Giustizia: l’allarme sociale non deve frenare le riforme penali di Giovanni Negri Sole 24 Ore, 20 agosto 2012 Il rischio adesso è che l’aumento dei reati, in controtendenza rispetto ai dati dell’ultimo triennio, rappresenti un ostacolo sulla via delle riforme. Che in parte sono già delineate e, di certo, non possono ancora slittare. Se l’allarme sociale, che è reazione giusta oltre che comprensibile, sfocia in allarmismo oltranzista, il pericolo di un impasse alla ripresa dei lavori parlamentari è assai concreto. Anche perché tra qualche settimana saremo all’inizio della volata elettorale che si concluderà in primavera e si sarebbe troppo facili profeti nel ritenere che le forze politiche (tutte) avranno poca o nessuna voglia di spendersi su temi a elevata sensibilità come quelli della criminalità e delle carceri. Si tratterebbe però di un errore grave. Perché un Governo che ha avuto la temerarietà di condurre in porto riforme scomode come quella sulla geografia giudiziaria, ha senz’altro le carte in regola per fare approvare anche misure altrettanto serie come quelle in agenda sulla depenalizzazione e le misure alternative al carcere. Provando in questo modo a coniugare obiettivi di civiltà (le condizioni delle nostre carceri da tempo oltre il limite massimo di tollerabilità) e risultati di efficienza con una migliore distribuzione e sfruttamento delle (scarse) risorse a disposizione dell’amministrazione della giustizia. Naturalmente, sulla giustizia penale costruire maggioranze robuste è manovra più impervia che sul processo civile o l’organizzazione giudiziaria. E a fare da cartina al tornasole c’è il disegno di legge sull’anticorruzione, oggetto prima di una difficilissima sintesi e ora bloccato al Senato. Una sorte che andrebbe evitata alle misure che tagliano una buona parte dei reati oggi sanzionati con una pena pecuniaria per trasformarli in illeciti amministrativi. Il disegno di legge esclude alcune materie come l’ambiente, la sicurezza sul lavoro, l’immigrazione, ma senza dubbio va nella direzione auspicata sia dai magistrati sia dagli avvocati: restringere l’area del penalmente rilevante per concentrare l’attenzione, anche a livello di repressione, sulle condotte di maggior allarme sociale. Stesso discorso per quanto riguarda il carcere dove, dopo che tutto sommato lo “svuota-carceri” per chi aveva ancora una pena ridotta da scontare ha dato buona prova con bassissimi tassi di recidiva, l’emergenza non si è certo attenuata. Tanto più cruciali allora diventano le misure, contenute nel medesimo provvedimento sulla depenalizzazione, che sterzano in maniera decisa sul versante della “messa alla prova” e delle sanzioni alternative al carcere. La prima consiste nella concessione della sospensione del processo, quando si procede per reati puniti al massimo con quattro anni di carcere, per destinare l’imputato a servizi di pubblica utilità, sulla falsariga di quanto avviene da tempo nel processo ai minori; le altre nell’introduzione di due nuove pene detentive non carcerarie: la reclusione e l’arresto presso l’abitazione o altro luogo di privata dimora. Queste nuove modalità sono destinate a sostituire la detenzione in carcere in caso di condanne per reati puniti con pene non superiori a 4 anni. Tutte misure che permetterebbero di destinare uomini e mezzi alle situazioni più critiche. Anche a quella criminalità “da strada”, il cui aumento è segnalato dai dati. Senza peraltro pensare subito a interventi più draconiani come l’obbligo di custodia in carcere per i colpevoli di questi reati o l’inasprimento delle pena. Una risposta di questo tenore, quasi pavolviano, non farebbe, al minimo, tesoro di quanto avvenuto in questi ultimi anni. A succedersi sono state infatti le misure di più “pacchetti sicurezza” (con il primo esordì in questa legislatura l’allora Governo Berlusconi): che non hanno però influenzato più di tanto l’andamento della criminalità, quando invece le presunzioni più severe di pericolosità sociale sono state, nel corso dei mesi, bocciate dalla Corte costituzionale. A testimonianza ulteriore che la scia dell’emotività è facile da seguire, ma non sempre è quella che produce, anche nel breve, i migliori risultati. Giustizia: Tanzi (Sap); togliere la scorta a tutti gli “ex”, per recuperare risorse Adnkronos, 20 agosto 2012 “Togliere le scorte a tutti gli ex in modo da recuperare risorse per il settore della sicurezza, un comparto che soffre una situazione ormai non più sostenibile”. È Nicola Tanzi, segretario generale del Sap, Sindacato Autonomo di Polizia, a sottolineare all’Adnkronos “la necessità di andare fino in fondo sulle scorte. Apprezziamo l’annunciata volontà di rimodularle e chiediamo al ministro dell’Interno di continuare con decisione su questa strada”. “Se non saranno posti dei correttivi, il blocco del turnover - denuncia Tanzi - porterà ad una riduzione di circa 23mila poliziotti in tre anni, con un danno enorme e irreversibile per la sicurezza dei cittadini. Oltre che dalla razionalizzazione delle scorte, si potrebbero recuperare risorse dal Fondo unico per la giustizia. E poi - aggiunge - bisogna ripensare il sistema generale della sicurezza nel nostro Paese. Non ci possiamo più permettere cinque forze dell’ordine, serve un dispositivo coordinato che metta ogni componente alle dipendenze del ministero dell’Interno”. Più di 500 persone protette, ogni giorno impegnati duemila agenti Secondo i dati più aggiornati, sono attualmente più di 500, in massima parte magistrati e parlamentari, le personalità sottoposte a servizi di protezione. Erano 585 lo scorso aprile, ma con l’ultima spending review sono state riviste le posizioni di circa 70 beneficiari, che si sono visti tagliare la scorta. In particolare, si contano attualmente 17 scorte di primo livello (rischio imminente ed elevato) con tre auto blindate e tre agenti per auto, 82 scorte di secondo livello (rischio alto) con due auto blindate e tre agenti per auto, 312 scorte di terzo livello (rischio intermedio) con un’auto blindata e due agenti e un centinaio di scorte di quarto livello (rischio basso) con un’auto blindata e uno o due agenti. Ogni giorno sono impegnati nei servizi di scorta circa duemila operatori delle forze dell’ordine tra agenti di polizia, carabinieri, finanza, polizia penitenziaria e corpo forestale. A Roma ci sono due reparti per tutte le scorte. Il più numeroso è l’Ispettorato Viminale, che conta circa 700 uomini, metà dei quali dedicati alle scorte. L’altro reparto è quello speciale della Questura, “Villa Tevere”, che ha un organico di 256 agenti. A questi bisogna aggiungere circa 300 carabinieri e un centinaio di finanzieri. Giustizia: Osapp; scandalo scorte con mezzi, carburanti, uomini della Polizia penitenziaria www.traninews.it, 20 agosto 2012 Ex ministri ed ex sottosegretari alla giustizia in questi ultimi mesi in giro per manifestazioni, convegni, incontri politici, concerti e feste di partito che godono ancora dei privilegi di una scorta della Polizia penitenziaria nonostante appoggino un Governo tecnico che con la spending review ha imposto tagli e sacrifici agli italiani ed ai vari dipartimento. Lo denuncia Domenico Mastrulli, vicesegretario generale nazionale del sindacato di Polizia Penitenziaria Osapp. Per garantire tutto questo si sottraggono carburante, mezzi e uomini alla Polizia penitenziaria nelle Carceri, che hanno decine di mezzi per il trasporto dei detenuti fermi perché mancano i soldi per ripararli o attendono il pagamento di biglietti aerei come il caso di Turi impiegati per traduzione reclusi. Non discuto il diritto o meno alla scorta per coloro che hanno combattuto e combattono la criminalità ma l’auspicio è che si possa davvero rivedere l’organizzazione generale e capillare dei servizi di tutela e scorta per impedire che importanti servizi come questi diventino privilegi di casta e di comodo. Nel mirino bipartisan del Sindacato Osapp che da tempo combatte questi enormi ed irresponsabili privilegi , sono finiti nei mesi scorsi due ex ministro della Giustizia e Magistrati che ha in precedenza collaborato con Via Arenula ma che inopinatamente continuerebbe a fruire nelle discese in terra di Puglia di “privilegi disposti dall’Uspev, Ufficio Centrale questo responsabile delle assegnazioni di cui si fa cenno riguardante il dicastero della Giustizia. Il primo è Piero Fassino, più volte parlamentare, attuale sindaco Pd di Torino, che fu ministro dall’aprile 2000 al giugno del 2001; e poi Alfano Angelino ex Ministro nel 2009/2011 parlamentare del Pdl e l’ultimo, solo in ordine di tempo, di recente anche il magistrato D’ambrosio Lettieri una volta consulente del Ministero e precisamente di Angelino Alfano fino al 2011. Pur essendo assai variabili a causa di una serie di indicatori non definibili in via permanente, i numeri dei servizi di protezione dicono che rivedere l’intero sistema, come annunciato il giorno di Ferragosto dal ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri, è ormai una necessità. “senza furori ideologici”. Bisogna verificare se esistano ancora i presupposti con una revisione, che deve avvenire verificando se permangono ancora i presupposti della concessione delle scorte in atto ed eliminare quelle che non hanno più motivo di essere, poiché solo in questo modo si ripristina il principio della sicurezza e non quello del privilegio. La Puglia, come al solito, sulle accennate indicazione dell’Uspev Centrale del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Roma in totale tacito sottomissione delle direttive il Prap Bari impiegherebbe tra l’aliquota per la tutela al capo della Procura di Bari dottor Laudati e quella per ex Ministri, Politici e Magistrati come ad esempio il dottor Stefano D’Ambrosio fuori ruolo, con un utilizzo di circa una decina di uomini della polizia penitenziaria ,con elevato numero di ore di straordinario lavorate per questi servizi e non nelle carceri e che ben potrebbero essere impiegate nei Penitenziari quali ad esempio: Foggia, Bari e Taranto dove solo otto uomini controllano nelle ore serali 750 detenuti - cfr. episodi aggressione a poliziotti accorsi a Foggia dei decorsi giorni. Domenico Mastrulli Vicesegretario Generale Nazionale Osapp Emilia Romagna: detenuti nelle zone terremotate, insieme per ripartire www.wakeupnews.eu, 20 agosto 2012 Quando si sente parlare di carcere le prime immagini che vengono alla mente sono quelle che molto spesso telegiornali e giornali danno: luoghi decadenti e soprattutto sovraffollati. Oggi è sempre più latente una vera e propria crisi della giustizia e del sistema carcerario che sta diventando un problema sociale, ma anche e soprattutto un vero problema legale, di costituzione violata. Infatti, scopo primo del carcere dovrebbe essere quello della rieducazione. Come cita, infatti, l’articolo 27 della Costituzione italiana “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. I media non fanno altro che dare notizie su questa crisi che sta investendo la giustizia e le carceri. Nei servizi si parla quasi solo ed esclusivamente di giustizia ingiusta, di giustizia con tempi troppo lunghi, di carceri piene. Per fortuna ogni tanto qualche buona notizia si sente anche su questo fronte. E questa volta la buona novella arriva da Modena. Qui, il 30 luglio è stata stipulata una convenzione tra il comune, la casa circondariale, l’Associazione Servizi per il Volontariato Modena (Asvm), Gruppo Carcere- Città e l’associazione Porta Aperta al Carcere. Una convenzione coordinata dalla Regione Emilia, dal dipartimento di amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia e dal Tribunale di Sorveglianza di Bologna che prevede l’ausilio di volontari detenuti nelle zone terremotate dell’Emilia. I detenuti potranno accompagnare gli autisti nel trasporto merci verso i magazzini e i campi di accoglienza, aiutare nelle attività di manovalanza, assistere i volontari che si occupano di gestione e di stoccaggio merci nei centri di raccolta, dare una mano nelle mense e fornire supporto in tutte quelle attività di segreteria. La convenzione resterà attiva fino alla fine dell’anno e, se le parti lo vorranno, potrà essere anche prorogata e impegnerà sul campo, almeno nella prima fase, otto detenuti fino ad un massimo di quaranta per l’intero progetto. Un’iniziativa che fa riscoprire il vero senso del carcere, ovvero il recupero e la rieducazione del condannato. Ad affermarlo è anche l’assessore alle Politiche Sociali Francesca Maletti: “La finalità dell’iniziativa - spiega - è la realizzazione di un progetto che possa offrire un’opportunità di recupero sociale ad alcuni detenuti i quali potranno impegnarsi in attività di volontariato utili alle realtà colpite dagli eventi sismici dello scorso maggio, nell’ottica di una “giustizia ripartiva” anziché “punitiva”. I soggetti coinvolti svolgeranno incontri periodici per il monitoraggio e la verifica delle attività”. È fondamentale, infatti, che i detenuti facciano della propria esperienza in carcere una esperienza di ricostruzione di sé anche per ritrovare un rapporto non solo con sé stessi, ma anche con tutta la società. Anche perché il carcere, per sua natura, è il luogo di abbattimento per antonomasia. Se l’individuo non trova spunti, stimoli per andare avanti, perde anche quella poca fiducia in sé che prima aveva. E se un uomo non ha più fiducia in sè stesso non ha nemmeno più dignità. Questi progetti vanno dunque incentivati non solo perché è la Costituzione che lo comanda, ma anche perché ogni singolo uomo ha il diritto di sentirsi veramente “uomo”. Questo è il primo passo affinché il carcere sia veramente quello strumento rieducativo e non solo punitivo. Basilicata: Bolognetti (Radicali); nelle carceri assenza di legalità e Stato di diritto www.basilicatanet.it, 20 agosto 2012 “Non abbiamo mai affermato che il carcere di Potenza sia un lager, ma che le carceri di questo paese rappresentano un “Consistente e allarmate nucleo di nuova shoah”, luoghi di tortura per Agenti di Polizia penitenziaria e per detenuti. Tutto questo è testimoniato dalle centinaia di suicidi di detenuti che abbiamo registrato in questi anni e dalle decine di suicidi di agenti”. È quanto afferma Maurizio Bolognetti segretario dei Radicali Lucani che aggiunge: “Quella che definiamo comunità penitenziaria vive una realtà che è figlia della assenza di legalità e Stato di diritto che inevitabilmente finisce per tradursi in strage di popoli. Per meglio dirla con Marco Pannella “La strage di legalità ha sempre per corollario, nella storia, la strage di popoli”. A coloro che lavorano in carcere - aggiunge Bolognetti - va la nostra gratitudine per lo spirito di abnegazione con cui assolvono al loro compito e a Potenza questo emerge con solare evidenza. Dunque, sono le carceri, e non un carcere in particolare, ad essere assurti a luogo di tortura per l’intera comunità penitenziaria”. Per quanto riguarda la situazione della struttura potentina, i Radicali hanno affermato che “pur permanendo alcune delle illegalità (cessi a vista, muro di cinta, muretto divisorio nella sala colloqui, carenza del personale che dovrebbe occuparsi della rieducazione e del reinserimento sociale dei detenuti, violazione del principio della territorialità della pena ecc.) che abbiamo segnalato alla Procura a giugno, in questi mesi ci sono stati dei miglioramenti, figli di interventi di manutenzione e del minor affollamento”. “Agli agenti di Polizia penitenziaria e al direttore dottor Ferrandina - aggiungono i Radicali - va la nostra gratitudine. Per tutto il resto ribadiamo che alcune delle notizie di reato emerse dalla risposta del Ministero meritano l’esercizio di quella obbligatorietà dell’azione penale che pure esiste in questo paese”. E invocando l’amnistia, Bolognetti conclude: “Continuiamo ad affermare con Marco Pannella che occorre interrompere la flagranza di reato contro i diritti umani e la costituzione”. Udine: giovane detenuto muore in carcere, disposta l’autopsia per chiarire le cause Ansa, 20 agosto 2012 Il morto è un 28enne di etnia Rom, trovato senza vita nel letto. Era stato arrestato lo scorso fine luglio al termine di un inseguimento delle volanti in pieno centro a Udine, per furto d’auto, per cui doveva scontare una pena di un anno, non ancora definitiva, e, oggi, Matteo Hudorovich, 28 anni, di etnia Rom, è stato trovato morto nel suo letto in carcere. A scoprire il decesso il compagno di cella intorno alle 8. A quell’ora un’infermiera doveva somministrargli delle terapie. Alle sue chiamate non c’è stata risposta e allora il compagno di cella di Hudorovich lo ha scosso e a da quel momento sono iniziati i soccorsi prima da parte dell’infermiera e poi del 118 che però doveva constatare il decesso. Sarà l’autopsia, che verrà eseguita probabilmente domani, a stabilire le cause della morte. Cagliari: Sdr; dopo 6 anni di lavori e 60 mln € carcere rischia di restare opera incompiuta Ristretti Orizzonti, 20 agosto 2012 “È ancora tutto da disegnare il futuro del nuovo carcere di Cagliari che dovrà sostituire Buoncammino. A sette anni dall’assegnazione dei lavori, per un importo complessivo di quasi 60 milioni di euro, l’impresa “Opere Pubbliche” non è riuscita a rispettare nessuna delle scadenze indicate tanto che è stata cancellata perfino la data di consegna della struttura. Prende sempre più consistenza quindi il pericolo di un’incompiuta”. Lo sostiene Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, con riferimento alla condizione di stallo nel cantiere di Uta e alla situazione di isolamento totale dell’edificio per l’assenza di una conferenza dei servizi. “Avevamo sperato che l’interesse manifestato dalla Ministra della Giustizia Paola Severino - afferma la presidente di Sdr - avrebbe determinato una scossa nei confronti del suo collega delle Infrastrutture generando un’accelerazione nel completamento delle opere assegnate il 22 dicembre 2005. Abbiamo invece riscontrato che c’è un atteggiamento del tutto passivo nei confronti dell’impresa che pur avendo utilizzato le facilitazioni per l’urgenza dei lavori, non ha rispettato le prescrizioni e ha assunto atteggiamenti lesivi dei diritti dei lavoratori. Non solo, ma ha anche acquisito altri 3 milioni di euro per realizzare una parte delle infrastrutture”. “L’ipotesi di una nuova incompiuta è avvalorata da diversi fattori. Il contenzioso non ancora risolto con le proprietà dei terreni espropriati, che potrebbe sfociare in un’ulteriore levitazione dei costi. Le costruzioni continuano a insistere in un’area ancora maleodorante e dove sono ubicati dei vasconi colmi d’acqua per l’irrigazione di alcuni campi limitrofi al muro perimetrale. Non è stata più resa nota - evidenzia ancora Caligaris - la data della conclusione dei lavori a cui dovranno seguire i collaudi. Insomma tutto fa presumere che la situazione non è definita”. “Abbiamo altresì verificato che la conferenza dei servizi, per promuovere iniziative per consentire di predisporre la mobilità dal capoluogo di regione fino al Penitenziario, non è mai stata indetta e l’amministrazione comunale di Uta continua ad essere estranea al progetto. A parte una rotonda per l’accesso facilitato alle cancellate dell’enorme cattedrale, non vi è alcuna iniziativa che possa favorire le visite dei familiari ai parenti ristretti e neppure una segnaletica con indicazioni precise sulla dislocazione del Penitenziario. Nel frattempo i cittadini privati della libertà, che sono reclusi negli Istituti sardi, vivono una condizione inaccettabile nelle diverse strutture mentre quelli liberi subiscono il peso di una servitù penitenziaria che sottrae alla comunità anche vaste aree utilizzabili per lo sviluppo socio-economico dell’isola”. “I ritardi nel completamento delle opere penitenziarie però non riguardano solo Uta. Si deve ricordare che l’investimento complessivo del Piano in Sardegna voluto dai Ministri Pietro Lunardi e Roberto Castelli nel 2005 è stato di circa 160 milioni di euro. Per quanto riguarda Uta dopo la stipula del contratto avvenuta il 18 aprile 2006, i lavori sono iniziati il 19 novembre successivo e la conclusione prevista era giugno 2010. Al contratto originario sono seguiti tre atti aggiuntivi nel 2006, 2008 e infine nel 2009. Napoli: Antigone visita l’inferno di Poggioreale; 2.600 detenuti per una capienza di 1.347 Ristretti Orizzonti, 20 agosto 2012 Visita a Poggioreale per i rappresentanti dell’Osservatorio Antigone, “per vagliare le condizioni di detenzione degli istituti di pena più critici d’Italia”. Il carcere. Collocato al centro della Città, il carcere venne costruito nel 1908 ed è strutturato secondo un modello detentivo risalente a fine ‘800: i reparti sono disposti su tre piani con celle lungo un ballatoio, aperto al centro, con una rete che sostituisce il soffitto. È composto da ben dodici padiglioni e al suo interno è presente un centro clinico. Si tratta di gran lunga del carcere più grande d’Italia, ed uno dei più grandi e malandati d’Europa. Dai dati ufficiali, risulta una presenza effettiva di 2.600 detenuti, a fronte di una capienza regolamentare pari a 1.347 unità, con un tasso di affollamento quindi del 162%. Gli stranieri sono 319 (circa il 12% del totale). In base ai dati forniti dall’amministrazione, la media dei detenuti per cella ammonta a 5, con punte di 10-12 detenuti per cella. A fronte di tale affollamento sono solo 5 i Magistrati di Sorveglianza assegnati all’Istituto. 19 sono gli educatori realmente in servizio. Gli agenti di Polizia Penitenziaria ammontano a 650 unità (a fronte di una pianta organica pari a 940 agenti), mentre la Direzione dell’Istituto non sembra soffrire di carenza di organico con 5 Vicedirettori a tempo pieno e uno distaccato (la pianta organica prevede solo 3 Vicedirettori). Solo 200 detenuti sono ammessi al lavoro: in una Regione cronicamente caratterizzata da elevati livelli di disoccupazione, la prospettiva lavorativa di un detenuto è ancor più difficile. Vi è una sola cucina per tutto l’istituto penitenziario. La Regione non finanzia più corsi di formazione professionale, mentre si tengono regolarmente attività scolastiche: scuole elementari con 225 iscritti - di cui 116 effettivi - e le scuole medie con 86 iscritti e 20 ammessi agli esami. Quanto ai trattamenti extramurali, i numeri non svolgono un’incisiva funzione deflattiva con 116 detenuti in affidamento in prova, 101 detenzioni domiciliari e 116 detenzioni ex legge 1999/2010. A parte i pochi padiglioni ristrutturati nel corso degli ultimi anni, a Poggioreale manca la doccia in cella come richiesto dal Regolamento di attuazione dell’Ordinamento penitenziario (D.p.r. 230/2000) e le docce sono esterne, il che rende le condizioni detentive nel corso dell’estate ancor più difficili. Il sole è così forte che i detenuti - per refrigerarsi - coprono le finestre con asciugamani bagnati. Sulmona (Aq); la Uil penitenziari chiede chiusura del “repartino detenuti” nell’ospedale Ristretti Orizzonti, 20 agosto 2012 “La Uil penitenziari chiede la chiusura immediata del repartino penitenziario per totale inadempienza in ambito di sicurezza e salubrità delle normative vigenti. il tutto prima che ci scappi qualcosa di veramente grave”. Così Mauro Nardella, vice segretario regionale della Uil penitenziari, interviene sulla questione dell’ospedale. “Con la speranza di non passare per parassiti attesa la telenovela che sta rappresentando il vissuto dell’ospedale civile e a sostegno di una annosa vertenza che ad oggi non ha ancora visto una degna ed adeguata presa di posizione da parte dei vertici dell’Asl e dell’amministrazione penitenziaria - continua Nardella - attesa la mancanza assoluta sicurezza sia in termini di salubrità per i detenuti e gli operatori penitenziari che di sicurezza sociale; considerata la fiducia grandemente scemata nei confronti di un dirigente Asl che a distanza di anni sembra che solo oggi si accorge dell’inadeguatezza della struttura ospedaliera e quindi anche, e ci tengo a sottolineare, anche del repartino penitenziario”. Della questione se ne parlerà martedì in una conferenza stampa nella sede del Tribunale per i diritti del malato, dove saranno evidenziati, “se ancora ce ne fosse bisogno, i grossi e pericolosi problemi ai quali sono esposti tutti coloro che con l’unità ospedaliera, in caso di ricovero di un detenuto (e a Sulmona di detenuti di piccolo calibro ve ne sono pochissimi), hanno a che fare”, conclude Nardella. Prato: collaborazione tra Comune e carceri, le classi delle medie dipinte dai detenuti Il Tirreno, 20 agosto 2012 La collaborazione tra il Comune e la casa circondariale di Prato prosegue affiatata e sembra dare i suoi frutti. Un gruppo di sei detenuti, dal 27 agosto al 1 settembre, armato di pennelli e secchi di vernice ridipingerà le aule delle scuole medie. Gran parte delle classi necessita infatti di una nuova passata di colore, perciò si è pensato di intervenire prima della riapertura dell’anno scolastico. Il progetto risulta vantaggioso per entrambe le parti. La casa circondariale aggiunge in questo modo un nuovo elemento all’ampio ventaglio di offerte formative che da anni propone. Allo stesso tempo il Comune guadagna una manodopera a basso costo per far fronte alle esigenze del territorio. Il tutto in favore dei detenuti, che in questo modo tornano a intrecciare rapporti col mondo che li circonda, nella prospettiva di un reinserimento anche dal punto di vista lavorativo. Non è il primo episodio di questo tipo. La collaborazione tra i due enti risale a due anni fa, quando un gruppo di detenuti fu mandato a ripulire i principali parchi cittadini, come l’Aringhese o il parco monumentale di Fognano. Visti i risultati, l’esperienza si è rinnovata pochi mesi fa, quando i detenuti hanno liberato da rami secchi e ceppi abbattuti il sentiero della Salute che dall’Aringhese conduce al Montale Alto. “L’idea è nata da un consigliere comunale, Salvatore Pantaleo, che presta servizio all’interno del carcere - racconta l’assessore al sociale Giada Lunghi. Siamo fiduciosi in questo percorso comune, che, speriamo, possa proseguire in futuro con tante altre iniziative”. In tempi di crisi economica, non sono pochi i casi di scuole dove gli stessi genitori si prestano a utilizzare qualche ora del proprio tempo libero per imbiancare le pareti delle classi dove studiano i figli. In questo caso, a dare una mano, provvedono gratuitamente anche i detenuti pratesi, con i quali, nell’autunno, è già previsto un incontro con gli studenti dell’istituto comprensivo per conoscere meglio le condizioni di vita e le abitudini di chi vive scontando una pena. Lecce: detenuto rifiuta il trasferimento nel carcere di Monza e ingoia lamette per protesta Ansa, 20 agosto 2012 Tenta il suicidio in carcere ingerendo quattro lamette da barba e degli psicofarmaci. A compiere l’insano gesto, Marco Barba, gallipolino 39enne, detenuto nel carcere Borgo San Nicola di Lecce per una pena cumulativa di 23 anni. Accusato di tre omicidi, associazione mafiosa, estorsione, traffico di armi e stupefacenti, Barba, nella tarda mattina di ieri, avrebbe deciso di farla finita dopo aver appreso di un suo trasferimento al carcere di Monza, dove era già stato rinchiuso per circa un anno. Una comunicazione che ha gettato nello sconforto il 39enne che dopo aver ingerito diversi medicinali e due lamette, anche davanti all’ispettore del penitenziario, non ha esitato ad ingoiarsi altre due lame per rasoi da barba. Trasportato al pronto soccorso, il detenuto ha rifiutato le cure mediche, nonostante per ore i sanitari abbiano provato a fargli cambiare idea. Riaccompagnato in cella, oggi, il suo avvocato difensore, Paola Scialpi, proverà a convincere Barba a sottoporsi ad una gastroscopia. Non sono infatti da escludere eventuali lesioni. Rimini: Meeting di CL; domani Nicola Boscoletto porta l’esperienza del carcere di Padova www.padova24ore.it, 20 agosto 2012 Domani al Meeting di Rimini. In un momento in cui la situazione carcere in Italia si può definire tragica, un incontro per rilanciare il lavoro come strumento principale per il recupero dei detenuti, imparando anche da esperienze di altri paesi come le Apac brasiliane. Un video curato da Monica Maggioni e Maria Silvia Santilli del TG1 introdurrà l’incontro. Ci sarà una folta rappresentanza del carcere di Padova a Rimini, martedì 21 agosto in sala A3 della Fiera (previsto il tutto esaurito per i 5mila posti disponibili). Da Padova partirà un pullman di detenuti, agenti, educatori e volontari della casa di reclusione di via Due Palazzi per partecipare all’incontro delle 11.15 intitolato “Vigilando redimere. Quale idea di pena nel XXI secolo”. Tema non nuovo per la rassegna riminese, a partire dal 2006, con le prime presenze dei detenuti, i convegni con i ministri della Giustizia e in particolare con la grande mostra “Libertà va cercando ch’è si cara. Vigilando Redimere” del 2008 con annessa pasticceria dei carcerati, esperienza proseguita anche l’anno successivo e nel 2011 con la giornata del carcerato. Un filo sottile ma inossidabile, quest’anno ripreso con la conferenza del 21 agosto, che sarà aperta da Nicola Boscoletto presidente del Consorzio Rebus, che gestisce le lavorazioni nel carcere padovano tra cui la celebre pasticceria. L’incontro riminese sarà preceduto da un video di Monica Maggioni e Maria Silvia Santilli, con testimonianze di cambiamento dei detenuti, in un momento in cui la situazione carcere si può definire tragica. “E pensare - dice Boscoletto - che proprio un anno fa dal Meeting il presidente Napolitano aveva fatto un appello per condizioni di detenzione più umane”. In sala A3 si cercherà anche di imparare il meglio delle esperienze di altri continenti. Questo il senso dell’intervento di Tomáz de Aquino Resende, procuratore di giustizia del Ministero pubblico dello Stato del Minas Gerais. Il magistrato brasiliano da anni si occupa del terzo settore e delle condizioni delle carceri. C’è da dire che in Brasile la situazione è esplosiva, con 500mila carcerati (in Italia sono circa 67mila), un alto coefficiente di violenza e la violazione diffusa dei diritti più elementari. “Dal punto di vista delle esperienze positive però i brasiliani sono molto più avanti di noi europei”, spiega Boscoletto, reduce da una recente missione in Sudamerica. “Le esperienze di recupero chiamate Apac di cui Resende ci racconterà hanno molto da insegnare a noi, paladini dei diritti e della democrazia. Proprio nel 2012 si celebrano i quarant’anni di queste esperienze di recupero, che abbattono la recidiva dall’90 al 7-8 per cento”. Non nuovo alla platea riminese è Giovanni Maria Pavarin, presidente del Tribunale di Sorveglianza di Venezia, e ospite fisso è anche l’ultimo relatore, Luciano Violante, presidente del Forum Riforma dello Stato del Partito Democratico. Di Violante si ricordano vari interventi recenti sul tema, anche sul sito internet il sussidiario.net, in particolare in seguito alla visita del carcere di Padova di un anno fa, nell’ottobre 2011. Coordinerà l’incontro Paolo Tosoni, presidente della Libera Associazione Forense. “Il Meeting sarà l’occasione per fare il punto su una situazione che al momento attuale registra un’illegalità generalizzata e la violazione diffusa dei più elementari diritti umani, condizioni che ci procurano anche sanzioni europee”. Insicurezza sociale, costi astrali, inefficienza a tutti i livelli. Difficile fare di peggio. I rimedi? “Questo è l’aspetto più insondabile. Anzi, inquietante”, è il parere di Boscoletto. “Non si è mai registrato un consenso parlamentare così diffuso per sostenere l’unico fattore che contrasta efficacemente questa situazione kafkiana, ovvero il lavoro dei detenuti. I parlamentari sono d’accordo, il ministro Severino ci incoraggia, il nuovo capo dell’amministrazione penitenziaria Tamburino è con noi. Eppure non si muove foglia. Perché, mi domando io? Non saprei descrivere questa situazione se non come inquietante”. L’incontro del Meeting, che oltre ai detenuti padovani vedrà la presenza di non pochi “colleghi” da altri istituti penitenziari da tutta Italia, dalla Sicilia all’Abbruzzo fino al Piemonte, sarà una buona occasione anche per andare a fondo di queste resistenze silenziose ma - purtroppo - efficaci. Ma non aspettiamoci polemiche o reprimende. “Lo stile sarà quello di sempre, quello del Meeting - conclude il presidente del Consorzio - che poi alla fine si rivela il più incisivo: puntare su esperienze positive di recupero, di redenzione, di voglia di cambiare, di giocarsi una nuova chance. È solo questo che prima o poi (anche se noi speriamo il prima possibile, per il bene di tanti detenuti, ma soprattutto per tutta la società) potrà portare qualcosa di nuovo nelle carceri italiane”. Rimini: Meeting di CL; domani l’On. Alfonso Papa interverrà sull’emergenza carceri Agi, 20 agosto 2012 “Domani, martedì 21 agosto, il deputato del Pdl Alfonso Papa parteciperà al Meeting di Comunione e Liberazione a Rimini. Alle ore 11 interverrà nel corso della manifestazione presentando il “Comitato per la prepotente urgenza” da lui presieduto e composto da numerose associazioni. È fissato alle ore 12 l’incontro con la stampa in piazzale degli Eventi (all’ingresso del Meeting). “Sono felice di partecipare al Meeting che fu inventato da don Luigi Giussani e che gli amici di Comunione e Liberazione rinnovano ogni anno grazie all’impegno di migliaia di volontari”, è quanto dichiara Papa. “Sono ancor più lieto di dare il mio contributo a questo evento sui temi della giustizia e del carcere - continua Papa. Domani presenterò il Comitato per la prepotente urgenza che ho fondato insieme a soggetti che da tempo operano nel mondo del volontariato religioso e laico. L’obiettivo è creare una rete che tenga accesa la luce su quella che lo stesso Capo dello Stato un anno fa definì prepotente urgenza. Purtroppo oggi Napolitano sembra preso da preoccupazioni altre, e il presidente della Commissione Giustizia della Camera, Giulia Bongiorno, indaffarata com’è nel gravoso compito di sbrogliare le beghe del suo cliente Gianfranco Fini e nel bloccare qualsiasi ipotesi di intervento normativo sulle intercettazioni, non dedica sforzo alcuno all’avanzamento del mio progetto di legge contro l’abuso della custodia cautelare in carcere. Mi auguro - conclude Papa - che a settembre ci sia un cambio di passo, confortato come sono stato dal ministro Severino che mi ha promesso di ripartire proprio dalle carceri”. Roma: iniziativa “Evasioni musicali”, con Luisa Corna, nel carcere di Civitavecchia Il Velino, 20 agosto 2012 Anche oggi successo per Luisa Corna e il suo gruppo musicale alla casa di reclusione di Civitavecchia. La cantante bresciana si è esibita nell’ambito del progetto “Evasioni musicali” voluto dalla Regione Lazio per sostenere i detenuti e migliorare le condizioni di vita all’interno degli istituti di pena specialmente nel momento estivo dove si registra un innalzamento dei disturbi di tipo depressivo e un’incidenza maggiore delle malattie psico-somatiche”. È quanto ha dichiarato l’assessore regionale ai rapporti con gli enti locali e politiche per la sicurezza della Regione Lazio, Giuseppe Cangemi, al termine dell’evento musicale nell’istituto di reclusione di Civitavecchia. “Proprio per rispondere alle istanze che arrivavano da questo istituto ho illustrato ai detenuti gli interventi che abbiamo approvato in sede di giunta regionale, in particolare per le attività sportive, abbiamo finanziato la ristrutturazione del campo di calcetto”. “Nel portare i saluti della presidente Renata Polverini ai detenuti, ho ricordato che con Luisa Corna siamo alla quarta esperienza nelle carceri del Lazio, già l’anno scorso avevo avuto il piacere di ascoltarla, ma oggi ha regalato a me e ai detenuti di Civitavecchia un concerto veramente emozionante - ha sottolineato Cangemi. La rassegna musicale estiva si sta dimostrando anche quest’anno, un’iniziativa che riscuote il consenso di tutto il mondo penitenziario, dei detenuti e del personale di polizia. Grande partecipazione alla esibizione dei detenuti che hanno voluto cantare dei classici del repertorio napoletano e romano insieme alla nota cantante”. Luisa Corna è stata salutata con una vera ovazione dai detenuti, che nell’istituto di pena sono circa 130. Allo spettacolo hanno assistito anche la direttrice Patrizia Bravetti, il personale della casa di reclusione e gli agenti di custodia. “È sempre importante - ha detto Luisa Corna rivolgendosi ai detenuti - coinvolgerli per regalargli un sorriso. La musica unisce tutti ed è una strumento meraviglioso che permette di esprimere emozioni nella vita di ognuno di noi”, ha detto ai detenuti chiudendo il concerto. Alba (Cn): lo chef Maurilio Garola prepara menù nel giardino della Casa Circondariale www.cuneocronaca.it, 20 agosto 2012 In collaborazione con l’Associazione sapori reclusi. Un’occasione per amalgamare cucina ad alto livello e impegno sociale. Martedì 11 settembre, nella Casa Circondariale G. Montalto di Alba si terrà una cena picnic a cura dello chef stellato Maurilio Garola e dell’associazione Sapori Reclusi. Un’occasione per amalgamare cucina ad altissimo livello e impegno sociale. Sapori Reclusi è un’associazione che, partendo dal comune bisogno dell’uomo di nutrirsi, ha il desiderio di far avvicinare uomini e donne che vivono nascosti agli occhi dei più al resto della società. Lo scopo di Sapori Reclusi è andare oltre le barriere fisiche o mentali del carcere, ovvero nell’intimità delle persone stesse, per ascoltare e comprendere al di là di stereotipi e preconcetti. Dopo un aperitivo musicale di benvenuto avrà inizio il picnic, a base di verdura e frutta che deriva dalle coltivazioni delle carceri e prodotti del commercio equo 2 e solidale e dalle terre confiscate alla mafia forniti dalla Coop. Quetzal di Alba. Il luogo prescelto è il giardino del cortile della Casa circondariale G. Montalto di Alba. In caso di brutto tempo la serata si svolgerà nelle sale interne che saranno per l’occasione allestite. Saranno distribuiti ai partecipanti dei cestini (uno per 2 persone) contenenti 2 tovagliette, pane, 2 bottigliette d’acqua, posate e le prelibatezze scelte per la serata. Gli ospiti si accomoderanno su un plaid (l’organizzazione ne metterà a disposizione qualcuno ma si consiglia di portarne uno da casa), per gustare nell’angolo del giardino prescelto i piatti realizzati dai detenuti, sotto la guida dello chef Garola e di due suoi collaboratori. Una serata dall’alto valore sociale diventa un momento di scambio e relazione. Il carcere apre le sue porte e si trasforma in un ristorante, ma anche prato ideale, spazio incontaminato, luogo scelto e preferito per trascorrere una serata in compagnia. Ecco il senso profondo di questo picnic: da semplice momento aggregativo, la cena si trasforma in occasione unica per fondere impegno sociale, conoscenza e divertimento. E in un’esperienza gratificante e formativa per i detenuti. La Casa Circondariale G. Montalto da anni è impegnata nella realizzazione di progetti finalizzati al reinserimento sociale dei detenuti. Dopo il bel risultato del vino “Vale La Pena”, si intende sviluppare l’Apicoltura. Già da alcuni anni si realizza un corso di formazione per apicoltori ma solo oggi si è arrivati ad avere un apiario dotato di 5 arnie collocate nel giardino del cortile interno. Ma occorrono le attrezzature per produrre il miele. La congiuntura economica che il Paese attraversa ha investito anche il carcere che si è visto ridurre drasticamente i fondi da destinare a questo tipo di investimenti. L’intero ricavato della cena verrà quindi devoluto al laboratorio di Apicoltura della Casa Circondariale di Alba G. Montalto per l’acquisto di uno smielatore, strumento indispensabile per estrarre il miele dai favi e poter aumentare la produzione del lavoro dei detenuti. Sebbene il panorama generale sia caratterizzato da difficoltà economiche e mancanza di fondi, il Comune di Alba, che da sempre guarda al carcere e alle sue attività, è convinto dell’importanza dell’attività sociale svolta con i detenuti e si impegna perché possa continuare, tramite un costante dialogo con la direzione. Anche quest’anno inoltre, durante la Fiera Internazionale del Tartufo Bianco di Alba, domenica 7 Ottobre in Piazza Pertinace sarà presente “Vale La Pena”, il mercatino dei prodotti dal carcere e dai terreni confiscati alle mafie. Un menu da ricordare Tonno di coniglio, Insalata russa, Giardiniera, Frittata, Acciughe sott’olio, Cacciatorino. Contemporaneamente, su alcuni tavoli verranno sistemati vini (“Vale La Pena” e vini del territorio), serviti a bicchiere di vetro, e agnolotti del plin al fumo. Inoltre ci sarà un buffet di formaggi con miele (del carcere) e nocciole, sorbetto o gelato in cono, caffè. 4 L’appuntamento è per Martedì 11 Settembre alle ore 18.30 presso la Casa Circondariale di Alba G. Montalto, Via Vivaro 14 - Località Toppino. Il costo della serata è di € 30 a persona. Per partecipare alla serata è gradita la prenotazione. Info e prenotazioni telefonando all’ufficio educatori del carcere al numero 0173-362228 o inviando una mail all’indirizzo: educatori.cc.alba(et)giustizia.it, oppure rivolgendosi presso il negozio Cooperativa Quetzal in Corso Italia, 9D Alba, Tel 0173 290977. Venezuela: venti detenuti uccisi in scontro tra bande nel carcere di Yare di Alessandra Cristofari www.giornalettismo.com, 20 agosto 2012 Gli scontri sono avvenuti all’interno di una lotta tra gang rivali, nella struttura che si trova nei pressi di Caracas. “Una delle persone uccise era un parente di un detenuto” ha riferito Iris Varela, ministro dei Servizi penitenziari: non sono ancora noti i motivi della violenza ma la situazione è tornata “sotto controllo”. Bradenton Herald fa sapere che il numero degli omicidi all’interno delle carceri è aumentato, secondo quanto ha appreso da un gruppo per diritti umani. Solo nel 2012 i tumulti tra condannati hanno ucciso 304 persone: nella prima metà del 2012 il valore è salito fino a “+15% rispetto all’anno scorso” ha rilevato l’Osservatorio venezuelano. Nei primi sei mesi del 2011 la violenza ha ucciso 264 detenuti e 476 in totale nel 2010. A cosa è dovuto l’aumento del numero dei morti? “La politica del governo e il lavoro effettuato, in realtà, non si è concentrato sulla salvaguardia della vita dei detenuti” ha riferito il direttore Humberto Prado. I disordini e il sovraffollamento all’interno degli istituti sono un grave problema per il governo di Chavez: la violenza è quotidiana e i detenuti ottengono facilmente armi e droga con l’aiuto di guardie corrotte. Chavez ha guardato al problema in seguito alle violenze dell’anno scorso a El Rodeo I e El Rodeo II, prigioni che si trovano appena fuori Caracas: l’obiettivo era quello di “ristrutturare” il sistema penitenziario dell’intero paese e spostare, quindi, molti dei detenuti a El Rodeo III. Inoltre, Chavez, si era riproposto di migliorare le condizioni di vita all’interno delle carceri del paese e velocizzare i processi. Le carceri del Venezuela possono ospitare 12 mila detenuti ma risultano al loro interno circa 43 mila detenuti e il proposito del Governo è quello di costruire otto nuove prigioni. Svizzera: evasi tre detenuti dal carcere di Basilea, grazie a un buco scavato in lavanderia www.cdt.ch, 20 agosto 2012 Tre uomini sono evasi ieri del carcere per le detenzioni preventive Waaghof di Basilea. Si tratta di due serbi e uno sloveno, di età compresa tra i 33 e i 37 anni, che erano in detenzione da alcuni mesi per rapina e altri delitti legati alla droga, ha comunicato il dipartimento di giustizia e sicurezza di Basilea Città. Secondo il sito internet della “Basler Zeitung”, i tre - che non sono ancora stati riacciuffati - sono scappati dopo aver scavato in lavanderia, per mesi, un buco di 45 centimetri di diametro dietro la lavatrice. Il cunicolo sbuca in un edificio adiacente il carcere, da dove gli evasi sono scappati. Dall’inaugurazione della prigione, nel 1995, ci sono state in tutto cinque evasioni. Colombia: minacce contro i detenuti nella Giornata nazionale della protesta carceraria www.nuovacolombia.net, 20 agosto 2012 La Fondazione “Lazos de Dignidad” (“Legami di dignità”), che si occupa dei diritti dei detenuti colombiani, ha denunciato lo scorso 15 agosto gli abusi del personale penitenziario del Complesso Carcerario Coiba (dipartimento di Tolima) e del Penitenziario El Barne (dipartimento di Boyacá) avvenuti il 14 agosto, Giornata Nazionale della Protesta Carceraria. I prigionieri del Complesso Coiba, in sciopero della fame, sono stati minacciati dalla direttrice, Imelda López Solórzano, di non poter usufruire degli sconti di pena cui hanno diritto, e dell’accesso a luoghi di lavoro e corsi, qualora avessero aderito alle proteste. I reclusi denunciano inoltre che la direttrice non ha mantenuto l’impegno di garantire la presenza della Defensoría del Pueblo e della Personería Municipal, enti di controllo e garanzia che (in teoria) rappresentano la comunità di fronte all’amministrazione pubblica. Vale la pena ricordare che Imelda López Solórzano è stata anche a capo della Abu Abu Grhaib colombiana, il carcere di Tramacúa di Valledupar, tristemente famoso per le vessazioni e le torture inflitte ai detenuti. Diverse ong che difendono i diritti umani dei detenuti sollecitano un tavolo nazionale di dialoghi per porre fine allo scempio del sistema carcerario colombiano, coordinato dalla criminale istituzione dell’INPEC, ed alla mancanza di una politica che si basi sul sistema di diritto e dei diritti minimi fondamentali. Ricordiamo che in Colombia la repressione del regime nei confronti di ogni opposizione sociale e politica è causa della crescita esponenziale del numero di prigionieri politici, circa 9500, i quali da mesi si mobilitano con scioperi della fame, denunce e proteste interne. Pakistan: indagini su arresto bimba down cristiana, detenuta con l’accusa di blasfemia Tm News, 20 agosto 2012 Il presidente pachistano Asif Ali Zardari ha chiesto spiegazioni sull’arresto di Rimsha Masih, una bambina cristiana di 11 anni affetta da sindrome di down finita in un penitenziario minorile con l’accusa di blasfemia. Il capo dello Stato ha chiesto al ministro dell’Interno di occuparsi del caso, per appurare eventuali irregolarità o soprusi da parte delle autorità competenti. La bambina è stata arrestata con l’accusa di avere dato alle fiamme alcuni fogli contenenti dei versetti del Corano e altri testi islamici. Secondo l’ong, citata dall’agenzia Press Trust of India, i cristiani residenti nell’area Umara Jaffar di Islamabad, la stessa in cui vive Rimsha, sono stati “minacciati da estremisti”, tanto che 300 persone hanno abbandonato le proprie abitazioni per timore che venissero date alle fiamme. Nigeria: carcere assaltato da commando armato; venti detenuti evasi, polizia li ricerca Ansa, 20 agosto 2012 Sono in corso le operazioni della polizia nigeriana per cercare di riportare in cella i detenuti evasi da un carcere di Oko, nello stato federale di Edo, nel sud-ovest del Paese. Il penitenziario, non di massima sicurezza, è stato attaccato ieri da un commando armato composto da una quindicina di persone che ha approfittato del basso livello di guardia per liberare i detenuti: da venerdì scorso, e fino a domani, il Paese è completamente bloccato per i festeggiamenti legati alla fine del Ramadan. Dal carcere, assaltato anche a colpi di bombe e granate, sono evasi più di venti detenuti, una decina dei quali già catturati dalle forze dell’ordine. Con l’operazione in corso, denominata ‘Tempesta di tuonì, la polizia nigeriana conta di riacciuffare in breve tempo gli ex detenuti. Stati Uniti: “The Innocence project”; discolpati 300 detenuti ingiustamente condannanti Ansa, 20 agosto 2012 Sono quasi 300 le persone ingiustamente accusate e imprigionate negli Usa “salvate” dalla scienza. Il bilancio è stato fatto durante il meeting della American Chemical Society in corso a Philadelphia, durante una sessione dedicata a “The Innocence project”, un’associazione di scienziati e avvocati che da 10 anni si occupa di casi controversi, da O.J. Simpson ad Amanda Knox. L’associazione è stata fondata da Benjamin Cardozo della Yeshiva University di New York, e ha già scagionato 292 persone, tra cui 17 che erano nel braccio della morte, che in media avevano già passato 13 anni in prigione prima del proscioglimento. Gli esperti del progetto, che ricevono ogni anno almeno 3mila segnalazioni da tutti gli Usa, si sono occupati sia di vicende giudiziarie in cui il test del Dna è stato usato in maniera sbagliata, sia in cui le prove genetiche a discarico non sono state prese in considerazione: “Fra i casi che abbiamo affrontato con il test del Dna - spiega il fondatore sul sito - nel 43% dei casi il colpevole è stato scagionato, mentre nel 42% la tesi dell’accusa è stata confermata. Nel 40% dei casi in cui la tesi dell’accusa è stata ribaltata lo stesso test ha anche fornito il vero colpevole”. Tunisia: concessa amnistia a gruppo detenuti, tra questi ci anche alcuni libici Adnkronos, 20 agosto 2012 Il presidente tunisino Moncef Marzouki ha concesso l’amnistia a un gruppo di detenuti, tra i quali alcuni libici, in occasione dell’Eid al-Fitr, la festa che chiude il mese del digiuno di Ramadan. In un comunicato ufficiale, la presidenza tunisina ha fatto sapere che tra i beneficiari della grazia vi sono sette prigionieri libici con condanne per reati penali, mentre gli altri sono tunisini, alcuni dei quali studenti. Non è la prima volta che la Tunisia concede l’amnistia a detenuti libici e di altri Paesi dell’Unione del Maghreb arabo. Per gli osservatori si tratta di una dimostrazione di buona volontà in vista della convocazione a Tunisi di un vertice maghrebino nel prossimo futuro. Russia: Pussy Riot; la galera non sarà a cinque stelle, saranno mescolate a criminali veri di Lucia Sgueglia Ansa, 20 agosto 2012 Parlare di Gulag è esagerato. Ma la prigione che potrebbe accogliere le tre giovani Pussy Riot, una delle tante colonie penali femminili del vasto sistema carcerario russo, sicuramente non sarà un cinque stelle. Anche perché la giudice Marina Sirova ha scelto di destinarle non al primo tipo di colonia sui 4 previsti in Russia (il più leggero), ma al secondo: una delle “prigioni a regime comune”, dove finiscono mescolati indistintamente detenuti che hanno commesso crimini gravi per la prima volta e gli autori di delitti medio-piccoli, se il Tribunale ritiene che non sia possibile inviarli nel primo livello. Qui Nadia, Katya e Masha vivranno in stanzoni con letti a castello che possono ospitare da 20 a 150 persone. Edifici vetusti costruiti in epoca sovietica, circondati da filo spinato e situati solitamente in zone remote, anche a migliaia di chilometri dal luogo d’origine dei condannati. Celle sovraffollate dove il rischio di violenze (anche da parte delle compagne di cella), maltrattamenti e scarse condizioni igieniche è alto secondo un’indagine del 2003 dell’Organizzazione mondiale contro la Tortura. Nel 2011, un video filmato in un carcere sull’Amur nel 2008 postato su internet che mostrava un ufficiale carcerario prendere a pugni e calci alcune detenute tirandole per i capelli, causò uno scandalo nazionale. Le autorità aprirono un’inchiesta che portò all’arresto dell’ufficiale. Nel 2009 l’allora presidente Dmitri Medvedev (dopo lo scandalo causato dalla morte in cella dell’avvocato Sergey Magnitsky) ha lanciato un’ampia riforma del sistema carcerario, la prima dall’epoca di Stalin, che dovrebbe portare entro il 2020 ad abolire del tutto camerate miste e colonie correzionali dure. Le donne detenute in Russia oggi sono circa 52mila su un totale della popolazione carceraria (2011) di 650mila. Quelle con figli piccoli come Nadia Tolokonnikova e Maria Aliokhina vengono destinate a unità speciali: ci sono 13 carceri in tutta la Russia che dispongono di alloggi di maternità dove i bambini possono stare con la madre fino all’età di tre anni. Ma di solito le mamme vivono in quartieri separati dai figli, con l’eccezione di due colonie. Gli avvocati della Difesa hanno già espresso preoccupazione sul futuro del trio punk in cella. Già durante la loro detenzione preventiva, durata 6 mesi, avevano denunciato abusi: le ragazze sarebbero state lasciate senza mangiare e bere, e private del sonno. In attesa di una decisione sull’appello comunque - la cui richiesta sarà inoltrata dalla difesa entro 10 giorni, la risposta dovrebbe arrivare a settembre - Masha, Katya e Nadia restano a Mosca: nel Sizò n. 6 di Pechatniki, estrema periferia della capitale russa. Medio Oriente: 4.550 prigionieri politici palestinesi nelle carceri israeliane InfoPal, 20 agosto 2012 Abdel Nasser Farawana, ex prigioniero e ricercatore per la questione dei detenuti, ha reso noto che nelle carceri israeliane sono ancora rinchiusi circa 4.550 prigionieri politici. Essi si trovano in 17 centri di detenzione, tra cui Nafha, Raymond, Chata, Gilboa, Eichel, Ashkelon, Hasharon, Hadarim, Ramla, il Negev, Ofer e Megiddo. In un rapporto pubblicato venerdì 17 agosto, Farwana ha scritto che gli arresti non si sono fermati e sono diventati un fenomeno quotidiano. Ogni giorno, sono segnalati circa 10 sequestri di palestinesi. Tra i detenuti ci sono 220 bambini, e sei donne, la più vecchia delle quali è Lena Jerboni, dei territori occupati nel 1948, e imprigionata da oltre dieci anni. 250 sono i detenuti amministrativi; 17 i deputati, tre gli ex ministri, vice primi-ministri e responsabili politici. Farawana ha segnalato che vi è una diminuzione significativa nel numero dei detenuti amministrativi, che, da gennaio di quest’anno, non ha superato i 309. Sembra che ciò sia dovuto agli scioperi e alle manifestazioni contro la politica di detenzione amministrativa. Egli ha precisato che decine di prigionieri provengono da diverse nazioni arabe, in particolare Giordania, Siria e Egitto. Un prigioniero siriano arrestato nell’agosto 1985, Sedki Makt, è considerato il decano tra gli arabi. Dovrebbe essere rilasciato il 22 agosto, dopo aver scontato una pena di 27 anni.