Giustizia: carceri italiane, l’inferno dimenticato di Michele Marra www.infooggi.it, 19 agosto 2012 Ogni detenuto dovrebbe avere sette metri di spazio in cella: in molti penitenziari il sovraffollamento rende ciò utopia. Il dovere di espiare la propria pena non può prescindere dal diritto alla dignità dell’essere umano Finalmente la Magistratura inizia a muoversi in relazione ai diritti negati dei detenuti, i quali anche se hanno sbagliato e devono subire la giusta punizione, hanno anche il diritto di non vedere calpestata la loro dignità umana ed un minimo di riservatezza. Il Tribunale di sorveglianza di Lecce ha condannato l’amministrazione penitenziaria al risarcimento dei danni cagionati “per la lesione della dignità e dei diritti” a quattro detenuti del carcere di Borgo San Nicola. Una pronuncia importante che, purtroppo, non resterà isolata, fondata sulla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo che, nel luglio del 2009, ha condannato l’Italia a risarcire un detenuto bosniaco per i danni morali subiti a causa del sovraffollamento della cella in cui era stato recluso per alcuni mesi nel carcere romano di Rebibbia. Infatti è assodato che ogni detenuto deve avere almeno 7 metri quadrati di spazio nella cella dove vive per la maggior parte del giorno, invece, in molti istituti penitenziari, per il sovraffollamento ciò non è possibile, nel caso del Tribunale di Lecce, il giudice Luigi Tarantino, ha riconosciuto, nei confronti dei detenuti, “lesioni della dignità umana, intesa anche come adeguatezza del regime penitenziario, soprattutto in ragione dell’insufficiente spazio minimo fruibile nella cella di detenzione”, ed ha disposto, in favore del recluso, un risarcimento di natura economica dei danni non patrimoniali a carico dell’amministrazione penitenziaria tra i mille e i tremila euro (a seconda della durata e delle modalità in cui avvenuta la detenzione), poiché gli stessi erano ammassati in una cella con uno spazio pro capite di gran lunga inferiore ai 7 metri quadrati. Il problema è molto grave, in quanto accanto a tale aspetto vi è quello della salute dei detenuti, che è garantita dall’art 32 della Costituzione e quindi laddove un detenuto subisca danni permanenti alla salute durante l’espiazione della pena, il Ministero sarà tenuto al giusto risarcimento. La punizione e la detenzione, infatti, non devono divenire strumento di tortura cagionando danni collaterali gravi di natura fisica e/o psicologica e nel caso più grave lesioni gravi della salute fino a giungere al suicidio. Va evidenziato che anche per il suicidio vi può essere responsabilità dell’istituto e quindi del Ministero laddove non è stato fatto tutto il possibile per evitare il triste epilogo. Giustizia: in arrivo legge anti-corruzione… poi tocca a carceri e intercettazioni di Sara Menafra Il Messaggero, 19 agosto 2012 Il ministro Paola Severino non ha cambiato idea, non è neppure nel suo stile. E dunque per lei la priorità da portare a compimento con la ripresa dei lavori del parlamento è sempre la normativa anti-corruzione. Nel complesso la tabella di marcia è serrata. Anche se dei progetti messi in agenda all’inizio del mandato molto è stato fatto: la riforma delle circoscrizioni giudiziarie con l’abolizione delle sezioni distaccate, ma pure le modifiche che hanno ristretto l’appello in sede civile, fissato i tempi della durata dei processi e istituito il tribunale delle imprese. Dopo la sofferta approvazione da parte della Camera, la legge è finita nelle pastoie del Senato. Il Pdl continua a dirsi scontento in particolare dell’articolo dedicato al traffico di influenze illecite, quello che punisce chi sfrutta la conoscenza di un pubblico ufficiale per fargli compiere un abuso. Da via Arenula fanno però notare che la legge è già stata modificata alla Camera, seguendo alcune indicazioni del centrodestra. Entro l’inizio dell’autunno, il ministro Severino vuole chiudere la partita. Al di là delle semplificazioni, l’intervista rilasciata dal presidente del consiglio Monti non ha cambiato di un millimetro quello che il ministro aveva detto anche recentemente. E cioè: prima di tutto, l’eventuale riforma non ha nulla a che vedere con il conflitto di attribuzioni sollevato dal Quirinale circa le intercettazioni indirette (dei pm di Palermo) che avrebbero captato la voce di Napolitano e di cui si occuperà la Corte costituzionale. Un intervento sull’interpretazione delle prerogative presidenziali prima della decisione dei giudici supremi sarebbe un’ingerenza che il Guardasigilli non ha intenzione di compiere. Tema diverso, ma collegato, quello della distruzione delle intercettazioni irrilevanti e della necessità di vagliare tutto in una udienza a porte chiuse ma a cui partecipino tutte le parti. Su questo come sulla pubblicazione degli atti, in commissione alla Camera c’è ancora il testo discusso durante il governo Berlusconi. Un ostacolo prima di tutto tecnico, visto che su alcuni punti c’è stata una doppia lettura conforme tra Camera e Senato che formalmente impedisce nuove modifiche. Il testo non piace molto al governo e neppure al Pd, mente il Pdl l’ha sostanzialmente difeso e potrebbe farne materia di scambio rispetto all’anti-corruzione. È però possibile che il governo metta mano ad una proposta completamente nuova da presentare al Parlamento. Non si farà l’amnistia chiesta a gran voce dai Radicali. Ma l’intervento sulle carceri è comunque una priorità del ministro Severino. L’ha spiegato anche all’inizio del mese, durante la visita al carcere romano di Regina Coeli: “Il disegno di legge che prevede misure alternative alla detenzione in carcere, con la messa alla prova presso i servizi sociali e gli arresti domiciliari, sarà in aula alla Camera alla fine di settembre”, ha detto. Si punta molto sulle pene alternative, dunque, ma qualcosa si farà anche a proposito della costruzione di nuovi penitenziari. 3.150 posti letto sono già stati realizzati e altri 1.677 saranno pronti entro la fine dell’anno. Notifiche, comunicazioni, vendite forzate dovranno viaggiare on line. Anche perché dopo la riforma delle circoscrizioni giudiziarie i risparmi dovrebbero garantire la possibilità di investire di più sulla tecnologia. È anche un segnale politico, perché dopo l’eliminazione delle sezioni distaccate, la riduzione del numero di giudici di pace e l’abolizione di alcuni tribunali, via Arenula vuole comunicare ai cittadini che l’accesso alla giustizia non è stato limitato. Ma in alcuni casi viaggerà in rete. La riforma dell’avvocatura è collegata alla più complessa riforma delle professioni e il governo non intende tornare indietro. Piuttosto, come ha spiegato recentemente Severino al Corriere della Sera, sarebbe allo studio una riforma delle “modalità di accesso alla professione forense” da mettere a punto assieme al titolare dell’Istruzione, Profumo. L’idea è di modificare il percorso universitario con un triennio uguale per tutti e un biennio di specializzazione in cui si debba scegliere tra avvocatura, notariato e magistratura. Un emendamento presentato dalla Lega ha fatto discutere per mesi. A giugno il governo è intervenuto prevedendo che il cittadino danneggiato da un magistrato per “dolo o colpa grave” potesse ottenere il risarcimento dallo Stato e che spettasse poi a quest’ultimo il compito di rivalersi sulla singola toga. Ora però quell’emendamento, ancora fermo alla commissione Affari costituzionali del Senato, attende l’approvazione definitiva. Giustizia: Rita Bernardini (Radicali); bisogna creare condizioni per l’amnistia Tm News, 19 agosto 2012 L’onorevole Rita Bernardini, che da anni lotta per attirare l’attenzione delle istituzioni e dell’opinione pubblica sulle gravi carenze nelle carceri, ha manifestato questa mattina davanti al bagno penale di Potenza per sollecitare il Presidente della Repubblica ad affidare un suo messaggio alle Camere e per chiedere che “siano create le condizioni politiche per l’amnistia”. Prima di visitare la struttura, che ospita circa 100 detenuti ma soffre di gravi carenze, la radicale si è fermata a parlare con la stampa: “Con oltre dieci milioni di procedimenti civili e penali pendenti - ha detto - il sistema giustizia in Italia è alla bancarotta e impedisce anche gli investimenti che gli imprenditori esteri penserebbero di fare nel Paese. Il carcere di Potenza non è sovraffollato ma al suo interno i detenuti stanno troppe ore chiusi in cella senza fare alcuna attività, vi sono bagni a vista, c’è un muretto divisorio nei colloqui, parti del muro di cinta e altre strutture sono pericolanti e c’è carenza di personale penitenziario”. “La risposta ad un’interrogazione presentata tempo fa contiene - ha aggiunto - vere e proprie notizie di reato relative alle carenze nel carcere potentino, che abbiamo deciso di inoltrare alla Procura della Repubblica”. Bernardini ha anche annunciato di voler “andare a fondo” su una denuncia ricevuta stamani e relativa ad un giovane tossicodipendente detenuto nel carcere di Poggioreale, a Napoli, che sarebbe stato picchiato dagli agenti: “È urgente intervenire perché tutta la comunità penitenziaria è in condizioni di estrema sofferenza”. La parlamentare, insieme a Maurizio Bolognetti ha esposto cartelli per invocare interventi “contro la strage di legalità, l’amnistia per la Repubblica e per interrompere la flagranza di reato contro i diritti umani e la Costituzione”. Giustizia: Sappe; Monti dica cosa intende fare per sovraffollamento carceri Ristretti Orizzonti, 19 agosto 2012 “Il Premier Monti ha affrontato il tema del sovraffollamento in una recente intervista ad un periodico. Ma non ci è dato sapere come il suo Esecutivo intenda risolvere le pressanti criticità per evitare che le nostre carceri sprofondino nel baratro della civiltà. A poche settimane dalle violente colluttazioni contro poliziotti nelle carceri di Orvieto, Saluzzo, Pisa e Como ed a diversi suicidi di detenuti nonostante gli encomiabili sforzi che quotidianamente svolge la Polizia Penitenziaria (decine e decine sono quelli sventati in tempo) servono risposte chiare ed urgenti per evitare che le nostre carceri sprofondino nel baratro della civiltà. Monti ci dica cosa vuole fare il suo Governo nel merito. La carenza di personale di Polizia Penitenziaria e di educatori, di psicologi e di Personale medico specializzato, il pesante sovraffollamento dei carceri italiani (oltre 7mila detenuti in carceri che ne potrebbero ospitare 43mila,con le conseguenti ripercussioni negative sulla dignità stessa di chi deve scontare una pena in celle affollate oltre ogni limite tenuto anche conto che più del 40% di chi è detenuto è in attesa di un giudizio definitivo) sono temi che si dibattono da tempo, senza soluzione, e sono concause di questi tragici episodi. Spesso, il personale di Polizia Penitenziaria è stato ed è lasciato da solo a gestire all’interno delle nostre carceri moltissime situazioni di disagio sociale e di tensione, 24 ore su 24, 365 giorni all’anno. Le tensioni in carcere crescono non più di giorno in giorno, ma di ora in ora: bisogna intervenire tempestivamente per garantire adeguata sicurezza agli Agenti e alle strutture ed impedire l’implosione del sistema”. È quanto dichiara Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, la prima e più rappresentativa organizzazione di Categoria, in relazione all’intervista rilasciata da Mario Monti a “Tempi”. “La situazione è ben oltre il limite della tolleranza” prosegue Capece. “Lo dimostra chiaramente l’inquietante regolarità con cui avvengono episodi di tensione ed eventi critici, tra i quali le tragedie dei suicidi, nelle sovraffollate prigioni italiane”. Il Sappe, che auspica urgenti interventi dell’Amministrazione Penitenziaria, rinnova l’invito al Premier Monti di “arrivare a definire, come sosteniamo da tempo, circuiti penitenziari differenziati in relazione alla gravità dei reati commessi, con particolare riferimento al bisogno di destinare, a soggetti di scarsa pericolosità o che necessitano di un percorso carcerario differenziato (come i detenuti con problemi sanitari e psichiatrici), specifici circuiti di custodia attenuata anche potenziando il ricorso alle misure alternative alla detenzione per la punibilità dei fatti che non manifestano pericolosità sociale. Quello che invece non serve è la delegittimazione del ruolo di sicurezza affidato alla Polizia Penitenziaria, come invece previsto da una recente nota del Capo Dap Tamburino che vorrebbe consegnare le carceri all’autogestione dei detenuti attraverso fantomatici patti di responsabilità”. Giustizia: Uil-Pa; a intenzioni Monti seguano fatti, sul fronte penitenziario nulla si muove Adnkronos, 19 agosto 2012 “Il nostro timore è che le parole del presidente del Consiglio Monti possano collocarsi nell’ambito delle mere buone intenzioni cui quasi mai seguono i fatti”. Lo dichiara Eugenio Sarno, segretario generale Uil-Pa penitenziari, a proposito delle dichiarazioni del capo del governo rilasciate sulla situazione delle carceri italiane. Sarno sottolinea “il dramma che si alimenta di condizioni degradate della gran parte delle strutture penitenziarie, di spazi ristretti che comprimono anche la libertà di movimento, di un diritto alla salute praticamente calpestato, di ozio forzato, di violenza e di morte. Gli stessi operatori penitenziari hanno difficoltà nel raggiungere quegli alti obiettivi che la Costituzione assegna al sistema dell’esecuzione penale. Ma è solo grazie a quest’ultimi che il sistema non è ancora collassato e le prigioni non hanno deflagrato”. Il segretario della Uilpa penitenziari chiede che “ad ogni impegno seguano atti concreti. Purtroppo da anni - osserva - sul fronte penitenziario, nulla si muove. Solo il coraggioso atto del governo Prodi, con il varo dell’indulto, ha rappresentato, parzialmente, un momento di sollievo alle insostenibilità delle criticità che oberavano allora, come ora, le carceri”. “Purtroppo - conclude Sarno - l’incapacità della politica di approvare riforme strutturali, in parallelo con l’indulto, ha fatto precipitare, in breve tempo, la situazione sino a portarla sull’orlo del collasso totale”. Giustizia: Sappe; ex Ministri e Sottosegretari in giro con scorte della Polizia Penitenziaria Ristretti Orizzonti, 19 agosto 2012 “Si parla molto in questi giorni, giustamente, di uso e abuso nei vari servizi di scorta di talune Autorità. Nelle ultime settimane abbiamo avuto in Liguria l’ennesima dimostrazione della ‘doppia moralè di taluni esponenti di partiti che sono stati Ministri e Sottosegretari alla Giustizia che, se da un lato appoggiano un Governo tecnico che con la revisione di spesa (la fantomatica spending review) ha imposto tagli e sacrifici agli italiani, dall’altro si guardano bene dal rinunciare all’auto blu, ai poliziotti di scorta, al farsi pagarsi dallo Stato benzina e autostrada per i loro impegni politici e di partito nonostante la crisi e i sacrifici che vengono imposti al Paese. Si sottraggono carburante e uomini ai Reparti di Polizia Penitenziaria delle carceri, che hanno decine di mezzi impiegati per il trasporto dei detenuti fermi perché mancano i soldi per ripararli, per garantire questi servizi. Non voglio mettere in discussione il diritto alla scorta per coloro che hanno davvero combattuto e combattono in prima linea la criminalità ma l’auspicio che si possa davvero rivedere l’organizzazione dei servizi di tutela e scorta per impedire che importanti e delicati servizi come questi possano per taluni trasfigurarsi in strumento di casta e privilegio”. Lo afferma Roberto Martinelli, segretario generale aggiunto del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe. “Un autorevole politico, sindaco di una grande città del Nord che più di 11 anni fa è stato Ministro della Giustizia, continua a girare con scorta e macchine della Polizia Penitenziaria, con cui è stato visto a fine luglio in giro a Genova. Una senatrice del Pdl (che, si leggeva sui giornali quest’inverno, è stata scortata per quindici giorni tra le nevi di Cortina), già sottosegretaria alla Giustizia - che ricordiamo solo per le sue bizzarre dichiarazioni a favore di improbabili stanze del sesso nelle carceri per i bisogni dei detenuti - è stata vista nel Ponente ligure con scorta e macchine della Polizia Penitenziaria anche per un impegno del tutto personale: assistere al concerto dell’Orchestra Sinfonica diretta dal figlio... Un altro ex Sottosegretario alla Giustizia è andato qualche giorno fa con mezzo e uomini della Polizia Penitenziaria alla festa regionale del suo partito a Chiavari e spesso è in Liguria per ragioni private, ma sempre con auto e agente di scorta. Ma perché ex Ministri ed ex Sottosegretari alla Giustizia devono ancora girare con la scorta e con i mezzi della Polizia Penitenziaria, per giunta senza neppure pagarsi benzina e autostrada? Posso capire ed è giusto garantire la loro incolumità quando sono in carica, ma quando decadono dall’incarico (e in taluni casi sono stati Ministri della Giustizia più di undici anni fa!!!) mi sembra paradossale che possano continuare ad andare in giro con uomini e mezzi di un Corpo di Polizia dello Stato, quale è la Polizia Penitenziaria, piuttosto che con quelli dei Partiti dei quali sono stati e sono autorevoli esponenti. Altro che sacrifici e tagli, per effetto dei quali si vogliono tagliare uomini e fondi alla Polizia Penitenziaria, a cominciare dall’avere ridotto di 3milioni e mezzo di euro il capitolo di bilancio dedicato all’acquisto del vestiario, e cioè divise e camicie per i poliziotti, e dall’aver cancellato i concorsi per assumere i colleghi che ogni anno vanno in pensione! Tutto questo stride ancora di più se si fa il paragone con i mezzi che i poliziotti penitenziari hanno a disposizione per fare il loro lavoro: solo nel carcere di Genova Marassi, ad esempio, abbiamo più di dieci automezzi usati per il trasporto dei detenuti fermi in garage perché non ci sono soldi per ripararli. Ci saranno senz’altro ottimi motivi per i servizi di scorta a tanti ex Ministri ed ex Sottosegretari, ma i costi e gli oneri per i loro trasbordi dovrebbero assumerseli di tasca propria. Altrimenti è facile chiedere sacrifici ai cittadini ma poi mantenersi i privilegi, andandosene agli incontri di partito o ai concerti con la scorta. Della serie “fate quello che dico io, ma non fate quello che faccio io”. Lettere: discriminazioni nel risarcimento ingiusta detenzione di Giulio Petrilli Ristretti Orizzonti, 19 agosto 2012 In Italia e in particolare al tribunale di Milano, a chi accusato e poi assolto da reati connessi all’eversione, viene negato il risarcimento. Neanche nella Federazione Russa accade ciò: infatti su questo specifico argomento il codice di lì è più avanzato. La corte d’appello di Milano, usa sempre le solite argomentazioni per rifiutare il risarcimento per ingiusta detenzione a chi è stato assolto con sentenza definitiva da reati connessi all’eversione. Credevo essere il solo, ad aver subito qualche tempo fa una profonda ingiustizia da parte della quinta sezione della corte d’appello di Milano, che ha rifiutato di concedermi il risarcimento per ingiusta detenzione, sei anni di carcere prima di essere assolto dal reato di partecipazione a banda armata con funzioni organizzative (Prima Linea). La Corte, ha scritto nell’ordinanza, che ho tratto in inganno gli inquirenti in quanto frequentavo soggetti legati all’antagonismo politico illegale. Ho scoperto che la stessa corte, ha rifiutato sempre il risarcimento per ingiusta detenzione, quando il reato di cui uno era accusato avesse delle connessioni con “eversione” e “terrorismo”. Dalla corte d’appello di Milano, c’è il diniego totale ad accettare il risarcimento per le assoluzioni dai reati sopra citati. Per la sopracitata corte, anche se assolti con sentenza definitiva, quando vieni accusato di quei reati la colpa è sempre dell’imputato. La tendenza di questo genere c’è un può ovunque in Italia, ma alla corte d’appello di Milano non c’è un caso contrario. L’innocenza non esiste, l’accusa è un marchio a vita che deve rimanerti e guai a chiedere il risarcimento. Poi le argomentazioni sono sempre uguali “dolo e colpa grave” da parte della persona assolta, perché frequentava ambienti sovversivi. È chiaro che così, la legge sul risarcimento, introdotta nel 1989 col nuovo codice di procedura penale è una farsa. Ho anche scoperto, che siamo l’unico paese in Europa, che su questa norma ha inserito la clausola del “dolo e colpa grave” affinché, al di là delle sentenze assolutorie, possa scegliere a chi dare o meno il risarcimento. Addirittura neanche nel nuovo codice della Federazione Russa del 1996 che ha introdotto il risarcimento per ingiusta detenzione esiste questa clausola. Un giustizia ribaltata, quella che non si attiene alla sentenze, ma alla valutazione dei comportamenti che avrebbero tratto in inganno gli inquirenti. Nel caso mio in questione, venni tratto in arresto in base ad alcune dichiarazioni generiche di un pentito, che collaborò alle 19.30, del 23.12.1980, come da verbale e il mandato di cattura fu firmato alle 21 dello stesso giorno. Come ho fatto nell’arco di un’ora a trarre in inganno gli inquirenti? Eppure questo hanno scritto i giudici, nell’ordinanza del 29 giugno scorso, per non concedermi il risarcimento. Ho presentato ricorso in Cassazione, staremo a vedere. Friuli Venezia Giulia: 1,8 milioni per corsi di formazione professionale in carcere Messaggero Veneto, 19 agosto 2012 Sono partiti i bandi rivolti agli enti di formazione accreditati per la realizzazione di corsi finanziati dal Fondo sociale europeo. In prima fila i programmi formativi per i detenuti presso le case circondariali regionali di Trieste, Udine, Pordenone, Gorizia e Tolmezzo. Le risorse investite in questo specifico progetto ammontano a oltre 1,8 milioni per realizzare un percorso formativo di 25 corsi con durata variabile dalle 120 alle 500 ore. “L’obiettivo di questo intervento - spiega l’assessore regionale al Lavoro, Angela Brandi - è quello di offrire una concreta opportunità di reinserimento a chi, una volta uscito dal carcere, deve ricollocarsi nella società. Il lavoro è l’elemento imprescindibile per superare la fase detentiva, perché la libertà senza sbocchi occupazionali rischia di essere una prigione senza sbarre”. Sempre all’interno del programma Fse, 720mila euro sono stati stanziati per la formazione di chi si trova in una condizione di svantaggio dovuta alla dipendenza da droga. I corsi potranno avere una durata compresa tra 50 e 400 ore e sono finalizzati alle qualifiche fra le altre di cuoco, addetto alle lavorazioni di pasticceria e di gelateria e operatore agroambientale. Dalle riprese televisive all’agricoltura “bio”… il detenuto va a scuola L’agricoltura biologica, l’allevamento di piccoli animali e altre attività “alla moda” entrano in carcere. In piena sintonia con il principio della detenzione in Italia (il recupero contrapposto alla punizione), queste sono alcune delle proposte incluse nei programmi formativi per i detenuti nelle case circondariali della Regione di Trieste, Udine, Pordenone, Gorizia e Tolmezzo. Progetti per cui sono appena partiti i bandi rivolti agli enti di formazione accreditati per realizzare corsi finanziati dal Fondo sociale europeo. Le risorse che vengono investite in questo specifico progetto ammontano a oltre un milione e 800mila euro per realizzare un percorso formativo di 25 corsi con durata variabile dalle 120 alle 500 ore. “L’obiettivo - spiega l’assessore regionale al Lavoro Angela Brandi - di questo intervento è di offrire una concreta opportunità di reinserimento a chi, una volta uscito dal carcere, deve ricollocarsi nella società. Il lavoro è l’elemento imprescindibile per superare la fase detentiva, perché la libertà senza sbocchi occupazionali rischia di essere una prigione senza sbarre”. In base a esperienze passate e a un accordo con ogni singola direzione delle case circondariali, sono stati scelti i temi dei corsi compresi nel pacchetto formativo. A Trieste sono stati individuati i corsi di tecniche di falegnameria, panificazione, ripresa audio e video, piccoli lavori di sartoria e lavaggio e restauro di tappeti orientali. I carcerati di Udine invece avranno modo formarsi nelle tecniche di mosaico, legatoria ed edilizia, oltre che nelle manutenzioni e arredo di verde. Chi punta su programmi in qualche modo innovativi è la struttura penitenziaria di Tolmezzo, dove i corsi per i detenuti verranno strutturati in modo da seguire l’andamento del mercato del lavoro, favorendo così il reinserimento al termine del periodo di detenzione: tra gli argomenti dei corsi ci saranno ad esempio le tecniche di agricoltura biologica e di frutticultura in genere, così come quelle di allevamento di piccoli animali da cortile. Ma sono previsti anche percorsi formativi per competenze da generico da cucina e per operatore nell’orto-floricultura. Colpisce, guardando la lista dei corsi previsti in ogni struttura carceraria, l’unica offerta del penitenziario di via Barzellini, a Gorizia: soltanto un corso di tecniche di pulizia e sanificazione da 120 ore. Da tempo ormai l’edificio goriziano, vetusto e bisognoso di interventi massicci, è l’anello debole del sistema carcerario regionale, che a sua volta si inserisce in un quadro nazionale tutt’altro che felice. Sempre nel programma di formazione finanziato dal Fondo sociale europeo sono previsti anche 720mila euro a favore di chi si trova in una condizione di svantaggio dovuta alla dipendenza da droga. I corsi in questo caso potranno avere una durata compresa tra 50 e 400 ore e sono finalizzati alle qualifiche fra le altre di cuoco, addetto alle lavorazioni di pasticceria e di gelateria e operatore agroambientale. Gli enti accreditati devono presentare le domande di partecipazione entro il 4 ottobre. Ogni proponente non potrà proporsi per più di quattro operazioni. Udine: delegazione Pdl in visita al carcere; i posti sono 140, ma i detenuti sono oltre 200 Messaggero Veneto, 19 agosto 2012 Carcere: è sovraffollamento anche in via Spalato. La situazione è critica in tutta Italia. E Udine non fa certo eccezione. I posti disponibili nella struttura penitenziaria di via Spalato sarebbero circa 140, ma i detenuti sono oltre 200. Alcune stanze che dovrebbero essere dedicate al tempo libero, sono state convertite in celle, per sopperire alla mancanza di posti disponibili. E ieri una delegazione del Pdl composta dal consigliere regionale Alessandro Colautti, dall’assessore provinciale Adriano Ioan e dal radicale Gianfranco Leonarduzzi ha fatto visita ai detenuti. L’obiettivo è quello di esprimere solidarietà ai reclusi “per la situazione intollerabile”, spiega Leonarduzzi, che aggiunge: “Anche a Udine la realtà carceraria è dura. La struttura di via Spalato è sovraffollata. Sono almeno 60 i detenuti in più. Ogni anno, di solito durante le festività natalizie, visitiamo il carcere udinese, per vedere con i nostri occhi le condizioni di vita dei detenuti. Tutte le carceri italiane soffrono molto il sovraffollamento e, spesso, il rispetto delle prerogative costituzionali non è pienamente assicurato”. E conclude: “Con la nostra visita lanciamo un segnale, per far sì che la situazione in città, ma anche nel resto del Paese, cambi al più presto”. Dello stesso avviso anche l’assessore provinciale Adriano Ioan, che anche in passato ha fatto più volte visita ai detenuti udinesi, insieme ad altri esponenti del Pdl. “Entriamo in carcere per valutare le condizioni di vita dei detenuti. Il problema del sovraffollamento, purtroppo, esiste anche in via Spalato. Già circa due anni fa erano emersi problemi di edilizia carceraria e i lotti per l’allargamento della struttura non sono stati totalmente completati. La nostra presenza punta a esprimere anche la nostra solidarietà verso gli uomini detenuti in via Spalato, costretti a vivere in condizioni difficili. Bisogna lanciare segnali, affinché in Italia si prenda maggiore coscienza del problema. Un problema grave che merita investimenti e attenzione per essere risolto”. Servono più medici specializzati Ottimizzare il servizio sanitario, creare nuovi spazi per socialità e lavoro e contenere il problema del sovraffollamento: ecco le problematiche sulle quali è necessario intervenire, secondo la delegazione del Pdl composta dal consigliere regionale Alessandro Colautti, dall’assessore provinciale Adriano Ioan e dal radicale Gianfranco Leonarduzzi che, ieri mattina, hanno incontrato i detenuti della struttura penitenziaria di via Spalato, “per esprimere un gesto di solidarietà e comprendere quali carenze colpiscono il carcere udinese”. La situazione, in città come nel resto d’Italia, è critica. Il problema del sovraffollamento - seppur ridotto nell’ultimo anno - è ancora presente. “Nel carcere di Udine - ha spiegato Leonarduzzi - i posti disponibili sono 110, ma i reclusi superano quota 200, a fronte di un livello di tollerabilità pari a 150. Si tratta per il 60 per cento di immigrati, anche irregolari, e, sempre nel 60 per cento dei casi, di detenuti per reati legati allo spaccio e al consumo di stupefacenti”. È stata la direttrice del carcere, Irene Iannucci, ad accogliere la delegazione ed evidenziare il problema della “carenza di personale medico specializzato”. Sul punto è intervenuto anche il consigliere regionale Colautti. “Bisogna avviare un percorso che conduca all’ottimizzazione del servizio sanitario all’interno della struttura penitenziaria udinese - ha detto. Serve un’integrazione tra sistema sanitario e sistema carcerario, affinché le poche risorse disponibili, in questo difficile periodo, siano utilizzate al meglio. Adottando nuovi tipi di procedure, per esempio, sarebbe possibile anche contenere i costi, garantendo una maggiore presenza di figure mediche specializzate. Servono, oltre che dentisti, anche medici in grado di offrire un migliore supporto psicologico ai detenuti già duramente provati per le condizioni a volte difficili nelle quali sono costretti a vivere”. Di maggiori spazi, invece, ha parlato l’assessore provinciale Ioan. “Reperendo nuove risorse - ha detto, anche se il momento economico impone forti riduzioni di spesa, sarebbe possibile creare nuovi spazi per la socialità all’interno del carcere, ma anche nuove aule per favorire i percorsi di studio dei detenuti. Infatti, oltre alla possibilità di ottenere la licenza elementare o media, sarebbe opportuno poter frequentare anche un biennio superiore specialistico, per consentire ai reclusi di uscire dalla struttura penitenziaria con nuove competenze. Un simile programma consentirebbe loro di avere più chance di trovare un’occupazione, dopo aver scontato il periodo di pena”. Trieste: Camber (Pdl) in visita al Coroneo; 243 detenuti presenti, con una capienza di 150 Il Piccolo, 19 agosto 2012 Visita in carcere la vigilia di Ferragosto da parte del consigliere regionale e comunale Pdl Piero Camber, accompagnato dal comandante Antonio Marrone e da padre Silvio, il cappellano gesuita. La casa circondariale di via Coroneo, come ha potuto constatare il consigliere, è sovraffollata anche in questo periodo: 243 detenuti in una struttura che ha una capienza di 150, dove il numero degli stranieri ospitati è doppio rispetto agli italiani. “L’ambiente è comunque sereno - ha affermato Camber a termine del sopralluogo - e un doveroso riconoscimento va innanzitutto agli agenti di polizia penitenziaria che lavorano troppo spesso dimenticati dalla collettività, più attenta talvolta verso i detenuti”. Cristiani e musulmani di circa 30 etnie diverse, ha ribadito l’esponente del Pdl, “anche grazie al lavoro svolto dalle guardie convivono tranquillamente in celle dotate di televisione e quasi tutte di frigorifero”. Resta però la forte calura estiva che, ha spiegato Camber, “non può essere abbattuta in alcuna maniera causa le norme vigenti, ed è potenziale fonte di tensione; magari un calciobalilla o un tavolo da ping pong in più, per l’acquisto dei quali il ministero non ha fondi, aiuterebbero a scaricare le energie”. In carcere “il problema principale è come trascorrere il tempo, considerato che coloro che possono lavorare sono solo il 10% circa e i vari corsi di formazione rimangono sospesi per l’estate intera”. Monza: Uil-Pa; emergenza carcere; troppi detenuti… civile convivenza a rischio Il Giorno, 19 agosto 2012 Prima era l’indulto, adesso è il decreto “svuota carceri”. Ma la sostanza non cambia. Aspirine. In via Sanquirico servirebbe una terapia d’urto. L’emergenza sovraffollamento è diventata routine. Il ministero della Giustizia lo scrive chiaro che la capienza regolamentare è di 387 detenuti. Forse all’inizio degli anni Novanta, quando la casa circondariale di Monza è stata inaugurata per sostituire il vecchio carcere di via Mentana. Oggi i reclusi sono mediamente oltre 700. Una sessantina sono donne, spesso corrieri della droga bloccate all’aeroporto di Malpensa. Quasi la metà stranieri. Non si riesce più a garantire nemmeno la capienza massima tollerabile di circa 600 detenuti. Ci ha provato la direzione del carcere a chiedere periodici sfollamenti, ma è una causa persa. Un problema amplificato pure dalla sessantina di celle chiuse, inagibili per colpa di infiltrazioni d’acqua. Qualche intervento tampone è stato fatto, ma per tappare il tetto colabrodo dell’intero istituto serve una copertura finanziaria da Roma che ancora non c’è. Il tetto, ma anche le caldaie d’inverno e l’approvvigionamento d’acqua d’estate. In via Sanquirico i rubinetti vanno a singhiozzo. Il clima, nelle sezioni, è caldo. Ammassati nelle celle spesso i detenuti protestano. Lo hanno fatto almeno in metà con un simbolico sciopero della fame per aderire all’ultima campagna di denuncia di Marco Pannella. C’è chi segue la strada pacifica, ma c’è anche chi alza i toni dello scontro con gli agenti di polizia penitenziaria. “Basta una sciocchezza per innescare la miccia”, la constatazione di Domenico Benemia, segretario regionale della Uil penitenziari. Fino a oggi gli agenti hanno subito un paio di aggressioni, prima da un detenuto che pretendeva di fare la doccia prima degli altri, poi da un recluso infuriato perché non c’era acqua. “La civile convivenza può saltare in ogni momento”. Soltanto nel 2011 sono state denunciate due aggressioni nei confronti degli agenti a cui però vanno aggiunte i comportamenti di protesta da parte dei detenuti: 11 i tentativi di suicidio, 87 gli atti di autolesionismo e 84 gli scioperi della fame. Si fa il possibile per “distrarre” i detenuti: direzione, agenti, educatori e volontari organizzano numerose attività. Monza è anche uno degli istituti dove gli ospiti lavorano anche per aziende e cooperative esterne. Dagli interventi per il cablaggio delle carrozze della metropolitana alla realizzazione di mobili con la legna del Parco di Monza. E poi i corsi di alfabetizzazione e di italiano per stranieri, le attività di teatro e quelle culturali con la biblioteca grazie al contributo dei Comuni della provincia. Livorno: Chincarini (Idv); il carcere di Porto Azzurro rischia di collassare Il Tirreno, 19 agosto 2012 “La cronica carenza di fondi rischia di far collassare un istituto penitenziario privilegiato in Toscana”. A sostenerlo è la ha spiegato la consigliera regionale Idv Maria Luisa Chincarini che ha visitato con una delegazione del partito il carcere di Porto Azzurro. “Rispetto agli altri istituti di pena toscani, quello di Porto Azzurro è una struttura privilegiata. I detenuti sono due per cella, una realtà, questa, che non conosce quel sovraffollamento, da me più volte denunciato, che affligge il sistema penitenziario toscano - spiega la consigliera regionale - ciò nonostante il carcere soffre la carenza di organico per quanto riguarda il personale penitenziario, pesantemente sottodimensionato, che si trova a far fronte alle difficoltà del caso in una situazione costantemente emergenziale”. A questo si aggiunge, secondo Chinchiarini - la cronica carenza di fondi per garantire ai detenuti un lavoro e per rendere più umano il posto dove si sconta la pena, è facile capire come è doveroso spenderci, in prima persona, affinché le legittime richieste di chi vive tutti i giorni quel carcere che mi ha ospitato solo per qualche ora, possano trovare voce a livello politico”. Nuoro: Melis (Pd); Iovine resterà il solo detenuto in 41bis a Badu ‘e Carros La Nuova Sardegna, 19 agosto 2012 “Ha qualcosa da segnalare? Qualcosa che non va nel carcere di Badu ‘e Carros?”. “No, non ho niente da chiedere”. La risposta alla domanda di Guido Melis, deputato del Pd, è quella di Antonio Iovine, detto O Ninno, big camorrista ospite da tempo del carcere nuorese. E poiché è uno “autorevole”, uno abituato a comandare, si possono pensare due cose: che all’interno del carcere nuorese va davvero tutto bene oppure che un “capo” non si lamenta di faccende come la situazione logistica del penitenziario. Qualunque sia la risposta, Badu ‘e Carros è tutt’altro che un carcere perfetto per i suoi ospiti, detenuti e guardie, anche se - riconosce Guido Melis - la situazione è migliore di due anni fa, quando vi fece la sua prima visita da parlamentare. Melis è arrivato a Nuoro per visitare Badu ‘e Carros nel giorno di ferragosto, mentre buona parte dei nuoresi ancora in città scappava verso le spiagge. La prima quasi certezza che alla fine ne ha ricavato è che proprio Antonio Iovine, considerato il boss dei Casalesi, che il deputato sassarese ha visitato nella sua cella solitaria, è e resterà nel carcere nuorese l’unico detenuto da 41 bis, il regime di carcere duro riservato ai detenuti ritenuti più pericolosi (criminalità organizzata, terrorismo, eversione ecc.). “Il nuovo padiglione del carcere - spiega Melis - che nel 2010 il governo escluse fosse destinato ai 41 bis, è ancora oggi in via di completamento, nonostante siano trascorsi due anni. In ogni caso, la direttrice mi ha assicurato che non è predisposta per il 41 bis. Spero che non ci siano sorprese”. Dunque, i detenuti meno graditi per quello che potrebbero portarsi dietro in città e nel territorio non metteranno piede a Nuoro. Salvo sorprese, appunto. La buona novella conferma le parole di Rita Bernardini, deputato radicale eletta nel Pd, che a sua volta ha visitato Badu ‘e Carros alcuni mesi fa. Per il resto, Guido Melis spiega di aver trovato “un carcere tutto sommato in discrete condizioni, con 212 detenuti sui 205 posti letto disponibili, qualche cella affollata ma nel complesso condizioni vivibili. Nel reparto alta sicurezza (di recente risistemato)- aggiunge - ho trovato 105 persone. I detenuti in attesa di primo giudizio sono 43. Nel carcere ci sono 17 donne e 19 stranieri, 14 dei quali extracomunitari”. Ma se i detenuti sono appena sette più di quelli previsti dai posti letto e i muri delle celle sono ripuliti e intonacati di fresco, Melis ha trovato anche un corpo delle guardie fortemente sotto dimensionato. E tagli ai fondi che non consentono di far lavorare i detenuti. “Il taglio dell’80% dei fondi per le mercedi - spiega il parlamentare, riferendo l’esito della sua visita - impedisce di utilizzare i detenuti nei piccoli lavori in carcere”. Ancora: “Il personale di custodia è gravemente sotto organico (155 effettivi contro una pianta di 212); e la sanità in Sardegna ancora versa in uno stato di passaggio dalla gestione penitenziaria alle Asl, con effetti molto negativi sulle prestazioni”. Guido Melis pensa comunque positivo: la situazione nuorese va verso un miglioramento. “Per le carceri sarde - conclude - sta per aprirsi una stagione nuova, con l’inaugurazione dei nuovi carceri di Tempio e di Sassari-Bancali (e la chiusura, si spera definitiva, dello scandalo di San Sebastiano. Ci sarà una crescita dei posti letto, certamente trasferimenti da altre carceri e un aumento dell’organico degli agenti di custodia. Noi speriamo in un maggior rispetto del principio della territorialità della pena (i detenuti sardi scontino la pena in Sardegna) e nella destinazione nelle nostre carceri sarde del personale oggi disperso negli istituti del continente”. Pentone (Cz): Santuario di Termine, concluso il progetto di manutenzione con i detenuti www.infooggi.it, 19 agosto 2012 Giunge al termine la collaborazione tra il Santuario di Termine e la Casa Circondariale di Catanzaro che ha visto protagonisti alcuni detenuti nella realizzazione di piccoli lavori di manutenzione. Il Progetto che ha previsto la predisposizione di programmi di trattamento individualizzati miranti a rendere il tempo della detenzione utile e produttivo ha riguardato appunto la realizzazione di lavori di manutenzione straordinaria nell’area esterna del Santuario. I detenuti guidati dall’Assistente Capo, Antonio Di Lieto, per diversi giorni hanno contribuito a rendere più fruibile questa zona oltre, naturalmente, a continuare quel processo di crescita personale alla ricerca di un nuovo progetto di vita. A poche settimane dalla tradizionale Festa della Madonna di Termine si completa quindi un percorso fatto di collaborazione reciproca e di lungimiranza. Le migliaia di pellegrini che per la festa raggiungeranno Termine questa volta dovranno dire un grazie particolare anche a questi detenuti che da volontari hanno dato una grossa mano. Queste forme di collaborazione volontarie dimostrano ancora una volta che se c’è buona volontà e disponibilità reciproca possono venir fuori delle attività davvero importanti e come in questo caso persino propedeutiche da un punto di vista del reinserimento sociale e lavorativo. L’ideale a questo punto sarebbe dare seguito a questo progetto in modo da creare un percorso privilegiato che veda protagonisti da una parte i detenuti e dall’altra il Santuario di Termine con tutto ciò che lo riguarda. L’esperienza appena conclusa è un buon modello da seguire anche perché i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Pavia: Pd e Radicali; i tagli della spending review alla sanità arriveranno in carcere La Provincia Pavese, 19 agosto 2012 “Preoccupati per i tagli che la spending review potrà portare alla sanità in carcere”. Il consigliere regionale Pd Giuseppe Villani insieme al vice presidente provinciale Milena D’Imperio e all’esponente dei Radicali pavesi Eugenio Scalzotto ha fatto visita ieri ai 530 detenuti del carcere di Torre del Gallo. Fa parte di una commissione regionale che dovrà stilare una relazione sullo stato delle carceri lombarde: Da quando la gestione della sanità nelle carceri è passata all’Azienda ospedaliera la situazione è migliorata - spiega Villani - ma il timore è che con i tagli, non ci sia un aumento del budget proporzionato all’aumento dei detenuti, che raddoppieranno entro un anno con l’entrata in funzione della seconda ala. La prima cosa a saltare potrebbe essere il taglio dei medicinali antivirali in una popolazione altamente a rischio”. Dentro il carcere lavorano otto medici, le guardie coprono le 24 ore, poi arrivano gli specialisti periodicamente, per le visite ad hoc, gli esami, gli screening. “Abbiamo potuto verificare le condizioni di vita nel carcere - spiega D’Imperio - e nonostante i detenuti siano più del doppio rispetto alla capienza prevista (247, ndr) abbiamo potuto apprezzare come la direzione abbia studiato strumenti per alleviare la sofferenza del sovraffollamento: da una decina di giorni è partita “celle aperte” in quattro sezioni, i detenuti possono uscire in corridoio durante la giornata. Devono rientrare in cella alle 12, finora gli agenti ci hanno detto che hanno rispettato le regole alla perfezione”. Quello che colpisce, spiega D’Imperio, “è la percentuale di stranieri, che arriva al 45% ed è doppia rispetto a due anni fa. E la giovane età di molti detenuti, che hanno tra i 25 e i 30 anni”. Appressati gli sforzi di collegamento con l’esterno, fatti di rapporti con associazioni, ma anche con Asm, Provincia, Università per il lavoro di chi esce, e con grandi gruppi come Ikea, che si è impegnata ad arredare spazi per l’incontro coi parenti, e Coop che potrebbe acquistare alcuni prodotti del panificio interno. “Per noi il garante dei detenuti resta un tema prioritario, soprattutto ora che ci sarà il raddoppio e la crisi economica imporrà tagli anche alle carceri - afferma Scalzotto. La Provincia ha approvato il regolamento, ora servono le risorse”. Il Sindaco Cattaneo trascorre Ferragosto coi detenuti Due ore in giro per il carcere di Torre del Gallo nel giorno di Ferragosto per il sindaco Alessandro Cattaneo e la vice direttrice della Caritas Diocesana Anna Bertolini. Il bilancio? “Situazioni straordinarie, come la presenza di tre detenuti per cella, sono contro bilanciate dagli sforzi del personale e della direzione per garantire una vita il più possibile dignitosa ai detenuti”, afferma Cattaneo. Che nel corso del giro per le varie sezioni, mentre i detenuti mangiavano in cella, è stato anche riconosciuto da una decina di ospiti della Casa circondariale: quelli del gruppo teatrale, che lo avevano visto allo spettacolo, e altri che hanno detto di averlo visto in tv. “Non avevo mai potuto fare un giro così approfondito in carcere - spiega il sindaco - ho visitato tutti i settori. Forse grazie alle temperature non troppo elevate all’esterno il caldo non era soffocante, all’ultimo piano la situazione è peggiore. L’impressione è che questa direzione voglia un carcere aperto alla città, e sia pronta ad accogliere le offerte di crescita per i detenuti che vengono da fuori”. Livorno: sull’isola di Pianosa… dove i detenuti lavorano per accogliere i turisti Tm News, 19 agosto 2012 Un insolito benvenuto attende i turisti che arrivano sull’isola di Pianosa. Su questo isolotto al largo del Tirreno, alcuni detenuti del carcere della vicina isola d’Elba si occupano della gestione di un albergo e del ristorante attiguo. Filippo è uno dei cinque detenuti abilitati a questa attività. Ogni mattina ha il compito di riassettare le stanze. “Molti hanno dei pregiudizi ed è giusto che li abbiano - dice - ma si cerca di fargli cambiare idea: un detenuto è vero, ha sbagliato però siamo esseri umani, si sbaglia tutti nella vita”. A coordinare il progetto è la cooperativa San Giacomo. Il presidente Brunello De Batte. “Negli anni ho visto una maturazione e una assunzione di responsabilità diversa rispetto a quando sono arrivati qui”. Fino al 1998 Pianosa ospitava un carcere di massima sicurezza. Oggi, ironia della sorte, i detenuti arrivano sull’isola per trovare un riscatto sociale. E l’idea sembra apprezzata dai turisti. È una cosa positiva che permette loro di potersi integrare in modo meno traumatico”. Ma non è una strada tutta in discesa. La crisi ha ridotto le esenzioni fiscali e il turismo ha subito un rallentamento. Eppure la cooperativa di San Giacomo non si arrende: il prossimo obiettivo è offrire a questi detenuti dei corsi di formazione per rendere più facile il ritorno nella società. Foggia: Osapp; poliziotto aggredito da un detenuto che aveva richiesto cure mediche Ansa, 19 agosto 2012 Un agente della Polizia Penitenziaria in servizio nei reparti detentivi del penitenziario di Foggia è stato colpito violentemente al volto con un pugno sferrato da un detenuto che poco prima aveva detto all’agente di sezione che si sentiva male e aveva bisogno di urgenti cure mediche. Lo denuncia il sindacato di polizia penitenziaria Osapp, secondo il quale il fatto è accaduto nella serata del 14 agosto scorso nel turno di servizio serale quando l’intero penitenziario, con 714 detenuti era affidato - secondo l’organizzazione sindacale - ad un pugno ristretto di uomini e donne per un totale di 10 (dieci) persone, compresa la sorveglianza generale fatta da un solo Sovrintendente. L’aggressore - aggiunge l’Osapp - ha anche tentato con una lametta nascosta sotto la lingua, di sfregiare il poliziotto dopo aver cercato di stordirlo, ma questo è stato scongiurato grazie al tempestivo intervento di altro detenuto dei quattro presenti nella cella, intervenuto a difesa del poliziotto aggredito. Lo stesso detenuto intervenuto per difendere l’agente ha poi dato l’allarme. L’istituto di Foggia - sottolinea l’Osapp - è un penitenziario che potrebbe ospitare regolarmente solo 371 detenuti (21 donne) mentre oggi pare ne contenga 750 (40 donne). La forza di polizia è di 310 unità nei quattro quadranti, compreso il Nucleo Traduzioni e piantonamenti. Russia: Amnesty; Pussy Riot “prigioniere di coscienza”, duro colpo a libertà espressione Tm News, 19 agosto 2012 La sentenza emessa ieri da un tribunale di Mosca, che ha condannato a due anni di carcere tre componenti del gruppo punk Pussy Riot, colpevoli di “teppismo per motivi di odio religioso”, è secondo Amnesty International un duro colpo alla libertà d’espressione in Russia. Amnesty International ritiene che il procedimento sia stato motivato politicamente e che le tre Pussy Riot siano state ingiustamente processate per quella che è stata una legittima, per quanto potenzialmente offensiva, azione di protesta. L’organizzazione per i diritti umani considera Maria Alekhina, Ekaterina Samutsevich e Nadezhda Tolokonnikova prigioniere di coscienza e chiede alle autorità russe di rilasciarle immediatamente e senza condizioni “In risposta all’ondata di proteste che hanno accompagnato le recenti elezioni parlamentari e presidenziali, le autorità russe hanno introdotto varie misure che limitano la libertà d’espressione e di riunione. Il processo alle Pussy Riot è un ulteriore tentativo del Cremlino di scoraggiare e delegittimare il dissenso. Un tentativo che è destinato al fallimento” - ha dichiarato John Dalhuisen, direttore del Programma e Asia centrale di Amnesty International. Spagna: liberato “per motivi umanitari” detenuto Eta malato terminale di cancro Ansa, 19 agosto 2012 Il ministero spagnolo degli interni ha concesso la libertà condizionale “per motivi umanitari” a Iosu Uribetxeberria Bolinga, un membro dell’Eta condannato per il sequestro del funzionario dell’amministrazione penitenziaria, Josè Antonio Ortega Lara. Ne danno notizia fonti ministeriali. Bolinaga, ammalato di cancro allo stadio terminale, era in sciopero della fame da 10 giorni. La concessione della libertà condizionale è stata decisa sulla base delle perizie mediche interne al carcere di Zaballa (Alava), dov’è detenuto Bolinga, secondo cui “soffre di una malattia molto grave, irreversibile e incurabile”, con un 10% di possibilità di sopravvivenza nei prossimi 12 mesi. Stati Uniti: detenuto Guantanamo collabora, in premio può tenere un gatto in cella La Presse, 19 agosto 2012 Un detenuto di Guantanamo che ha collaborato con le autorità sarebbe stato premiato con il permesso di tenere un gatto nella propria cella. La Difesa americana non conferma e non commenta le condizioni di detenzione dell’uomo, che si chiama Majid Khan e prima di finire nella base sull’isola di Cuba viveva nel Maryland. La notizia della presunta presenza del cucciolo nella sua cella è stata data da un altro prigioniero, che ha scritto al proprio avvocato, Carlos Warner, per segnalarla. Warner ha diffuso una copia del testo, spiegando che Khan potrebbe essere stato premiato per la collaborazione con le autorità. L’uomo nel febbraio scorso si era dichiarato colpevole di aver sostenuto al-Qaeda e si era impegnato a testimoniare contro altri presunti terroristi detenuti nel carcere statunitense.