Giustizia; la spending review arriva nelle carceri, verso il taglio del 20% dei direttori di Patrizio Gonnella Italia Oggi, 8 novembre 2012 La spending review arriva in carcere e rischia di dare il colpo mortale a un sistema già al collasso. Il ministero della Giustizia mette mano alla dirigenza penitenziaria e ai fondi per la manutenzione ordinaria e straordinaria degli istituti penitenziari. I tagli imposti dal Governo Monti al personale dirigenziale sono stati interpretati, pare, in modo da ridurre la presenza dei direttori e rafforzare le posizioni della polizia penitenziaria. Va ricordato che nelle carceri italiane il direttore non è un poliziotto, bensì è un impiegato pubblico, vincitore di apposito concorso riservato a laureati. Il direttore è posto gerarchicamente al di sopra rispetto a tutti gli altri operatori, compresi i poliziotti penitenziari. È stata questa una scelta organizzativa pensata per assicurare pieno rispetto dell’articolo 27 della Costituzione che assegna alla pena una funzione rieducativa. La polizia penitenziaria deve quindi eseguire gli ordini del direttore. Approfittando della spending review, dalle bozze che girano in ambienti Dap, pare venga messo in discussione questo modello, e si punti su una organizzazione del lavoro che tenga conto della rappresentanza corposa in termini numerici e sindacale della polizia penitenziaria. Pare sia intenzione della Amministrazione penitenziaria tagliare del 20% le piante organiche dei direttori di carcere, lasciare vacanti le sedi carcerarie con meno di cento-centocinquanta detenuti affidandone la gestione ai commissari di polizia, i quali entro breve potrebbero a loro volta acquisire funzioni e competenze dirigenziali. Per la prima volta dal dopoguerra le carceri sarebbero gestite non da personale civile ma da personale di Polizia. Una sorta di militarizzazione malvista da tutti gli altri operatori, ovvero educatori, medici, assistenti sociali, psicologi nonché gli stessi direttori. Sarebbero circa cento i direttori di carcere messi in mobilità esterna, molti dei quali divenuti dirigenti con la legge 154 del 2005 (cosiddetta legge Meduri). Si tratta comunque di persone laureate e con esperienza di gestione degli istituti di pena. Il tutto accade mentre il sistema penitenziario è in forte sofferenza proprio per mancanza di personale qualificato. Già vi sono decine di carceri prive di direttore e che sono affidate di fatto ai comandanti di reparto, formati per gestire la sola sicurezza interna e non anche per occuparsi dei rapporti con il territorio o per far fronte alla parte manageriale più spiccatamente di bilancio e amministrativa. Ugualmente sarebbero tagliati un certo numero di dirigenti del servizio sociale. Va ricordato che da oltre vent’anni non viene espletato un concorso per assumere nuovi direttori di carcere o di servizio sociale. Pare, inoltre, che verrebbe meno la direzione generale della esecuzione penale esterna, sostituita con una direzione generale della Polizia penitenziaria. È questa una decisione che non pare coerente con le indicazioni del capo dello Stato che più volte ha ribadito l’importanza strategica delle misure alternative alla detenzione per fronteggiare il sovraffollamento crescente. Infine scomparirebbe la voce di bilancio della spesa per la manutenzione ordinaria e straordinaria dei fabbricati. Si rischia in questo modo che il patrimonio edilizio - come ricordato da Alessandro Margara, già capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria e oggi garante dei diritti dei detenuti in Toscana - vada verso il degrado più totale. Già interi reparti sono qua e là chiusi perché inagibili e i detenuti vengono ammassati nelle sezioni rimaste aperte. Giustizia: su Reato tortura e Autorità per diritti umani “forti opposizioni” in Parlamento Redattore Sociale, 8 novembre 2012 La denuncia dei parlamentari Marcenaro e Casson, Palma (Comitato prevenzione tortura) e Manconi (A buon diritto). Preoccupa la decisione del Senato di rinviare in Commissione il testo sul reato di tortura e i ritardi sull’istituzione dell’Autorità. L’introduzione del reato di tortura e l’istituzione dell’autorità nazionale indipendente per la promozione e protezione dei diritti umani in Italia rischiano ancora di slittare e di non vedere la luce entro questa legislatura. È questo l’allarme lanciato oggi da Pietro Marcenaro, presidente della Commissione diritti umani del Senato, dal vice presidente del Gruppo Pd del Senato Felice Casson , dall’ex presidente del Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura Mauro Palma e Luigi Manconi presidente di A Buon Diritto Onlus durante una conferenza stampa tenutasi presso la Sala Caduti di Nassiriya a Palazzo Madama. “Sull’introduzione del reato di tortura - ha spiegato Marcenaro - vedo ancora delle forze consistenti che si oppongono. Se ce la faremo o no in questa legislatura dipende anche se ci sarà un’opinione pubblica un po’ più consapevole che questo è un problema che esiste dentro le democrazie come la nostra”. A preoccupare è “la decisione a maggioranza dell’Aula del Senato di rinviare in Commissione il testo sull’introduzione nel Codice Penale del reato di tortura - spiegano, sul quale pure la Commissione Giustizia aveva espresso unanimemente un voto positivo. Altrettanta preoccupazione desta il ritardo da parte della Camera dei Deputati nel licenziare il testo d’istituzione della Commissione nazionale per la promozione e protezione dei diritti umani, già approvato all’unanimità dal Senato e che la prima Commissione della Camera può, con l’adesione di tutti i gruppi parlamentari, esaminare in sede legislativa”. Il testo, però, ha aggiunto Marcenaro “è bloccato per la mancanza di un parere della V Commissione dove un relatore continua a negare l’espressione di un parere”. Per Marcenaro, il testo sulla Commissione è ancora più importante dopo l’ approvazione del protocollo opzionale sulle torture. “Un protocollo che prevede l’istituzione di un sistema di prevenzione e di controllo a tutti i livelli - ha aggiunto Marcenaro -. Adesso questa è una legge dello Stato e richiede gli strumenti idonei per essere applicata e lo strumento idoneo è la Commissione indipendente per i diritti umani che abbia la possibilità di intervenire su questi aspetti, su questi temi e di fare il lavoro di controllo e prevenzione”. Per Marcenaro, ad ostacolare l’iter dei due strumenti di tutela dei diritti umani “c’è una prevenzione ideologica sbagliata. L’introduzione del reato di tortura è una misura a difesa dell’onore delle forze di pubblica sicurezza. Introdurre oggi il reato di tortura vuol dire difendere queste forze da chi invece è ancora protagonista di azioni inaccettabili”. Dello stesso parare Casson: “Se esistono delle mele marce, queste vanno individuate e tirate fuori perché fanno male non soltanto alla società, ma anche al corpo di polizia a cui appartengono”. Per Manconi, invece, occorre sensibilizzare l’opinione pubblica. “La questione fondamentale è la consapevolezza di come la tortura sia qualcosa che non è limitata a regimi dispotici o situazioni geopolitiche esotiche - ha affermato - ma riguarda le nostre istituzioni e i nostri apparati. È tema pertinente per i sistemi democratici”. Anche per Palma, in Italia c’è una opinione pubblica poco attenta al problema. “L’Italia a Strasburgo è stata condannata varie volte per varie cose - ha spiegato - ma rispetto alla tortura non è stata mai condannata fino al 2008, mentre è stata condannata 11 volte dal 2008 ad oggi. Quel che mi colpisce è che questo incremento non è oggetto di una richiesta di un perché e di cosa possa essere accaduto”. Giustizia: misure alternative precluse ai minori stranieri… e il carcere è stigmatizzante Redattore Sociale, 8 novembre 2012 Convegno del Centro studi Erickson. Oltre l’80 per cento dei casi di messa alla prova riguarda minori italiani. Ma “il percorso in carcere è stigmatizzante e spesso non solo non rieduca, ma spinge verso altre forme di criminalità”. C’è ancora un forte problema di discriminazione nella giustizia minorile, che nega l’accesso alle misure alternative agli autori di reato quando sono stranieri. È quanto emerso dal convegno “La tutela di minori”, in corso fino a sabato a Riva del Garda “I dati ci dicono che oltre l’80% dei casi di messa alla prova riguarda italiani - evidenzia Nicoletta Pavesi, dell’Università Cattolica di Milano - e che la percentuale di minori stranieri presenti in carcere è molto maggiore rispetto alla percentuale di minori stranieri autori di reato. Questo significa che per questi ragazzi la detenzione è la scelta privilegiata”. Ma non la scelta migliore: “Sappiamo che il percorso in carcere è stigmatizzante e spesso non solo non rieduca, ma spinge verso altre forme di criminalità”. Al contrario, l’esperienza delle comunità e dell’affiancamento nella rieducazione hanno dimostrato di funzionare, ma sono off limits. “Il minore straniero si trova al centro di un sistema discriminatorio e poco tutelante e la sua condizione di vulnerabilità e svantaggio sociale viene peggiorata da un clima culturale di chiusura - sottolinea don Claudio Burgio, cappellano dell’istituto penale per i minorenni Beccaria di Milano e fondatore dell’associazione Kayròs. I minori stranieri non accompagnati sono tra i più esposti alla scelta della carriera deviante come esito del parziale o totale fallimento del percorso di integrazione. L’illegalità è all’origine del loro progetto migratorio e ciò li rende particolarmente ricattabili”. Buone pratiche in questo senso si stanno diffondendo, come quelle dell’associazione Kairòs, che gestisce una comunità per minori e avvia progetti di forte integrazione con il territorio, con la promozione della cittadinanza attiva. “Possiamo contare per ora solo sul privato sociale, sul volontariato e sull’impegno dei singoli operatori - conclude Pavesi -, ma non su un impegno integrato da parte delle istituzioni, perché manca attenzione su questo aspetto prima ancora delle risorse. Ma una società che non promuove la legalità tra le nuove generazioni è destinata a fare una brutta fine”. Giustizia: Berselli (Pdl): carceri indegne di Paese civile, serve una vasta depenalizzazione Tm News, 8 novembre 2012 “Io credo che sia giusto sottolineare la situazione indecente che esiste nelle carceri italiane, che è indegna di un Paese civile”. Lo ha detto il presidente della commissione Giustizia del Senato, Filippo Berselli (Pdl), intervistato da Radio radicale sull’astensione dalle udienze proclamata dai penalisti italiani (Ucpi) per il prossimo 22 novembre, in cui si chiede al Parlamento - tra l’altro - di prendere urgenti iniziative per risolvere il drammatico sovraffollamento carcerario. “Serve una vasta depenalizzazione dei reati cosiddetti minori, che non hanno impatto sull’opinione pubblica”, ha detto il senatore del Pdl. “E poi serve - ha aggiunto - un piano di misure alternative al carcere. E ricordiamo, come fanno i penalisti, che oltre il 40 per cento dei detenuti sono persone non colpite da una sentenza definitiva”. Secondo Berselli “si è capovolto il discorso: siccome i tempi della giustizia sono biblici, alcuni magistrati, abusando della custodia cautelare, cercano di introdurre il perverso principio della cosiddetta anticipazione della pena. E non si sa se quella persona, condannata a scontare una pena in anticipo, sarà poi davvero condannata”, ha concluso. Giustizia: Consolo (Fli); sì a messa alla prova e pene alternative, per riabilitazione detenuti Adnkronos, 8 novembre 2012 “Per i reati che prevedono una pena detentiva fino a quattro anni, nei modi e termini indicati, ben venga la previsione di applicazione della pena detentiva presso il domicilio dell’imputato con l’estinzione del reato in caso di esito positivo di messa in prova dell’imputato con lavori di pubblica utilità sociale”. È quanto dichiara Giuseppe Consolo, deputato di Fli e presidente del Consiglio di Giurisdizione a Montecitorio. “In particolare - spiega il parlamentare finiano - per quanto riguarda i lavori di pubblica utilità va sottolineato come questi contemperino la necessaria esigenza di un periodo di sconto della pena da parte del singolo, ma in favore della collettività, particolarmente se svolti presso Enti ed organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato, nello spirito costituzionale di cui all’art.27 laddove la Carta fondamentale prevede una espiazione non afflittiva della persona, ma una rieducazione e riabilitazione del reo”. Marche: nasce il coordinamento delle testate giornalistiche realizzate in carcere www.consiglio.marche.it, 8 novembre 2012 Promosso dal Garante regionale dei detenuti in collaborazione con l’Ordine dei giornalisti. Si è insediato mercoledì mattina presso gli uffici del Garante regionale dei detenuti il “Coordinamento regionale delle testate giornalistiche dal e sul carcere”. I componenti sono, oltre all’Ombudsman regionale che ha promosso il progetto, i responsabili dei quattro giornali che attualmente vengono realizzati negli istituti penitenziari delle Marche. Si tratta di “Io e Caino” (Marino del Tronto, Ascoli Piceno), “Penna libera tutti” (Villa Fastiggi, Pesaro), “Fuori riga” (Montacuto, Ancona) e “Mondo a quadretti” (Casa di reclusione di Fossombrone). Gli obiettivi dell’organismo, così come previsto dal “Documento di intenti” condiviso oggi da tutti i soggetti coinvolti, è quello di “dare la possibilità alle persone private della libertà personale di utilizzare strumenti di informazione e di collegamento sia tra gli Istituti sia con le realtà esterne”. Attraverso una rete telematica per la diffusione delle notizie provenienti dalle carceri, il Coordinamento informerà e farà campagna di sensibilizzazione sulle problematiche del sistema penitenziario e del reinserimento dei detenuti. Un ruolo di primo piano sarà svolto anche dall’Ordine dei giornalisti delle Marche che fornirà un supporto di indirizzo e di formazione. “È importante prima di tutto far conoscere queste riviste, diffonderle tra i cittadini e le istituzioni - ha sostenuto il Garante Italo Tanoni - Al loro interno collaborano giornalisti motivati e preparati e i contributi dei detenuti possono essere molto interessanti per comprendere la realtà del carcere”. Toscana: Fns-Cisl; in carceri regionali 1.400 detenuti in più e il 35% di personale in meno di Fabrizio Ciuffini (Segretario Generale Fns-Cisl) www.gonews.it, 8 novembre 2012 Lettera al presidente della Regione Rossi: “Ospitano 4.400 detenuti a fronte dei 3.000 posti previsti e la mancanza di personale supera il 35%”. La Cisl Fns ha scritto questa lettera al presidente della Regione Toscana Enrico Rossi sul sistema penitenziario minorile regionale: “Preg.mo Pres. Rossi, questa Segreteria della Cisl Fns Toscana intende partire dai numeri, che dimostrano la grave crisi che attraversa il Sistema Penitenziario in questa regione, con un sovraffollamento di detenuti allarmante (4.400 circa a fronte dei 3.000 posti previsti) ed una carenza di personale che supera mediamente il 35% di quello previsto da specifici decreti ministeriali. La discussione di questi giorni prende spunto dalle ipotesi dell’Amministrazione Penitenziaria di trasformazione delle destinazioni d’uso dei carceri toscani. La questione viene affrontata per razionalizzare i livelli di controllo, di vigilanza e di attività trattamentali/rieducative, da differenziare in circuiti penitenziari. Questi processi di trasformazione si dovrebbero accompagnare - per precisi vincoli di legge e dell’ordinamento penitenziario - a riorganizzazioni della dotazione del Personale, distinguendo (in particolare per quello di Polizia Penitenziaria) il numero di Operatori maschili e/o femminili a seconda della funzione attribuita alla Struttura, ed il loro livello di specializzazione. Detto ciò la Cisl intende segnalare che il ragionamento sul sistema penitenziario toscano non può limitarsi solo agli Istituti carcerari, ma deve tener conto che l’opera delle carceri si accompagna a quella dell’Esecuzione Penale Esterna dove l’Amministrazione Penitenziaria è occupata nella gestione di un numero di persone condannate, sui Territori, di poco inferiore a quelli presenti nelle celle degli Istituti. Occuparsi quindi dei bisogni di “questo mondo” non significa solo rivolgere lo sguardo agli Istituti Penitenziari, ma a tutto ciò che ruota intorno. L’Opinione Pubblica non sempre è bene informata su cosa lo Stato fa, in un settore così strategico per il contesto “Sicurezza” ed il contesto “Sociale”. La Toscana è tra le regioni italiane con la più alta concentrazione di Istituti ed Uffici Penitenziari sul territorio di competenza: nella nostra regione ci sono case circondariali, case di reclusione, un ospedale psichiatrico giudiziario, istituti a custodia attenuata, istituti per minorenni. In ogni Provincia è inoltre presente un Ufficio per l’Esecuzione Penale Esterna oltre che a Strutture importanti che coordinano tutte le attività, quali il Provveditorato Regionale, il Centro Giustizia Minorile, un Magazzino che smista arredi e vestiario sia per il Personale che per la popolazione detenuta, alcuni Reparti di Polizia Penitenziaria che operano presso Uffici Giudiziari. Per far funzionare tutto questo sono necessari servizi specialistici, che vanno ben oltre la normale conoscenza che hanno i Cittadini rispetto al lavoro di questi Operatori. L’arresto e/o la condanna di una persona autore di reato è soltanto l’inizio della gestione dello Stato di quella persona. Ma assicurare e conciliare “Sicurezza e Recupero Sociale” è una attività non sempre semplice. Si deve assicurare la gestione di tutto l’iter processuale dei fermati, con traduzioni coatte tra Istituti e verso le Aule di Giustizia per i processi. Si deve assicurare l’assistenza sanitaria a chi ne necessita, organizzandosi anche per la vigilanza negli Ospedali e nelle Case di Cura dove i Cittadini incontrano sempre più frequentemente i “Baschi Blu”. Ma abbiamo anche da fronteggiare la convivenza con un territorio non sempre agevole; basti pensare agli spostamenti ed alle attività da garantire sull’isola di Gorgona, a Porto Azzurro nell’Elba, oltre che a Pianosa dove ancora insiste - paradossalmente visto che il carcere risulta chiuso da anni - un Presidio della Polizia Penitenziaria (c’è chi “follemente” a Roma ne paventa la piena riapertura). Anche le distanze e la viabilità non sempre aiutano, con Istituti ubicati in zone decentrate (Volterra e San Gimignano ad esempio) ed organizzando le attività e la vita in Strutture medioevali sottoposte a mille vincoli architettonici, ambientali e culturali che ne aumentano a dismisura i costi di gestione. Ma nei Penitenziari della Toscana si realizzano (e la Regione è tra i protagonisti) moltissimi progetti, con attività lavorative, scolastiche, culturali, artistiche e ricreative che si rivolgono alla popolazione detenuta, offrendo loro una opportunità, oltre che mettendo così in “circolo” risorse economiche pubbliche (e non solo) per tutta la Società Civile e dell’Associazionismo che ruota intorno a questo Settore. Auspichiamo quindi che la Regione Toscana possa avviare, con Tutte le Istituzioni coinvolte, un dibattito sul quale la Cisl - fin da ora - chiede di essere partecipe, per portare la voce del Personale di Polizia Penitenziaria, sui problemi e sulle possibili scelte da condividere per affrontarli, nonostante la pesante crisi di risorse a disposizione. Siamo certi che abbiamo sintetizzato anche troppo le mille attività che si svolgono in questo Settore della Giustizia (sicuramente molti Operatori potranno riconoscere omessa la propria). Servirebbe infatti dilungarsi molto di più, cosa difficile da fare in un intervento come questo che deve assumere carattere di brevità. In attesa di un Suo riscontro si porgono cordiali saluti”. Bologna: suicidio nel carcere della Dozza, 31enne si impicca coi lacci delle scarpe Bologna Today, 8 novembre 2012 Josè Gonzales Torres, originario della Repubblica Dominicana, si suicida al carcere della Dozza dove era detenuto dal dicembre 2011 per traffico di stupefacenti. Ancora un suicidio e ancora nelle carceri. Ha legato i lacci delle scarpe alla finestra della cella e si è impiccato. È morto così oggi pomeriggio un detenuto di 31 anni, originario della Repubblica Dominicana, nel carcere della Dozza dal dicembre del 2011 per traffico illecito di sostanze stupefacenti. I medici dell’Istituto e del 118 hanno praticato tutte le tecniche di rianimazione, ma non c’è stato nulla da fare. “Era una persona che non aveva mai dato segni di particolari problemi e seguiva attività e i programmi di recupero. Ciò rende l’evento ancor più imponderabile”, è l’amara dichiarazione di Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto del sindacato di polizia penitenziaria Sappe. Si tratta del 53° suicidio in cella dall’1 gennaio in Italia e di “strage silenziosa” parla il coordinatore provinciale della Uil Penitenziari, Domenico Maldarizzi: “Continua nel più assoluto silenzio e nella quasi totale distrazione della stampa, della società e della politica, nonostante i fervidi solleciti del presidente Napolitano rispetto alla prepotente urgenza, che si perpetua nel tempo, e alla vergogna dell’Italia in Europa per le condizioni delle proprie prigioni. Considerato che a oltre un anno da questo autorevole pronunciamento del Capo dello Stato nulla è mutato per alleviare le criticità del sistema penitenziario non possiamo, amaramente, non rilevare come, pur nella loro incisività e forza, le parole di Napolitano siano state sostanzialmente inutili. Una ennesima tragedia che deve fare riflettere tutti”. “Ricordiamo che ogni anno - aggiunge Durante - i tentativi di suicidio, nelle carceri italiane, sono circa 1.100 e oltre mille detenuti vengono salvati dalla polizia penitenziaria. Tutto ciò, nonostante le gravi carenze di personale e il sovraffollamento. A livello nazionale mancano 7.000 unità tra agenti, sovrintendenti e ispettori. A seguito dei tagli alla spesa pubblica nei prossimi tre anni perderemo altri 3.000 agenti circa. In Emilia-Romagna mancano 650 agenti e a Bologna ne mancano circa 200”. Bologna: morire in carcere non è concepibile in un Paese che voglia considerarsi civile di Vito Totire (Psichiatra, portavoce circolo “Chico” Mendes) Ristretti Orizzonti, 8 novembre 2012 Da molti decenni ci è consapevolezza diffusa del rischio suicidario all’interno delle carceri. Nel 1990 il sottoscritto ,in qualità di consigliere regionale, ebbe un incontro a Roma con l’allora direttore generale delle carceri Amato. Non è per fare digressioni autobiografiche ma per dire che, già all’epoca, era stato commissionato al prof. Paolo Crepet uno studio finalizzato alla adozione di misure di prevenzione. Non si è fatto sostanzialmente nulla, anzi da allora la situazione è peggiorata; il rischio suicidario nelle carceri ed alla Dozza è divenuto cronico e, purtroppo, secondo alcuni troppo difficile da individuare e prevenire. Anche in questo caso le solite frasi di circostanza secondo cui la persona “sembrava inserita e senza particolari problemi”; prima di questo suicidio un altro ,protagonista sempre un immigrato; gli immigrati sono la maggioranza alla Dozza, la stragrande maggioranza al Pratello, la totalità al Cie; questo è il riflesso della evoluzione sempre più marcata del carcere da luogo di contrasto alla grande criminalità a luogo del “grande internamento” , discarica sociale per le nuove e vecchie povertà. In verità il comportamento suicidario non è affatto “imprevedibile” o lo è solo in casi molto rari; le esperienze mondiali di politiche di prevenzione, in primis quella lanciata a Los Angeles già agli inizi degli anni ottanta del secolo scorso dal Centro di prevenzione del suicidio con la loro prassi di analisi definita “autopsia psicologica post-suicidaria”, hanno dato spunti ad ulteriori e diffuse esperienze prevenzione (solo che le si voglia adottare) fondate sulla capacità di decodificare messaggi verbali e non verbali, fondata sulla capacità di una gestione umana della esperienza di reclusione che deve essere gestita nell’ambito di un percorso di risocializzazione e di empowerment e non in condizioni di degrado, di sovraffollamento e di sopruso che definire umilianti è pesino eufemistico. Abbiamo fin troppe volte denunciato, inascoltati, che anche solo il sovraffollamento è una molla che induce e facilita tendenze alla auto ed etero aggressività. Gli studi di prossemica unanimemente hanno confermato che questa problematica è particolarmente grave nelle istituzioni “totali” e chiuse quali le carceri. Spesso le istituzioni a questa tragedia di umiliazione e di rischio per la vita e per la sopravvivenza hanno risposto con la sola contemplazione, salvo l’avvio di iniziative inefficaci ed auto referenziali. Dobbiamo chiederci se il passaggio delle competenze alle Ausl non sia stato, come in effetti è stato, solo una foglia di fico che ha scaricato sulle Ausl soltanto oneri assistenziali “alla giornata” e non poteri effettivi di prevenzione. Le politiche di prevenzione delle Ausl riguardano, quando ci sono (parliamo in generale) , troppo spesso i soggetti più garantiti e trascurano tragicamente, anche per i vincoli esistenti, proprio gli ultimo ed “i dannati della terra”. Abbiamo fatto ripetutamente ,dal 2004 ad oggi ,ogni 6 mesi, a commento dei rapporti semestrali sulle carceri, proposte concrete su cosa quei rapporti potrebbero diventare in una ottica sistemica di prevenzione per tutta la popolazione carceraria (detenuta e lavoratrice); alcuni aspetti delle nostre proposte riguardano anche ipotesi di riforma normativa, ma non siamo stati ascoltati. Le istituzioni (il comune di Bologna) ha voluto persino attribuire al sistema dei partiti la prerogativa di decidere chi incaricare nel ruolo di garante dei detenuti; ma, in verità, si è riusciti a nominare non un garante dei detenuti, quanto un garante dei gruppi politici presenti in consiglio comunale. A questo punto quelle risorse economiche potrebbero essere utilizzate altrimenti. Quello in cui viviamo, questo ennesimo suicidio lo dimostra, non è un paese civile. Dobbiamo riproporre, per coerenza e per convinzione, una commissione di inchiesta sul rischio per la salute e la sicurezza alla Dozza. Dobbiamo infine invocare ed auspicare un intervento della Procura della repubblica di Bologna non solo su questo ultimo luttuoso episodio ma sul rischio sucidario e sul rischio per la salute nella Dozza. Infine alle persone detenute ed ai lavoratori del carcere: non indulgere solo su comportamenti di delega e di attesa, occorre, oggi più che mai, contare sulle proprie forze: denunciare, far conoscere, proporre, costruire pratiche alternative. Brescia: Canton Mombello; in 8 metri quadrati vivono 6 detenuti, esposto a Sindaco ed Asl Corriere della Sera, 8 novembre 2012 Poco più di un metro quadrato a testa per detenuto. Scarsa igiene con conseguente presenza di scarafaggi e topi. Casi di scabbia e tubercolosi. Famigliari a colloquio a rischio di contrarre una malattia. Mancanza di beni primari (acqua, detersivi, carta igienica). Permessi negati a tutti. Polizia penitenziaria che lavoro su turni devastanti. Prosegue oltre la descrizione da “lager” fatta da un detenuto che “vive” nella sezione Nord-Sud della Casa Circondariale di Canton Mombello. Un elenco che non evidenzia grandi novità per chi da anni segue la situazione all’interno del carcere bresciano. Dopo denunce e richieste a destra e a manca, il Comitato per la chiusura del carcere lager di Canton Mombello non ne può più e tenta la carta dell’esposto al sindaco e all’Asl di Brescia. “La legge riconosce nella figura del sindaco l’autorità sanitaria locale ed è il comune - afferma Attilio Zinelli del comitato - che deve rilasciare il certificato di agibilità e abitabilità di ogni struttura del territorio”. Il Comitato ne ha anche per l’Asl. “Semestralmente l’Asl fa sopralluoghi e noi ci chiediamo se - prosegue Beppe Corioni - si cura davvero della verifica della adeguatezza del carcere e se lo fa perché non interviene per porre fine a questo inferno?”. Il comitato richiama inoltre alla necessità di un percorso rieducativo di pene alternative per i giovani detenuti e i tossicodipendenti. Cagliari: Sdr; il carcere di Buoncammino senza vice direttore ormai da un anno Ristretti Orizzonti, 8 novembre 2012 “La Casa Circondariale di Buoncammino, il principale Istituto Penitenziario dell’isola con circa 540 detenuti, da un anno non può contare su un vice Direttore mentre sono senza titolare cinque carceri. È un’ulteriore testimonianza della scarsa considerazione del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e del Ministero per i problemi dei detenuti, degli Agenti e degli operatori civili”. Lo sostiene Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, facendo rilevare che “da diversi anni, nonostante le disponibilità di organico, non vengono assegnati alla Sardegna titolari di Istituto mentre molti direttori sono da tempo utilizzati in attività ministeriali”. Nell’isola infatti cinque Istituti su 12 - precisa Caligaris - non hanno un titolare. Gianfranco Pala, direttore della Casa Circondariale di Cagliari, quella che ospita un quarto delle persone private della libertà in Sardegna, regge la colonia penale di Mamone (Nuoro) e temporaneamente anche “Bad’e Carros” in quanto la dott.ssa Gabriella Incollu è in malattia; Pierluigi Farci, responsabile di Oristano, anche la colonia penale di “Is Arenas”, Marco Porcu, titolare a Isili, deve curare Lanusei e Iglesias. A Sassari invece è titolare Francesco D’Anselmo responsabile anche della scuola di Monastir. A Tempio Pausania/Nuchis è giunto in missione Antonio Galati titolare nella struttura di Vibo Valentia. L’incarico di Alghero invece da un anno è stato assegnato alla dott.ssa Elisa Milanesi. Giovanni Monteverdi, responsabile dell’Istituto di Macomer, è anche impegnato, insieme a Marco Porcu, in attività al Provveditorato regionale. “È paradossale inoltre - afferma la presidente di Sdr - che non sia stata prevista alcuna nuova assunzione di Direttori considerando che nell’isola sono in fase di costruzione due nuove megastrutture penitenziarie mentre altre due sono state da poco consegnate. Si tratta delle “cattedrali di cemento” con un numero di posti-letto che raddoppierà la presenza di persone detenute nel territorio (da circa 2.300 si passerà a quasi 4 mila). Numeri a cui far fronte anche con la cessazione dello “scavalco”. Non può più avvenire, come accade adesso, che un Direttore debba sobbarcarsi anche quattro Istituti contemporaneamente quando un collega è in ferie o ha problemi di salute. Ciò significa in pratica garantire esclusivamente l’ordinaria amministrazione, non certo un principio costituzionale quale deve essere la rieducazione e il reinserimento sociale dei detenuti a cui concorre pienamente anche il Direttore”. “L’auspicio è che il Ministro della Giustizia Paola Severino, anche alla luce dei provvedimenti di risparmio, trovi il modo di assegnare gli incarichi a quanti vengono utilizzati all’interno degli Uffici romani. La presenza esclusiva di Direttori e Vice Direttori in Sardegna - conclude Caligaris - è ormai indispensabile considerando il considerevole numero di ristretti negli Istituti penitenziari”. Lucera (Fg): dopo la chiusura del Tribunale c’è un’incognita anche sul futuro del carcere www.luceraweb.eu, 8 novembre 2012 Nella Lucera del 2012 in cui chiusure e soppressioni sono diventate una drammatica cadenza, anche in ambito giudiziario, le notizie che giungono da Roma sono praticamente sempre di tenore negativo per quanto riguarda presidi e istituzioni statali operanti sul territorio. Visto l’andamento e i provvedimenti presi finora ma già fortemente contestati, da tempo ormai c’è chi ritiene ci sia un disegno preciso di riduzione ai minimi termini della città e del suo circondario, sulla base di motivazioni ancora ignote o forse fin troppo conosciute. E se il tribunale è il capostipite di un settore su cui ci sono timori per i presidi delle Forze dell’ordine, il pensiero non aveva ancora sfiorato la casa circondariale, peraltro operante a poche decine di metri dal tribunale stesso, tanto che questa caratteristica positiva era stata inserita anche nelle motivazioni che scongiurassero la soppressione di uffici e aule, in virtù di un risparmio dei costi di traduzione dei detenuti. Ovviamente si tratterà senza dubbio di una coincidenza, ma un’interrogazione parlamentare presentata il 31 ottobre scorso dai senatori Salvo Fleres (Grande Sud), Donatella Poretti e Marco Perduca (Radicali Italiani) ha fatto scattare una molla, anche perché il suo contenuto riguarda una vicenda accaduta a Lucera a gennaio 2011, con il conseguente rinvio a giudizio di un detenuto e di tre operatori della polizia penitenziaria avvenuto nove mesi fa, a febbraio di quest’anno. I tre parlamentari, rivolgendosi al ministro Paola Severino, hanno colto l’occasione per tornare sulle condizioni di vivibilità del penitenziario e dei suoi apparati di sicurezza e ricettività, invocando “illegalità strutturali segnalate in una relazione ispettiva, in considerazione del fatto che queste ultime possono mettere in pericolo l’incolumità personale dei detenuti e del personale penitenziario operante”. Eppure proprio su questi ultimi aspetti, in realtà, ad aprile scorso c’era stata una visita nel carcere di Lucera da parte di una delegazione composta da magistrati (Giancarlo Pecoriello, Filomena Mari e Pasquale De Luca) e avvocati (Giuseppe Agnusdei, Raffaele Lepore, Antonio Santacroce, Nicola Delle Vergini) che hanno voluto rendersi conto di persona delle condizioni di vita dei detenuti con i quali c’è stato anche un colloquio da cui non sono emerse lamentele particolari, se non dovute a uno scarso coinvolgimento di attività integrative. Al termine della giornata dietro le sbarre, gli operatori della giustizia avevano rilasciato dichiarazioni di soddisfazione per quanto hanno visto e sentito in Piazza Tribunali, nonostante le oggettive limitatezze strutturali in termini di superfici e di volumi, a cui si aggiungono i disagi sopportati dai parenti in visita, costretti a rimanere fuori dalla porta in attesa del proprio turno di ingresso. A giugno, invece, i vertici sindacali della Cisl di Foggia, ma anche quelli regionali e nazionale confederali del settore penitenziario, hanno visitato la casa circondariale. La delegazione era composta dal segretario nazionale Cisl Fns Mattia D’Ambrosio, del segretario generale regionale Crescenzio Lumieri e dal suo omologo provinciale Michele Lanza. Per Lucera non sono state evidenziate gravi criticità, anche in funzione della vetustà dell’edificio che, secondo la Cisl, “è compensata da un’adeguatezza strutturale nel contenere circa 240 detenuti, a fronte dei circa 156 previsti nella norma. L’igiene sul posto di lavoro è abbastanza accettabile seppure carente dei servizi igienici presso le postazioni di lavoro - avevano scritto in una nota congiunta - e molti uffici, soprattutto quegli operativi, denunciano una limitazione di spazio anche se tenuti, sotto il profilo funzionale e dell’immagine, in maniera decente. Le scale d’ingresso ai reparti presentano dei limiti in termini di sicurezza, mentre per quanto concerne il personale esso è superiore al numero previsto dalla pianta organica, nonostante l’anzianità superi i 30 anni di servizio o i 50 anni di età e tale condizione crea notevoli problemi nella gestione e suddivisione dei carichi di lavoro. Nella struttura risultano in organico 6 unità di polizia penitenziaria femminile, nonostante non ci sia un reparto detentivo femminile, e queste donne sono ben integrate nei servizi d’istituto e viene garantita la pari opportunità con il personale maschile”. Salerno: il “caso” di Paolo Maggio in Parlamento, Rita Bernardini interroga il Ministro La Città di Salerno, 8 novembre 2012 Il caso di Paolo Maggio, il 37enne Battipaglia detenuto a Parma, dove sta scontando una pena a 23 anni per omicidio, finisce ora dal ministro della Giustizia Paola Severino. La deputata dei Radicali Rita Bernardini ha infatti presentato ieri un’interrogazione scritta al Governo perché “è necessario un intervento urgente al fine di verificare le reali condizioni di salute del detenuto in questione, affinché siano adottati i provvedimenti più opportuni, per garantire che l’espiazione della pena non si traduca di fatto in un’illegittima violazione dei diritti umani fondamentali, secondo modalità tali peraltro da pregiudicarne irreversibilmente le condizioni psico-fisiche, già gravemente compromesse Le sue condizioni sono disperate ed è in dialisi da tempo”. Il caso di Maggio era stato riportato nei giorni scorsi dal nostro giornale, dopo la denuncia degli avvocati Rosanna Carpentieri e Paolo Vocca che - in una lettera inviata proprio a Bernardini e al presidente dell’associazione Antigone Pietro Gonnella - descrivono le sofferenze del 37enne battipagliese e parlano di un nuovo caso di “malo carcere”. “Noi difensori credevamo di avere serie speranze di ricondurlo a casa a Battipaglia - spiega Carpentieri - Avevamo prodotto al Collegio anche la documentazione inerente agli innumerevoli e validi centri dialisi dove il giovane avrebbe potuto continuare a curarsi. La nostra richiesta non è stata accolta perché rispetto a prima oggi viene sottoposto “solo” 3 volte a settimana a dialisi, sintomo per il tribunale dell’enorme miglioramento del Maggio”. Chieti: nel carcere una scuola di informatica e numerose attività di reinserimento sociale di Francesco Rapino www.cityrumors.it, 8 novembre 2012 Reinserire in un contesto sociale e lavorativo i detenuti e coloro che hanno scontato la pena e si ritrovano alle prese con il mondo esterno. È l’obiettivo del progetto speciale multiasse “al sostegno e rafforzamento di misure di inclusione sociale per le categorie svantaggiate e a rischio di emarginazione”, promosso dalla Regione Abruzzo e attivo da oggi anche a Chieti. L’iniziativa è stata presentata questa mattina dal direttore della casa circondariale di Chieti, Giuseppina Ruggero, dalla direttrice del Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria, Fiammetta Trisi, il direttore di Voci di Dentro, Francesco Lo Piccolo, l’assessore alle Politiche Sociali del Comune di Chieti, Emilia De Matteo, e Patrizia Gasparri, assessore alle Politiche Sociali del Comune di Francavilla. Dallo scorso 2 settembre, dieci detenuti del carcere di Chieti stanno seguendo un corso di informatica di 400 ore e altre sette persone (tra ex detenuti e detenuti ammessi al regime di articolo 21 - fuori di giorno, in carcere la sera) a breve saranno inserite al lavoro in Enti e aziende della zona per un periodo di un anno. In entrambi i casi, detenuti ed ex detenuti, verranno sostenuti economicamente: i primi (gli “studenti”) con una borsa di studio di 2.400 euro ciascuno (ai primi tre classificati verrà corrisposto anche un premio rendimento di 2 mila euro ciascuno), mentre i secondi saranno sostenuti secondo la formula di work experience con una borsa lavoro di 500 euro al mese per un anno. Previsto anche un contributo per spese alloggio. “Questo progetto” ha detto Trisi “riguarda tutta una serie di attività che si stanno realizzando nelle case circondariali della regione”. Si tratta, nello specifico, di un maxi progetto che vede partecipi nell’organizzazione dell’attività la stessa direzione del carcere di Chieti, il personale amministrativo e il corpo di Polizia Penitenziaria. Un progetto che darà opportunità e chance a persone svantaggiate finite nel vortice del carcere “per ignoranza, mancanza di realismo, irresponsabilità, asocialità, istinti negativi, condizioni di abbandono, cattiva educazione”. Insomma non sempre per loro colpa: vittime di se stessi, anche di una scelta sbagliata. Da qui parte il coinvolgimento dell’Ats (associazione temporanea di scopo), capofila l’Ente di Formazione e Consulenza Focus, che vede insieme oltre che l’associazione di volontariato Voci di dentro, l’associazione Smile Abruzzo, Radar Interinale, Cna Abruzzo, il Comune di Chieti e l’Ente d’Ambito Foro-Alento. Un insieme di forze per realizzare il dettato costituzionale: la pena deve rieducare e reinserire. “Questo progetto parte da un lavoro che avevamo avviato noi” ha spiegato Lo Piccolo. “Abbiamo unito una serie di associazioni e di Enti, abbiamo partecipato al bando ed abbiamo avviato questa opportunità. L’anno scorso abbiamo fatto un corso di informatica coinvolgendo le case circondariali di Chieti e Pescara ed è durato 7-8 mesi. Il primo aspetto sono i corsi, il secondo aspetto è l’inserimento lavorativo. Questo è un passo ulteriore che portiamo avanti”. Un progetto, dunque, che sta molto a cuore a Voci di dentro, l’associazione che da anni opera con i suoi volontari nelle carceri di Chieti, Pescara, Vasto e Lanciano, alla quale è stata affidata la conduzione dei corsi di informatica: otto docenti si alternano nelle lezioni per far apprendere ai dieci detenuti l’uso del computer per la realizzazione di manifesti, bozzetti, giornali e riviste. Inoltre, grazie all’uso di programmi avanzati di web grafica, i corsisti impareranno a realizzare al computer la stessa rivista Voci di dentro. Tutto questo in 400 ore, fino alla metà di maggio, quando questo primo percorso verrà concluso con l’esame finale e la consegna degli attestati e la qualifica di “grafico impaginatore”. “Un progetto” ha commentato De Matteo “che avvicina i detenuti al lavoro. In questo modo si fa crescere il territorio attraverso il volontariato ed attraverso un’attività di implementazione ed inclusione sociale. Sicuramente il momento storico è di crisi, però con queste sinergie auspichiamo che anche un semplice risultato raggiunto sia una grande cosa. Attraverso questo corso si fa capire che la vita dà sempre qualche opportunità, basta volerlo”. Quindi grande importanza viene data all’inserimento lavorativo, ovvero al secondo punto del progetto: Enti e associazioni che fanno parte dell’Ats saranno infatti impegnate in un’attività di Touring e di sportello carcere-lavoro. Focus, Smile, Radar, Cna, Voci da dentro, Eas Chieti e Eas Foro-Alento opereranno per favorire nei detenuti ed ex detenuti che accederanno a questa opportunità, la conoscenza di sé, la scoperta delle proprie attitudini, capacità e interessi; insieme con personale esperto (psicologi, mediatori, centro per l’impiego, servizi sociali dei Comuni coinvolti) opereranno per la ricerca di aziende o Enti per la presa in carico del detenuto o ex detenuto. Un percorso lavorativo che durerà un anno ed anche questo finanziato dalla Regione Abruzzo. “Sono da un anno e mezzo qui” ha detto un detenuto coinvolto nel corso di informatica “e vedo che ci sono diversi corsi, ho preso la terza media, adesso sto facendo un corso di informatica che con il passare del tempo diventa sempre più interessante. Non mi aspettavo tutto questo. Penso che questa sia un’opportunità perché quando riuscirò potrò dire so fare questo”. In definitiva la messa in pratica della mission di “Voci da dentro” ha lo scopo di modificare l’atteggiamento del detenuto, farlo diventare consapevole dell’errore fatto e aiutargli a comprendere i valori che sono alla base del genere umano: rispetto degli altri, solidarietà, legalità e cultura del lavoro. Un progetto che rappresenta un’altra tappa di Voci di dentro in un percorso che vuole superare il carcere, trasformarlo in un’occasione di recupero della persona per una società migliore, per lui e per tutta la società. “Come Comune di Francavilla siamo felicissimi di partecipare a questo progetto” ha concluso Gasparri “rivolto a persone che hanno sbagliato e che hanno la possibilità di riprendere la propria vita. Partecipiamo con entusiasmo a questo progetto e speriamo di essere i fruitori di altre iniziative a livello sociale”. Torino: firmato nuovo Protocollo per tirocini di lavoro rivolti a detenuti studenti Ansa, 8 novembre 2012 Favorire i detenuti studenti a inserirsi nel mondo del lavoro. Su questo punta il nuovo Protocollo che vede tra i firmatari Comune e Provincia di Torino, Università, Ufficio Pio della Compagnia di Sanpaolo, Casa circondariale. Gli studenti detenuti che hanno i requisiti per richiedere misure alternative al carcere potranno accedere a tirocini formativi. La Compagnia provvederà anche al pagamento di borse lavoro per un periodo massimo di 36 mesi per singola persona ricompresa nel progetto. Il progetto (nato in via sperimentale nel 2007 e ora rinnovato) intende garantire una opportunità concreta agli studenti universitari detenuti che sono in possesso dei requisiti previsti dalla legge per accedere alle misure alternative al carcere (articolo 21, semilibertà o affidamento) o per essere avviati al lavoro esterno. Oltre agli iscritti alle lauree specialistiche di Scienze Politiche e Giurisprudenza del Polo universitario presso il carcere di Torino, l’iniziativa potrà coinvolgere gli studenti dei corsi di laurea triennale sia delle medesime facoltà sia di altre che si renderanno disponibili ad attivare forme di tutoraggio. Agli studenti detenuti verrà offerta la possibilità di effettuare tirocini formativi utili al reinserimento lavorativo (il Comune attiverà un corso di formazione sul recupero crediti presso la propria Avvocatura) e, contemporaneamente, di frequentare le lezioni universitarie all’interno del carcere, grazie alla presenza di docenti volontari. ‘Il progetto comprende due parti - spiega Francesca Daquino, direttrice del carcere di Torino -: una riguarda la frequenza alle lezioni che prescinde dal possedere i requisiti per le misure alternative. L’altra è il tirocinio lavorativo all’esterno del carcere per la quale servono tali requisiti. In questo caso sarà il magistrato di sorveglianza ad autorizzare i detenuti a poterlo svolgere. Su 25 persone del Polo universitario, 7 hanno i requisiti per accedere alle misure alternativè. Se detenuti di altre carri italiane vogliono aderire al progetto, potranno farlo. La loro domanda sarà valutata alla luce dei requisiti richiesti. Viterbo: magistrato antimafia aggredito in carcere da ‘ndranghetista, interviene il Csm La Repubblica, 8 novembre 2012 Il magistrato della dda di Reggio Calabria Giovanni Musarò è stato aggredito nel carcere di Viterbo dal boss della ‘ndrangheta Domenico Gallico, 54 anni. L’uomo, detenuto al 41bis e condannato a sette ergastoli, prima ha chiesto di essere interrogato (nell’ambito di un processo in cui è imputato) e subito dopo ha aggredito il pm fratturandogli il setto nasale. Nel parapiglia sono rimasti contusi anche i due agenti della polizia penitenziaria che erano intervenuti per bloccare il boss. A Musarò è subito giunta la solidarietà dell’Associazione nazionale magistrati. “La Giunta dell’Anm - si legge nella nota - nel condannare con fermezza il grave episodio, ribadisce il proprio sostegno ai magistrati della Calabria, nella certezza che tale episodio non potrà turbare quanti sono impegnati nell’amministrazione della giustizia e distoglierli dall’efficace e serena applicazione della legge”. Anm: sostegno a magistrati Calabria La Giunta esecutiva centrale dell’Anm, l’Associazione nazionale magistrati, “nel condannare con fermezza il grave episodio, manifesta al collega e al personale di polizia rimasto ferito l’affettuosa solidarietà della magistratura associata”. È quanto si legge in una nota in merito all’aggressione subita nel carcere di Viterbo dal pm della Dda di Reggio Calabria Giovanni Musarò e da due agenti ad opera di un boss della ‘ndrangheta ergastolano. L’Anm, prosegue la nota, “ribadisce il proprio sostegno ai magistrati della Calabria, nella certezza che tale fatto non potrà turbare quanti sono impegnati nell’amministrazione della giustizia e distoglierli dalla efficace e serena applicazione della legge”. Como: agenti spacciavano droghe in carcere, tre patteggiamenti e un rinvio a giudizio di Mauro Peverelli Corriere di Como, 8 novembre 2012 Erano stati sorpresi a spacciare dosi di droga (hashish e marijuana) all’interno del carcere del Bassone, una casa circondariale del comasco. Ma non erano detenuti, bensì gli stessi agenti penitenziari che avrebbero dovuto garantire la sicurezza tra le mura della prigione. Protagonisti (in negativo) della vicenda alcuni agenti, tra i quali Carmine Clericuzio, di 27 anni, originario di Ariano Irpino, e Sabato Colucci, coetaneo del collega e anche lui proveniente dalla stessa provincia di Avellino (Sirignano). Per loro sono arrivate ieri le decisioni di Francesco Angiolini, giudice dell’udienza preliminare della città lombarda: “Una condanna pesantissima a cinque anni e quattro mesi (nonostante il rito abbreviato), tre patteggiamenti e un rinvio a giudizio. L’indagine delicata era seguita dai carabinieri di Como con la collaborazione della stessa polizia penitenziaria, in quanto furono alcuni colleghi dei due, poi finiti nei guai, ad accorgersi che qualcosa tra le mura del carcere non andava come doveva. Da quanto è stato possibile ricostruire, la droga non era destinata ai detenuti. Insieme ai due agenti anche altri tre uomini che facevano giungere la droga agli agenti: si tratta di un trentunenne di Bregnano, un trentottenne di Cadorago e un trentanovenne di Casnate con Bernate. Il primo ha chiuso la propria posizione patteggiando un anno e 4 mesi, gli altri un anno e 6 mesi. Ieri invece il giudice ha deciso sulle contestazioni rivolte ai due agenti della penitenziaria. Pesante la posizione di Clericuzio, condannato a quattro anni e quattro mesi, nonostante lo sconto di un terzo legato alla scelta del rito abbreviato, mentre - spiega il redattore del Corriere di Como - “il collega è stato rinviato a giudizio e in aprile sfiderà l’aula in un dibattimento pubblico”. La vicenda era emersa nel mese di novembre di un anno fa, quando proprio Clericuzio fu arrestato a Bugorello, sorpreso mentre acquistava 488 grammi di hashish, suddiviso in panetti. Secondo le indagini effettuate dalla procura, furono numeroso le cessioni dentro il Bassone per tutto il 2011. Le dosi erano vendute al prezzo di 10 euro al grammo. “Una piccola ma redditizia attività a cui va aggiunta una aggravante di non poco conto: le fila erano tenute non da “normali” spacciatori ma da due uomini della polizia penitenziaria”. Eppure, analizzando i dati forniti da Antigone, nel carcere comasco ci sarebbe bisogno di ben altro che di agenti spacciatori: diverse le segnalazioni critiche tra il primo gennaio 2012 fino a metà ottobre: tra queste 19 tentati suicidi (l’ultimo suicidio, da accertare, risale al 21 settembre 2011), 59 casi di autolesionismo, oltre 50 scioperi della fame. Ma anche più di 70 tra aggressioni e colluttazioni, oltre 40 infortuni accidentali. E i soliti problemi legati alle condizioni non certo dignitose delle carceri italiane: 7 gli infortuni sul lavoro, in una casa circondariale che potrebbe ospitare soltanto 226 detenuti, al contrario dei 533 invece presenti. Roma: Antigone presenta “Senza dignità, IX Rapporto sulle condizioni detenzione in Italia” Ristretti Orizzonti, 8 novembre 2012 Quest’anno il Rapporto dell’Associazione Antigone sarà accompagnato dal webdoc “Inside carceri: inchiesta sulle carceri italiane”. Lunedì 19 novembre 2012, alle ore 11, a Roma, presso la Sala Tobagi della Federazione nazionale stampa italiana, in Corso Vittorio Emanuele 349, Antigone presenta il IX Rapporto sulle condizioni di detenzione in Italia “Senza dignità” (Edizioni gruppo Abele, 2012). Verranno illustrati i dati del sovraffollamento, spiegate le cause nonché raccontate storie di violata dignità. I temi e i casi trattati: numeri, violenze, lavoro, sanità, suicidi, edilizia, personale, tagli, risorse, progetti. Al tradizionale rapporto cartaceo quest’anno si affiancherà la presentazione di “Inside carceri”: il primo web-doc dedicato alla situazione delle carceri in Italia, realizzato dall’Osservatorio di Antigone insieme al service giornalistico multimediale Next New Media che verrà mostrato in anteprima durante l’incontro. Composto da video, infografiche, fotogallery, interviste a detenuti, direttori e operatori del settore e realizzato all’interno di 25 Istituti di pena tra i più rappresentativi delle condizioni di detenzione del nostro Paese, sarà poi accessibile all’indirizzo www.insidecarceri.com. Verona: il 27 ottobre è stato presentato il dvd “Raccontamela giusta attorno al carcere” www.lafraternita.it, 8 novembre 2012 Sabato 27 ottobre, nel Convento di San Bernardino nell’ambito della manifestazione “Tramurales”, è stato presentato il nuovo dvd pubblicato dalla nostra Associazione: “Raccontamela giusta attorno al carcere”. A differenza del precedente dvd “Raccontamela giusta - storie dal carcere”, questo secondo offre uno sguardo approfondito su ciò che gira intorno alla Casa Circondariale di Verona, la città con la sua storia, il reinserimento sociale dopo il carcere con la ricerca di lavoro, le famiglie dei detenuti, i volontari che si danno da fare per rendere la pena quello che dovrebbe essere: rieducativa. Il dvd contiene interviste a familiari, ad ex detenuti, ad alcuni volontari della Associazione “La Fraternità”, alla Garante dei diritti dei detenuti, ad una giovane in servizio civile nella nostra associazione. Contiene un breve documentario sulla ripetuta esperienza di Tramurales, con le opinioni degli studenti in visita; un percorso guidato sulla storia e sui luoghi della pena a Verona. Di grande efficacia comunicativa lo spaccato di vita in carcere proposto da Roberto Puliero, che recita la parte di un detenuto in attesa di giudizio in una cella di Montorio (che poi è quella esposta durante la mostra, ricostruita in grandezza naturale dagli stessi detenuti). Ospite d’onore nel nostro dvd è Roberto Vecchioni, che nel marzo scorso è entrato ad incontrare le persone recluse a Montorio. Nel dvd vediamo le riprese dell’evento e possiamo ascoltare quello che Vecchioni ha detto e cantato. Alla presentazione in Sala Morone ha partecipato anche Mimmo Colombo, giornalista e cognato di Vecchioni, che pochi giorni dopo ha inserito la nostra pubblicazione sul sito ufficiale del cantautore: www.vecchioni.org/press-area/presentato-a-verona-il-dvd-sul-carcere-raccontemela-giusta-con-la-partecipazione-di-roberto-vecchioni. Volterra: l’assessore Giglioli consegna oltre 200 libri e dvd alla biblioteca dei detenuti www.gonews.it, 8 novembre 2012 L’assessore alla cultura Giglioli e la responsabile della biblioteca Vallesiana si sono recati nella struttura: “Un modello dove si rispetta davvero la Costituzione”. C’è chi vi apprende le prime nozioni di scuola elementare e chi riesce ad arrivare perfino alla laurea. Chi frequenta corsi di scrittura e chi si avvicina al teatro. Ma soprattutto chi - fra un lavoro e l’altro (c’è perfino una sartoria) - dedica una parte del molto tempo a disposizione per la lettura di un buon libro. Sarà, forse, anche un’oasi nel deserto, ma è questa la realtà del Carcere di Volterra, dove ieri mattina si sono recati l’Assessore alla Cultura, Maria Cristina Giglioli, e la responsabile della Biblioteca “Vallesiana” di Castelfiorentino, Laura Galgani, per un appuntamento davvero speciale: la consegna gratuita di circa 200 volumi e una quarantina di Dvd ai detenuti del carcere, già in passato segnalato come “modello” per i percorsi di rieducazione che vi vengono adottati. Al fine di preparare degnamente l’evento, i detenuti hanno lavorato sodo. Nell’ultimo anno e mezzo, infatti (ovvero da quando sono stati avviati i primi contatti con la Biblioteca di Castelfiorentino) essi si sono impegnati per allestire all’interno del carcere una vera e propria biblioteca, provvista di scaffali e adoperandosi per una prima sistemazione dei libri già in loro possesso. Dopodiché sono state avviate le procedure per la donazione dei 200 volumi da parte della “Vallesiana”, gran parte dei quali erano “doppioni” ricevuti in dono nel tempo da privati cittadini. L’assessore alla Cultura e la responsabile della Biblioteca sono state accolte con piacere dalla direttrice del carcere, Maria Grazia Giampiccolo, e da una ventina di detenuti. Tutti i detenuti erano informati da tempo di questa visita, e sono stati ammessi in un numero limitato a questo incontro, previa loro richiesta. “La cosa che sorprende - sottolinea l’Assessore alla Cultura, Maria Cristina Giglioli - è non solo questo desiderio di libri e di lettura, ma anche il fatto che questi detenuti si spingano verso generi in un certo senso impegnativi, come la filosofia o la poesia. Per me è stata una bella esperienza sia sotto il profilo umano che professionale, perché ho avuto modo di constatare che qui si perseguono davvero quelle finalità della pena contemplate dalla nostra Costituzione: tendere alla rieducazione del condannato”. Nel corso dell’incontro, l’Assessore alla Cultura ha colto l’occasione per consegnare una pergamena ad un detenuto, Martin Lazri, che aveva ricevuto una menzione speciale all’ultima edizione del “Premio Letterario Castelfiorentino”. “Considero l’incontro di ieri - conclude l’Assessore - come una tappa importante di un cammino che vogliamo continuare insieme, affinché la Vallesiana possa diventare per questi detenuti un punto di riferimento importante per numerose iniziative: dalla ricerca di nuove opportunità in rete alla individuazione di ulteriori soggetti disposti a donare libri, come ad esempio molte case editrici sicuramente interessate a sostenere un progetto di questo tipo”. Volterra: “Cene Gaolette” è alla Settima Edizione, cucinano detenuti e grandi chef di Tommaso Chimenti Corriere Nazionale, 8 novembre 2012 Galeotta fu la cena, si dice per indicare la casualità di un incontro, fugace, che poi si è rivelato, nel tempo, sentimentale. In questo caso le “Cene Galeotte” indicano letteralmente saporite cene all’interno di un penitenziario. E non di uno a caso, ma dentro la FortezzaMedicea di Volterra, casa di detenzione all’avanguardia, non come struttura, ma come impostazione del lavoro, dell’organizzazione, visione del futuro dei detenuti. Espressione altissima della validità delle persone che governano la struttura, dalla direttrice fino alle guardie penitenziarie, è anche il festival “Volterra Teatro”, a luglio, diretto da venticinque anni dal regista napoletano Armando Punzo, una bella immagine di quello che si può costruire e realizzare anche dietro le sbarre. Proprio dietro le sbarre, ma ai fornelli, ci andranno grandi chef che aiuteranno ed insegneranno ai detenuti a cucinare in un vero e proprio workshop lavorativo che porterà al confezionamento ed alla preparazione accurata di otto succulente cene all’interno della cappella del carcere per centoventi persone alla volta. Siamo alla settima edizione delle Cene Galeotte, il cui ricavato va interamente al progetto “Un cuore che si scioglie” dell’Unicoop Firenze (www.ilcuoresiscioglie.it), che fino ad oggi ha raccolto 100.000 euro. Si parte il 16 novembre e si chiude il 28 giugno. I piatti saranno preparati da alcuni detenuti, i vini invece scelti ed a cura della Fisar. Ma non si va in carcere a vedere il mostro da vicino, ma a renderci conto della bravura, del talento, della disponibilità, del lavoro di queste persone che nella loro vita hanno sbagliato, e stanno pagando, ma che sono degne, capaci ed abili a creare sapori e atmosfere. “Gli chef passeranno una o due giornate all’interno della casa di reclusione, a fianco dei carcerati, per trasmettere i loro saperi - spiega Roberta Perna dell’organizzazione dell’evento di solidarietà (www.studioumami.com) - sarà un momento davvero importante sia emotivamente, quanto lavorativamente. I detenuti avranno la possibilità di imparare un mestiere e grazie all’esperienza formativa in cucina con gli chef stanno acquisendo un bagaglio formativo”. Sedici ex detenuti, infatti, hanno trovato impiego in ristoranti locali. Il calendario vede nomi importanti, dalla Toscana, ma non solo: inaugureranno la settima edizione di Cene Galeotte, venerdì 16 novembre, lo chef Moreno Motterle del ristorante “La Porta” a Monticchiello (info per i vini: www.gorghitondi.com) ed il pasticciere Marco Mazzetti della pasticceria Centro Storico di Chianciano Terme, a dicembre, venerdì 14, sarà la volta di “La Carabaccia” di Bibbona (www.giovannichiappini.it), seguirà a gennaio, venerdì 18, “L’Albergaccio” di Siena, una stella Michelin (www.querceto.com), a febbraio, venerdì 22, “La Magnolia” di Cesenatico (www.cormons.com), a marzo, venerdì 22, lo chef Mattia Barciulli di “Osteria di Passignano”, una stella Michelin (www.terriccio.it), ad aprile, venerdì 19, “Locanda Vigna Ilaria” di Lucca (www.vincenzodivaira.it), a maggio, venerdì 25 maggio, un’altra stella Michelin con il Ristorante “Bracali” a Massa Marittima (www.poderelaregola.it), ed a giugno, venerdì 28, lo chef Dario Picchiotti de “L’Antica Trattoria di Sacerno” a Calderara di Reno di Bologna (www.fattoriadelleripalte.it). Info: www.cenegaleotte.it; www.cooptoscanaturismo.it; www.toscanaturismo.net. Brescia: “Sentirsi liberi con la musica”, domani parte progetto per i detenuti di Verziano www.ecodellevalli.it, 8 novembre 2012 Sarà presentato domani, venerdì 9 novembre alle ore 11, nel carcere di Verziano, il progetto “Sentirsi liberi con la musica - l’arte della cooperazione sociale - corsi di musica per i detenuti della Casa Circondariale di Verziano”. Con questo percorso formativo l’associazione “Amici della Banda cittadina” di Brescia si pone come obiettivo principale quello di rendere consapevoli i detenuti della possibilità di poter fare musica come attività di svago e valorizzazione personale, facendo in particolare attenzione alla socializzazione e all’integrazione del detenuto stesso. All’incontro saranno presenti Aristide Peli assessore provinciale all’Associazionismo e Volontariato, Francesca Paola Lucrezi direttrice del carcere di Verziano, Dino Santina presidente degli “Amici della Banda Cittadina” per lo sviluppo sociale e sostenibile, Enio Esti responsabile organizzativo e docente dei corsi, Olmo Chittò docente dei corsi e Ruggero Ruocco presidente della Filarmonica “Isidoro Capitanio” della Banda cittadina di Brescia. Albania: Parlamento vara un’amnistia per centenario dell’indipendenza, 2.500 beneficiari www.agenzianova.com, 8 novembre 2012 Il parlamento albanese ha approvato oggi, con il consenso della maggioranza di centrodestra e dell’opposizione socialista, un disegno legge proposto dal governo che prevede l’amnistia per circa 2.500 persone fra detenuti ed indagati. Il provvedimento stato proposto in occasione del 100esimo anniversario dell’indipendenza del paese. Ad approfittarne saranno 290 detenuti condannati con una pena fino a due anni e a chi gli rimane da scontare ancora un anno di reclusione. Torneranno in libertà anche 928 adulti e 452 minorenni che si trovano agli arresti domiciliari o che scontano pene alternative. Beneficeranno dell’amnistia altre 876 persone attualmente indagate per reati per i quali la pena prevista non supera i due anni di reclusione. Serbia: il Parlamento approva un’amnistia, farà risparmiare allo Stato 7 milioni di euro www.agenzianova.com, 8 novembre 2012 Il parlamento serbo ha approvato nella seduta odierna la legge sull’Amnistia proposta dal ministero di Giustizia. Secondo quanto riferisce l’emittente “Prva”, la legge avrà effetto su 3.600 detenuti, che saranno liberati o godranno di sconti di pena. Sono esclusi i condannati per i reati più gravi. Il totale dei carcerati in Serbia ammonta, secondo i dati del ministero, a 8 mila unità. In una prima fase verranno liberati 1.100 detenuti, con un risparmio per lo stato di 127 milioni di dinari (circa 1,1 milioni di euro). Il governo prevede inoltre un risparmio totale di 800 milioni (circa 7,1 milioni di euro) nel prossimo periodo. La sessione autunnale del parlamento serbo iniziata il 23 ottobre, ed stata interrotta due volte, la prima delle quali stata in occasione dell’esame della legge “salva-banche”, approvata successivamente con procedura d’urgenza per consentire il trasferimento dei conti e depositi da “Nova Agrobanka”, dopo l’apertura del procedimento fallimentare, alla Cassa di risparmio delle Poste serbe. La seconda interruzione avvenuta in occasione della votazione delle modifiche alla legge che regola il funzionamento della Banca nazionale serba (Nbs). Turchia: continua sciopero della fame di 700 detenuti curdi, aderiscono anche due deputati Ansa, 8 novembre 2012 Due deputati turchi del partito pro-curdo Bdp hanno aderito allo sciopero della fame attuato da 57 giorni da 700 detenuti curdi che chiedono la fine dell’isolamento in carcere per il leader del Pkk Abdullah Ocalan e il diritto di difendersi in curdo davanti ai tribunali, riferisce Hurriyet online. I due parlamentari, Emine Ayna e Ozadal Ucer, hanno annunciato di avere iniziato il digiuno in sostegno alla protesta dei prigionieri curdi. Secondo la stampa turca decine di detenuti sono ora in condizioni critiche e alcuni di loro potrebbero iniziare a morire nei prossimi giorni. Ocalan, il leader del Pkk detenuto nell’isola carcere di Imrali, da oltre un anno non ha ricevuto alcuna visita, a parte una volta quella del fratello. Secondo alcuni giornali il ministero della giustizia di Ankara potrebbe autorizzare a breve due suoi avvocati a rendergli visita. Il governo ha inoltre annunciato una imminente riforma per consentire ai detenuti curdi di difendersi nella loro lingua madre nei tribunali turchi. Stop a sciopero fame detenuti curdi se concesse visite a Ocalan Lo sciopero della fame dei prigionieri curdi nelle carceri turche, in corso da quasi due mesi, finirà se Ankara consentirà al leader dei ribelli curdi Abdullah Ocalan, in carcere in un’isola del Mar di Marmara, di ricevere visitatori. Lo ha detto all’Afp Selahattin Demirtas, copresidente del Bdp, il partito legale filo curdo della Pace e Democrazia. “Se i legali di Ocalan potranno fargli visita nella prigione di Imrali, penso che gli scioperi finiranno” ha detto Demirtas. Da un anno e mezzo Ocalan, in prigione sull’isola di Imrali, non può vedere la sua famiglia e i suoi avvocati. Questi ultimi hanno presentato qualche giorno fa una nuova richiesta di visitare il loro assistito, che per ora non è stata respinta. I prigionieri in sciopero della fame dal 12 settembre, quasi 700 di cui oltre 100 in gravi condizioni, chiedono di poter usare la lingua curda per difendersi in tribunale ma anche migliori condizioni di dtenzione per Ocalan, 62enne leader del Pkk, formazione armata fuorilegge che lotta per l’indipendenza del Kurdistan, considerata terroristica da Ankara e da molti paesi occidentali. Ocalan è stato condannato per tradimento all’impiccagione nel 1999, pena poi commutata all’ergastolo nel 2002, quando la Turchia ha abolito la pena di morte. Libia: condannati a morte cinque ex ufficiali di Gheddafi, prima volta da caduta regime www.agenzianova.com, 8 novembre 2012 Il tribunale militare di Bengasi ha emesso una condanna a morte in contumacia per cinque ex ufficiali del regime di Muammar Gheddafi, accusati di aver commesso stragi di civili durante la rivoluzione libica dello scorso anno. Secondo quanto riporta l’agenzia di stampa libica “Lana”, si tratta della prima condanna a morte emessa da un tribunale da quando caduto il vecchio regime. Gli ufficiali sono accusati di aver ordinato i raid aerei sui civili e gli stupri di massa avvenuti durante la rivoluzione. Sono stati condannati a dieci anni di carcere altri tre soldati per diversi episodio di stupri commessi ai danni di diverse donne durante la guerra tra il regime e i rivoluzionari. Iran: muore in carcere per aver usato Facebook, l’attivista Beheshti difendeva i lavoratori La Repubblica, 8 novembre 2012 Il trentacinquenne ha subito una settimana di interrogatori e torture, si batteva per i diritti collettivi. Ad arrestarlo la Cyber polizia del regime, che ha invitato la famiglia a “Procurarsi una bara”. Sattar Beheshti è morto in carcere, a 35 anni. Ai familiari è arrivata una telefonata dal penitenziario, con l’invito a “procurarsi una bara e non rilasciare interviste sull’accaduto”. Succede in Iran nel 2012: un attivista viene arrestato dalla “Cyber Polizia” iraniana, quella che perlustra la Rete alla ricerca di oppositori del governo. E Sattar Beheshti era attivo, troppo, nella sua difesa elettronica dei diritti dei lavoratori iraniani. La Cyber Polizia l’ha arrestato e portato nel carcere di Evin, dove Beheshti è stato torturato. Fino a morire. In carcere, Beheshti è rimasto appena una settimana. Fatta di interrogatori e violenze disumane, fino al tragico epilogo. La Cyber polizia esiste dal 2011, le torture in carcere da sempre. E la famiglia conferma che Sattar godeva di ottima salute, “non prendeva neanche un’aspirina”, mentre dal penitenziario si dichiara che l’attivista “soffriva di problemi di cuore”. Il corpo è risultato pieno di escoriazioni e ferite, dalla testa ai piedi. Arrestato il 30 ottobre, lavorava a Robat Karim, a 15 chilometri da Teheran. La sua morte diventerà l’ennesimo simbolo del valore dei diritti umani in Iran. Sattar è morto per aver espresso e condiviso la sua battaglia su un social network, non è stato il primo e non sarà l’ultimo a farlo. La sorella ha denunciato al mondo il comportamento delle autorità iraniane. Rimane il dolore e un problema di sostentamento per la famiglia, per cui Sattar era l’unica fonte di reddito.