Giustizia: carcere e sessualità… i diritti del detenuto di Chiara Simonelli L’Espresso, 30 maggio 2012 Lo scorso Aprile il Tribunale di Sorveglianza di Firenze ha interpellato la Corte Costituzionale in merito ad un ricorso presentato da un 60enne che si è visto negare la possibilità di stare in intimità con la propria moglie all’interno dell’Istituto Penitenziario in cui è detenuto. Il comma 2 della legge 354/1975 dell’Ordinamento Penitenziario prevede che le visite con i detenuti siano svolte unicamente in locali sottoposti a sorveglianza visiva del personale addetto. Antonietta Fiorillo, Presidente del Tribunale di Sorveglianza fiorentino, ha dichiarato incostituzionale tale norma considerata lesiva dei cosiddetti diritti inviolabili del cittadino, poiché ostacola lo sviluppo del condannato non favorendone la rieducazione ma compromettendone il quadro fisico e psichico. “Dobbiamo recuperare queste persone - spiega la Fiorillo - e per farlo bisogna iniziare a far vivere loro dei rapporti il più possibile normali con i propri cari. Mi sembra una cosa logica. Nell´ordinanza sono partita dalla più ampia categoria dell´affettività, di cui fa parte anche la sessualità. Il problema riguarda principalmente persone con pene definitive, circa il 60% del totale, e che non hanno accesso a permessi, pensati proprio per la risocializzazione”. In linea con le indicazioni del Consiglio d’Europa e del Parlamento Europeo, l’allestimento nelle carceri di aree dedicate in cui i detenuti possano esercitare con privacy il loro diritto all’affettività e alla sessualità è già una realtà in numerosi paesi europei, tra i quali ricordiamo la Norvegia, la Danimarca, la Germania, l’Olanda, il Belgio, la Francia, la Croazia e l’Albania. La risposta della Corte Costituzionale, che giungerà entro l’anno, potrà positivamente cambiare la vita di migliaia di detenuti, restituendo loro non solo un’opportunità sessuale e affettiva ma anche la dignità di essere riconosciuti come essere umani a pieno titolo. Giustizia: processo alla legge antidroga di Franco Corleone Il Manifesto, 30 maggio 2012 Domani al Tribunale di Tolmezzo si terrà la prima udienza del processo contro Filippo Giunta, presidente di Rototom e responsabile del Sunsplash, il festival reggae che dal Friuli si è trasferito in Spagna in seguito alla persecuzione giudiziaria. L’accusa stravagante è di agevolazione dell’uso di sostanze stupefacenti secondo l’art. 79 della legge sulle droghe e la pena per questo reato è la reclusione da tre a dieci anni; prima della modifica del 1996, la pena per le sostanze leggere era da uno a quattro anni; ora, secondo il pensiero di Giovanardi per cui “la droga è droga”, le pene sono state unificate e aumentate, almeno per la canapa. Un cartello ampio di associazioni e movimenti ha voluto cogliere questa occasione per riflettere sulle conseguenze della lotta alla droga e sugli effetti che la legge in vigore produce sulla giustizia e sul carcere. L’appuntamento è per venerdì 1 giugno ad Udine (sala Aiace, 10-19). L’intasamento dei tribunali e il sovraffollamento degli istituti penitenziari sono in gran parte dovuti proprio alle energie spese nella “lotta alla droga”, che si traduce nella lotta a chi usa la droga e ai pesci piccoli dello spaccio. Il risultato è la bulimia del carcere con il cinquanta per cento dei detenuti rappresentato da consumatori, piccoli spacciatori, tossicodipendenti. Giuristi, politici e operatori contesteranno l’ispirazione culturale, l’impianto giuridico e l’applicazione pratica delle norme. Non sarà solo una denuncia: saranno illustrate alternative efficaci, praticabili e umane al fallimento della proibizione. Il giurista Luigi Saraceni metterà in campo l’illegittimità costituzionale della legge Fini-Giovanardi. Peter Cohen, sociologo e studioso delle droghe a livello internazionale, concluderà la giornata con una riflessione sul carattere “magico” e non scientifico delle politiche antidroga: un esempio è la teoria, diffusa in questi anni in Italia, secondo cui la cannabis provocherebbe dei “buchi nel cervello”. Per una felice eterogenesi dei fini, il processo a Rototom potrebbe fare scattare un cambio delle parti, trasformando gli accusati in accusatori. I giudici dovranno decidere se accettare l’impianto accusatorio sgangherato oppure respingere l’uso strumentale di una legge già di per sé troppo repressiva e punitiva. Il giudizio, che andrà seguito con estrema attenzione, udienza dopo udienza, potrà costituire la spinta per far rinascere un movimento per la riforma della legge. Nel 1975, un giudice di Firenze arrestò la femminista Adele Faccio, il ginecologo Giorgio Conciani e il segretario radicale Gianfranco Spadaccia per avere aiutato tante donne ad abortire, incorrendo nel reato previsto dal Codice Rocco. Da quella vicenda giudiziaria partì una battaglia politica che portò all’approvazione della legge 194. Anche oggi il Parlamento e i partiti devono rispondere a una questione di prepotente urgenza. L’agenda della politica deve condividere la priorità di liberare i tossicodipendenti dalle catene del carcere e di interrompere una persecuzione di massa che criminalizza decine di migliaia di giovani ogni anno. Le storie di Stefano Cucchi e di Aldo Bianzino sono un monito tragico. Possiamo sperare che da Tolmezzo parta una campagna vincente per il diritto, la cultura e la ragione? È tempo di responsabilità, di tutti e di ciascuno. Giustizia: come evitare, in parte ma concretamente, il fenomeno delle “porte girevoli” Comunicato stampa, 30 maggio 2012 “Il Carcere Possibile Onlus” si rivolge al Ministro della Giustizia affinché il Governo emani immediatamente un Decreto Legge per evitare l’ingresso in carcere di persone che potrebbero aver già scontato la pena detentiva. Da tempo si discute su come evitare, negli Istituti di Pena italiani, il fenomeno c.d. “delle porte girevoli”, che vede l’ingresso in carcere di persone che escono dopo pochi giorni. L’ultima norma c.d. “svuota carceri” si è basata proprio su tale principio. Tra le cause del fenomeno c’è senz’altro una mancanza di coordinamento tra l’art. 656 cpp e l’art. 54 della l. 26 luglio 1975, n. 354 (Ordinamento Penitenziario), cioè tra l’esecuzione della pena detentiva e la liberazione anticipata, che prevede, in alcuni casi, una detrazione di gg.45 per ogni singolo semestre di pena scontata. Accade, infatti, che un soggetto che abbia scontato uno o più semestri di pena in regime di misura cautelare (custodia in carcere e/o arresti domiciliari) e si trovi libero o agli arresti domiciliari al momento del passaggio in giudicato della sentenza di condanna a pena detentiva, debba necessariamente entrare in carcere per poter ottenere la detrazione prevista, anche se con tale detrazione, egli avrebbe finito di scontare l’intera pena. La “liberazione anticipata” è istituto che può essere concesso solo dal Magistrato di Sorveglianza che diventa competente dopo l’emissione dell’ordine di esecuzione della pena. L’accertamento operato dal Magistrato per verificare se vi sono le condizioni per concedere il beneficio, comporta, inoltre, un periodo di tempo non breve, durante il quale il soggetto resta in carcere pur avendo, probabilmente, già espiato la pena. Occorre, pertanto, a nostro avviso un’integrazione all’art. 656 cpp per modificare tale situazione che incide sul sovraffollamento degli istituti di pena . Integrazione che certamente non influirebbe sulla c.d. “sicurezza sociale”, in quanto indirizzata a imputati che, in attesa della sentenza definitiva, sono in libertà o posti agli arresti domiciliari dopo la valutazione di un organo giudiziario. Essi potrebbero attendere, nello stesso stato (invece di entrare in carcere), l’esito della valutazione del Magistrato di Sorveglianza sulla richiesta di liberazione anticipata. Proposta di integrazione dell’art. 656 cpp Art. 656 - comma 10 bis. In ogni caso, il Pubblico Ministero verifica se il condannato ha già scontato uno o più semestri di pena detentiva, anche agli arresti domiciliari, e se il residuo di pena da scontare è inferiore o uguale ai giorni che sarebbero detratti, ove venisse concessa la liberazione anticipata prevista dall’art. 54 della n. 26 luglio 1975, n. 354. In tal caso, sospende l’esecuzione e trasmette immediatamente gli atti al Magistrato di Sorveglianza perché provveda sull’eventuale applicazione della liberazione anticipata. Fino alla decisione il condannato permane nello stato di libertà o detentivo in cui si trova. Il Magistrato di Sorveglianza trasmette immediatamente al Pubblico Ministero la decisione sul provvedimento ex art. 54 della l. 354/1975. Il Pubblico Ministero, riformulato il calcolo della pena residua, dichiara la pena totalmente espiata o pone in esecuzione l’ordine di carcerazione. La richiesta, inviata al Ministro della Giustizia, è accompagnata da “considerazioni in diritto”, dalle quali emerge non solo l’applicabilità della norma, ma anche la sua necessità in base al principio rieducativo della pena, al principio della ragionevole durata del processo e a quello del corretto e buon andamento della Pubblica Amministrazione. Giustizia: Alfonso Papa (Pdl) da 5 giorni in sciopero della fame per l’amnistia Adnkronos, 30 maggio 2012 Quinto giorno di sciopero della fame per il deputato del Pdl Alfonso Papa, che la scorsa settimana si è unito all’iniziativa del garante dei detenuti del Comune di Firenze Franco Corleone. “Intendo proseguire a oltranza - afferma il parlamentare pidiellino - perché si rompa il silenzio del sistema dell’informazione, che pochi giorni fa ha inghiottito il suicidio del detenuto cinquantenne a Sollicciano e che in questi giorni continua a non parlare di questa lotta nonviolenta in corso”. “Si tratta di suicidi di Stato, come denuncia il leader radicale Marco Pannella - continua Papa. La situazione a Sollicciano, dove i detenuti sono il doppio rispetto alla capienza regolamentare, è bollente come nel resto d’Italia, dove, se la rivolta non è ancora scoppiata, dobbiamo dire grazie ai detenuti e agli agenti di polizia penitenziaria”. “Insieme ai Radicali io continuo a chiedere un’amnistia, e anche da destra si levano in tal senso autorevoli voci: dal mondo della politica e del giornalismo, da Nitto Palma a Vittorio Feltri. Il Capo dello Stato l’ha definita una prepotente urgenza. Che cosa aspettiamo ancora?”, chiede Papa. Cutrufo (Pdl): solidali con l’On. Alfonso Papa Piena solidarietà ad Alfonso Papa, al quinto giorno di sciopero della fame, arriva dal senatore del Pdl Mauro Cutrufo “Più volte - continua Cutrufo - siamo intervenuti chiedendo un provvedimento di clemenza nei confronti del popolo dei detenuti. Nel 2006, quando ero Questore del Senato fui promotore di una raccolta di firme. Io stesso ho visitato molte volte gli istituti di pena, anche di recente, ed ho rilevato le incredibili condizioni di vita dei carcerati. Non si può rimanere inermi davanti alla sofferenza di esseri umani che troppo spesso scelgono di togliersi la vita tra le mura del carcere. Chi sbaglia paga, è chiaro, lo dice la legge, ma il provvedimento dell’amnistia è quanto mai necessario per restituire dignità umana a quei detenuti che non sono colpevoli di gravi reati, e che lo Stato non è in grado di ospitare nelle carceri in maniera dignitosa. Inoltre l’eccessiva promiscuità nuoce anche al processo di rieducazione. L’importante - ha concluso Cutrufo - è che l’amnistia non vada a beneficiare individui che si sono macchiati di delitti contro la persona e contro la società”. Giustizia: Molteni (Lnp); decreto svuota carceri… non c’è nulla di cui rallegrarsi Agenparl, 30 maggio 2012 “Come annunciato in tono entusiastico dal ministro della Giustizia Paola Severino, nel primo trimestre del 2012, grazie al decreto Svuota carceri voluto dal governo Monti e votato da Pd, Pdl e Terzo polo, circa duemila detenuti sono usciti dai nostri istituti penitenziari per scontare la pena ai domiciliari. Purtroppo, di fronte a questi numeri, non c’è nulla di cui rallegrarsi”. Lo dichiara il capogruppo della Lega Nord in commissione Giustizia alla Camera, Nicola Molteni. “Ritengo al contrario che si tratti di un grave errore di cui il ministro della Giustizia, il governo e la maggioranza devono assumersi la responsabilità davanti al Paese. Si tratta di un vero e proprio sfregio ai principi di effettività della pena, certezza del diritto e tutela delle vittime dei reati”. Genova: Sappe; situazione delle carceri oltre il limite della sopportabilità Ansa, 30 maggio 2012 Ottocento settanta detenuti in più nelle carceri liguri e 400 agenti della polizia penitenziaria in meno. Sono questi gli allarmanti dati diffusi dal Sappe, il sindacato autonomo della polizia penitenziaria nel giorno della celebrazione dell’annuale festa regionale dell’amministrazione carceraria a Genova. Secondo il segretario aggiunto del Sappe Roberto Martinelli in una giornata del genere occorrerebbe proprio non festeggiare: “Siamo di fronte - scrive il sindacato - ad una situazione critica in cui ogni giorno avvengono risse, suicidi e scontri all’interno delle carceri per via del sovraffollamento. Per non parlare degli stessi mezzi della polizia penitenziaria che cadono a pezzi”. Secondo Martinelli, “l’amministrazione penitenziaria sembra vivere in una realtà virtuale e non si rende evidentemente conto della drammaticità del momento, che costringe le donne e gli uomini della polizia penitenziaria a condizioni di lavoro sempre più difficili: la situazione penitenziaria è sempre più incandescente”. Sulmona (Aq): Fp-Cgil; mafioso scarcerato per favismo, il direttore non ha responsabilità Ansa, 30 maggio 2012 La Fp-Cgil ha chiesto al ministro della Giustizia, Paola Severino, che il direttore del carcere di Sulmona, Sergio Romice, torni al suo posto. Romice è stato trasferito presso l’amministrazione penitenziaria di Pescara a seguito della vicenda che ha visto l’ammissione alla detenzione domiciliare, per motivi di salute, del mafioso Michele Aiello, proprio dal carcere di Sulmona. Aiello soffre di favismo e il vitto carcerario ne metterebbe in pericolo la vita. Il sindacato ritiene fuori luogo il provvedimento nei confronti di Romice, che non avrebbe alcuna responsabilità diretta nella vicenda. “Il mafioso in questione - scrivono il coordinatore Fp Cgil Polizia penitenziaria, Francesco Quinti, e la coordinatrice nazionale Fp Cgil del Dap, Lina Lamonica - per il medesimo processo era già stato scarcerato due volte, e per lunghi periodi, nel 2004 e nel 2010, per gli stessi problemi di salute, dall’Autorità giudiziaria palermitana, senza che la cosa suscitasse alcun clamore. Il procedimento di sorveglianza era stato istruito dal Tribunale dell’Aquila che, avendo ritenuto insufficienti le scarne relazioni sanitarie del carcere, aveva acquisito anche due perizie d’ufficio, che avevano evidenziato le medesime patologie a fondamento dei provvedimenti liberatori del 2004 e del 2010. Pertanto la direzione dell’istituto era del tutto estranea al procedimento, fra l’altro attivato a seguito di istanza del difensore, neanche transitata per gli uffici penitenziari”. Aiello - condannato a 15 anni e sei mesi per associazione mafiosa nel processo “Talpe alla Dda” - è ritenuto dai magistrati l’alter ego nella sanità del capomafia Bernardo Provenzano. Per i sindacalisti le contestazioni mosse a Romice sarebbero poco o nulla attinenti alla dinamica del fatto che ha suscitato le perplessità dell’opinione pubblica: irregolarità nella trattazione degli affari, mancata informazione degli organi superiori, mancati approfondimenti del caso. “Vizi, questi, dell’attività amministrativa - aggiungono Quinti e Lamonica, che sono ritualmente contestati per motivare un’intenzione punitiva, ma che nell’essenzialità del caso risultano evocati in maniera del tutto inappropriata”. La Fp Cgil sottolinea come i vertici del Dap, “di cui appare ormai indiscutibile il disinteresse per la vertenza contrattuale dei dirigenti penitenziari, sembra non tralascino alcuna occasione per nuocere alla categoria, sacrificando oggi la dignità di un funzionario pur di soddisfare le esigenze manifestate da certa video-stampa”. “Certamente, se non si corre sollecitamente ai ripari - concludono i sindacalisti, la vicenda ha preso un corso tale da influire negativamente sulla fiducia che deve legare i Dirigenti penitenziari alla propria Amministrazione”. Ancona: Sappe; sindacalista in sciopero della fame… carcere Barcaglione sarà potenziato Agi, 30 maggio 2012 Il carcere di Ancona Barcaglione sarà potenziato. Lo afferma il segretario del Sappe Marche Aldo Di Giacomo, che è all’ottavo giorno di sciopero della fame, iniziativa avviata per protestare contro le “drammatiche condizioni di sovraffollamento e condizioni igieniche” del principale istituto di pena della regione, quello di Ancona Montacuto. Di Giacomo aveva fatto rilevare che nella stesso capoluogo dorico, da 8 anni è attivo un altro carcere, quello di Barcaglione appunto, dove sono ospitati solo 20 detenuti, “con costi medi di 4 volte superiori alla media”. Ora, sempre secondo il segretario Sappe, sembra che dall’Amministrazione penitenziaria qualcosa cominci a muoversi. Cominciando proprio dal potenziamento possibile di Barcaglione. Ma ancora non sono stati adottati provvedimenti concreti in merito, e per questo lo sciopero della fame di Di Giacomo proseguirà. Trento: due anni fa la rivolta in carcere, oggi 21 detenuti finiscono sotto processo Il Trentino, 30 maggio 2012 Avevano dato fuoco alle coperte, rotto piatti e bicchieri, urlato e protestato. Per questo il pubblico ministero Antonella Nazzaro ha citato a giudizio 21 ex detenuti del vecchio carcere di via Pilati. L’accusa mossa nei loro confronti è non solo di danneggiamento aggravato di cose esposte alla pubblica fede e di danneggiamento seguito da incendio, ma anche di interruzione di pubblico servizio. Questo perché, l’accusa contesta ai detenuti di aver distolto gli agenti di polizia penitenziaria dai loro compiti. Il processo si aprirà l’1 giugno prossimo. I ventuno imputati sono difesi, tra gli altri, dagli avvocati Stefano Daldoss, Filippo Fedrizzi e Giuliano Valer. I fatti risalgono al 2010. Il carcere di via Pilati era ormai vecchio e malandato, in vista del trasloco a Spini di Gardolo. I detenuti, ma anche gli stessi agenti di polizia penitenziaria lamentavano condizioni invivibili della vecchia struttura. Sostenevano che la popolazione dei detenuti superava di molto la capienza del carcere. Non solo, dicevano che ormai la struttura non veniva sottoposta ai lavori di manutenzione, anche quelli meno importanti. Per questo, ormai, la situazione era diventata difficile. Al culmine di questo stato cose, appunto il 28 maggio del 2010 è scoppiata una sorta di rivolta. I detenuti hanno inscenato una manifestazione di protesta. Hanno iniziato a battere sulle porte e sulle inferriate. Qualcuno ha anche appiccato il fuoco agli oggetti contenuti nelle celle e alle lenzuola che venivano imbevute d’olio per far durare di più le fiamme. Le guardie carcerarie sono accorse e hanno subito domato l’incendio che stava divampando. Ci sono voluti ari giorni perché la situazione tornasse alla calma. A due anni di distanza la Procura adesso presenta il conto. Di solito, in questi casi, si agisce in via disciplinare e non si arriva al processo penale. Però questa volta è arrivata la contestazione giudiziaria. Non solo. Tra le imputazioni c’è anche quella di interruzione di pubblico servizio, anche se i difensori contestano radicalmente questa ipotesi. Lecce: nel carcere di “Borgo San Nicola” medico aggredito da detenuto durante la visita Gazzetta del Sud, 30 maggio 2012 La difficile condizioni nei carceri continua a far parlare. Sabato pomeriggio nell’infermeria della casa circondariale “Borgo San Nicola” di Lecce si è verificato un altro episodio di violenza: un medico è stato aggredito da un detenuto. Fortunatamente l’intervento di un agente della polizia penitenziaria ha evitato conseguenze più gravi. Il professionista stava visitando quando all’improvviso sarebbe stato colpito con un calcio in pieno volto. Immediatamente soccorso, con un’ambulanza è stato trasportato all’ospedale “Vito Fazzi” di Lecce: guarirà in cinque giorni. Stando ai primi accertamenti sul caso, pare che a scatenare l’ira del detenuto sia stato il rifiuto del medico a riscontrargli una determinata patologia, che probabilmente lo avrebbe fatto uscire di cella. Quanto avvenuto si unisce ad altri gravi episodi che continuano a verificarsi nelle case circondariali. Il grido d’allarme persiste: è necessario risolvere i problemi legati al sovraffollamento delle strutture, a Lecce e nel resto d’Italia. Roma: intesa tra Comune e Avvocatura; detenuti delle carceri cittadine a lezione di diritto www.romasette.it, 30 maggio 2012 Diciannove reclusi iscritti a giurisprudenza grazie al progetto del Comune potranno seguire le lezioni, tenute da avvocati dell’ordine di Roma, propedeutiche al conseguimento della laurea di Francesca Samà. Sostenere i detenuti in percorsi d’integrazione sociale e di recupero. È questo lo scopo del protocollo d’intesa, il primo del genere in Italia, firmato ieri, martedì 29 maggio, in Campidoglio dal sindaco Gianni Alemanno, dal garante dei diritti dei detenuti di Roma Filippo Pegorari e dal presidente del Consiglio dell’ordine degli avvocati di Roma Mauro Vaglio. Il progetto coinvolge 19 reclusi, iscritti alla facoltà di giurisprudenza dell’università La Sapienza, che avranno la possibilità di seguire le lezioni degli avvocati che già operano nelle carceri sulle materie d’esame inerenti all’intero corso di studi. Il conseguimento del diploma di laurea permetterà poi ai detenuti di conseguire benefici di legge e l’accesso a pene alternative al carcere. Il Consiglio dell’ordine degli avvocati darà inoltre vita a uno “Sportello permanente di consultazioni”, autorizzato dal ministero di Giustizia, al quale i detenuti potranno rivolgersi per chiarimenti e consigli sulle norme che regolano il diritto di famiglia, come successioni, adozioni, locazioni e altro e ottenere in blocco le autorizzazioni che oggi vengono rilasciate caso per caso dai magistrati di sorveglianza. “Questo progetto - ha dichiarato il sindaco Alemanno - testimonia il nostro impegno a favore della riabilitazione dei detenuti in quanto questo protocollo d’intesa rappresenta un passaggio importante per gettare le basi per dei percorsi di integrazione e di recupero per tutti i reclusi, che sono cittadini di Roma a tutti gli effetti”. L’avvocato Pegorari ha aggiunto che “i detenuti meritano particolare attenzione proprio in conseguenza della loro condizione di persone private della libertà personale; quella attenzione che oggi si manifesta nel campo dello studio, così come è già avvenuto in altri campi”. “Un esempio contagioso che vorrei veder replicato in analoghe realtà italiane”, ha sottolineato invece l’avvocato Mauro Vaglio, che ha reso manifesta la sua intenzione di darsi da fare per raccomandare l’attuazione presso altri Presidenti di Consigli dell’Ordine territoriali d’Italia”. Reggio Calabria: involucri con cannabis sequestrati all’interno del carcere Agi, 30 maggio 2012 Il personale della polizia penitenziaria di Reggio Calabria, con l’ausilio delle unità cinofile della polizia penitenziaria della Sardegna, ha rinvenuto due involucri contenenti cannabis all’interno del carcere cittadino. Gli involucri sono stati rinvenuti tra il piazzale esterno del carcere e il settore colloqui, luogo cui hanno accesso anche le persone provenienti dall’esterno. “Sono sempre frequenti i tentativi di introdurre droga - affermano Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto del Sappe e Damiano Bellucci, segretario nazionale - in carcere, dove, a livello nazionale, i detenuti tossicodipendenti sono il 25% circa. Nonostante in Italia ci sia una legislazione molto favorevole che consente di accedere ai benefici della sospensione della pena e dell’affidanebto terapeutico, quando si è superato un programma di recupero o tale programma è in corso, i tossicodipendenti continuano a rimanere in carcere e la polizia penitenziaria non ha neanche gli strumenti idonei per contrastare i tentativi di portare le sostanze stupefacenti all’interno delle strutture. Infatti, sono solo sei - concludono - le regioni che dispongono delle unità cinofile e tra queste non c’è la Calabria”. Trapani: progetto di educazione alla legalità, incontro tra detenuti e studenti La Sicilia, 30 maggio 2012 Ha preso il via ieri il progetto di educazione alla legalità alla Casa circondariale diretta da Paolo Malato. Un progetto che prevede l’incontro fra i detenuti e gli studenti per consentire uno scambio tra i primi e la comunità esterna. L’iniziativa è stata voluta oltre che dal direttore, anche dal suo staff , il Commissario Carmelo Arena, la responsabile delle attività tratta mentali, Lilli Castiglione e il cappellano Jean Paul Barrow, e rientra tra le attività rieducative e trattamentali il cui fine ultimo è quello di consentire un reinserimento dei detenuti nella società esterna. “Abbiamo pensato di effettuare tale percorso di legalità partendo da un momento di confronto con gli studenti nelle loro classi per prepararli all’impatto che il carcere può avere su ciascuno di loro - dice Lilli Castiglione - e abbiamo deciso di affrontare argomenti quali il pregiudizio, il lavoro, la progettualità futura”. L’istituto che ha dato il via al progetto è stato il Professionale “Cosentino” coordinato dal dirigente scolastico Mariano Savalla accompagnato dai docenti Giacomo Bertuglia e Antonino Sammartano. Durante l’incontro molte sono state le occasioni per riflettere sugli errori commessi, sulla voglia di un cambiamento e sulle possibilità offerte dalla società, e molti i ringraziamenti dei detenuti - sia locali che extracomunitari - per questa occasione di incontro con gli studenti - ventotto di una IV classe - che ha permesso loro affrontare argomenti di interesse comune. Avellino: il 25 giugno convegno della Uil-Pa sulla “sorveglianza dinamica” Adnkronos, 30 maggio 2012 “Le parole e gli auspici del presidente Napolitano, gli apprezzamenti e le sollecitazioni del ministro Severino, l’entusiasmo e la convinzione del presidente del Dap Tamburino nel volere affermare un progetto innovativo di sorveglianza dinamica e l’ineluttabilità del futuro ci spingono a verificare un percorso di responsabile condivisione perché gli obiettivi dell’Amministrazione si contemperino con i diritti del personale”. Lo dichiara Eugenio Sarno, segretario Generale della Uil Pa Penitenziari, annunciando il convegno dal titolo “Sorveglianza dinamica, patti di responsabilità, volontariato e territorio: il carcere possibile”, che si terrà il prossimo 25 giugno presso l’Aula Magna della Casa circondariale di Avellino. “Il futuro ci consegna una prospettiva di 70mila detenuti, l’apertura di nuovi penitenziari e l’attivazione di nuovi padiglioni detentivi mentre l’organico della polizia penitenziaria resterà drammaticamente fermo al di sotto delle 40mila unità - sottolinea Sarno. In questo quadro d’insieme abbiamo scelto la via della responsabilità e del dialogo piuttosto che la strada della demagogia e dello scontro. Ovviamente verificheremo momento per momento le garanzie di operatività e di sostenibilità del nuovo progetto di sorveglianza dinamica che potrebbe interessare circa 21mila detenuti”. “Da anni - spiega Sarno - sosteniamo che l’attivazione di circuiti differenziati avrebbe potuto favorire soluzioni gestionali. Il progetto del presidente Tamburino ci pare vada in quella direzione, per questo cercheremo di dare il nostro contributo di idee ed esperienze”. Napoli: domani la Polizia penitenziaria di Chieti recita per i detenuti di Poggioreale www.imgpress.it, 30 maggio 2012 La Polizia Penitenziaria di Chieti, con la propria compagnia teatrale, porta Eduardo De Filippo (nello specifico, la commedia in tre atti “Filumena Marturano”) sul palcoscenico della casa circondariale “Poggioreale” di Napoli. La messa in scena è prevista per il prossimo giovedì 31 maggio, alle ore 14, presso il teatro interno alla struttura carceraria. Dopo l’enorme successo di pubblico e critica riscosso presso il Teatro Marrucino di Chieti, gli agenti teatini si cimentano in un’esperienza di solidarietà umana: il gruppo teatrale si esibisce davanti al pubblico dei detenuti napoletani. Test importantissimo per l’amore che lega i partenopei a Eduardo, il teatro “delle guardie per i detenuti” è un esempio unico di solidarietà all’interno delle carceri italiane. Gli agenti penitenziari toccano ogni giorno con mano il dolore dei familiari, l’emarginazione, la promiscuità, la povertà dei reclusi. Sono testimoni della necessità di recuperare le persone, e vorrebbero che quando si parla di certezza della pena, non si intenda solo la certezza del carcere. La compagnia teatrale è composta da 12 attori, tutti in servizio presso la Casa Circondariale di Chieti, di cui 10 “in divisa”, una insegnante penitenziaria anche regista dello spettacolo e napoletana verace, un’altra educatrice. Crotone: “Liberi di Speranza”, il ricordo delle proprie tradizioni dà speranza ai detenuti Gazzetta del Sud, 30 maggio 2012 Dare a cinquanta detenuti la possibilità di ritrovarsi a contatto , anche per poche ore, con radici e tradizioni della propria terra: è stato l’obiettivo del progetto istituzionale “Liberi di Speranza” organizzato dalla Provincia di Crotone per i detenuti crotonesi ospiti della casa Circondariale di Siano. Un momento molto semplice fatto di danze, musiche folkloristiche e un ricco buffet di pietanze tipiche provenienti da “Kroton” al quale erano presenti il vicepresidente vicario del consiglio provinciale Raffaele Martino, l’altro vicepresidente del Consiglio provinciale Antonio Scigliano e naturalmente il direttore della casa circondariale Angela Paravati. In realtà si è trattato di due iniziative similari rivolte, in due distinti momenti, a due gruppi di detenuti di circuiti penitenziari differenti che, per ovvi motivi di sicurezza, non si potevano incontrare. “Con questo momento - ha osservato Martino - vogliamo stare vicino ai problemi dei detenuti della provincia di Crotone, lanciando loro un messaggio di speranza che nasce proprio nel mese dedicato alla Madonna”. “Abbiamo voluto riavvicinare - ha aggiunto il vicepresidente vicario del Consiglio provinciale di Crotone - i detenuti alle radici della loro terra, persone che pur sbagliando non possono restare lontani dai loro affetti più cari. Il mondo penitenziario è molto crudo, ma la detenzione deve anche far riflettere e proiettare il detenuto verso un costruttivo futuro”. Ad allietare i detenuti, alla presenza di mons. Francesco Frandina vicario generale della diocesi di Crotone e Santa Severina retta da S. E. Mons Domenico Graziani, vi era il gruppo Folk “Canterini di Aesylon”, i bersaglieri della sezione di Isola Capo Rizzuto e l’Associazione Giovanile Midrashim. “Stare in contatto con le proprie radici è una condizione essenziale per ogni detenuto - ha detto la Paravati - ed è per questo motivo che ho accettato in pieno la proposta della Provincia di Crotone”. “Questa iniziativa - ha aggiunto - porta il carcere ed i suoi detenuti in un contesto educativo diverso, perché rappresenta un positivo momento di percorso per i nostri ospiti che possono avvicinarsi alle loro tradizioni senza sentirne molto la mancanza”. Secondo il vicepresidente Scigliano si tratta di un atto doveroso e nobile per un ente istituzionale che dovrebbe essere preso da esempio per tutte le altre province calabresi. “Si tratta di un momento di sensibilità - ha detto Scigliano - un gesto semplice per portare conforto ai nostri concittadini che non devono perdere il desiderio di un futuro migliore”. “Ma si tratta anche di un’occasione - ha concluso Scigliano - per sensibilizzare gli organi giudiziari verso processi più celeri in modo da non far trascorrere, come spesso accade, periodi di detenzione molto lunghi a persone che si rivelano poi degli innocenti”. Immigrazione: il Cie di Bologna è un cimitero, i Radicali lanciano l’emergenza di Silvia De Paquale Affari Italiani, 30 maggio 2012 “Abbiamo visitato un campo di concentramento”, queste le parole dell’on. Rita Bernardini all’uscita del Centro di identificazione ed espulsione bolognese di via Mattei. Una delegazione guidata dalla parlamentare Radicale ha visitato lunedì 28 mattina il Cie di Bologna, già al centro di numerose polemiche e di un appello per la sua chiusura lanciato da associazioni locali e politici. Un esperimento che in tantissimi considerano fallimentare sotto il profilo amministrativo e che continua a porre problemi di ordine sociale e umanitario, oltre che di rispetto dei diritti umani fondamentali. La struttura ospita cittadini stranieri “sottoposti a provvedimenti di espulsione e/o di respingimento con accompagnamento coattivo alla frontiera”, per non più di 18 mesi. La gran parte degli “ospiti” della struttura (così chiamati perché l’ordinamento italiano formalmente non li considera detenuti) attualmente è rinchiusa da 2-3 mesi e, in base all’ultima rilevazione, ci sono attualmente 30 donne e 23 uomini, a fronte di una capienza di 95 persone (45 donne e 50 uomini). Dall’inizio dell’anno sono già 18 quelli che sono riusciti a fuggire, e un ragazzo di 21 anni è deceduto per overdose. Il centro risulta quasi più impenetrabile di un carcere: serrato a telecamere e cronisti, possono visitarlo solo i parlamentari accompagnati da non più di due delegati. Chi ha visitato il Cie bolognese lunedì mattina conferma come la situazione al suo interno abbia delle preoccupanti carenze igienico sanitarie e come le condizioni degli alloggi rasentino la tortura. Nelle camerate non sono presenti armadi né specchi. Come scuri per le finestre vengono utilizzati fogli di giornale. I letti sono costituiti da blocchi di cemento e i materassi, in materiale ignifugo, saltano agli occhi per essere logori e troppo sottili. Mancano lenzuola, coperte e tende. Tra l’altro, come ci ha raccontato Gianmarco Bondi della delegazione Radicale che ha accompagnato Rita Bernardini, “a quanto dettoci, alcuni copriletto erano stati appena consegnati in previsione della nostra visita e, a conferma di ciò, un “ospite” dormiva privo di questo, seppur minimo, conforto. Non sorprende che, in gergo, le camerate vengano definite ‘cimiterò.” Le docce, rotte e fatiscenti, sono spesso prive di riscaldamento. Per l’acquisto di schede telefoniche, sigarette e altri generi alimentari, gli “ospiti” dispongono di un budget giornaliero di 2,50€ cumulabili e non spendibili al di fuori del centro. Non è però semplice comunicare con l’esterno: pare che a seguito della segnalazione del malfunzionamento dell’apparecchio telefonico fisso “il direttore ha ricordato che, conoscendo la Telecom il luogo dove si ha il danneggiamento e la frequenza con la quale si verificano tali episodi, la stessa non provvede celermente alle riparazioni e, di fatto, priva colori i quali non dispongono di telefono cellulare della possibilità di contattare i proprio cari”. Nessuno dei reclusi fa mistero della voglia di scappare dalla struttura, a dimostrazione di quanto sia grande la loro disperazione. Che l’esperimento Cie sia fallito sono in molti a dirlo: martedì scorso la Garante regionale Desi Bruno, dopo aver visitato il centro, ha sottolineato come il calo progressivo delle presenze rafforzi gli interrogativi sull’utilità di queste strutture. Nella gran parte dei casi i cittadini stranieri vengono trattenuti fino alla scadenza dei 18 mesi senza che l’identificazione si compia, e nel 2011 sono state eseguite solo il 50% delle espulsioni. Per Rita Bernardini risulta ancora più preoccupante il futuro della gestione del Centro di identificazione ed espulsione di Bologna. L’attuale gestore, Le Misericordie, spende oggi 69,50 € per trattenuto. Da luglio l’appalto per la gestione passerà al consorzio Oasi, che ha vinto la gara d’appalto al massimo ribasso: 28,50€ al giorno a fronte di una base d’asta di 30 € per ogni ospite. Oltre all’irrisorio budget stanziato, a preoccupare sono soprattutto i soci di Oasi: come ha ricordato l’on. Bernardini, tra questi c’è anche Marco Bianca, vicepresidente della cooperativa Alma Mater di Cassibile (Siracusa), chiusa a seguito delle sue innumerevoli interrogazioni parlamentari. La cattiva gestione del centro da parte di Marco Bianca, infatti, nel 2010 aveva portato all’apertura di un contenzioso con il Comune di Siracusa. E lo stesso è stato rinviato a giudizio per truffa ai danni dello Stato e fatture gonfiate per la gestione del centro siciliano. Droghe: Perduca (Radicali); legalizzare l’uso, unica soluzione per battere le mafie Ansa, 30 maggio 2012 “In questo momento in Italia l’unica cosa realmente proibita è discutere dell’alternativa allo status quo rappresentata dalla legalizzazione del commercio, distribuzione e consumo delle sostanze attualmente proibite”. È quanto affermano in una dichiarazione Marco Perduca, senatore eletto nelle liste del Pd e Giulio Manfredi, della direzione del partito, secondo i quali la liberalizzazione dell’uso degli stupefacenti assesterebbe un duro colpo ai commerci delle mafie. “Grazie alla recente Festa della Polizia siamo venuti a conoscenza - aggiungono i due radicali - che a Milano i sequestri di eroina sono passati da 1,782 chili nel primo quadrimestre 2011 a ben 46,837 chili nello stesso periodo del 2012; a Torino i sequestri di cocaina sono passati dai 26 kg sequestrati in tutto il 2011 a ben 60 chili sequestrati nel primo quadrimestre 2012. È risaputo che la percentuale dei sequestri non varia sostanzialmente nel tempo e corrisponde a non più del 10% delle droghe in circolazione. Quindi, un aumento esponenziale delle quantità sequestrate segnala un aumento esponenziale delle droghe in circolazione; ne consegue un aumento esponenziale dei profitti delle narcomafie e un aumento esponenziale - concludono - della forza di penetrazione delle stesse nell’economia legale”. India: i due marò italiani liberi su cauzione Asca, 30 maggio 2012 La Corte Suprema del Kerala ha accolto la richiesta di libertà su cauzione formulata dai legali dei due marò detenuti in India, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Lo riferiscono l’emittente Ibn-Live e Ndtv. La notizia era già stata diffusa in mattinata dall’edizione online del Tg1, secondo cui già domani i due fucilieri potrebbero lasciare l’ex riformatorio dove sono stati trasferiti nei giorni scorsi. Il giudice, a quanto si apprende, potrebbe richiedere ai due marò di risiedere in Kerala o consentire loro di alloggiare nei locali dell’ambasciata italiana a Nuova Dehli. La magistratura ha anche chiesto che due cittadini indiani facciano da garanti affinché i due militari partecipino a tutte le fasi del processo che potrebbe iniziare tra due settimane. Ieri l’Alta Corte di Kochi aveva respinto il ricorso del governo italiano riguardante la giurisdizione da applicare ai due marò. Cuba: italiano in carcere; 25 anni in primo grado, pochi mesi di sconto in appello La Nazione, 30 maggio 2012 Uno sconto di pena di pochi mesi che sembra solo una terribile beffa. È finito male anche il processo d’appello per Simone Pini, il fiorentino di 43 anni detenuto a Cuba con l’accusa di aver partecipato a un festino a luci rosse in cui morì una ragazzina e, per questo, condannato in primo grado a 25 anni di carcere: “Ci hanno avvertito poche ore fa - ha spiegato ieri l’avvocato Mattia Alfano, che segue il caso di Pini in Italia assieme ai colleghi Guido Ferradini e Francesco Stefani - che il processo di secondo grado ha prodotto solo una riduzione di pochi mesi. Ora decideremo quali strade seguire per riportare Simone a casa”. Il Codice penale cubano ha solo due gradi di giudizio: a questo punto, solo un intervento diretto del governo potrebbe portare a una riapertura del caso, ipotesi che appare francamente difficile. Inspiegabile, invece, che le prove portate in aula dall’avvocato cubano di Pini siano state del tutto ignorate: testimonianze, tabulati telefonici e biglietti aerei che dimostravano che l’uomo era a Firenze e non a Cuba il 14 maggio 2010, giorno in cui, secondo l’accusa, la 12enne Lilian Ramirez Espinosa è morta per un attacco d’asma provocato dall’assunzione di alcol e droghe, non sono bastate a convincere i giudici. Una sentenza che lascia molti dubbi anche tra i numerosi blogger cubani che, a differenza dell’informazione ufficiale, si sono occupati del caso. Assieme a Pini, in carcere sono finiti Angelo Malavasi (45 anni, modenese) e Luigi Sartorio (44, vicentino): condannato a 25 anni il primo, a 20 il secondo. Tutti e tre si proclamano innocenti. E sono in cella da due anni. Usa: in California si suicida detenuto del braccio della morte Adnkronos, 30 maggio 2012 Un detenuto del braccio della morte della San Quentin State Prison si è suicidato. Lo hanno reso noto le autorità carcerarie della California, precisando che James Lee Crummel si è tolto la vita impiccandosi nella sua cella. L’uomo era stato condannato a morte nel 2004 per aver sequestrato, molestato e ucciso un bambino di 13 anni che era scomparso nel 1979. Crummel si era sempre dichiarato innocente. Israele: 4.600 palestinesi nelle prigioni israeliane, 215 sono bambini InfoPal, 30 maggio 2012 Attualmente sono 4.600 i cittadini palestinesi detenuti nelle prigioni dell’occupazione israeliana distribuiti tra più di 17 tra carceri e centri di detenzione. Le prigioniere palestinesi in Israele sono ancora 5, tra di essi Lina al-Jarbuni è detenuta da più di 10 anni. 215 sono minori e bambini, 302 sono detenuti amministrativi (senz’accusa e prorogabile ad oltranza, ndr), 27 i deputati ed tre gli ex ministri. Provenienza dei detenuti: Al-Quds (Gerusalemme) e Israele (Palestina occupata nel 48): 345. Striscia di Gaza: 463. Cisgiordania: 3.792 tra cui cittadini giordani, siriani ed egiziani. I prigionieri decani, vale a dire i palestinesi che sono detenuti da Israele da oltre 20 anni sono 62. I prigionieri detti “i generali”, detenuti da più di 25 anni sono 22. Dallo scoppio dell’Intifada al-Aqsa (settembre 2000) ad oggi, Israele ha arrestato oltre 75mila palestinesi tra i quali 9.900 sono minori e bambini e 900 donne. Bahrein: rilasciata l’attivista per i diritti umani Zainab al-Khawaja Nova, 30 maggio 2012 È stata rilasciata oggi nel Bahrein la figlia dell’attivista per i diritti umani, Abdelhadi al-Khawaja. Le autorit, riferisce “al Quds al Arabi”, erano gi in procinto di rilasciare Zainab al-Khawaja, figlia del noto oppositore e attivista per i diritti umani, nella giornata di ieri. Zainab ha trascorso un mese in carcere per “adunata sediziosa e oltraggio a pubblico ufficiale” e ha dovuto pagare anche un’ammenda pari di 300 dollari. Suo padre ha appena messo fine a un lunghissimo sciopero della fame durata 110 giorni. Contro di lui le autorit giudiziarie di Manama aveva emesso una sentenza di carcere a vita per il suo ruolo nelle proteste della maggioranza sciita avvenuta nel regno un anno fa.