Giustizia: in Italia non c’è la pena di morte, ma c’è l’ergastolo… una pena fino alla morte di Benedetta Guerriero Il Giorno, 14 novembre 2012 “Il nostro ordinamento non prevede la pena di morte, ma contempla ancora l’ergastolo che altro non è se non una pena fino alla morte”. Sergio D’Elia, ex dirigente di Prima Linea, organizzazione di estrema sinistra attiva negli Anni di Piombo, ora segretario generale dell’associazione Nessuno tocchi Caino, da decenni impegnata per la cancellazione della pena capitale dagli ordinamenti giuridici dei vari Paesi, è uno dei protagonisti della quarta conferenza mondiale di Science for Peace che si svolgerà venerdì e sabato nell’aula magna dell’Università Bocconi. Sarà proprio D’Elia a trattare uno dei grandi temi che verranno approfonditi nel corso della manifestazione, la battaglia per l’abolizione della pena di morte e dell’ergastolo. D’Elia, come ha conosciuto la Fondazione Veronesi? “Sono rimasto colpito dai risultati delle ricerche del professor Veronesi che è giunto alle nostre conclusioni, seguendo un metodo scientifico”. In che senso? “Secondo quanto è emerso dagli studi dell’equipe dell’oncologo, il nostro sistema di neuroni si rinnova periodicamente, più o meno ogni vent’anni. Questo significa che esiste sempre la possibilità di cambiamento e che la persona che si manda in carcere dopo un tot di anni non è più la stessa. Io stesso sono stato in carcere dodici anni e so che durante l’espiazione della pena si ha la possibilità di guadagnare una nuova innocenza”. Vi battete per la cancellazione della pena di morte ma anche per quella dell’ergastolo. Perché? “Perché l’ergastolo protrae la pena fino alla morte, togliendo alla persona incriminata qualsiasi speranza e, in alcuni casi, inducendola a gesti disperati, come possono essere i suicidi. Esiste, quindi, un legame molto stretto tra la battaglia per l’abolizione della pena di morte e dell’ergastolo”. Veniamo alle carceri. Il problema del sovraffollamento è ormai un’emergenza. Quali rimedi possono esserci? “Il problema del sovraffollamento si può risolvere trovando un giusto equilibrio tra la pena e le misure alternative al carcere, che nel nostro Paese non esistono e non vengono quasi mai applicate. Negli istituti penitenziari il 40 per cento delle persone recluse è in attesa di giudizio, circa la metà di questi viene poi assolta. Sono certo che la situazione della giustizia è molto più grave di quella carceraria, ci sono undici milioni di processi pendenti che stanno sovraffollando le carceri”. E come si esce da tutto questo? “Penso che l’unica soluzione per ridurre la popolazione carceraria sia quella dell’indulto, mentre l’amnistia è determinante per risolvere la questione della giustizia”. Giustizia: Pannella (Radicali); noi lottiamo per carceri più civili, la partitocrazia no Agenparl, 14 novembre 2012 “Dall’appello di Giovanni Paolo II a favore di un gesto di clemenza verso i detenuti nelle carceri italiane di dieci anni fa, la situazione non è cambiata, anzi è peggiorata. L’amnistia è lo strumento per liberare queste moderne catacombe che sono le carceri, ma si ha paura. Noi Radicali lottiamo, ma la partitocrazia al potere non riesce a far altro che mandare in putrefazione ogni sforzo”. Lo ha dichiarato oggi Marco Pannella, leader Radicale, ai microfoni di Radio Ies, la Radio della città di Roma durante la trasmissione “Radio Città”. Giustizia: a 10 anni da visita in Parlamento accogliere invito Giovanni Paolo II su carceri di Vannino Chiti (Partito Democratico) Agenparl, 14 novembre 2012 “Nel decimo anniversario della visita che Papa Giovanni Paolo II compì in Parlamento voglio ricordare la sua figura che ci ha accompagnato per oltre un quarto di secolo, insegnando a tutti, con le parole e con l’esempio della vita, il valore primario rappresentato da ogni persona, il dovere di un impegno per la pace, la bellezza dell’incontro e del dialogo anche con i diversi e i distanti da noi”. Così il vice presidente del Senato, Vannino Chiti. “Il pontefice - sottolinea Chiti - quel giorno sollecitò le istituzioni a dare un segno forte chiedendo attenzione per la situazione delle carceri ‘nelle quali i detenuti vivono spesso in condizioni di penoso sovraffollamento. Una riduzione della pena costituirebbe una chiara manifestazione di sensibilità, che non mancherebbe di stimolarne l’impegno di personale recupero in vista di un positivo reinserimento nella società ‘ - disse Giovanni Paolo II. Accogliere oggi il suo invito di allora, definendo ad esempio per taluni reati pene alternative al carcere, andrebbe anche nel segno della garanzia dei fondamentali diritti umani”. Giustizia: Di Giovan Paolo (Pd); ascoltare parole Giovanni Paolo II, sì a misure alternative Agenparl, 14 novembre 2012 “Le parole di dieci anni fa di Giovanni Paolo II sulle carceri, rafforzate dalla presa di posizione del cardinale Bagnasco, ci impongono di sanare il drammatico sovraffollamento di tanti penitenziari. Bisognare dare impulso alle misure alternative”. Lo afferma il senatore del Pd Roberto Di Giovan Paolo, presidente della Commissione Affari Europei. “Serve dare un segnale forte, per sanare la penosa situazione di tante carceri, nonostante l’impegno di guardie carcerarie, volontari, associazioni. Purtroppo in dieci anni la situazione è peggiorata - continua Di Giovan Paolo. Si calcola che circa il 30% dei detenuti potrebbe fare domanda per accedere alle misure alternative”. Giustizia: Valerio Onida; caso Sallusti… la prigione per chi scrive va abolita come concetto Intervista a cura di Paolo Colonnello La Stampa, 14 novembre 2012 Professor Valerio Onida, ci risiamo: torna il carcere per i giornalisti. Un anno invece dei sei massimi previsti con la legge attuale, emendamento proposto dalla Lega e dall’Api di Rutelli e votato a maggioranza in Senato. “Significativo...”. Anche se apparentemente la norma sembra più favorevole non sembra il massimo prevedere la prigione per chi si occupa d’informazione in una democrazia che si vorrebbe avanzata. Cosa ne pensa lei che è stato Presidente della Corte Costituzionale? “Credo che il carcere per i giornalisti andrebbe abolito come concetto. Si dovrebbero prevedere piuttosto altri tipi di sanzione che passino essenzialmente per accertamenti rapidi della giustizia e rettifiche effettive in caso di palesi violazioni”. Si è visto però che anche con le sole pene pecuniarie, se applicate perfino agli editori e in misura abnorme, si finisce comunque per mettere la museruola all’informazione. “Infatti, dovrebbe prevalere prima di tutto il dovere della rettifica. Parliamoci chiaro: non può esistere che un Sallusti possa permettersi di fare ciò che ha fatto senza alcun tipo di sanzione. Anche se il carcere non è certo la pena più adatta per una diffamazione a mezzo stampa. Se dopo l’articolo pubblicato da Sallusti, con un accertamento rapido delle falsità descritte, fosse stata in vigore una legge del genere, una rettifica riparatrice magari comparsa in prima pagina, avrebbe evitato di trovarci oggi attorcigliati attorno a una legge che credo dovrebbe essere meditata con maggiore freddezza”. Ecco il punto: possibile che in Italia si debba affrontare tutto come un’emergenza? “Sarebbe meglio di no, soprattutto in un caso del genere. L’informazione è uno dei pilastri della democrazia e la sua regolamentazione va affrontata con la massima saggezza possibile. Tenendo presente che non si può nemmeno lasciare privo di tutela chi viene colpito nella propria onorabilità, soprattutto, come nel caso Sallusti, quando addirittura c’è una palese affermazione di falsità. Il danno di un’informazione sbagliata o volutamente distorta, per la diffusione attuale e sempre più capillare dell’informazione, può essere cospicuo. Il problema è sempre quello: il giusto equilibrio”. Lettere: Caro Celentano ti scrivo… di Carmelo Musumeci (Detenuto a Padova) Il Gazzettino, 14 novembre 2012 Lunedì 8 e martedì 9 ottobre, di sera, tutti gli uomini ombra (così si chiamano fra loro gli ergastolani ostativi, senza nessuna possibilità di uscire) della sezione AS1, blocco 7 lato A dell’Assassino dei Sogni di Padova (così chiamiamo noi il carcere) erano davanti al televisore a vedere lo spettacolo “Rock Economy”, con il volume al massimo. Adriano, molti di noi sono murati vivi, spesso al buio e nel silenzio sociale più assoluto, in una cella da oltre 20 anni, alcuni da più di 30. Le note delle tue canzoni ci hanno riempito la mente e il cuore di emozioni, ricordi e nostalgie. Le parole delle tue canzoni ci hanno fatto rivivere giorni e notti ormai persi nel tempo per sempre, portando un può di libertà nelle nostre celle e nelle nostre anime. Adriano, gli uomini ombra abitano in una terra di mezzo perché non sono più né vivi, né morti. Molti di noi non hanno più nessun motivo per giustificare la loro presenza in questo mondo perché lo scorrere del tempo, anno dopo anno, ci lascerà sempre dove siamo, senza speranza né futuro, né un fine pena. Adriano, nel Corriere della Sera di martedì 02 ottobre 2012 c’era questa pagina intera: “Insieme contro l’ergastolo. L’Italia ha abolito la pena di morte ma mantiene l’ergastolo: una forma di detenzione che contraddice l’obiettivo rieducativo del sistema carcerario previsto dall’Articolo 27 della Costituzione Italiana. Per questo il Movimento Scienze for Peace della Fondazione Veronesi è al fianco dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII nella campagna “Firma contro l’ergastolo”, a cui hanno già aderito: Umberto Veronesi, Margherita Hack, Giuliano Amato, Don Luigi Ciotti, Franco Rome, Don Andrea Gallo, Susanna Tamaro, Ascanio Celestino, Luigi Manconi, Sergio D’Elia, Giuseppe Ferraro, Erri De Luca, Giovanni Paolo Ramonda insieme a altri 12.000 cittadini”. Adriano, fai sentire anche tu la tua voce contro l’ergastolo (la “Pena di Morte Viva”, come lo chiamano gli ergastolani ostativi) aderendo su www.carmelomusumeci.com Il cuore degli uomini ombra ti dicono grazie e ti mandano un sorriso fra le sbarre. Lettere: Cari Onorevoli… fate ridere, fate pena di Alessandro Sallusti Il Giornale, 14 novembre 2012 È della Lega l’emendamento alla legge salva-Sallusti (che ridere) che approvato a scrutinio segreto prevede il gabbio per i giornalisti che incappano in condanne per diffamazione. Ieri in redazione abbiamo ricevuto due copie, una per me e una per Vittorio Feltri, di un nuovo libro fresco di stampa di Roberto Maroni, segretario della Lega. Su uno la dedica autografa dice: “A Vittorio Feltri, il vero numero 1”. Sull’altro: “Ad Alessandro Sallusti, buona lettura e buon lavoro”. È lo stesso Roberto Maroni che contemporaneamente dava ordine ai suoi di mandarmi in carcere (Vittorio, non te lo auguro ma temo che presto mi seguirai) con una imboscata al Senato. È infatti della Lega l’emendamento alla legge salva-Sallusti (che ridere) che approvato ieri a scrutinio segreto prevede il gabbio per i giornalisti che incappano in condanne per diffamazione. Nelle dediche di Maroni c’è la rappresentazione plastica della falsità dei politici: ossequiosi e melensi quando si tratta di chiedere ai giornalisti marchette ai loro libri e convegni, subdoli e arroganti quando hanno occasioni di vendetta. Devo dire che la Lega (insieme a quel fenomeno da baraccone di Rutelli, quello che vuole guidare il Paese e che si è fatto sfilare 20 milioni dalla cassa) in fondo è stata la più onesta: ha dichiarato le sue intenzioni, ci ha messo la faccia. Che però è di tolla. Scusi Maroni, lei si ricorda che è libero, e ha potuto fare il ministro dell’Interno, solo perché si è fatto fare una legge ad personam che ha abolito il reato di oltraggio a pubblico ufficiale per il quale era stato condannato a quattro mesi di carcere? Scusi Castelli, nobile senatore leghista, sa che lei è libero solo perché il Parlamento ha negato l’autorizzazione a procedere per diffamazione quando aveva dato dello sprangatore a Diliberto? E scusi senatore Calderoli, ci spiega come mai non ha mai pagato per quegli undici morti negli scontri fuori dal consolato di Bengasi seguiti alla sua idea geniale di presentarsi, in nome della libertà di opinione, al Tg1 con la maglietta anti Islam? E scusate, leghisti, come mai Bossi è a piede libero pur avendo subito decine di condanne per diffamazione a magistrati, capi dello Stato, avversari politici? In attesa di risposte, vi dico che mi fate ridere e pena (voi, non i vostri elettori che rispetto). Solo un filo meno di quei vigliacchi del Pd e Pdl che con la benedizione dei loro capi (Angela Finocchiaro e Maurizio Gasparri) si sono trincerati dietro l’anonimato per vendicarsi dei giornalisti che più e più volte li hanno presi con le mani nella marmellata e a volte nella merda. Mi consola che io andrò a San Vittore, ma loro tra pochi mesi spariranno nel nulla dal quale provenivano. Cari senatori, cari deputati, lasciate perdere, non è cosa alla vostra altezza. Potete mandarci in galera e rovinarci, ma come diceva un Humphrey Bogart giornalista al potente di turno nel film L’ultima minaccia: “È la stampa, bellezza. La stampa! E tu non puoi fare niente”. Proprio niente, vigliacchi senza volto. Lettere: Concorso Vice Ispettori Polizia Penitenziaria… “di che morte dovranno morire”? di Andrea Sciarrini www.ilcontestoquotidiano.it, 14 novembre 2012 Dalle Istituzioni non sono mancate le risposte. Se la segreteria del Presidente della Camera dei Deputati nel prendere atto delle vicende legate al concorso decennale dei 271 Vice Ispettori di Polizia Penitenziaria ha inoltrato gli atti alla commissione competente affinché i deputati che vi fanno parte possano prenderne atto ed assumere le iniziative che ritengono opportune, per l’amministrazione penitenziaria una luce di speranza arriva dalla Vice Capo del Dap, la Dott.ssa Simonetta Matone. È il video pubblicato sul sito della Uil penitenziaria, al 10° minuto che entra in merito alla vicenda concorsuale. La Dott.ssa Matone puntualizza quale sia la volontà del Ministro della Giustizia in merito alle sorti dei 327 giovani risultati idonei alla prova orale che, come dirà la stessa Matone, chiedono “di che morte dovranno morire”. In agenda per il momento non sono previste manifestazioni. Intanto una delegazione degli idonei tra uomini e donne, sono stati ricevuti dalla Dott.ssa il 30 novembre, presso gli uffici del Dipartimento. La soluzione prospettata sembrerebbe “una norma che salvi il pregresso” e intanto, quod dimostrandum erat, l’amministrazione aspetta il merito scartando, almeno per il momento forme di autotutela. All’esame di questa vicenda concorsuale che si protrae ormai da ben 10 anni in aggiunta al turn over, alla mancanza di personale e al fenomeno del sopraffollamento, la mannaia della spending review che non omaggia il comparto sicurezza, anzi. Non può mancare un minimo di riflessione critico-storica. Domenica 28 ottobre su Rai Uno veniva mandato in onda speciale Tg1 “Vale la pena?”. Un servizio dedicato ai penitenziari di San Vittore, della Gorgona e di Padova. Una incredibile testimonianza in cui versano alcuni padiglioni detentivi o/e Istituti della nostra penisola e in alcuni casi, come si evince dal servizio, respirando il clima di violenza latente che ha pressoché connotato la storia delle istituzioni penitenziarie italiane. Una riflessione su un lungo percorso che si può sintetizzare in tre momenti storici fondamentali. Partendo dallo Stato Liberale che varò con il R.D. N°260 del 01/02/1891 il “Regolamento generale degli stabilimenti carcerari del Regno”, periodo caratterizzato dall’impermeabilismo e l’ostracismo avverso la società libera. Seguirà il Regime Fascista che, pur ricalcando fedelmente il regolamento del 1891, porterà alla stesura, con il R.D. N° 787 del 18/06/1931, del “Regolamento degli Istituti di Prevenzione e di Pena” che richiamando due regole adottate dal vecchio regolamento del 1891: “dividere per governare e governare con la violenza”. Quarant’anni dopo, lo stesso guardasigilli Rocco ammise con naturalezza quali siano state le regole ultime che consentivano di governare una massa di 50-60.000 persone tenute i stato di detenzione: “È facile supporre a quante tensioni di spirito conduca questa situazione e quali situazioni equale siano i rapporti tra carcerieri e carcerati. È chiara che la vita in questi stabilimenti è una lotta continua fra chi vigila e chi è sottoposta alla vigilanza”. È la volta dell’Italia Repubblicana che nell’immobilismo dell’accentramento di un’amministrazione centrale su quella periferica, vedrà per un ventennio, l’interruzione di una lungimirante tradizione burocratico-verticistica a fronte dei lavori parlamentari per la stesura della prima e vera legge di riforma. La legge sull’ordinamento penitenziario. Se numerosi sono gli Istituti contenuti nella 354/1975 attraverso cui avrebbe dovuto realizzarsi il trattamento dei detenuti in vista del loro recupero individuale e sociale, numerosi sono i fattori che penalizzarono la stessa. Il costante e crescente sopraffollamento accompagnato dalla mancata riforma del sistema delle sanzioni e della cronica carenza delle risorse materiali e di personale, ha rappresentato e a quanto pare continua a rappresentare tutt’oggi la causa della crisi della legge di riforma, e della maggior parte degli stessi istituti in essa contenuti. E mentre in carcere si muore anche per mancanza di personale, 327 idonei continuano a chiedere di poter lavorare. Tanti idonei aspiranti Vice Ispettori di Polizia Penitenziaria che, attraverso la testimonianza se pur diversa di ciascuno di noi, in un unica voce che termina con “speranza” che affidiamo nelle mani della Dott.ssa Matone. Se il grado di civiltà di una nazione si misura sullo stato delle sue prigioni non ci rimane che crederci consapevoli che intanto in carcere un altro sgabello cade… Sardegna: Sdr; nelle 12 carceri isolane 2.118 detenuti, 901 stranieri, 470 attesa giudizio Il Velino, 14 novembre 2012 In Sardegna nei 12 Istituti penitenziari sono ristrette 2.118 persone (52 donne) a fronte di 2007 posti letto. 901 sono stranieri e 470 in attesa di giudizio. 215 non sono ancora comparsi davanti a un GIP. I definitivi sono 1.629. I dati, diffusi dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, si riferiscono alla situazione del 31 ottobre 2012. “Si evidenzia - osserva Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme” un costante aumento dietro le sbarre di cittadini stranieri e di persone che aspettano mesi per un primo giudizio. Innocenti, fino a prova contraria, che subiscono un grave disagio soprattutto in realtà sovraffollate come il carcere di Buoncammino di Cagliari” “Ciò che rende invivibile la permanenza dentro le strutture penitenziarie dell’isola - sottolinea Caligaris - è infatti la distribuzione nei singoli Istituti. Nel carcere di Buoncammino di Cagliari convivono oltre 530 detenuti (345 è invece la capienza regolamentare). Un sovraffollamento reso ancora più difficile trattandosi di una struttura risalente alla fine dell’Ottocento che non consente di svolgere adeguate attività. Non solo. L’eccessivo numero di detenuti sta portando al collasso la dotazione dei beni indispensabili. Reti e materassi eccessivamente usurati hanno bisogno di essere rinnovati e talvolta mancano anche le lenzuola. La situazione è diventata così difficile che sempre più spesso sono investite del problema le associazioni di volontariato. Non è raro che qualche detenuto rinunci al materasso perché ormai sfondato”. “La presenza di un così elevato numero di detenuti in attesa di primo giudizio dentro il sistema penitenziario isolano - precisa la presidente di Sdr - determina inoltre una condizione di promiscuità e di grave disagio. È noto infatti che il primo periodo di detenzione risulta particolarmente gravoso per la persona privata della libertà e condiziona fortemente la convivenza dentro le celle. Sono infatti soggetti più fragili e maggiormente esposti ad atti di autolesionismo estremo. Le precarie condizioni igienico-sanitarie e la forzata convivenza in spazi ridotti all’osso produce depressione”. “La situazione non è migliore per i definitivi. È infatti ormai insufficiente il numero dei Magistrati di Sorveglianza. Gli uffici inoltre devono soddisfare le richieste derivanti dall’accesso alla legge “svuota carceri” con una serie di passaggi burocratici che non solo non alleggeriscono il numero dei cittadini ristretti ma moltiplicano il lavoro dei Magistrati e degli assistenti sociali. Risulta quindi fondamentale sia ridurre i tempi di attesa della prima sentenza sia creare delle condizioni di vivibilità dentro gli Istituti. Contenere il malessere dei reclusi - conclude Caligaris - è sempre più difficile “. Sardegna: Osapp; nessun detenuto in regime di 41-bis arriverà nell’isola prima di un anno Ristretti Orizzonti, 14 novembre 2012 “Nessun detenuto soggetto al regine del 41bis in Sardegna prima di un anno e prima che siano pronte le relative infrastrutture con Personale di Polizia Penitenziaria adeguatamente professionalizzato per la piena sicurezza della Collettività esterna”. È quanto afferma in una nota Leo Beneduci segretario generale dell’Osapp (Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria). “Da diverso tempo ci capita di leggere di proteste popolari per l’arrivo imminente o, addirittura, già avvenuto in Sardegna di centinaia di detenuti mafiosi sottoposti al regime del carcere duro - prosegue il sindacalista - e benché pochi, anche dei politici che tali proteste sembrerebbero auspicare, vogliono rammentare che una legge del 2009 dell’allora Governo di centrodestra, approvata a larghissima maggioranza parlamentare, stabilisce che l’allocazione di tali detenuti debba avere luogo in strutture penitenziarie insulari”. “Al momento l’unica realtà certa - indica ancora il leader dell’Osapp - è che le due nuove strutture in costruzione di Sassari (in consegna entro l’estate 2013) e di Cagliari (in consegna nell’autunno-inverno 2013) prevedono al loro interno due sezioni, da 90 posti ciascuna, realizzate appositamente per l’allocazione dei detenuti del 41 bis, per la cui piena funzionalità occorrerà comunque attendere ulteriori mesi”. “Non vorremmo, quindi, che sulla Polizia Penitenziaria e sul carcere quale luogo e momento di pieno recupero alla società, in Sardegna come altrove, almeno nei confronti dei detenuti meno pericolosi che sono la maggioranza - conclude Beneduci - si consolidino mediante verità distorte, luoghi comuni, o polemiche sterili e strumentali foriere di ben più gravi contrapposizioni sociali”. Sanremo (Im): un 27enne algerino è morto questa mattina in carcere, disposta l’autopsia Agi, 14 novembre 2012 Alle 11.30 di questa mattina un giovane detenuto tossicodipendente di origini algerine, Sami Bernini Amor, è morto per arresto cardiocircolatorio nel Carcere di Sanremo. “Un vero peccato commenta il sindacalista della Uil Penitenziari, Fabio Pagani - un’altra morte. Il detenuto, era nella terza sezione in una camera con altri sette detenuti è stato rinvenuto nel suo letto oramai senza vita, morto per arresto cardiaco”. Sul corpo dell’uomo, probabilmente deceduto proprio per il suo stato di tossicodipendente, verrà comunque eseguita l’autopsia. “Questo tragico evento, aggiunge il sindacalista deve farci riflettere e continuare a sollecitare i vertici dipartimentali a prendere urgenti soluzioni volte a risolvere i gravi problemi di sicurezza che oramai attanagliano la Casa Circondariale di Sanremo, bisogna coinvolgere le istituzioni locali tra cui il primo cittadino, in quanto comprenda che è seriamente a rischio la sicurezza dell’intera città, visto che l’istituto registra una capienza di quasi 360 detenuti a fronte di una capienza tollerabile di circa 209 detenuti e soprattutto riportare quel dialogo tra Direttore e rappresentanti del personale di polizia Penitenziaria Il rischio concreto - conclude Pagani - è che il sistema carcere affondi nel mare dell’illegalità, del degrado e dell’inefficienza. Come si può pensare di garantire dignità al lavoro penitenziario a fronte delle condizioni degradanti, alla mancanza di mezzi e risorse, alla impossibilità di svolgere il proprio mandato costituzionale!” Brescia: in Provincia due Centri psichiatrici giudiziari sostituiranno l’Opg di Castiglione di Flavio Marcolini Brescia Oggi, 14 novembre 2012 La riforma degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari avrà ricadute anche sul territorio della Bassa. Due delle quattro micro comunità “satellite” della struttura di Castiglione delle Stiviere saranno infatti ospitate a Leno. La riorganizzazione delle case di pena destinate alle persone ammalate di mente che si sono macchiate di reati, scatterà il 31 marzo del prossimo anno ma, complice la Giunta transitoria della Regione in attesa di rinnovare l’esecutivo. tempi e modalità non sono ancora stati del tutto fissati. A dire il vero l’agenda sarebbe in teoria definita. Fissati i requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi relativi alle strutture destinate ad accogliere le persone cui sono applicate le misure di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario e dell’assegnazione a casa di cura e custodia, il Pirellone ha già predisposto tutti gli atti programmatori per le nuove strutture, atti che attualmente sono a Roma all’attenzione del ministro. La certezza è che, contrariamente a quanto si ventilava inizialmente, l’ospedale psichiatrico giudiziario della “Ghisiola” a Castiglione delle Stiviere non sarà chiuso ma trasformato in un network di piccole comunità protette. In Lombardia la rete dovrebbe contare quattro terminali: Castiglione delle Stiviere, il più capiente, adatto ad accogliere fino ad un massimo di sei micro-strutture per ammalati mentali da 20 posti ciascuna, poi appunto Leno, Como e Milano che gestiranno due centri ciascuno. In pratica alla “Ghisiola” resteranno 120 pazienti, mentre ognuna delle sedi decentrate accoglierà 40 persone. Attualmente i pazienti dell’Opg di Castiglione sono 285, più 25 in comunità esterna. La riconversione della struttura della Ghisiola in micro comunità psichiatriche dovrebbe essere agevole. Questa esperienza infatti, gestita direttamente dall’Azienda sanitaria “Carlo Poma” di Mantova in virtù di una convenzione stipulata dal ministero della Giustizia, è una sorta di isola “felice” in un settore spesso al centro di polemiche a livello nazionale. Qui non ci sono mai stati agenti di polizia penitenziaria, ma solo personale medico e paramedico, e particolarmente ampia è l’area riabilitativa. Oltre alle attività in reparto, vi sono quelle motorie in palestra, nel bocciodromo e nei campi di tennis e pallavolo. Di grande rilievo poi sono le iniziative formative, con laboratori di falegnameria, informatica, cucito, tipografia, arte terapia e teatro. Proprio quest’ultimo presenterà i suoi frutti alla cittadinanza venerdì 16 novembre alle ore 17 al Centro per l’Impiego, in via Maestri del Lavoro, dove andrà in scena “Le faremo sapere... parodia della dignità”, spettacolo realizzato e interpretato dai pazienti in uno scambio di idee con attori e operatori di diverse residenze assistenziali e sanitarie sul territorio. Pistoia: “In carcere condizioni intollerabili”, denuncia del Garante Antonio Sammartino di Leonardo Soldati Il Tirreno, 14 novembre 2012 Il garante delle persone private della libertà personale di Pistoia, Antonio Sammartino, fa alcune osservazioni critiche in merito all’ultima visita ispettiva a Santa Caterina in Brana da pane dell’unità funzionale Igiene e sanità pubblica dell’Asl 3. Il rapporto evidenzia alcuni dati ormai cronici: prevalenza di detenuti in attesa di giudizio su quelli con sentenza definitiva, quasi la metà di origine straniera ed al giugno scorso un 15% circa con problemi di tossicodipendenza; a fronte di un personale previsto di polizia di 79 unità, quello amministrato e di sole 59 unità ed effettivamente operante di 50 agenti. Sammartino non condivide che per una capienza regolamentare dell’istituto di 64 detenuti, Asl 3 riporti il dato di “capienza tollerabile” di 118 unità, a fronte di una presenza effettiva dì 119 detenuti. Tollerabile per chi? – afferma - non certo per le condizioni psico-fisiche dei reclusi e per una loro possibile rieducazione. La capienza di un istituto è solo massima, lo spazio disponibile è collegato alla salute della persona. Una sentenza della Corte europea del diritti dell’uomo assegna 7 mq per cella singola, a cui aggiunti 1 per ogni persona in più e riducibili a 3 in emergenza. Nella maggioranza delle celle, a Pistola, si trovano almeno tre detenuti in 7 mq, facendo a turno a stare in piedi e gli altri sui letti a castello a tre piani, comprendendo nell’esiguo spazio un tavolino ed uno pseudo-bagno. Questi dati non sono evidenziati nella visita di vigilanza, che rileva solo l’umidità come fattore di insalubrità”. Il Garante sottolinea poi la situazione dell’ambulatorio medico del carcere: “È riconosciuto anche dal personale sanitario che non è a norma, la mancanza del collegamento In rete impedisce la compilazione della cartella clinica o di inoltrare le domande di visita per l’Invalidità civile, in mancanza di attrezzature adeguate la prestazione sanitaria non può essere sempre garantita. E perché per una semplice carie viene estratto il dente alla persona? Un detenuto in condizioni di povertà ha ricevuto due bollettini da pagare di 250 euro l’uno per un intervento dentistico, è stato portato a Sollicciano per evitargli la spesa ma la trasferta ha avuto un costo. Perché a Pistoli questo intervento non e gratuito? L’ambulatorio potrebbe essere diviso in più stanze, consentendo così simultanee prestazioni sanitarie diverse, adesso se vi è ad esempio il dentista le altre attività sono bloccate, un’unica stanza situata in zona di transito non garantisce un livello dignitoso di privacy”. Roma: dalla Provincia 100mila euro per 5 progetti di formazione professionale ai detenuti Adnkronos, 14 novembre 2012 Continua l’impegno dell’amministrazione Zingaretti in favore della popolazione carceraria con il finanziamento di circa 100 mila euro destinati alla realizzazione di 5 progetti rivolti alle categorie che sono più a rischio di emarginazione, come i detenuti e gli immigrati. “Anche quest’anno - spiega Paola Rita Stella, assessore alle Politiche scolastiche della Provincia di Roma- nell’ambito delle attività di educazione permanente, rispondiamo alle esigenze esposte dal Dipartimento di Giustizia Minorile e dell’Amministrazione penitenziaria intervenendo a sostegno dei detenuti minorenni, italiani e stranieri”. “In questi anni la Giunta Zingaretti ha dimostrato sempre grande sensibilità e attenzione all’argomento. Abbiamo creduto necessario contribuire, mediante numerosi progetti, a rendere più umane e accettabili la condizione di vita dei detenuti, ma soprattutto abbiamo pensato e realizzato iniziative volte a facilitare il percorso di reinserimento attraverso l’apprendimento di una professione o il miglioramento della conoscenza della lingua italiana per i detenuti stranieri”. Tra i progetti finanziati dall’assessorato alle Politiche scolastiche, figurano corsi di lingua italiana per stranieri nel periodo estivo presso la struttura penale di Casal del Marmo, per un importo di 19mila euro. A Velletri verrà avviato per un importo di 25.500 euro un progetto realizzato dall’Upter e finalizzato all’apprendimento della lingua e della cultura italiana, dell’educazione civica, per detenuti stranieri con lo scopo di facilitare il loro reinserimento nel territorio italiano. L’Istituto Professionale Alberghiero “Paolo Baffi” di Fiumicino, svolgerà un corso di pizzaiolo rivolto alla popolazione detenuta maschile del Nuovo Complesso Penitenziario di Civitavecchia. Il costo del progetto è di 9mila euro. Per un importo pari a 13.350,00 l’Associazione Culturale “La Ribalta Centro Studi Enrico Maria Salerno” realizzerà presso l’Istituto penitenziario Rebibbia Nuovo Complesso, il progetto “Musiche e Canti della Diaspora”. Anche l’Iiss “Vincenzo Gioberti”, per un importo pari a 8.150 euro, realizzerà un corso di formazione professionale di pizzaiolo per i detenuti della Casa Circondariale Regina Coeli. A Civitavecchia l’Iiss Viale Adige di via della Polveriera svolgerà il progetto di Enogastronomia e Sala presso la Direzione Casa di Reclusione Giuseppe Passerini per un importo di 17.500 euro. Tolmezzo (Ud): conclusi 2 corsi Enaip per i detenuti, finanziati dal Fondo sociale europeo Adnkronos, 14 novembre 2012 Enaip Friuli Venezia Giulia e carcere di Tolmezzo (Udine) hanno concluso per il quarto anno consecutivo le attività formative per i detenuti finanziate dal Fondo sociale europeo. Sono stati due i corsi organizzati, uno di 600 ore per operatore edile, e uno sulle tecniche per la conduzione di macchine operatrici, di 400 ore, frutto della collaborazione tra Enaip regionale la direzione del carcere. L’obiettivo è favorire, grazie al possesso di competenze e capacità professionali specifiche, il reinserimento lavorativo di coloro che, dopo aver scontato la pena, s’incammineranno verso una riacquisizione di dignità e di diritto di cittadinanza in Italia o nel proprio Paese d’origine. Il percorso per operatore edile ha visto impegnati dieci detenuti in lavori edili di completamento e finitura, quali la tinteggiatura e la decorazione di pareti interne, la verniciatura di parti metalliche nonché lavori in cartongesso e piccole opere in muratura. Un’importante pittura murale di rilievo artistico e soggetto religioso è stata realizzata all’interno dell’Istituto. Il corso relativo alla conduzione di macchine operatrici ha permesso agli allievi di conoscere il funzionamento e l’utilizzo di macchine e attrezzature impiegate nelle attività di pulizia in ambito civile e industriale, di lavanderia, per la movimentazione di merci e, soprattutto, in ambito agricolo (coltivazioni e manutenzione del verde). Quest’ultimo progetto ha visto la partecipazione del Consorzio di Cooperative Sociali Cosm, del Circolo Mediatori Culturali Linguistici Acli e della Cooperativa Sociale Hattiva, la quale ha messo a disposizione le competenze e le attrezzature necessarie per la docenza e le attività di coltivazione e trasformazione di piante officinali e aromatiche. Foggia: Osapp; detenuto evaso dall’ospedale, revocare sospensione dal servizio degli agenti Ansa, 14 novembre 2012 Il segretario generale del sindacato di polizia penitenziaria Osapp, Leo Beneduci, chiede la “immediata revoca, nelle more di più puntuali ed accurati accertamenti” del provvedimento di sospensione dal servizio inflitto ai due agenti di polizia penitenziaria che in ospedale a Foggia piantonavano un detenuto evaso il 9 novembre scorso. la richiesta viene fatta con un messaggio inviato al capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Giovanni Tamburino e, per conoscenza, al ministro della Giustizia, Paola Severino, e a dirigenti nazionali e locali dell’amministrazione penitenziaria. Beneduci definisce il provvedimento di sospensione dei due agenti “un provvedimento frettoloso che può essere interpretato come mera individuazione del capro espiatorio, se del caso al fine di rendere all’esterno l’immagine di un’efficienza che non esiste nell’Amministrazione penitenziaria, soprattutto se centrale”. Al riguardo, il dirigente sindacale “chiede di conoscere con urgenza, perché non si sia provveduto con la necessaria sollecitudine nonostante le pressanti segnalazioni fatte dall’Osapp, al fatto che la Casa Circondariale di Foggia non dispone di un Comandante del Reparto titolare; al fatto che la Casa Circondariale di Foggia, nonostante l’ampia concentrazione in altre sedi, non disponga di un adeguato numero di Dirigenti con funzioni di vice direttore”. Beneduci inoltre scrive che “a quanto risulterebbe, nel caso di piantonamenti esterni alla struttura venga impiegato in Foggia, per turni di 8 e più ore Personale del Corpo dei servizi interni ai reparti detentivi, e non quello del locale Nucleo Operativo Ntp di regola adibito a turnazioni di 6 ore”. Al riguardo sottolinea che le due unità del Corpo impiegate nel piantonamento del detenuto evaso dall’ospedale erano dei “servizi interni all’istituto e non del servizio traduzioni”. “Si è quindi e nella sostanza convinti - conclude il segretario generale Osapp - che l’adozione dei richiamati provvedimenti di sospensione abbia contributo a tacitare un qualche anelito giustizialista (del tutto fuori luogo) interno a qualche articolazione del Dap, ma non sia servita a rendere effettiva giustizia della cause reali dell’evento”. Marsala (Tp): chiusura del carcere inspiegabile, ho inviato una nota al ministro Severino di Baldo Gucciardi (Deputato Pd) www.marsala.it, 14 novembre 2012 La chiusura del carcere di Marsala sembra essere ormai definitiva, specie dopo il suo spopolamento, avviato e portato rapidamente a compimento dai vertici dell’amministrazione penitenziaria regionale. Ciò è avvenuto nonostante i rilievi, giunti in questi mesi da più parti, circa l’insostenibilità del provvedimento, sia dal punto di vista dell’affollamento carcerario, che già interessa pesantemente la nostra provincia e non solo, sia per ciò che riguarda i disagi causati ai tanti operatori carcerari costretti a trasferimenti di sede difficilmente conciliabili con la delicatezza e le difficoltà del servizio svolto. Risulta inspiegabile la chiusura di una casa circondariale senza la previsione di nuove strutture, alla luce del dramma che in Italia è rappresentato dal sovraffollamento delle carceri. Si ribadisce, peraltro, che il territorio su cui insiste il carcere marsalese, come noto a chiunque, è un contesto territoriale ad alta densità mafiosa, cosa che dovrebbe costituire motivo serio di una deroga ai tagli. Invece, dopo varie rivisitazioni, quello marsalese risulta l’unico carcere siciliano ad essere soppresso e la cosa risulta inaccettabile. Ho già inviato una nota al ministro della Giustizia, Severino, al Presidente della Regione, Rosario Crocetta, e al Responsabile nazionale Giustizia del Pd, Andrea Orlando, affinché sia scongiurata la chiusura del carcere di Marsala e, piuttosto, si individuino percorsi che ne consentano il rilancio. Padova: una ludoteca in carcere, Telefono Azzurro restituisce la famiglia a 120 ragazzini di Elvira Scigliano Il Mattino di Padova, 14 novembre 2012 Entrano in una realtà difficile, lontana dai sogni di ogni bambino. Eppure lì, in carcere, ci può essere un genitore. E allora oltrepassare quelle gabbie, avvertendo dietro di sé l’agghiacciante rumore delle sbarre che si chiudono serrando il mondo dietro quattro mura, diventa una necessità. Alla casa di reclusione “Due Palazzi” e al carcere circondariale, gli sforzi di Telefono Azzurro, la sensibilità dei direttori Salvatore Pirruccio (Due Palazzi) e Antonella Reale (Circondariale) e la generosità di Ikea, hanno reso meno traumatico l’incontro per i 120 bambini, da 0 a 14 anni, figli di detenuti italiani e stranieri. In questi giorni infatti sono state ristrutturate le due ludoteche, una capace di ospitare fino a 4 famiglie contemporaneamente (quella di Due Palazzi) e l’altra almeno una famiglia, nelle carceri padovane. I piccoli, vittime collaterali degli errori degli adulti, sono accolti in luoghi lontani dalla detenzione, dove ci sono giochi e colori che rimandano alla vita normale: non ci sono guardie a “presidiare” gli incontri, ma solo la discreta presenza di un educatore o un volontario. È soprattutto ai volontari di Telefono Azzurro che si deve il primo ringraziamento: il progetto che fa dei bambini la priorità nasce 20 anni fa, con Padova seconda città dopo Milano a lavorare per realizzare spazi di colloquio anche per i figli dei detenuti. Oggi le ludoteche sono una straordinaria realtà che si fonda sull’impegno di quattro volontarie. Riescono ad organizzare cinque turni tutti i sabati per 80-120 bambini al mese. “Se fossimo di più potremmo fare di più: magari garantire anche un giorno alla settimana”. Concetta Fracasso, responsabile dei 30 volontari fa appello alla generosità dei padovani. “Ci vuole tanta passione”, aggiunge Ernesto Caffo, presidente e fondatore di Telefono Azzurro, “ma ne vale sempre la pena. I nostri sforzi, oltre che tutelare il più possibile il minore dalle violenze, hanno anche l’obiettivo di non permettere che passi un messaggio sbagliato, ovvero che pena e giustizia siano considerate con avversione fin dalla tenera età, come dolorosa penalizzazione subita dai propri genitori”. Sullo sfondo resta tuttavia la necessità di controllo: per quanto gli agenti si impegnino al sorriso e alla gentilezza, anche i piccoli “devono essere sottoposti a perquisizione corporale”, ammette una volontaria. “È una necessità che non piace a nessuno, ma è inevitabile”. Una lettera dai volontari di Telefono Azzurro (Ristretti Orizzonti) Martedì 13 novembre sono state ufficialmente inaugurate le ludoteche gestite da Telefono Azzurro all’interno della Casa di Reclusione e della Casa Circondariale di Padova alla presenza di numerose autorità, personalità e giornalisti invitati a presiedere all’evento e con nostro immenso piacere abbiamo constatato come sia stato accolto con interesse ed attenzione. La presentazione, avvenuta in concomitanza con un intervento di “restyling” ad opera della filiale Ikea di Padova che ha gratuitamente offerto l’intero arredo, è stata l’occasione per portare a conoscenza dell’opinione pubblica l’attività che l’associazione presta all’interno degli istituti fin dal 1998, quando vennero istituite delle ludoteche ad uso “sala colloqui” dedicate alle famiglie con bambini piccoli. È stato un evento significativo per tutti noi volontari. Da quando si è formato il gruppo di Padova, abbiamo cercato di prestare il nostro servizio con serietà e costanza, consapevoli e certi dell’importanza dell’attività che andavamo a svolgere sabato dopo sabato, ed in seguito anche nei giorni infrasettimanali, accogliendo i bambini e dedicandoci a loro, vedendoli crescere, affezionandoci a loro, interpretando i loro umori e cercando di alleggerire le loro difficoltà Fra le attività di volontariato che vengono svolte all’interno degli Istituti padovani, quella di Telefono Azzurro ricopre un ruolo particolare, essendo l’unica espressamente rivolta all’infanzia coinvolta nella realtà carceraria. Come ormai risaputo, la protezione del bambino è il tema sul quale l’associazione ha incentrato la sua attività, iniziata 25 anni fa come linea telefonica d’emergenza per minori in difficoltà e successivamente ampliata a tutti gli ambiti nei quali sia necessario un intervento per prevenire abusi o intervenire in difesa del bambino. Il rapporto fra il minore ed il genitore o un congiunto recluso rappresenta uno di questi ambiti sui quali intervenire, poiché l’interruzione forzata della relazione può causare al bambino degli squilibri in termini di fiducia in se stesso e nei propri familiari, e in termini di benessere relazionale e materiale. Abbiamo fatto in modo di essere sempre adeguatamente formati per affrontare le situazioni in questo ambiente non certo facile, e forse ci siamo riusciti. Non possiamo che essere grati a tutte le figure all’interno degli istituti di Padova che hanno supportato la nostra attività fin dall’inizio e che continuano a farlo ogni volta che siamo presenti, dai Direttori, agli Educatori, agli Agenti di Polizia Penitenziaria. Ci hanno aiutato a rendere consapevole o ad aggiungere consapevolezza anche nei padri detenuti su quanto importante sia interagire con il proprio figlio per riprendere un discorso lasciato interrotto, per capire la misura della sua crescita, per ricominciare a ridere e divertirsi con lui, anche se per poco, pochissimo tempo…. Durante le nostre presenze vediamo famiglie che restano unite attorno ad un tavolo per tutto il tempo a loro disposizione, mangiando e giocando insieme, e vediamo famiglie in cui il comunicare sembra quasi imbarazzante. Vediamo figli che cercano l’attenzione dei genitori e da questi vengono quasi ignorati, e quelli che invece dalle loro attenzioni sfuggono. Il nostro è certamente un punto di osservazione privilegiato, che ci permette di capire quanta strada ci sia ancora da fare per aiutare questi bambini. Siamo perfettamente consapevoli che il tempo che riusciamo a dedicare a questa attività è ancora poco rispetto a quanto sarebbe necessario perché queste relazioni potessero mantenersi, crescere o addirittura nascere. Noi comunque ci siamo, felici dell’affetto che i bambini ci restituiscono. Potremmo fare di più se fossimo più numerosi : per questo cerchiamo volontari, consapevoli e motivati: volontari.telefonoazzurropd(et)gmail.com Vi aspettiamo! Trento: Capo Dap Tamburino visita carcere, promette ridurre sovraffollamento Agi, 14 novembre 2012 Il Capo Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha visitato la casa circondariale di Trento, esprimendo apprezzamento per il recupero sociale dei detenuti. L'entità della popolazione detenuta nel nuovo carcere di Trento, l'attività svolta al fine del recupero sociale di tali persone, ma anche aspetti correlati alla manutenzione della struttura carceraria, sono stati oggi al centro dell'incontro tra il presidente della Regione Trentino Alto-Adige, Lorenzo Dellai, e il capo Dipartimento amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia, Giovanni Tamburino. I detenuti presenti nella casa circondariale, la cui capienza è prevista in 240 unità, risultato al momento 274 con una oscillazione in esubero del 14%, da considerarsi - è stato detto - "fisiologica" per la generale situazione di sovraffollamento degli istituti penitenziari e lontana dall'eccedenza media del 43% circa gli istituti carcerari in Italia. Il Ministero della Giustizia ha confermato l'intendimento di riportare rapidamente entro il limite di 240 unità il numero dei detenuti. A tale scopo sono state pianificate periodiche riunioni di monitoraggio della situazione da parte della segreteria tecnica. Potenza: detenuto con la scabbia, patologia in aumento nelle carceri italiane www.affaritaliani.it, 14 novembre 2012 È allarme nel carcere di Potenza per la scabbia. Un detenuto, risultato positivo, è stato subito curato ma altri tre detenuti risultano in cura preventiva. Il carcere di Potenza, denunciano i rappresentanti della Polizia Penitenziaria - è una struttura fatiscente che risale agli anni 50. L’episodio ha generato non poca tensione tra il personale addetto alla sorveglianza e gli altri detenuti. La scabbia è una malattia infettiva altamente contagiosa che colpisce il tessuto cutaneo. La scabbia è nota fin dai tempi più antichi; fino a trenta-quaranta anni fa, la scabbia era una patologia abbastanza rara, ma attualmente sembra aver aumentato la propria frequenza. La scarsa igiene rimane un fattore che favorisce la diffusione della patologia. La malattia è provocata da un acaro, non visibile a occhio nudo, denominato Sarcoptes scabiei. La trasmissione della scabbia avviene in genere in ambito familiare; tra le persone adulte il contagio è causato da contatti intimi, prolungati, come può avvenire nei rapporti sessuali, o tra individui che vivono a stretto contatto come nelle scuole, nelle caserme, nei dormitori, nelle carceri. È presente in tutto il mondo e ancora abbastanza frequente anche nel nostro Paese, dove si denunciano circa 5000 casi/anno, ma si stima sia in notevole diffusione, anche per via dell’immigrazione di clandestini e delle condizioni economiche più disagiate di questa fascia di popolazione. Firenze: lunedì una gara podistica a Sollicciano, protagonisti i detenuti dell’istituto Adnkronos, 14 novembre 2012 Una gara podistica all’interno del carcere di Sollicciano, che vedrà protagonisti i detenuti, lunedì prossimo 19 novembre. La presentazione dell’iniziativa, ideata dall’Associazione Sportiva Dilettantistica G.S. Le Torri insieme al Quartiere 4 del Comune di Firenze e alla Casa Circondariale con il sostegno della Regione, è in programma domani, giovedì 15 novembre, alle ore 13, presso la sala stampa Cutuli a Palazzo Strozzi Sacrati a Firenze. Intervengono l’assessore regionale al welfare e allo sport Salvatore Allocca, il vice sindaco e assessore allo sport del Comune di Firenze Dario Nardella, il direttore del carcere di Sollicciano Oreste Cacurri, il presidente della Commissione Sport del Quartiere 4 Donatella Villani e il presidente dell’Associazione Sportiva G.S. Le Torri Sanzio Moretti. Caltagirone (Ct): da Crivop Onlus e Missione Paradiso un’iniziativa per i detenuti Ristretti Orizzonti, 14 novembre 2012 Lunedì 19 novembre alle 10 i volontari della Crivop insieme a Missione Paradiso, con Nicola Legrottaglie e Ciro Capuano incontrano nella Casa circondariale di Caltagirone 170 detenuti della sezione “Comuni”. L’incontro inizia con la proiezione del film Il Circo della Farfalla, scritto e diretto da Joshua e Rebekah Weigel, interpretato da Nick Vujicic, il missionario evangelico che vive ed opera senza arti, e prosegue con gli interventi dei giocatori del Catania Calcio per proporre un messaggio di speranza a tutti i ristretti “condividendo - spiega Michele Recupero, presidente Crivop - attraverso la testimonianza personale quello che Dio ha fatto nelle loro vite e che può compiere nella vita di tutti coloro che lo cercano con sincerità”. Al termine dell’incontro è previsto un confronto-colloquio con i detenuti e subito dopo, come di consueto, la Crivop offrirà un rinfresco a tutti i partecipanti. Crivop (Cristiani italiani volontari penitenziari) si è costituita a Messina nel 2008 ad opera del suo attuale presidente, Michele Recupero, dopo un percorso formativo iniziato nel 2006. Dal 2011 Crivop ha una sede regionale anche a Napoli. Missione Paradiso è un gruppo d’ispirazione evangelica nato da un’idea di Nicola Legrottaglie (www.missioneparadiso.eu). Si riunisce a ingresso libero ogni lunedì alle 20 nel Centro fieristico Le Ciminiere di Catania (Sala C1). Per informazioni: tel. 366 5086513, fax 090/8967467. Volterra (Si): la mia galera è un vero teatro di Alessandro Agostinelli L'Espresso, 14 novembre 2012 Abbiamo passato due giorni nel carcere di Volterra per vedere recitare Aniello Arena, l'attore detenuto rivelazione di "Reality". Che spiega: sono libero anche dietro le sbarre. Arena nella saletta prove del carcere Arena nella saletta prove del carcereAniello Arena è in fondo alla salita che porta al carcere, nella Fortezza di Volterra. E' in semilibertà e tutte le mattine, da lunedì a venerdì, lavora negli uffici della compagnia di Armando Punzo che da 25 anni fa teatro in prigione. La sede è proprio davanti all'ingresso della prigione, a un centinaio di metri dalle prime sbarre. E' ora di andare, perché il protagonista del film "Reality", diventato subito un'acclamata star internazionale, deve rientrare per il fine settimana. Alla domanda quanti Aniello ci siano in giro, per fare tutte quelle interviste che ha rilasciato risponde con estrema precisione: "Da luglio ne ho fatte 250". Sorride a aggiunge: "A un certo punto non sapevo più cosa dire perché le domande erano tutte sull'esperienza nel film di Garrone. Mi sembrava di essere come Totò nella gag dove si sdoppia e c'è lui che accusa quell'altro, il principe De Curtis, di sfruttamento: campa sulle mie spalle di attore". Arena è una specie di Dr. Jekyll e Mr. Hyde in salsa partenopea. Ma questa non è la 251esima intervista, è invece la cronaca di due giorni dietro le sbarre, accanto all'attore. Dopo i primi cancelli, dunque, e il metal detector una guardia ci fa passare da due porte automatiche e ci accompagna nel teatro, una specie di stanza stretta e lunga, dove ogni giorno gli attori-detenuti lavorano con il regista Punzo, un napoletano che da giovane approdò qui per fare un seminario ed è rimasto a Volterra, facendo della galera la sua seconda casa. E' venerdì pomeriggio. Punzo con alcuni attori sta guardando i video dove loro leggono poesie di Pasolini, Sereni, Rosselli. Si riguardano per controllare se hanno recitato bene, e discutono insieme facendosi le bucce l'un l'altro. Appena entra Aniello si voltano tutti a salutare e Gianluca Matera (un detenuto attore) comincia a preparare il caffè. Qui il caffè, insieme alle sigarette, è una specie di rito collettivo che unisce tutti. Gianluca lo prepara con la moka grande e monta la schiuma con lo zucchero. I mozziconi di sigaretta sono in terra, specie accanto alle porte di ferro che separano con le sbarre le zone di questa sezione. "Sono arrivato al carcere di Volterra nel 1999. Prima ero a Viterbo, ma sono stato anche a Bologna e a Campobasso. Qui nella Fortezza ho fatto pure l'isolamento diurno per questioni che non voglio dire (Arena sconta l'ergastolo per vicende legate alla camorra, ndr.). Proprio nel periodo dell'isolamento ho smesso di fumare. Era il 15 dicembre 1999". Sembra impossibile che un fumatore possa dare un taglio alle sigarette qua dentro, dove si può fumare ovunque, nelle celle, nei corridoi, in palestra. E dove una sigaretta è spesso l'unico momento per scaricare la tensione di un tempo che potrebbe non passare mai. "E' stata solo forza di volontà", spiega lui. Aniello si ricorda le date. Quando si parla degli spettacoli della Compagnia, gli altri detenuti chiedono a lui l'anno preciso o il mese in cui hanno fatto una recita fuori. E lui gliela dice, sicuro. Ha memoria e si ricorda i dettagli: per un attore è importante. Intanto si prosegue a vedere la serie delle letture di poesie sul monitor del computer e Massimo Terracciano, che ha recitato un testo di Pasolini, è euforico: si vuole rivedere ancora perché anche lui scrive poesie. "Per me vedermi sullo schermo è strano", gli dice Aniello e comincia a raccontare cosa ha fatto l'ultima volta a Roma: "Ero in permesso Uepe, cioè per visitare i parenti. In autobus e in metro mi guardavano. Giravano la faccia e strizzavano gli occhi. Mi riconoscevano. Sono uscito dal bagno di un bar e un ragazzo mi ha fatto: "?€˜Mazza oh, Aniè, ma tu sei veramente Luciano del film? Oddio, che robba. Ma te posso toccà. A Lucianooo"... Mi saltellava davanti e io gli dicevo: sì, ma stai calmo. Sono stato malissimo". In questa compagnia di attori-detenuti nessuno dice a un altro che sta sbagliando. Semplicemente si raccontano storie. Sono come apologhi di private esperienze. E chi vuole capire capisce. Aniello tra queste quattro mura è autorevole, non perché ha fatto un film che è andato al festival di Cannes, ma perché da più di dieci anni dedica tutta la sua esistenza a questo teatro in carcere che è una missione, una specie di chiamata civile che Punzo ha reso possibile. I detenuti con la formazione attoriale e la condivisione della cultura, nutrono giorno dopo giorno una speranza, quella di capire che dietro un'azione, un gesto, non finisce la storia di un uomo. Un attore dell'accademia lo deve studiare; loro lo sanno da sempre, forse da quando hanno commesso un crimine. Intanto là fuori c'è interesse per gli attori-detenuti della Fortezza. Qua dentro vengono in tanti a fare casting. Ultimamente sono arrivati quelli di Cattleya. Ai produttori di cinema o alle agenzie interessa vedere questi attori per cercare nuovi volti per il grande schermo. Aniello dice che qui ce ne sono tanti di interpreti bravi come lui: "Se a qualcuno serve un personaggio emiliano venga a prendere Massimiliano Mazzoni: è fantastico. Oppure un altro napoletano come me, Giovanni Lancella". Ormai è sera e Punzo tira fuori una busta di crackers. Qualcuno è uscito di nuovo a fumare, altri sono rientrati in cella per preparare la cena. E' tempo di cambiare scena: dal teatro alla branda. Bologna: spettacolo alla Dozza, centocinquanta paganti per il coro dei detenuti di Lorenza Pleuteri La Repubblica, 14 novembre 2012 La mamma di Marilena, quando Shalom parte e arriva dritta al cuore, si commuove. Gli occhi si riempiono di lacrime trattenute. “Lei fuori suonava la chitarra, era negli scout. Che fosse così brava, che questa corale desse emozioni forti, però non me lo aspettavo. So che vuole continuare, appena uscirà dal carcere. La sosterrò in pieno”. Il marito di Melania cerca di fare il duro, l’uomo che non piange. Ma anche lui ha scritta in faccia la commozione. E così la moglie di Giovanni, con un solo rammarico. Non aver potuto portare dentro la figlia di due anni. Il coro polifonico e multietnico creato dall’orchestra Mozart all’interno della Dozza, il Papageno, ieri pomeriggio ha debuttato davanti a un pubblico vero, la Bologna che ha pagato il biglietto per poter assistere allo spettacolo programmato nell’istituto, la prima esibizione riservata agli “esterni”. Le detenute e i detenuti che da un anno studiano musica e provano brani classici, ballate popolari, melodie straniere - diretti da Michele Napolitano, uno che è riduttivo chiamare “maestro” - hanno regalato un’ora di emozioni ai 150 spettatori radunati nella chiesa nuova, trasformata in palco e platea. A fianco dei familiari di alcuni coristi sono seduti cittadini, volontari, gente che canta in altri cori, magistrati di sorveglianza, un paio di assessori, rappresentanti della Mozart e delle istituzioni. “Questo toccante e coinvolgente concerto - ricorda Desi Bruno, garante regionale dei diritti delle persone private della libertà - arriva pochi giorni dopo un tragedia. Mercoledì un detenuto si è suicidato. C’è la morte, in carcere. E c’è la vita. Il coro è un inno alla vita e alla speranza”. Qualche nota sbagliata si sente, poco importa. I piccoli errori scivolano via, attutiti dagli applausi e dalle richieste di bis. Nulla tolgono al valore e all’impatto dell’esibizione e del progetto complessivo. “Un miracolo”, sottolinea il maestro Napolitano. Una “scommessa vinta” sulla quale ha puntato parecchio la direttrice Ione Toccafondi, prossima alla pensione. “I ragazzi e le ragazze del coro - rimarca la responsabile dell’istituto, ringraziando ospiti e personale - ce l’hanno messa tutta, in una esperienza che è straordinaria”. Regno Unito: i detenuti stranieri non avranno più l’assistenza legale gratuita di Angela Forese www.immigrazioneoggi.it, 14 novembre 2012 Il numero di detenuti stranieri nel Regno Unito è in aumento. A partire da aprile 2013, non potranno più usufruire della consulenza legale gratuita. “Super-selettività” è il tipo di parola amata dai politici e dagli amanti della politica. Nessuno l’aveva mai sentita dire finché un paio di settimane fa Rob Whiteman, capo esecutivo della Uk Border Agency (Ukba), l’ha utilizzata per descrivere la politica di immigrazione del Governo durante la conferenza per il ventesimo anniversario del Detention Advice Service (Das). Whiteman ha sottolineato che, all’interno di questa nuova etichetta politica, i detenuti stranieri sono considerati come una categoria specifica di persone che dovrebbero effettivamente essere espulse. Con queste parole Whiteman faceva riferimento al discorso, tenuto ad inizio anno dal ministro dell’Immigrazione Damian Green, rivolto al Centro di ricerca del Conservative Policy Exchange, nel quale il ministro parlò di “super-selettività”. Per quanto riguarda i 10.861 detenuti stranieri nelle carceri britannici, “super-selettività” significa una cosa sola: “non devono restare qui”. Queste pratiche legali devono essere cambiate; Juliet Lyon, direttore dell’Associazione per la riforma carceraria, in occasione della conferenza afferma che questi provvedimenti trattano una classe di persone come “una massa omogenea” e non come degli individui. Un’altra cosa che deve essere cambiata è l’abuso abituale della Convenzione europea per i diritti umani da parte dei detenuti stranieri. “È vergognoso che assassini di bambini e stupratori possano abusare della legge sui diritti umani per sfuggire all’espulsione dal Paese” afferma Charlie Elphicke, il deputato conservatore di Dover & Deal. “E che dire del diritto alla vita familiare di quelle famiglie che sono state distrutte?”. Secondo l’Associazione per la riforma carceraria, i detenuti stranieri vengono da 156 Paesi diversi, più della metà da Jamaica, Polonia, Irlanda, Nigeria, Pakistan, Romania, Lituania, India, Vietnam e Somalia. Non tutti sono assassini, stupratori o violenti: il 46% delle donne straniere è in carcere per reati di droga (in confronto al 21% dei carcerati britannici) ed il 16% per frode o reati falsari. Secondo quanto riportato dal progetto Hibiscus, che si occupa del benessere nel carcere femminile, metà delle detenute hanno figli con età inferiore ai 18 anni. Il numero totale dei detenuti stranieri nelle carceri britanniche è quasi raddoppiato tra il 2000 ed il 2010. Nel 2009, alcuni degli 11.268 imputati sono stati presi in custodia (un aumento vertiginoso del 136% dal 1999). La politica per l’immigrazione è stata rafforzata nel mese di luglio precisamente per prevenire l’abuso dell’articolo 8 dei diritti umani: con il nuovo provvedimento verrà applicato “solo in circostanze eccezionali e dove l’interesse pubblico sia controbilanciato”. Il direttore del DAS Nigel Caleb ha commentato: “Non è giusto sottoporre qualcuno all’espulsione senza nemmeno dargli i mezzi per capire la situazione e senza far valere i propri diritti previsti dalla legge”. La crisi del 2006 ha portato direttamente all’introduzione del UK Borders Act del 2007 che prevedeva una nuova politica di espulsione immediata per i non residenti nell’Area economica europea che ricevevano una pena detentiva di 12 mesi o più. Quindi, a determinare l’espulsione o meno, è la durata della detenzione e non i crimini commessi. Brasile: Ministro Giustizia “le nostre carceri sono disumane, meglio morire che entrarci” Ansa, 14 novembre 2012 In Brasile desta molte polemiche la dichiarazione del ministro della giustizia José Eduardo Cardozo durante un incontro, avvenuto nella giornata di ieri, con alcuni uomini d’affari: “Se fossi condannato dalla giustizia a trascorrere del tempo in carcere, piuttosto che soggiornare in alcune delle nostre galere, preferirei senza dubbio morire”, questa la sua frase incriminata, rispondendo ad una domanda riguardante la pena di morte. Il ministro ha poi aggiunto di aver voluto dare una risposta per far prendere coscienza al Paese della situazione molto grave delle carceri brasiliane. “Le nostre prigioni sono in pessime condizioni - ha quindi aggiunto il ministro - e piuttosto che passare degli anni in alcune di esse, sarebbe meglio perdere la vita”. La dichiarazione suona a metà come un brutale atto di onestà nei confronti della reale situazione brasiliana e una gaffe colossale, che sta innescando polemiche feroci in terra sudamericana. Cardozo, che è stato incaricato dalla presidente Rousseff a ricoprire il ruolo di ministro della giustizia il 3 dicembre di due anni or sono, è considerato dall’opinione pubblica uno dei ministri più autorevoli del paese ed ha sempre riscosso grande popolarità nelle mansioni da lui ricoperte. All’inizio della propria carriera politica, nel 2000, fu agli altari della cronaca per l’accusa di impeachment nei confronti del politico Celso Pitta, dopodiché venne eletto dapprima consigliere per la città di San Paolo con il maggior numero di voti della storia della città e subito dopo sindaco della città paulista. Emirati Arabi: carcere a chi deride governanti o convoca proteste di Elisa Cassinelli www.italnews.info, 14 novembre 2012 Nuova stretta sulla libertà di espressione negli Emirati Arabi Uniti. Un nuovo decreto del presidente Sheikh Khalifa bin Zayed al-Nahayan ha emendato la legge sui reati via Internet punendo con il carcere chi deride i governanti e le istituzioni pubbliche, pubblica loro caricature o convoca manifestazioni non autorizzate. Secondo quanto riferisce l’agenzia ufficiale Wam, le nuove regole si rivolgono in particolare a chi “crea o gestisce un sito Web o usa uno strumento tecnologico informatico per deridere o danneggiare la reputazione dello stato o di una qualsiasi delle sue istituzioni”. Tra le “istituzioni” sono esplicitamente inclusi il presidente, il vice presidente, i leader dei sette emirati federati e i loro vice e i principi della corona, ma anche la bandiera nazionale, l’inno e ogni altro simbolo dello stato. In questo caso si rischiano tre anni di carcere. La prigione è prevista anche per chi incita alla disobbedienza delle leggi dello stato, per chi invita a cambiamenti di regime o della costituzione così come per chi organizza dimostrazioni, sit-in, proteste senza i dovuti permessi delle autorità. Nel contesto delle cosiddette “Primavere arabe”, gli Emirati Arabi Uniti sembrano essere sfuggiti ai venti di protesta che hanno scosso il mondo arabo. In realtà una minoranza rumorosa si è attivata per chiedere un cambiamento ma la risposta è sempre stata un crescente giro di vite sul dissenso. Le autorità hanno sciolto i consigli di amministrazione di varie organizzazioni non governative, come l’Associazione Giuristi , un gruppo attivo nella difesa dei diritti umani, e hanno sostituito i vertici con nomine di governo. L’Associazione dei docenti ha ricevuto un trattamento simile. Organizzazioni per i diritti umani hanno descritto la mossa come una “scalata ostile della società civile”. Lo scorso mese il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sulla situazione dei diritti umani negli Emirati Arabi Uniti nella quale si denuncia come nel 2012 il governo degli Emirati arabi uniti abbiano intensificato la repressione contro i difensori dei diritti umani e gli attivisti della società civile, portando il numero di detenuti politici a 64. La maggior parte sono mantenuti in isolamento, sottoposti a torture senza assistenza legale. Tra i detenuti si annoverano il vicepresidente dell’Associazione degli studenti degli Emirati arabi uniti, Mansoor al-Ahmadi, un giudice in carica, Mohamed al-Abdouly, due ex giudici, Khamis al-Zyoudiand e Ahmed al-Zàabi e due importanti avvocati che si occupano di diritti umani, Mohamed al-Mansoori - ex presidente dell’Associazione dei giuristi - e Mohamed al-Roken. I difensori dei diritti umani e gli attivisti pro-democrazia sono stati sottoposti a vessazioni, divieto di viaggio, restrizioni in materia di libertà di espressione e libertà di riunione, detenzione arbitraria, revoca della cittadinanza, deportazione e incarcerazione illegale. Le autorità degli Emirati arabi uniti hanno insistito sul fatto che la loro repressione è una risposta a un complotto islamista di matrice straniera che mira a rovesciare il governo; che tutti i detenuti hanno legami con il gruppo al-Islah, gruppo pacifico islamista che opera negli Emirati arabi uniti dal 1974. In realtà la sicurezza nazionale è addotta a pretesto per reprimere l’attivismo pacifico allo scopo di soffocare le richieste di riforma costituzionale e di riforme in materia di diritti umani. Pakistan: bambina blasfema; tribunale deciderà su richiesta di archiviazione del caso Ansa, 14 novembre 2012 Un tribunale pachistano di Islamabad si è riservato il giudizio su una richiesta di archiviazione del caso di Rimsha Masih, la ragazzina cristiana accusata ingiustamente di blasfemia. Lo riporta oggi Express News. Lo scorso 22 settembre la polizia aveva dichiarato che non c’erano prove a carico della quattordicenne arrestata lo scorso agosto dopo che un vicino di casa l’aveva sorpresa a bruciare delle pagine del Corano. Era emerso in un secondo tempo che era stato l’imam della moschea a fabbricare le prove mettendo dei fogli sacri bruciacchiati nella borsa di Rimsha. Il religioso è stato poi arrestato. La vicenda di Rimsha, liberata dietro cauzione lo scorso otto settembre, aveva sollevato un grande scalpore sui media e anche il rancore dei fondamentalisti. Da allora l’adolescente, che soffre di un ritardo mentale, e la sua famiglia si trovano in una località segreta per paura di ritorsioni dei radicali islamici. Birmania: attesa per la visita di Obama, il Governo lo accoglie con una nuova amnistia Agi, 14 novembre 2012 Il governo birmano ha deciso di anticipare la storica visita del presidente Usa, Barack Obama, prevista lunedì 19, con una mega-amnistia. Lo ha annunciato il portavoce dell’ufficio presidenziale Zaw Htay, spiegando che, per l’occasione, verranno liberati 450 prigionieri. “L’annuncio ufficiale - ha detto il portavoce - uscirà domani sul giornale ufficiale del governo”. Non è stato però specificato se tra i detenuti liberati ci saranno anche quelli incarcerati per questioni politiche. Quella del governo birmano è una nuova ondata di liberazioni dall’avvio del programma di riforme: la più consistente si è registrata a settembre con il rilascio di circa 500 persone. La visita di Obama nel paese rappresenta un’apertura di credito degli Usa per il programma di riforme del governo di Thein Sein. Tra gli Usa e la Birmania è in corso un disgelo iniziato con le riforme. L’elezione di Aung San Suu Kyi in Parlamento ha contribuito ad aumentare il clima di fiducia.