Giustizia: sull’emergenza carceri il silenzio assordante della stampa “montiana” di Matteo Mascia Rinascita, 26 luglio 2012 L'estate bollente delle carceri italiane non sembra interessate la stampa “montiana”. All’improvviso il nostro sistema penitenziario sembra diventato efficiente e funzionale. Niente di più lontano dalla realtà. Purtroppo. Nelle scorse settimane i detenuti hanno avviato una lunga serie di scioperi della fame. Nessun telegiornale si è sentito in dovere di capire perché migliaia di ristretti siano disposti a rifiutare il rancio ad oltranza. Eppure, l’adesione è stata senza precedenti. Dal 18 al 22 luglio hanno digiunato oltre ventitremila detenuti, questi sono i dati diffusi dal Partito radicale e dalle associazioni attive tra le celle. I numeri sono destinati ad aumentare durante il mese di agosto. Non hanno ancora aderito alla protesta 48 istituti. Fra questi ci sono siti importantissimi come Genova, Nuoro, Novara, Potenza, Bollate, Trieste, Teramo e Forlì. Hanno deciso di ingaggiare lo sciopero della fame anche alcuni direttori e diversi dipendenti del ministero della Giustizia. A Spoleto, Terni, Fossombrone, Trapani, Siracusa e Sassari i direttori si sono uniti alla protesta dei detenuti. Sintomo di quanto sia grave la situazione. Nonostante questa insolita unione, i telegiornali Rai hanno preferito non calcare la mano. Per questo motivo, alcuni militanti radicali partenopei hanno deciso di manifestare sotto la sede di Napoli dell’Agcom. L’authority dovrebbe intervenire per fare in modo che i cittadini siano informati su quanto accede dentro le celle e sulle conseguenze dei tagli della spesa nel settore della giustizia. La riduzione del numero di procure e tribunali rischia di peggiorare un contesto già critico. Gli agenti della Polizia penitenziaria hanno deciso di denunciare - per l’ennesima volta - le condizioni in cui sono costretti a lavorare. “Prima ci fanno prendere le botte nelle carceri e poi ci tolgono gli uomini per difenderci”. Con queste parole Leo Beneduci segretario generale dell’Osapp, organizzazione sindacale autonoma Polizia penitenziaria, commenta “la decisione del governo di assumere nel triennio 2012-2014 poliziotti penitenziari per non oltre il 20 per cento di coloro che andranno in pensione”. Per il rappresentante degli agenti, “il piano carceri è di fatto fallito e nel 2014 ci saranno 12.000 poliziotti penitenziari in meno su 40.000, pari al 30 per cento, con una popolazione detenuta che, con gli attuali presupposti, raggiungerà almeno le 80.000 presenze. In realtà, si profila un tracollo senza precedenti del sistema penitenziario italiano, stante - accusa il sindacalista dell’Osapp - l’evidente disinteresse pratico del ministro Severino e le continue occasioni perse dall’amministrazione penitenziaria”. Amministrazione incurante dell’emergenza riguardante il numero di suicidi o decessi legati alla permanenza dietro le sbarre. Casi in cui vengono coinvolti anche gli agenti e i funzionari della Polizia penitenziaria. Negli ultimi dieci anni si è registrato un vero boom di “gesti estremi” tra gli uomini in divisa. Episodi legati alle condizioni di lavoro, allo stress ed alle ferie distribuite con il contagocce. La commissione Giustizia del Senato ha dato parere favorevole alla spending review a patto che non vengano toccati i livelli di spesa del Dap e del Dipartimento per la giustizia minorile. Intanto, la guardasigilli Paola Severino ha detto di voler puntare sulle misure alternative alla detenzione. “Sto sollecitando la fissazione di un disegno di legge che riguarda misure alternative alla detenzione, realizzando un’idea molto diffusa e sperimentata: il carcere deve essere la extrema ratio; in altri casi si può ricorrere a misure alternative, come la messa alla prova e gli arresti domiciliari”, ha reso noto l’avvocato penalista. L’esecutivo vorrebbe quindi applicare all’esecuzione penale alcuni istituti dell’ordinamento penitenziario minorile. Norme utili a limitare gli ingressi. Purtroppo il ministro non ha fatto alcun riferimento alla custodia cautelare ed alla sua applicazione distorta. Le Camere stanno studiando una legge che tenga conto del livello di offensività per quanto concerne la punibilità di certe fattispecie. Un articolato davvero utile in un Paese dove si finisce di fronte al giudice per aver obliterato due volte il biglietto del treno. I detenuti ed i loro familiari pretendono risposte. Di fronte all’emergenza sono tantissimi anche i sessanta giorni necessari ad approvare un decreto legge. Giustizia: Associazione Antigone; in programma visite nelle carceri per tutto mese agosto Ristretti Orizzonti, 26 luglio 2012 Iniziativa dell’Osservatorio nazionale sulle condizioni di detenzione dell’Associazione Antigone: si parte in agosto con Forlì, Lanciano, Cassino, Genova Marassi, Sulmona. Antigone in carcere nella calda estate italiana è la nuova iniziativa dell’Osservatorio nazionale sulle condizioni di detenzione: oltre 30 volontari dell’associazione autorizzati dal Ministero della giustizia entrare negli istituti di pena per monitorarne le condizioni: si parte con Forlì, Lanciano, Cassino, Genova Marassi, Sulmona. Le visite proseguiranno, poi, per tutto il mese di agosto e l’obiettivo è quello di evidenziare le maggiori criticità delle carceri italiane durante l’estate. Già programmate le visite agli istituti di Augusta, Messina Gazzi, Livorno, Viterbo, Cagliari, Lucca, Savona, Pisa, Gorgona, Barcellona Pozzo di Gotto, Pontedecimo, Chiavari, Ascoli Piceno, Pescara, Catania Bicocca. “Si andranno a monitorare la condizione di vita interna, - spiegano gli osservatori - gli spazi a disposizione, lo stato delle strutture. È intento di questa campagna mantenere alta l’attenzione pubblica verso il tema penitenziario e sollecitare il bisogno di riforme tendenti a decongestionare le 206 carceri italiane che oggi contengono 21mila persone in più rispetto ai posti letto regolamentari”. Giustizia: Dap; nuovi Provveditori regionali in Piemonte, Lombardia, Emilia-R e Toscana Adnkronos, 26 luglio 2012 Il ministro della Giustizia Paola Severino ha firmato ieri i decreti di conferimento dell’incarico di nuovi Provveditori regionali dell’Amministrazione penitenziaria. Lo comunica il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (Dap), in una nota, riferendo che l’insediamento dei Provveditori avverrà nei prossimi giorni. Questi i nuovi incarichi: Carmelo Cantone, già direttore della casa circondariale di Roma Rebibbia - Nuovo Complesso, è stato nominato Provveditore della Toscana; Enrico Sbriglia, già direttore della casa circondariale di Trieste, è stato nominato Provveditore del Piemonte; Pietro Buffa, già direttore della casa circondariale di Torino “Lo Russo - Cutugno” è il nuovo provveditore dell’Emilia Romagna. Contestualmente Aldo Fabozzi, già Provveditore del Piemonte, è stato nominato Provveditore della Lombardia. Gli incarichi, che hanno durata triennale - informa infine il Dap - costituiscono un passaggio fondamentale per l’attuazione delle nuove linee organizzative e strutturali dell’Amministrazione. Giustizia: Uil-Pa; confermati tagli a Dap e PolPen, colpo mortale a sistema già moribondo Dire, 26 luglio 2012 “Prendiamo atto delle comunicazioni del ministro Severino che di fatto ha confermato i tagli agli organici del personale amministrativo del Dap e della polizia penitenziaria”. Lo dice Eugenio Sarno, segretario generale Uil-Pa penitenziari. Questo significa, aggiunge, “che il governo ha inferto il colpo mortale ad un sistema già di per sé moribondo, con buona pace delle sollecitazioni del presidente Napolitano. Ne possiamo tacere che questi tagli agli organici della polizia penitenziaria, attraverso l’abbattimento del turn over, contribuiscono ad abbassare notevolmente i livelli di sicurezza non solo all’interno delle carceri ma su tutto il territorio nazionale. Purtroppo una visione economica - tecnica - ragionieristica sacrifica sull’altare dei tagli la centralità delle persone e della loro dignità professionale”. Il governo affossa il sistema penitenziario È in corso al Ministero della Giustizia un incontro tra il Ministro Severino e i rappresentanti sindacali della polizia penitenziaria. Tema all’ordine del giorno: spending review e turn over. Il Segretario Generale della Uil-Pa Penitenziari nel suo intervento ha dichiarato che “le determinazioni del Governo in tema di carceri e polizia penitenziaria smentiscono clamorosamente gli inviti del Presidente Napolitano a risolvere una questione che è stata definita la vergogna dell’Italia in Europa”. Eugenio Sarno ha altresì sottolineato che i tagli alle risorse economiche ed al personale contraddicono anche gli stessi impegni assunti dal Ministro della Giustizia. “Riteniamo questi tagli lineari molto poco intelligenti - ha rimarcato il leader della Uil Penitenziari - perché non solo non risolvono, nemmeno in termini economici, quanto rischiano di annullare, per manifesta impossibilità, il dettato dell’art. 27 della Costituzione perché senza risorse e senza personale non si rieduca e non si risocializza”. Il Segretario Generale della Uil-Pa Penitenziari ha chiuso invitando il Ministro della Giustizia e il Capo del Dap ad avere “rapporti più stringenti con le rappresentanze sindacali, atteso che hanno dimostrato di porsi in modo responsabile per cercare soluzioni condivise alle tante criticità del sistema penitenziario”. Basilicata: la Giunta regionale sottoscrive la lettera del professor Pugiotto per l’amnistia di Maurizio Bolognetti (Radicali Italiani) Notizie Radicali, 26 luglio 2012 A inizio luglio ci eravamo rivolti alle massime cariche istituzionali della Regione Basilicata, ad iniziare dal Presidente Vito De Filippo, per chiedere un aperto sostegno alla lettera/appello redatta dal prof. Andrea Pugiotto e sottoscritta da 130 docenti universitari tra costituzionalisti e penalisti. Una lettera che Marco Pannella ha definito “uno straordinario documento culturale, scientifico e politico”. Di cosa parliamo è noto, o per lo meno dovrebbe esserlo se in questo paese non si consumasse un quotidiano attentato ai diritti civili e politici dei cittadini, che ha reso fino ad oggi impossibile l’esplodere di un grande dibattito sulla questione giustizia e sul suo putrido percolato carcerario. Sì, usiamola questa parola: giustizia! Bancarotta della giustizia. Usiamole le parole: tortura! Questo sono le nostre carceri, luoghi di tortura per l’intera “comunità penitenziaria”. Un testo quello dei professori rivolto al Presidente della Repubblica, nel quale emerge forte l’eco di quanto da tempo andiamo denunciando e documentando: il nostro Stato da oltre trent’anni viola impunemente il dettato costituzionale e Convenzioni internazionali a tutela dei diritti umani che pure abbiamo recepito, ratificato e sottoscritto. Un testo in cui prende corpo e vita quella “prepotente urgenza” evocata e poi rapidamente dimenticata, un testo nel quale vive la denuncia forte e documentata, perfettamente sintetizzata da quel incessante ripetere di Marco Pannella che “occorre interrompere la flagranza di reato contro i diritti umani e la Costituzione”. Dalla Giunta regionale di Basilicata, dal Presidente Vito De Filippo è giunto un segnale importate di condivisione, di consapevolezza di un’urgenza che rischia di travolgerci. Eravamo certi di trovare ascolto, e questo ascolto si è concretizzato nell’approvazione della Delibera di Giunta n.995 recante ad oggetto: “Iniziativa del Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito: Presa d’atto, condivisione e sottoscrizione della lettera appello “Una questione di prepotente urgenza” rivolta al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sulla questione giustizia e delle carceri”. La Giunta regionale di Basilicata, recependo e facendo propria la lettera appello redatta dal prof. Pugiotto, ha acceso un faro, una luce e indicato una rotta. La decisione della Giunta regionale lucana è atto politico di grande importanza, al quale spero non tocchi la stessa sorte della lettera/appello recepita e sottoscritta dalla Giunta stessa. Il Governo della nostra regione, Il Presidente della Giunta e l’intera Giunta regionale all’unanimità (7 voti a favore) hanno deliberato di chiedere al supremo garante del dettato costituzionale, il Presidente Giorgio Napolitano, di inviare un messaggio alle Camere “affinché il Parlamento eserciti finalmente le proprie prerogative per dare una contestuale risposta, concreta e non più dilazionabile, sia alla crisi della giustizia italiana, che al suo più drammatico punto di ricaduta: le carceri”. Mi auguro che questa Delibera, che mi permetto di definire importante quanto il testo che la stessa recepisce, non venga resa clandestina. Un impegno quello della Giunta regionale lucana che da continuità alla decisione della Regione di partecipare alla “II marcia per l’amnistia, la giustizia e la libertà” e al recente e straordinario dibattito che il Consiglio regionale ha dedicato allo stato delle carceri. Dalla Basilicata e dalle sue massime cariche istituzionali sta arrivando un segnale importante all’intero paese. Importante quanto la decisione di parte del ceto dirigente lucano di sottoscrivere la tessera del Partito Radicale. Un partito, il PR, che gioverà ripeterlo è una libera associazione di persone che intende perseguire obiettivi di diritti umani e di democrazia oltre le frontiere, oltre i partiti, oltre i confini della politica tradizionale. Un Partito, il PR, che non partecipa, in quanto tale, ad alcuna competizione elettorale. Nel prendere atto di una decisione della Giunta regionale, che segue le delibere approvate dal Consiglio Provinciale di Potenza e dalle Giunte comunali di Latronico e Tito, affermiamo che è forse giunto il momento di interrogarsi sulla banalità di un male che ci sta consumando e che fa si che il disastro, l’urgenza, la flagranza di reato, la condizione “letteralmente criminale del nostro Stato”, la bancarotta della giustizia, i suicidi di detenuti e agenti, l’illegalità, nemmeno vengano percepite in tutta la loro gravità. Eppure il 19 luglio, la Cedu (Corte Europea dei Diritti Umani) ci ha condannato una volta di più per la violazione dell’art.3 della Convenzione sui diritti umani, che gioverà ricordarlo recita: “Nessuno può essere sottoposto a tortura o a trattamenti inumani o degradanti”. Eppure, la stessa Corte ci ha più volte condannato per la irragionevole durata dei processi e quindi per la reiterata, sistematica violazione dell’art.6 della Convenzione. A conti fatti e alla luce di quanto esposto dai professori, c’è da prendere atto che quando Marco Pannella definisce il nostro Stato un delinquente professionale non esagera affatto. Lazio: Intesa Cna - Provveditorato - Garante, per prestazioni previdenziali ai detenuti Dire, 26 luglio 2012 La popolazione carceraria, nel Lazio, sfiora le 7 mila unità. Il 50% è in provincia di Roma. La regione è quarta in Italia per numero di detenuti, dopo Lombardia (9.407), Campania (7.850) e Sicilia (7.331). Oltre 150 le nazionalità di provenienza dei carcerati, in prevalenza africani e rumeni. Il numero di presenze in regione negli ultimi anni è tristemente in aumento e in controtendenza rispetto al calo della media nazionale. Garantir loro la consulenza e il relativo disbrigo di pratiche in tema di invalidità civili, assegni sociali, pensioni di vecchiaia, accompagnamenti e assistenza per infortuni sul lavoro: è questo l’obiettivo del protocollo di intesa sottoscritto oggi tra Cna Lazio, patronato Epasa della Cna Lazio, Provveditorato regionale Amministrazione penitenziaria del Lazio e Ufficio del garante dei Diritti dei detenuti del Lazio. L’accordo semplifica a tutti gli uffici della Cna del territorio regionale i rapporti con l’amministrazione carceraria e favorisce ai consulenti l’accesso nei penitenziari. Sarà inoltre assicurata agli immigrati la continuità nei percorsi già intrapresi e l’assistenza per quelli da avviare in tema di permessi di soggiorno, ricongiungimenti familiari e così via. “Grazie al protocollo la popolazione carceraria avrà un punto di riferimento in più - ha detto Lorenzo Tagliavanti, direttore della Cna Lazio - Spesso nelle carceri mancano figure specializzate e con competenze necessarie per garantire tutte le informazioni che volontari o personale non specializzato non possono fornire”. “Grazie a questo accordo - ha detto il garante dei detenuti, Angiolo Marroni - tanti detenuti della Regione potranno finalmente beneficiare delle prestazioni previdenziali cui hanno diritto. Pensioni, assegni di invalidità e accompagnamenti sono conquiste sociali ormai pacifiche per i cittadini ma, molto spesso, sono obiettivi difficilmente raggiungibili per quanti vivono all’interno di un carcere”. Abruzzo: Uil-Pa; niente rinforzi per le carceri di Sulmona, Lanciano e Pescara www.rete5.tv, 26 luglio 2012 “Quella proposta dall’Amministrazione in sede assegnazione di nuovo personale rappresenta una vera farsa. Sarebbero solo 18 infatti le persone promesse dal Dap al provveditorato di Pescara per far fronte alle note carenze di organico. Di queste, 10 dovrebbe essere trasferite presso la Casa circondariale di Teramo e 8 alla Casa Circondariale di Avezzano. Per i restanti penitenziari non è previsto quindi nessun incremento di personale”. Così Mauro Nardella, vice segretario regionale della Uil penitenziari, critica quanto deciso dal Dap sui trasferimenti di personale nelle carceri abruzzesi. “Le carceri di Sulmona, Lanciano e Pescara - aggiunge - se la dovranno vedere, secondo il Dap, con il personale che hanno a disposizione sempre più esiguo, stante i pensionamenti nel frattempo intervenuti, e sempre più stressato considerato il progressivo aumento dell’anzianità media dei poliziotti in essi operanti e che si attesterebbe ben oltre i 25 anni di servizio in carcere fatto. Se qualcosa non cambierà non sarà facile mantenere quell’equilibrio che è necessario per l’effettuazione di un lavoro così delicato come lo è quello del poliziotto penitenziario. I primi segni di insofferenza ci sono e li si denotano dal numero sempre più crescente di poliziotti costretti a casa per lunga degenza e per le più disparate patologie molto spesso correlate al lavoro svolto. A Sulmona, tanto per fare un esempio, presso la Casa di Reclusione da svariati mesi oramai si contano in media più di 30 assenze per malattia giornaliere con picchi anche di oltre 40 assenze. Il tutto contro la media di 15 assenze che neanche tanto tempo fa riguardavano il medesimo istituto. Segno evidente che c’è qualcosa che non va. Le poche persone rimaste non reggono il peso lasciato da chi si assenta per cui sta succedendo un può come il cane che si morde la coda - insiste Nardella - Per sopperire alle assenze sempre più numerose, il personale rimasto è costretto molte volte ad effettuare fino a 12 ore di servizio continuative con le dovute conseguenze in termini di stress che volendo o nolendo, a lungo andare, producono altre assenze. L’atteggiamento del Dap cozza contro quelle che erano le speranze di chi a lavorare ci vuole andare per cui l’augurio che ci facciamo e che qualcosa cambi nelle teste di chi dovrà gestire le assegnazioni se non vogliamo che la navi affondi e se affonda una nave come quella carceraria allora saranno dolori (vedasi l’evasione a Palmi)”. Roma: Ucpi; a Regina Coeli drammatico sovraffollamento, detenuti doppio della capienza La Repubblica, 26 luglio 2012 Il presidente dell’Unione delle camere penali Valerio Spigarelli, dopo la visita nel penitenziario capitolino, parla di un numero di detenuti “praticamente doppio rispetto alla capienza regolamentare”. Nei gironi scorsi l’omologa denuncia dei Radicali. Difficoltà anche a Rebibbia. Una situazione “drammatica” quella del sovraffollamento che si registra nel carcere romano di Regina Coeli, con un numero di detenuti “praticamente doppio rispetto alla capienza regolamentare”, anche a causa della chiusura di due sezioni del penitenziario. A riferirlo è Valerio Spigarelli, presidente dell’Unione delle camere penali, dopo una visita nel carcere della capitale. Quella di oggi, chiude, per ora, una serie di sopralluoghi in diversi penitenziari del Paese, dall’Ucciardone alla Dozza, a San Vittore, “dove la situazione è ancora peggiore - racconta Spigarelli - rispetto a Regina Coeli, perché se nel carcere romano si registra una vivibilità nell’illegalità, gli altri gli spazi sono ormai invivibili”. Nei giorni scorsi una “pattuglia” di radicali ha fatto visita ai detenuti di Rebibbia denunciando, anche lì, una condizione di estrema difficoltà per chi è rinchiuso nel penitenziario. I penalisti riprenderanno, da settembre, le visite nei penitenziari e metteranno a punto anche un libro bianco sulla situazione. Per Spigarelli, le misure approvate di recente dal Parlamento, come il decreto svuota - carceri, “sono state inefficaci”, il problema resta la custodia cautelare “che dovrebbe essere ritenuta una extrema ratio, a favore di misure alternative, mentre i detenuti in attesa di giudizio sono il 42% di quelli rinchiusi nelle carceri italiane”. Gorizia: Cosma (Fli); fondi stanziati per ristrutturazione carcere rischiano di essere persi Il Piccolo, 26 luglio 2012 I fondi stanziati dal ministero della Giustizia per il carcere di Gorizia vanno impegnati entro il 31 dicembre, altrimenti verranno persi. A ricordarlo è il consigliere provinciale del Fli Stefano Cosma. che ieri ha visitato la casa circondariale di via Barzellini per verificare in prima persona la situazione drammatica in cui versa la struttura penitenziaria. Detenuti e agenti di custodia sono costretti a scontare una pena o a lavorare in un luogo del tutto inadeguato e fatiscente. I fondi per costruirne uno nuovo non bastano, allora è importante correre ai ripari per sistemare quello che c’è. Allo stato attuale i carcerati sono 51 (uno dei quali gode di semilibertà), gli agenti 40. Con una ristrutturazione, i posti disponibili in cella sarebbero una settantina. “Mi auguro possano bastare, anche alla luce dell’accorpamento dei tribunali di Gorizia e della Bassa”, ha dichiarato Cosma. Certo che il carcere di via Barzellini non deve essere chiuso e Cosma auspica pronti interventi: “Si usa solo un terzo della struttura e quel terzo ha pareti scrostate e docce fuori norma dal punto igienico-sanitario. In una palestra qualsiasi avrebbero portato già alla sua chiusura. Ci sono ruggine e incrostazioni ovunque, per non parlare delle infiltrazioni d’acqua dal tetto. Nei piani alti ci sono i secchi per raccogliere l’acqua piovana. Nell’ex abitazione del direttore il tetto è in eternit. Ci stanno male tutti”. Il consigliere del Fli ricorda anche che è impossibile garantire le attività ricreative di base, come le passeggiate nel cortile perché mancano agenti. C’è il problema dell’aula di svago. Ristrutturata di recente non è agibile per problemi strutturali. Con più di 15 persone il pavimento potrebbe cedere. Mentre i detenuti si preparano il pasti da soli, il personale rimane a digiuno perché l’appalto per la mensa non c’è e i buoni pasti non sono stati concessi. “Dal presidente della Camera Fini al ministro della Giustizia Severino tutti parlano di riforma del sistema penitenziario - ricorda Cosma. A Gorizia, 40 anni fa, anche grazie alla Provincia, con Basaglia partì la grande riforma psichiatrica. Ora la sfida è far partire, sempre da Gorizia, la riforma carceraria lanciando delle proposte da fare approvare a livello nazionale. Non credo che la detenzione rieduchi i ventenni rinchiusi perché sorpresi con un grammo di droga superiore alla quantità stabilita per il consumo personale; credo, anzi, che il carcere, come diceva anche Francesca D’Aloya nel suo libro “Il sogno cattivo” nato da un’esperienza a Rebibbia, faccia fare loro un salto di qualità verso la criminalità”. Bari: “Made in Carcere”, prodotti in vendita con distributore automatico in auroporto di Anna de Marz www.puglialive.net, 26 luglio 2012 Made in Carcere si apre con la vendita al dettaglio e lo fa attraverso un distributore automatico di prodotti, inaugurato stamattina all’aeroporto di Bari, alla presenza di Nichi Vendola, presidente della Regione Puglia, Domenico Di Paola, amministratore Unico Aeroporti di Puglia, a Giuseppe Martone, provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria per la Puglia e a Luciana Delle Donne, fondatrice di Made in Carcere. “ è la prima giornata del Buon uso del Mondo, cominciamo con un piccolo gesto... prendiamo una buona abitudine.... cominciamo a diffondere buone notizie ed aiutiamo - ci a contaminare buone prassi e non solo the bad news!. Così è intervenuta Luciana Delle Donne, fondatrice di Made in Carcere, un officina creativa sartoriale senza fine di lucro che opera all’interno delle sezioni femminili delle carceri di Lecce e Trani. Attraverso il distributore automatico, si potranno acquistare accessori in materiale riciclato Made in Carcere, come borse per la spesa, braccialetti, magliette, portachiavi e con un semplice gesto e pochi spiccioli si interviene sia a rilanciare la vita delle detenute che a tutelare l’ambiente. Made in Carcere è ormai un marchio che è riuscito a scavalcare i cancelli delle carceri approdando con successo in Puglia e affermandosi anche nelle altre regioni, è anche un marchio che sta dietro alla realtà delle donne che vi partecipano, ma è anche un contrassegno di umanizzazione che indica un ritorno alla vita seguendo il giusto cammino, fatto di lavoro e sudore. “Con questo progetto raddrizziamo le cuciture storte delle loro vite” conclude Delle Donne. Tutto questo lo si evidenzia attraverso il 2nd Chance Box poiché oltre alla distribuzione è dotato di uno schermo dove viene trasmesso la proiezione di uno short video a cura dell’art director Alberto Tandoi, dal titolo sardonico “Sia la Borsa sia la Vita”, e mostra direttamente al consumatore un modello di business sociale reale, fatto di persone vere, con facce vere e vere possibilità di recupero. Sono i volti delle detenute che partecipano al progetto e spiegano come nella sfortuna sono state fortunate ad essere state selezionate a questo programma, che offre loro una seconda possibilità. Second chance è quella che viene offerta oltre alle donne detenute anche ai tessuti, poiché si interviene procurandosi materiale di scarto dai magazzini del settore tessile del territorio. “Sviluppo, sostenibilità, sociale. Tre temi cari ad Aeroporti di Puglia” - interviene Di Paola - Made in Carcere è un’attività che produce un valore morale ed etico e rappresenta il buono di un’identità territoriale. Martone spiega come sia difficile tenere aperte le porte di un carcere con il mondo del lavoro. Del carcere si parla del sovraffollamento dei detenuti in cella ma non delle iniziative che si intraprendono per riportarli nel mondo reale. “Il diavolo brucia e Dio recupera” con questo adagio ebraico interviene Vendola, ad esporre che quello che viene considerato spazzatura può essere tramutato in ricchezza. Per lui occorre riafferrare il valore dimenticato della sapienza antica, quella della società del recupero, non solo degli oggetti ma guardare al recupero degli esseri umani. La “monnezza” deve diventare materia prima per produrre prodotti belli, dove lo spirito creativo è evidente . Io giro il mondo e rappresento la Puglia nel mondo solo con i prodotti Made in Carcere che deve essere una spina nel fianco della nostra ipocrisia. Savona: Sappe; 1mln per ristrutturare il vecchio carcere… ma servirebbe nuovo istituto www.puntosavona.it, 26 luglio 2012 Il Ministero della Giustizia stanzia un milione di euro per interventi strutturali al carcere di Savona, ma per il Sappe si tratta di una soluzione ponziopilatesca perché quel che ci vorrebbe, nella città della Torretta, è una nuova struttura penitenziaria. “La decisione del Ministero ci sorprende: vanno bene i soldi per urgenti e non più rinviabili interventi di manutenzione, ma quello che davvero serve a Savona è una nuova struttura penitenziaria”, dichiara il segretario generale aggiunto del Sappe Roberto Martinelli. “Non è accettabile avere in Italia un carcere vergognoso come il Sant’Agostino di Savona, nonostante gli encomiabili sforzi di tutti gli operatori del carcere e del Personale di Polizia Penitenziaria in particolare che lavora con grande professionalità ed umanità nella prima linee delle sezioni detentive 24 ore al giorno. Uno Stato civile può e deve togliere la libertà a chi commette un reato particolarmente violento e criminale ma non può togliergli la dignità; nel S. Agostino ci sono ben 5 celle occupate da molti detenuti che sono senza finestre: pensate cosa può voler dire, con questo caldo, stare lì dentro, tanto più se ci convivono fumatori e non fumatori. E pensate cosa vuol dire per i poliziotti lavorare 24 ore al giorno in alcuni posti di servizio illuminati tutto il giorno dalla sola luce del neon”. “Il carcere di Savona è contro il dettato costituzionale della rieducazione del detenuto ed espone gli agenti di Polizia penitenziaria a condizioni di lavoro gravose e a rischio” sottolinea ancora Martinelli. “Costruito per 36 posti letto, il Sant’Agostino ospita in media circa 80 detenuti controllati da Agenti di Polizia Penitenziaria carenti in organico di 15 unità. Tutti dicono che serve un carcere nuovo a Savona ma nessuno concretamente lo vuole. Penso, ad esempio, anche ai ritardi burocratici del Comune savonese che fino ad oggi nulla ha fatto per sanare tali indecenze, individuando una idonea area per una nuova struttura. Dopo un rimpallo durato oltre vent’anni, oggi sappiamo che non è previsto alcun nuovo carcere per Savona: non lo prevede neppure quel Piano carceri del Governo voluto proprio per porre rimedio alla critica situazione di molti penitenziari italiani. Il Ministero manda un milione di euro e pensa evidentemente di aver risolto il problema. Ma è una soluzione ponziopilatesca, a nostro avviso, perché i problemi del S. Agostino restano, per chi ci lavora e per chi vi è detenuto, a cominciare dall’insostenibile sovraffollamento. E quel che a nostro avviso serve non sono certo i tapulli, per usare una espressione locale, ma concreti interventi strutturali come un nuovo carcere a Savona che a parole tutti vogliono ma del quale, all’orizzonte, non vi è alcuna traccia”. Viterbo: Comune firma convenzione, cinque detenuti cureranno gratis il verde pubblico Viterbo News, 26 luglio 2012 Cinque ragazzi detenuti nel carcere di Mammagialla saranno impiegati in lavori di pubblica utilità. A titolo gratuito, infatti, si prenderanno cura degli spazi verdi pubblici della città. Lo ha deliberato la giunta comunale di Viterbo, decidendo di sottoscrivere l’apposita convenzione proposta dal Presidente del Tribunale di Viterbo Maurizio Pacioni. “Dopo l’attività di spazzamento manuale messa in campo nei mesi scorsi dagli assessorati ai Servizi sociali e ai Lavori pubblici - ha dichiarato l’assessore Daniele Sabatini - adesso procederemo con una nuova iniziativa volta a garantire una maggiore attenzione e interventi mirati alla manutenzione delle aree verdi cittadine. Si tratta di una risposta concreta al senso di incuria percepito dai viterbesi. Oggi - ha continuato l’assessore, grazie alla sollecitazione del Presidente del Tribunale, coinvolgiamo questi ragazzi dando loro la possibilità di riscattarsi producendo con il proprio impegno qualcosa di utile per tutta la collettività”. “Questo tipo di convenzione - ha concluso Sabatini - è una misura che riveste un elevato valore sociale dal momento che permette di applicare misure alternative dai risvolti significativi alla pena detentiva. Una misura che è strettamente in linea con il dettato costituzionale. L’articolo 27, infatti, stabilisce che le pene devono tendere alla rieducazione del condannato. E la possibilità di contribuire a rendere più bella e curata una città mi sembra un’ottima occasione di rieducazione”. Roma: Sappe; agente aggredito da un detenuto e Monti taglia le assunzioni, gravi rischi Corriere della Sera, 26 luglio 2012 Un agente penitenziario è stato aggredito nel carcere romano di Regina Coeli da un detenuto di origine tunisina che, approfittando dell’apertura delle sbarre, ha dapprima devastato due celle e quindi malmenato la guardia carceraria. In quel momento erano presenti soltanto due agenti e il secondo è intervenuto per bloccare l’aggressore. Entrambi gli agenti sono stati poi portati in ospedale e medicati, con prognosi di due e sette giorni. Lo denuncia il Sindacato autonomo di polizia penitenziaria (Sappe). Il detenuto si trovava nel settimo braccio, un reparto dove - spiega il Sappe - ci sono solo due guardie per 150 detenuti. “Ci domandiamo - scrive il sindacato - quante aggressioni ancora dovrà subire il personale di polizia penitenziaria perché si decida di intervenire concretamente sui gravi problemi penitenziari”. Secondo il Sappe il carcere romano sarebbe “una bomba che sta per esplodere: le condizioni di lavoro sono disumane e l’evoluto ordinamento penitenziario è divenuto impraticabile”. Il tutto mentre “il professor Monti con la spending review taglia le assunzioni dei baschi blu, prevedendo l’avvicendamento di un esiguo 20% rispetto al personale che andrà in pensione”. Di questo passo, è l’allarme del Sappe, “le carceri italiane saranno fuori controllo”. Le guardie carcerarie chiedono “un’immediata rivisitazione del sistema sanzionatorio, ad esempio con l’introduzione della pena del lavoro di pubblica utilità obbligatorio. Reggio Calabria: detenuto evaso ieri dal carcere di Palmi arrestato a Rosarno Dire, 26 luglio 2012 È stato rintracciato ed arrestato a Rosarno, Angelo D’Agostino, di 30 anni evaso durante l’ora d’aria dal carcere di Palmi dove sta scontando una condanna a sei anni per spaccio di droga. D’Agostino è stato rintracciato dagli agenti della polizia penitenziaria e dalla polizia di Stato. L’uomo si trovava in casa di un amico, Gianluca Palaia, di 37 anni, il quale, al momento dell’irruzione, ha tentato la fuga. Palaia è stato arrestato per favoreggiamento. Severino: grande professionalità polizia penitenziaria Il ministro della Giustizia, Paola Severino, plaude al tempestivo intervento del Nucleo investigativo centrale della Polizia penitenziaria che, nella tarda serata di ieri, ha rintracciato e arrestato a Rosarno Angelo D’Agostino, il detenuto evaso poche ore prima dal carcere di Palmi. “È la riprova - sottolinea il Guardasigilli Severino - che l’attività della polizia penitenziaria, nei suoi molteplici aspetti, è improntata ad una grande professionalità. Una professionalità riconosciuta anche dal presidente del Comitato europeo di prevenzione contro la tortura, Jean Pierre Restellini, che nel corso di un recente incontro con il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Giovanni Tamburino, ha rilevato come in venti anni di attività ispettiva nelle carceri di 47 Paesi non abbia mai trovato tanta umanità e devozione al lavoro come nel personale penitenziario italiano”. Roma: iniziativa di “Recuperiamoci!” Onlus, dal 28 al 30 luglio la città incontra il carcere Il Velino, 26 luglio 2012 Dal 28 al 30 luglio a Roma, Recuperiamoci! Onlus che promuove da anni l’economia solidale carceraria, propone una serie di incontri e iniziative per accendere un faro sulla realtà dietro le sbarre. Al Testaccio, in largo Dino Frisullo, verranno presentate le eccellenze prodotte in alcuni penitenziari: dai prodotti bio e solidali a quelli frutto di creatività e arte. Performances di musica, poesia e teatro si alterneranno a dibattiti per aiutare chi sta fuori a capire chi sta dentro. Il fil rouge della manifestazione è fare informazione sulla vita del carcere per sostenere l’economia prodotta al suo interno. A disposizione del pubblico anche una libreria, un campo di bocce, mostre d’arte, rassegne cinematografiche, corsi di yoga e pilates. Si apre sabato alle 19 con la proiezione “Just(ice) in Italy - Se vuoi conoscere la civiltà del tuo paese devi visitare le sue carceri”: la video inchiesta, realizzata da Valentina Ascione e Simone Sapienza, con la regia di Pasquale Anselmi, propone un viaggio all’interno di otto penitenziari italiani. Libri: “La corsa di moncicì”, di Antonio Antonuccio, detenuto semilibero Corriere Adriatico, 26 luglio 2012 A Fano (Pu) presentazione del libro di Antonio Antonuccio, sabato 28 luglio alle ore 17,15, presso la Spiaggia dei Talenti (località Gimarra). Presentazione del libro “La corsa di Moncicì” da parte dello stesso scrittore Antonio Antonuccio, un detenuto in semilibertà del carcere di Fossombrone, attualmente a Villa Fastiggi, il quale, anche grazie a questo libro, usufruisce della possibilità di studio e lavoro esterno. La storia è quella dello stesso Antonio, il Moncicì del titolo, narrata secondo il punto di vista di tre generazioni di donne: la madre, la sorella e la nipote dello scrittore. Dietro l’affettuoso diminutivo Moncicì, così chiamato dal cugino Giancarlo e dagli amici prima dell’arresto, si nasconde un uomo che, all’età di 18 anni, è finito in carcere colpevole di uno sbaglio dettato dall’impossibilità di aver vissuto un’infanzia serena e felice. Infatti, Antonio è cresciuto nelle vie di Gela, centro industriale caotico e contraddistinto da un’antica povertà, in cui, insieme a tanti altri bambini, ha trascorso una giovinezza svincolata da validi valori e sani principi, ma piuttosto fondata sull’anarchia più totale, dove il disordine e la sporcizia della strada s’incarnano e diventano stili di vita. In queste stesse strade, in cui l’infanzia gli è stata rubata dalla durezza di una vita dove non c’è né posto né tempo per lo studio e per i giochi, ma c’è solo l’esigenza di diventare adulti in fretta, imparando i peggiori difetti possibili, Moncicì è “inciampato”. Moncicì uccide per vendicare suo cugino Giancarlo, una parte di se stesso. Il suo arresto si ripercuote non solo sullo stesso Antonio, ma anche sulle persone a lui vicine, che sono rimaste fuori dal carcere. Non a caso la storia è narrata da punti di vista diversi che ricostruiscono una visione più completa e realistica della vicenda. Dal libro si evince come questa storia accomuni tanti giovani che non hanno avuto il privilegio di vivere e sognare da veri bambini, quindi, leggere il testo e ancor meglio incontrare Antonio Antonuccio, offre la grande opportunità di riflettere sulla situazione di ognuno per trovare conforto, riscatto o, in particolare, per valorizzare la fortunata esistenza di chi nasce in un paese come il nostro protetto e coccolato dagli affetti e arricchito e formato dalla scuola. Palermo: cantante fa dedica al boss detenuto al boss Gino Abbate, detto “Gunu u mitra”, Ansa, 26 luglio 2012 Un’esibizione attesa, quella del cantante neomelodico napoletano Raffaele Migliaccio in arte Raffaello, con un fuoriprogramma: i saluti al boss del quartiere Gino Abbate, detto “Gunu u mitra”, gridati dal palco su suggerimento di un giovane. È venuto a Palermo per cantare alla festa organizzata per la Madonna del Carmine nello storico quartiere arabo della Kalsa. Un’esibizione attesa, quella del cantante neomelodico napoletano Raffaele Migliaccio in arte Raffaello, con un fuoriprogramma: i saluti al boss del quartiere Gino Abbate, detto “Gunu u mitra”, gridati dal palco su suggerimento di un giovane. Una delle sue canzoni più famose, “La nostra storia”, apriva il film tratto dal libro di Roberto Saviano, Gomorra. Un brano che, ieri, Raffaello, 25 anni, arrestato e condannato a un anno l’anno scorso per porto d’armi e oltraggio a pubblico ufficiale, ha ripetuto. Ma, come si vede in un video del quotidiano online Live Sicilia, prima sono arrivati i saluti a “Gino” a due suoi familiari. Abbate è in cella e non può sentirlo. Ma il tributo del rione c’è stato. Non è la prima volta che durante una festa di quartiere chi si esibisce manda un saluto ai carcerati mafiosi. Secondo gli inquirenti è anche attraverso queste iniziative che i mafiosi “conquistano e mantengono il consenso sociale e ostentano la propria forza. Quanto più è sfarzosa la realizzazione dei festeggiamenti tanto più la consorteria può vantare ascendente e controllo del territorio”. “Le feste - scrivono gli inquirenti - rappresentano anche uno straordinario mezzo di comunicazione con i latitanti e con i detenuti delle famiglie mafiose in quanto attraverso le dirette radiofoniche, con il ricorso alle dediche fatte dai cantanti che si esibiscono, i rappresentanti delle famiglie veicolano i propri messaggi verso i soli detenuti o latitanti”. “Ancora una volta una festa popolare e religiosa diventa occasione per inneggiare ai boss mafiosi detenuti o latitanti con tanto di invito da parte dei presentatori o dei cantanti e successivo applauso della piazza. Mi auguro che l’ artista e gli organizzatori siano stati accompagnati in caserma e che nessun ente pubblico abbia patrocinato la manifestazione del quartiere Kalsa”, ha commentato il deputato regionale del Pdl Salvino Caputo. Anche il senatore messinese Giampiero D’Alia ha voluto dire la sua sull’argomento. “L’omaggio dal palco di un concerto al boss Gino Abbate è semplicemente scandaloso. Mi auguro che gli inquirenti facciano piena luce sulla dinamica, identificando il suggeritore della dedica, e così il sindaco chiedendo conto agli organizzatori della manifestazione”. Lo afferma il presidente dei senatori dell’Udc e segretario regionale siciliano, Gianpiero D’Alia, a proposito del saluto rivolto da un cantante neomelodico napoletano, durante un concerto a Palermo, a un boss di Cosa Nostra. Televisione: su La7 “148 Stefano mostri dell’inerzia”, dedicato al caso Cucchi di Giuseppe Talarico L’Opinione, 26 luglio 2012 Lunedì 23 luglio su La7, Enrico Mentana, nell’ambito del suo programma film evento, ha proposto la visione del film documentario, realizzato dal regista Maurizio Cartolano ed intitolato “148 Stefano mostri dell’inerzia”. Questo film documentario ha ricevuto ampi riconoscimenti per il suo alto valore morale e al regista Maurizio Cartolano è stato attribuito ed assegnato il Nastro d’argento dalla giuria composta dai giornalisti, che si occupano di critica cinematografica. Prima che fosse trasmesso il film documentario, Enrico Mentana con il rigore professionale e l’umanità del grande giornalista, indipendente e libero da condizionamenti di sorta, ha posto una serie di domande alla sorella di Stefano Cucchi, Ilaria, la quale, rispondendo con grande sincerità e senza infingimenti, ha ricordato i momenti difficili vissuti dal fratello, prima che fosse arrestato il 16 ottobre del 2009. Come è emerso sia dai ricordi di sua sorella Ilaria sia dai racconti di suo padre, su cui il film documentario è basato, Stefano Cucchi ha avuto una giovinezza devastata e rovinata dalla tossicodipendenza. Era un giovane legato al quartiere, quello di Tor Pignattara, in cui era nato e dove si era formato umanamente a Roma. Di carattere e temperamento introverso, come scrisse in una lettera alla sorella Ilaria, fin dal periodo della adolescenza spesso avvertiva una sensazione di smarrimento di fronte alla vita sociale ed alle sue regole. In ogni caso il film, attraverso le testimonianze dei familiari e di quanti lo hanno conosciuto durante la sua breve e sfortunata esistenza, ha il merito di restituire allo spettatore con la forza del racconto il profilo umano e psicologico di Stefano Cucchi, divenuto, inseguito alla sua morte avvenuta in circostanze fino ad ora mai chiarite, il simbolo e l’icona del cattivo funzionamento del sistema penitenziario italiano. Come ha ammesso suo padre, sopraffatto dalla commozione, e con l’animo dominato da un dolore inconsolabile, Stefano Cucchi era un giovane che, a causa della tossicodipendenza, da cui peraltro aveva tentato di liberarsi frequentando per un periodo una comunità terapeutica, aveva commesso alcuni errori e molti sbagli. Il fatto che fosse un tossicodipendente, con problemi di salute e una persona in difficoltà, non può costituire un attenuante per le responsabilità di quanti, all’interno del tribunale in cui è stato condotto dopo essere stato tratto in arresto il 16 ottobre del 2009, lo hanno sottoposto, come è emerso dalle perizie mediche e legali, ad ogni sorta di maltrattamenti e vessazioni. Infatti in questo momento è in corso di svolgimento, come ha ricordato Enrico Mentana con grande precisione giornalistica durante la trasmissione televisiva, un processo penale in cui sono imputati, in relazione alle cause che hanno provocato la morte di Stefano Cucchi, 12 persone. La sera del 16 ottobre del 2009 Stefano Cucchi viene colto in flagrante dalle forze dell’ordine, mentre vende sostanze stupefacenti e riceve in cambio denaro, in una zona di Roma, nel parco degli Acquedotti. In base alla ricostruzione dei fatti, compiuta con bravura dal regista Maurizio Cartolano, dopo che le forze dell’ordine in seguito alla perquisizione lo hanno arrestato, perché era in possesso di una esigua quantità di stupefacenti, Stefano Cucchi è stato arrestato e condotto nelle celle ubicate al di sotto del tribunale. In seguito, e questa sequenza dei fatti desta dubbi inquietanti sul modo in cui è stato trattato un cittadino malato ed indifeso, Stefano Cucchi è stato trasferito a Regina Coeli. Dopo la breve detenzione nel carcere di Regina Coeli, è avvenuto il ricovero presso il Fatebenefratelli, un ospedale di Roma. Infine, il decesso di Stefano Cucchi si è verificato nel reparto detentivo dell’Ospedale Sandro Pertini di Roma. Come hanno ricordato suo padre e sua sorella, trattenendo a stento le lacrime e con accenti improntati a grande gentilezza e signorilità, invano i familiari, dopo avere appreso dell’arresto del loro congiunto, hanno tentato di rivederlo. Ogni loro richiesta, per potere incontrare Stefano Cucchi, si è scontrata con la incomprensibile durezza della burocrazia carceraria, contraria ai sentimenti di umanità e compassione. Dopo alcuni giorni i familiari, increduli e stupefatti, hanno appreso la tragica notizia della morte di Stefano Cucchi, un giovane che aveva bisogno di aiuto e non di essere maltrattato e sottoposto a sevizie di varia natura. I maltrattamenti e le sevizie inflitte e perpetrate nei riguardi di Stefano Cucchi, durante la detenzione seguita all’arresto, sono state confermate e documentate dalle foto scattate sul cadavere all’obitorio. Come ha riconosciuto nel film il professore Luigi Manconi, si tratta di fotografie strazianti e agghiaccianti, le quali dimostrano la brutalità del trattamento a cui presumibilmente, e spetterà al processo in corso di svolgimento accertare le responsabilità e la verità dei fatti, Stefano Cucchi è stato sottoposto. Le domande che questa triste e dolorosissima vicenda pone sono innumerevoli. È ammissibile che le regole dello stato di diritto siano sospese all’interno degli istituti di pena e che il cittadino in stato di fermo, come molte volte è accaduto in passato, sia maltrattato e seviziato dagli uomini in divisa che rappresentano l’autorità dello stato? Non è vergognosa, come non si stancano di ripetere i Radicali Italiani di Marco Pannella e Emma Bonino, la condizione in cui si trovano gli istituti di pena in Italia, sovraffollati e di fatto incapaci di rieducare i condannati, come impone un principio contemplato nella nostra costituzione? È concepibile che in un Paese che pretende di essere democratico civile e Europeo, non si sia trovato un modo per evitare la detenzione ai giovani sfortunati che cadono nella schiavitù della droga e che, anche nel caso in cui abbiano commesso dei reati penali, hanno bisogno di essere aiutati e curati con senso di umanità e compassione all’interno di strutture adeguatamente allestite e predisposte? Un filosofo come Michelle Foucault in un suo meraviglioso saggio filosofico, intitolato Sorvegliare e Punire, ha colto e enucleato quale pensiero e forma di razionalità vi è alla base del sistema penale. Il cittadino, anche quando si trovi in un luogo di detenzione, che sia un carcere, un ospedale psichiatrico oppure una struttura in cui è costretto a vivere, mantiene e conserva sempre la sua dignità umana, che nessuno ha il diritto di offendere e conculcare in alcuna maniera e in nessuna forma. Un film di denuncia, questo documentario realizzato da Maurizio Cartolano sul caso Cucchi, che si spera possa servire a richiamare l’attenzione della nostra classe dirigente sul cattivo funzionamento del sistema carcerario Italiano. Immigrazione: richiedenti asilo, serve attenzione anche da parte dei giornalisti di Luigi Manconi, Valentina Brinis e Valentina Calderone L’Unità, 26 luglio 2012 L’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite (Unhcr) ha indirizzato al governo italiano una serie di raccomandazioni dettagliate e urgenti a proposito dei richiedenti asilo e dei rifugiati presenti nel nostro territorio. Colpisce che, tra tali richieste, vi sia quella di non rinviare i profughi in Grecia fino a quando “non fornirà sufficienti garanzie per un’effettiva protezione”. In proposito c’è da dire che quelle garanzie sono assai lontane dall’essere assicurate, dal momento che non solo i risultati elettorali, ma molti fatti di cronaca, parlano di una crescente xenofobia, alimentata dalla crisi economica e dall’attività dei gruppi di estrema destra (talvolta esplicitamente razzisti). Ma, come evidenzia l’Unhcr, la condizione dei richiedenti asilo è assai precaria su un lato come sull’altro dell’Adriatico e del Mediterraneo. Se in Grecia le condizioni sono quelle ricordate, nel nostro Paese “sono stati segnalati casi di richiedenti asilo che non hanno potuto accedere alla procedura, anche a causa del limitato accesso ai servizi di informazione e assistenza ai valichi di frontiera”. Lo stesso vale per i minori non accompagnati che, proprio a causa della carenza di personale adeguato a effettuare l’identificazione, finiscono in centri per adulti o si disperdono sul territorio senza poter godere di alcun diritto. È per questo che, suggerisce il Rapporto, “è necessario identificare gli eventuali bisogni di protezione, in maniera sistematica, al fine di garantire l’effettivo accesso alla procedura dei richiedenti asilo”. Per quanto riguarda le procedure di riconoscimento della protezione, l’Unhcr riconosce la validità del nuovo sistema informatizzato per la verbalizzazione del “modello C3”, che velocizza notevolmente la procedura, ma raccomanda altresì all’Italia di introdurre le misure legislative necessarie perché i membri delle Commissioni Territoriali (deputati a decidere sulle domande di protezione) siano selezionati “sulla base della loro esperienza e conoscenza in materia di asilo” e svolgano questo incarico in maniera “esclusiva”. Viene richiesta, poi, una particolare attenzione al diritto dei richiedenti asilo di presentare ricorso nel caso in cui la domanda venga rifiutata, con particolare attenzione a coloro i quali sono privi di mezzi finanziari e che venga garantita, inoltre, la possibilità di permanere sul territorio italiano in attesa di conoscere l’esito del ricorso. L’Unhcr affronta anche la questione dell’accoglienza dei migranti forzati: i posti disponibili in Italia dovrebbero essere ampliati e sarebbe bene che le varie strutture sul territorio nazionale venissero uniformate a un livello “qualitativamente accettabile”. Un richiamo, infine, anche agli operatori dell’informazione a cui viene richiesto di rispettare le linee guida fornite dalla Carta di Roma, adottata dall’Ordine dei giornalisti, per garantire una corretta informazione ed evitare un “linguaggio che possa alimentare razzismo xenofobia e odio razziale” nei confronti di profughi e migranti. Immigrazione: Sportello Informativo in Cie Bologna; 18 casi esaminati, 7 persone liberate Dire, 26 luglio 2012 Hanno tra i 20 e i 45 anni. Sono le 9 donne e i 9 uomini i cui casi sono stati esaminati dallo Sportello informativo che ha recentemente riaperto all’interno del Centro di identificazione ed espulsione di via Mattei, a Bologna, grazie al Garante regionale dei diritti dei detenuti, Desi Bruno, e al Difensore civico regionale, Daniele Lugli. Sette di loro sono stati liberati. Tra di loro c’è anche una ragazza di 22 anni di origini straniere ma nata in Italia (da padre nato in Italia) portata al Cie lo scorso 7 giugno perché trovata priva di documenti. La ragazza è uscita grazie all’intervento dei Servizi sociali che l’hanno presa in carico. Ancora rinchiuse nel Cie sono, invece, una donna croato - bosniaca affetta da un tumore benigno, con figli e famiglia in Italia, condotta dal carcere di Pisa dove aveva scontato una pena, e una donna nigeriana in Italia dal 1991 con un vissuto molto doloroso di violenza, prevaricazioni e vita di strada. Obiettivo di garante e difensore civico è di aprire uno sportello simile anche nel Cie di Modena. L’attività di informazione legale all’interno del Cie era già stata promossa dall’Ufficio del garante del Comune di Bologna (quando l’incarico era svolto da Desi Bruno, l’attuale garante regionale) tra il 2008 e il 2010 e poi si è interrotta in seguito al commissariamento del Comune. Gli incontri si sono svolti il 31 maggio, il 7 e il 19 giugno, il 5 e il 25 luglio. Gran Bretagna: in Scozia aumenta il numero delle detenute, in 10 anni sono raddoppiate Ansa, 26 luglio 2012 Negli ultimi 10 anni il numero delle donne nelle carceri scozzesi è raddoppiato, arrivando a sfiorare la cifra record di 18.500. È quanto rivela la Commission on Women Offenders. Molte donne condannate per reati penali ricadono spesso nel crimine e riportano una situazione sociale e psicologica complessa, con problemi di abuso, salute mentale e dipendenza alle spalle. L’80% delle detenute del penitenziario di Cornton Vale, per esempio, avrebbe subito violenze quando ancora in libertà, mentre il 60% dichiara di essere stata sotto l’effetto di stupefacenti al momento del reato. Camerun: Comunità di Sant’Egidio ha costruito un mulino per carcere di Tchollirè Famiglia Cristiana, 26 luglio 2012 Solo l’intervento della Comunità, che ha costruito un mulino, ha salvato la prigione di Tchollirè, nel Nord del Paese africano. Anche il sovraffollamento delle carceri italiane, seppur un’emergenza costante, impallidisce di fronte alla condizione dei detenuti camerunensi a cui la Comunità di Sant’Egidio, sempre attenta alle necessità degli “ultimi”, ha dedicato un progetto tanto semplice quanto essenziale. Già, perché in un Paese in cui la fame è ancora un problema reale, è facile figurarsi cosa può accadere nell’inferno di una prigione dimenticata. Da qui, dunque, l’idea, subito tramutata in fatti concreti com’è nello stile dell’associazione, di costruire e donare un mulino ai detenuti del carcere di Tchollirè, una piccola cittadina situata nel Nord del Camerun. Risultato? La risposta è tutta nelle parole di Luc, “ospite” di lunga data che sta scontando la propria pena: “Oggi possiamo mangiare ogni giorno grazie alle azioni della Comunità che per anni è sempre stata attenta alla nostra sofferenza”. Quella del cibo ai prigionieri è da diverso tempo una delle priorità dell’associazione nei Paesi africani. Proprio come a Tchollirè dove, grazie al provvidenziale mulino donato, è ora possibile macinare la farina di miglio con cui vengono preparati i pasti. Dopo esser stati costretti, loro malgrado, a digiunare per interminabili giorni, i detenuti hanno ricominciato a mangiare.