Si può dire “no” alla mafia. La lezione ai detenuti di una giovane donna Il Mattino di Padova, 4 giugno 2012 “L’eredità di mio padre, ucciso perché non pagava il pizzo”. Quando una vittima, una donna che ha subito un reato gravissimo come l’assassinio del padre, entra in carcere a confrontarsi con persone, che si sono macchiate di reati analoghi, si compie davvero un miracolo, un momento forte in cui l’odio in qualche modo retrocede e lascia campo libero all’umanità. È successo di recente nella Casa di reclusione di Padova, dove ha preso la parola, di fronte a tanti detenuti, ma anche a tanti “cittadini liberi”, Deborah Cartisano, figlia di Lollò Cartisano, un fotografo, sequestrato nel luglio 1993 dalla ‘ndrangheta per non essersi piegato a pagare il pizzo, i cui resti furono trovati dieci anni dopo, nel luglio del 2003, in Aspromonte. Vale davvero la pena riportare le sue parole, una straordinaria lezione di equilibrio che toglie forza a chi pensa che al male si può rispondere esclusivamente con il male, e magari anche con la vendetta. Mio padre mi ha insegnato che possiamo non piegarci Mio padre si rifiutò di pagare il pizzo, in anni in cui era veramente difficile opporsi alla ‘ndrangheta o alla mafia, non c’era tutta l’informazione che c’è oggi, le istituzioni erano un po’ più lontane da noi cittadini. I commercianti venivano lasciati a districarsi in situazioni difficili completamente da soli. Mio padre prese allora questa decisione coraggiosa e mi raccontò tutto. Io avevo poco più di dodici anni, lui mi spiegò perché arrivavano quelle strane telefonate nel cuore della notte, perché ci avevano incendiato una macchina, e mi disse: “Io non voglio pagare e non lo farò”. Andò alla polizia, denunciò, e i due estorsori vennero arrestati, erano due ragazzini uno aveva quindici anni e l’altro da poco ne aveva compiuto diciotto, quindi questo era il loro inizio carriera. Per me questo è stato l’esempio più importante della mia vita, è stata la strada che mio padre ha tracciato davanti a me dicendomi: “Possiamo dire di no alla mafia, possiamo non piegarci”. In quegli anni era difficile, il mio paese, con soltanto 9.000 abitanti, ha subito diciotto sequestri di persona, questi sequestri sono avvenuti nel quasi totale silenzio da parte di tutti. Quando mio padre venne rapito qualche anno dopo per me non ci fu quasi esitazione nell’occuparmi del suo sequestro in maniera completamente nuova per quello che era il mio paese. Scesi in piazza insieme ad altri ragazzi, formammo un comitato, per la prima volta il mio paese diceva al resto dell’Italia che noi non eravamo dei sequestratori ma eravamo bensì dei sequestrati, perché nel mio paese, Bovalino, abbiamo subito in silenzio per tanti anni, e noi questo silenzio lo abbiamo voluto rompere, io l’ho fatto perché avevo visto mio padre fare la stessa cosa. Sono stati dieci anni terribili perché dopo aver pagato il riscatto mio padre non è tornato a casa, e allora li è iniziato il periodo più duro della nostra vita, perché è difficile raccontare che cosa si possa provare quando non sai se devi piangere tuo padre da vivo o da morto. Quando muore una persona serve la “rielaborazione del lutto”, chi resta deve riuscire ad andare avanti, e a noi questo è stato negato per 10 anni ed è stato la cosa più difficile da affrontare. Io però ho capito a un certo punto che non dovevo cedere a quel dolore, ma dovevo cercare di trasformare la mia vita, fare in modo che l’insegnamento di mio padre, la vitalità che aveva mio padre, che mi ha sempre sostenuto in questi anni, mi facesse andare avanti. Allora ho aperto casa nostra, che era la casa che lui aveva acquistato con tanti sacrifici, a dei gruppi che venivano a fare i loro campi estivi, gruppi per minori a rischio, ho scritto lettere, ho deciso anche di entrare nell’Associazione Libera di cui faccio parte dal 1995. Facendo in modo che questo dramma entrato nella nostra vita non fosse soltanto poi della famiglia Cartisano, ma venisse condiviso il più possibile, in modo che chi era intorno a me non dimenticasse quello che ci era successo. Per noi era impossibile dimenticare, ma per il resto delle persone era molto comodo. Questo silenzio che spesso le vittime scelgono di avere fa comodo tantissimo alla ‘ndrangheta, e io non avendolo voluto rispettare mi sono ritrovata un po’ catapultata a vivere il mio dramma pubblicamente, e non è facile, però era per me un dovere perché non volevo assolutamente che su mio padre calasse il silenzio. Nel cuore di un carceriere è nata la sete di perdono In questi dieci lunghi anni io non ho mai smesso di scrivere delle lettere sui giornali, lettere aperte indirizzate ai sequestratori in cui facevo appello alla loro umanità e chiedevo sempre verità e giustizia per mio padre, penso che quelle lettere non sono state scritte invano perché, dieci anni dopo il suo sequestro, noi abbiamo ricevuto una lettera anonima di uno dei suoi sequestratori, quello che era stato il suo carceriere, una lettera veramente unica, incredibile, perché la ‘ndrangheta raramente chiede perdono e si scusa, questa persona ci ha chiesto perdono per quello che aveva fatto, dicendoci che l’omicidio di mio padre era stato una disgrazia, ed è stata poi una cosa confermata dal medico legale, in quanto era morto per un colpo ricevuto alla testa che poteva essere appunto non intenzionale. Allora lui ci chiede perdono, ci dice che la sua coscienza gli rimorde, che quando veniva giù a Bovalino passava davanti al nostro negozio e non riusciva a guardarci in faccia, quindi noi probabilmente l’avevamo anche visto a nostra insaputa, e ci indica il posto in cui mio padre è stato seppellito, che è nell’Aspromonte, è un monte antico che era il posto preferito di mio padre. Appena sei mesi prima che venisse rapito, lui aveva portato degli amici del Nord Italia a vedere che cosa era l’Aspromonte, che non era soltanto il covo dei sequestri ma che era anche altro, una Calabria che non era soltanto la ‘ndrangheta. Questa lettera è la cosa più bella che abbiamo mai ricevuto Questa lettera è la cosa più difficile, ma anche più bella che noi abbiamo mai avuto, non ce l’aspettavamo assolutamente, noi sapevamo che tanti altri sequestrati non erano più tornati a casa e di queste persone non si era più saputo nulla. Invece noi abbiamo potuto dare a mio padre una degna sepoltura e ogni anno dal 2003 facciamo una marcia in cui vogliamo portare una testimonianza di speranza. Perché speranza? Perché questa storia mi ha insegnato che le persone possono cambiare e che lo fanno, nel cuore durissimo di un carceriere di ‘ndrangheta è nata la sete di perdono, e noi a questo ci siamo voluti aprire, perché abbiamo apprezzato il gesto che lui ha fatto di pentimento, di volermi restituire mio padre. Qualche anno dopo mi è arrivata una richiesta, da parte del Centro di Servizio per il Volontariato di Reggio e del carcere, di incontrare un gruppo di detenuti. Per me questa è stata una delle prove più grandi, più difficili della mia vita, però io avevo sempre pensato, desiderato che le persone che avevano ucciso mio padre al momento dell’uscita dal carcere non fossero le stesse, che avessero la possibilità di trasformare quello che era successo in un vero pentimento e in un cambiamento della loro vita. Allora ho accettato di andare a raccontare la storia di mio padre con questa speranza e poi con la voglia di trovarmi davanti qualcuno dei suoi sequestratori. Questi incontri sono stati importantissimi per me, perché noi famigliari purtroppo a volte incontriamo l’altra parte soltanto nelle aule dei tribunali, e sono incontri a cui arriviamo impreparati, in cui arriviamo incattiviti da tutte e due le parti. Io penso che questo non sia giusto. Penso che le persone, attraverso quella che è stata la mia storia, possono un po’ iniziare a capire se sono pronte a cambiare, io questa possibilità la voglio dare come è stata data a quella persona che incredibilmente ha maturato questa sete di perdono, che forse non sarebbe arrivata se non avesse letto quelle lettere che io ho scritto. Certo si pensa sempre al lato repressivo della lotta alla mafia, e io invece sostengo completamente il contrario, cioè il lato repressivo è importante, ma c’è tanto da fare nelle scuole, c’è tanto da fare con i ragazzi affinché abbiano altri messaggi. Giustizia: diminuiscono detenzioni inferiori ai tre giorni, sono meno del 20% degli ingressi Redattore Sociale, 4 giugno 2012 I dati del Dap relativi ai primi mesi del 2012. A rimanere meno di tre giorni in carcere circa 3 mila individui, per la prima volta negli ultimi 3 anni il fenomeno è sotto il 20% degli ingressi totali. “Dalla Salva Carceri un contributo fondamentale”. Nei primi quattro mesi del 2012 calano le detenzioni brevi di soli tre giorni, riducendo il cosiddetto fenomeno delle “porte girevoli”, uno tra i fattori che più affatica il sistema penitenziario italiano. A rimanere meno di tre giorni in carcere circa 3 mila individui, il 14,2% sul totale degli ingressi dalla libertà, contro una media degli ultimi tre anni sempre superiore ai 20%. Secondo i dati del Dap, resi noti dalla rivista dell’Amministrazione penitenziaria “Le due città”, infatti, la variazione degli ultimi mesi è in controtendenza rispetto agli ultimi tre anni, durante i quali le percentuali di coloro che sono rimasti in carcere per meno di tre giorni non sono variate più di tanto. Nel 2011, rispetto ai 76mila entrati dalla libertà, circa 17mila sono rimasti in carcere per il periodo considerato, 20.789 su 84.641 ingressi totali per il 2010 e 23.724 su 88.066 per il 2009. “Nel triennio scorso l’espressione più radicale del fenomeno delle porte girevoli non ha dato cenni di rallentamento, mantenendo una media di entrati fino a 3 giorni sul totale superiore al 20% (il 26,9% nel 2009, il 24,6% nel 2010 e il 22,3% nel 2011). Una prima inversione di tendenza si è verificata già dai primi mesi del 2012 quando, tra gennaio e febbraio, le permanenze super-brevi sono state 1.474 rispetto a 10.488 ingressi, quindi il 14,1%”. Nel dettaglio, il dato del 2012 consolida inoltre una tendenza avviata già lo scorso anno. Sono in prevalenza gli italiani coloro che restano in carcere per soli tre giorni o meno. Nei primi mesi dell’anno, infatti, sono italiani il 52,4% delle persone entrate in carcere per pochi giorni. Lo stesso è accaduto nel 2011, mentre sia nel 2009 che nel 2010 gli stranieri erano circa il 55%. Una boccata d’ossigeno che arriva anche dagli ultimi provvedimenti. “La recente approvazione della legge Salva Carceri e le norme degli ultimi anni hanno dato un contributo fondamentale alla diminuzione del fenomeno”. Un calo “significativo che fa presagire un andamento costante per il resto del 2012”. Che il fenomeno delle porte girevoli sia un peso che grava su un sistema stressato dal sovraffollamento, lo confermano anche le testimonianze raccolte dalla rivista negli istituti. “Anche chi entra per stare solo qualche giorno - spiega Andrea Zema, comandante della casa circondariale di Treviso - viene sottoposto a tutto l’iter burocratico, sanitario e organizzativo previsto per gli altri detenuti. Quindi inizia con l’immatricolazione, poi si passa alla perquisizione, alla visita medica, al colloquio con gli educatori e con il personale di Polizia Penitenziaria. Si tratta di un percorso traumatico che tuttavia non può essere evitato”. La casa circondariale di Treviso, oggi ospita una media di 290 detenuti, rispetto ad una capienza di 134 persone, e la detenzione per pochi giorni rappresenta un ulteriore fattore di rischio per gli stessi detenuti. “Tutte le statistiche - continua Zema - ci spiegano che nella maggior parte dei casi chi commette un gesto autolesionistico è un giovane alla prima esperienza detentiva. Una carcerazione, anche quando non serve e solo per pochi giorni, rischia di rendere molto più diffusi questi gesti e rappresenta un campanello d’allarme costante per gli agenti”. Giustizia: il ministro Severino; carcere sia l’extrema ratio.. l’ultima spiaggia e l’ultima via Agi, 4 giugno 2012 “Il carcere deve rimanere l’extrema ratio, l’ultima spiaggia e l’ultima via da percorrere quando le altre non funzionano”: è quanto ha sottolineato il ministro della Giustizia, Paola Severino, nel corso della sua visita alla casa circondariale Dozza di Bologna. Il guardasigilli, ribadendo che il fenomeno del sovraffollamento delle carceri deve essere considerato “una delle grandi emergenze dell’Italia”, ha ricordato il disegno di legge in materia pendente in Parlamento per cui lo stesso ministro ha chiesto “una corsia preferenziale”. Nel provvedimento, ha spiegato Severino, sono previste due misure “deflattive del carcere” per alleggerire il numero dei detenuti: l’istituto della messa alla prova anche per gli adulti e la pena della reclusione domiciliare alternativa a quella in prigione. “Queste due misure - ha detto il guardasigilli - dovrebbero completare il piano degli interventi normativi per alleggerire la situazione del carcere insieme, naturalmente, agli interventi di carattere strutturale per aumentare il numero dei posti”. Il ministro ha visitato, in mattinata, il carcere della Dozza e i detenuti del reparto maschile e femminile. Da quanto si è appreso la ‘mamma di Cognè, Anna Maria Franzoni, a differenza delle altre detenute, è rimasta nella sua cella (chiusa) avendo espresso la volontà di non voler vedere nessuno. Giustizia: il ministro Severino; far lavorare i detenuti per ricostruzione dopo terremoto Dire, 4 giugno 2012 Far partecipare i detenuti non pericolosi alla ricostruzione nei territori dell’Emilia - Romagna colpiti dal terremoto. È la proposta che il ministro della Giustizia Paola Severino lancia oggi da Bologna, dove si è recata in visita al carcere della Dozza. “Mi è venuta un’idea, che dovrò discutere con i provveditori e i direttori, quella di rendere utile la popolazione carceraria per i lavori della ripresa del territorio”. Severino spiega che la proposta riguarda “i detenuti non pericolosi”, magari “quelli in regime di semilibertà”. Il lavoro, afferma il ministro, “è la vera risorsa per spingere il detenuto al rientro in società e ora che il terremoto impone interventi immediati e tempestivi, mi piacerebbe che anche i detenuti fossero tra i protagonisti di quella che vorremmo fosse una ripresa esemplare dell’Emilia - Romagna”. Far lavorare i detenuti nelle azioni ricostruzione con un “lavoro socialmente utile”, prosegue Severino, è “un inserimento doppiamente utile. In primis al detenuto e in secondo luogo alla cittadinanza, per cui può essere un’occasione per capire che il detenuto può essere ancora utile alla società e non è un solamente peso”. Nel carcere di Bologna, spiega il ministro, i detenuti che potrebbero essere ‘reclutati’ per aiutare la ricostruzione nelle zone terremotate si potrebbero selezionare tra i 246 tossicodipendenti (“Non saranno tutti nelle stesse condizioni, ci sono gradualità”) e tra gli extracomunitari, che “sono il 57% della popolazione carceraria”. Da scartare, invece, i 101 detenuti in regime di alta sicurezza. La proposta del ministro, però non riguarda solo la Dozza. “Vorrei che fossero tutte le carceri della regione a dare questo contributo”, dice. Di Giovan Paolo (Pd): bene Severino su detenuti per ricostruzione “La proposta del ministro Severino di far partecipare i detenuti alla ricostruzione delle zone terremotate va nella giusta direzione”. Lo scrive, in una nota, il senatore del Pd Roberto Di Giovan Paolo, presidente del Forum per la sanità penitenziaria. “Un’iniziativa di questo genere permetterebbe un più facile recupero e un maggior contatto della popolazione col territorio. Non siamo negli Usa - specifica Di Giovan Paolo - dove, in alcuni Stati, c’è un vero sfruttamento dei detenuti. Un intervento di chi è in carcere nella ricostruzione sarebbe un esempio di lavoro socialmente utile in grado di portare beneficio ai terremotati e detenuti stessi’. Consolo (Fli): detenuti impegnati in ricostruzione ha anche uno scopo rieducativo “La proposta del Guardasigilli Paola Severino, di impiegare i detenuti non pericolosi nell’opera di ricostruzione delle case e degli edifici pubblici ed artistici colpiti da forti scosse di terremoto in Emilia non può che vederci favorevoli, nell’ottica della rieducazione e non solo afflizione della pena carceraria”. È quanto afferma Giuseppe Consolo, deputato di Futuro e Libertà e vice presidente della Giunta per le autorizzazioni di Montecitorio. “Questa è una fase molto delicata per il nostro Paese, resa ancor più critica da manifestazioni naturali di fronte alle quali l’uomo può solo, e deve, reagire. Quale miglior reazione della solidarietà comune - conclude Consolo - fino a comprendere anche i nostri concittadini impegnati in un percorso di giustizia e riabilitazione sociale?”. Coldiretti: bene detenuti in aiuto campagne Ben venga l’aiuto dei detenuti alla ricostruzione nelle campagne colpite dal terremoto, dove è più difficile la ricognizione dei danni e complessi gli interventi per la presenza diffusa delle aziende. Lo afferma la Coldiretti nel commentare positivamente la proposta del ministro della Giustizia, Paola Severino. “Le esperienze di collaborazione che abbiamo avviato con le carceri in passato - fa sapere la Coldiretti - si sono sempre dimostrate molto proficue per il settore agricolo che è stato duramente colpito dal sisma con danni superiori al mezzo miliardo di euro”. Secondo la Coldiretti sono molte le possibilità di collaborazione con gli agricoltori nei campi dove l’emergenza continua nelle case rurali, fienili e capannoni danneggiati, nelle stalle e nei campi dove manca l’acqua per irrigare. Sappe: bene iniziative Severino per carceri “Il ministro non ci ha delusi neanche questa volta, avendo fatto affermazioni concrete e realizzabili nell’immediato per la situazione emergenziale che stiamo vivendo in Emilia Romagna, a seguito del terremoto”. Il Sappe, Sindacato autonomo di Polizia penitenziaria, giudica positivamente l’incontro avuto nel Carcere della Dozza a Bologna con il ministro della Giustizia Paola Severino, in visita alle carceri delle zone colpite dal sisma. Il ministro, ricorda il segretario generale aggiunto del Sappe, Giovanni Battista Durante, ha annunciato il trasferimento di detenuti, sia da Bologna sia da Modena. “Da Bologna dovrebbero sfollare circa 400 detenuti, mentre stanno stimando quanti sarà possibile sfollarne da Modena. A ciò conseguirà il blocco delle assegnazioni di altri detenuti. Quindi, per un periodo che sarà determinato in relazione alle esigenze che si creeranno, a Bologna la popolazione detenuta dovrebbe stabilizzarsi attorno ai 700. Sarà poi inviato personale di polizia penitenziaria da altre regioni, al fine di incrementare l’organico per gestire l’emergenza”. Le misure annunciate dal ministro sono in linea con quanto richiesto dal sindacato. “Siamo quindi soddisfatti della visita del ministro e di ciò che ha detto, compresa la corsia preferenziale relativa al disegno di legge sulla messa alla prova. Altro aspetto importante sottolineato dal ministro - conclude Durante - è la volontà di impiegare i detenuti meno pericolosi nelle zone colpite dal terremoto”. Giustizia: Tribunale Sorveglianza Bologna; impiego detenuti è possibile, ma operino in squadra Dire, 4 giugno 2012 Il Tribunale di sorveglianza di Bologna approva la proposta del ministro della Giustizia, Paola Severino, di far lavorare i detenuti nella ricostruzione delle zone colpite dal terremoto. Lo dice direttamente al ministro il presidente del Tribunale, Francesco Maisto, questa mattina presente alla conferenza stampa di Severino alla Dozza. “Siamo sensibili sulla questione del coinvolgimento dei detenuti al lavoro. Io credo che assicurando alcune condizioni fondamentali come il lavoro a squadra, si possa fare molto. Le possiamo garantire tutto il lavoro della magistratura di sorveglianza”, dice Maisto, ricordando che già nei giorni scorsi la direttrice del carcere di Modena aveva preso contatti con la Protezione civile per far partire un progetto di questo tipo, poi non portato a termine per via delle nuove scosse. I vincoli necessari per far lavorare i detenuti nella ricostruzione, spiega Maisto, sono il “lavoro a squadra e le necessarie autorizzazioni della magistratura”. Dal canto suo, Maisto assicura l’ok della magistratura di sorveglianza. Quanto al lavoro a squadra, per Maisto è necessario anche per mettere a tacere eventuali timore della gente. “Bisogna rassicurare l’opinione pubblica, anche perché in regione cominciano a esserci episodi di sciacallaggio e l’opinione pubblica potrebbe associare il timore di questi episodi all’impiego di detenuti”, afferma Maisto. Pienamente d’accordo il ministro Severino. “Concordo con il lavoro di squadra, lo abbiamo sperimentato a Roma per la tutela del patrimonio archeologico, a cui lavorano delle squadre che vengono da Rebibbia”. La squadra “funziona, perché l’uno controlla l’altro - prosegue Severino - e nella squadra l’episodio di violazione della legge diventa più difficile”. Giustizia: il 20 giugno Provveditori alle carceri convocati a Roma su “sorveglianza dinamica” Dire, 4 giugno 2012 Va avanti il progetto della cosiddetta “sorveglianza dinamica” e del “carcere a sicurezza ribassata”. Il 20 giugno ci sarà una riunione al ministero della Giustizia con tutti i provveditori regionali alle carceri, che dovranno portare proposte su questo tema al capo del Dap (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria), Giovanni Tamburino. Lo hanno annunciato oggi a Bologna il ministro della Giustizia, Paola Severino, e dal vice capo del Dap, Simonetta Matone. “Il presidente Tamburino ha emanato una circolare ai provveditori in cui lancia una grossa rivoluzione all’interno dell’universo carcerario: attraverso l’istituto della sorveglianza dinamica, si chiede la massima collaborazione ai provveditori che dovranno individuare, ognuno all’interno della propria regione di competenza, dove rivoluzionare questo sistema”, spiega Matone. Dopo l’invio di questa circolare, tutti i provveditori sono stati convocati a Roma il 20, dove dovranno portare “delle proposte operative”, spiegando “laddove è possibile esportare il modello Bollate o altri modelli intermedi tra la massica sicurezza e il carcere aperto”, afferma Matone. A questo proposito, il ministro Severino spiega che si tratta di “una strategia per la redistribuzione del personale all’interno delle carceri, strategia che non è più quella dei semafori ma è la strategia del patto, del carcere a sicurezza in qualche modo ribassata, diciamo, laddove è possibile”. È un sistema, spiega il ministro, che permetterà “un migliore utilizzo delle presenze degli agenti di Polizia penitenziaria. È il cammino che stiamo intraprendendo - conclude - ma serve l’accordo e il consenso di tutti”. Giustizia: Sappe; Circolare Dap è resa alla criminalità e consegna autogestione delle carceri Comunicato stampa, 4 giugno 2012 “La circolare voluta da Giovanni Tamburino, Capo dell’Amministrazione Penitenziaria, con cui si propongono ai provveditori regionali una serie di misure per alleggerire l’emergenza carceraria è una resa dello Stato alla criminalità. Pensare a un regime penitenziario aperto; a sezioni detentive sostanzialmente autogestite da detenuti previa sottoscrizione di un patto di responsabilità favorendo un depotenziamento del ruolo di vigilanza della Polizia Penitenziaria, relegata ad un servizio di vigilanza dinamica che vuol dire porre in capo ad un solo poliziotto quello che oggi lo fanno quattro o più Agenti, a tutto discapito della sicurezza e mantenendo la fattispecie penale della colpa del custode; ebbene, tutto questo è fumo negli occhi. La realtà penitenziaria è che nelle carceri ci sono 45mila posti letto e nelle celle sono invece stipate 67mila persone; che la Polizia penitenziaria ha settemila agenti in meno, che i Baschi Azzurri non fanno formazione ed aggiornamento professionale perché l’Amministrazione evidentemente ha altro a cui pensare, come anche per le conseguenze di quell’effetto burnout dei poliziotti determinato dall’invivibilità di lavorare in sezioni detentive sistematicamente caratterizzate da eventi critici - suicidi, tentati suicidi, aggressioni, risse, atti di autolesionismo, colluttazioni. Non ha fatto niente il DAP, su tutto questo. Anziché gettare fumo negli occhi e consegnare le carceri italiane all’autogestione dei detenuti, ci dicano come si fa il servizio dinamico nelle grandi carceri, ad esempio Napoli Poggioreale dove ci sono più di 2.700 persone in celle idonee ad ospitarne poco più di 1.500, a Milano San Vittore che vede più di 1.600 detenuti stivati in celle per 700 posti o a Roma Regina Coeli, 1.100 presenze per 700 posti letto!”. Dura presa di posizione di Donato Capece, Segretario Generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe (il primo e più rappresentativo della Categoria), circa i contenuti della nota dipartimentale recentemente emanata dall’Amministrazione Penitenziaria. “La circolare del Dap” prosegue Capece “è illegittima nella parte in cui stravolge l’organizzazione del lavoro della Polizia Penitenziaria, perché questa è materia di confronto sindacale che non c’è stato, e per tale ragione adiremo le competenti sedi della Giustizia. Ma c’è di più: la nota di Tamburino è incredibilmente anacronistica, perché si rivolge ai detenuti con pene brevi da scontare che in tutta Europa scontano la pena fuori dal carcere. Dovrebbe essere così anche in Italia, e per questo dovrebbe lavorare l’Amministrazione Penitenziaria piuttosto che delegittimare la Polizia Penitenziaria e consegnare le carceri all’autogestione dei detenuti. Per questo il mio invito alla Ministro della Giustizia Paola Severino Di Benedetto è di stoppare sul nascere questo provvedimento tanto pericoloso quanto inutile”. Giustizia: Moretti (Ugl); con “sorveglianza dinamica” rischio implosione delle carceri Agenparl, 4 giugno 2012 Il sistema di “sorveglianza dinamica” messo a punto dal Dap non ci convince affatto. Lo dichiara il segretario nazionale dell’Ugl Polizia Penitenziaria, Giuseppe Moretti, spiegando che non si può pensare di abbassare i livelli di sicurezza e di modificare la pianta organica delle strutture penitenziarie senza un preventivo confronto con i rappresentanti dei lavoratori. Soprattutto, introducendo la “logica dell’autogestione”, non si tengono in alcuna considerazione le professionalità che operano nelle carceri italiane, anzi, si apre la porta ad inevitabili e pericolose riduzioni di personale sotto la spinta dell’aumento delle tecnologia impiegata nella gestione delle strutture. Per Moretti “la drammatica situazione degli istituti penitenziari italiani è ormai nota a tutti: il numero dei detenuti eccede del 30 per cento la capienza degli edifici e l’organico è carente di circa 7.000 unità. In questo contesto, riteniamo che l’abbassamento dei livelli di sorveglianza non potrà far altro che aumentare il rischio di implosione delle carceri”. “Per risolvere sul serio il problema del sovraffollamento - conclude il sindacalista - occorrono strutture adeguate e un piano frutto del confronto con i sindacati degli agenti perché, come ha affermato oggi il ministro della Giustizia, Paola Severino, è necessario il consenso di tutti, in particolare di chi è chiamato ogni giorno a garantire l’ordine e la sicurezza nelle carceri italiane”. Giustizia: Osapp; Guardasigilli raramente presente… e Dap raramente efficiente Comunicato stampa, 4 giugno 2012 “Quali che siano i progetti dichiarati ed i risultati vantati dalla Guardasigilli Severino, in Italia permangono quasi 21mila detenuti in più dei posti disponibili (66.528 presenze per 45.584 posti) con un popolazione detenuta che è composta per il 36% da detenuti stranieri (ad es. 4.847 dal Marocco, 3.036 dalla Tunisia, 2.831 dall’Albania) e per il 40% da detenuti ancora in attesa di giudizio definitivo”. è quanto si legge in una nota a firma di Leo Beneduci, segretario generale dell’Osapp (Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria) e indirizzata ai Gruppi Parlamentari di Camera e Senato. “Purtroppo - prosegue il sindacalista - con una Guardasigilli raramente presente ai reali problemi penitenziari e con un’Amministrazione penitenziaria centrale in confusione ed in sostanziale inerzia per gravi incomprensioni persino interne ai Vertici interni alla stessa amministrazione, alcuni dei quali designati e in carica senza alcuna effettiva competenza nel settore, le speranze per le carceri italiane sono pressoché nulle ed altrettanto dicasi per la possibilità che diminuiscano aggressioni e suicidi all’interno degli istituti di pena, con le donne e gli uomini della popolazione penitenziaria che continuano ad essere gli unici a farne le spese sulla propria pelle.”. “Considerato l’impatto anche economico in danno della Collettività - conclude Beneduci - in luogo di dichiarazioni e di programmi di scarsa efficacia, sarebbe quanto mai opportuno che il Parlamento si riunisse per affrontare e risolvere, una volta per tutte, mediante adeguati strumenti normativi le inefficienze e la disorganizzazione penitenziaria e del sistema giudiziario., nonché le ormai precarie condizioni di servizio della polizia penitenziaria”. Lettere: vi spiego il carcere… per farvi capire quanto è brutto entrarci di Pietro Franco Corriere di Brescia, 4 giugno 2012 Scrivo quattro righe per ricordare il mal funzionamento di tutto il sistema giudiziario, dai tribunali passando per le carceri e la politica. Ok, innanzitutto mi presento, non spaventatevi voi che leggete questa nota sul blog: mi chiamo Pietro Franco, classe 54, il mio primo arresto è avvenuto nel 1974 (sono stato detenuto a San Vittore). Sfortunatamente ho trascorso molti anni in carcere ed ecco che entriamo nel merito: proprio a guardar bene le mie prime esperienze carcerarie penso che si stesse meglio anni fa anche se esistevano minori misure alternative alla detenzione. Sì, è vero abbiamo oggi molti modi per uscire dal carcere, ma questo è solo sulla carta, perché quando sono a passeggio nell’ora d’aria vedo un compagno e gli chiedo: “Quanto hai da fare?”. Risponde: “Due mesi”. Allora ci si domanda: “Ma dov’è l’alternativa al carcere?”. A questo punto devo tornare a pensare che aveva ragione il giornalista Giorgio Bocca, che raccontava in un suo articolo anni fa dei dogmi dell’inquisizione: “Tu, magistrato, anche se non sei convinto delle colpevolezze dell’imputato, con il tuo potere vai avanti e di sicuro avrai ragione”. Ok, questo è applicare la legge o meno, ma il fatto più grave è quando guardando la tv danno la notizia: “Hanno inquisito la Lega”. Dico: “Come? Quelle stesse persone che qualche mese fa si sono quasi presi a pugni al Senato per la legge Lodo - Severini gridando mettete fuori i delinquenti!”. Devo dire che sono sì politici, ma anche che non capiscono nulla. Lo sapete voi che con questa legge non è uscito nessuno dal carcere? Solo coloro che erano “puri”, cioè che si erano ritrovati per la prima volta in carcere; perciò una bagarre inutile e per di più fatta da politici che poi si sono ritrovati inquisiti. In carcere ci stanno solo i poveracci, gli sventurati che magari hanno solo rubato per procurarsi da mangiare. Ok, ditelo sinceramente, vi sto annoiato, ma non è tutto: ora veniamo un po’ a noi di Canton Mombello. Ci sono state manifestazioni per come vengono custoditi cani e galline, ma di come viviamo noi non interessa a nessuno! Otto metri quadrati per cinque esseri umani, una finestra che non si può aprire, perché c’è la branda del letto, ecco che torno a dire: “stavamo meglio ieri”. Oggi San Vittore custodisce circa 2.000 detenuti, anni fa 500, forse anche meno. Una cella come quella di Canton Mombello era ospitata da un singolo detenuto. Perciò, a tutti coloro che leggono questo articolo do un consiglio, in special modo ai giovani: non prendete questa strada, non commettete reati per poi finire in carcere, perché più andiamo avanti, più sarà difficile la vita carceraria. Non c’è più controllo da nessuno, né dalle Istituzioni, né dall’intero sistema. In più bisogna essere obiettivi: siamo in troppi di ogni nazionalità e perciò possiamo stare solo male, in tutti i sensi. In questo modo ci viene negata anche la dignità, i nostri valori di esseri umani. Quando accadono suicidi sono dovuti proprio a questo, perché a volte ci si sente proprio abbandonati, peggio di un cane randagio anche se ognuno ha i propri cari che lo seguono e lo tengono su di morale per fargli trascorrere la detenzione nel migliore dei modi. Questo è il motivo per il quale, da vecchio carcerato, non mi stancherò mai di ripetere: non entrate in questo sistema, perché è deleterio sotto tutti gli effetti, parola di uno che ha fatto molti anni dietro le sbarre e che ha solo avuto una inspiegabile fortuna: l’affetto costante di moglie e figli. Vi ringrazio per l’attenzione. Emilia Romagna: Severino; dopo terremoto 350 detenuti da trasferire e agenti di rinforzo Dire, 4 giugno 2012 Le carceri dell’Emilia-Romagna, e in particolare quelle di Modena e Bologna, saranno “alleggerite” dopo gli eventi sismici delle ultime settimane, in modo tale da aiutare gli operatori carcerari “in questo difficile momento”. Contemporaneamente, verranno fatti arrivare agenti da fuori per permettere turni di riposo più accettabili. Lo annuncia il ministro della Giustizia, Paola Severino, oggi a Bologna per visitare il carcere della Dozza. “Questa mattina abbiamo disposto alcuni spostamenti fuori dall’area, per alleggerire il numero dei detenuti e dare sollievo in una situazione già difficile”, spiega il ministro. I numeri precisi sono ancora da definire, ma “dalle carceri di Bologna e Modena saranno spostati 300 - 350 detenuti che andranno fuori regione”. Allo stesso tempo, “sono state sospese le nuove assegnazioni. A Bologna e Modena, dunque, per un po’ non ci saranno nuovi arrivi. Per quanto riguarda invece la Polizia penitenziaria, “faremo venire agenti da fuori per dare a voi - dice Severino in una breve conferenza alla Dozza alla presenza della direttrice Ione Toccafondi e delle rappresentanze dei lavoratori - turni di riposo un po’ più rasserenanti per stare vicini alle vostre famiglie in questo momento così difficile”. La misura è stata decisa questa mattina, dopo l’ultima scossa di ieri sera, “per portare un po’ di serenità che manca, a maggior ragione visto il protrarsi delle scosse che hanno effetti destabilizzanti”. L’obiettivo è la riduzione dei numeri delle carceri, ma il pensiero è soprattutto per i familiari degli agenti di Polizia penitenziaria e alla loro “preoccupazione, in un momento già angosciante, per voi che siete qui ad adempiere al vostro compito e non vi potete muovere”. Le carceri dell’Emilia - Romagna, e in particolare quelle di Modena e Bologna, saranno “alleggerite” dopo gli eventi sismici delle ultime settimane, in modo tale da aiutare gli operatori carcerari “in questo difficile momento”. Contemporaneamente, verranno fatti arrivare agenti da fuori per permettere turni di riposo più accettabili. Lo annuncia il ministro della Giustizia, Paola Severino, oggi a Bologna per visitare il carcere della Dozza. “Questa mattina abbiamo disposto alcuni spostamenti fuori dall’area, per alleggerire il numero dei detenuti e dare sollievo in una situazione già difficile”, spiega il ministro. I numeri precisi sono ancora da definire, ma “dalle carceri di Bologna e Modena saranno spostati 300 - 350 detenuti che andranno fuori regione”. Allo stesso tempo, “sono state sospese le nuove assegnazioni. A Bologna e Modena, dunque, per un po’ non ci saranno nuovi arrivi. Per quanto riguarda invece la Polizia penitenziaria, “faremo venire agenti da fuori per dare a voi - dice Severino in una breve conferenza alla Dozza alla presenza della direttrice Ione Toccafondi e delle rappresentanze dei lavoratori - turni di riposo un po’ più rasserenanti per stare vicini alle vostre famiglie in questo momento così difficile”. La misura è stata decisa questa mattina, dopo l’ultima scossa di ieri sera, “per portare un po’ di serenità che manca, a maggior ragione visto il protrarsi delle scosse che hanno effetti destabilizzanti”. L’obiettivo è la riduzione dei numeri delle carceri, ma il pensiero è soprattutto per i familiari degli agenti di Polizia penitenziaria e alla loro “preoccupazione, in un momento già angosciante, per voi che siete qui ad adempiere al vostro compito e non vi potete muovere”. Aperte porte celle carceri h 24 per evitare angoscia su angoscia Per evitare di aggiungere “angoscia su angoscia” ai detenuti che vivono all’interno delle carceri dell’Emilia Romagna il dramma del terremoto che ha colpito la regione, già da giorni “tutte le porte delle celle rimangono aperte giorno e notte”. Lo ha detto il ministro della Giustizia, Paola Severino, in visita al carcere de La Dozza a Bologna. “Non si può aggiungere l’angoscia” che deriva dalle continue scosse telluriche che si registrano in questi giorni “all’angoscia della claustrofobia” che può vivere una persona detenuta dentro celle di piccole dimensioni. Per questo il ministro ha spiegato che, come prima misura, è stata presa quella di tenere aperte almeno le porte delle celle: “In modo che il detenuto veda che c’è comunque una via di uscita... è un seppur minimo sollievo”. Incontrando gli agenti di polizia penitenziaria assieme al direttore del carcere bolognese Ione Toccafondi, Severino ha precisato che sono già state eseguite le verifiche di agibilità in tutte le carceri della regione e tutte hanno avuto “riscontri rassicuranti”. Emilia Romagna: Marzocchi; aiuti importanti da Severino, così situazione meno drammatica Dire, 4 giugno 2012 L’assessore alle Politiche sociali dell’Emilia-Romagna, Teresa Marzocchi, esprime “un sincero ringraziamento”, a nome della Regione e degli Enti locali al ministro Paola Severino, in visita oggi alle carceri di Dozza a Bologna, “per la sensibilità e l’impegno dimostrato, con la sua presenza, nei confronti dei detenuti, in seguito all’evento del terremoto”. Le misure nei confronti dei detenuti, aggiunge l’assessore in una nota, “come la decisione di alleggerire il sovraffollamento con lo spostamento di un buon numero di detenuti in altre regioni, il blocco di nuovi arrivi e il potenziamento della Polizia penitenziaria contribuiscono a rendere meno drammatica la situazione generale nel nostro territorio”. Per questo, conclude Marzocchi, “assicuro la massima disponibilità e la condivisione di tutte le misure che intenderà adottare nei prossimi giorni”. Sulmona (Aq): detenuto di 41 anni muore in cella, forse stroncato da un infarto Asca, 4 giugno 2012 Un detenuto di 41 anni, Nicola Grieco, originario di Paduli (Benevento), è stato trovato morto nella sua cella della sezione penale del carcere di Sulmona, nella notte tra sabato e domenica. Da un primo esame del corpo, da parte dei medici del carcere, sembrerebbe che a causare la morte sia stato un infarto. Secondo le prime informazioni, il detenuto non soffriva di patologie cardiache. Per martedì mattina la Procura ha disposto l’autopsia che sarà eseguita dall’anatomopatologo Luigi Miccolis. A dare l’allarme è stato un agente di polizia penitenziaria durante la conta. Ha chiamato il detenuto e non ottenendo risposta è entrato nella cella trovandolo, morto, disteso sul letto. Grieco era stato trasferito nel carcere abruzzese circa un anno fa; all’epoca usufruiva della misura di sicurezza detentiva della casa di lavoro. A Sulmona, aveva avuto la notifica della sentenza, passata “in giudicato”, a due anni e due mesi di reclusione per reati contro il patrimonio ed era stato trasferito nella sezione penale dove è stato trovato morto. Bologna: Severino; qualche crepa, ma carcere regge detenuti motivati, ancora di più gli agenti Dire, 4 giugno 2012 Meglio fare verifiche in più, dopo la nuova scossa di ieri sera, ma il terremoto non ha creato inagibilità o altre situazioni critiche alla Dozza, visitato questa mattina dal ministro della Giustizia, Paola Severino. Solo qualche crepa, dunque, su cui in via precauzionale il ministro ha chiesto nuove verifiche, e tanta buona volontà tra detenuti (uno ha chiesto di poter andare a lavorare per aiutare i terremotati) e agenti in servizio, tutti presenti nonostante molte delle loro famiglie si trovino nelle tende. Lo spiega il ministro Severino lasciando il carcere dopo la visita: “La situazione di stabilità del carcere è tranquilla e tranquillizzante, ci sono alcune crepe interne ma ci sono già stati i sopralluoghi. Io ho chiesto comunque, in un paio di punti, di farne degli altri, dopo le scosse di questa notte, per essere ancora più tranquilli”. Quanto ai detenuti, “reagiscono con una forza straordinaria, li ho trovati sereni e motivati”, dice Severino, sottolineando che “uno di loro ha fatto la stessa proposta che io ho fatto stamattina: chiedeva perché non possiamo mandarli a lavorare per la ricostruzione”. La Dozza, afferma Severino, “è un carcere che ha una direzione straordinaria, tutti gli agenti sono motivatissimi. Nonostante molti di loro abbiano le famiglie che sono nelle tendopoli o nelle roulotte, erano tutti in servizio. È una cosa straordinaria che va detta perché si sappia, tutto quello che potremo fare per aiutarli lo faremo”. l ministro, nel suo giro del carcere, ha visitato i diversi reparti e anche il capannone in cui sorgerà a breve un laboratorio di falegnameria. Le celle, all’interno dei vari reparti della Dozza, erano tutte aperte, come è stato disposto dalle direzioni dopo gli eventi sismici. Molti detenuti sono andati incontro al ministro, spiega la sua portavoce, e l’hanno salutata, o si sono fermati a parlare con lei. Quando ha lasciato il reparto detenuti comuni è scattato un applauso. Nel suo sopralluogo, Severino ha visitato anche il reparto femminile ed è passata davanti anche alla cella di Anna Maria Franzoni. Era l’unica chiusa e la donna è rimasta all’interno. “Ci hanno detto che non voleva vedere nessuno”, dice la portavoce del ministro. Alla Dozza numeri spropositati, servono interventi strutturali contro sovraffollamento Negli ultimi anni al carcere della Dozza di Bologna si è registrato un “incremento assolutamente significativo”. Per cui, “al di là di quello che si può fare in via di emergenza per alleggerire la situazione del carcere, gli interventi devono essere strutturali, perché il numero di detenuti rispetto alla capienza di questo carcere è certamente spropositato”. Lo dice il ministro della Giustizia, Paola Severino, questa mattina in visita al carcere bolognese della Dozza. È una struttura su cui “bisogna intervenire come in altre situazioni in cui il sovraffollamento si fa sentire”, dice il ministro, che oggi ha annunciato una serie di trasferimenti di detenuti fuori regione per alleggerire le carceri emiliane (in particolare quelle di Bologna e Modena) dopo le difficoltà create dal sisma. Modena: Severino; carcere meno bene della Dozza, ma con interventi di emergenza ce la faremo Dire, 4 giugno 2012 “La situazione degli edifici è abbastanza buona. Quella del carcere di Bologna è decisamente buona, quella di Modena un po’ meno. Però credo che con un po’ di interventi di emergenza ce la faremo”. Lo ha detto oggi a Parma il ministro della Giustizia, Paola Severino, commentando la situazione degli istituti penitenziari emiliano - romagnoli dopo le scosse di terremoto dei giorni scorsi. “Nelle carceri - ha aggiunto il ministro - una situazione come il terremoto si vive in maniera problematica. Ma gli agenti di polizia penitenziaria si sono comportati in maniera straordinariamente efficace e devo dire c’è stato un atteggiamento molto responsabile anche da parte dei detenuti”. Detenuti a Don Ivan: hai lasciato segno nelle nostre vite “Hai lasciato un ricordo indelebile nelle nostre vite”. Con queste parole contenute in una lettera letta durante i funerali, i detenuti del carcere di Sant’Anna di Modena hanno voluto dare il loro saluto a don Ivan Martini, 65 anni, il sacerdote rimasto ucciso dal crollo della sua chiesa di Rovereto dopo il terremoto del 29 maggio. “La notizia della tua nascita al cielo - hanno scritto i detenuti - perché è così che va considerata la morte, ci ha provocato sconcerto e dolore, ma è stato un attimo, perché sappiamo che ora sei nella vita vera. Non ti sei mai stancato di proporci un’alternativa alle nostre vite spezzate, hai sempre avuto una parola di conforto. Hai lasciato un ricordo indelebile in noi e quanto hai fatto di bello nella tua vita non morirà ma rimarrà per sempre”. Palermo: ex direttrice carcere Pagliarelli condannata a 1 anno per peculato Agi, 4 giugno 2012 Condannata per peculato ad un anno (pena sospesa) e all’interdizione dai pubblici uffici per la stessa durata di tempo l’ex direttrice del carcere palermitano di Pagliarelli, Laura Brancato. Per i giudici della quarta sezione del tribunale, sarebbe colpevole di aver utilizzato un telefono del penitenziario per scopi privati. Contestualmente, l’ex direttrice - che per la vicenda era stata sospesa dall’incarico dal Dap - è stata assolta dalle accuse di truffa, falso e omissione di atti di ufficio. Il pm Alessandro Picchi aveva chiesto una condanna a 10 mesi, ma l’assoluzione per il peculato. Gli atti sono stati trasferiti alla Corte dei Conti. Secondo la Procura, Brancato avrebbe anche (e da qui l’accusa di truffa) evitato di pagare il ticket su alcuni esami clinici effettuati all’ospedale Civico (che si era costituito parte civile nel processo) intestando le ricette ad alcuni detenuti. Altra ipotesi investigativa, che non ha trovato riscontro in dibattimento, era che l’ex direttrice avesse ascoltato abusivamente le telefonate dei dipendenti del penitenziario. Per la stessa vicenda era finito sotto inchiesta anche il direttore sanitario del centro medico del Pagliarelli, Sergio Cavallaro, che ha patteggiato in un stralcio del processo nove mesi con la sospensione condizionale. Cassino (Rm): Sappe; sventato dalla Polizia Penitenziaria un clamoroso tentativo di evasione Comunicato stampa, 4 giugno 2012 “È solamente grazie alla professionalità, alle capacità ed all’attenzione del Personale di Polizia Penitenziaria che qualche giorno fa a Cassino è stata impedita una clamorosa evasione dal carcere. Grazie all’intuito, all’attenzione ed allo scrupolo dei nostri Agenti sono state trovate, all’interno di un congelatore in uso ai detenuti ubicato nella Seconda Sezione, delle lenzuola annodate della lunghezza di circa 3 metri, abilmente occultate. Tra gli accertamenti al vaglio delle indagini interne della Polizia Penitenziaria vi è ovviamente da identificare colui o coloro che hanno nascosto la corda per evadere dal carcere. Grazie all’attenzione dei Baschi Azzurri, dunque, è stata impedita una possibile clamorosa evasione da Cassino. Questo grave episodio conferma ancora una volta le gravi criticità del sistema carcere.” Lo dichiara Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, la prima e più rappresentativa organizzazione dei Baschi Azzurri, in relazione a quanto avvenuto qualche giorno fa nel carcere laziale di Cassino. “La situazione penitenziaria resta incandescente” sottolinea. “Lo confermano drammaticamente i gravi episodi che accadono sistematicamente nelle carceri italiane; lo evidenziano soprattutto i continui tentativi di evasione e le evasioni vere e proprie. Le istituzioni e il mondo della politica non possono più restare inermi e devono agire concretamente. C’è bisogno di una nuova politica dell’esecuzione della pena, che ripensi il sistema sanzionatorio e non cervellotiche disposizioni dell’Amministrazione penitenziaria che vorrebbero l’autogestione delle carceri affidata ai detenuti”. Capece sottolinea che allo stato il calo dei detenuti dopo i provvedimenti del Governo “è ad oggi ancora ininfluente a tamponare l’emergenza carceri. Nelle 205 carceri italiane, il 31 gennaio scorso avevamo 66.973 persone che sono calate, cinque mesi dopo, di poche centinaia, arrivando a 66.487 il 31 maggio scorso. Il dato reale, dal quale partire per ripensare il sistema, è che ci sono in carcere 21mila persone detenute oltre la capienza regolamentare delle strutture e che più del 40% dei presenti - quasi 27mila! - sono in attesa di un giudizio definitivo.” San Cataldo (Ct): progetto per 10 detenuti, realizzeranno vignette che poi andranno in mostra La Sicilia, 4 giugno 2012 Proseguiranno fino al prossimo 14 giugno le attività del progetto “Attimi d’Evasione”, laboratorio “cartoonist” promosso alla Casa di reclusione dal vignettista sancataldese Lello Lombardo. Ogni martedì e giovedì, infatti, “Lello Kalos” (questo lo pseudonimo artistico usato da Lombardo) coinvolge dieci detenuti della struttura in lezioni riguardanti il complesso mondo della satira e, in particolare, quella espressa attraverso le vignette. Le attività, partite il 3 maggio scorso, riguardano anche le caratteristiche di autori famosi contemporanei nazionali quali Altan, Vauro, Forattini. I ristretti che partecipano all’iniziativa vengono stimolati a ricercare una personale elaborazione grafica originale ed a creare vignette su tematiche quali anche il sovraffollamento delle carceri, il servizio sanitario, i colloqui con i familiari, i rapporti con i figli, il reinserimento nella società, la politica e il sistema carcerario, chi sconta una pena per reati commessi da altri. Il laboratorio viene integrato da lezioni inerenti l’impostazione di un articolo giornalistico, tenute dal direttore de “Il Fatto Nisseno”, dott. Michele Spena. Il progetto “Attimi d’Evasione” si concluderà ufficialmente il 30 giugno prossimo, con un’esposizione all’interno del salone della Casa di reclusione: verranno mostrate le vignette di Sergio Criminisi, direttamente dal court-show di Rai 1 “Verdetto finale”, oltre a quelle dello stesso Lello Lombardo e gli elaborati dei detenuti. Come spiegato da “Lello Kalos”: “La realizzazione del progetto è stata possibile grazie al dott. Angelo Belfiore, direttore della Casa di reclusione di San Cataldo, il quale insieme all’educatore Michele Lapis ed al cappellano del carcere, padre Enrico, ha creato le condizioni ottimali affinché tale iniziativa andasse in porto”. Riguardo ancora al progetto “Attimi d’Evasione”, Lombardo ha commentato: “Nella vita, a volte, ci ritroviamo a subire le conseguenze per errori che abbiamo commesso nel passato; una società civile, se è veramente tale, deve far sì che chi è veramente convinto di aver sbagliato abbia le condizioni per ripartire verso una giusta via”. Cina: gli Stati Uniti chiedono liberazione dei prigionieri di piazza Tienanmen Adnkronos, 4 giugno 2012 In occasione del 23esimo anniversario della repressione delle proteste di Piazza Tienanmen, gli Stati Uniti chiedono a Pechino di liberare tutti i prigionieri ancora detenuti per il loro coinvolgimento in quel movimento pro democrazia. In una dichiarazione rilasciata dal portavoce del dipartimento di Stato, Mark Toner, si chiede inoltre al governo cinese di “fornire un lista completa pubblica delle persone che furono uccise, di quelle che furono arrestate e di chi risulta ancora disperso”. Washington chiede anche che “si metta fine alle continue persecuzioni dei partecipanti a quelle manifestazioni e alle loro famiglie”. “Noi rinnoviamo la nostra richiesta alla Cina di proteggere i diritti universali di tutti i suoi cittadini”, conclude la nota. Il 4 luglio del 1989 l’esercito cinese disperse con i carri armati gli studenti, intellettuali ed operai che dall’aprile avevano avviato nella piazza una protesta per chiedere le riforme democratiche. Non è mai stato fornito un bilancio ufficiale delle vittime di quello che fu un massacro, ma secondo Amnesty International rimasero uccise oltre mille persone, con 10mila feriti e migliaia di arrestati. Forte contrarietà Governo per dichiarazioni su Tienanmen Dagli Stati Uniti “accuse senza fondamento” e “interferenze negli affari interni cinesi” sui fatti di Tienanmen. Così Pechino risponde, esprimendo “una forte contrarietà”, alla richiesta, avanzata dal dipartimento di Stato americano, che, in occasione del 23esimo anniversario del massacro, la Cina liberi i prigionieri ancora detenuti e fornisca una lista completa delle persone che furono uccise, quelle che furono arrestate e quelle che sono scomparse. “Gli Stati Uniti hanno ignorato i fatti e diffuso queste dichiarazioni anno dopo anno, facendo accuse senza fondamento al governo cinese ed interferendo in modo arbitrario nelle questioni interne cinesi”, ha detto il portavoce del ministero degli esteri, Liu Weimin. “La Cina esprime una forte contrarietà e una netta opposizione a questi comportamenti”, ha poi aggiunto. Per il governo cinese in quella che viene definita una legittima reazione ad un tentativo controrivoluzionario rimasero uccise 241 persone, compresi dei militari, con 7mila feriti. Ma per i gruppi per i diritti civili i morti sono stati oltre mille, con 10mila feriti e migliaia di arresti. Secondo Human Rights Watch, almeno una decina di dissidenti sono ancora in prigione per i fatti di Tienanmen. Venezuela: carcere Caracas; dopo rivolta di maggio, sequestrate pistole, fucili e bombe La Presse, 4 giugno 2012 Le autorità venezuelane hanno sequestrato diverse armi, tra cui 125 pistole, nella prigione La Planta di Caracas, due settimane dopo una rivolta dei detenuti. Lo riferisce Iris Varela, portavoce del sistema carcerario locale, precisando che alcune armi sono state trovate buttando giù pavimenti e pareti. Tra i materiali scoperti ci sono appunto pistole, fucili, una mitragliatrice, 27 ordigni esplosivi e oltre 64mila munizioni. La rivolta nella struttura, proseguita per tre settimane, è iniziata a causa del rifiuto dei detenuti di trasferirsi in altre prigioni. Dopo giorni di scontri con le guardie carcerarie, terminati poi il 18 maggio, le ultime centinaia di prigionieri in protesta hanno acconsentito al trasferimento. Egitto: l’ex presidente Mubarak rifiuta cibo e medicine nella prima notte in carcere Adnkronos, 4 giugno 2012 Nella sua prima notte trascorsa nel carcere egiziano di Tora l’ex presidente, Hosni Mubarak, ha rifiutato cibo e medicine ed è rimasto in silenzio per tutto il giorno successivo. Secondo quanto riporta il quotidiano egiziano el-Fagr, dopo aver dormito per tutta la notte, “forse per sfuggire dalla vita reale e chiedendo solo che a seguirlo fosse la stessa equipe di medici che lo seguiva nell’International Medical Center del Cairo”, il deposto presidente si è svegliato ieri mattina di pessimo umore rifiutandosi di rivolgere la parola agli infermieri e ai medici che si trovavano con lui, “al punto da non rispondere nemmeno a chi gli rivolgeva il saluto”. La notte di sabato, quando è stato trasportato via elicottero dall’accademia militare del Cairo al carcere di Tora, è trascorsa tranquillamente anche perché il deposto presidente non è stato portato in cella con gli altri detenuti ma nel centro medico del carcere. La condanna all’ergastolo è stata un duro colpo per Mubarak tanto che per lungo tempo si è rifiutato di scendere dall’elicottero che lo aveva portato a Tora. Secondo il giornale egiziano, “certamente la sua prima notte in carcere non è stata come quelle trascorse nell’International Medical Center ed è stata la più difficile della sua vita. Ha rifiutato cibo e medicine e forse vuole lasciarsi morire lentamente”. Non intende invece darsi per vinta la moglie, Suzanne Mubarak, che ha chiesto dal suo appartamento del Cairo ieri ai suoi avvocati di ricorrere alle organizzazioni internazionali per i Diritti umani in favore del marito. Ha inoltre pensato di chiedere ai capi di stato arabi di intervenire, almeno per ottenere che venga di nuovo trasferito nella clinica dove ha trascorso l’ultimo anno. Libia: dieci anni di carcere e lavori forzati per 24 mercenari europei di Gheddafi Tm News, 4 giugno 2012 Un tribunale militare libico ha condannato oggi 19 ucraini, tre bielorussi e un russo a 10 anni di carcere e ai lavori forzati per avere lavorato come mercenari al soldo di Muammar Gheddafi. Con la stessa accusa è stato condannato all’ergastolo un cittadino russo, ritenuto il coordinatore dell’intero gruppo. I 24 uomini, in particolare, erano accusati di avere preparato lanciamissili terra - aria per colpire aerei della Nato durante il conflitto che si è concluso con la caduta del regime e l’uccisione del colonnello libico.