Giustizia: amnistia; dai Radicali denunce e diffide contro Magistrati di sorveglianza e Gip Agenzia Radicale, 7 agosto 2012 Già oggi pendono presso la Corte europea dei diritti dell’Uomo circa 1.200 ricorsi anche presentati da varie persone recluse a vario titolo nei nostri istituti di pena, che accusano lo Stato italiano di averle sottoposte a trattamenti inumani e degradanti”. Lo ha detto Alessandro Gerardi, avvocato e dirigente radicale, in una intervista a Radio Radicale dedicata alle prossime tappe della iniziativa politica radicale sul fronte della giustizia. I Radicali stanno anche preparando un documento che sarà presentato al prossimo Comitato di Ministri del Consiglio d’Europa, e l’avvio di una serie di iniziative per l’attivazione dei meccanismi giuridici interni, “a partire dalla stessa richiesta di messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica”, ha detto Gerardi. “E qui la mente non può non andare alla lenta trasformazione delle funzioni e delle prerogative del Capo dello Stato, che sempre più ha deciso di mutare il suo ruolo di Garante e custode della legalità costituzionale in quello di arbitro e mediatore tra le forze politiche, come peraltro testimonia il mancato utilizzo del potere presidenziale del messaggio alle Camere volto a richiamare il legislatore ai propri obblighi di fronte alla totale illegalità in cui versa il sistema giudiziario e penitenziario”. Gerardi ha annunciato anche altre due iniziative, nei confronti dei magistrati di sorveglianza e dei Gip. Sui magistrati di sorveglianza, “l’ordinamento penitenziario assegna poche ma importanti funzioni al magistrato di sorveglianza”, tra cui “quello di vigilare sulla organizzazione degli istituti di prevenzione e pena anche al fine di assicurare che la custodia degli imputati e dei condannati sia attuata in conformità con leggi e regolamenti. Ciò nonostante non è raro, anzi capita spessissimo di visitare carceri in cui i detenuti non hanno mai visto il magistrato di sorveglianza competente, il quale peraltro non si reca da loro nemmeno per i colloqui richiesti, e non evade le istanze che gli vengono rivolte”, ha detto. Sui Gip, “occorre ricordare che il 42 per cento dei detenuti italiani è in attesa di giudizio”, un “dato abnorme”, una “percentuale che non ha eguali nel panorama europeo”. “Sono i Gip ad emettere le ordinanze che dispongono la custodia cautelare in carcere”. “Abbiamo deciso di inviare a tutti i capi degli uffici Gip una diffida: non si ricorra al carcere come misura cautelare estrema ogni qual volta non si sia in grado di garantire al destinatario del provvedimento un trattamento carcerario giusto, conforme a principi e leggi. In caso contrario, alla diffida seguirà la relativa denuncia presso le Procure della Repubblica”, ha detto Gerardi Marco Pannella, pure intervenuto in diretta, ha commentato: “Noi radicali, accanto alla pratica nonviolenta che è il modo più efficace per difendere lo stato di diritto e i diritti umani, invitando i nostri interlocutori a rispettare la loro propria moralità, i loro propri doveri, i loro propri obblighi, seguiamo l’obbligo di ogni cittadino, che se si trova a passare e ad assistere ad un omicidio ha l’obbligo di intervenire, altrimenti è colpevole di un reato omissivo. Per questo dunque promuoviamo una azione di massa di attivazione e animazione del diritto, delle procedure, denunciando i magistrati di sorveglianza e gli uffici dei Gip. È sicuro che l’immensa maggioranza dei magistrati di sorveglianza non rispetta la legge. Ci sarà un motivo? Cause di forza maggiore? Vedremo”, ha detto Pannella. Giustizia: non-notizie dal carcere… altri 3 detenuti morti suicidi Agenzia Radicale, 7 agosto 2012 Il mese di luglio è stato il peggiore degli ultimi 12 anni per le carceri italiane, con la morte di 14 detenuti e 3 poliziotti penitenziari: ma agosto, appena iniziato, già fa registrare i decessi per suicidio di altri 3 detenuti. Salgono così a 37 i carcerati che si sono tolti la vita da inizio anno e a 97 il totale dei morti in carcere, oltre a 7 agenti di polizia penitenziaria che si sono uccisi mentre erano fuori servizio. Nel dossier “Morire di carcere”, iniziato nell’anno 2000, i casi di detenuti suicidi ad oggi risultano 729, il totale dei detenuti morti ha raggiunto la cifra di 2.030, mentre 96 sono le vittime tra i poliziotti penitenziari. Teramo, 5 agosto 2012. Valentino Di Nunzio, 29 anni, ricoverato in un reparto ospedaliero di terapia intensiva, muore a seguito dei gravi traumi riportati nella Casa di Reclusione di Teramo, dove il 14 febbraio scorso aveva messo in atto un tentativo di suicidio in cella, buttandosi “di testa” dal secondo piano della branda a castello. Nella caduta aveva riportato gravissime lesioni midollari ed era paralizzato dal collo in giù, tanto per respirare aveva bisogno di essere sempre collegato ad un “ventilatore meccanico”. Nonostante la palese invalidità, Di Nunzio è rimasto in stato di detenzione fino all’ultimo istante di vita, sottoposto a custodia cautelare disposta dal Gip di Teramo e piantonato dalla Polizia. Alba (Cn), 1 agosto 2012. Un detenuto della Casa Circondariale di Alba (Cn) si suicida usando una rudimentale corda ottenuta annodando le lenzuola della sua cella. L’uomo, B.S., 50enne di origine albanese, avrebbe terminato di scontare la pena nel 2015. Roma, 1 agosto 2012. Emanuele Grisanti, 29 anni, si impicca ad un albero nel cortile dell’ospedale Sant’Eugenio, dove era ricoverato per farsi operare di calcoli. Doveva scontare ancora 4 anni di carcere, ma piuttosto di tornare in carcere ha preferito la morte. Padre di un bambino di 4 anni, da uomo libero viveva al popolare quartiere romano del Laurentino. Prima di togliersi la vita ha parlato con la madre e con la moglie al telefono, ha salutato gli infermieri dicendo “mi fumo una sigaretta, poi me ne vado a dormire”. Alle 22,20 il personale dell’ospedale ha trovato il corpo che pendeva dal ramo di un albero. Valentino Di Nunzio è il quarto detenuto che muore suicida nel carcere di Teramo da inizio anno, prima di lui si sono tolti la vita: Tereke Lema Alefech, il 29 giugno; Mauro Pagliaro, il 28 giugno e Gianfranco Farina il 2 febbraio. La Casa Circondariale di Teramo (270 posti e 430 detenuti presenti) detiene il triste record delle morti violente tra i detenuti: negli ultimi 7 anni vi si sono verificati 12 suicidi ed altri 3 decessi per “cause naturali”. Per avere un termine di paragone, nel carcere di Poggioreale, dove i detenuti sono 5 volte più numerosi (circa 2.000 presenze di media), dal 2005 ad oggi sono avvenuti 7 suicidi e 5 decessi per “cause naturali”. Giustizia: basta con le pene degradanti… intervista di Lanfranco Palazzolo La Voce Repubblicana, 7 agosto 2012 Lorenza Carlassare, professore di diritto costituzionale, ci dice che la civiltà di un Paese si misura sulle sue carceri. Se non vogliamo riformare la giustizia e il sistema carcerario italiano facciamo a meno di dire che siamo un paese civile. Lo ha detto alla “Voce Repubblicana” la costituzionalista Lorenza Carlassare, professore emerito di diritto costituzionale all’Università di Padova. Prof. Carlassare, cosa pensa dell’appello del Prof. Pugiotto per migliorare la condizione delle carceri italiane in quello che viene definito come il momento peggiore dell’anno per gli istituti penitenziari? “Io ho sottoscritto questo appello perché mi sembra che ormai da tutte le parti - e ormai da decenni - si segnali una situazione disumana nelle carceri italiane. Credo che con questo comportamento l’Italia stia andando contro le norme internazionali, ma anche contro la Costituzione che vieta pene degradanti e inumane per qualsiasi condannato. Mi sono molto rallegrata con il prof. Pugiotto, che ha presentato questo appello. La situazione è ormai diventata insostenibile e disumana”. Lei ritiene di dover mettere sotto accusa le istituzioni per questo comportamento? “Non c’è dubbio che la situazione sia diventata drammatica. Basta ricordare i suicidi che ci sono stati nelle carceri italiane. Ma questa situazione si protrae ormai da decenni. Sono anni che ormai colleziono i ritagli dei giornali in cui viene denunciata questa situazione drammatica. I suicidi in carcere non sono una realtà di oggi. Mi sembra che la drammatica attualità dei suicidi nelle carceri italiane sia spaventosa. In questo senso la vedo una priorità assoluta. Se non vogliamo fare queste riforma allora evitiamo di dire che siamo un paese civile”. Cosa pensa dell’amnistia? “Se devo essere sincera, ho avuto un’esitazione nel firmare l’appello del prof. Pugiotto perché non sono certa che provvedimenti importanti come l’amnistia e l’indulto possano essere provvedimenti utili al miglioramento della situazione. Dobbiamo lavorare sul contingente. In questo periodo mi trovo per una breve vacanza nel Sannio. Poco distante da dove mi trovo c’è un carcere di nuova costruzione che ha sfregiato il paesaggio. Questo carcere è vuoto, inutilizzato. Non credo che questa sia una situazione eccezionale. Al ministero della Giustizia dovrebbero fare un censimento sugli istituti penitenziari e vedere quanti posti sono realmente a disposizione”. Su quali altri aspetti lavorerebbe? “Ci sono troppi reati puniti con il carcere che potrebbero essere considerati come reati amministrativi. Si potrebbero utilizzare le pene alternative al carcere. La pena deve tendere alla rieducazione del condannato. Ma, a quanto pare, questo principio è stato dimenticato da tutti. Credo che ormai siamo tornati al Medioevo. Ma non privilegerei l’amnistia e l’indulto, che restano misure attuabili, ma non risolvono i problemi della giustizia”. Giustizia: Palma (Antigone); dal Senato ok alla Convenzione Onu contro la tortura Ansa, 7 agosto 2012 La Commissione Esteri del Senato ha ratificato il protocollo opzionale della Convenzione Onu contro la tortura (Opcat), uno strumento essenziale contro il rischio di maltrattamenti o torture delle persone private della liberta”. Lo rileva Mauro Palma, presidente onorario dell’associazione Antigone, che si batte per i diritti nelle carceri e vice presidente del Consiglio Europeo per la cooperazione nell’esecuzione penale. “Ci sono dunque le premesse per definitiva ratifica del protocollo entro la fine della legislatura - sottolinea Palma - ciò ci pone in linea con gli altri 30 Paesi europei che nella stragrande maggioranza hanno già provveduto”. L’Opcat prevede infatti l’istituzione di un organismo sovranazionale che dialoghi con i governi dei Paesi circa condizioni e trattamento nei luoghi di detenzione - anche di detenzioni brevi o amministrative, quali sono quelle di stranieri per identificazione ed espulsione - nonché in tutti i luoghi e le forme in cui una persona può essere privata della libertà da parte dell’autorità pubblica. Inoltre ogni Paese che lo ratifica istituisce un organismo indipendente con poteri di accesso in tali luoghi, in grado di monitorare la situazione con continuazione ed evidenziare eventuali criticità, ancor prima che queste possano evolvere negativamente. “Si estendono così anche a un organismo interno i poteri che in Europa ha il Comitato di Strasburgo per la prevenzione della tortura, che ho avuto l’onore di presiedere per anni”, aggiunge Palma. ‘Per questo sin da quando l’Italia dichiarò la propria intenzione di ratificare il Protocollo, ormai ben 9 anni fa - prosegue - con l’appoggio dell’Associazione Antigone ho sollecitato il Parlamento, nelle successive composizioni che da allora si sono avute, a procedere a questo passo. Che la dichiarazione d’intenzioni allora annunciata possa oggi arrivare a conclusione è, quindi, motivo di soddisfazione”. “Era un passo dovuto: basti pensare che l’Italia non avendo ratificato il protocollo non ha tuttora alcun rappresentante nell’organismo che da Ginevra dialoga con i vari governi; né ha potuto presentare candidature per il suo rinnovo che avverrà quest’anno. Mi auguro che ora si proceda con la dovuta sollecitudine al passaggio in aula e poi a quello all’altra Camera”, conclude. Giustizia: Osapp; contrasteremo rielezione politici che votano decreto su spending review Adnkronos, 7 agosto 2012 Per “la riduzione di 5000 baschi azzurri in meno di tre anni a causa della spending review”, “diffonderemo i nominativi dei parlamentari che voteranno la fiducia alla Camera perché non siano rieletti il prossimo anno. Lo ha dichiarato Leo Beneduci, segretario generale dell’Organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria (Osapp) alla rivista online Polizia Penitenziaria Domani. “Abbiamo più volte segnalato in sede politica e parlamentare - ha proseguito Beneduci - ad oggi del tutto vanamente, quale sarà il probabile risultato per le carceri italiane della riduzione di ulteriori 5.000 unità, a fronte delle 7.000 già mancanti, dell’organico di Polizia Penitenziaria pari ad una carenza del 35% a fine 2014, e di 900 unità in meno su una comprensiva dotazione di 6.500 dipendenti, dell’organico dei profili tecnici e amministrativi dell’amministrazione penitenziaria, di cui al provvedimento della spending review su cui il Governo porrà la fiducia per la definitiva approvazione domani alla Camera dei Deputati. “Al voto di fiducia - ha concluso Beneduci - seguirà da parte nostra, su l’intero territorio, in tutti i social-network, forum, chat-line e mail-list a diffusione nazionale, la comunicazione dei nominativi dei parlamentari che voteranno tale fiducia, compresi se del caso quelli di Alfano, Bersani e Casini, affinché ci si impegni nel vastissimo mondo penitenziario per la loro non rielezione nel 2013. Sappiamo bene che la nostra è solo una piccola voce il cui peso, peraltro, in termini di concretezza, non potrà non farsi sentire nel confuso panorama delle elezioni politiche del 2013, affinché si realizzi quel rinnovamento nei partiti a cui tutti i cittadini aspirano”. Giustizia: Sappe; preoccupati per operatività polizia penitenziaria dopo spending review Adnkronos, 7 agosto 2012 “Siamo seriamente preoccupati per le negative ricadute che avrà sul sistema carcere e sull’operatività del corpo di Polizia penitenziaria il decreto sulla spending review approvato oggi alla Camera dei Deputati”. Lo scrive, in una nota del segretario, Donato Capece, il sindacato autonomo di Polizia penitenziaria Sappe. “La Camera dei Deputati - si legge nella nota - ha incomprensibilmente cancellato un emendamento, approvato in Commissione Bilancio del Senato, che tutelava il Corpo di Polizia Penitenziaria ed i suoi appartenenti dai possibili effetti della revisione di spesa. Con il voto di oggi che ha stravolto quella importante indicazione, la Camera dei Deputati si assume la grave responsabilità istituzionale, politica e morale di piegare le gambe al sistema carcere ed al Corpo di Polizia Penitenziaria”. Giustizia: domani Papa (Pdl) visita Regina Coeli; basta abuso carcerazione preventiva Agenparl, 7 agosto 2012 Domani mercoledì 8 agosto il deputato del Pdl Alfonso Papa si recherà in visita presso la casa circondariale di Regina Coeli. Alle ore 14 è prevista una conferenza stampa all’ingresso del carcere in via della Lungara a Roma. Parteciperanno alla mobilitazione i volontari della onlus Recuperiamoci.org. “Il mio giro estivo per le carceri italiane proseguirà domani a Regina Coeli dove solo pochi giorni fa un detenuto si è tolto la vita impiccandosi con l’elastico degli slip - dichiara il deputato Alfonso Papa. Un atto estremo compiuto con modalità estreme restituisce bene l’idea del senso assoluto di prostrazione e disperazione che annichilisce l’essere umano costretto a pagare una pena secondo le forme e i modi di una tortura”. “In quasi la metà dei casi neppure di pena si tratta dal momento che il 43 percento dei detenuti sono imputati in attesa di giudizio - conclude l’onorevole Papa - L’uso massiccio della carcerazione preventiva è fuori da ogni norma nazionale e internazionale. Contro una tale illegalità occorre un cambio di passo, e il mio progetto di legge già calendarizzato in Commissione Giustizia fissa i paletti per una radicale riforma di un istituto trasformatosi in anticipazione di pena verso presunti non colpevoli”. Emilia Romagna: Garante Bruno; per stranieri clandestini soluzione è rimpatrio assistito Dire, 7 agosto 2012 Non è il carcere o l’espulsione la soluzione per gli stranieri, soprattutto se clandestini, che delinquono in Italia. Bisogna puntare, invece, su rieducazione e rimpatrio assistito. A sostenerlo è la Garante regionale per i detenuti, Desi Bruno, che in una nota rilancia un tema che le sta molto a cuore. “Oltre la metà delle persone detenute in Emilia-Romagna è straniero - sottolinea Bruno - il dato nazionale, invece, si attesta intorno al 36%. Gli stranieri costituiscono la maggioranza dei detenuti a Parma, Reggio Emilia, Modena (69%), Bologna, Ravenna e Rimini. Al contrario, meno del 10% dei detenuti è nato in questa regione”. Dati alla mano, dunque, Bruno ribadisce “la necessità di procedere con le misure alternative al carcere”, come semilibertà, affidamento, detenzione domiciliare o lavoro all’esterno. Per molti detenuti stranieri, denuncia la garante, “i periodi di detenzione sono più lunghi, per mancanza di un’adeguata difesa e perché spesso i magistrati basano il giudizio di pericolosità sociale sulla condizione di clandestino, a volte per difetto di comprensione di quello che sta succedendo e per l’assenza di un numero sufficiente di mediatori culturali e socio-sanitari”. Secondo Bruno, “siamo di fronte a un nuovo scenario, impensabile ai tempi della nascita dell’ordinamento penitenziario e della legge Gozzini. Ci si deve porre la domanda se sia possibile ipotizzare la rieducazione di chi verrà comunque espulso, e quali forme differenziate di trattamento si possono immaginare”. La garante pensa appunto a “progetti di rimpatrio assistito, utilizzando la previsione normativa che prevede che gli stranieri non appartenenti alla Ue condannati in via definitiva per un numero rilevante di reati, non quelli più gravi, debbano essere espulsi quando mancano due anni al fine-pena”. Il rimpatrio assistito, insiste la garante regionale dei detenuti, “può costituire una soluzione concreta, coinvolgendo consolati, enti locali, amministrazioni penitenziarie, magistratura di sorveglianza, associazioni che si occupano di immigrazione e volontariato. Nessuna espulsione, invece, continuerà ad essere possibile per chi, rientrando nel proprio Paese rischia di subire persecuzioni per motivi di razza, sesso, religione e opinioni politiche”. L’espulsione, infatti, “presuppone che il Paese di provenienza sia disposto ad accogliere” la persona, ma che “molti detenuti stranieri fanno resistenza per non tornare indietro accompagnati dalla sconfitta totale del progetto migratorio che li aveva portati in Italia”. Vanno dunque create “le basi di un rientro assistito” lavorando col Paese d’origine, investendo allo stesso tempo “su percorsi di preparazione e di formazione” per i detenuti stranieri, che avranno così “competenze da spendere nel Paese di provenienza. Anche i più refrattari a questo tema - aggiunge Bruno - possono apprezzare il significativo risparmio di risorse, vista l’entità del costo delle persone detenute per le casse dello Stato”. Inoltre, sottolinea la garante, la strategia del rimpatrio assistito permette di “diminuire i rientri clandestini e la successiva inevitabile carcerizzazione, alleggerendo il numero della popolazione detenuta e sottraendo migliaia di persone al circuito criminale”. Lombardia: il Provveditore; a settembre 700 nuovi posti, ma servono depenalizzazioni Il Giorno, 7 agosto 2012 Aldo Fabozzi, 61 anni, campano, a lungo direttore del carcere di massima sicurezza di Opera e poi a San Vittore, è da pochi giorni il nuovo provveditore regionale alle carceri. Trova una situazione incandescente come il caldo estivo. Come si affronta un’emergenza di questo genere? “Non è facile. Il primo passo, spero già a settembre, sarà l’apertura di nuovi spazi negli istituti di Cremona, Pavia e Voghera. Sono 700 posti letto in più, che dovrebbero darci un po’ di respiro. Poi, applicando le direttive dell’amministrazione penitenziaria, si cercherà di attuare le condizioni per una carcerazione “attenuata” dei detenuti di non alta pericolosità. Poi, certo, dipenderà anche dalla soluzioni al problema giustizia che si troveranno a livello politico”. Lei personalmente come valuta l’ipotesi dell’amnistia sostenuta dai radicali? “Sarebbe anche utile, se non si limitasse ad essere una semplice misura di emergenza ma ci consentisse una diversa riorganizzazione di tutto il sistema. Ma questo non può prescindere ovviamente da una modifica legislativa in tema di depenalizzazione di certi reati. In caso contrario anche l’amnistia finirebbe per avere solo un effetto temporaneo”. E le misure alternative al carcere? Almeno in questo la Lombardia è regione all’avanguardia, in Italia. “È importante che questo strumento venga utilizzato in modo sempre maggiore. E ritengo che anche la regolamentazione del lavoro carcerario andrebbe adeguata, prendendo esempio dai sistemi anglosassoni e tedeschi”. Quali sono gli impegni più urgenti, per lei che è provveditore solo da pochi giorni? “Oltre a fare in modo che a settembre si possano avere quei 700 posti in più di cui ho già detto, sto cercando di conoscere meglio i miei collaboratori e i dirigenti dei vari istituti. C’è la necessità di mettere a punto al più presto un progetto complessivo”. Teramo: uccise madre e tentò suicidio in carcere, 29enne muore dopo 6 mesi di agonia Ansa, 7 agosto 2012 Il 25 settembre 2011 aveva ucciso la madre a coltellate perché, raccontò poi ai Carabinieri, lo aveva fatto arrabbiare; il 14 febbraio scorso, nel carcere di Teramo dove era rinchiuso, tentò il suicidio, procurandosi una gravissima lesione al midollo che condusse a una paralisi totale irreversibile. Ieri Valentino Di Nunzio, 28enne di Manoppello (Pescara), è morto nella clinica Villa Pini di Chieti, dove era ricoverato in stato di detenzione carceraria. Per il suo avvocato, Isidoro Malandra, il decesso è da legare ai gravi traumi riportati proprio nel tentativo di suicidio. Per chiarire le cause della morte si dovrà comunque attendere l’esito dell’autopsia, decisa dal sostituto procuratore di Teramo Bruno Auriemma, il quale domani affiderà l’incarico a un perito. Il legale già durante l’audizione davanti al Gip, pochi giorni dopo il delitto, aveva chiesto che venisse effettuata una perizia per accertare la compatibilità delle condizioni psichiche del giovane con il regime carcerario. Poi, nel dicembre 2011, aveva chiesto di trasferire Di Nunzio in ospedale, richiesta allora respinta. All’indomani del tentativo di suicidio Malandra dichiarò: “La certezza con cui il Pm e il Gip hanno ritenuto non sussistere alcun problema in merito alla capacità di intendere e di volere del Di Nunzio e l’evidente mancata comprensione della gravità della patologia da cui il Di Nunzio è affetto, hanno condotto a questo dolorosissimo esito”. Cagliari: Sdr; emergenza a Buoncammino, per quasi 570 detenuti con caldo torrido Ristretti Orizzonti, 7 agosto 2012 “Un aumento esponenziale del numero dei detenuti, che hanno ormai raggiunto quasi 570 presenze a fronte di una capienza regolamentare di 345 posti, stanno rendendo esplosiva la situazione nel carcere di Buoncammino con gravi rischi per tutti”. Lo sostiene Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, che denuncia “un preoccupante incremento di atti di autolesionismo determinato dal sovraffollamento”. “Al numero spropositato di presenze dentro le celle - sottolinea - occorre aggiungere il caldo asfissiante di questi giorni che riduce il livello di sopportazione del disagio e genera un costante stato di irritabilità. I detenuti sono costretti a fare lunghe file per accedere alle docce e in alcune aree anche l’acqua che esce dal rubinetto è tiepida. La difficile situazione sta diventando insostenibile per diversi anziani ammalati con patologie croniche dell’apparato respiratorio e cardiovascolare, per i detenuti in doppia diagnosi con disturbi psichici e per i tossicodipendenti in trattamento”. “Il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria - afferma la presidente di Sdr - non può continuare a trasferire nel carcere cagliaritano cittadini privati della libertà provenienti dalla Penisola con l’intento di isolarli e negare invece ai detenuti sardi di poter tornare vicino ai parenti che non vedono spesso da anni. Sono misure punitive, aggiuntive alle pene, che sono contrarie al senso umanitario”. “È assurdo inoltre far ricadere sugli Agenti di Polizia Penitenziaria, numericamente inadeguati - conclude Caligaris - la responsabilità della sicurezza. Ciò significa negare la funzione rieducativa della pena e tenere i detenuti, un quarto dei quali ancora in attesa di giudizio, come animali in gabbia”. Nuoro: la denuncia dell’Ugl; detenuti ricoverati in ospedale con un solo piantone La Nuova Sardegna, 7 agosto 2012 Un detenuto piantonato per tre turni consecutivi all’ospedale San Francesco da un solo agente di polizia penitenziaria. E una reclusa nigeriana incinta di otto mesi sorvegliata all’ospedale civile di Olbia con turni svolti per il 90 per cento da personale maschile. Non c’è pace per gli agenti al lavoro a Badu ‘e Carros. Che, dopo l’aggressione subita nei giorni scorsi da uno di loro, da parte di un detenuto che non voleva rientrare in cella a causa dei troppi compagni che gli erano stati assegnati, protestano di nuovo duramente per le “gravissime condizioni in cui devono operare, visto che ormai sovente, si dispongono servizi di piantonamento di detenuti nei vari nosocomi, senza rispettare le più elementari disposizioni e regole dettate in materia della sicurezza”. La denuncia arriva da Libero Russo, segretario provinciale Ugl e agente in servizio da tempo nel carcere nuorese, ed è stata spedita nei giorni scorsi al direttore del penitenziario nuorese, Patrizia Incollu, e al Provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria Gianfranco De Gesù: “Sono passati appena pochi giorni dal piantonamento, che ha interessato anche il personale di questo istituto all’ospedale civile di Olbia, dove veniva sorvegliata una detenuta, all’ottavo mese di gravidanza - scrive Russo. Ebbene, in quel piantonamento, solo qualche turno veniva svolto con personale femminile, così come previsto dalle normative vigenti, il 90 per cento dei turni venivano svolti interamente da personale maschile. Si provi ad immaginare l’imbarazzo del poliziotto, quando durante le numerose visite di controllo, il personale medico, giustamente, invitava i colleghi a restare fuori dalla stanza, per visitare la paziente. Rendendo di fatto impossibile il controllo visivo, che è unico mezzo, imprescindibile e vincolante, che consente, prontamente, al poliziotto di intervenire per scongiurare qualsiasi forma posta in essere e non consentita dal detenuto, sino a quella più grave come l’evasione”. “Come se ciò non bastasse - continua Russo - oggi, a pochi giorni da quella scellerata gestione di quel piantonamento, che tutti noi avremmo voluto dimenticare, per la tensione e il carico di responsabilità a cui è stato sottoposto il personale di polizia penitenziaria, ci troviamo ad affrontare nuovamente l’argomento, questa volta, in modo ancora più grave. All’ospedale San Francesco di Nuoro, il 31 luglio è stato ricoverato un detenuto e questa volta a piantonare il detenuto, è stata impiegata una sola unita per tre turni consecutivi di piantonamento”. Il sindacalista dell’Ugl, Libero Russo, poi prosegue: “Ci sembra superfluo sottolineare il rischio con cui è stato esposto il personale del carcere nello svolgere questo delicato tipo di servizio, che lo vede maggiormente esposto a rischio e per giunta senza nessuna possibilità di comunicare con l’esterno: visto che il telefono cellulare all’interno del reparto non è raggiungibile, come più volte da noi era stato segnalato. Alla luce di quanto è stato esposto, pare chiaro che tale atteggiamento non è più tollerabile e né tanto meno è giustificabile. Non è tollerabile che ancora una volta il poliziotto penitenziario sia costretto a garantire il proprio servizio, a proprio rischio e pericolo, per coprire tutte le carenze e apatie di un’amministrazione sorda”. Como: carcere del Bassone troppo affollato, situazione insostenibile Il Giorno, 7 agosto 2012 Tanti detenuti e pochi agenti. Si riassume così la delicata situazione nel carcere comasco del Bassone dopo che nelle ultime ore alcuni consiglieri regionali del Pd sono entrati nella struttura di Albate. Insieme all’On. Chiara Braga, i consiglieri regionali Luca Gaffuri, Mario Barboni e Gian Antonio Girelli, hanno incontrato la Dr.ssa Carla Santandrea, Direttrice del Carcere di Como. “La scelta del Pd è di fare il punto della situazione carceraria a livello complessivo - sottolinea Gaffuri - e questa visita non nasce dagli episodi di cronaca cui il Bassone è stato protagonista lo scorso mese”. Dalla visita della struttura è emerso come al Bassone sia ancora attuale il problema relativo al sovraffollamento, soprattutto in alcune sezioni, così come il fatto che il personale sia sotto organico. Presso l’istituto penitenziario comasco sono detenute circa 600 persone, il 60% di nazionalità straniera, delle quali 54 donne (surplus è di oltre 100 unità). Un grande problema è poi rappresentato dalla scarsità di risorse per far fronte alla manutenzione ordinaria. “Nonostante la buona volontà e l’impegno degli operatori, questo penalizza la possibilità di realizzare attività che hanno lo scopo di rendere la pena non solo punitiva ma anche riabilitativa - rileva l’onorevole Braga. Bisogna puntare ad un maggiore coinvolgimento in forme alternative alla sola permanenza in carcere, così come il Pd sostiene da tempo. Il problema del sovraffollamento nelle carceri può essere risolto non certo realizzando nuove strutture, come aveva promesso il Governo Berlusconi, bensì intervenendo con nuovi strumenti che possano avviare un percorso formativo per chi si trova in carcere. Non è solo una questione di sicurezza. Serve maggiore impegno affinché le persone una volta uscite non ci debbano rientrare”. Tra le note positive emerse nel corso della visita il fatto che al Bassone l’organico educatori è stato rafforzato e che, grazie ad alcune doti regionali, si è proceduto alla riqualificazione di un’area dell’istituto prima abbandonata e che ora può essere destinata a varie attività. “Siamo rimasti particolarmente colpiti dalle aree destinate ai bambini i cui genitori si trovano in carcere - dà rilievo Gaffuri -. Attualmente si tratta di soli 4 bimbi. La nostra intenzione è quella di portare questo delicato argomento all’attenzione del Consiglio Regionale e della Commissione Speciale. Anche a Como poi, come negli altri istituti lombardi, abbiamo riscontrato un grande sovraffollamento e solo grazie alla professionalità ed alla disponibilità di chi lavora si riesce a contenere i problemi”. Reggio Calabria: Sappe; agente sventa tentato suicidio di un detenuto Adnkronos, 7 agosto 2012 Un agente di Polizia penitenziaria del carcere di Reggio Calabria questa notte ha salvato la vita ad un detenuto che ha tentato di suicidarsi. Lo scrivono, in una nota, Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto del Sappe e Damiano Bellucci, segretario nazionale. “Si tratta di uno degli oltre mille casi -sottolineano- che si verificano ogni anno in Italia e che la polizia penitenziaria riesce ad evitare la maggior parte delle volte”. Sono circa 1.100 i tentativi di suicidio ogni anno, secondo i dati del sindacato, e “la polizia penitenziaria riesce a salvarne più di 1.000. L’uomo era un detenuto italiano. Il Sappe esprime un sincero e convinto apprezzamento al collega del reparto della Casa circondariale di Reggio Calabria, che con il suo tempestivo intervento ha salvato la vita a un detenuto. È ancora una volta solo grazie alla professionalità, alle capacità, all’umanità e all’attenzione del personale di Polizia penitenziaria -concludono- che un detenuto è stato salvato da un tentativo di suicidio”. Imperia: difesa Bellavista Caltagirone, Garante dei detenuti Marroni si occuperà del caso Adnkronos, 7 agosto 2012 Il Garante dei diritti dei detenuti, Angiolo Marroni, si occuperà del caso di Francesco Bellavista Caltagirone, nuovamente in carcere dal 18 luglio, dopo che il gip di Imperia ha firmato l’aggravamento della misura cautelare richiesta dalla procura. “Le sue condizioni di salute - spiega uno dei difensori, Alessandro Turco - sono assolutamente incompatibili con il regime carcerario. Abbiamo preso contatti con il garante dei detenuti, che formalmente si occuperà del caso. È inaccettabile che un uomo di 73 anni, con gravi problemi di salute sia ancora in carcere”. Intanto, si discuterà il 13 agosto il ricorso al tribunale del riesame di Genova presentato dai difensori dell’imprenditore, proprio per cercare di ottenere nuovamente i domiciliari. “Siamo stati contattati dall’avvocato dell’ingegner Caltagirone - spiega il capo segreteria del garante dei diritti dei detenuti, Rosario Barriale - consigliandoli di produrre una nuova istanza di domiciliari, dopodiché, noi attiveremo il nostro iter sempre nei limiti delle nostre azioni consentite dalla legge”. Sappe: il carcere non è uguale per tutti… (Comunicato stampa) “Mi sembrano davvero singolari le dichiarazioni che periodicamente vengono rilasciate dai vari parlamentari ed ex ministri che si sono via via recati nel carcere di Imperia dove è detenuto il presidente di Acqua Marcia, Francesco Caltagirone Bellavista, coinvolto nell’inchiesta giudiziaria sul Porto della città ligure. Oggi leggo addirittura dell’interessamento del garante dei detenuti laziale Angiolo Marroni (che evidentemente pensa che Imperia sia nella sua Regione). Le trovo singolari perché tutti dicono di voler vedere quali sono le condizioni in cui versa il carcere imperiese ma, in realtà, quasi mai si fanno un giro di tutta la struttura detentiva e mai ritengono opportuno incontrare i rappresentanti sindacali della Polizia penitenziaria e neppure gli altri detenuti oltre a Caltagirone Bellavista. Chissà se tutto questo interessamento per il carcere di Imperia nel quale è presente un detenuto di serie A produrrà poi fatti concreti: per ora ci troviamo davanti a un carcere nel quale la carenza di personale di Polizia Penitenziaria è significativa (25 Agenti in meno negli organici), il sovraffollamento è estremamente pesante (erano circa 113 i detenuti presenti ad Imperia il 31 luglio scorso, dei quali il 65% circa gli stranieri, rispetto ai 69 posti letto regolamentari) ed i detenuti che lavorano sono una percentuale irrisoria, con ciò favorendo l’ozio in carcere e l’acuirsi delle tensioni che nel recente passato hanno visto alcuni detenuti scontrarsi nella sala socialità del carcere. Condizioni, sovraffollamento e carenza di poliziotti, che si ripercuotono negativamente sulla dignità stessa di chi deve scontare una pena in celle affollate e soprattutto di coloro che in quelle sezioni detentive svolge un duro, difficile e delicato lavorato, come quello svolto dai poliziotti penitenziari. Tutte cose che avremmo detto anche ai parlamentari ed ex ministri venuti ad accertarsi delle condizione di un detenuto eccellente ristretto a Imperia, se solo avessero avuto la sensibilità di incontrare i rappresentati dei poliziotti…”. A dichiararlo è Roberto Martinelli, segretario generale aggiunto del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe (il primo e più rappresentativo della Categoria), sulle visite e dichiarazioni circa un detenuto eccellente ristretto nel carcere di Imperia. Pavia: fragole, insalata e basilico dall’orto del carcere La Provincia Pavese, 7 agosto 2012 Zucchine, cetrioli, melanzane, patate, fragole, basilico verde e basilico greco (rosso scuro), sedano e meloni. All’inizio era solo una piccola serra, che Loris B. aveva costruito insieme a un agente di polizia penitenziaria, senza crederci neppure troppo. Oggi è un orto, curato e lussureggiante, che offre a un gruppo di detenuti di Torre del Gallo l’occasione di stare all’aperto, lavorare la terra, assaporare uno scampolo di cielo e di libertà. Il raccolto viene lavato e consegnato 2-3 volte alla settimana alla cooperativa Arkè, che commercializza i prodotti all’esterno, anche attraverso la rete dei Gas (i gruppi di acquisto solidale). Il ricavato viene reinvestito nella lavorazione dell’orto, con l’ipotesi, dove possibile, di impiegare un sempre maggior numero di detenuti, anche a supporto degli attuali lavoranti. Il progetto orto - sostenuto dalla direzione e poi sviluppato dall’area Trattamentale e dalla cooperativa Arkè - attualmente è affidato a due detenuti con la borsa lavoro, e a un volontario: Loris, Florin e Nicola. Ma il numero dei giardinieri potrebbe aumentare. Gli operatori del carcere che seguono i progetti di formazione hanno un sogno nel cassetto: trasformare uno spazio esterno, incolto e non curato in un’area verde. E c’è un altro piccolo fazzoletto di terra proprio lì vicino che potrebbe diventare senza troppi sforzi un mini parco giochi per i bambini che vengono a fare visita ai loro padri detenuti. Natura e famiglia. Su questi due pilastri si basa il sogno: creare un luogo neutrale per genitori e figli, in cui potersi incontrare coordinati da una psicologa. Oggi Loris è orgoglioso delle sue piantine. “Io credo che questo tipo di lavoro, sia molto rieducativo in carcere - scrive - perché può dare la speranza di riflettere e di pensare a tutti gli sbagli commessi. Peccato che questa attività coinvolga attualmente solo tre persone; a mio parere potrebbe riabilitare almeno il 50% dei detenuti. A me è servito molto, il contatto con la natura e l’aria aperta, mi ha ridato speranza e vedere crescere la semina che tu stesso hai piantato con le tue mani, giorno dopo giorno, è come vedere un figlio che cresce”. “Forse esagero a parlare così - scrive ancora Loris -, ma se guardo indietro all’inizio di questa esperienza il lavoro non mi piaceva, mentre oggi, a distanza di nove mesi, la mattina non vedo l’ora di uscire e andare a trovare le mie piantine. Spero che in futuro anche altre persone possano fare questo mio percorso”. Eboli (Sa): Premio Filippo Basile 2012 per la Formazione nella Pubblica Amministrazione Ristretti Orizzonti, 7 agosto 2012 Prap Campania CR Eboli vince il Premio Filippo Basile 2012 per la Formazione nella Pubblica Amministrazione. Progetto “Formazione e innovazione nel sistema penitenziario europeo”. L’Associazione Italiana Formatori (Aif) - Premio Filippo Basile 2012 per la Formazione nella Pubblica Amministrazione, riconosce al Provveditorato Regionale Amministrazione Penitenziaria Campania - CR di Eboli “il primo premio assoluto sui Progetti Formativi proposti nella Pubblica Amministrazione”. Il progetto innovativo “Formazione e innovazione nel sistema penitenziario europeo” è unico nel suo genere e mira a soddisfare la carenza dei quasi inesistenti corsi formativi erogati in modalità e-learning in carcere. L’azione è diretta a tutti gli operatori penitenziari europei. L’attività di ricerca internazionale sulla “formazione e innovazione nel sistema penitenziario europeo” è stata avviata in Italia nel 2009 dal “gruppo di studi e ricerca nazionale ed internazionale del Provveditorato Regionale Amministrazione Penitenziaria Campania”, il cui coordinamento è affidato alla dott.ssa Rita Romano della Casa di Reclusione - Icatt di Eboli. Componente del gruppo di ricerca del Prap Campania è il Dott. Giovanni Suriano (Sociologo, Esperto in studi criminologici) che ha ideato è curato unitamente al direttore della CR di Eboli e ai docenti dell’Università di Economia di Foggia: prof. Claudio Nigro, dott.ssa Flora Cortese e dott.ssa Enrica Iannuzzi il progetto “Formazione e innovazione nel sistema penitenziario europeo” premiato recentemente dall’Associazione Italiana Formatori (Aif) . La solida esperienza internazionale è stata avviata dal dott. Giovanni Suriano nel 2009 con il progetto internazionale di durata biennale “E-learning education for prisioners and prisioner’s professionals”, attività svolta in partenariato con l’Università di Montpellier (Francia), l’Università degli Studi di Salerno (Italia) e il carcere minorile di Buzias (Romania), nel 2012 lo stesso ha proposto per il PRAP Campania il nuovo progetto internazionale finanziato dall’Unione Europea “European perspectives on raising social competencies of offenders” che si andrà a realizzare a partire dal mese di ottobre 2012 e si concluderà nel luglio del 2014. Il nuovo partenariato è composto dal: Ministero della Giustizia Prap Campania (Italia); Vši Elektrenu Profesinio Mokymo Centras (Lituania); Cepa Yucatan (Spagna); South London Business (Inghilterra); Antalya Cumhuriyet Bassavciligi Koruma Kurulu Baskanligi (Turchia); Eurl Aristote (Francia); Eurotrainer (Romania), O Noua Sansa In Viata (Romania). Il gruppo di studio e ricerca ha programmato un processo di studio e ricerca rivolto al monitoraggio, valutazione e pianificazione dell’azione formativa in carcere che mira a facilitare e sostenere lo sviluppo di “buone pratiche innovative in carcere” per il raggiungimento degli obiettivi in termini di efficacia, efficienza ed economicità. Dall’analisi di studio e ricerca realizzata a livello internazionale, è emerso che tra i bisogni primari, si inserisce la preparazione e la condivisione di “linee guida europee sulla formazione in carcere” indispensabili per la realizzazione e la definizione di nuove metodologie nei “processi formativi di qualità” da erogarsi in modalità e-learning, così come enunciate nella Raccomandazione europea (R 2006). L’iniziativa del programma Comunitario Grundtvig è stata valorizzata e fortemente sostenuta dal Dipartimento Amministrazione Penitenziaria - Ufficio Capo del Dipartimento - Nucleo Permanente Progetti Fondo Sociale Europeo (Dap), promuovendo la partecipazione al corso di formazione internazionale “Formare docenti e istruttori all’insegnamento negli istituti penitenziari” che si svolgerà a Malta nel mese di settembre 2012, organizzato dall’European Prison Education Association di Malta (Eapea). Il dott. Giovanni Suriano già promotore in Italia dell’azione progettuale “Formazione e innovazione nel sistema penitenziario europeo” e di altre attività progettuali nazionale ed internazionali è stato selezionato dall’Agenzia Nazionale Llp Grundvigt e prenderà parte all’attività formativa internazionale. Stati Uniti: in Texas oggi l’esecuzione capitale di un ritardato mentale Tm News, 7 agosto 2012 Mentre in diversi Stati americani si valuta l’abolizione della pena di morte, il Texas intende infliggere un’iniezione letale a un uomo con ritardi mentali, il cui quoziente intellettivo raggiunge appena i 61 punti. Marvin Wilsons, 54 anni, condannato per aver ucciso un informatore della polizia nel 1992, potrebbe essere giustiziato oggi, sebbene la Corte Suprema degli Stati Uniti abbia bandito le esecuzioni capitali in caso di disabilità mentale. L’avvocato di Wilsons non ha perso le speranze e ha richiesto al governatore del Texas, il repubblicano Rick Perry, la commutazione della condanna in nome dell’ottavo emendamento della Costituzione americana, che proibisce le punizioni eccessive. Per ora l’esecuzione resta confermata, ma anche Amnesty International, che sta seguendo il caso, ha lanciato un appello online per fermarla. Il Texas, che conta il maggior numero di esecuzioni capitali in America, circa un terzo di quelle compiute ogni anno, ha scavalcato quanto ordinato dalla Corte Suprema stabilendo un sistema arbitrario per valutare il grado di ritardo mentale dei detenuti. Come spiega il Guardian, la corte criminale del Texas ha infatti formulato sette criteri per determinare se il condannato disabile merita comunque di entrare nel braccio della morte. Tali criteri, precisa il quotidiano inglese, si fondano su basi letterarie piuttosto che scientifiche, essendo dichiaratamente ispirati a Lennie Small, uno dei due protagonisti del romanzo “Uomini e topi” di John Steinbeck. A rendere ancora più discutibile la condanna a morte di Wilson è la dinamica del suo processo. Secondo quanto riportato dall’Huffington Post, l’uomo, che spacciava cocaina, fu arrestato insieme a un complice, Terry Lewis, per la morte di Jerry Williams, l’informatore che lo aveva denunciato alla polizia. La discriminante che ha messo Wilson nel braccio della morte, risparmiando Lewis, è stata la testimonianza della moglie del complice. La donna avrebbe infatti dichiarato in tribunale che Wilson le avrebbe confessato di essere stato l’autore diretto dell’assassinio, contrariamente a quanto sostenuto dallo stesso imputato. Stati Uniti: ora Goldman Sachs prova a fare profitti con il recupero dei carcerati di Francesco Tamburini www.ilfattoquotidiano.it, 7 agosto 2012 La banca d’affari investirà 10 milioni di dollari per riabilitare i carcerati di New York e guadagnerà oltre 2 milioni se riuscirà a ridurre la criminalità recidiva. Ma gli esperti lanciano l’allarme: incoraggiare investimenti di società private a caccia di profitti è un errore grave perché deresponsabilizza l’amministrazione pubblica. Non solo azioni, obbligazioni, valute o derivati. Goldman Sachs amplia il portafoglio di investimenti puntando su un nuovo business: i carcerati. La banca d’affari americana ha ricevuto via libera dalle autorità di New York per investire 9,6 milioni di dollari in un programma di riabilitazione nel principale carcere della città. Il colosso finanziario, descritto dal magazine Rolling Stone nel 2009 come “un gigantesco calamaro vampiro attaccato alla faccia dell’umanità che protende i tentacoli succhia sangue verso qualunque cosa odori di denaro”, forse in questo modo potrà migliorare la sua immagine. Ma non solo. L’accordo prevede che la banca, se riuscirà a ridurre di almeno il 10 per cento la criminalità recidiva dei carcerati adolescenti della prigione di Riker Island, guadagnerà più di 2 milioni di dollari oltre alla restituzione del denaro investito. L’iniziativa di Goldman Sachs segna un passo importante per la diffusione di questo tipo di strumenti finanziari, chiamati social impact bond e finalizzati alla raccolta da parte del settore pubblico di finanziamenti privati, che si stanno diffondendo velocemente in Inghilterra. Sarà la prima volta, infatti, che anche gli Stati Uniti adotteranno questo sistema, noto anche come pay for success bond. Ma gli esperti del campo non profit lanciano l’allarme: riparare all’irresponsabilità del governo incoraggiando investimenti di società private a caccia di profitti è un errore grave. La remunerazione degli investitori, giustificata dal risparmio di cui può godere l’amministrazione pubblica nel lungo termine se i social impact bond vengono adottati con successo, rischia infatti di snaturare la natura del programma e la sua valutazione. “È un meccanismo capace di raccogliere molti soldi per risolvere i problemi più rapidamente” - ha commentato al Washington Post Antony Bugg-Levine, amministratore delegato di Non Profit Finance Fund - “ma bisogna riflettere sulle conseguenze che si presenteranno nel lungo termine”. Nonostante ciò, sono sempre più numerosi i governi che cedono alle offerte delle banche interessate a iniziative sociali. Nel caso del carcere newyorkese è stata proprio Goldman Sachs ad approcciare le autorità della metropoli dopo aver sentito che l’organizzazione responsabile del piano di riabilitazione era alla ricerca di finanziamenti. È poi intervenuto il sindaco di New York Michael Bloomberg che, tramite il suo gruppo filantropico Bloomberg Philanthropies, ha promesso alla banca la restituzione di 7,2 milioni di dollari su un totale investito di 9,6 milioni se non raggiungerà l’obiettivo. Goldman Sachs perderà quindi fino a 2,4 milioni di dollari nel caso in cui il programma non avrà successo, mentre incasserà 2,1 milioni, che saranno sottratti alle casse del Department of Correction della città, se otterrà risultati sufficienti. L’investimento di Goldman Sachs, se avrà successo, darà una spinta agli altri social impact bonds che sono ora sotto esame in diverse parti del Paese. In Connecticut, Ohio e Massachusetts, per esempio, i governi locali stanno studiando accordi con società private per finanziare progetti di aiuto a senza tetto e giovani criminali. A sostegno di tali strumenti finanziari è sceso in campo perfino il presidente americano Barack Obama, che a febbraio del 2010 ha proposto per il budget federale del 2012 una spesa da 100.000 dollari per la gestione dei social impact bond. L’idea è arrivata anche in Italia, dove Mario Calderini, consigliere del ministro per il Sostegno alla ricerca e all’innovazione, ha prospettato l’utilizzo dei social impact bond per i progetti delle smart communities, ovvero gruppi di persone che attraverso internet e nuove tecnologie condividono idee per rendere più efficiente la città. Sarà questa la strada giusta da percorrere? Un’alternativa, in realtà, esiste già. È la spesa pubblica, finanziata dalle entrate fiscali. Che, secondo un’opinione sempre più diffusa negli Stati Uniti, dovrebbe imporre più tasse alle banche. Proprio quelle che ora si mettono in fila per fare affari con il settore pubblico. Turchia: in carcere per “terrorismo” 2.824 studenti, anche uomo che aveva 19 accendini Ansa, 7 agosto 2012 In Turchia 2.824 studenti universitari e liceali si trovano attualmente in carcere, ha indicato il ministero della giustizia di Ankara in risposta a una interrogazione dell’opposizione socialdemocratica. Per lo più sono accusati di “terrorismo” per presunti legami con organizzazioni curde. Due terzi circa dei giovani detenuti per motivi politici (1.778) sono in carcere in attesa di essere processati. Altri 1.046 scontano condanne per “terrorismo”, riferisce il quotidiano Radikal. Ieri è stata liberata dopo tre mesi in carcere la studentessa francese di origine curda Sevil Sevimli, 19 anni, arrestata il 10 maggio scorso per presunta “appartenenza a una organizzazione terroristica”: solo per avere partecipato, secondo i suoi difensori, alla manifestazione del primo maggio a Istanbul e a un concerto del gruppo rock curdo di estrema sinistra Yorum. Il governo di Parigi e la stampa francese si sono mobilitati per ottenere la sua liberazione. La ragazza non può lasciare la Turchia fino al processo previsto a fine settembre. Ha troppi accendini in casa, in carcere per terrorismo Essere un fumatore in Turchia può costare una condanna al carcere per terrorismo. Se ne è reso conto a suo spese Arif Pelit, un uomo di Izmir (Smirne) condannato in via definitiva a sette anni carcere perché aveva in casa 19 accendini. La locale Alta Corte penale ha confermato una sentenza già emessa dal tribunale di primo grado, per il quale il possesso di accendini è una chiara prova di adesione al terrorismo. Per i giudici, Pelit è “membro dell’organizzazione terroristica Partito/Fronte rivoluzionario per la liberazione del popolo”, alla luce dell’inusuale quantitativo di accendini e per un certo numero di petardi che aveva in casa. Scrivendo dell’insolita sentenza, il sito del quotidiano Hurriyet spiega che il presunto terrorista è mentalmente disturbato all’80% e ha un’invalidità fisica al 15% per un problema ortopedico. Anche la Polizia di Smirne, che ha condotto le indagini sul ritrovamento nella sua abitazione, e lo stesso procuratore hanno escluso che il possesso di accendini costituisca di per sé un atto terroristico. Ma i giudici sono stati irremovibili. A nulla è valsa la difesa dell’imputato. “Faccio solo parte di un’Ong chiamata “Libertà e diritti fondamentali” e lavoro per un caffè dalle sei di mattina alle 10 di sera - ha spiegato. È normale che ci siano accendini in casa mia, perché fumo due pacchetti di sigarette al giorno. Alcuni degli accendini li ho presi al bar, dove erano stati dimenticati dai clienti”. E anche il fatto che 18 dei 19 accendini fossero scarichi per i giudici di Izmir non costituisce un’attenuante. Israele. 4.423 palestinesi prigionieri politici nelle carceri InfoPal, 7 agosto 2012 Secondo un rapporto diffuso lunedì 6 agosto da Addameer, la Società per i Prigionieri palestinesi, sono 4.423 i detenuti palestinesi attualmente rinchiusi in 20 diverse carceri israeliane. Nel rapporto viene denunciata la presenza in carcere di 43 minorenni (sotto i 16 anni) e di 167 altri in età tra i 16 e i 18 anni. Sette sono le donne attualmente imprigionate. Un’altra violazione è relativa alla mancanza di igiene e di condizioni minime di vita nei centri di detenzione, oltre alle violenze e le umiliazioni cui i prigionieri sono sottoposti. Provenienza dei prigionieri: 770 da Nablus, 753 da Hebron, 712 da Ramallah, 586 da Tulkarem, 569 da Jenin, 345 da Betlemme, 245 da Qalqiliya, 151 da Gerusalemme, 56 da Gerico e 435 dalla Striscia di Gaza. Oltre 750mila palestinesi sono stati arrestati dal 1967: il 40% dei palestinesi maschi sono stati arrestati da Israele almeno una volta nella vita.