Giustizia: amnistia o nuove carceri, un bivio ineludibile di Ruggiero Capone L’Opinione, 25 maggio 2012 Secondo il garante dei detenuti, Franco Corleone, “occorre interrompere il flusso di entrata” oltre che concedere rapidamente l’amnistia. La parlamentare Radicale, Rita Bernardini nel testo presentato alla Camera nella seduta del 16 dicembre 2011 riassunse che “l’efficienza del sistema giustizia è essenziale infatti per lo sviluppo della nazione, atteso che, attualmente, esso rappresenta un costo come l’1 per cento del Pil e che l’ex governatore della Banca d’Italia, in una sua recente relazione, individua il miglioramento dell’efficienza del nostro apparato giudiziario tra le otto priorità per favorire la ripresa economica in Italia... l’attuale situazione di profonda e devastante illegalità in cui versano il nostro sistema giudiziario e penitenziario non possono essere affrontate con misure sul fronte dell’edilizia penitenziaria o della depenalizzazione dei reati minori o del potenziamento delle misure alternative, se le stesse non saranno precedute da provvedimenti quali l’amnistia e l’indulto, i quali avrebbero il pregio di riattivare immediatamente i meccanismi giudiziari ormai prossimi al collasso...”. In dieci anni il sistema penitenziario italiano è costato 29 miliardi di euro. Dal 2007 al 2010 le spese sono state ridotte del 10%, ma in modo diseguale: il personale ha rinunciato al 5% del budget, i detenuti e le strutture penitenziarie hanno avuto il 31% in meno di fondi. È lampante il caso della casa circondariale di Viterbo (il Mammagialla) che, non pagando le bollette dell’acqua, ha subito il taglio dell’utenza da parte della struttura acquedottistica del locale consorzio di bonifica: per quasi una settimana i detenuti hanno avuto l’acqua corrente per meno d’un ora al giorno. A livello nazionale il costo medio giornaliero per ogni detenuto è ormai al minimo storico, per l’effetto concomitante dell’aumento della popolazione detenuta e della diminuzione delle risorse. Dal 2000 ad oggi il costo medio annuo del Dap è stato di 2 miliardi e mezzo di euro. E negli ultimi dieci anni il sistema carcerario italiano è costato alle casse dello stato oltre 28 miliardi di euro, ai quali vanno aggiunti gli stanziamenti per il Piano straordinario di edilizia penitenziaria (finora circa 600 milioni euro) e la spesa per l’assistenza sanitaria ai detenuti, che dal 2008 è sostenuta dal ministero della Salute per un importo medio annuo di 90 milioni euro. Complessivamente, dal 2001 al 2010, le carceri sono costate alla collettività circa 29 miliardi euro. Nel 2007 la spesa, pari a 3 miliardi e 95 milioni euro, ha segnato il massimo storico. Nel 2010, per effetto dei tagli imposti dalle ultime Leggi Finanziarie, la spesa è risultata essere di 2 miliari e 770 milioni euro, in calo di circa il 10% rispetto al 2007. Ma il biennio 2011-2012 passerà alla storia anche per i sacrifici che il governo tecnico sta chiedendo alla popolazione carceraria: aumento demografico nelle singole celle (i 9 in celle da 4), diminuzione dei servizi essenziali e taglio alle spese sanitarie. Così ad ogni singolo detenuto viene comminata una doppia condanna, e perché oltre alla detenzione il 50% dei reclusi contrae patologie da soggiorno carcerario. Il 79,2% dei costi nel decennio appena trascorso sono stati assorbiti dai circa 48.000 dipendenti del Dap (polizia penitenziaria, amministrativi, dirigenti, educatori, etc.), il 13% dal mantenimento dei detenuti (corredo, vitto, cure sanitarie, istruzione, assistenza sociale, etc.), il 4,4% dalla manutenzione delle carceri e il 3,4% dal loro funzionamento (energia elettrica, acqua, etc.). L’incidenza del costo relativo al personale negli ultimi 4 anni è aumentata di ben 5 punti percentuali (dal 79,3 del 2007 all’84,3% del 2010), quindi i “sacrifici” non si sono scaricati equamente sui diversi capitoli di spesa, ed i detenuti (ob torto collo) devono subire. Così mentre il sovraffollamento ha raggiunto livelli mai visti (in 30 mesi i detenuti sono aumentati di quasi 30 mila unità: dai 39.005 dell’1 gennaio 2007 ai 67.961 del 31 dicembre 2010) e nel 2012 lo “svuotacarceri” non ha diminuito che di appena una decina d’unità il numero dei reclusi. Ecco che i tagli riguarderebbero proprio i costi di funzionamento delle carceri: acqua, luce, energia elettrica, gas e telefoni, pulizia locali, riscaldamento... Tagli che hanno come conseguenza sporcizia e l’incuria, logicamente passa in secondo piano la cosiddetta “rieducazione”. I dati che abbiamo esaminato ci rivengono dal Centro Studi Ristretti Orizzonti, che ha riassunto i costi carcerari dalla Ragioneria generale dello stato, dalla Corte dei Conti e dal ministero della Giustizia (Dipartimento della amministrazione penitenziaria). Ecco che i tagli, il rigore di Monti, impone la riduzione di “manutenzione, riparazione, adattamento, ristrutturazione, completamento ed ampliamento degli immobili carcerari e dei relativi impianti”. Nonché il dimezzamento delle “spese per il pagamento dei canoni acqua, luce, energia elettrica, gas e telefoni, conversazioni telefoniche nonché per la pulizia, il riscaldamento ed il condizionamento delle infrastrutture carcerarie”. “Fonti riservate” ci dicono che nelle strutture maggiormente congestionate da sovraffollamento sarebbero pronti ad intervenire i battaglioni di Polizia Penitenziaria e Carabinieri, per sedare con la forza ogni anelito di rivolta carceraria: notizia che dimostra come il livello di civiltà carceraria italiana sia ormai scaduto a quello di paesi dell’America latina, dell’Africa o del Sudest asiatico. Notizia che ha allarmato Felice Belisario, presidente dei senatori dell’Italia dei Valori, che ha ribattuto al monito del capo dello Stato Giorgio Napolitano. “Intanto, i luoghi di detenzione sono diventati una bomba ad orologeria pronta ad esplodere ogni giorno - afferma Belisario. Purtroppo, la riforma carceraria è stata sempre annunciata, ma mai realizzata. Lo svuota-carceri - insiste Belisario - è stato solo un provvedimento inutile, un compromesso al ribasso che non ha risolto nulla. Chi oggi invoca amnistia o indulto fa solo mera propaganda. La realtà è che per risolvere, almeno parzialmente, il problema della popolazione dei detenuti si deve procedere con l’apertura dei nuovi padiglioni, già realizzati, assumendo nel contempo nuovo personale”. Di diverso avviso la deputata radicale Rita Bernardini. “L’amnistia è la sola risposta all’illegalità - afferma la Bernardini. La situazione che il presidente Napolitano oggi definisce insostenibile era tale anche a luglio dello scorso anno, quando prese parte al convegno “Giustizia: in nome della legge e del popolo sovrano” che si tenne presso il Senato. Oggi usa la parola insostenibile e invoca misure straordinarie e strutturali, ma dietro queste parole può esserci di tutto. Il cosiddetto svuota-carceri, come avevamo previsto, non ha svuotato alcunché, si è anzi registrato un aumento di 500 detenuti in una sola settimana, come fa sapere l’Osapp. Urge la riforma sulla custodia cautelare in carcere, visto che il 42 per cento dei detenuti è in attesa di giudizio e la metà sarà riconosciuta innocente”. Intanto a metà 2012 il costo della giustizia è lievitato all’1,7% del Pil nazionale. Giustizia: ancora due suicidi in carcere, il Sappe chiede un incontro con la Severino Ansa, 25 maggio 2012 Un detenuto italiano di circa 50 anni si è suicidato nel carcere di Firenze Sollicciano. È accaduto poco dopo la mezzanotte e a darne la notizia è il Sappe (Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria). L’uomo - che era in attesa di giudizio per tentata rapina e aveva già avuto precedenti detenzioni- si è impiccato nel bagno della sua cella, utilizzando un lenzuolo. Un suicidio che segue quello di un altro detenuto avvenuto ieri a Novara e che “testimonia una volta di più la drammaticita quotidiana che si vive nello nostre galere, nelle quali i poliziotti penitenziari sono spesso lasciati da soli a gestire le mille criticità e problematiche”, sottolinea il segretario del Sappe Donato Capece. L’auspicio ora è che il Ministro della Giustizia Severino incontri presto il sindacato “per affrontare insieme soluzioni ai problemi carcerari e del Corpo di Polizia Penitenziaria”. Un altro detenuto italiano di 28 anni, intanto è morto ieri mattina all’interno della sua cella nel carcere di Latina. Lo rende noto il Garante dei detenuti Angiolo Marroni. Quello registrato ieri è il settimo decesso dall’inizio dell’anno nelle carceri della Regione Lazio: prima di quello odierno, cinque decessi erano stati registrati a Roma ed uno a Viterbo. Al di là di questa tragedia, spiega Marroni, l’ennesima dall’inizio dell’anno nelle carceri della Regione, mi preoccupa la situazione della struttura di Latina. Un carcere con evidenti problemi strutturali aggravati dalle gravi carenze di organico della polizia penitenziaria e, soprattutto da un sovraffollamento record: oggi i detenuti erano 193 a fronte di una capienza regolamentare di 86 posti. Da mesi il saldo fra chi entra e chi esce dal carcere è negativo e, ormai da giorni, una ventina di detenuti devono dormire per terra per mancanza di spazi. In queste condizioni diventa problematico non solo salvare vite, ma anche garantire condizioni minime di vivibilità”. Per denunciare la grave situazione, il personale della Polizia Penitenziaria del reparto di Lamezia Terme ha deciso di effettuare l’astensione dalla consumazione dei pasti dalla mensa obbligatoria di servizio “per protestare contro le gravi criticità in cui è chiamato a svolgere la propria attività - denuncia il Sappe - che lo costringe tra l’altro a effettuare, ormai da due mesi, un servizio di piantonamento di un detenuto in una struttura sanitaria senza la possibilità di consumare il pranzo e la cena e con l’organizzazione di turni di servizio di quasi nove ore”. Giustizia: Margara (Garante Toscana); riconoscere diritto alla sessualità per i detenuti www.firenzetoday.it, 25 maggio 2012 Il Garante regionale dei detenuti si è espresso perché si arrivi a garantire ai detenuti il diritto alla sessualità. Il coordinatore Corleone chiede alla politica di mobilitarsi. Parte da Firenze la proposta per estendere il diritto alla sessualità ai detenuti nelle carceri. Ad oggi le visite tra partner non possono essere “intime” dato che è necessaria la supervisione di un secondino, o comunque il monitoraggio di un’agente della polizia penitenziaria. Per questo l’aprile scorso il presidente del Tribunale di sorveglianza di Firenze, Antonella Fiorillo, ha fatto ricorso alla Corte Costituzionale. Nel mirino l’articolo 18 del trattamento penitenziario, risalente al 1975, che nel secondo comma recita: “… I colloqui si svolgono in appositi locali sotto il controllo a vista e non auditivo del personale di custodia. Particolare favore viene accordato ai colloqui con i familiari.” Di fatto niente deve sfuggire al controllo visivo. E oggi a fare sponda all’iniziativa del magistrato il Garante regionale dei detenuti, Alessandro Margara, introducendo la tavola rotonda “Degli affetti e delle pene”. “Quando parliamo di carcere c’è una costanza di cattive notizie: il sovraffollamento, i problemi igienici, i suicidi, l’ultimo dei quali è avvenuto proprio stanotte nel penitenziario fiorentino di Sollicciano. Grazie al tribunale di sorveglianza di Firenze, però, possiamo parlare di una buona notizia, perché la decisione di sollevare alcune eccezioni di costituzionalità per garantire ai detenuti il diritto alle relazioni affettive è una notizia positiva”. L’incontro è scaturito proprio dall’iniziativa del tribunale di sorveglianza. “In sostanza”, ha spiegato Margara, “si vuole riconoscere ai detenuti il diritto all’affettività e alla sessualità, scegliendo di risolvere il problema della sessualità proprio agendo a partire dalla sfera degli affetti”. Il divieto a normali relazioni familiari - “anche i semplici colloqui si svolgono solo sotto vigilanza visiva del personale di polizia penitenziaria”, ha affermato Margara - negano il rispetto della persona. “E la rinuncia forzata alla sessualità”, ha aggiunto, “è nociva del senso di sé della persona”. Gli interventi di diversi relatori hanno sottolineato che, nel quadro europeo, l’Italia è ormai uno dei pochi paesi che non prevede la possibilità di incontri in spazi dedicati e fino ad massimo di 72 ore, come avviene in Finlandia o in Russia, durante i quali i detenuti possono vivere vicini ai propri familiari e avere rapporti di intimità con il coniuge o il partner. In conclusione dei lavori Franco Corleone, coordinatore dei Garante dei detenuti, ha ricordato che “la questione, come molte altre in Italia, è riconducibile alla lentezza dei processi culturali e politici”. Corleone ha sottolineato che del tema si discute ormai dal 1996. “Nel 2000”, ha spiegato, “si introdusse la possibilità delle visite lunghe nel regolamento carcerario, ma il Consiglio di Stato le proibì con la motivazione che serviva una legge ad hoc. La legge non è mai arrivata”. In virtù delle eccezioni di costituzionalità sollevate dal tribunale di sorveglianza di Firenze Corleone si è augurato “che la politica abbia un sussulto di vitalità, decidendo di anticipare con una legge il pronunciamento della Corte”. Corleone ha ricordato che in Europa ci sono molti modelli a cui ispirarsi, “ma serve superare due aspetti culturali importanti. Il primo è quello di fare resistenza alla sperimentazione. Il secondo è che in Italia il sesso è visto e utilizzato come strumento di potere, mentre quando se ne parla come diritto della persona tutti diventano moralisti”. Sardegna: accordo tra ministri Severino e Passera per aprire subito carceri in costruzione La Nuova Sardegna, 25 maggio 2012 Due ostacoli abbattuti - altrettante gare d’appalto evitate - nella corsa del ministro della Giustizia Paola Severino per vedere finite le carceri di Sassari e Uta entro l’anno. Martedì il Guardasigilli ha incontrato il collega delle Infrastrutture, Corrado Passera, in un colloquio incentrato sui penitenziari della Sardegna. Perché “il completamento degli istituti è un tema che mi sta molto a cuore”, fa sapere la Severino attraverso un comunicato stampa. Il risultato è triplice: Bancali, a Sassari, deve essere consegnato entro l’autunno; per Uta, invece, l’associazione d’imprese ha firmato un impegno, quello di terminare l’opera entro il 31 dicembre prossimo. Viste le difficoltà di una delle due imprese in Ati, l’azienda Eugenio Ciotola, è promessa forse audace. La terza soluzione riguarda il carcere di Massama a Oristano, che il provveditore regionale dell’Amministrazione penitenziaria ha trovato chiuso, e sul quale incombe un’inchiesta della magistratura. Lo stop era dovuto ai problemi di una delle due società costruttrici, la pugliese Uniland finita in amministrazione controllata. Sarà la consociata Cimas a completare l’opera. È il risultato raggiunto dai due esponenti del governo, dopo i tre giorni nell’isola dell’inquilino di via Arenula. Rientrata a Roma il ministro ha compiuto verifiche sui tre fronti, e ha “intrapreso un cammino che porti alla soluzione di annosi problemi che si trascinano dal 2006 per le nuove carceri di Sassari, Uta-Cagliari e Massama-Oristano”. Questi gli “escamotage” trovati. Sassari-Bancali. Dalle Infrastrutture arrivano 3 milioni di euro (stessa cifra destinata a Uta) per completare gli allacciamenti alla rete fognaria e idrica, che in realtà avrebbe dovuto finanziare il Comune (come per le altre carceri). Ma trovare i fondi avrebbe comportato ulteriori ritardi, e allora Passera ha preferito allentare i cordoni della borsa. I tecnici hanno stabilito che, trattandosi di opere complementari a quella principale, sarà la stessa società Igit (che era in Ati con la Anemone, prima che questa si ritirasse per il coinvolgimento nel processo alla Cricca della Ferratella), che ha già completato gli edifici, a collegare le reti interne con il collettore cittadino, senza una nuova gara d’appalto. Sarebbe stata procedura lunga che avrebbe rinviato la chiusura del cantiere al prossimo anno. Invece in questo modo, è la promessa del ministro, “la consegna che sarebbe dovuta avvenire per contratto ben otto mesi fa, avverrà entro l’autunno”. Poi ci vuole il collaudo statico (quello amministrativo può essere rinviato). “Ma per fare in fretta - spiega il provveditore regionale alle Opere Pubbliche, Donato Carlea - il collaudo statico avverrà in corso d’opera”. Uta-Cagliari. Qui il caso si fa complicato. La Severino aveva fatto un confronto già durante il sopralluogo a Bancali, sabato scorso. E lo ripete dopo l’incontro con Passera. “Il carcere di Cagliari ha accumulato maggiori ritardi malgrado la sua costruzione sia stata avviata prima di quella dell’istituto di Sassari”. Le ragioni sono note: una delle due società costruttrici, Ciotola, arranca sotto il peso della crisi. Ma ieri i suoi rappresentanti, assieme a quelli della consociata Opere Pubbliche, hanno incontrato il provveditore Carleo e hanno messo nero su bianco una promessa: entro il 31 dicembre sarà pronto anche il penitenziario di Uta. Già ieri mattina sono state trasportate le coperture prefabbricate per la caserma agenti e l’edificio destinato ai detenuti al 41bis, bloccate dal fornitore che temeva di non essere pagato. Massama-Oristano. “Ci era stato segnalato via fax che le opere erano “praticamente ultimate”. Invece il provveditore regionale De Gesu ha trovato il cantiere chiuso”, rivela il ministro. Sembra sia stato raggiunto un accordo con una delle due società rimaste, la Cimas, che eseguirà gli ultimi lavori. A breve Passera risponderà all’interrogazione del deputato Pdl Mauro Pili, che aveva sollevato il caso Oristano. Firenze: detenuto si impicca a Sollicciano, mentre il carcere scoppia per troppe presenze di Valentina Marotta Corriere Fiorentino, 25 maggio 2012 L’uomo - che era in attesa di giudizio per tentata rapina - si è ucciso nel bagno della sua cella. Garante dei detenuti in sciopero della fame. Oltre mille dietro le sbarre. Un detenuto italiano di circa 50 anni si è suicidato nel carcere di Firenze, a Sollicciano. È accaduto poco dopo la mezzanotte e a darne la notizia è il Sappe (Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria). L’uomo - che era in attesa di giudizio per tentata rapina e aveva già avuto precedenti detenzioni- si è impiccato nel bagno della sua cella, utilizzando un lenzuolo. Un suicidio che segue quello di un altro detenuto avvenuto a Novara e che “testimonia una volta di più la drammaticità quotidiana che si vive nello nostre galere, nelle quali i poliziotti penitenziari sono spesso lasciati da soli a gestire le mille criticità e problematiche”, sottolinea il segretario del Sappe Donato Capece. Neppure gli animali vivono così Entrare dentro un carcere è come lasciarsi il mondo alle spalle. Pochi passi, un portone che si chiude rumorosamente e dal mondo dei vivi si passa nel sepolcro dei seppelliti vivi. Una condanna nella condanna per chi tra queste mura - in uno spazio medio di appena 2,6 metri quadri a detenuto - è costretto a vivere, mangiare, respirare, ridere, dormire, piangere, pregare, fumare, guardare la tv, venti ore su ventiquattro. Neppure gli animali vivono così, dice uno di loro: “Un suino ha diritto in allevamento a 6,2 metri quadri, noi neppure quelli”. “Come polli in batteria”, risponde un altro. A causa del sovraffollamento “oggi il carcere fa schifo” e “la situazione è drammatica: in Italia siamo sempre a 67-68 mila detenuti. Nel carcere fiorentino di Sollicciano, ad esempio, siamo stabilmente sopra mille”, il doppio della capienza regolamentare. Lo ha detto Franco Corleone, garante dei detenuti del Comune di Firenze, che da martedì ha avviato uno “sciopero della fame di qualche giorno” con l’intento di formare “una catena” che veda impegnati anche gli altri garanti ed esponenti del volontariato e delle associazioni. Corleone, che è anche coordinatore nazionale dei garanti delle carceri, ha inviato una lettera aperta ai suoi colleghi proponendo di cercare insieme soluzioni a questa “violenza silenziosa”. “Nel 2011 - ha spiegato - sono entrati in carcere per violazione dell’art. 73 della legge Giovanardi, cioè per detenzione di stupefacenti, 23 mila persone. Questo spiega il perché del sovraffollamento”. Secondo il garante di Firenze, - per il quale, tra l’altro, sono “finora modeste le proposte del ministro Severino” -, attraverso misure alternative per i detenuti tossicodipendenti, la modifica della legge Giovanardi e con “una amnistia specifica per il quinto comma dell’art. 73 della legge sulle droghe, cioè per i fatti di lieve entità” si potrebbe arrivare ad avere “nelle carceri circa il 40% in meno degli attuali detenuti”. Corleone ha anche annunciato che entro luglio dovrebbero concludersi alcuni lavori “per migliorare la situazione” nel carcere di Sollicciano: tra i principali, una seconda cucina, l’allargamento di passeggi, le docce (con l’acqua calda) nelle celle della sezione femminile. Radicali: ennesimo suicidio certifica morte stato di diritto in Italia Quello di stanotte a Sollicciano è il 23esimo suicidio nelle patrie galere frutto di un sistema penitenziario al collasso che viola recidivamente i principi costituzionali e il diritto internazionale. Da oltre 25 anni il nostro Paese viene condannato dagli organismi internazionali per la mala-amministrazione delle giustizia e le condizioni penitenziarie. Deteniamo il primato con il maggior numero di sentenze della Corte europea per i diritti dell’uomo rimaste inapplicate, le cui conseguenze più drammatiche vengono subite dal pianeta carcere. Il detenuto che si è tolto la vita questa notte era in attesa di giudizio (così come il 40% dei detenuti a livello nazionale) e quindi non ancora ritenuto colpevole definitivamente dalla giustizia italiana. Contro questa patente quotidiana violazione della legalità costituzionale, nei confronti della quale la Ministra Severino continua colle sue inutili proposte di piccolissimo cabotaggio, si può giocare solo un provvedimento radicale e strutturale: l’amnistia, il resto del pacchetto Severino di piccole modifiche ai codici servirà solo a riempirsi la bocca per i funerali delle vittime che non verranno neanche degnati di una presenza ministeriale. Latina: detenuto di 28 anni trovato morto in cella, nel Lazio settimo decesso da inizio anno Ristretti Orizzonti, 25 maggio 2012 Un detenuto italiano di 28 anni è morto la mattina del 24 maggio all’interno della sua cella nel carcere di Latina. Lo rende noto il Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni con un comunicato. “Quello registrato oggi è il settimo decesso dall’inizio dell’anno nelle carceri della Regione Lazio - afferma Marroni: prima di quello odierno, cinque decessi erano stati registrati a Roma ed uno a Viterbo”. Secondo le informazioni in possesso del Garante, il giovane, originario di Gaeta e con problemi legati all’uso di droghe, era stato arrestato il 23 maggio per il furto di un portafogli e trasferito in serata nel carcere di Latina. Subito dopo il suo ingresso nel penitenziario l’uomo aveva accusato dei dolori ad un fianco, era stato visitato e gli era stato somministrato un antidolorifico. Ad accorgersi del decesso il 24 maggio è stato il compagno di cella che rientrando dall’ora d’aria lo ha trovato esanime. I soccorsi sono stati immediati, riferisce l’ufficio del Garante: all’uomo è stato praticato prima il massaggio cardiaco poi si è tentato di rianimarlo anche con il defibrillatore, ma è stato tutto inutile. “Dalle informazioni in mio possesso - ha detto Marroni - è stato fatto tutto il possibile per salvare la vita di quest’uomo e, dunque, non mi sembra vi siano addebiti specifici da fare, anche se spetterà alla magistratura fare chiarezza anche attraverso una eventuale autopsia”. “Ma, al di là di questa tragedia, l’ennesima dall’inizio dell’anno nelle carceri della Regione, mi preoccupa la situazione della struttura di Latina - ha aggiunto il Garante. Un carcere con evidenti problemi strutturali aggravati dalle gravi carenze di organico della polizia penitenziaria e, soprattutto da un sovraffollamento record: oggi i detenuti erano 193 a fronte di una capienza regolamentare di 86 posti. Da mesi il saldo fra chi entra e chi esce dal carcere è negativo e, ormai da giorni, una ventina di detenuti devono dormire per terra per mancanza di spazi. In queste condizioni diventa problematico non solo salvare vite, ma anche garantire condizioni minime di vivibilità”. Radicali: interrogazione su morte detenuto Latina Questa mattina i Consiglieri Regionali Radicali, il Capogruppo Giuseppe Rossodivita e Rocco Berardo, Lista Bonino Pannella, Federalisti Europei, hanno depositato una interrogazione urgente alla Presidente della Regione Lazio, Renata Polverini e all’Assessore ai Rapporti con gli Enti Locali e Politiche per la sicurezza Giuseppe Emanuele Cangemi riguardo il suicidio avvenuto ieri nel carcere di Latina di un detenuto italiano di 28 anni. La stessa interrogazione è stata depositata alla Camera dei deputati da Rita Bernardini, deputata Radicale-Pd. Il giovane originario di Gaeta subito dopo il suo ingresso nel penitenziario aveva accusato dei dolori ad un fianco, era stato visitato e gli era stato somministrato un antidolorifico. Ad accorgersi del decesso, sarebbe stato il compagno di cella che rientrando dall’ora d’aria lo ha trovato esanime. Si tratta del settimo decesso dall’inizio dell’anno nelle carceri della Regione Lazio: prima di questo, cinque altri decessi erano stati registrati a Roma ed uno a Viterbo. Il carcere di Latina, con evidenti problemi strutturali, aggravati dalle carenze di organico della polizia penitenziaria, così come segnalato dal Garante dei detenuti della Regione Lazio, ha un sovraffollamento record: i detenuti sono 193 a fronte di una capienza regolamentare di 86 posti. Da mesi il saldo fra chi entra e chi esce dal carcere è negativo e, ormai da giorni, una ventina di detenuti devono dormire per terra per mancanza di spazi. In queste condizioni diventa problematico non solo salvare vite, ma anche garantire condizioni minime di vivibilità. I Consiglieri della Lista Bonino Pannella, Federalisti Europei chiedono di sapere quali siano le cause che hanno provocato il decesso dell’uomo, con chi divideva la cella e di quanti metri quadrati disponesse il detenuto rinvenuto cadavere nella sua cella; se il detenuto morto fosse alloggiato all’interno di una cella rispondente a requisiti di sanità e igiene; se al momento del decesso all’interno del carcere fosse presente il medico di turno; quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di contrastare il grave e preoccupante sovraffollamento che si registra nel carcere di Latina e quali segnalazioni sono state fatte finora al Governo rispetto a tali fatti. Lo comunicano i Radicali in una nota. Ferrara: Radicali; dopo terremoto controllare danni procurati al carcere Dire, 25 maggio 2012 Assicurarsi che il carcere di Ferrara non abbia subito danni strutturali dal terremoto che da alcuni giorni sta mettendo a dura prova l’Emilia-Romagna. Lo chiedono al ministro della Giustizia, Paola Severino, i deputati radicali Rita Bernardini, Marco Beltrandi, Maria Antonietta Farina Coscioni, Matteo Mecacci, Maurizio Turco ed Elisabetta Zamparutti, che ieri hanno depositato un’interrogazione alla Camera su questo argomento. Il carcere di Ferrara, dubito dopo la prima e più forte scossa delle 4.04 di domenica, è stato evacuato in via precauzionale. I 500 detenuti, aveva spiegato lunedì in una nota il segretario aggiunto del Sappe, Giovanni Battista Durante, erano stati fatti uscire dalla struttura e sistemati negli spazi esterni come cortile, campo da calcio e da pallavolo. I radicali, dopo aver letto questa notizia, si sono preoccupati e hanno deciso di chiedere lumi a Severino. Anzitutto per capire dove siano stati sistemati i detenuti evacuati, poi per assicurarsi che il carcere sia stato controllato e non abbia riportato danni. Alla prima domanda, in realtà, risponde lo stesso Durante, spiegando che dopo la grande paura notturna e dopo l’uscita precauzionale, “i detenuti quella stessa notte sono rientrati nella struttura”. L’operazione di evacuazione, però, non è stata semplice per diverse ragioni: in primis perché il numero di agenti in servizio di notte è molto limitato (sono stati chiamati rinforzi tra i colleghi a casa e tra chi dormiva in caserma), in secondo luogo perché tra i detenuti c’erano molti collaboratori di giustizia, in parte sottoposti al regime di alta sicurezza, che non potevano comunicare tra di loro (quindi gli agenti hanno dovuto sistemarli in posti diversi stando attenti a non farli comunicare). Quanto alla situazione delle verifiche alla struttura del carcere, Durante si limita a dire che sa che “i vertici dell’istituto hanno chiesto l’intervento dei vigili del fuoco, per verificare eventuali danni strutturali”. Ma i Radicali chiedono a Severino di assicurarsi che tutto sia a posto, per l’incolumità di detenuti e agenti. “In luoghi come le carceri, eventi di questo tipo possono assumere aspetti ancora più drammatici, considerato che coloro che si trovano nelle strutture detentive, perché reclusi, oppure perché ci lavorano, non possono allontanarsi”, scrivono i sei deputati Radicali, che vogliono sapere dal ministro della Giustizia “se sia stata verificata la presenza di eventuali danni strutturali nel carcere di Ferrara dopo l’evento sismico”. Nuoro: Sdr; ergastolano ottiene dopo 8 anni trasferimento colloqui, ma resta solo 2 mesi Ansa, 25 maggio 2012 “Il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria continua a non rispettare la territorialità della pena e a tradire il principio del rispetto dei rapporti affettivi dei detenuti con i loro familiari. L’esempio più immediato è quello di Mario Trudu che, dopo 8 anni, ha ottenuto un avvicinamento temporaneo per colloqui nel carcere nuorese di Badu e Carros per poter incontrare la sorella gravemente malata”. Lo sottolinea Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme” ricordando che con un’ordinanza il Tribunale di Sorveglianza di Perugia aveva invitato il responsabile della Direzione Generale Detenuti e Trattamento del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ad “adottare ogni provvedimento amministrativo necessario a tutelare l’esigenza di regolare svolgimento di colloqui con i propri familiari rappresentata da Mario Trudu”. “L’ergastolano di Arzana, in carcere dal 1979, nel maggio 2011 - ricorda la Presidente di Sdr - aveva presentato una domanda per ottenere un breve permesso per fare visita alla sorella, residente in Sardegna, che non vedeva dal 2004 in quanto la donna, per motivi di salute, non era in condizione di affrontare un così lungo viaggio. Il Magistrato di Sorveglianza di Spoleto però aveva rigettato la domanda in quanto la possibilità di fruire dei cosiddetti permessi di necessità è riservata a “eventi familiari di particolare gravità”. In seguito al reclamo del detenuto, il Tribunale riunito in Camera di Consiglio, pur non accogliendo la richiesta, aveva sottolineato che “la territorialità della pena sancita dalla legge sull’ordinamento penitenziario è un principio inderogabile. Vige per tutelare il diritto del cittadino privato della libertà di mantenere i rapporti affettivi con i familiari. Se esistono ragioni per le quali non è possibile rispettarla pienamente deve tuttavia essere consentito al detenuto di fruire di trasferimenti temporanei per rinsaldare i legami con i parenti”. “Quasi 7 mesi dopo l’ordinanza - sottolinea Caligaris - Trudu è arrivato in Sardegna ma la sua permanenza è stata così fulminea da lasciare tutti senza parole e convincerli che il Dipartimento opera in maniera disumana potendo consentire all’uomo, privato della libertà da 23 anni effettivi, di poter stare vicino ai familiari almeno per altri due mesi. Una prospettiva che avrebbe permesso ai parenti di non dover subire viaggi lunghi, faticosi e dispendiosi che impediscono di abbracciare i propri cari reclusi. L’uomo non ha potuto neanche fruire dei sei colloqui mensili previsti. Non solo alla scadenza dei due mesi è stato riportato subito a Spoleto”. “Non ero convinto di farcela a rimanere definitivamente qui - ha scritto Mario Trudu all’associazione manifestando grande amarezza - ma non pensavo nemmeno che la mia permanenza a Nuoro sarebbe stata così breve. Certo dopo 8 anni sono riuscito ad ottenere l’avvicinamento colloqui ma non avermi concesso le sei ore che mi spettano mensilmente è stato davvero pesante. È impossibile commentare tanta disumanità”. Lamezia: Sappe; agenti protestano per turni di lavoro troppo gravosi Asca, 25 maggio 2012 Il personale della Polizia Penitenziaria del reparto di Lamezia Terme (Cz) ha deciso l’astensione dalla consumazione dei pasti dalla mensa obbligatoria di servizio ‘per protestare contro le gravi criticità in cui è chiamato a svolgere la propria attività, che lo costringe, tra l’altro, ad effettuare, oramai da due mesi, un servizio di piantonamento di un detenuto in una struttura sanitaria senza la possibilità di consumare il pranzo e la cena e con l’organizzazione di turni di servizio di quasi nove orè. La denuncia è del sindacato autonomo di categoria Sappe. ‘Purtroppo - riferiscono Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto del sindacato, e Damiano Bellucci, segretario nazionale - a distanza di tempo, nessuna iniziativa risulta assunta dall’amministrazione penitenziaria, sia a livello locale che regionale per permettere l’organizzazione dei servizi sui quattro quadranti orari e, quindi, su sei ore, come previsto dagli accordi vigenti e per permettere al personale impiegato la consumazione del pasto. Una situazione particolarmente gravosa - proseguono - se si considera che il personale è impiegato quotidianamente, ed oramai da due mesi, in turni che rendono particolarmente gravoso il compito affidato in una particolare e non semplice situazione operativa. Dunque, una violazione dei diritti del personale impiegato nel servizio di piantonamento che si aggiunge alle altre criticità operative dell’istituto penitenziario lametino che è sempre interessato da un notevole sovraffollamento di detenuti. Chiediamo ancora una volta - si legge - l’adozione di idonei ed immediati interventi sulla grave e più volte segnalata problematica oltre che per permettere l’organizzazione del servizio per come tassativamente previsto dai vigenti accordi, anche per consentire la fruizione dei riposi settimanali, dei congedi ed il rispetto del limite dei turni notturni previsto, allo stato, infatti, pare che il personale della Polizia Penitenziaria in servizio a Lamezia Terme venga anche chiamato ad effettuare turni notturni oltre il limite mensile previsto, a causa della modesta entità dell’organico amministrato. San Gimignano (Si): Fp-Cgil; vietato accesso al carcere per delegazione sindacale Adnkronos, 25 maggio 2012 La Fp-Cgil ha sporto denuncia nei confronti della direzione del Carcere di San Gimignano in seguito alla mancata autorizzazione all’accesso di una delegazione sindacale. L’amministrazione del carcere, notificando per e-mail il diniego, ha vietato anche un’assemblea dei lavoratori che si sarebbe dovuta tenere prima della visita dei locali dell’istituto. Ne dà notizia una nota del sindacato. “Siamo di fronte a un fatto gravissimo: si negano le libertà sindacali ai lavoratori e non si riconosce a un’organizzazione il diritto sancito dalla normativa vigente di ispezionare i luoghi di lavoro del carcere. Un fatto inedito - afferma Fabrizio Fratini, Segretario Nazionale dell’Fp-Cgil - che rischia di minare la credibilità delle istituzioni. Le carceri dovrebbero essere trasparenti, luoghi sottoposti al controllo non solo delle autorità ma anche delle organizzazioni dei lavoratori e del mondo del volontariato. Così si dà l’impressione di vivere in un sistema senza regole”. “Il fatto che si chiudano le porte di un istituto penitenziario - aggiunge Francesco Quinti, responsabile del comparto sicurezza dell’Fp-Cgil - ha implicazioni pesantissime sia dal punto di vista democratico che da quello più strettamente sindacale”. Il governo e il ministro della Giustizia, sollecita Quinti, “dovrebbero avviare quanto prima una fase di confronto e intervenire efficacemente per allentare la crisi del sistema. Quanto al caso di San Gimignano, chiediamo che la ministra Severino e il capo del Dap Tamburino intervengano celermente per porre fine a questa vicenda incresciosa e ripristinare la legalità”. Busto Arsizio: la chiesa del carcere torna a vivere con il lavoro dei detenuti www.varesenews.it, 25 maggio 2012 Al corso di imbianchino organizzato da Enaip hanno partecipato dieci persone. Sanificate anche le docce e sistemate alcune celle e la zona colloqui. Imbianchini con specializzazione in decorazioni. È questa la qualifica che ieri, dopo un esame, hanno conquistato gli studenti del corso organizzato da Enaip nel carcere di Busto Arsizio. Al corso, durato 200 ore, hanno partecipato dieci persone. “Si tratta di una professionalità molto spendibile - spiega il direttore del carcere Orazio Sorrentini. E mi piace sottolineare che, a differenza di altri corsi, questo non prevedeva un compenso per i partecipanti. Quindi tutti erano molto motivati a portarlo a termine”. Una cosa non scontata in un carcere, dove una mancata visita di un parente, una “brutta” notizia sul processo o anche solo l’inattività forzata di una vita in una cella troppo piccola possono ostacolare un progetto. Nel corso delle settimane i partecipanti hanno decorato la nuova chiesa, sanificato le docce, sistemato alcune celle e l’area dei colloqui con i familiari. “Il punto dolente - spiega il direttore - arriva però dopo la scarcerazione. Non esiste una rete che aiuti queste persone a spendere veramente le competenze acquisite sul mercato. Fortunatamente ci sono le assistenti volontarie o gli assistenti sociali che si impegnano per trovare opportunità concrete di lavoro”. A festeggiare insieme a loro ieri c’erano i docenti, l’assessore provinciale Alessandro Bonfanti, i rappresentanti della scuola edile di Varese Alberto Rimoldi e Pierangelo Reguzzoni, Rina Sartorelli e Laura Ferioli di Enaip, Don Silvano e i rappresentanti dell’istituto, il commissario Rossella Panaro, l’ispettore capo Antonio Coviello, l’educatrice Valentina Settineri e alcuni agenti di Polizia penitenziaria che hanno garantito per la parte legata alla sicurezza. Questa non è comunque l’unica attività formativa che si svolge nella casa circondariale di Busto. Nel corso dell’anno ci sono infatti corsi per la lavorazione del legno, idraulica, di cioccolateria o di giardineria, accanto ad attività di stampo diverso come il teatro, la musica e lo yoga. Verona: Garante dei detenuti; nel carcere di Montorio giornate dedicate alla famiglia Ristretti Orizzonti, 25 maggio 2012 A partire da domani, sabato 26 maggio e ogni ultimo sabato del mese, le persone detenute della Casa Circondariale di Montorio potranno ricevere la visita straordinaria dei loro figli e trascorrere insieme buona parte della giornata. L’iniziativa è promossa dal Direttore del carcere Maria Grazia Bregoli e dalla Garante dei diritti delle persone private della libertà personale Margherita Forestan, in collaborazione con il personale della Polizia Penitenziaria. “Sono sabati speciali, pensati per tenere vivi e far crescere i legami familiari, ore in cui liberarsi dal peso della pena o della solitudine per tuffarsi tra le braccia dei figli - spiega la Garante - slanci che fanno bene ai grandi e sono di soccorso ai piccoli perché l’affetto, si sa, cura molte ferite”. La giornata di domani sarà dedicata alla Festa della mamma, con animazione e giochi a cura dei volontari dell’associazione “Essere Clown Verona Onlus”. Immigrazione: italiani “brava gente”? di Massimo Gramellini La Stampa, 25 maggio 2012 Edward Kojo Akanor è un ghanese di 67 anni che abita a Verona e nonostante due infarti e un ictus continua a lavorare all’aeroporto di Villafranca fino all’ultimo giorno di vita per mandare soldi in Africa, dove sono rimaste la moglie paralitica e la figlia Matilda. Il 25 aprile il signor Edward muore e la famiglia di commercianti veronesi per i quali negli ultimi anni è stato anche più di un parente gli organizza i funerali: il 26 maggio, così da dar tempo alla figlia di ottenere il visto. Matilda si presenta alla nostra ambasciata di Accra con i timbri in regola, eppure le rispondono che manca un requisito essenziale: non è abbastanza ricca per andare ai funerali di suo padre. La giovane donna trasecola: in Ghana ho un lavoro, dice. Sì, ma lo stipendio è basso, replica il funzionario, chi ci garantisce che, scaduto il visto, lei non rimanga a Verona? Il fatto che qui ho una mamma paralitica di cui nessun altro si può occupare, insiste lei, e ciascuno avvertirà l’umiliazione di questo dialogo. Fra le tante caselle che ogni burocrate è chiamato a sbarrare sui documenti, quella del buonsenso non c’è. Andrebbe aggiunta a mano, ma per farlo servono coraggio e un po’ di umanità, e non tutti ne sono provvisti. Perciò la famiglia italiana che si è accollata le spese della trasferta di Matilda ha scritto all’ambasciatore in persona, “pregandolo umilmente” di intervenire. I funerali sono domani e voglio ancora credere nel miracolo. Altrimenti la prossima volta che sentirò qualcuno dire “italiani brava gente” dal cuore mi uscirà una dolentissima pernacchia.