidente della Repubblica dal Quirinale dirama una Dichiarazione in cui esprime “una dura analisi critica e l’espressione di una forte tensione istituzionale e morale per una realtà che non fa onore al nostro paese, ma anzi ne ferisce la credibilità internazionale e il rapporto con le istituzioni europee” e non succede nulla, siamo in piena crisi istituzionale. Quando il Presidente Napolitano auspica che “proposte volte a incidere anche e soprattutto sulle cause strutturali della degenerazione dello stato delle carceri in Italia trovino sollecita approvazione in Parlamento” e la risposta è il silenzio, siamo alla certificazione dell’ignavia e dell’impotenza. Questo è accaduto il 27 settembre. Che fare? Temo che il disinteresse per le parole della più alta autorità dello Stato accentui la disperazione delle donne e degli uomini ammassati nelle prigioni. Corpi a cui viene tolta la dignità, vengono annullati i diritti fondamentali e per i quali il principio della Costituzione secondo cui la pena deve tendere al reinserimento sociale si rivela una beffarda irrisione. La tracotanza di chi ha la responsabilità di questo stato di cose sembra affidarsi alla sicurezza che in carcere si continuerà a subire in silenzio, a morire, a suicidarsi, e che non ci saranno rivolte violente e che il sangue che scorrerà sarà solo quello delle vittime senza voce. Hanno rinchiuso nelle gabbie migliaia e migliaia di soggetti deboli, poveri, stranieri, tossicodipendenti, emarginati, border line, trasformando il carcere in una discarica sociale e malignamente si accaniscono secondo la massima vigliacca: forti con i deboli, deboli con i forti. I garanti dei diritti dei detenuti pochi giorni fa in tante città hanno presentato una piattaforma delle “cose da fare subito” riprendendo una felice espressione di Ernesto Rossi del 1949; io non mi rassegno al fatto che tante buone volontà vengano bistrattate. Immagino perciò un digiuno ad oltranza, fino all’ultimo giorno della legislatura. Una catena nonviolenta e di massa, una mobilitazione collettiva per un obiettivo puntuale: un decreto legge contro gli effetti delle leggi emergenziali e classiste. Io facevo parte della delegazione dei firmatari della lettera aperta scritta dal prof. Pugiotto in cui si chiedeva al Presidente della Repubblica di inviare un messaggio alle Camere per una assunzione di responsabilità sulla questione del carcere e in quella occasione feci presente che il sovraffollamento non era un accidente ma aveva una causa nelle leggi criminogene e in particolare nella legge sulle droghe. Per rispondere alla “prepotente urgenza” il governo aveva una sola strada, quella del decreto legge per cancellare le norme più nefaste della legge Giovanardi che causano l’ingresso in carcere di oltre ventimila consumatori (e piccoli spacciatori) di sostanze stupefacenti e di ventiquattromila tossicodipendenti, vittime della legge Cirielli sulla recidiva. Nel 2006 con un colpo di mano istituzionale e contro la prescrizione costituzionale del carattere di necessità e urgenza, la riforma proibizionista e punitiva della legge sulla droga fu inserita nel decreto legge delle Olimpiadi invernali. Oggi di fronte allo spaventoso sovraffollamento delle carceri (metà dei detenuti per fatti relativi a quella legge) vi sono tutte le ragioni politiche e costituzionali per un decreto che incida sui fatti di lieve entità relativi alla detenzione di sostanze stupefacenti e modifichi gli articoli che impediscono la concessione di misure alternative ai tossicodipendenti. Il governo tecnico non può sottrarsi al dovere di intervento e soprattutto non può buttare sabbia negli occhi promettendo misure ininfluenti come la messa alla prova. Siamo noi che mettiamo alla prova il coraggio del governo. Il digiuno a staffetta darà parola al vasto mondo del carcere, dai detenuti ai parenti, dagli avvocati ai volontari e agli operatori penitenziari, e potrà assumere anche la funzione di mettere la questione della giustizia, vista anche dal punto di vista delle conseguenze finali, tra le priorità dell’agenda della politica. Checché ne pensi la ministra Severino, l’approvazione di un nuovo Codice penale che superi il Codice Rocco, costituisce la base di uno stato di diritto repubblicano e di un diritto penale laico. Giustizia: Napolitano; istruzione valido strumento di emancipazione per i detenuti Agenparl, 23 ottobre 2012 Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in occasione della firma del Protocollo d’intesa tra il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Francesco Profumo, e il Ministro della Giustizia, Paola Severino, ha inviato un messaggio in cui esprime “vivo apprezzamento per l’intesa assunta volta a sviluppare un programma per l’istruzione e la formazione negli istituti penitenziari per minori e per adulti. L’iniziativa si pone l’obiettivo di concorrere all’attuazione del principio costituzionale della funzione rieducativa della pena favorendo l’integrazione e le pari opportunità nei percorsi scolastici. Sono certo che un maggiore sviluppo dell’istruzione e della formazione - elementi fondanti di un efficace trattamento - costituisce il più valido strumento di emancipazione da situazioni di devianza e criminalità e contribuisce a trasformare il tempo della pena in tempo utile per il recupero della propria dignità di persona”. Giustizia: lavoro e riciclo green, “Raee in carcere” arriva sul web www.e-gazette.it, 23 ottobre 2012 Il progetto “Raee in carcere”, www.raeeincarcere.org, approda sul web e offre nuove opportunità di reinserimento lavorativo. Il nuovo sito, presentato a Ravenna in occasione della fiera green “Fare i conti con l’ambiente”, non è un semplice portale per far conoscere le attività del progetto, ma soprattutto un’occasione di reinserimento sociale sia per alcuni detenuti delle carceri di Bologna, Ferrara e Forlì, sia per condannati in misura alternativa negli stessi territori. I raee, scarti da apparecchiature elettriche e tecnologiche, sono considerati i rifiuti che nei prossimi anni cresceranno con un tasso maggiore rispetto alle altre tipologie: possono contenere pericolose sostanze inquinanti e, soprattutto, da un loro corretto recupero è possibile ottenere importanti materie prime seconde. In questa fase iniziale del progetto il ruolo di webmaster è stato affidato a due persone che scontano le pene fuori dal carcere, e si occupano dell’aggiornamento dei contenuti del sito con un impegno di venti ore al mese per ogni operatore. “In prospettiva ci proponiamo di coinvolgere tre persone in esecuzione penale, una per ogni territorio - spiega Lia Benvenuti, direttore di Techne, l’agenzia cui è stato affidato il coordinamento del progetto. - Non solo per il mero aggiornamento del sito, ma motivandoli in un ruolo di responsabilità nel diffondere il valore del progetto e nel proporre nuove iniziative di comunicazione sociale”. Dopo una fase sperimentale finanziata dalla regione Emilia Romagna con il Fondo sociale europeo all’interno dell’iniziativa comunitaria Equal Pegaso, “Raee in carcere” è partito ufficialmente tre anni fa. Grazie alla collaborazione tra soggetti pubblici e privati, undici persone svantaggiate in esecuzione penale sono state impiegate nello smontaggio dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche nei laboratori gestiti dalle cooperative sociali Gulliver, It2 e Il Germoglio rispettivamente a Forlì, Bologna e Ferrara. Da questa esperienza è nata l’iniziativa internet che ha trovato il supporto della regione e il sostegno, anche finanziario, del provveditorato dell’amministrazione penitenziaria di Bologna, del consorzio per la gestione dei raee Ecolight e della multiutility Hera. Le agenzie di formazione Techne Forlì-Cesena e Cefal Bologna curano la formazione dei detenuti che si occupano della gestione dei contenuti del sito, offrendo gratuitamente anche i supporti informatici. “Alimentare il circuito delle informazioni sul corretto recupero dei rifiuti elettronici è fondamentale per riuscire a migliorare la qualità del nostro ambiente”, commenta Giancarlo Dezio, direttore generale di Ecolight, consorzio nazionale per la gestione dei raee. Giustizia: Lele Mora e Alfonso Papa presentano iniziativa per favorire lavoro dei detenuti Agi, 23 ottobre 2012 “In carcere mi ha mantenuto vivo la solidarietà degli agenti di Polizia penitenziaria e dei detenuti miei fratelli”. Lele Mora guarda così agli oltre 400 giorni trascorsi a Opera e spiega che “da quando sono tornato in libertà, quello che intendo fare è mettere la mia esperienza di vita e professionale al servizio di chi voce non ha”. E così arriva “L’alleanza tra carceri e lavoro. Un’esperienza comune al servizio dei detenuti”, il tema della conferenza stampa che vedrà domani alla Camera l’ex agente dei vip insieme al deputato Pdl Alfonso Papa, alle ore 11.30 presso la Sala Stampa. I due, che una nota ricorda essere “accomunati dall’esperienza carceraria”, parleranno delle loro iniziative in materia di lavoro dei detenuti e, in particolare, dell’impegno “volto a portare sugli scaffali dei grandi distributori i prodotti realizzati dalle persone recluse dentro e fuori dal carcere”. Saranno con loro i rappresentanti di alcune Associazioni come la Papillon e la Comunità Papa Giovanni XXIII, attive nella realizzazione di una vasta gamma di prodotti “made in jail”, dall’agroalimentare all’abbigliamento. “Oggi i detenuti che lavorano all’esterno sono a malapena il 3 per cento della popolazione detenuta complessiva - ricorda Alfonso Papa. Troppo poco se si tiene conto che il lavoro, prima ancora di tener viva la creatività della persona, è l’unico modo per trascorrere più ore fuori da celle mortifere, dove si toglie la vita un detenuto ogni cinque giorni”. Sardegna: Commissione Diritti Umani del Senato visita carceri Nuoro e Tempio Pausania Ansa, 23 ottobre 2012 “I diritti umani non escludono nessuno”. Così Pietro Marcenaro (Pd), presidente della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani, ha voluto sintetizzare la visita che stamattina ha fatto nel carcere di Nuoro. “Abbiamo parlato anche con Antonio Iovine (il boss camorrista detto O Ninno) che è l’unico 41 bis presente a Badu e Carros - ha detto Marcenaro - proprio per testimoniare che i diritti civili sono un limite che non può mai essere superato”. Dalla visita è emersa la specificità del carcere nuorese: la maggior parte dei detenuti deve scontare pene importanti, molti addirittura l’ergastolo. “Per questi detenuti - ha aggiunto l’esponente del Pd - occorre prevedere piani di vita sostitutivi alla libertà (il lavoro, lo studio), ed è necessario che la loro vita in carcere non si possa svolgere in spazi dove coabitano in pochi metri quadri 6-7 persone. Inoltre è utile che stiano vicino alle loro famiglie per avere un minimo di rapporti parentali”. I senatori, che hanno incontrato i vertici dell’Amministrazione, tendono ad escludere che il padiglione che si sta ultimando di fianco alla struttura originaria potrà ospitare detenuti 41 bis, smentendo in questo alcuni allarmismi diffusi le scorse settimane. La Commissione visiterà poi in serata anche il nuovo carcere di Tempio Pausania. Cagliari: Progetto Gagli-Off, oltre il carcere per la prevenzione dei reati e il reinserimento www.unica.it, 23 ottobre 2012 Un complesso progetto sperimentale per offrire a detenuti e vittime di reato una nuova possibilità di vita: è, in sintesi, la carta di identità di Gagli-Off, l’iniziativa inserita nel Programma Ad Altiora - Por Sardegna Fse 2007-2013 - coordinata da Cristina Cabras, professore associato di Psicologia giuridica, che punta a dare un’opportunità lavorativa a soggetti detenuti e ridurre il rischio di recidiva, dando al contempo un supporto adeguato a persone vittime di reato. I risultati sono stati presentati durante un convegno nell’Aula Magna Motzo di Sa Duchessa. “Abbiamo condiviso questo progetto fin dall’inizio - ha detto il presidente del Tribunale di Cagliari, Francesco Sette - La pena deve tendere alla rieducazione del condannato, come previsto dalla Costituzione. Un valore da non trascurare è la parte del progetto riservata alle vittime dei reati, spesso trascurate nella nostra società”. Gagli-Off può contare su una vasta e competente rete: dal Dipartimento di Psicologia dell’Università di Cagliari al Provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria, alla società SOS (Servizi all’Occupazione e allo Sviluppo), alla cooperativa sociale Kore e ad Ipogea, partner per la formazione. Ma al progetto collaborano anche il Tribunale di Sorveglianza e la Provincia di Cagliari per l’inserimento sociale dei detenuti. All’inizio dei lavori, sono intervenuti il presidente della Facoltà di Studi umanistici, Giulio Paulis, e il direttore del dipartimento di Pedagogia, Psicologia e Filosofia, Michele Camerota. Fabrizio Floris, coordinatore del progetto per conto di SOS srl, ha illustrato l’iter del progetto, cominciato nel 2009 con la fase di studio preliminare e realizzato tra l’ottobre del 2010 e l’ottobre del 2012: “Abbiamo adottato una logica di lavoro sistemica, con la massima condivisione tra i partner e la massima trasparenza”. Cristina Cabras ha condotto il lavoro di jail coaching: in sostanza, ha partecipato alla prima fase una sessantina di detenuti. Di questi è stata fatta una prima selezione per capire quanti avrebbero potuto essere avviati ad un inserimento lavorativo, e quanti essere destinatari di una borsa lavoro. Le attività seguite dalla docente di Psicologia giuridica puntavano a “individuare in modo scientifico alcune capacità da parte dei beneficiari - ha spiegato - e le dimensioni critiche dei soggetti”. Nulla, infatti, poteva essere lasciato al caso: anche l’inserimento lavorativo del singolo detenuto è stato studiato nei dettagli, individuando aziende e contesti lavorativi che bene si adattassero alla personalità dell’individuo. Di pari passo, il progetto ha condotto alla realizzazione di attività mirate al recupero delle vittime di reato (anche in questo caso, 60 partecipanti). All’interno della casa circondariale di Buoncammino è stato realizzato un centro di dematerializzazione documentale, in cui quattro detenuti a partire dal maggio scorso - grazie ad un accordo con il comune di Elmas - hanno scansionato più di 90mila pagine di documenti, digitalizzato 51mila pagine di contratti e archiviato quasi 40mila verbali della Polizia municipale. Nella casa circondariale di Iglesias è stato installato un impianto di rigenerazione di toner esausti, gestito da una cooperativa sociale, che ha consentito l’inserimento lavorativo di altri quattro detenuti. “Speriamo di aver sviluppato un modello di inclusione sociale - ha aggiunto Floris - che possa essere l’inizio di una metodologia differente”. “Abbiamo registrato - commenta la prof.ssa Cabras - un’attenuazione del comportamento aggressivo nei soggetti che sono stati inseriti con le borse-lavoro, ma non solo da parte loro: è auspicabile l’introduzione di un modello di questo tipo per le attività rieducative dei condannati, ma anche per le vittime di reato, in un periodo in cui il sovraffollamento delle carceri e i pochi fondi sono problemi con cui fare i conti. Anche per queste ultime, infatti, le attività svolte hanno inciso positivamente sulle capacità acquisite e sull’inclusione sociale e lavorativo”. Al convegno c’è stato spazio anche per il confronto transnazionale, con l’intervento di Linda Pizani Williams, della Eiss (European Institute of Social Services). Quindi hanno preso la parola gli stakeholder dell’importante progetto: Gianfranco Pala, direttore Casa circondariale di Cagliari, Marco Porcu, direttore Casa circondariale di Iglesias, e i presidenti delle associazioni contro la Violenza di Genere. Nella parte centrale dei lavori spazio ai protagonisti, moderati da Giampaolo Cassitta, direttore Ufficio Trattamento Prap. Gianfranco De Gesu, Provveditore Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria, presente all’iniziativa, ha così commentato: “Si tratta di un progetto in cui abbiamo creduto molto. Sappiamo che i detenuti coinvolti in questi progetti hanno un basso rischio di recidiva. La collaborazione con l’Università è fondamentale nello sviluppo di queste attività”. Cagliari: Sdr; 74enne infartuato, parkinsoniano e claustrofobico detenuto a Buoncammino Ansa, 23 ottobre 2012 “È diventata insostenibile la situazione di un detenuto 74enne ricoverato nel Centro Clinico del carcere di Buoncammino. L’uomo, C. F., dichiarato incompatibile allo stato detentivo dal Direttore Sanitario del Policlinico di Monserrato il 14 marzo scorso si trova ancora dietro le sbarre”. La denuncia è di Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, che dopo alcuni colloqui con il cittadino privato della libertà ha ricevuto un’accorata lettera dal figlio-tutore. “Si tratta di un uomo anziano - osserva Caligaris - con gravi patologie che comprendono una cardiopatia ischemica dovuta a tre infarti al miocardio, claustrofobia e morbo di Parkinson. C. F. accusa una grave depressione e non riesce più a sopportare la permanenza in cella. La sua condizione preoccupa i sanitari, che più di una volta ne hanno decretato il ricovero in ospedale dove peraltro è rimasto senza scorta, e gli Agenti di Polizia Penitenziaria impegnati costantemente per garantire un puntuale monitoraggio. Finora però le istanze per una sistemazione alternativa al carcere non hanno avuto risposta”. “Le patologie da cui è affetto mio padre - ha scritto il figlio Paolo che intende accoglierlo nella sua casa e accudirlo - richiedono una condizione di assoluta tranquillità. L’ansia e la depressione gli provocano un’accentuazione del tremore al punto da fargli cadere gli oggetti dalle mani. La sensibilità inoltre si sta riducendo e ha necessità di cure psichiatriche e psicologiche. Non si può del resto trascurare il fattore età e la terapia farmacologica che deve quotidianamente assumere”. “Il caso di C. F. - conclude Caligaris - riporta all’attenzione dell’opinione pubblica la situazione degli anziani dentro le strutture penitenziarie ed in particolare quelli ricoverati nel Centro Diagnostico Terapeutico. Si tratta di detenuti che necessitano di costanti attenzioni e molto spesso non sono autosufficienti. Il sovraffollamento delle strutture e il numero insufficiente di personale determinano situazioni particolarmente critiche che si potrebbero ridurre se, in assenza di familiari in grado di farsene carico, si disponesse di apposite residenze sanitarie. Persone nelle condizioni sanitarie di C.F. non sono in grado di evadere”. Prato (Osapp); in Casa di Reclusione due tentati suicidi e una rissa nello stesso giorno Adnkronos, 23 ottobre 2012 Due tentati suicidi ed una rissa tra detenuti in tre ore nel carcere di Prato. È quanto denuncia l’Organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria Osapp. Il primo evento poco prima delle 11.30, quando un giovane detenuto marocchino, quasi a fine pena, si è barricato in una sala ritrovo tentando di impiccarsi alle grate con una maglietta bagnata. L’intervento degli agenti di polizia penitenziaria lo ha salvato ed ora è ricoverato in ospedale. Il personale ha poi dovuto sventare un altro tentativo di suicidio e una rissa tra detenuti. “Inutile sottolineare - afferma in una nota Leo Beneduci, segretario generale dell’Osapp - quale sia la probabilità di simili eventi in un carcere in cui invece dei 476 detenuti regolamentari se ne alloggiano 713 ed in cui manca il 30% dell’organico di polizia penitenziaria. Da tempo si era a conoscenza delle gravi condizioni di vita e di lavoro presso la Casa Reclusione di Prato, ma non avremmo mai potuto immaginare che tre eventi di estrema gravità potessero verificarsi in neanche tre ore”. Napoli: Ass. Antigone; nel carcere di Pozzuoli come a Poggioreale… 12 donne per cella Comunicato stampa, 23 ottobre 2012 Una delegazione dell’Osservatorio nazionale sulla detenzione di Antigone si è recata in visita alla Casa Circondariale femminile di Pozzuoli (Na), dove - a fronte di una capienza regolamentare di 91 unità - è stata riscontrata una presenza media effettiva di circa 200 detenute, di cui 70 straniere, 30 tossicodipendenti e 5 sieropositive. Circa 60 sono le detenute in attesa del primo giudizio. Il reato maggiormente commesso è la violazione dell’art. 73 del D.p.r. n. 309 del 1990 (“Produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti e psicotrope”). In Italia sono presenti, complessivamente, 2.800 donne detenute. “In un ex convento del XV° secolo si consuma ogni giorno il dramma del sovraffollamento del carcere femminile di Pozzuoli, che ospita più del doppio delle detenute che potrebbe contenere. Grandi cameroni contengono fino a 12-13 donne, ledendo in tal modo quelle dignità umana che mai l’individuo, ancorché sottoposto a restrizione della libertà personale, dovrebbe perdere”. È quanto dichiara, Mario Barone, presidente di Antigone-Campania e componente dell’Osservatorio nazionale sulle condizioni di detenzione. “Le caratteristiche strutturali dell’istituto incidono negativamente anche sulla salute fisica delle detenute” - precisa Barone - “visto che la vetustà determina crepe nei muri e fenomeni di infiltrazioni di acqua che richiederebbero interventi di manutenzione ordinaria”. “Siamo molto preoccupati” - ha poi concluso Barone - “per l’allestimento di un reparto psichiatrico, destinato ad essere un reparto di osservazione per l’intera Campania, in vista della chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari. Ci sembra un ulteriore aggravamento per una struttura che, ad oggi, dispone solo di 4 educatori e che, nonostante l’alta presenza di donne straniere non dispone di alcun servizio di mediazione culturale”. Brescia: avviate le procedure normative per il raddoppio del carcere di Verziano Brescia Oggi, 23 ottobre 2012 Cronicamente sovraffollato, obsoleto, fatiscente, poco sicuro. Il carcere cittadino di Canton Mombello è da parecchi anni uno dei peggiori istituti di pena italiani, ma potrebbe esserlo ancora per non molto. È arrivata direttamente dal Consiglio Comunale di ieri, infatti, la notizia che il Dipartimento dell’amministrazione giudiziaria del Ministero della Giustizia ha avviato le procedure normative atte a predisporre la permuta tra l’attuale carcere (il terreno su cui sorge) e la costruzione del nuovo carcere nei pressi dell’attuale istituto penitenziario femminile di Verziano. Il nuovo carcere avrebbe la capienza di 7-800 posti, zone destinate alla formazione dei detenuti, laboratori dove eseguire lavori per favorire il reinserimento in società dei detenuti. L’attuale Canton Mombello diverrebbe una zona residenziale, o commerciale-terziaria o ancora un albergo di lusso, come ipotizzato tempo fa. L’area su cui dovrebbe ampliarsi il carcere di Verziano invece sarebbe ottenuta in permuta dalla Loggia in cambio di concessioni edilizie al Villaggio Sereno. I tempi? Prematuro ipotizzarli, ma non troppo distanti (entro il 2013?). Lecce: detenuto punito perché getta briciole ai piccioni dalla finestra di Erasmo Marinazzo www.quotidianodipuglia.it, 23 ottobre 2012 È noto che da Milano a Venezia, passando per Ravenna è vietato dare da mangiare ai piccioni. Meno noto è che lo stesso divieto faccia parte del regolamento carcerario che scandisce la vita di quel macrocosmo di varia umanità costituito da quasi 1.300 detenuti di Borgo San Nicola, a Lecce. Cibare i piccioni non è un modo consentito per ammazzare il tempo che non passa mai dietro le sbarre. Per questioni igieniche, mica per il timore che qualche “viaggiatore” possa rendersi complice nel consegnare i “pizzini”. Lo ha scoperto a sue spese un detenuto il cui nome sarebbe rimasto nell’anonimato delle decine di imputati per spaccio di droga, se non fosse stato riconosciuto fra i responsabili della morte dell’appuntato scelto Michelino Vese. Cioè di quel carabiniere deceduto sulla Alfa Romeo 156 dell’Arma quando il 15 dicembre del 2004 si lanciò all’inseguimento di un’Audi sulla vecchia strada Bagnolo del Salento-Supersano. Giuseppe Corrado, 40 anni, di Supersano, si è visto notificare un provvedimento disciplinare di ammonimento per aver dato da mangiare molliche di pane ai piccioni che infestano anche il carcere di Borgo San Nicola. Per uno che ha già scontato sette anni e mezzo di reclusione per la morte del carabiniere e che ne sta scontando altri quattro per droga (fu arrestato il 23 agosto di due anni fa con 120 grammi di cocaina, mentre era ai domiciliari), cambia qualcosa se riceve un ammonimento? Sì. E Giuseppe Corrado lo sa bene. Tanto da prendere carta e penna e scrivere al Tribunale di Sorveglianza per chiedere di revocare il provvedimento adottato dal Consiglio disciplinare del carcere: l’ammonimento, infatti, comporta la sospensione dei benefici maturati per buona condotta. Come la possibilità di telefonare a casa e di usufruire della liberazione anticipata. Mica poco, se si considera che il fine pena di Corrado è fissato nel 2015. Il provvedimento, adottato d’ufficio, ha valore dalla mattina dello 9 ottobre scorso, quando un poliziotto penitenziario ha notato che dalla finestra della cella di Corrado cadevano molliche di pane. Il detenuto stava smozzicando un tozzo di pane, avendo anche l’accortezza di bagnarlo per non farlo portare via dal vento. Ma qualche briciola è caduta lo stesso nel cortile. Il poliziotto ha segnalato tutto in una relazione di servizio che ha dato il via all’iter conclusosi con il provvedimento disciplinare. Il detenuto a giustificazione ha sostenuto di non essere al corrente del divieto di cibare i piccioni ma ha fatto notare piuttosto le condizioni igieniche in cui si trovano a vivere i detenuti. Se ne occuperà il Tribunale di Sorveglianza. Ad assistere Corrado, l’avvocato Mario Coppola. Firenze: “Le carceri. Un problema solo italiano?”, tema incontro previsto per il 30 ottobre www.intoscana.it, 23 ottobre 2012 “Le carceri. Un problema solo italiano?”, è il tema che sarà affrontato nell’incontro promosso dal Robert F. Kennedy Center in programma martedì 30 ottobre alle 18 al Caffè Letterario ospitato, come gli uffici del RFK Center, proprio nell’ex struttura carceraria delle Murate (Piazza Le Murate a Firenze). L’iniziativa, inserita nel calendario di “Human Rights Tuesday Night”, sarà dedicata alla situazione del sistema carcerario italiano e all’attività della defender del Rfk Center Senal Saharian, che da sempre si batte per il riconoscimento dei diritti politici dei cittadini turchi. A discuterne insieme agli esperti del Robert F. Kennedy Center for Justice and Human Rights, Giuseppe Caputo, membro de “L’altro diritto, Centro di documentazione su Carcere, Marginalità e Devianza”, la scrittrice Susanna Marietti, autrice con Patrizio Gonnella di “Il carcere spiegato ai ragazzi”(Ed. Il Manifesto Libri, 2010) e Antonietta Fiorillo, Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Firenze. La serata, condotta da Raffaele Palumbo, sarà trasmessa in diretta da Controradio (FM 93.6/98.9). Giuseppe Caputo è un giurista, studioso del sistema penitenziario nonché ricercatore e volontario. È membro de “L’altro diritto - Centro di documentazione su Carcere, Marginalità e Devianza”. Autore, tra gli altri, della pubblicazione “Carcere e diritti sociali”, in collaborazione con l’associazione L’altro diritto di Firenze, Cesvot (Centro Servizi Volontariato Toscana). Si tratta di un saggio che miscela sapientemente ricerca scientifica, passione ed impegno civile attraverso una meticolosa indagine degli effetti che ha la carcerazione sui diritti dei detenuti e sulla loro applicabilità. Law in action è sia la missione dell’associazione L’Altro Diritto, che il filo conduttore del viaggio che ci propone l’autore: quello di riuscire a descrivere l’effettiva attuazione dei diritti in regime penitenziario di contro alla law in book ove i diritti penitenziari sono teoricamente descritti e proclamati (fonte Pluraliweb, mensile online di Cesvot). Susanna Marietti è coordinatrice nazionale dell’associazione Antigone, “Quadrimestrale di critica del sistema penale e penitenziario”. Ha scritto e curato saggi su argomenti di logica e filosofia della scienza in Italia e all’estero. Ha lavorato sui temi della pena detentiva e dei diritti umani. È autrice e conduttrice delle trasmissioni “Jailhouse rock”, in onda settimanalmente su Radio Popolare, e “Il tuffatore”, in onda settimanalmente su Radio Popolare Roma e legata al quotidiano on line L’Inkontro.info. Ha collaborato con varie testate giornalistiche. Tra le pubblicazioni recenti, “Il carcere spiegato ai ragazzi” (con Patrizio Gonnella), Manifestolibri 2010. La Robert F. Kennedy Foundation of Europe (RFK Europe) è stata istituita nel 2005 per promuovere e sviluppare in Europa i progetti del RFK Center for Justice and Human Rights, con una particolare attenzione ai progetti di educazione ai diritti umani. Attraverso il progetto “Speak Truth To Power”, RFK Europe porta le storie e le attività dei difensori dei diritti umani nelle scuole e nel mondo del lavoro. Il manuale educativo “Speak Truth To Power - Coraggio Senza Confini” viene usato da 350.000 studenti in Italia e in Romania, e nel 2012 il progetto verrà lanciato in Svezia. Nel nuovo RFK Training Institute di Firenze, RFK Europe organizza corsi di formazione per docenti delle scuole superiori e si impegna con leader dei diritti umani, manager e dirigenti del settore no profit provenienti da tutta Europa e da altre parti del mondo, per sviluppare strategie sostenibili a favore dei diritti umani e della giustizia sociale. Il 24 ottobre u.s. Kerry Kennedy ha inaugurato, insieme al Sindaco Matteo Renzi e all’Assessore Giuliano da Empoli, la nuova sede della Fondazione Kennedy a Le Murate, l’ex carcere cittadino destinato dal Comune di Firenze ad iniziative sociali e culturali. Da qui nasce la partnership tra il Caffè Letterario e la Fondazione Kennedy, che insieme proporranno eventi ed iniziative dedicate alla promozione culturale dei diritti umani. Milano: “Uomini dentro”, mostra fotografica di detenuti e studenti Accademia Belle Arti Redattore Sociale, 23 ottobre 2012 Domani a Milano l’inaugurazione della mostra che ha coinvolto gli allievi dell’Accademia di Belle Arti. Una scoperta per i fotografi: “Esiste un mondo dietro le sbarre dove ci sono mestieri che non immaginiamo”. Il tema del lavoro in carcere immortalato in un reportage collettivo, realizzato da 21 detenuti e tre studenti dell’Accademia delle Belle Arti. Con una particolarità: nessun volto compare nelle foto. Domani, 23 ottobre, fino al 10 novembre la Galleria San Fedele di via Hoepli 3 a Milano ospiterà la mostra “Uomini dentro”. “La parte più difficile è stata cercare di trattare l’argomento evitando spettacolarizzazioni e cliché”, racconta Filippo Messina, fotografo palermitano che a giugno concluderà il Bienno specialistico in fotografia dell’Accademia di Brera. In tutto sono tre gli studenti di Brera coinvolti nel progetto: oltre a Messina, hanno scattato Gloria Pasotti e Carolina Farina. “Siamo stati selezionati perché i nostri lavori precedenti avevano già un taglio sociale - spiega il fotografo - anche se era la prima volta in un carcere per tutti”. Per i fotografi è stata una scoperta: “Esiste un mondo dietro le sbarre - spiega Messina - dove ci sono mestieri che non immaginiamo. A San Vittore, poi, c’è il problema della lingua: al suo interno sono rappresentate 90 nazionalità“. E l’immagine fotografica, con il suo codice universale, diventa uno strumento di comunicazione comprensibile a tutti. Il progetto è sostenuto dalla Casa Vinicola Caldirola (cha ha dato ai tre studenti una borsa di studio per realizzare il progetto), in co-progettazione con la Direzione della Casa Circondariale Milano, il C.T.P. Cavalieri di Milano e l’Accademia delle Belle Arti di Brera - Biennio Specialistico di Fotografia. Lo patrocinano il Comune di Milano, il Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria e Regione Lombardia. La serata del 23, oltre ad inaugurare la mostra, servirà per riflettere sul tema della detenzione. Se ne parlerà in una tavola rotonda dal titolo “Oltre le Sbarre” a cui parteciperanno Antonella Bolelli Ferrera, giornalista Rai e promotrice del Premio Letterario Goliarda Sapienza “Racconti dal Carcere”; la stilista Rosita Onofri che racconterà la sua esperienza, lavorativa ma anche umana, presso la Sartoria di San Vittore; la fotoreporter Isabella Balena, da sempre attiva sulle tematiche sociali, e Paola Di Bello, coordinatrice del biennio specialistico di fotografia all’Accademia delle Belle Arti di Brera e curatrice della mostra. Sudafrica: esplode furgone trasporto detenuti; 3 morti e 14 feriti, forse tentativo evasione Tm News, 23 ottobre 2012 È di 5 detenuti morti e di 12 feriti il nuovo bilancio dell’esplosione di un furgone carcerario avvenuta davanti ad un penitenziario di Johannesburg. Lo ha annunciato la polizia sudafricana che sospetta un tentativo di evasione. “Ci sono 5 detenuti morti, 12 feriti e 19 illesi”, ha dichiarato un portavoce della polizia, Neville Malila. Uno di loro è deceduto all’ospedale per le ferite riportate, secondo Malila, mentre uno dei detenuti feriti è stato raggiunto da un proiettile esploso dalla polizia mentre tentava di scappare. Un precedente bilancio, diffuso dall’emittente radiofonica sudafricana EyeWitness News, era di 3 morti e 14 feriti. Il furgone stava riportando in carcere i 36 detenuti da un tribunale distrettuale di Johannesburg. La parte posteriore del furgone è esplosa per cause ancora da accertare. “Il conducente ha riferito di aver udito un forte scoppio e visto la parte posteriore del veicolo andare a fuoco. Due detenuti hanno cercato di darsi alla fuga. Uno è stato ferito dalla polizia e il secondo è stato arrestato”, ha detto ancora Malila prima di concludere. “In questa fase, abbiamo l’impressione che si sia trattato di un tentativo di evasione”. Gran Bretagna: premier Cameron annuncia nuovo progetto per riabilitazione dei detenuti Ansa, 23 ottobre 2012 Le prigioni devono essere utili alla rieducazione dei detenuti. Il premier britannico David Cameron ha dedicato un lungo discorso al sistema giudiziario, in cui ha annunciato una “rivoluzione della riabilitazione” in cui tutti i carcerati riceveranno assistenza nel prepararsi ad una nuova vita in libertà e ad allontanarsi dal crimine. Il premier ha affermato che nonostante i tagli il progetto sarà possibile grazie al coinvolgimento di aziende private e organizzazioni benefiche. Siria: presidente concede amnistia ai detenuti comuni, ma per opposizione è una “farsa” Ansa, 23 ottobre 2012 Il presidente siriano Bashar al Assad ha concesso un’amnistia a tutti i detenuti, “non colpevoli di azioni di terrorismo” e che abbiano commesso crimini fino a ieri. Lo riferisce la Tv di Stato siriana senza per ora precisare se beneficiano della concessione anche le migliaia di detenuti politici tuttora detenuti. Si tratta della terza amnistia parziale di Assad dall’inizio della guerra civile in Siria, ma l’opposizione lo giudica un provvedimento strumentale agli interessi del potere. Il regime definisce “terroristi” i ribelli anti-regime. Si tratta della terza “amnistia generale” concessa da Assad dall’inizio delle proteste pacifiche nel marzo 2011, subito represse dal regime e quindi trasformatesi dall’autunno 2011 in rivolta armata che in alcune regioni ha assunto la forma di guerra civile a sfondo confessionale. La prima “amnistia” risale al 31 maggio 2011 ed è stata l’unica che ha, almeno nominalmente, coinvolto alcune categorie di prigionieri politici, tra cui i seguaci del movimento dei Fratelli musulmani, illegale dal 1980. La seconda “amnistia generale” è del 15 gennaio 2012 ma allora, come oggi, si faceva riferimento in termini vaghi agli “autori di crimini commessi fino alla data del decreto presidenziale”, senza precisare le sorti dei detenuti politici. Allora l’amnistia fu rivolta per lo più ai disertori dell’esercito e a “coloro che avevano preso le armi” dall’inizio della rivolta. Numerosi attivisti e dissidenti hanno già in passato denunciato queste “amnistie generali” come un modo per mostrare il regime clemente nei confronti della popolazione ma anche per mettere in libertà migliaia di criminali comuni da arruolare poi nei Comitati popolari, le milizie lealiste create con l’obiettivo di “difendere la popolazione dai terroristi”. Opposizione: una farsa l’amnistia concessa da Assad È una “farsa” l’amnistia generale emessa dal presidente siriano Bashar al-Assad. “Non si tratta di una vera amnistia. Lui (al-Assad, ndr) ha rilasciato 100 detenuti e ne ha arrestati altri 500”, ha detto Rami Abdul-Rahman, presidente dell’Osservatorio siriano per i diritti umani, all’agenzia di stampa Dpa. L’agenzia di stampa “Sana” ha riferito oggi che il presidente siriano ha emesso un decreto che concede l’amnistia generale per tutti i crimini commessi prima del 23 ottobre. L’amnistia, stando alla tv di Stato siriana, riguarda i crimini commessi in Siria ‘sino ad oggì ad eccezione però dei “reati di terrorismo”. Russia: le Pussy Riot ai lavori forzati negli ex gulag staliniani di Fabrizio Dragosei Corriere della Sera, 23 ottobre 2012 La più vicina è stata spedita a più di 400 chilometri dalla capitale, in Mordovia, ma non è certo quella che si troverà meglio. Nadezhda Tolokonnikova, la più giovane delle Pussy Riot, 22 anni e una figlia di quattro, potrebbe anche finire nel campo di lavori forzati dove venne spedita dal Kgb Olga Ivinskaya, la Lara dell’autore del Dottor Zhivago Boris Pasternak. “Eravamo messe in fila sulla terra nuda, con le nostre casacche grigie con il numero sulla schiena... eravamo coperte di mosche”, ha scritto nelle sue memorie l’amante del dissidente, premio Nobel per la letteratura. In un campo maschile della Mordovia morì un altro “ribelle”, lo scrittore e poeta Yurij Galanskov. Non negli anni Trenta delle grandi purghe, ma nel 1972. Quando la sua ulcera non curata divenne gravissima, lo fecero operare da un altro recluso che non era medico. Maria Alyokina, l’altra Pussy Riot che a 24 anni ha un figlio di 5 anni, sembra sia finita nella regione di Perm, ai piedi degli Urali. Altra zona di gulag, di sofferenze indicibili per milioni di cittadini sovietici (il famigerato lager Perm 36 è stato chiuso solo nel 1987). Il ballo e i canti per denunciare i legami delle autorità religiose con Vladimir Putin stanno costando carissimi alle componenti del gruppo punk di protesta. Una, la trentenne Yekaterina Samutsevich, è stata liberata dopo la condanna a due anni di reclusione. Ha detto che se aveva offeso qualcuno chiedeva scusa. Masha e Nadia invece dovranno scontare l’intero periodo in un campo di lavoro. Non a Mosca, come avevano chiesto per poter rimanere in contatto con i figlioletti. Non nella provincia della capitale, ma lontanissimo, a centinaia di chilometri. La notizia del trasferimento non è ancora ufficiale, visto che viene dalle guardie carcerarie che l’hanno data ai parenti andati in prigione a portare qualche genere di conforto. Ieri, 48 ore dopo l’inizio del trasferimento, le donne risultavano ancora in viaggio, e chi conosce come vanno le cose assicura che questi spostamenti sono lunghi e faticosi, viste tutte le incombenze burocratiche. Un potere che ha deciso di calcare sempre di più la mano? Sembra di sì, visti anche gli altri avvenimenti di questi giorni. Di fronte all’opposizione che ha organizzato le primarie per dare un segno di vita, scattano nuove misure repressive. Uno dei leader, Sergej Udaltsov, è sotto tiro e sta per essere arrestato. Lo accusano di aver preso soldi da un georgiano “per organizzare disordini di massa” in base a un video girato di nascosto dai servizi che non si sa se sia genuino. Uno dei suoi collaboratori, Leonid Razvozzhayev, si trovava in Ucraina dove voleva chiedere asilo politico. È stato rapito da uomini mascherati. Poi è ricomparso a Mosca dove la Procura dice che ha spontaneamente confessato di aver partecipato al complotto (naturalmente con Udaltsov). Prima di essere portato in carcere, Razvozzhayev ha urlato ai giornalisti: “Mi hanno torturato per due giorni!”. Poi però pare che abbia invece detto di non aver subito alcuna violenza, secondo quanto ha riferito il commissario del governo per i diritti umani. E mentre Putin vara un decreto per reintrodurre “l’educazione patriottica” (forse anche con l’ausilio dei cosacchi), i giudici tentano di mettere il sale sulla coda a Madonna, la cantante che nel suo spettacolo a San Pietroburgo si pronunciò a favore delle relazioni libere. È accusata (da nove “danneggiati”) di aver fatto propaganda omosessuale davanti a bambini (portati al concerto dai genitori). L’avevano già convocata nella città sul Baltico per l’11 ottobre. Ora i giudici ci riprovano per dopodomani. Germania: Grünau carcere più sotto-affollato del mondo, 180 guardie per 1 solo detenuto www.ilmitte.com, 23 ottobre 2012 In Italia il sovraffollamento, in Germania la solitudine. In generale, le carceri tedesche ospitano meno detenuti rispetto alla loro capienza. A Berlino, però, ce n’è una che rischia di infrangere ogni record in materia: si tratta del penitenziario di Grünau, nella periferia est della città, da sempre uno dei più sotto affollati al mondo. Qui, attualmente, soggiornano 14 detenuti. Qualche settimana fa, ce n’era soltanto uno. Eppure non si tratta di una struttura piccola: sono 180 le guardie attualmente in servizio al suo interno, mente le celle - almeno in teoria - potrebbero bastare per 214 prigionieri. Una situazione che sta scatenando molte polemiche, legate soprattutto agli alti costi di mantenimento della struttura. Ogni mese, Grünau costa allo Stato circa un milione di euro. Per molti, soprattutto nelle associazioni di settore, l’ex carcere femminile della Germania Est dovrebbe essere chiuso. Il centro di detenzione potrebbe essere “accorpato” con un’altra struttura vicina, quella di Eisenhüttenstadt. Un’ipotesi che non convince il Ministro dell’Interno Frank Henkel (Cdu), secondo cui la presenza del penitenziario di Grünau è necessaria per legge, e che ogni modifica dovrà essere ratificata in parlamento.