Giustizia: Radicali; marcia per amnistia spostata al 25 aprile, domani conferenza stampa Agi, 28 marzo 2012 L'iniziativa è promossa dal Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito e da tutte le Associazioni della galassia Radicale tra cui: IL Detenuto Ignoto, Radicali Italiani e L'Associazione LucaCoscioni per la libertà di ricerca scientifica ma numerose sono le altre associazioni che hanno aderito all'appello come l'Associazione Antigone e Articolo 21. La Seconda Marcia per l'amnistia, la giustizia e la libertà è stata organizzata per chiedere al Parlamento un impegno concreto e adeguato ad affrontare le drammatiche condizioni in cui versano la giustizia e le carceri in Italia e proprio lo stato della giustizia che hanno sancito ripetutamente condanne nei confronti del nostro paese da parte delle Corti e Giustizia europea e internazionale per violazione dei diritti umani fondamentali. All'iniziativa sarà presente anche una delegazione dei Radicali Caserta, composta da Luca Bove, Olga Corse, Elio De Rosa, Gianroberto Zampella e Domenico Letizia." Nelle prossime ore daremo il nostro massimo impegno nel ottenere il più alto numero di adesioni nella Città di Caserta e nella sua provincia. Inoltreremo un formale invito di partecipazione presso il comune di Caserta, l'Ente Provinciale di Corso Trieste e presso la Diocesi di Caserta" a dichiararlo è Luca Bove, Presidente dell'Associazione LucaCoscioni Cellula di Caserta, che continua, " Alla manifestazione già hanno aderito parlamentari campani come Mario Landolfi ,Luigi Compagna del PDL e il Deputato Alfonso Papa e contiamo sulla partecipazione di tanti altri parlamentari, Consiglieri Regionali e Aministratori degli enti locali della provincia di Caserta. Il nostro appello è rivolto anche a esponenti della Curia e e di Rappresentanti di altri culti attivi nella nostra provincia." Bove conclude " Ovviamente il nostro appello è rivolto anche, anzi soprattutto agli "addetti ai lavori" come direttori di Penitenziari, Avvocati ed educatori". Interviene in merito anche Elio De Rosa, Tesoriere dell'Associazione "Legalità & Trasparenza" - Radicali Caserta, "Lo stato della Giustizia nel nostro paese, non fa altro che confermare che in Italia viviamo in una piena crisi della legalità e della democrazia e la situazione delle carcere non è altro che un'appendice del problema giustizia e la provincia di Caserta non è estranea a questa vera e propria emergenza; infatti sul nostro territorio sono dislocate diversi istituti Penitenziari e numerose sono state le nostre visite per verificare il loro stato; la più recente è quella effettuata insieme al Deputato Alfonso Papa e al Compagno Luigi Mazzotta, Segretario dell'Associazione Radicale "Per la Grande Napoli" presso il Carcere di Santa Maria Capua Vetere, dove abbiamo trovato una situazione davvero grave, infatti c'è un forte sovraffollamento con ben 952 detenuti con una capienza di 512 unità e molti detenuti sono tossici dipendenti" De Rosa continua "a peggiorare la situazione abbiamo registrato anche problemi con la disponibilità di acqua e inoltre l'intera struttura nasce nei limitrofi di molte discariche abusive". Touadì (Pd): aderisco a marcia per amnistia “Io parto da una affermazione che mi ha sempre colpito di Marco Pannella, quando dice che bisogna prima di tutto interrompere la flagranza di reato dello Stato contro le sue stesse leggi”. Lo ha detto il deputato del Pd Jean Leonard Touadi, intervistato da Radio Radicale sulla marcia del 25 aprile per l’amnistia, la giustizia e la libertà. “C’è una successione di tradimenti dello Stato nei confronti della sua stessa Costituzione, che proibisce trattamenti disumani e degradanti e proibisce la pena come una sorta di tortura di Stato. Dunque La stessa legge italiana non rispetta le sue norme. Tutto questo fa sì che l’illegalità sia patente e sostanziale, una violazione dei diritti delle persone. Il carcere non restituisce persone riconciliate con la società, ma peggiori di quando sono entrate. Per questo aderisco con convinzione a questa marcia e a questa mobilitazione, una mobilitazione per la legalità, perché questa violazione flagrante possa essere interrotta”, ha concluso Touadì. Bernaudo (Pdl): aderirò a marcia per giustizia promossa dai Radicali “Tutte le forze politiche italiane, a parole, sono unanimemente d’accordo sulla necessità di risolvere l’incivile e illegale problema del sovraffollamento delle carceri, di trovare una soluzione all’irragionevole durata dei processi; in una parola a ripristinare, con una complessiva riforma della giustizia, lo stato di diritto. I radicali propongono nei fatti, come soluzione, l’amnistia, anche per rispondere alle innumerevoli sanzioni provenienti dall’Europa. Per parte mia e, a titolo strettamente personale, ritengo che una soluzione concreta e immediata vada trovata e che iniziative come questa vadano sostenute per mantenere alta l’attenzione sul problema giustizia in Italia. Con questo spirito mi sento di aderire all’iniziativa promossa dai radicali e parteciperò alla seconda marcia per l’amnistia, la giustizia e la libertà”. Così in una nota il consigliere regionale del Pdl Andrea Bernaudo, vicepresidente della commissione Bilancio della Regione Lazio. Giustizia: Rai Raio 1 toglie dal palinsesto programma sul carcere, scoppia la polemica Dire, 28 marzo 2012 Dallo scorso maggio il Dap, Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria, ha autorizzato e approvato il format radiofonico di Massimo Giletti e Klaus Davi basato sul confronto tra politici e detenuti, da realizzarsi all’interno dei più importanti carceri italiani. Il programma doveva essere realizzato per Rai Radio 1 ma, a quasi un anno dall’ideazione e dall’approvazione, gli autori ne denunciano l’impossibilità della messa in onda. A quanto pare, nel palinsesto Rai non c’è spazio. Paola Binetti, dell’Udc, afferma: “La vita in carcere è caratterizzata da un clima di disagio e di sofferenza che va oltre le ragioni stesse che hanno condotto in carcere una persona. C’è una sofferenza aggiuntiva che nasce dall’affollamento, dalla mancanza di condizioni materiali adeguate, dalla scarsezza di iniziative concrete volte a migliorare il clima dei rapporti interni, anche attraverso lo studio e il lavoro, ecc... Il Parlamento ha recentemente approvato e finanziato una norma che dovrebbe facilitare la vita lavorativa nelle carceri. Lorenza Lei pochi giorni fa ha dichiarato che l’impegno attivo dell’Azienda sul tema delle carceri è un obiettivo prioritario. Eppure oggi è stato posto l’ennesimo stop al programma radiofonico nelle carceri”. La deputata centrista ricorda che “sono passati 11 mesi da quando è stato approvato, ma finora nel palinsesto Rai non c’è stato spazio per il programma. Programma quasi a costo zero visto che conduttori e staff hanno deciso di realizzare il progetto e lavorare con un compenso puramente simbolico. Perché credono nella sua funzione informativa e sociale. Speriamo arrivino presto risposte”. Giletti: chiederò un incontro a Lorenza Lei “Sullo stop del mio programma sulle carceri chiederò un incontro a Lorenza Lei, che solo pochi giorni fa ha ribadito come la Rai ritenga prioritario un impegno attivo dell’Azienda sul tema delle carceri”. Lo ha dichiarato Massimo Giletti in merito allo stop del suo programma radiofonico sulle carceri. Il progetto, pur avendo avuto il via libera dal Dap, non ha ancora trovato spazio nel palinsesto di Radio Uno a distanza di ben undici mesi dalla presentazione e dopo aver incassato il favore di Antonio Preziosi. “Ringrazio Bruno Soccillo - ha continuato Giletti - per la importante precisazione e il chiarimento su come si è evoluta la vicenda. Non può che farmi piacere una sua valutazione positiva del progetto, pur con i dovuti accorgimenti. Alla luce dei suggerimenti di Bruno Soccillo, chiederò un incontro a Lorenza Lei che, sono convinto, sarà disponibile a valutare con estrema attenzione una proposta editoriale con la quale, a mio modesto avviso, si potrebbe contribuire a qualificare il servizio pubblico della Rai. Quanto alle sacrosante raccomandazioni di Bruno Soccillo in merito al budget, sia io che il gruppo di lavoro da me coinvolto (tra cui Klaus Davi) abbiamo comunicato già da tempo ad Antonio Preziosi di essere disponibili a lavorare accettando compensi puramente simbolici. Questo perché crediamo nella funzione informativa e sociale del progetto”. Giustizia: Cassazione; mancano strutture, custodia attenuata detenute madri solo da 2014 Tm News, 28 marzo 2012 La nuova legge sulle detenute-madri dispiegherà i suoi effetti soltanto dal primo gennaio 2014, quando l`emergenza carceraria sarà rientrata: nel frattempo la misura intramuraria imposta alla sospetta pusher di droga, che è mamma di un bimbo piccolo, non può essere convertita con una più leggera soltanto grazie alla novella perché gli istituti a custodia attenuata, in breve Icam, di cui parla la legge 62/2011 non sono stati ancora regolamentati, ma risultano avviati soltanto in forma sperimentale. È quanto emerge dalla sentenza 11714/12, pubblicata il 28 marzo dalla seconda sezione penale della Cassazione e riportata dal sito Cassazione.net. Insomma: non è la gravità del reato contestato alla donna di camorra, su cui si fonda la custodia cautelare dopo la condanna in appello a quattordici anni, a escludere la praticabilità di un`alternativa al carcere; ciò che pesa invece è il riferimento nella novella alla “legislazione vigente”, dal momento che la funzione degli Icam non è regolamentata da alcuna fonte di rango normativo. La conferma della restrizione in carcere, tuttavia, va in ogni caso bocciata perché il giudice del merito non tiene conto di circostanze fondamentali: bisogna invece verificare le condizioni di salute della donna e del figlio e l`eventuale buona condotta serbata dalla reclusa. La nuova legge ha fissato a sei anni il limite di età sotto il quale le detenute-madri potranno uscire dal carcere per badare ai figli. Il fatto è che attualmente esiste soltanto un solo Icam in Italia, avviato a Milano in via del tutto sperimentale. Gli istituti a custodia attenuata di cui parla la novella, insomma, non sono stati ancora disciplinati da un provvedimento ad hoc come chiede la normativa di cui alla legge 62/2011. Va sottolineato, peraltro, che la circostanza secondo cui alla detenuta-madre è contestato un reato associativo di traffico di stupefacenti attratto nell`orbita dei delitti mafiosi non impedisce, almeno astrattamente, che possa essere concessa una misura alternativa al carcere alla mamma-pusher. La presunzione di cui all`articolo 275, comma 4, Cpp, che esclude l`applicabilità della custodia cautelare nei confronti di determinate persone che versino in particolari condizioni (come le recluse mamme di bimbi di tenera età), salvo che ricorrano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, prevale su quella di cui al comma 3 dello stesso articolo per il quale la custodia cautelare è invece imposta se sussistono esigenze di cautela ove si proceda per determinati reati, come ad esempio nei confronti della donna di camorra. E infatti il provvedimento che conferma il carcere è viziato nella motivazione perché non si sofferma adeguatamente sul permanere delle esigenza di custodia cautelare. La parola torna al Tribunale di Napoli. Giustizia: da elementari a università, sono 18mila detenuti-studenti, 6 i laureati nel 2011 Adnkronos, 28 marzo 2012 Diciottomila detenuti-studenti nell’anno scolastico 2010-2011. Tra questi quasi 3mila hanno frequentato corsi di alfabetizzazione, di solito riservati agli stranieri, 3.800 la scuola elementare, 5mila le scuole medie e oltre 4mila il liceo. Più esiguo il numero degli iscritti ai corsi universitari (370 nel 2011), 51 dei quali di origine straniera È la fotografia, fornita dal Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria, della popolazione carceraria che sceglie di seguire corsi scolastici e universitari: una strada complessa ma fondamentale nel percorso di riabilitazione e reinserimento dei detenuti, su cui il sistema penitenziario lavora da tempo con risultati in alcuni casi straordinari, come nel caso delle carceri del Lazio, dove il numero degli iscritti all’università ha avuto in sei anni una crescita record di oltre il 500%. In base ai dati raccolti dai Provveditorati regionali e riportati sull’ultimo numero del periodico “Le due città”, sono stati 16 i detenuti che si sono laureati nel 2011: 4 in Toscana, 3 in Lombardia, 2 nel Lazio e in Piemonte e Valle d’Aosta, uno in Basilicata, Emilia Romagna, Sicilia, Umbria e Veneto. Numeri che salgono di molto se si considera il livello di istruzione primaria, la scuola elementare: una classifica trasversale, che vede in testa la Sicilia, con 616 iscritti, seguita dalla Toscana con 606, il Lazio con 407, la Campania con 354, la Lombardia con 270, la Calabria con 219. Due articoli dell’ordinamento penitenziario (legge 354/1975) riconoscono e il valore dell’istruzione in carcere e regolano le modalità con cui di deve svolgere. L’articolo 15 stabilisce che l’istruzione è un valore fondamentale come elemento di risocializzazione e l’articolo 19 prevede l’organizzazione all’interno degli istituti di corsi d’istruzione scolastica di ogni ordine e grado, quindi dalle elementari fino all’università. Diversa la modalità di organizzazione dei corsi di studio. Per la scuola dell’obbligo, sono di competenza degli uffici periferici della Pubblica istruzione, sulla base di accordi tra il Miur e il ministero della Giustizia. I dirigenti scolastici regionali decidono il numero dei corsi e dove organizzarli, d’accordo con l’Amministrazione penitenziaria, che raccoglie le richieste che arrivano dai vari istituti. Per l’istruzione secondaria superiore è invece prevista l’apertura di vere e proprie succursali delle scuole scuole superiori all’interno degli istituti. Per gli studenti più bravi, è previsto, se sono in condizioni economiche disagiate, il rimborso delle tasse, dei contributi scolastici e dei libri di testo oppure, indipendentemente dalle loro possibilità, un premio di rendimento. A chi si iscrive all’università sono poi assicurate anche condizioni logistiche particolari: per potersi concentrare sugli studi, è possibile che siano assegnati in camere e reparti adeguati e che abbiano a disposizione appositi locali comuni. Può anche essere loro consentito di tenere nella propria camera e negli altri locali libri, pubblicazioni e tutti gli strumenti didattici necessari. E in alcuni casi sono stati istituiti poli universitari aperti ai detenuti attraverso convenzioni sottoscritte dall’Amministrazione penitenziaria con vari atenei. Giustizia: 150 docenti delle scuole in carcere a convegno… no all’inserimento nei Cpia Dire, 28 marzo 2012 150 docenti e dirigenti scolastici delle scuole in carcere di tutta Italia, per la prima volta nel nostro Paese, hanno partecipato a Roma ad un Convegno sull’istruzione in carcere, organizzato dal Cesp- Centro studi Scuola Pubblica, dal titolo “La scuola in carcere. I nuovi Cpia e le trasformazioni in atto. Il ruolo dell’istruzione pubblica nell’istituzione carceraria”, che ha discusso i fondamentali nodi di questo importante ma semi-sconosciuto settore dell’istruzione. Con particolare attenzione per il nodo Cpia (Centri Provinciali Istruzione Adulti), dentro i quali è stata inserita anche l’istruzione in carcere. I docenti hanno sottolineato l’estrema e spesso tragica difficoltà in cui versano i detenuti, ma anche quella altrettanto difficile di chi opera in realtà nelle quali gli insegnanti sono spesso solo tollerati, quando non immotivatamente allontanati. Dai primi regolamenti che introdussero l’istruzione nelle carceri sino alla più recente normativa, è stato riconosciuto, però, all’istruzione il ruolo di elemento irrinunciabile nel programma di “rieducazione” e “recupero” del detenuto/a. Svilirne ora la funzione, inserendo l’istruzione carceraria nel “contenitore” Cpia, totalmente avulso da tale realtà, è una violazione costituzionale, secondo gli insegnanti, e una flagrante contraddizione rispetto allo scopo dichiarato del ‘recuperò. Per questi motivi i docenti e i dirigenti presenti hanno deciso di richiedere, con forza e determinazione, la separazione di tutta l’istruzione nelle carceri dalla riforma complessiva degli adulti liberi; di costituire il Coordinamento Nazionale delle Scuole in Carcere; di creare una Rivista di tale Coordinamento che dia spazio e voce alle problematiche esistenti nelle scuole carcerarie e sia un osservatorio operante in ogni singola realtà; di riconvocarsi in un successivo Convegno nazionale per il 26 maggio prossimo. Il Coordinamento si è anche dotato di una lista di discussione “Scuola in Carcere Rete delle Scuole Ristrette” quale ulteriore strumento di contatto, riflessione, discussione. Giustizia: al processo Cucchi parlano consulenti difesa “morte improvvisa e non prevedibile Ansa, 28 marzo 2012 Dallo studio della documentazione sanitaria e della letteratura specialistica “possiamo affermare che il decesso di Stefano Cucchi sia riconducibile verosimilmente a morte cardiaca improvvisa non prevedibile in un dipendente cronico da sostanze d’abuso e con molteplici esiti da pregressi traumatismi”. È la conclusione cui sono giunti i professori Pietrantonio Ricci, Dario Manfellotto, Claudio Puoti e Francesco D’Amore, incaricati di svolgere una consulenza tecnica da uno degli imputati del processo che vede sei medici, tre infermieri e tre agenti di polizia penitenziaria accusati a vario titolo e a seconda delle posizioni per la vicenda di Stefano Cucchi, il geometra romano di 31 anni fermato il 15 ottobre 2009 per droga e morto una settimana dopo all’ospedale Sandro Pertini di Roma. Quanto detto dai consulenti della difesa cozza con quanto dichiarato da quelli della procura secondo i quali, tra l’altro, i medici che ebbero in cura Cucchi non adottarono i provvedimenti necessari per evitare la morte del giovane. Cozza anche con la tesi accusatoria dell’abbandono, giacché “risulta - hanno aggiunto - che nei cinque giorni di ricovero al Pertini ricevette 12 interventi medici e 21 interventi di infermieri”. Per gli specialisti oggi sentiti in aula, il concetto è: i medici del Pertini non potevano obiettivamente prevedere la morte del Cucchi. E smentiscono anche il fatto che la cartella clinica che ha accompagnato il giovane fosse superficiale: “È una cartella straordinariamente meticolosa e pignola di tutto quello che è stato fatto. È da rigettare il disegno tracciato dai consulenti della procura - ha detto D’Amore - della sciatteria di una cartella che invece dimostra un grande senso di responsabilità e di empatia con un paziente sicuramente fragile. Una cartella così bella - ha aggiunto Puoti - magari l’avessero tutti gli ospedali!”. In una frase, la gestione clinica di Cucchi al Pertini, secondo i consulenti della difesa, è stata appropriata, priva di errori e censure. Alle stesse conclusioni giunge anche il professore Claudio Buccelli (consulente di un altro degli imputati) per il quale la causa del decesso “s’inserisce nel contesto di una morte improvvisa cardiaca” in presenza di “molteplici fattori di rischio quali tabagismo, abuso di cocaina e alcol, epilessia, elevato stress emotivo, isolamento sociale” e “in assenza di qualunque responsabilità professionale medica”. Lettere: le detenute di Lecce… il nostro grido d’aiuto, che nessuno ascolta www.iltaccoditalia.info, 28 marzo 2012 In una lettera inviata alla nostra redazione, chiedono ai politici azioni di perdono come l’amnistia e non decreti “svuota carceri”, che non verranno mai attuati. Ecco il testo della lettera. “Siamo stanche di sentire, ormai da quasi due anni, politici, opinionisti, conduttori televisivi che elencano giornalmente, come ulteriore derisione, la nostra drammatica esistenza all’interno delle carceri. Basta con le umilianti immagini televisive di celle sovraffollate, quattro-cinque-sei letti a castello in spazi ristretti, pentole sparse, mestoli, scolapasta, materassi “sottiletta”, freddo siberiano, acqua che no si sa da dove entra e da dove esce, cessi da campeggi posizionati di fronte alle tavole da pranzo imbandite di pane secco e frutta marcia, lavandini corrosi e docce scassate. Basta con le visite guidate dei politici… non siamo allo zoo! No abbiamo bisogno delle loro noccioline “svuota carceri”… siamo stanche! Fate qualcosa di concreto, altrimenti lasciateci in pace a scontare la nostra pena, contrariamente a quanto pensano in molti, non in un comodo “salottino” ma solo nella nostra sofferenza. Non siamo fenomeni da baraccone, se non volete venirci incontro, abbiate almeno la delicatezza di non offenderci, violando ripetutamente, con immagini e nomee, la nostra dignità. Ringraziamo Marco Pannella per il suo concreto impegno che, da sempre, lotta senza alcun pregiudizio, affiancato dal suo partito dei Radicali, per noi detenuti, mettendo continuamente a repentaglio la sua salute con i molteplici scioperi della fame. Basta con le parole, con le chiacchiere, con gli rvm carcerari… passate ai fatti, quelli veri e concreti però. L’unica vera “svuota carceri” è l’amnistia e da lì ripartire per una giustizia più equa. Informatevi bene, perché i veri criminali stanno fuori. In carcere ci sono anche persone innocenti che, dopo anni di processi e tempi burocratici, vengono assolte per non aver commesso alcun reato. Chi li ripagherà del danno subito? Manca solo attuare a pena di morte come in America, almeno così sono più felici i politici che non vogliono concedere nulla, più felice l’opinione pubblica colpevolista e chi vuole vederci morti in galera. Dite piuttosto il numero dei suicidi che avvengono giornalmente in questi luoghi, la mancanza di tutto, perfino l’aria per respirare, visto che le celle sono piene da farti andare in apnea. Mancano le cose essenziali: carta igienica, disinfettante e, qui a Lecce, persino un prete! Bisogna comprare tutto… chi se lo può permettere. E chi invece non può? Lasciamo a voi l’immaginazione. Questi oggetti di prima necessità dovrebbe fornirli lo Stato, ma ciò non accade per mancanza di fondi. Poi però, a fine pena, lo Stato pretende le spese di mantenimento, ma per che cosa? È giusto pagare, ma con dignità ed umanità. Non siamo rifiuti umani da smaltire, né una discarica sociale, ma persone che hanno diritto ad una seconda possibilità. Se volete fare veramente qualcosa per i detenuti, fateci uscire da questo limbo infernale. Amnistia!”. Tutte le detenute della sezione femminile del carcere di Lecce Sicilia: relazione del Garante Fleres; in cella sanità disastrosa, colpa dei ritardi burocratici La Sicilia, 28 marzo 2012 Sono tante le situazioni scabrose relative al sistema carcerario siciliane denunciate dal senatore Salvo Fleres, garante dei diritti fondamentali dei detenuti siciliani che lunedì a Enna ha presentato la sintesi di un anno di attività, riservando rilevante alla situazione catanese e in particolare al carcere di piazza Lanza, innegabilmente invivibile e per molti versi inumano, oltre che per motivi strutturali, anche e soprattutto sotto i profili del sovraffollamento, del trattamento sanitario e delle carenze di personale in organico. È di pochi fa la clamorosa notizia di un’azione legale risarcitoria di massa, una sorta di class action, intentata da 500 detenuti di piazza Lanza ai Magistrati di sorveglianza, con l’assistenza dello stesso Garante e dell’avvocato Vito Pirrone, presidente Anf di Catania. Come già avvenuto nella Relazione per l’anno 2010, il Garante ha avuto modo di rilevare la mancata adozione da parte della Regione Sicilia, unica in Italia, del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’1/4/2008 con il quale sono state trasferite le funzioni sanitarie carcerarie al Servizio sanitario nazionale. In attesa di questo trasferimento di funzione, “lo status quo crea un’oggettiva disomogeneità trattamen-tale tra i detenuti siciliani e tutti gli altri”. Sono tanti in tutta la Regione, ed anche a Catania, i detenuti ammalati che vengono lasciati a languire per un tempo insostenibile (alle amministrazioni delle carceri mancano i fondi per pagare i medici specialisti). “Tuttavia - ha detto Fleres - il Garante non ha mancato di svolgere un’azione di pungolo, sollecitazione e critica attraverso interrogazioni parlamentari, pubbliche prese di posizione, proteste e una lunga lista di note inoltrate alle Autorità competenti”, ma nonostante alcuni importanti passi siano stati fatti, la questione resta ancora impelagata nei meandri della burocrazia. “Il Garante, ovviamente, non mancherà di vigilare ulteriormente e rigorosamente affinché, in Sicilia, la sanità penitenziaria venga trasferita senza ulteriori indugi al Servizio sanitario regionale soprattutto a tutela del diritto alla salute delle persone limitate nella libertà personale”. In sintesi gli altri problemi. Al 31 dicembre dello scorso anno erano 7.714 i detenuti nelle 33 carceri siciliane, a fronte di una capienza di 5.084, di cui 7.508 uomini e 206 donne; di questi erano 1725 gli extracomunitari e 1644 le persone in attesa di primo giudizio. Otto i suicidi e 91 i tentati suicidi (dei quali 10 in piazza Lanza e uno a Bicocca), 493 gli atti di autolesionismo in carcere (26 dei quali in piazza Lanza); 33 gli atti di aggressione alla polizia penitenziaria (dei quali due in piazza Lanza e uno a Bicocca); 44 sono stati gli agenti feriti (dei quali due a piazza Lanza ed uno a Bicocca), mentre 763 sono stati gli scioperi della fame (dei quali solo 4 in piazza Lanza pur essendo uno dei carceri più critici dell’Isola); 800 infine sono gli agenti di polizia penitenziaria mancanti in tutta rispetto all’organico previsto. Nell’incontro sono stati diffusi anche i “numeri del sovraffollamento” (sempre fissati alla data del 31 dicembre 2011). Nel carcere di piazza Lanza, a fronte di una capienza regolamentare di 248 detenuti, sono effettivamente stipate 581 persone (più del doppio); sovraffollamento anche a Bicocca, dove sono presenti 240 detenuti, anziché 141. E questa inaccettabile sproporzione sussiste anche in vari altri istituti di pena dall’Ucciardone di Palermo al carcere di Piazza Armerina e così via dicendo. Nuove carceri infine dovrebbero essere costruite a breve scadenza a Catania, Mistretta, Sciacca e Marsala. Genova: 59enne tenta uxoricidio e, dopo l’arresto, prova a suicidarsi nel carcere di Marassi Agi, 28 marzo 2012 Ha tentato di suicidarsi impiccandosi in carcere, a Marassi, l’uomo di 59 anni che ieri, a Serra Riccò, ha provato a uccidere la moglie soffocandola. L’uomo è stato soccorso da personale della polizia penitenziaria e trasferito in codice rosso, il più grave, al pronto soccorso dell’ospedale San Martino di Genova. Indagini sono in corso per ricostruire l’esatta dinamica dell’evento. La moglie dell’uomo era rimasta lievemente ferita nell’aggressione subita in casa. Era stata salvata dai figli che avevano chiamato i carabinieri. Comunicato Sappe: sventato tentativo di suicidio di un detenuto “Il tempestivo intervento dei poliziotti penitenziati del Reparto di Polizia Penitenziaria di Marassi ha permesso di salvare la vita, questo pomeriggio, a un detenuto italiano di 50 anni circa, ristretto da ieri in isolamento nella VI Sezione detentiva per presunti maltrattamenti in famiglia, che ha tentato il suicidio in cella mediante impiccamento. Il tutto è avvenuto subito dopo il colloquio che aveva avuto con il suo legale. È ancora una volta solo grazie alla professionalità, al tempestivo intervento, alle capacità, all’umanità ed all’attenzione del Personale di Polizia Penitenziaria che un detenuto è stato salvato da un tentativo di suicidio. Un gesto particolarmente importante e da mettere in evidenza, tanto che il Sappe chiederà all’Amministrazione penitenziaria di Roma una adeguata ricompensa (lode o encomio) al Personale di Polizia che è intervenuto per salvare la vita al detenuto, che ora lotta tra la vita e la morte all’Ospedale. Quello dei Baschi Azzurri è stato un gesto eroico e da valorizzare, comportamento che nelle carceri italiane accade purtroppo con drammatica periodicità: si pensi che nel solo 2010 la Polizia Penitenziaria ben 1.137 tentativi di suicidio di detenuti ed impedendo che i 5.703 atti di autolesionismo posti in essere da altrettanti ristretti potessero degenerare ed ulteriori avere gravi conseguenze”. Lo dichiara Roberto Martinelli, segretario generale aggiunto del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, la prima e più rappresentativa organizzazione dei Baschi Azzurri, in relazione all’ennesimo evento critico accaduto nel carcere genovese di Marassi. “I nostri Agenti, proprio a Marassi, pagano ancora una volta in prima persona le tensioni che si registrano nelle carceri. Parliamo di una realtà caratterizzata da un pesante e costante sovraffollamento penitenziario, che aggrava le già pesanti condizioni di lavoro della Polizia Penitenziaria. Il suicidio sventato dai nostri colleghi non deve passare inosservato perché la dimostrazione concreta della realtà quotidiana della nostra professione di Baschi Azzurri è rappresentare ogni giorno lo Stato nel difficile contesto penitenziario con professionalità, senso del dovere, spirito di abnegazione e, soprattutto, umanità.” Enna: la relazione del Garante Fleres; sovrabbondanza di detenuti e insufficienza di agenti www.vivienna.it, 28 marzo 2012 La presenza del senatore Salvo Fleres per presentare la relazione sull’attività svolta dal Garante per la tutela dei diritti fondamentali dei detenuti, ha consentito di puntare l’attenzione sulle carceri della provincia di Enna, a cominciare da quello del capoluogo ennese, che si trova in difficoltà non solo dal punto di vista strutturale, ma anche con un organico di agenti della polizia penitenziaria insufficiente ed una sovrabbondanza di detenuti (187). Manifestazioni di protesta da parte dei detenuti, degli agenti penitenziari ci sono state, 13 detenuti hanno effettuatolo sciopero della fame; c’è stata una richiesta di aprire la nuova ala dove sono stati fatti dei lavori, ma difficoltà di carattere burocratico non hanno consentito questa apertura, nonostante l’impegno della direttrice, la dottoressa Bellelli, che le ha tentate tutte per avere l’autorizzazione di aprire questa nuova ala. Al di là degli interventi strutturali che sono necessari, il problema carcere ad Enna dovrebbe essere affrontato in via definitiva, nel senso che la struttura esistente ormai non risponde alle esigenze del momento, ci vuole la realizzazione di un nuovo carcere in una zona fuori dalla città, tenuto conto che l’area occupata dalla struttura esistente si trova in pieno centro storico, con una struttura come la Domus Kore, residenza universitaria per studenti e l’area occupata dal carcere destinarla ad un parcheggio multipiano ed alla realizzazione di altre strutture. Il sindaco Paolo Garofalo, che è anche funzionario direttivo dell’ufficio del Garante si è già occupato del problema ed anche lo stesso senatore Salvatore Fleres, per avere visitato più volte il carcere di Enna, sa benissimo che ad Enna un nuovo carcere è necessario e come effetto immediato c’è il bisogno di aumentare il numero di agenti penitenziari, ma su questo campo le difficoltà sono notevoli; il Ministero di Grazia e Giustizia è sordo alle richieste di nuove agenti penitenziari. In Sicilia ne mancano 800, in provincia di Enna ne mancano circa trenta tra Enna, Nicosia e Piazza Armerina per avere un organico appena sufficiente. Bologna: vestiti e borse realizzate dalle detenute in vendita in strada… e presto anche in negozio Redattore Sociale, 28 marzo 2012 Torna il laboratorio di vestiti e borse realizzate dalle detenute del carcere della Dozza di Bologna in collaborazione con un gruppo di volontari: a Bologna parte “Gomito a gomito”. Banchetti in strada. E presto arriverà un negozio. Torna il laboratorio di vestiti e borse realizzate dalle detenute del carcere della Dozza di Bologna in collaborazione con un gruppo di volontari. Si chiama “Gomito a gomito” e presto in città avrà anche uno spazio fisso, un negozio vero e proprio dove vendere originali prodotti di abbigliamento. Ma per ora i giovani volontari si accontenteranno di frequentare ogni sabato i mercatini della città, a partire dal prossimo 31 marzo. “Le detenute sono entusiaste del progetto e si impegnano duramente per portarlo avanti - commenta Francesca Soverini, trentatreenne bolognese, collaboratrice della cooperativa “Siamo qua” e appassionata di cucito -. Ci contiamo sulle dita di una mano, ma non molliamo: le persone ci cercano per strada, anche se tuttora siamo dipendenti dalle condizioni meteorologiche... Ma per fortuna è arrivata la primavera”. Il progetto “Gomito a gomito” nasce 3 anni fa quando la direzione del carcere della Dozza, in collaborazione con il Cefal, decide di promuovere alcuni corsi di formazione per i detenuti. Inizialmente le donne coinvolte sono 4 (di cui due straniere), tutte con una lunga pena da scontare, per permettere un impegno continuo nel tempo. Il 4 dicembre 2010 nasce ufficialmente la sartoria del carcere, sotto la supervisione della cooperativa “Siamo qua”, che aveva già avuto modo di collaborare con l’istituzione carceraria. “Gomito a gomito” nasce così grazie ad alcune borse-lavoro per le detenute, che ora hanno un normale contratto a tempo determinato (in scadenza il 30 giugno) e un regolare stipendio. Dopo una breve esperienza di vendita ai negozi, insostenibile dal punto di vista economico a causa di una concorrenza dai prezzi troppo bassi, ora i volontari hanno deciso di impegnarsi nella vendita diretta: “Ci siamo lanciate in questa nuova esperienza perché coi negozi facevamo una fatica tremenda a coprire i costi - continua Soverini. Oggi vogliamo essere visibili alla città, per mostrare a tutti la nostra originalità, sempre a prezzi modici. Ora che il progetto ha preso il via nessuno può più fermare le ragazze, che oltre al lavoro vero e proprio si impegnano gratis il pomeriggio per mettersi avanti per il giorno dopo...”. Sabato prossimo i volontari di “Gomito a gomito” saranno a Bologna al Mercato della Terra (Cortile della Cineteca, Via Azzo Gardino 65) dalle 9 alle 14 e al Mercato delle Erbe di via Ugo Bassi. Pesaro: detenuti diventano artigiani edili, concluso il corso alla casa circondariale Corriere Adriatico, 28 marzo 2012 Si è concluso con soddisfazione il corso di formazione per i detenuti della Casa Circondariale di Pesaro addestrati all’esecuzione di interventi edili. Il corso è alla sua quarta edizione. Durante il corso sono stati eseguiti lavori di ristrutturazione dell’edificio per migliorarne la funzionalità interna, in particolare sono stati riqualificati spazi interni alle sezioni di detenzione da destinare ai colloqui con gli educatori e alle attività scolastiche e ricreative. I corsi sono organizzati dall’Agenzia per l’innovazione di Pesaro che da anni si occupa di formazione in ambito penitenziario. Le lezioni sono state tenute da un artigiano del territorio, Riccardo Ghiandoni anche docente presso le Scuole Edili della Provincia. I corsi hanno ottenuto la sponsorizzazione di Edilsole tecnologie per l’edilizia, Paver Vernici, e lo stesso Ghiandoni Riccardo Artigiano Edile, che hanno fornito materiali e attrezzature per la realizzazione dei lavori all’interno dell’Istituto. Aosta: deputato Pdl Ghiglia chiede indagine ammnistrativa su operato direzione carcere Ansa, 28 marzo 2012 Con un’interrogazione scritta, il deputato piemontese del Pdl Agostino Ghiglia ha chiesto ieri al ministro della Giustizia di sollecitare “un’indagine amministrativa al fine di verificare eventuali responsabilità dell’amministrazione” del carcere di Brissogne. Il riferimento‚ a un “atteggiamento particolarmente severo del direttore del carcere, Domenico Minervini, e del provveditore regionale, Aldo Fabozzi” nei confronti “dei vertici Valdostani dell’Organizzazione sindacale autonoma di polizia penitenziaria”. La vicenda trae origine dall’indagine su un caso di pestaggio ai danni di un detenuto nel carcere aostano, risalente al settembre del 2009. Quattro agenti che erano stati coinvolti nel procedimento (archiviato) avevano presentato querela per calunnia nei confronti del direttore pro tempore Salvatore Mazzeo (attuale direttore del carcere genovese di Marassi a Genova) e di sei collaboratori. Nel dicembre scorso il gip di Aosta ha disposto la riapertura delle indagini nei confronti dei “presunti calunniatori”, rispetto ai quali, scrive Ghiglia nell’interrogazione, “nessun provvedimento sarebbe stato posto in essere, quale rimuovere gli stessi dagli uffici e posizioni di responsabilità dalle quali potrebbero eventualmente influenzare le indagini a loro carico”. In questo senso lo scorso 8 febbraio, in un’altra interrogazione al ministro Paola Severino, il deputato novarese del Pdl Gianni Mancuso aveva chiesto di sollecitare il provveditore regionale del Piemonte, Aldo Fabozzi, e il capo del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Franco Ionta, al “distaccamento ad altra sede degli indagati al carcere di Aosta”. Paola (Cs): Sappe; il personale di Polizia penitenziaria deve ancora fruire delle ferie del 2009 Ansa, 28 marzo 2012 Visita nel carcere di Paola (Cs) di Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, il primo e più rappresentativo Sindacato dei poliziotti penitenziari. Il sindacalista è in questi giorni in Calabria e sta visitando le strutture regionali. “A Paola c’è una anomalia sconcertante. I poliziotti penitenziari devono ancora fruire di una marea di giorni di ferie, addirittura degli anni 2009 e 2010: 4mila 602 giornate di congedo alle quali sono da aggiungere 640 giorni di riposi maturati ma non fruiti. Tutto questo va a discapito delle condizioni psico-fisiche degli Agenti, che lavorano necessariamente stressanti senza la possibilità di un necessario recupero psichico e fisico, assolutamente necessario per la specificità del nostro lavoro. Gestire le persone, gli essere umani, con le loro debolezze, le loro fragilità ma anche le loro tensioni e la loro aggressività, incide sulla serenità lavorativa. Per questo interesserò immediatamente il Capo dell’Amministrazione Penitenziaria, Giovanni Tamburino, e la Ministro della Giustizia Paola Severino. Ma vi è di più: li solleciterà ad assegnare un dirigente generale in Calabria cui affidare la titolarità e la guida del Provveditorato regionale. Non c’è da diversi mesi e questo è semplicemente scandaloso, stante anche lo spessore criminale di talune realtà malavitose della Regione”. Capece, che torna a sottolineare la necessità di un incremento dei Reparti di Polizia Penitenziaria della Calabria, ha ringraziato il Personale di Paola per la professionalità ed i sacrifici che evidenzia ogni giorno nel garantire un servizio istituzionale eccellente e nel contempo assai delicato. Genova: telefoni cellulari e droga nel carcere di Marassi, due condanne Ansa, 28 marzo 2012 Un marocchino detenuto e un algerino latitante sono stati condannati dal tribunale di Genova con l’accusa di corruzione nell’ambito dell’inchiesta avviata dopo il ritrovamento nel carcere di Marassi di alcuni cellulari, schede telefoniche e sostanze stupefacenti. Secondo l’accusa un agente penitenziario, che ha già patteggiato la pena, avrebbe fatto da tramite per la consegna delle ordinazioni dietro compenso. Il marocchino, difeso dagli avvocati Laura Tartarini e Alessandro Gorla, è stato condannato a due anni e tre mesi di reclusione e l’algerino (avv. Francesca Maurel), a tre anni. Il pm Stefano Puppo aveva chiesto tre anni e quattro mesi per il primo, che avrebbe avuto un ruolo più marginale agendo dall’esterno del carcere e cinque anni per il secondo, ritenuto il regista all’interno dell’istituto di pena e al quale sono stati contestati tre episodi. Le indagini avevano preso l’avvio alla fine del 2009. L’inchiesta interna nel carcere aveva fatto convergere i sospetti anche su un agente di custodia che era stato così pedinato e controllato. Secondo l’accusa l’algerino, successivamente evaso dagli arresti domiciliari e mai più ritrovato, avrebbe diretto le operazioni. Genova: esce per la gara, corre, vince e torna in prigione… detenuto primo in mezzofondo Uisp di Chiara Carenini Ansa, 28 marzo 2012 Di corsa fuori dal carcere, “inseguito” da 20 persone, alcuni detenuti come lui e altri podisti di professione. A tagliare il traguardo, dentro il carcere di Genova Marassi, è stato un detenuto del Marocco: si chiama Naji Abdendi e ha 44 anni. La sua falcata elastica, leggera, tipica dei nordafricani si è imposta su quella di tutti gli altri, detenuti e non. Genova, casa circondariale di Genova-Marassi. Alle 16.30 lo start della mezzofondo di 3 chilometri attorno alle mura del carcere, una manifestazione organizzata dalla Uisp. Si chiama “Vivicittà-Porte aperte” e le porte che si aprono sono quelle pesanti di una prigione. Alla partenza sono in 20: alcuni detenuti, altri sono atleti tesserati per associazioni della Lega atletica leggera Uisp. La differenza sta solo nelle divise: materiali tecnici per i podisti, magliette e braghette multicolori per i detenuti. Pronti, via: Naji è subito in testa, affiancato da due giovani fondisti. Dietro a loro anche Emma Quaglia, la maratoneta genovese che si sta preparando per la maratona di Londra. Fa caldo, ma Naji non lo sente. Corre, attraversa il corridoio esterno del carcere incitato dai detenuti che si affacciano alle finestrine. Tante lingue diverse, tanti dialetti. Naji attraversa la porta blindata del passo carrabile e via: è fuori. Uno, due, tre giri attorno al carcere poi quando rientra dalla porta posteriore affronta il rettilineo. Accelera. La falcata si riduce e acquista potenza. Lascia tutti indietro fino allo sprint finale. Taglia il nastro del traguardo con un sorriso sudato, alzando le braccia sulla testa. Subito dopo di lui, due detenuti napoletani molto più giovani di lui, Ciro De Rosa, 34 anni, e Giacomo Bendirè, 30 anni, che riprendono fiato appoggiandosi alle grosse mura del carcere. “Meraviglioso” ha commentato il direttore del carcere di Marassi, Salvatore Mazzeo, che ha guardato la corsa dall’alto. Un evento quello di oggi che si inserisce all’interno di Progetto Ponte, un’idea che Uisp porta all’interno dei carceri di Genova e della Liguria. Questa manifestazione podistica ha aperto simbolicamente le porte del carcere, che non è cosa a se stante ma parte integrante di una città. “Noi - ha detto uno dei rappresentanti della Uisp che ha organizzato la manifestazione - come associazione sportiva cerchiamo di dare competenza, punti di riferimento ai detenuti che usciranno per essere una sorta di casa aperta a tutti senza discriminazioni”. Torino: domani presidio Radicali davanti sede Consiglio regionale per nomina Garante detenuti Adnkronos, 28 marzo 2012 Sit-in radicale domani davanti alla sede del Consiglio regionale per richiedere la nomina del garante regionale delle carceri, istituito con legge regionale n. 29 del 2 dicembre 2009 ma mai nominato. Saranno presenti Silvio Viale, presidente di Radicali Italiani), Giulio Manfredi della direzione nazionale, Igor Boni della Giunta dei Radicali Italiani e Salvatore Grizzanti segretario Associazione radicale Adelaide Aglietta. Boni e Grizzanti, che avevano digiunato per 12 giorni lo scorso gennaio per richiedere, ottenendola, la calendarizzazione della nomina del garante nell’ordine del giorno del Consiglio Regionale, indosseranno lenzuoli bianchi da fantasma a simboleggiare, spiegano, il fantasma della legalità e il fantasma del garante. Immigrazione: Cie Bari; class action di un’associazione per chiedere immediata chiusura Ansa, 28 marzo 2012 “Il Tribunale civile di Bari ordini l’immediata chiusura del Centro di identificazione ed espulsione (Cie) del capoluogo pugliese, per accertata violazione dei diritti dell’uomo”. È quanto chiede l’associazione di giuristi democratici “Class action procedimentale” che ha “citato in giudizio, sostituendosi al Comune e alla Provincia di Bari con un’azione popolare, la presidenza del consiglio dei ministri, il ministro dell’Interno e il prefetto di Bari perché rispondano di quella che noi riteniamo essere la violazione dei diritti fondamentali dell’uomo in atto nel Cie del capoluogo pugliese”. I dettagli dell’iniziativa sono stati sottolineati oggi nel corso di un incontro con i giornalisti dal portavoce dell’associazione, Luigi Paccione. “Si tratta - ha spiegato - della seconda fase dell’accertamento delle condizioni di vita dei detenuti all’interno del Cie, promossa più di un anno fa”. Un accertamento che ha portato a due sopralluoghi nel Cie al termine dei quali si è rilevato che il Cie, nato per fini umanitari è un vero e proprio carcere che tuttavia non garantisce neanche gli standard minimi previsti dall’ordinamento penitenziario. Le condizioni dei servizi igienici vengono definite raccapriccianti, in una struttura per la quale non risulta alcun rilascio di certificazione di agibilità e che limita fortemente la libertà personale. Immigrazione: Cie Modena; interrogazione urgente del senatore del Pd Barbolini Dire, 28 marzo 2012 Il Cie di Modena, e le ultime vicende umane di cui è stato protagonista (il giovane mancato sposo Said, i fratelli apolidi Andrea e Senad) sono approdati oggi sul tavolo del ministero dell’Interno grazie a una interrogazione a risposta urgente in Aula presentata dal senatore del Pd Giuliano Barbolini. Il 3 marzo scorso, Barbolini, insieme a una giornalista dell’associazione LasciateCIEntrare, aveva visitato la struttura per verificarne di persona il funzionamento: “Il Cie è un luogo difficile - disse allora il senatore Pd e lo ribadisce oggi nella interrogazione - dove si concentrano storie diverse, tutte, peraltro, accomunate da un notevole carico di sofferenze e disagi”. Nel testo dell’interrogazione vengono elencati i tanti problemi che si sono inanellati in questi ultimi tempi: l’ingiusto allungamento dei tempi di permanenza voluto dal centro-destra, la presenza di ex carcerati che hanno già scontato la loro pena, la carenza di organico della polizia modenese oberata anche dei compiti di sorveglianza del Cie, il bando di assegnazione al massimo ribasso per il prosieguo della gestione del Cie stesso. Polonia: prigioni segrete della Cia, bufera politica per indagine Asca, 28 marzo 2012 Bufera politica in Polonia per un’inchiesta sulle prigioni segrete della Cia che sarebbero state autorizzate dal governo nel paese. Secondo il quotidiano di centrosinistra Gazeta Wyborcza, l’ex capo dei servizi segreti polacchi, Zbigniew Siemiatkowski, risulterebbe fra gli inquisiti, mentre anche l’ex primo ministro Leszek Miller, attualmente all’opposizione come capo del partito social-democratico SLD, rischierebbe il deferimento presso il Tribunale di Stato per aver permesso l’installazione di una base americana segreta, fra il 2002 e il 2003, a Kiejkuty, nel nord della Polonia. Siemiatkowski ha confermato l’indagine nei suoi confronti, ma si è rifiutato di spiegarne il motivo invocando il “segreto di Stato”. Oggi Janusz Palikot, leader del partito della sinistra anticlericale RP, ha accusato Miller, ex comunista e primo ministro fra il 2001 e il 2004, di aver esposto la Polonia alla minaccia terroristica per aver autorizzato la Cia ad agire nel paese. Miller e le altre autorità polacche hanno sempre smentito la presenza di basi segrete, ma a parlarne per prima era stata nel 2010 la Fondazione Helsinki per i diritti dell’Uomo, che in un rapporto aveva reso note alcune comunicazioni ufficiali sul fatto che fra il 2002 e il 2003 sette aerei della Cia, cinque dei quali passeggeri, erano atterrati in Polonia. Sempre nel 2010 due detenuti di Guantanamo, Abd al-Rahim al-Nashiri e Oussama Ben Laden, avevano denunciato di aver subito torture all’interno delle prigioni segrete sul territorio polacco e nel settembre del 2011 il Commissario per i diritti dell’uomo del Consiglio d’Europa, Thomas Hammarberg, aveva invitato Polonia, Romania e Lituania a spiegare l’utilizzo del loro territorio per ospitare i “siti neri” dell’intelligence americana. Afghanistan: 400 donne detenute per essere fuggite da violenze domestiche e matrimoni forzati Tm News, 28 marzo 2012 Centinaia di donne afgane sono in prigione accusate o condannate per i cosiddetti “crimini morali”, ossia per aver abbandonato il tetto coniugale o per aver avuti rapporti extraconiugali. È quanto denuncia oggi l’organizzazione Human Rights Watch (Hrw) nel rapporto intitolato “I Had to Run Away”, presentato oggi a Kabul. “È scioccante che 10 anni dopo la caduta dei talebani, le donne e le ragazze vengano ancora imprigionate per essere scappate da violenze domestiche o da matrimoni forzati”, ha detto Kenneth Roth di Hrw. L’organizzazione stima siano 400 le donne e le ragazze attualmente detenute, perché accusate o condannate per questi crimini. “Alcune donne e ragazze sono state condannate per “zina” (sesso fuori dal matrimonio), dopo essere state stuprate o costrette a prostituirsi - ha aggiunto - i giudici spesso emettono le sentenze solo sulla base delle confessioni rilasciate in assenza di legali e firmate senza essere state lette da donne che non sanno né leggere né scrivere. Dopo la condanna, le donne affrontano lunghe condanne detentive, in alcuni casi superiori ai 10 anni”. l Presidente afgano Hamid Karzai interviene spesso per graziare queste donne, ma la ricercatrice di Hrw, Heather Barr, ha sottolineato: “È carino che lo faccia, ma non risolve qualcosa che è innanzitutto un’ingiustizia. Non restituisce i mesi o gli anni trascorsi in prigione, non cambia il fatto che così tante donne e ragazze siano minacciate di delitti d’onore perché sono state condannate per questi crimini”. Nelle scorse settimane, Karzai ha approvato un editto del Consiglio degli Ulema, la principale autorità religiosa del Paese, in cui si afferma che le donne valgono meno degli uomini e che dovrebbero evitare di “mischiarsi a uomini estranei in attività di carattere sociale come l’istruzione, nei mercati, negli uffici e in altri aspetti della vita”, implicitamente affermando che le donne non dovrebbero frequentare l’università o andare al lavoro. Nell’editto si afferma inoltre che “molestare, importunare e picchiare le donne” è vietato “a meno che non avvenga per un motivo legato alla sharia (legge islamica)”. Secondo la ricercatrice di Hrw, a fronte del prossimo ritiro delle truppe internazionali dal Paese, Karzai sta cercando di apparire “più conservatore” e di inviare segnali ai talebani così come agli afgani più tradizionalisti “nel tentativo di capire come sopravvivere nei prossimi due anni”. Siria: rapporto Onu; bambini torturati e detenuti nelle carceri Nova, 28 marzo 2012 Il regime siriano ha torturato e imprigionato centinaia di bambini: lo si legge nel rapporto pubblicato oggi da Navi Pillay, Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani. “Abbiamo ricevuto notizie di bambini gambizzati, reclusi in centri di detenzione assieme agli adulti, presi come ostaggi”, ha raccontato l’alto funzionario Onu. “Penso che sia necessaria un’inchiesta contro i responsabili di queste violazioni”, ha concluso la Pillay. Cina: autorizzati familiari a visitare Gao Zhisheng in carcere Adnkronos, 28 marzo 2012 Le autorità cinesi hanno autorizzato, per la prima volta, i familiari di Gao Zhisheng a visitare il noto avvocato per i diritti umani cinese nella prigione dove è detenuto nello Xinjiang. Il fratello del dissidente, Gao Zhiyi, ha confermato di essersi recato nel penitenziario ma non ha fornito ulteriori dettagli. “Non è conveniente per me parlare ora, parlerò tra qualche giorno”, ha detto. Ha invece fornito qualche dettaglio Geng He, la moglie dell’avvocato Gao che dal gennaio del 2009 è rifugiata insieme ai figli negli Stati Uniti. “Hanno parlato al telefono attraverso una parete di vetro”, ha detto, riferendo a Radio Free Asia dell’incontro che è avvenuto sabato scorso ed è durato una trentina di minuti. Era da due anni che nessun familiare incontrava Gao, e la moglie ha espresso sollievo per il fatto che sia vivo e apparentemente in discreto stato di salute. È la prima volta che la famiglia incontra l’avvocato dopo che è stato rapito e detenuto in località segreta dalla polizia cinese per 20 mesi, fino a quando lo scorso dicembre i media ufficiali cinesi resero noto che Gao era detenuto in una remota località dello Xinjiang. Considerato un leader del movimento per i diritti civili, per il suo impegno in favore di riforme costituzionali e il patrocinio di casi di difesa della proprietà privata e di dissidenti religiosi e politici, Gao era stato condannato per sovversione nel 2006 a tre anni. Rilasciato in libertà condizionata era stato poi portato via da agenti della sicurezza cinese nel 2009, un vero e proprio rapimento che provocò un’ondata di proteste internazionali.