Padova: in 600 al Due Palazzi per parlare di educazione in carcere www.padova24ore.it, 18 maggio 2012 Seicento tra studenti, attivisti di associazioni e giornalisti hanno partecipato al carcere “Due palazzi” di Padova alla giornata di studi “Il senso della rieducazione in un paese poco educato”. Ad organizzare l’incontro la redazione della rivista “Ristretti Orizzonti”, composta da trenta detenuti. La rivista è anche la maggior agenzia italiana di informazione sul carcere. Un convegno quello di Padova pensato e organizzato dai detenuti, per parlare di come sia veramente possibile pensare alla detenzione come a un percorso rieducativo, capace di far uscire le persone migliori di come erano quando sono entrate in carcere. “L’articolo 27 della Costituzione - spiega la direttrice della rivista “Ristretti Orizzonti”, Ornella Favero - prevede che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Ma pensando alla situazione delle carceri oggi in Italia sono in tanti a guardare con sospetto al termine rieducazione: come si fa a rieducare un uomo di 30, 40, 50 anni? Perché mai un adulto dovrebbe permettere a un educatore di 20 anni più giovane di lui di rieducarlo? E ancora, è possibile una rieducazione in carceri sovraffollate all’inverosimile? Forse, per parlare di rieducazione, dovremmo metterci tutti dentro. Basta infilarsi nel traffico delle strade delle nostre città o chiedere la ricevuta fiscale in un ristorante per accorgerci di quanto il senso della legalità sia spesso basso anche fra i cittadini onesti. Se cominciassimo a guardare i nostri comportamenti con senso critico, potrebbe accadere di smettere di pensare che a commettere i reati siano sempre e solo gli altri, e che la punizione in carcere sia l’unica possibile”. Molti sono gli esperti che sono stati invitati a confrontarsi con i detenuti e a portare la loro esperienza sulle tematiche e sulle proposte elaborate dalla redazione in un anno di lavoro. A Padova venerdì ci saranno, tra gli altri, l’ex magistrato Gherardo Colombo, lo scrittore Eraldo Affinati, il presidente uscente del Comitato europeo per la prevenzione della tortura Mauro Palma e il criminologo Adolfo Ceretti. I lavori della giornata di studi sono stati coordinati da Adolfo Ceretti, Professore ordinario di Criminologia, Università di Milano-Bicocca, e coordinatore scientifico dell’Ufficio per la mediazione penale di Milano. Gherardo Colombo: oggi il carcere non rieduca, tutto il sistema va riformato Senza possibilità di autodeterminazione, il rischio per i detenuti è di regredire anziché maturare. Colombo: “Oggi il carcere non rieduca. Tutto il sistema va riformato”. Il carcere che deresponsabilizza, che aliena, che strappa via le persone dalla società, come può restituirle migliori a fine pena? Che senso ha parlare di rieducazione? Sono alcune delle domande su cui ci si è concentrati oggi all’interno della casa di reclusione Due Palazzi di Padova, che ha ospitato la giornata di studi “Il senso della rieducazione in un paese poco educato”, organizzata da Ristretti Orizzonti. Ed è stato proprio il termine “rieducazione” al centro della riflessione dell’ampio parterre dei relatori, ma anche dei detenuti, che si sono alternati nel corso della mattinata di lavori. “Oggi il carcere non rieduca - spiega l’ex magistrato Gherardo Colombo. E questo nonostante la Costituzione dica che la pena deve tendere a questo”. La colpa del fallimento non può essere imputata al solo sovraffollamento, che pur rende difficili le cose: “Anche se questo aspetto non ci fosse più - aggiunge Colombo - i problemi continuerebbero. È l’intero sistema che va riformato”. Eppure tutto resta uguale, da anni. “Questo avviene perché i cittadini italiani sono tutti convinti che chi commette un reato deve andare in carcere - incalza. La legge del taglione è ben radicata nell’animo degli italiani”. Così il carcere continua a essere un luogo in cui il senso della rieducazione rischia di perdersi nella difficile quotidianità di detenuti, agenti e operatori. Senza possibilità alcuna di autodeterminazione, il rischio per i detenuti è di regredire all’infanzia anziché maturare: “Nel nostro modello carcerario al detenuto non viene chiesto altro che adeguarsi alle norme - riflette Mauro Palma, presidente uscente del Comitato europeo per la prevenzione della tortura -. In carcere non ci si abitua alla vita vera e questo comporta, una volta finita la pena, una grave difficoltà rientrare nella società”. A questo modello Palma ne contrappone uno “responsabilizzante”, attuato nei paesi nordeuropei: “Il detenuto riceve una paga settimanale che deve gestire e farsi bastare. Per lavorare deve avere crediti ottenuti in corsi di formazione a vari livelli. Ha il dovere di organizzarsi la sua vita sulla base di un contratto sancito con l’amministrazione penitenziaria”. Un modello molto diverso da quello “infantilistico” italiano, in cui invece “spesso si ripropone la realtà di molti quartieri da cui i detenuti provengono - sottolinea Roberto Bezzi, responsabile dell’area pedagogica a Bollate: il linguaggio volgare, le giornate vuote, le regole rigide e l’ampia trasgressione sotterranea sono tutte caratteristiche comuni”. Secondo Bezzi, “il carcere riduce lo spazio di autodeterminazione anche per le minime cose, come il decidere quando fare la doccia o spegnere la luce”. Un detenuto, Oddone, spiega la situazione con una metafora: “La risocializzazione in carcere è un controsenso, è come insegnare a qualcuno a nuotare tenendolo lontano dall’acqua”. Giustizia: sul dramma delle carceri tante tante parole e nessuna decisione politica di Valentina Ascione Gli Altri, 18 maggio 2012 “Sono favorevole a una drastica depenalizzazione”, ha dichiarato il vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura Michele Vietti, durante la sua recente visita al carcere romano di Rebibbia: un evento di portata storica, visto che mai in cinquant’anni una delegazione del Csm era entrata in una struttura penitenziaria italiana. Così, accompagnato da alcuni consiglieri e dai vertici del Dap, Vietti ha incontrato detenuti, agenti della polizia penitenziaria, educatori e altri operatori, e ha spiegato loro che nel nostro paese vige un sistema penale “sovrabbondante”, che “intasa i processi” e spesso “non consente l’applicazione della pena a chi la meriterebbe, mentre magari viene applicata a chi ha meno possibilità di difendersi nel processo, di allungarlo, e di farlo prescrivere”. Un sistema che sanziona solo i più sfigati, insomma (per dirla alla Martone jr.). E ha poi aggiunto che se “tutto è reato, finisce che nulla è reato”, per cui i processi non si celebrano o, appunto, cadono in prescrizione. Ecco perché il vicepresidente del Csm si è detto favorevole anche a una decarcerizzazione, dal momento che: “punire tutto con il carcere non è possibile”. Parole forti che riecheggiano quelle pronunciate a luglio dello scorso anno dal primo presidente della Corte di Cassazione Ernesto Lupo, il quale, intervenendo al grande convegno sulla giustizia organizzato dal Partito Radicale al Senato aveva definito “indispensabile l’elaborazione e l’attuazione di un progetto che punti insieme alla riduzione della pena carceraria, ma anche e soprattutto dell’area della penalità”. E aveva inoltre osservato, il presidente Lupo, che nulla impedisce ai magistrati italiani, che ben conoscono le criticità del circuito carcerario, “di utilizzare, nel rispetto della legge, ogni possibile soluzione alternativa o sostitutiva della detenzione carceraria, in attesa che la politica faccia le scelte che le competono”. La politica, sì, che in quella occasione il presidente della Repubblica Napolitano aveva descritto come “debole e divisa e incapace di scelte coerenti e condivise” e invitato a uno scatto dinanzi alle condizioni delle nostre carceri, (“una realtà che ci umilia in Europa” e “una prepotente urgenza”), “non fosse altro che per istinto di sopravvivenza nazionale”. Frasi gravi, gravissime se pronunciate da un capo dello Stato, che tuttavia a quasi un anno di distanza mentre alla politica è subentrata una tecnocrazia ugualmente debole rispetto alla crisi della giustizia e delle carceri ricordano quelle di un altro Lupo, Alberto, in un noto duetto con Mina: “parole parole parole, soltanto parole tra noi”. Giustizia: Napolitano; situazione delle carceri insostenibile, servono soluzioni coraggiose Italpress, 18 maggio 2012 “L’attenzione che parlamento e governo pongono ai problemi del carcere induce a confidare che il punto critico insostenibile cui essi sono giunti possa essere superato anche attraverso l’adozione di nuove e coraggiose soluzioni strutturali e gestionali che coinvolgano tutti gli operatori del settore e in particolare la Polizia Penitenziaria”. È un passaggio del messaggio che il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha inviato al capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria in occasione del 195° anniversario di Fondazione del corpo di Polizia. Giustizia: il ministro Severino; contro sovraffollamento servono interventi strutturali Italpress, 18 maggio 2012 “Il sovraffollamento delle carceri origina spesso situazioni insostenibili e il nostro primo obiettivo è stato quello di allentare la tensione detentiva nel breve periodo e rendere più umane le condizioni di permanenza in carcere ma anche avviare provvedimenti strutturali di più ampio respiro sia sul piano regolamentare che organizzativo”. Lo ha detto il ministro della Giustizia Paola Severino, parlando alla cerimonia del 195° anniversario di Fondazione del corpo di Polizia Penitenziaria ricordando il decreto salva-carceri”. Giustizia: Capo del Dap Tamburino; inaccettabile divario tra capienza e numero detenuti Redattore Sociale, 18 maggio 2012 L’intervento di Tamburino alla festa della polizia penitenziaria: “Non si può più eludere la ricerca di soluzioni nuove, nonostante i recenti interventi del parlamento e del governo abbiano consentito un’incoraggiante inversione di tendenza”. “Il divario tra la capienza degli istituti e il numero di detenuti rimane inaccettabile nonostante i recenti interventi del Parlamento e del Governo che hanno consentito un’incoraggiante inversione di tendenza. Non si può più eludere la ricerca di soluzioni nuove”. È quanto ha affermato il capo del Dap Giovanni Tamburino in apertura della Cerimonia per il 195° anniversario di Fondazione del Corpo della Polizia Penitenziaria, conclusasi pochi minuti fa alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. “Da tale premessa muove il progetto di un carcere della responsabilità. Il carcere deve preparare alla libertà. Dire carcere della responsabilità significa ridurre l’artificialità della vita detentiva, artificialità che non aiuta, ed anzi può ostacolare l’evoluzione del detenuto in un cittadino capace di vivere nella legalità dopo l’espiazione della pena”. Diverse le esperienze positive, ha aggiunto Tamburino, “adatte a un numero consistente di persone a cui proporre un patto, che non significa indebolimento, ma al contrario rafforzamento dell’autorevolezza di chi rappresenta lo Stato”. Una “modalità di carcere leggero” applicato ultimamente nell’istituto di Rieti. Un modello, precisa Tamburino che “non è per tutti. Per la parte di detenuti che mantiene la scelta contraria alla legge non si può far altro che valorizzare il compito di custodia”. Al termine della Cerimonia, infine, il Presidente della Repubblica ha inaugurato una teca, posta in un piazzale al centro della Scuola di Formazione della Polizia Penitenziaria, che accoglie l’auto della strage di Capaci a bordo della quale viaggiava Giovanni Falcone. Giustizia: Schifani; il Senato dedicherà nuova sessione straordinaria al problema carceri Ansa, 18 maggio 2012 Il Presidente del Senato, Renato Schifani, in una nota diramata dall’ufficio stampa di Palazzo Madama, ha espresso la “piena e convinta adesione, e profondo apprezzamento per le importanti parole del Capo dello Stato sul tema dell’emergenza carceraria. Un tema fondamentale, sintomo di civiltà”. “Quanto dichiarato dal Presidente Napolitano - prosegue il Presidente Schifani - deve rappresentare un alto monito per tutte le forze politiche. Al Senato si è già tenuto, nei mesi scorsi, un ampio dibattito sul tema e presto dedicheremo un’altra sessione straordinaria a questa emergenza che non può e non deve essere trascurata ma discussa e risolta con la massima urgenza”. Giustizia: Radicali; il Senato ha già discusso del problema carceri, ora amnistia e indulto Agi, 18 maggio 2012 “Grazie all’autoconvocazione sottoscritta da oltre un terzo dei suoi membri, nel settembre 2011 il Senato ha già discusso del problema delle carceri e, grazie alla immediata e fattiva collaborazione del Presidente Schifani, già nel luglio precedente Palazzo Madama aveva consentito un approfondimento del problema dei problemi cioè “Giustizia! per la Repubblica” con contributi critici e propositivi a partire dall’accorato appello del Presidente Napolitano. Oggi, a 5 mesi dall’entrata in vigore del dl Severino che non ha diminuito neanche di una unità i detenuti in carcere, occorre passare dalla parole ai fatti”, attraverso l’amnistia o l’indulto. Lo affermano in una nota i radicali Marco Perduca e Donatella Poretti. “La mozione presentata durante il dibattito del settembre scorso da Emma Bonino, dibattito che va ricordato fu convocato per discutere di amnistia, indulto, depenalizzazione e decarcerizzazione, e che chiedeva al governo la possibilità di garantire tempi congrui di confronto pubblico sul tema dell’amministrazione della giustizia e contro la quale votarono tutti i gruppi - ricordano i due esponenti dei Radicali - resterebbe valida se nel frattempo il comitato dei ministri del Consiglio d’Europa non avesse a più riprese denunciato il fatto che la Repubblica italiana colla sua irragionevole durata dei processi, le condizioni inumane e degradanti delle sue carceri e l’arretrato di riparazione ai cittadini per la malagiustizia non avesse aggravato le cose”. Giustizia: Bernardini (Radicali); l’amnistia è unica risposta all’illegalità delle carceri Adnkronos, 18 maggio 2012 “L’amnistia è il solo strumento con il quale poter affrontare una situazione che ci pone fuori dalla legalità costituzionale e dalle leggi europee. Intervenire è ormai un obbligo”. La deputata radicale Rita Bernardini, a Padova per partecipare a un convegno di Ristretti Orizzonti nella Casa di Reclusione Due Palazzi, interviene così ai microfoni di Radio radicale commentando le dichiarazioni del Presidente della Repubblica Napolitano sullo stato delle carceri, in occasione del 195° anniversario della fondazione del Corpo della Polizia Penitenziaria. “La situazione che il Presidente oggi definisce insostenibile era tale anche a luglio dello scorso anno, quando prese parte al convegno al Senato - ricorda. Allora disse che c’era la prepotente urgenza di rimuovere lo stato di illegalità delle carceri e della giustizia: un orrore che ci umiliava in Europa. Oggi usa la parola insostenibile e invoca misure straordinarie e strutturali, ma dietro queste parole può esserci di tutto”. Il decreto del governo non ha svuotato alcunché lamenta Bernardini, e “il disegno di legge delega del governo su depenalizzazione e decarcerizzazione è al palo da diverso tempo, non si è voluto l’abbinamento delle proposte di legge elaborate dalle associazioni che vivono in carcere per la radicale modifica delle tre leggi che riempiono nostre prigioni: la Bossi-Fini sull’immigrazione, la Fini-Giovanardi sulle droghe e la ex Cirielli sulla recidiva. Né l’abbinamento della proposta di legge di riforma sulla custodia cautelare in carcere, urgente e necessaria visto che il 42 per cento dei detenuti è in attesa di giudizio e la metà sarà riconosciuta innocente”. Giustizia: Fini; sistema carceri è ingolfato, non può tutelare la dignità delle persone Tm News, 18 maggio 2012 In Italia, per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri, sarebbe opportuno pensare a misure alternative alla detenzione in strutture penitenziarie. A sostenerlo è il presidente della Camera, Gianfranco Fini, intervenendo al 26° Meeting dei giovani organizzato dalla Diocesi di Pompei. “Se il nostro sistema si basa sul fatto che la pena deve riabilitare, l’emergenza carceraria - ha detto la terza carica dello Stato - deve essere valutata come tale, non può essere sottovalutata. Il sistema è completamente ingolfato e non può tutelare la dignità delle persone”. Per il presidente Fini “costruire più carceri non è una strada da scartare, ma ci vuole tempo. È arrivato anche il momento - ha spiegato - di misure alternative, di depenalizzare in alcuni casi e di modificare l’espiazione della pena. In altri paesi - ha ricordato - ci sono modalità di espiazione della pena molto più riabilitative. Noi siamo all’anno zero. Il problema - ha concluso Fini - deve stare al centro della politica”. Giustizia: altri interventi di esponenti politici e sindacali su parole di Napolitano e Schifani Ansa, 18 maggio 2012 Quagliarello (Pdl): sosterremo iniziativa Schifani “Il Pdl sosterrà in Senato l’iniziativa di una sessione parlamentare straordinaria dedicata all’emergenza carceri che il presidente Schifani ha oggi rilanciato, con l’auspicio che essa possa incontrare l’appoggio di tutte le forze politiche di fronte a un tema così urgente che denota il grado di civiltà di un Paese”. Lo dichiara Gaetano Quagliariello, vicecapogruppo vicario del Pdl al Senato. Belisario (Idv): luoghi di detenzione bomba a orologeria “La situazione delle carceri italiane è chiaramente sfuggita di mano, servono soluzioni sensate, più che coraggiose, che però tardano ad arrivare per l’irresponsabilità del precedente governo e l’immobilismo di quello attuale”. Lo ha dichiarato Felice Belisario, presidente dei senatori dell’Italia dei Valori, a proposito del monito del capo dello Stato Giorgio Napolitano. “Intanto, i luoghi di detenzione sono diventati una bomba ad orologeria pronta ad esplodere ogni giorno. Purtroppo, la riforma carceraria è stata sempre annunciata, ma mai realizzata e lo Svuota-carceri è stato solo un provvedimento inutile, un compromesso al ribasso che non ha risolto nulla. Chi oggi invoca amnistia o indulto fa solo mera propaganda, perché non è questa la soluzione al problema del sovraffollamento”. “La realtà è che per risolvere, almeno parzialmente, il problema della popolazione dei detenuti si deve procedere con l’apertura dei nuovi padiglioni, già realizzati, assumendo nel contempo nuovo personale. L’Idv - conclude Belisario - ha presentato molte proposte serie in questo senso, ma sono state puntualmente ignorate”. Rao (Udc): Napolitano chiama politica a prova responsabilità “Il richiamo del presidente Napolitano a rispondere con coraggio all’emergenza delle carceri nel nostro Paese richiama in modo inequivocabile la politica a dare prova di unità e responsabilità di fronte a una delle più drammatiche questioni sociali dei nostri tempi”. Lo afferma il deputato dell’Udc Roberto Rao, capogruppo centrista in commissione Giustizia di Montecitorio. “Il sovraffollamento, le disumane condizioni igienico-sanitarie cui spesso sono costretti i detenuti, il crescente fenomeno dei suicidi in carcere, le gravi carenze con cui devono convivere gli operatori del settore penitenziario sono tutte questioni - osserva Rao - ineludibili su cui non possono esserci divisioni politiche. L’attenzione dimostrata in questi mesi dal governo e dalla ministro Severino sta già dando i primi positivi risultati, ma ora è necessario studiare soluzioni forti, mirate e se necessario inedite, per rispondere in maniera strutturale all’emergenza”. “L’Udc - conclude Rao - non farà mancare il suo contributo propositivo perché l’Italia possa tornare a riaffermare principi di civiltà oggi disattesi, come la salvaguardia della dignità della persona detenuta e la rieducazione del condannato. Senza dimenticare che attorno a questo problema ruotano altri cardini del nostro diritto come la sicurezza dei cittadini e la certezza della pena, altrettanto urgenti nell’ambito di una più ampia riforma della giustizia”. Pecorella (Pdl): amnistia per reati meno gravi carceri “C’è da augurarsi che almeno questa volta il grido di dolore del presidente Napolitano sulla situazione delle carceri non cada nel vuoto. La classe politica e in particolare i ministri in carica si sono illusi di risolvere il problema costruendo sempre nuove carceri. Alla prova dei fatti hanno avuto torto”. Lo ha affermato in una nota Gaetano Pecorella, parlamentare del Pdl. “Servono soluzioni nuove e coraggiose - ha osservato - come ha chiesto il presidente Napolitano. Anzitutto, è necessaria una massiccia depenalizzazione, mentre il Parlamento continua ad approvare nuovi reati, spesso inutili, e ad aggravare le pene. Bisogna sostituire alla pena carceraria le pene alternative come le interdizioni dalla professione, il divieto di svolgere certe attività, che spesso sono più efficaci del carcere”. Secondo il parlamentare Pdl, inoltre, “bisogna contenere la custodia preventiva applicandola solamente in casi gravi e ai soggetti pericolosi. Risolverebbe molti problemi l’istituto della cauzione, ampiamente praticato negli Stati Uniti e già presente anche da noi. Infine, come misura urgente, non differibile, tutte le forze politiche dovrebbero concordare per un’amnistia che riguardi i reati meno gravi ma che spesso portano in carcere per pochi giorni un rilevante numero di persone”. “Comunque è intollerabile - ha concluso Gaetano Pecorella - che le carceri siano luoghi disumani, dove i detenuti sono abbandonati a se stessi, e dove il recupero è di fatto impossibile. E di questo sono responsabili tutti i governi dalla Costituzione in poi, e noi stessi che abbiamo la responsabilità di fare le riforme”. Papa (Pdl): sistema al collasso, sì a riforma con amnistia L’emergenza del sistema carcerario, al collasso a causa dell’enorme sovraffollamento, si risolve solo con l’amnistia. È quanto afferma il deputato del Pdl Alfonso Papa commentando le dichiarazioni di Giorgio Napolitano. “Il presidente della Repubblica ricorda doverosamente che la situazione carceraria rappresenta un punto critico insostenibile”, sottolinea. “Il monito - aggiunge Papa - non può restare ancora inascoltato tanto più in un momento come questo, in cui è totale lo scollamento tra il Paese reale e una classe politica sistematicamente alle prese con problemi assai distanti dalle esigenze concrete del Paese, in cima alle quali vi è anzitutto l’orrore del sistema carcerario e le distorsioni del sistema giudiziario”. “Si tratta di due realtà sulle quali non si può più indugiare. Il presidente Napolitano parla di nuove e coraggiose soluzioni strutturali. Bene, la prima riforma di struttura, per azzerare l’esistente e riformare il sistema, è l’amnistia. Un’amnistia legale a differenza di quella strisciante che si compie costantemente a causa della mannaia della prescrizione. Solo così il disingolfamento processuale e la riduzione della popolazione detenuta - conclude Papa - faranno da volano per le riforme”. Moretti (Ugl): richiamo Napolitano sia impulso ad azione “Il richiamo del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, sia davvero un impulso all’azione, perché la civiltà di un Paese si misura anche dalla dignità con cui tratta chi ha commesso reati e chi lavora quotidianamente per garantirne il recupero”. Così il segretario nazionale dell’Ugl Polizia Penitenziaria, Giuseppe Moretti, commenta le parole del Capo dello Stato dalle celebrazioni per il 195° anniversario della fondazione del Corpo di Polizia Penitenzia ria, evidenziando come “proprio perché siamo fermamente convinti di ciò, abbiamo inviato una lettera al vicepresidente della Commissione europea e responsabile per la Giustizia, i diritti fondamentali e la cittadinanza, Viviane Reding, per chiedere di sollecitare atti di indirizzo specifici e provvedimenti volti a garantire la piena tutela dei lavoratori della Polizia Penitenziaria, oggi costretti a sostenere carichi di lavoro molto pesanti in condizioni di scarsa sicurezza e senza strumenti adeguati a garantire il reale recupero del detenuto”. “Un solo fatto - aggiunge il sindacalista - è sufficientemente esplicativo della drammatica realtà delle carceri italiane: l’assenza di strumenti e mezzi idonei a scongiurare sia eventi tragici come i suicidi dei detenuti, il cui numero nell’ultimo decennio è abnorme, sia il rischio di aggressioni al personale di Polizia Penitenziaria, che impedisce di svolgere le attività quotidiane in adeguate condizioni di sicurezza”. Ucpi: ok sessione straordinaria senato, ma passare dalle parole ai fatti La situazione delle carceri è “insostenibile”, come ha ricordato oggi la politica in occasione della Festa della Polizia Penitenziaria. Ma è “altrettanto insostenibile che si aspettino queste occasioni per ricordarsi dell’emergenza in cui versa il sistema penitenziario. È ora che dai soliti proclami si passi ai fatti”. Lo sostiene l’Unione Camere Penali italiane, in viaggio in questi mesi nelle carceri. Oggi, la tappa al “Marassi” di Genova, dove, sottolinea il leader dei penalisti Valerio Spigarelli, “abbiamo trovato reparti sovraffollati e inadeguati e condizioni precarie in cui versano gli operatori”. Sulle parole del presidente del Senato Renato Schifani, che ha annunciato un’altra sessione straordinaria sul tema, il presidente Spigarelli ricorda che “le molte criticità del sistema, vanno risolte con la massima urgenza, ma andando alle cause del problema, prima tra tutte l’abuso della custodia cautelare”. Riconoscendosi nelle parole del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ha auspicato soluzioni coraggiose, i penalisti chiedono però alla politica una “vera riforma del sistema, e non semplici moniti che non trovano mai effettivo riscontro”. Per combattere l’affollamento carcerario e “l’abnorme utilizzo della custodia cautelare”, aggiunge il leader Ucpi, “occorrono non solo specifiche iniziative legislative su questi argomenti ma anche garantire l’effettiva terzietà del giudice, oggetto di quella riforma costituzionale sulla giustizia che tutti ormai sembrano aver dimenticato. Anche su questo punto - conclude - ai moniti facciano poi seguito atti politici determinati come quello di discutere finalmente della riforma costituzionale che da un anno giace in Parlamento, altrimenti le parole dette in queste occasioni rischiano di essere affidate al vento”. Giustizia: Di Giovan Paolo (Pd); chiusura Opg, no mera riproposizione strutture regionali Adnkronos, 18 maggio 2012 “Se vogliamo chiudere gli Opg davvero bisogna accelerare sul decreto che il ministero della Salute ha elaborato di concerto con quello della Giustizia”. È la sollecitazione del senatore del Pd, Roberto Di Giovan Paolo, presidente del Forum Nazionale della Salute in Carcere. “Già nel convegno che facemmo il 2 aprile alla presenza del Ministro Balduzzi e del presidente del Dap Tamburino segnalammo il rischio che ogni giorno di ritardo possa comportare nel prossimo anno almeno il doppio di giorni di ritardo per lo svuotamento degli Opg attuali - ricorda Di Giovan Paolo - Serve dire no alla mera riproposizione di Opg regionali, semplicemente più piccoli di quelli attuali che ripeterebbero i problemi. E poi bisogna effettuare la ricognizione dei trattamenti in forma individuale”. Comitato Stop Opg: vogliono riaprire i manicomi “È il tentativo di riaprire i manicomi riaprendo una buia stagione”. È quanto denuncia in una nota il comitato ‘Stop Opg’ per l’abolizione degli ospedali psichiatrici giudiziari, costituito da un vasto cartello di associazioni tra cui la Cgil e la Fp Cgil, in merito al testo di riforma della legge Basaglia, presentato dall’esponente del Pdl, Carlo Ciccioli e approvato ieri in commissione Affari Sociali della Camera. Un testo, spiega Stefano Cecconi del comitato per la chiusura degli Opg, “dove sono previsti trattamenti sanitari (psichiatrici) necessari (Tsn) prolungati e attuati contro la volontà del cittadino in apposite strutture: una misura che se venisse tradotta in legge riaprirebbe la buia stagione dei manicomi”. Ma contro i “nostalgici” dei manicomi, il comitato StopOpg insiste: “Bisogna investire nei servizi territoriali, con Centri di salute mentale accoglienti, centri diurni, servizi domiciliari e residenziali, per garantire 24 ore su 24 la ‘presa in caricò delle persone e dei loro familiari, e l’inclusione sociale e lavorativa”. Secondo Cecconi “è necessario investire nel welfare territoriale per favorire l’alternativa e la chiusura degli stessi Ospedali Psichiatrici Giudiziari, strutture che il Presidente Napolitano ha definito ‘estremo orrore, inconcepibile in un qualsiasi paese appena appena civile”. Questo occorre, perché smantellare la 180 e tornare al manicomio, è una comoda e incivile scorciatoia, che non riconosce dignità e diritti a chi soffre di disagio mentale e che riduce gli spazi di libertà per tutti”, conclude. Giustizia: Sappe; Festa Polizia Penitenziaria…. cosa c’è da festeggiare? basta ipocrisia Redattore Sociale, 18 maggio 2012 Manifestazione del sindacato davanti alla Scuola di Formazione a Roma. “L’Amministrazione penitenziaria vive in una realtà virtuale. Situazione penitenziaria è sempre più incandescente: sovraffollamento, 7 mila poliziotti in meno, zero sicurezza” “Sovraffollamento delle carceri alle stelle; 7 mila poliziotti penitenziari in meno rispetto agli organici previsti ed il Governo che pensa addirittura di mandarne a casa 4 mila; mezzi che trasportano agenti e detenuti che cadono a pezzi e dirigenti a spasso con berline fuoriserie; risse, aggressioni, tentati suicidi e tante, tante parole al vento dai vertici dell’Amministrazione penitenziaria e dal mondo della politica. Cosa c’è festeggiare? Basta ipocrisia!”. Ad affermarlo è Donato Capece, segretario generale del Sappe (Sindacato autonomo polizia penitenziaria), il primo e più rappresentativo della Categoria, che proprio nel giorno della celebrazione dell’Annuale festa del Corpo a Roma, in via di Brava, ha organizzato davanti alla Scuola di Formazione una vivace e colorata protesta con decine di iscritti, bandiere, megafoni. Esposti striscioni con cui il primo sindacato della polizia penitenziaria fa appello al Capo dello Stato per tamponare e superare l’emergenza carceri. “L’Amministrazione penitenziaria sembra vivere in una realtà virtuale e non si rende evidentemente conto della drammaticità del momento, che costringe le donne e gli uomini della polizia penitenziaria a condizioni di lavoro sempre più difficili: la situazione penitenziaria è sempre più incandescente - sottolinea Capece. Lo confermano drammaticamente i gravi episodi che accadono sistematicamente nelle carceri italiane; lo evidenziano soprattutto i continui tentativi di evasione e le evasioni vere e proprie, le aggressioni e le risse. Le istituzioni e il mondo della politica non possono più restare inermi e devono agire concretamente. C’è bisogno di una nuova politica dell’esecuzione della pena, che ripensi il sistema sanzionatorio. Per questo noi ci appelliamo al Capo dello Stato, sempre sensibile alle criticità delle carceri”. Capece sottolinea che allo stato attuale il calo dei detenuti dopo i recenti provvedimenti del Governo “è ad oggi impercettibile. Nelle 205 carceri italiane, il 31 gennaio scorso avevamo 66.973 persone che sono calate, quattro mesi dopo, di poche centinaia, arrivando a 66.310. Il dato reale, dal quale partire per ripensare il sistema, è che ci sono in carcere 21 mila persone detenute oltre la capienza regolamentare delle strutture, che più del 40% dei presenti - quasi 27mila! - sono in attesa di un giudizio definitivo e che sono 7 mila i poliziotti che mancano dagli organici del Corpo”. E proprio per questo un altro degli striscioni esposti dal Sappe recita: “Più 25 mila detenuti, meno 7 mila poliziotti = zero sicurezza!”. Giustizia: Antigone; tortura diventi reato Codice penale, firme da Camilleri a Montalcini Tm News, 18 maggio 2012 Da Camilleri alla Montalcini, da Carlotto a De Luca, da Rodotà a Vicari, da Palma a Celestini, dalla Comencini a Ferrajoli, dalla Paciotti a Don Ciotti e da Vladimiro Zagrebelsky: tutti perché si introduca nel codice penale italiano il crimine di tortura. “Abbiamo deciso di riprovarci - dichiara Patrizio Gonnella, presidente di Antigone - e di far ripartire una campagna per l’introduzione del crimine di tortura nel codice penale. Nei prossimi giorni chiederemo a tutti i senatori e a tutti i deputati di firmare la proposta di legge e chiederemo ai Presidenti del Senato Renato Schifani e della Camera Gianfranco Fini di impegnarsi per una rapida calendarizzazione affinché si arrivi entro l’estate alla approvazione. Per varare una legge di questo tipo - composta da un solo articolo - ci vuole veramente poco. È solo questione di volontà politica e di rispetto per i diritti umani”. “Chiamiamola tortura”, è la chiave dell’appello lanciato da Antigone, appello “per l’introduzione del reato nel codice penale italiano In Italia la tortura non è reato. In assenza del crimine di tortura non resta che l’impunità”. Perché - si legge nell’appello - “la violenza di un pubblico ufficiale nei confronti di un cittadino non è una violenza privata. Riguarda tutti noi, poiché è messa in atto da colui che dovrebbe invece tutelarci, da liberi e da detenuti”. Sono infatti 25 anni - si ricorda - che l’Italia è inadempiente rispetto a quanto richiesto dalla Convezione contro la tortura delle Nazioni Unite, che il nostro Paese ha ratificato: prevedere il crimine di tortura all’interno degli ordinamenti dei singoli paesi. E “quanto accaduto nel 2001 alla scuola Diaz ha ricordato a tutti che la tortura non riguarda solo luoghi lontani ma anche le nostre grandi democrazie. Il caso di Stefano Cucchi, la recente sentenza di un giudice di Asti e tanti altri episodi dimostrano che riguarda anche l’Italia”. Per questo si chiede “al Parlamento di approvare subito una legge che introduca il crimine di tortura nel nostro codice penale, riproducendo la stessa definizione presente nel Trattato Onu. Una sola norma già scritta in un atto internazionale. Per approvarla ci vuole molto poco”. I primi firmatari sono Andrea Camilleri, Massimo Carlotto, Ascanio Celestini, Cristina Comencini, Erri De Luca, Luigi Ferrajoli, Rita Levi Montalcini, Elena Paciotti, Mauro Palma Stefano Rodotà, Daniele Vicari, Vladimiro Zagrebelsky e dall’associazionismo le firme sono di Don Luigi Ciotti (Libera, Gruppo Abele) Franco Corleone (coord. Garanti territoriali) Daniela De Robert (Usigrai, Vic-Caritas) Roberto Di Giovan Paolo (Forum salute in carcere) Ornella Favero (Ristretti Orizzonti) Patrizio Gonnella (Antigone) Elisabetta Laganà (Cnvg) Luigi Manconi (A buon diritto) Alessandro Margara (ex capo Dap) Carlo Renoldi (Magistratura Democratica) Marco Solimano (Arci) Valerio Spigarelli (Ucpi) Irene Testa (Detenuto Ignoto) Christine Weise (Amnesty International). Lazio: il Garante; in carceri della regione duemila detenuti oltre capienza regolamentare Il Velino, 18 maggio 2012 “Oltre duemila detenuti in più rispetto alla capienza regolamentare; reclusi presenti nelle carceri del Lazio che, anziché diminuire, continuano ad aumentare al ritmo di 25 unità al mese. Sono i numeri a certificare che, fino a questo momento, nel Lazio sta naufragando il decreto svuota carceri varato dal governo Monti”. È questo il commento del Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni alle statistiche del dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria (Dap) che certificano come, nel Lazio, i detenuti nelle carceri della Regione continuino ad aumentare. Secondo i dati, infatti, il 13 maggio i reclusi nel Lazio erano 6.837 contro i 6.812 registrati il 15 aprile e i 6.789 del 20 marzo. Il “Decreto svuota carceri” varato dal governo Monti prevedeva il parziale svuotamento delle carceri con l’aumento da 12 a 18 mesi della pena residua che è possibile scontare ai domiciliari. “Ma le statistiche del Dap - ha aggiunto Marroni - dimostrano come nel Lazio si stia vivendo una situazione paradossale, con i detenuti che, anziché diminuire, continuano ad aumentando”. I reclusi (6.395 uomini e 442 donne) continuano ad essere oltre due mila in più rispetto alla capienza regolamentare delle carceri della Regione, fissata a 4.838 posti. Un numero che, tuttavia, non tiene conto del fatto delle sezioni chiuse in diversi istituti e delle carceri (come ad esempio quello di Rieti) che continuano a funzionare a mezzo servizio. “Questi numeri si prestano ad una duplice lettura, purtroppo sconfortante in entrambi i casi - ha aggiunto il Garante -. O il decreto messo a punto dal governo Monti non funziona, oppure i suoi benefici sono stati vanificati da un aumento degli ingressi in carcere. L’ennesima amara lezione che se ne ricava è che non si può affrontare il dramma che si sta vivendo nelle carceri con provvedimenti tampone. Ormai da anni tutte le componenti che ruotano attorno al carcere hanno raggiunto la consapevolezza che occorre pensare ad una profonda revisione del Codice penale e di quello di Procedura penale per modificare una legislazione che produce troppo carcere. Una consapevolezza, questa, che sembra non sia recepita dal Parlamento, l’unico organo in grado di intervenire per porre rimedio ad una situazione ormai vicina al punto di non ritorno”. Puglia: Negro (Udc); detenuto morto per digiuno a Lecce, qual è stato il ruolo del garante? Agenparl, 18 maggio 2012 “Qual è stato il ruolo del garante dei detenuti nei 50 giorni di sciopero della fame che hanno preceduto la morte di un cittadino rumeno nel carcere di Lecce? È mai stato informato di questa protesta? Ha fatto qualcosa per evitare il consumarsi di un simile dramma?”. È quanto dichiara in una nota il presidente del Gruppo Udc alla Regione Puglia, Salvatore Negro, che ritorna ad occuparsi del ruolo del Garante regionale dei detenuti sul quale, già agli inizi dell’anno, aveva indirizzato al Governo regionale un’interrogazione, senza mai ricevere risposta. “La morte del cittadino rumeno nel carcere di Borgo San Nicola - sottolinea il capogruppo Udc - pone una serie di interrogativi sulla figura e il ruolo del garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale. Ci chiediamo innanzitutto se il dottor Pietro Rossi è mai stato informato dello sciopero della fame a cui si era sottoposto il detenuto e se nei 50 giorni della protesta un suo intervento avrebbe potuto dissuadere il cittadino rumeno dal suo intento. L’intervento odierno del dottor Pietro Rossi, che si è detto “pronto ad intraprendere ogni azione utile su questa brutta vicenda”, ci sembra tardivo e fuori luogo in quanto ora è di competenza della magistratura indagare sulle responsabilità dell’accaduto e non del garante a cui “è affidata la protezione e la tutela non giurisdizionale dei diritti delle persone presenti negli istituti penitenziari, negli istituti penali per minori, nei centri di prima accoglienza e nei centri di assistenza di assistenza temporanea per stranieri, nelle strutture sanitarie in quanto sottoposti al trattamento sanitario obbligatorio”. Già in occasione della morte di un detenuto nel carcere di Trani, un uomo di 33 anni costretto a vivere su una sedia a rotelle a causa di una grave malattia, avevamo inoltrato un’interrogazione al Presidente Vendola e all’assessore al Welfare Gentile, su quello che era stato il ruolo del Garante in quella triste vicenda. Un’interrogazione che, come troppo spesso accade, non ha mai ricevuto una risposta”. “L’auspicio - conclude Negro - è che almeno in questa triste vicenda il Governo regionale non voglia restare in silenzio e faccia chiarezza su quello che è stato e deve essere il ruolo del garante, affinché questa istituzione (che poche regioni in Italia possono vantare) abbia un’utilità e lo stesso garante sia messo nelle condizioni di lavorare realmente a difesa dei diritti dei detenuti, prevenendo il verificarsi di episodi drammatici come quello che si è consumato tra le mura del carcere salentino”. Calabria: Nucera (Pdl); sistema carceri è collassato, carenze di uomini mezzi e strutture Asca, 18 maggio 2012 “Mi fa piacere che anche il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano abbia sollevato la necessità di nuove e coraggiose soluzioni per l’ormai collassato sistema carcerario italiano”. È quanto afferma il Segretario Questore del Consiglio regionale della Calabria, Giovanni Nucera, a commento dell’intervento del Capo dello Stato al 195° anniversario della fondazione del Corpo della Polizia Penitenziaria. “Condivido ed apprezzo le parole di gratitudine che il Presidente Giorgio Napolitano ha rivolto agli uomini della Polizia Penitenziaria il cui impegno, sacrificio e dedizione rappresentano uno dei più alti esempi di attaccamento ai valori dello Stato, alle sue regole, ed alle sue istituzioni. Un giudizio espresso con affetto agli uomini e alle donne della Polizia Penitenziaria per la loro opera a garanzia della sicurezza negli istituti e per l’attuazione del principio costituzionale della funzione rieducativa della pena. Conosciamo bene - prosegue Nucera - le condizioni in cui sono oggi costretti ad operare gli agenti della Polizia Penitenziaria all’interno del nostro sgangherato e sovraffollato sistema carcerario italiano. È grazie a loro che vengono ancora superati e risolti quotidianamente problemi e difficoltà che riguardano la traduzione ed il trasferimento di detenuti, le criticità nei turni di vigilanza”. “Una situazione che personalmente, ma anche grazie alle ripetute denunce di uno dei massimi sindacati di categoria, il Sappe, il Sindacato Autonomo di Polizia Penitenziaria, abbiamo più volte evidenziato all’opinione pubblica, alle istituzioni, alle forze politiche. In Calabria - ribadisce Nucera - il sistema carcerario sta vivendo una situazione ormai insostenibile. Al di là del noto sovraffollamento, da considerare ormai oltre ogni limite, delle strutture carcerarie calabresi, c’è la difficoltà della carenza di risorse, di uomini, di mezzi, cui si aggiungono i ritardi, le omissioni riguardanti la realizzazione ed il completamento di nuove strutture. A Reggio - in contrada Arghillà è pronta da tempo un’ala del nuovo carcere di sicurezza. Una struttura che una volta aperta allevierebbe le condizioni di affollamento in cui versano, la Casa circondariale di San Pietro, e le carceri di Locri e Palmi; il nuovo carcere darebbe maggiore dignità a detenuti e operatori carcerari, a cominciare proprio dagli uomini della Polizia Penitenziaria. Non si spiegano, però, i ritardi con i quali si sta procedendo per la sua consegna, nonostante gli impegni assunti dal Governo lo scorso anno”. “Spero proprio - è l’augurio di Giovanni Nucera - che l’appello del Presidente della Repubblica Giorgio Napoletano sia utile per l’adozione, come egli stesso ha detto - di nuove e coraggiose soluzioni strutturali e gestionali che coinvolgano tutti gli operatori del settore e in particolare la Polizia Penitenziaria”. “Ringrazio infine il Capo dello Stato - conclude Nucera - per la certezza con cui ha espresso, nei confronti del Corpo della Polizia Penitenziaria italiana, riconoscimento per la capacità ‘di dimostrare professionalità, dedizione e spirito di sacrificio come sempre nell’affrontare le più gravi situazioni di disagio e tensione”. Lecce: domani parlamentari visitano carcere, sit-in per proposta amnistia-indulto Ansa, 18 maggio 2012 Dopo la morte del detenuto romeno Pop Virgil Cristria avvenuta nei giorni scorsi a Lecce dopo uno sciopero della fame durato 50 giorni, domani mattina dalle 11 alle 12.30, alcuni parlamentari ed esponenti di associazioni faranno una visita ispettiva nel carcere di Borgo San Nicola, nel capoluogo Salentino. All’iniziativa partecipano la senatrice Adriana Poli Bortone (presidente di Io Sud/Grande Sud), la deputata radicale Elisabetta Zamparutti, il segretario di Nessuno tocchi Caino, Sergio D’Elia, e il presidente dell’associazione radicale Diritto e Libertà, Giuseppe Napoli, insieme con esponenti politici locali. In concomitanza con la visita, fuori del carcere rappresentanti delle associazioni Nessuno tocchi Caino, Diritto e Libertà e Famiglie Fratelli Ristretti, terranno un sit-in di informazione e sensibilizzazione sulla proposta radicale di amnistia-indulto. “Nella classifica nazionale del sovraffollamento carcerario - afferma in una nota Adriana Poli Bortone - il carcere di Lecce è primo in assoluto nella grave emergenza umanitaria e civile in cui versano le carceri italiane e di cui sono vittime non solo i detenuti, ma anche gli agenti di custodia, i direttori e gli altri componenti la comunità penitenziaria”. Bologna: 400 celle della Dozza verranno ridipinte, grazie all’iniziativa di Piazza Grande Dire, 18 maggio 2012 “Vernissage” è l’inaugurazione di una mostra, chiamata così perché per allestirla si devono verniciare i muri per coprire i segni di ciò che c’era prima e poter appendere le nuove opere. Non è un caso che questo nome sia stato scelto per l’iniziativa promossa da Roberto Morgantini, vicepresidente di Piazza Grande, e Alessandro Bergonzoni e ora al via dopo un anno di difficoltà, richieste di autorizzazioni, raccolta materiali. Anche se l’obiettivo di questo “Vernissage” non è coprire ma scoprire. “Vogliamo usare la vernice scoprente per mostrare il carcere alla città - racconta Alessandro Bergonzoni - il detto “chi è dentro è dentro e chi è fuori è fuori” non ha più senso: il carcere è la città e noi vogliamo fare da detonatore per raccontare l’inizio di una storia”. Una storia che comincia il 19 maggio verso le 12 quando una squadra di circa 20 volontari varcherà i cancelli della Dozza per iniziare a imbiancare le sue celle. A guidare il gruppo c’è l’instancabile Roberto Morgantini, sempre presente quando c’è da aiutare chi ha bisogno e che Aldo Balzanelli di Repubblica ha definito sul suo blog “il gioiellino di questa città“, invitando il sindaco a dargli il giusto riconoscimento. Ma anche se è già stato contattato da Virginio Merola e pur non negando la soddisfazione, Morgantini ci tiene a sottolineare che “non è per questo che lo faccio, non aspiro a niente”. Tra coloro che hanno aderito all’iniziativa ci sono anche Stefano Bonaga, Mattia Fontanella di Coop Adriatica, il consigliere comunale Pd Leonardo Barcelò e Gaby Mudingayi del Bologna calcio che regalerà 300 magliette ai detenuti e si è detto disponibile a organizzare partite di calcio con i detenuti. “Mi ha coinvolto Morgantini e sono orgoglioso di partecipare a quest’iniziativa- ha detto il giocatore- loro lavorano per gli altri e mi piace, vorrei poter continuare a lavorare con loro in futuro”. Ma “Vernissage” non si concluderà il 19 maggio: andrà avanti per circa 18 mesi sia con l’imbiancatura delle celle (sono 400 e ne dipingeranno una al giorno) che con incontri su arte, cultura, raccolte fondi per acquistare ciò di cui i detenuti hanno bisogno e partite di calcio. Ma l’invito a partecipare è rivolto a tutti. “I cittadini devono rimboccarsi le maniche - ha detto Mattia Fontanella di Coop Adriatica che ha dato un forte contributo all’iniziativa - difendere i carcerati significa difendere la civiltà”. L’iniziativa del 19 maggio è, dunque, solo l’incipit di una storia da raccontare dall’inizio alla fine e che oltre a pennelli e vernice porterà in carcere anche altro. Calcio, arte, cultura, libri. In una parola: bellezza. “Non c’è bellezza in carcere - ha detto Bergonzoni - non si raggiunge l’alto: ma oltre ai vestiti o al cibo bisogna portare a queste persone anche altro”. In carcere serve di tutto, basta pensare che, come racconta Laura Luchetta di Ausilio per la cultura, sono quasi finiti i fondi del 2012 per i prodotti di igiene. “Ma anche se non riescono a lavarsi - continua la volontaria - i detenuti chiedono libri”. Ausilio per la cultura ha portato 2.000 libri nel 2011 dentro la Dozza e ha contribuito a realizzare le attuali otto biblioteche (in arrivo la nona nella sezione dei semiliberi). Per poter dare loro ciò di cui hanno bisogno però serve l’aiuto di tutti. “Ecco perché serve la cooperazione dei cittadini- ha spiegato Stefano Bonaga che domani parteciperà all’inizio di “Vernissage” - in un periodo di crisi del welfare pubblico, ognuno di noi deve attivarsi e occuparsi di convivenza”. Il carcere è la città e nessuno può sottrarsi. “I detenuti crescono e i cittadini imbiancano - ha concluso Bergonzoni - tutti devono interessarsi del carcere e andarlo a vedere, noi siamo solo il passe partout per mostrare cosa c’è dentro: vediamo quante persone riusciamo a coinvolgere”. Per dare il proprio aiuto, un contributo, donare prodotti o partecipare “Vernissage” si può contattare Piazza Grande oppure Roberto Morgantini al numero 335.7456877. Cagliari: Sdr; finalmente chiaro segnale governo su ritardi per apertura del nuovo carcere Comunicato stampa, 18 maggio 2012 “La decisione della Ministra della Giustizia Paola Severino di verificare personalmente che cosa determina il continuo rinvio dell’inaugurazione del nuovo carcere di Cagliari è il primo chiaro segnale del Governo. Era ora”. Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, che esprime “particolare soddisfazione per l’iniziativa più volte sollecitata dall’associazione per fare chiarezza sull’atteggiamento dell’impresa che ha ottenuto i lavori senza bando, paga i lavoratori a singhiozzo e ha accumulato gravissimi ritardi”. “Solo con un controllo effettivo da parte del Governo - sottolinea la presidente di Sdr - sarà possibile contenere i problemi e uscire dal circolo vizioso che genera immobilità e spreco di denaro pubblico. La presenza della Ministra a cui va la nostra fiducia sarà utile per comprendere come sono stati gestiti i fondi per la realizzazione di un’opera che è nata male e sta crescendo anche peggio”. “Non sfuggirà alla Guardasigilli che l’opera è stata progettata ed edificata in un’area malsana, prossima a un impianto eolico e a un’azienda per la lavorazione delle carni fuori norma, distante dagli ospedali e priva di strade di collegamento. Non solo, potrà verificare che i terreni sono stati espropriati e il relativo importo inserito nel capitolato d’appalto con un contenzioso ancora in atto tra Opere Pubbliche e i proprietari. Non si è neppure ancora provveduto a concordare con le amministrazioni locali il piano dei servizi in modo da garantire gli accessi con i mezzi pubblici. Speriamo che al più presto infine - conclude Caligaris - sia chiarito il mistero con quali e quanti agenti di Polizia Penitenziaria s’intenda garantire la sicurezza”. Rieti: Polverini; aprono nuovi spazi nel carcere, bella notizia per nostra regione Agi, 18 maggio 2012 “Finalmente il carcere di Rieti, al quale abbiamo contribuito per competenza regionale, apre nuovi spazi e questo permetterà ai detenuti di vivere in un carcere più confortevole e al tempo stesso di liberare spazi angusti delle tante carceri sovraffollate”. Lo ha detto la presidente della Regione Lazio Renata Polverini, a margine della cerimonia per il 195° anniversario di fondazione del corpo di polizia penitenziaria che si è svolta questa mattina a Roma alla presenza del presidente della Repubblica. Montino-Perilli: c’è personale sanitario per detenuti Rieti? “Il fatto che il carcere di Rieti apra nuovi spazi è senz’altro una bella notizia. Più che perdere tempo a rallegrarsene, però, la Polverini farebbe meglio ad agire, visto che nuovi spazi significano anche nuove persone da accogliere, assistere e curare. Alla salute di questi detenuti, infatti, deve pensarci per legge la Regione Lazio. Ma c’è personale medico adeguato per garantire la salute di questi nuovi utenti del sistema sanitario regionale? La Asl di Rieti ha più volte chiesto deroghe all’assunzione perché mancano medici e infermieri: i problemi verranno risolti oppure no?”. Lo hanno dichiarato, in una nota congiunta, il capogruppo Pd Esterino Montino e il consigliere Mario Perilli della Regione Lazio. “La Polverini lasci da parte le dichiarazioni da campagna elettorale e si occupi di risolvere il problema. Sarebbe uno scandalo lasciare a mezzo servizio un nuovo carcere, moderno ed efficiente perché non ci sono sufficienti operatori sanitari. Tenendo anche conto che nel Lazio il resto della popolazione detenuta soffre un vergognoso sovraffollamento”. Israele: tre detenuti palestinesi proseguono “a oltranza” lo sciopero della fame Nova, 18 maggio 2012 L’associazione dei detenuti palestinesi in Israele ha comunicato che tre di loro stanno proseguendo lo sciopero della fame nonostante la sigla dell’accordo che ha messo fine a questa azione di protesta, intrapresa da un terzo (1.550) del totale dei palestinesi detenuti e terminata lunedì scorso. Anche la portavoce del Dipartimento delle prigioni israeliane, scrive il quotidiano “al Hayat”, ha detto che tre detenuti, Mohammed Sarsak, Akram Rikawi e Mohammed Abdel Azizi, proseguono le sciopero della fame ad oltranza. Il primo detenuto in Israele senza processo, mentre gli altri due chiedono di essere scarcerati per ragioni di salute; uno di loro invalido e viene trasportato su sedia a rotelle.