Giustizia. “Una questione di prepotente urgenza…”, un anno fa… trascorso inutilmente di Valter Vecellio Notizie Radicali, 13 giugno 2012 “Una questione di prepotente urgenza sul piano costituzionale e civile… una realtà che ci umilia in Europa e ci allarma…”, aveva detto nel luglio scorso il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Tra breve sarà un anno da quell’autorevole denuncia, fatta nella non meno autorevole cornice di Palazzo Madama. Da allora? Nulla. Eppure, per dirla con le parole di un magistrato di esperienza come il giudice Giancarlo De Cataldo, “la giustizia italiana funziona malissimo. La giustizia civile è lenta in modo esasperante. Il processo penale, invece, è stato ingarbugliato da una serie di leggi fatte male, contraddittorie fra loro...”. La questione, nella sua drammatica essenza, è questa: è vero o no che le carceri sono al collasso, nelle prigioni italiane sono rinchiusi qualcosa come 67mila detenuti, a fronte di una disponibilità reale di circa 44mila posti? Un surplus di circa 23mila detenuti in più rispetto alla massima capienza, che determina un affollamento in termini di percentuale di oltre il 52 per cento. È vero o no che sono al collasso anche i tribunali e gli uffici giudiziari, sommersi da migliaia di procedimenti di ogni tipo e natura? È vero o no che in questo anno i fieri sostenitori del “no” all’amnistia, come rimedio e alternativa non hanno saputo, potuto, voluto opporre niente? È vero o no che non vogliono l’amnistia, ma non battono ciglio sulla quotidiana amnistia di classe costituita dalle prescrizioni: perché ne beneficia solo chi si può permettere un buon avvocato e ha buone amicizie; e clandestina perché è tenuta nascosta, non se ne parla e non se ne deve parlare: sono circa 150mila i processi che ogni anno vengono chiusi per scadenza dei termini. Lo si è detto e lo si ripete: per reati come la corruzione o la truffa, c’è ormai la certezza dell’impunità. Nel 2008, oltre 154mila procedimenti sono stati archiviati per prescrizione; nel 2009 oltre 143mila. Nel 2010 circa 170mila. Per il 2011 abbiamo sfiorato il tetto delle 200mila prescrizioni. Ogni giorno almeno 410 processi vanno in fumo, ogni mese 12.500 casi finiscono in nulla. I tempi del processo sono surreali: in Cassazione si è passati dai 239 giorni del 2006 ai 266 del 2008; in tribunale da 261 giorni a 288; in procura da 458 a 475 giorni. Spesso ci vogliono nove mesi perché un fascicolo passi dal tribunale alla corte d’appello. A Roma e nel Lazio, per esempio, quasi tutti i casi di abusivismo edilizio si spengono senza condanna, gli autori sono destinati a farla franca. Questa è la situazione, questi sono i fatti. Come rispondono i fieri fautori del “no” alla proposta di amnistia? E come rispondere e corrispondere all’iniziativa nonviolenta di Marco Pannella (in sciopero della fame da giovedì scorso), di Irene Testa animatrice dell’associazione “Detenuto ignoto” (in sciopero della fame da ieri), e alle tante, spontanee e ignorate iniziative nonviolente che germinano dalle carceri, è affare e “cosa” che riguarda tutti noi. Giustizia: l’insostenibile leggerezza della “prepotente urgenza”… di Valeria Centorame Notizie Radicali, 13 giugno 2012 “Le parole sono per i pensieri quel che è l’oro per i diamanti: necessario per metterli in opera, ma ce ne vuol poco”. Voltaire, Le Sottisier, 1880 (postumo). Aggiungerei di mio, che le parole sono inoltre per i fatti un preambolo imprescindibile, a patto che poi vengano tradotte in atti concreti. La mia perplessità, classica del bambino che indica le nudità del re, risiede nel fatto che nel 2005 ci fu una grande mobilitazione anche e per l’insostenibile situazione di sovraffollamento carcerario, marcia con la quale si chiedeva in sostanza amnistia ed indulto. Chi partecipò a quella marcia ed a quegli obiettivi, ben a ragione oggi dovrebbe ancor di più sostenere a gran voce la proposta radicale di amnistia per la Repubblica, perché la situazione nei sette anni successivi è letteralmente e drammaticamente peggiorata, a fronte dei 60.000 detenuti di allora, oggi ne contiamo oltre 67.000 anche grazie al fatto che l’amnistia non fu concessa, (come sappiamo l’indulto non estingue il reato) mentre invece sono state varate leggi criminogene ed è salito vertiginosamente il ricorso alla custodia cautelare, pertanto il nostro paese ad un tasso mostruoso del 43,8 % rispetto al 30% del 2005. Il tutto è accaduto paradossalmente mentre il tasso di criminalità in Italia subiva una diminuzione rispetto all’ultima rilevazione statistica di ben il 38% (anche se i continui messaggi radio televisivi hanno indotto una percezione differente negli italiani). Ho raccolto per mia curiosità dopo ricerca sulla rete, le dichiarazioni e gli appelli del Presidente Napolitano sul tema carcere e sovraffollamento nel corso degli anni. Ma ho voluto e voglio partire innanzitutto con l’intervista rilasciata a Radio Radicale, durante la marcia di Natale del 2005 alla quale l’allora Senatore a vita e non ancora presidente Giorgio Napolitano partecipò trascrivendo le sue stesse parole: “Non avrei potuto usare l’argomento che non ho mai fatto marce in vita mia. Per la verità l’ho fatte in un’età più giovane. Questa volta valeva la pena essere presenti e di aderire a questa sollecitazione largamente condivisa che corrisponde ad una necessità indiscutibile”. “Io non penso che sia un problema di carattere tecnico, penso che sia un problema di volontà politica. Se c’è volontà politica si entra nel merito e si trova una soluzione sul tipo e sull’estensione del provvedimento di clemenza, se invece prevalgono le pregiudiziali, prevalgono i timori non ben chiari, allora non parte il processo”. Perché oggi è ancor di più indispensabile un ampia amnistia: confrontiamo i dati più significativi 2005-2012: Nel 2005 il numero dei detenuti era quindi di 60.000 unità oggi superiamo i 66.000 Nel 2005 il numero dei detenuti in attesa di giudizio era del 30%, oggi superiamo il 43,8% Nel 2005 la sanità carceraria dipendeva dal Sistema Sanitario Penitenziario nel 2008 è passata al Servizio Sanitario Nazionale portando come da stesse dichiarazioni del personale addetto innumerevoli mancanze di tutela e salvaguardia della salute dei detenuti. Dal 2005 ad oggi migliaia di reati e processi andati in fumo grazie alla “Prescrizione”(ovvero amnistia mascherata e di classe), abbiamo ricevuto continue condanne e richiami dalla Corte Europea per la lunghezza dei nostri processi e per la violazione dei diritti umani, la situazione economica è peggiorata, ed il ripristino dello stato di Legalità (velocizzando i processi) porterebbe ad un punto di Pil in più come dalla stessa relazione Severino. Una recente denuncia della Uil svela la crisi che attraversa lo stesso dipartimento dell’amministrazione penitenziaria: “Il Dap - dicono i sindacati - è sull’orlo del fallimento con un debito di 150 milioni che mette a rischio l’acquisto del vitto per i detenuti. E che costringe direttori e provveditori a mediare con i creditori per garantire l’erogazione di acqua, luce e riscaldamento”. Dal 2005 ad oggi abbiamo continuato a pagare migliaia di soldi pubblici per risarcimenti per ingiusta detenzione, (dopo aver rovinato la vita a migliaia di cittadini) Solo nel 2011 c’è stato un esborso pubblico di 46 milioni di euro. Queste le dichiarazioni di Napolitano trovate in rete: 8 giugno 2006 Napolitano - “Per le carceri soluzioni concrete”. Lo ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano intervenendo al plenum straordinario del Consiglio superiore della magistratura La così critica situazione carceraria richiede l’avvio di soluzioni concrete e praticabili”. 1 agosto 2006 Roma - firmato l’Indulto un provvedimento che “serve a lenire una condizione intollerabile di sovraffollamento e degrado delle carceri”. Infine l’ invito a intervenire “decisamente” non solo a valle ma anche a monte del problema, con riforme “organiche” che riducano “l’ eccessiva durata dei processi” e rivedano il sistema delle pene. 8 maggio 2007 Roma - Napolitano a Rebibbia “L’indulto era necessario”. Il Presidente ha parlato della situazione carceraria, rivendicando la bontà del provvedimento di indulto varato circa un anno fa. “È stato un passo eccezionale ma necessario per rendere più vivibili e degne le carceri italiane”. Una convinzione rafforzata con i dati: “Sono appena il 12 per cento gli ex detenuti che hanno beneficiato dell’indulto e che sono rientrati in carcere”. Poi il capo dello Stato, pensando anche alla critica situazione degli istituti carcerari, ha chiesto che “la pena detentiva sia riservata a chi commette crimini che destano maggior allarme”. Un modo chiaro per porre l’accento sulle misure alternative che Napolitano auspica “più credibili ed efficaci ai fini del recupero del condannato”. 15 ottobre 2008 Napolitano - “Carceri affollate, prezioso il lavoro della Polizia penitenziaria” Il Presidente della Repubblica Giorgio Napoletano ha salutato con un messaggio di stima e gratitudine il lavoro della Polizia penitenziaria, in occasione del 191° anniversario di fondazione del Corpo. Un compito complesso, ha sottolineato il Capo dello Stato, reso ancor più difficile “dall’incremento della popolazione penitenziaria e dalla presenza in essa di detenuti, di etnie e di culture diverse, con i quali siete chiamati a confrontarvi quotidianamente” 17 giugno 2009 Carceri, Napolitano - “Il problema è il sovraffollamento” “Il contesto particolarmente complesso della gestione carceraria è reso ancor più problematico dal fenomeno del sovraffollamento”. È quanto sottolinea il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nel messaggio indirizzato al Corpo di Polizia Penitenziaria” 18 maggio 2010 Roma - Sono “ineludibili” gli interventi che consentano di superare le criticità del sistema carcerario. Lo scrive il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in un messaggio inviato al Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Franco Ionta. 23 giugno 2011 - Il capo dello Stato, ha ripercorso in un lungo passaggio alcune delle “lungimiranti” battaglie del leader Radicale Marco Pannella, dall’aborto, al divorzio, al pluralismo dell’informazione. Per poi affermare: “Credo che l’Italia ti debba il giusto riconoscimento per la determinazione con la quale le hai intraprese per sollecitare una piena affermazione e tutela delle libertà civili e dei diritti”. 28 luglio 2011 - Carceri, Napolitano: “Tema di prepotente urgenza”. “La questione del sovraffollamento nelle carceri è un tema di prepotente urgenza sul piano costituzionale e civile”. Di qui una realtà che ci umilia in Europa e ci allarma, per la sofferenza quotidiana - fino all’impulso a togliersi la vita - di migliaia di esseri umani chiusi in carceri che definire sovraffollate è quasi un eufemismo-È una realtà non giustificabile in nome della sicurezza, che ne viene più insidiata che garantita .Lo afferma il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, intervenendo al convegno organizzato da Marco Pannella e dai Radicali sul tema delle carceri, che si svolge a Palazzo Giustiniani. 14 agosto 2011 Roma - Quirinale, il parlamento intervenga in tempi rapidi Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha voluto in una telefonata a Marco Pannella esprimere la sua vicinanza e il suo apprezzamento al leader radicale e a tutti i partecipanti alla giornata di mobilitazione sul tema del sovraffollamento delle carceri e dei diritti umani dei detenuti. “Questo straordinario impegno - si legge in un comunicato del Quirinale - è valso a richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica, pur dominata in queste settimane dai problemi della crisi finanziaria, su drammatiche questioni come quelle sollevate anche dal Presidente della Repubblica in occasione del recente convegno sulla giustizia e a sollecitare un intervento del Parlamento in tempi ravvicinati”. 24 novembre 2011 - Napolitano: “Condizione carceri distante dalla Costituzione”. “La condizione carceraria “troppo spesso appare distante dal dettato costituzionale sulla funzione rieducativa della pena e sul rispetto dei diritti e della dignità delle persone”. Così Giorgio Napolitano, ribadisce l’allarme sulla condizione dei penitenziari in un messaggio alle associazioni di volontariato penitenziario (Seac)”. 1 ottobre 2011 Nisida, Napoli - Il Capo dello Stato ha incontrato i reclusi del carcere minorile di Nisida. Alcuni di loro hanno invocato l’amnistia. “Ce ne sono state 24 dal 1945, ha risposto. Per farne un’altra ci vuole un accordo politico che allo stato non c’è, non so se si creeranno le condizioni”. Il sovraffollamento delle carceri - ha aggiunto - è una vergogna per l’Italia: non sono degne di esseri umani”. 1 gennaio 2012 Carceri, due suicidi nella notte di Capodanno, Napolitano: Emergenza è al limite del vivere civile. Anche il Capo dello Stato, nel suo discorso di fine anno in diretta dal Quirinale ha voluto tornare sull’emergenza carceri, uno dei “limiti del nostro vivere civile” 18 maggio 2012 - Giorgio Napolitano si lamenta per “l’insostenibile” situazione delle carceri italiane. “L’attenzione che parlamento e governo pongono ai problemi del carcere induce a confidare che il punto critico insostenibile cui essi sono giunti possa essere superato anche attraverso l’adozione di nuove e coraggiose soluzioni strutturali e gestionali che coinvolgano tutti gli operatori del settore e in particolare la Polizia Penitenziaria”. Il presidente del Senato Renato Schifani assicura che “presto ci sarà una sessione straordinaria” sul tema a Palazzo Madama. Queste le dichiarazioni varie, in ordine cronologico di un Presidente che a mio avviso dovrebbe oggi pretendere da questo governo voluto da lui stesso, la soluzione al problema Giustizia e Carcere, e non misure tampone che già si sono rivelate inefficaci, come lo svuota carceri, salva carceri, e via dicendo spot di propaganda ma ad impatto soluzione zero. La volontà politica si trova, come la si è trovata per imporre manovre economiche di poco consenso, ma “utili al Paese” (?) non ci è permesso neanche legalmente come ci dice la stessa Corte Europea, nascondere le nostre responsabilità dalle difficoltà o dalla “politica irrimediabilmente divisa”. La realtà è nell’ammissione della stessa Severino: “Le innegabili difficoltà - dice a Montecitorio - non possono costituire un alibi né per il Ministro della Giustizia né per tutte le altre istituzioni interessate”. Sono ormai migliaia le voci di persone autorevoli, che vivono il carcere, dai direttori di penitenziario agli psicologi alle associazioni di volontariato, alle camere penali ed a famosi giuristi che a gran voce aderiscono alla proposta di amnistia per la Repubblica. Allora se le “innegabili difficoltà non possono costituire un alibi, come e quando si sarà interessati del Crimine che come Stato si sta commettendo e perpetrando sulla pelle di migliaia di cittadini, in palese violazione delle norme e dello stesso Stato di Diritto? E ancora se come sosteneva (a ragione) H. de Montherlant “La falsa indignazione è la più ripugnante forma d’ipocrisia” quando si accompagnerà questa “indignazione” fine a se stessa a proposte ed atti concreti e risolutivi? E mi domando: Si può ancora definire “emergenza” una situazione che invece è divenuta cronica, senza che vengano poste in essere le basi per una reale soluzione di questo dramma? Giustizia: le nostre culturali prigioni di Carlo Peis Notizie Radicali, 13 giugno 2012 I nostri padri costituenti previdero l’amnistia ritenendola non solo conforme e in armonia con i principi consacrati nella carta fondamentale ma opportuna e necessaria in determinate occasioni “rebus sic stantibus” per armonizzare nuovamente il sistema nel qual caso fossero intervenute situazioni che lo avrebbero alterato. Oggi diremmo un riavvio con backup. Le ragioni per un’amnistia, come inizio di un processo di ritorno alle legalità per lo Stato italiano, ci sono tutte. E i motivi sono stati ampiamente spiegati con dovizia e motivati congruamente dai promotori radicali. Le condanne che la Corte europea di Strasburgo ha emanato nei confronti dell’Italia, il numero milionario delle cause in corso, le inevitabili conseguenti prescrizioni che si determinano dall’attuale condizione (che negano giustizia per tutti colpevoli e vittime e realizzano solo un privilegio di casta), la persistente ingiusta situazione carceraria, sono prova di una disumana realtà giurisdizionale e giuridica. Mi pare, visto ciò che la risposta ufficiale di un nuovo piano di “edilizia carceraria” sia banale, riduttiva e soprattutto miope. Il problema che blocca la possibilità di emanare un provvedimento di amnistia non risiede sulla prevalenza di ragioni opposte o dalla incapacità di persuadere o convincere chi non è d’accordo. L’attuale sistema politico, a mio giudizio, è vittima di se stesso, impedito e incapace di riformarsi anche quando potrebbe o sarebbe necessario e opportuno che lo facesse. Il motivo che esprime l’attuale classe politica risiede nella ingannevole convenienza che sia preferibile lo status quo. Pensando al cane che si morde la coda è chiaro che decenni di “Democrazia Reale” come la definisce, non a caso, Pannella porti a tutto ciò. La cronica assenza di una vera e libera informazione disancorata dai ruoli di parte e di un dibattito pubblico di confronto e di analisi scevro da pregiudizi e dogmi, porta inevitabilmente a pensare che talvolta sia giusto quello che forse potrebbe non esserlo. Ma sussiste sullo sfondo un altro aspetto di carattere culturale. Considerando le ragioni che adducono i contrari al provvedimento paiono abbiano la stessa matrice morale che produce la convinzione che sia giusto l’approccio proibizionista. Il parallelismo non è azzardato ma è conseguente all’atteggiamento che i paternalisti morali ripropongono pensando che il compito dello Stato sia quella di controllare l’animo del cittadino focalizzando il problema esclusivamente sulla moralità dell’estinzione del reato e della pena. Pongo all’attenzione una riflessione. Per i detenuti e per noi stessi è preferibile, se ci pensiamo bene, sentirsi domandare “dove vai” o “da dove vieni”; forse, già questo farebbe la differenza e magari ci avvicinerebbe a soffermarci “per quale strada è passata la colpa” e chissà scoprendo tante altre verità. Anche perché, come scriveva Hugo “è mai possibile che le prigioni siano piene di colpevoli e i palazzi del potere solo di innocenti?” Se quotidianamente ci si costruisce un muro attorno a se (magari all’inizio con buone ragioni) pensando di proteggersi può capitare a lungo andare di rimanerne al contrario prigionieri. Ecco, forse questa metafora racchiude perfettamente la condizione italica. Giustizia: l’ergastolo ostativo, la “pena di morte viva” di Marco Del Ciello Notizie Radicali, 13 giugno 2012 Carmelo Musumeci è un ergastolano che sta scontando la sua pena nel carcere di Spoleto, ma è anche uno scrittore che negli ultimi anni ha pubblicato tre libri, tra memoria e narrativa. L’ultimo in ordine di tempo, una raccolta di racconti dal titolo “Zanna blu. Le avventure” (Gabrielli Editori, 2012), può vantare una prefazione della celebre scienziata Margherita Hack e ha offerto alla Libreria Popolare di via Tadino a Milano lo spunto per organizzare venerdì scorso una presentazione che si è rapidamente e naturalmente trasformata in un’occasione di dibattito sulla pena carceraria in Italia. Circostanza non casuale, dato che tra i fondatori nel 1974 della Libreria Popolare c’era quel Mario Cuminetti da cui prende nome il “Gruppo Carcere Mario Cuminetti”, associazione per i diritti dei detenuti attiva nel milanese dal 1985 e che ancora oggi si riunisce abitualmente proprio nei locali della libreria di via Tadino. La presenza di due professionisti del diritto come il professor Luciano Eusebi, ordinario di diritto penale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e già membro della Commissione Pisapia per la riforma del codice penale, e la dottoressa Roberta Cassia, giudice di sorveglianza presso il Tribunale di Milano, ha permesso ai partecipanti alla serata di gettare uno sguardo su uno degli angoli più oscuri del nostro sistema penale: l’ergastolo ostativo. Se infatti la riforma dell’ordinamento penitenziario del 1975 ha introdotto una serie di benefici premiali per favorire la riabilitazione e il reinserimento nella società dei detenuti, ha però anche previsto un elenco di eccezioni, cioè di reati che appunto ostano all’accesso a questi benefici. Elenco che, neanche a dirlo, nel corso degli anni è cresciuto sull’onda delle varie emergenze reali o presunte, fino a comprendere tutti i reati commessi in associazione, dalla mafia fino al contrabbando di sigarette. In pratica chi subisce una qualsiasi condanna carceraria per uno di questi reati deve scontarla per intero senza poter uscire in anticipo, a meno che non faccia i nomi dei suoi complici contribuendo così alla loro cattura. Chi, come Carmelo Musumeci, viene condannato all’ergastolo per uno di questi reati deve quindi scontare una pena lunga quanto la sua vita. Questo è l’unico vero ergastolo che esiste oggi in Italia ed è anche in aperto contrasto con il dettato costituzionale, che prevede la rieducazione come unico fine a cui deve tendere la pena: i circa 1.200 ergastolani ostativi non usciranno mai dal carcere e non torneranno mai nella società, non importa quanti sforzi facciano per rimediare ai propri errori. Musumeci ad esempio, entrato in carcere con la sola licenza elementare, ha poi conseguito durante la detenzione una laurea in giurisprudenza ed è oggi scrittore. Ma si rifiuta di fare i nomi dei suoi antichi “colleghi” per un motivo etico, non vuole infatti barattare la propria libertà con quella di un altro, e per questo è destinato a terminare i suoi giorni tra le quattro mura di una cella. Altri che si trovano nella sua condizione mantengono un’analoga reticenza per paura di ritorsioni e vendette nei confronti dei loro famigliari, altri ancora non hanno proprio nessuna informazione utile da fornire alle autorità, ma non riescono a convincere il giudice della loro buona fede. Eppure tutti quanti subiscono la “pena di morte viva”, per usare un’amara definizione dello stesso Musumeci. L’ergastolo ostativo assomiglia per molti versi al cosiddetto carcere duro del 41 bis, ma anche i detenuti comuni, che sono poi la maggioranza, non trovano quasi mai all’interno dell’istituzione penitenziaria l’opportunità di riabilitarsi. Il carcere diventa quindi una sorta di parcheggio in cui attendono la liberazione senza fare nulla. Una pena che non porta loro nessun beneficio, ma non restituisce nulla neanche alle vittime e non protegge la società dal rischio della recidiva. Tutto questo a causa del sovraffollamento che affligge i nostri istituti e che rende impossibile l’applicazione delle norme dell’ordinamento penitenziario. Eppure, come ci hanno ricordato nei loro interventi venerdì sera il professor Eusebi e la giudice Cassia, il nostro ordinamento è all’avanguardia e prevede già oggi misure alternative alla pena carceraria. Almeno sulla carta. Se pensiamo ad esempio che in Germania ben tre quarti della condanne prevedono una pena pecuniaria, secondo la semplice osservazione per cui il movente della maggior parte dei reati è proprio il denaro, e in Austria quasi il 30% dei processi si risolvono con gli strumenti della giustizia riparativa e della mediazione penale, che tengono nella giusta considerazione anche le esigenze della vittima, possiamo renderci conto di quanta strada dobbiamo ancora fare per arrivare a una giustizia più giusta e umana, che non seppellisca vivi i tanti Carmelo Musumeci che ci sono oggi nelle carceri italiane. Lettere: solidarietà ai terremotati…. dalle celle di Don Marco Pozza Avvenire, 13 giugno 2012 Come un contropiede al novantesimo: quando meno te l’aspetti loro scattano e ti ribaltano una partita, o forse un’opinione ch’era divenuta certezza con lo scorrere del tempo. “Vorrei rendere utile la popolazione carceraria, quella non pericolosa, per i lavori di ripresa del territorio”, erano state le parole del ministro Paola Severino dopo aver visitato l’istituto penitenziario della Dozza a Bologna. È bastato lo sguardo di una donna attraverso le sbarre, camminando per i corridoi e stringendo qualche mano, per accorgersi che lì dentro - e in tutte le carceri italiane - alberga un’energia umana smisurata, ma compressa. Aveva specificato che si trattava della popolazione “non pericolosa”, ovverossia gli artefici di piccoli atti di sabotaggio, furti e delitti di basso profilo: non si trattava certamente di far abbandonare le celle a massimi esponenti della malavita nazionale. Eppure non è bastato per arginare il luogocomunismo dilagante, anche in piena situazione di emergenza. “Non li vogliamo”, ha gridato ai tg nazionali più di qualche abitante delle zone interessate. Come dire: preferiamo l’addiaccio all’aiuto, non richiesto né gradito, di quegli avanzi di galera. Dopo questo rifiuto, a Padova - dietro le sbarre del carcere di massima sicurezza Due Palazzi - è partito il tam-tam del riscatto. Una rivolta silenziosa, spontanea, umanitaria. Inarrestabile come appare il bene quand’è frutto di un cuore “impossibilitato” ad amare. Hanno raccolto le firme, hanno solidarizzato tra popoli di religioni diverse, per una volta pure loro hanno messo da parte i delitti commessi e hanno cercato l’uomo nascosto dietro la colpa, per interpellarne il cuore. In un foglio, domenica a Messa, campeggiavano le loro firme e l’importo che ciascuno devolveva. Hanno partecipato così alla grande colletta nazionale della Chiesa italiana. Come dire: “Se non ci vogliono, accettino il nostro gesto d’amore”. Là dentro non ci sono i soldi per la carta igienica e il sapone, per il detersivo e per l’acqua calda: ultimamente scarseggiano pure il cibo e la speranza umana. Ma anche nell’abisso più oscuro della malvagità riesce a splendere ancora una fiamma buona e calda. Il conto corrente di Viktor, ragazzo dalla pelle nera approdato sulle coste italiane, segnalava ben 1,75 euro. Li ha devoluti tutti per i terremotati: da domattina non potrà più nemmeno comprarsi il dentifricio o telefonare a casa. Più di qualcuno s’è accorto che quel gesto era il memoriale evangelico della povera vedova che lo sguardo del Messia additò come esempio dell’amore che non calcola. Il terremoto è una calamità naturale. Del terremoto si può, però, parlare anche per metafora, per additare uno sconquasso interiore, una distruzione generale, un disastro dell’umano. Il carcerato conosce il peso delle macerie: per averle create e per doverle ora rimuovere e ripagare con la detenzione. Ma nulla può arrestare la grazia di Dio all’opera nei momenti più insperati e inattesi. Perché, schiacciato dal peso delle macerie e dei rimorsi, là dentro qualcuno ha intuito che saranno i gesti d’amore le uniche costruzioni che reggeranno alle calamità naturali e alle presunte certezze dell’uomo. Eppure, è bastata la proposta intelligente e alquanto azzardata di una donna che conosce bene la Costituzione e il Codice Penale per riportare alla memoria di tanti, di troppi, il vecchio adagio della “chiave della cella da gettare in mare”. Eppure, basterebbe dare a queste persone una piccola chance per accorgersi che la “chiave nel mare” non riconcilia l’uomo con gli uomini. E forse nemmeno l’uomo con se stesso. Perché dietro le sbarre ogni uomo è solo, a nudo contatto con il bene che sa riconoscere e che lo distanzia dal male fatto. Tra coloro che inciampano c’è ancora chi continua a credere nell’amore, e a trovare l’Amore. A tal punto che, ogni tanto, si rialzano e provano a farlo risplendere. Nel Suo nome. Calabria: il Governatore Scopelliti; chiusura degli Opg, la Regione non è impreparata di Pino Toscano Gazzetta del Sud, 13 giugno 2012 Ospedali psichiatrici giudiziari addio. La legge 9/2012, approvata dal parlamento su impulso della Commissione Marino, fissa al 31 marzo del 2013 la chiusura definitiva degli Opg e la loro sostituzione con strutture regionali sanitarie. Un evento atteso da 32 anni, da quando la legge Basaglia aveva spazzato i manicomi e spezzato le catene della schiavitù, aprendo nuovi orizzonti nel trattamento della malattia mentale. Da quella rivoluzione erano stati esclusi gli Opg, ma oggi è venuto il tempo di abbattere anche questo fortino per segnare una svolta di civiltà. Se qualcuno avesse ancora dubbi sulla necessità di introdurre una nuova normativa, si consiglia il video “Vite sospese”, girato a Montelupo Fiorentino e Barcellona Pozzo di Gotto, che ha fatto da prologo al convegno del Centro Volontariato dei Due Mari tenuto ieri alla “Piccola Opera Papa Giovanni” con il ministro della Salute Renato Balduzzi e il governatore Giuseppe Scopelliti. Altro che cure, esseri umane come bestie in gabbia, imbottiti di psicofarmaci, spesso picchiati e puniti col letto di contenzione. Un’umanità dolorante, vittima della barbarie, che implora aiuto. La proiezione del video arriva agli spettatori come un pugno nello stomaco. Scende il gelo in sala. Non è semplice, per il moderatore Giovanni Giacobbe, rompere la drammaticità del clima per introdurre il dibattito, ma trova le parole giuste Poi ci pensa Mario Nasone, presidente del Csv, a spostare l’attenzione del pubblico sulle prospettive aperte dalla nuova legge. Non senza aver ricordato, in premessa, il ruolo del volontariato, che su questo tema è stato in prima fila fin dagli Anni Settanta, all’epoca della battaglia per la chiusura del manicomio giudiziario reggino, avendo come guida spirituale don Italo Calabro, artefice anche della realizzazione della Piccola Opera. “È una sfida per tutti”, avverte Nasone. “Abbiamo bisogno di strutture che riabilitino i malati mentali e non li segregano. Riponiamo molta fiducia nelle scelte della Regione Calabria. Anzi, siamo certi che Scopelliti agirà nel modo più giusto”. Partono i saluti al ministro del sindaco Demetrio Arena (“benvenuto in una città solidale che ha nel volontariato uno dei suoi punti di forza”) e del presidente della Provincia Giuseppe Raffa, che sottolinea l’impegno dell’ente in un settore così delicato. Con Patrizia Surace, avvocato e criminologo dell’Unica!, si entra negli aspetti giuridici del problema per sfociare in quelli del “ripristino della dimensione umana”. Poi tocca a Nunziante Rosania, direttore dell’Opg di Barcellona: “Gli ospedali psichiatrici giudiziari sono stati considerati i bastioni della difesa sociale e trasformati in carceri. Assistenza, terapia, riabilitazione zero”. Un passaggio a rete per l’altro barcellonese, don Pippo Insana, che insiste sulla esigenza di “umanizzare il trattamento”, mentre don Nino Pangallo, delegato regionale Caritas, tira un sospiro di sollievo: “Finalmente un passo decisivo per superare la paura, come per la legge Basaglia. Ci è chiesto sempre di più di ascoltare il dolore del malato mentale e della sua famiglia”. Rubens Curia spiega con puntuali riferimenti l’attività svolta dalla Regione e Michele Zoccali quella dell’Asp reggina. Quindi Gaetano Giunta, segretario generale Fondazione di Comunità di Messina, lancia un pesante interrogativo sul rischio di cronicizzazione del sistema e Orsola Fori, in rappresentanza del coordinamento del Terzo settore, racconta un’esperienza vissuta dall’associazione: “A Stefano abbiamo chiesto come si trovava fuori dall’Opg. Si è guardato le scarpe. Gli abbiamo ripetuto la domanda e lui continuava a guardarsi le scarpe. Poi si è deciso e ha risposto: “Prima le scarpe non le avevo”. Scopelliti non è immune dall’emozione che taglia a fette l’auditorium: “Parliamo di un mondo di confine, perennemente sospeso tra un’idea autoritaria di civiltà e la dignità delle persone. Ringrazio Balduzzi per la sua sensibilità. Guardando al 2013 dobbiamo sapere che solo una grande sinergia tra istituzioni può portarci al traguardo. La Regione Calabria, comunque, non è impreparata. Da tempo ha avviato il percorso per il rientro degli internati”. Traendo le conclusioni, il ministro si mostra ottimista: “È la volta buona? Dico sì senza esitazioni. E lo è perché l’interlocuzione è forte. Se c’è il pericolo che le nuove strutture diventino piccoli Opg? Dipende da noi, dalla nostra capacità di interpretare l’urlo dei malati mentali. Non diventeranno piccoli Opg se prenderemo seriamente in esame il progetto educativo e se non ci faremo soggiogare dalla paura irrazionale”. Ultima considerazione: “Sugli Opg Scopelliti sta lavorando bene. E questo convegno de! volontariato è un segnale di coraggio e di speranza per una terra alla quale sono molto legato”. Stefano ha riconquistato le sue scarpe. Adesso bisogna restituirgli la dignità. Umbria: Garante dei detenuti; Libera e Radicali Perugia incontrano i consiglieri regionali www.ilsitodiperugia.it, 13 giugno 2012 Garante dei detenuti: l’associazione Libera e Radicali Perugia incontrano i consiglieri regionali umbri. Subito l’inserimento all’ordine del giorno dei lavori del consiglio regionale dell’Umbria la nomina, nel nome della massima trasparenza. Continua la raccolta delle firme per una petizione. Walter Cardinali, presidente di Libera - Umbria, Andrea Maori, segretario di Radicali Perugia - Giovanni Nuvoli. In questi giorni come rappresentanti dell’associazione Libera - Umbria e Radicali Perugia stiamo avendo una serie di incontri con consiglieri regionali per sollecitare l’approvazione della nomina del Garante delle persone sottoposte a misure privative o limitative della libertà personale. Sono passati quasi sei anni da quando la -la Regione Umbria, con la legge regionale n. 13 del 18 ottobre 2006, ha istituito questa importante figura di tutela dei diritti dei diritti civili delle persone detenute e degli operatori carcerari- e non è mai stata applicata, malgrado gli impegni anche recentemente presi durante un importante convegno che si è tenuto con i rappresentanti dell’associazionismo e del volontariato. La mancata applicazione della legge si somma alla assenza di legalità delle carceri per le condizioni di vita determinate soprattutto dal sovraffollamento e dalla fatiscenza delle strutture. Il Garante dei detenuti è una figura di intermediazione, di tutela dei diritti di chi, il detenuto, se pur colpevole, è portatore di diritti - alla salute, alle relazioni affettive, alla corrispondenza riservata, alla privacy - che non possono essere disponibili in quanto non è sulla loro compressione che si può basare la carcerazione. Durante gli incontri, che vanno di pari passo con una raccolta di firme tra i cittadini, stiamo chiedendo che venga inserita al più presto all’ordine del giorno dei lavori del consiglio regionale dell’Umbria la nomina del Garante ad oltranza fino al raggiungimento della nomina e vengano diffusi online nel portale della regione dell’Umbria i curricula dei candidati alla nomina di Garante in base al diritto dei cittadini di conoscere le competenze professionali di chi è candidato ad assumere un incarico pubblico. Marche: il Sappe in protesta per problematiche del carcere di Fossombrone Agenparl, 13 giugno 2012 “Le dimostrazioni di affetto e la vicinanza attestateci dalla cittadinanza avvenute durante ed a seguito della manifestazione del 8 giugno scorso a Fossombrone sono state un sicuro sollievo per l’intero Reparto della Polizia Penitenziaria; il vuoto istituzionale dovuto all’assenza degli esponenti della giunta comunale fossombronese è stato ampiamente colmato dalla presenza, dall’appoggio e dall’amicizia ormai decennale del Consigliere Regionale Giancarlo D’Anna, grande interlocutore politico dei Poliziotti Penitenziari Marchigiani. E dalla presenza e dall’interesse mostrato dal Consigliere Comunale Maurizio Mezzanotti i quali, con scrupolosa precisione hanno testimoniato agli organi di stampa presenti il decadimento strutturale ed il preoccupante depotenziamento organizzativo perpetrato dall’Amministrazione Penitenziaria ai danni della Casa di Reclusione di Fossombrone, del suo personale e del territorio che indubbiamente beneficia dell’indotto economico prodotto da questa struttura penitenziaria, tutto questo nel totale silenzio delle amministrazioni comunali susseguitesi nel tempo; ma soprattutto hanno affermato l’importanza che un presidio di sicurezza, qual è il Reparto di Polizia Penitenziaria, ha per il circondario. Oggi, le organizzazioni sindacali del Penitenziario Fossombronese hanno chiesto in maniera unitaria un incontro con il Sig. Prefetto della provincia di Pesaro - Urbino e con il Provveditore Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria per risollevare le sorti dalla Casa di Reclusione di Fossombrone e per risolverne definitivamente le problematiche”. È quanto si legge in una nota del sindacato Sappe delle Marche. Umbria: Lisiapp; siamo al collasso del sistema, disertiamo la festa della Polizia penitenziaria Comunicato Stampa, 13 giugno 2012 Lisiapp, il Libero Sindacato Appartenenti Polizia Penitenziaria, annuncia attraverso una nota che non parteciperà allàannuale cerimonia dei festeggiamenti della polizia penitenziaria della Regione: “Decliniamo con forza l’invito per domani a Terni all’annuale cerimonia di festeggiamenti della polizia penitenziaria nella regione”. Il sindacato di categoria sottolinea che “da tempo denunciamo la situazione penitenziaria che si trovano le strutture detentive della regione ma, continuiamo ad essere inascoltati da questa Amministrazione la gravissima carenza di Personale di Polizia Penitenziaria, i turni di lavoro massacranti con continuo ricorso al lavoro straordinario”. Inoltre, denuncia Daniele Rosati Segretario umbro del Lisiapp: “Abbiamo un parco automezzi scarso e fatiscente, i fondi per le missioni cominciano a scarseggiare, molto spesso gli agenti sono costretti ad anticipare di tasca propria i soldi per poter lavorare”. Per tutte queste ragioni - ribadisce Rosati - e per rispetto del Personale che rappresentiamo non possiamo partecipare ad un evento che solo formalmente sarà “la Festa del Corpo” ma sicuramente sarà priva dei contenuti sostanziali che dovrebbe avere. Intanto per domani le OO.SS. tra cui il Lisiapp si riuniranno presso la cattedrale della città Ternana per una grande manifestazione di Protesta contro l’indifferenza e contro la protervia dell’Amministrazione Penitenziaria regionale e centrale. Protesteremo per i nostri diritti negati e per la nostra dignità conclude Rosati. Foggia: Cisl-Fns; carcere superaffollato, inadeguato a ospitare 750 detenuti www.teleradioerre.it, 13 giugno 2012 La visita della Cisl-Fns, con la presenza del Segretario Nazionale Mattia D’Ambrosio, del Segretario Generale Regionale Crescenzio Lumieri e il segretario Generale Provinciale Michele Lanza, effettuata ieri, ha messo in evidenza il gravissimo disagio della Polizia Penitenziaria. La Casa Circondariale di Foggia, super affollata, contiene 750 detenuti, ieri, a fronte dei 350 previsti dalla capienza tollerabile. Il rapporto tra personale e detenuti risulta essere meno di mezzo agente per ogni detenuto. In effetti, le 295 unità previste in organico sono suddivisi in tre o quattro turni di servizio di cui 51 di questi, sono assegnati al Nucleo Traduzioni e Piantonamenti per le attività del Tribunale, trasferimenti, piantonamenti e visite ambulatoriali. Una gravissima carenza di risorse umane è rilevata presso la sezione femminile di Foggia, mentre la Cisl Fns evidenzia che presso il carcere di Lucera vi è un congruo numero di agenti donne senza la presenza di un reparto femminile. A tal riguardo la Cisl chiede al Dipartimento i motivi per i quali si verificano tali incresciose situazioni. La situazione igienico-sanitaria della struttura è da ritenersi drammaticamente carente, soprattutto nei servizi igienici del block house e nel reparti denominati “transito ed isolamento” per il quale si chiede nuovamente la chiusura, perché necessita di interventi urgenti e risolutivi. Durante i turni pomeridiani e notturni i 750 detenuti vengono gestiti da un numero di agenti che in alcuni casi è inferiore alla soglia minima di sicurezza, Tale circostanza assume rilievo sul piano della sicurezza, in modo negativo. Si denuncia con forza il mancato funzionamento del sistema di anti scavalcamento del muro di cinta, nonostante l’amministrazione penitenziaria e lo Stato hanno investito somme ingenti per razionalizzare le unità di polizia penitenziaria. La domanda della Cisl, rivolta ai vari livelli dell’amministrazione penitenziaria è: “come mai si investono risorse economiche, ed il servizio non garantisce l’efficacia e l’efficienza sperate?”. Altro gravissimo problema che affligge la Casa Circondariale di Foggia, è la mancanza di un reparto per la degenza di detenuti sottoposti a ricoveri, nonostante le promesse dell’Asl in ordine alla ristrutturazione del vecchio reparto utilizzato per i ricoveri. A tutt’oggi detto reparto non è stato ancora restituito alla Polizia Penitenziaria per lo svolgimento del servizio di propria competenza. A causa di ciò i molti ricoveri di detenuti presso la struttura ospedaliera vengono eseguiti nei reparti ordinari, con gravi disagi ai cittadini che risultano ricoverati negli stessi luoghi, con ripercussioni e rischi per la sicurezza pubblica, oltre che sperpero di personale che non è sufficiente alle altre esigenze della struttura penitenziaria. La carenza di Personale crea gravi disagi alla vita quotidiana dei poliziotti e delle loro famiglie. Le ore lavorative giornaliere superano i criteri contrattuali, determinando stress che, aggiunto alle continue aggressioni subite, sta decimando il Personale. Basta verificare le assenze del Personale per malattia e convalescenza. I disagi dovuti ai tagli dei fondi creano invivibilità nella dimensione carceraria, che si ripercuote sui Poliziotti che subiscono, in prima persona, lo stato di malessere prodotto dalla carenza di fondi e dal grave affollamento esistente. Il taglio dei fondi crea gravi problemi strutturali, anche nella sede della Casa Circondariale di Foggia si riscontrano crepe nei cornicioni e nei pilastri delle strutture dovute a probabili infiltrazioni. La Cisl Fns denuncia con forza la mancata applicazione della Legge svuota carceri proposta dal Ministro Guardasigilli che prevede la detenzione o gli arresti domiciliari per reati che prevedano una pena residua fino a diciotto mesi e soprattutto gli arrestati per reati del giudice monocratico vengono associati presso la Casa Circondariale, nonostante la norma prevede che il processo per direttissima ed il fermo deve essere effettuato presso le camere di sicurezza delle forze dell’ordine che procedono all’arresto. Il Segretario Generale Cisl Fns, Crescenzio Lumieri Modena: la Garante regionale Desi Bruno; adesso chiudiamo la Casa di lavoro a Saliceta Gazzetta di Modena, 13 giugno 2012 Il terremoto ha fatto sfollare i 63 detenuti nella casa di lavoro di Saliceta San Giuliano, la vecchia e ormai fatiscente struttura tra via Giardini e via Panni. Da tempo si propugnava la chiusura definitiva e in prima linea c’era proprio Desi Bruno, la garante per i diritti dei carcerati che opera per conto della Regione Ora che i detenuti sono stati trasferiti in analoghe strutture a Padova e Parma, la Bruno rilancia la sua proposta perché sostiene che nei fatti, oggi come oggi, il reinserimento sociale è difficile da raggiungere: i detenuti sono lontani dalle loro famiglie e non ci sono spesso neppure progetti di sostegno per inserirli nel mondo del lavoro dopo la detenzione. Insomma, secondo la Bruno le case di lavoro hanno fallito nel loro intento e il terremoto, proprio perché ha sgomberato quegli ambienti può ora permettere di pensare alla definitiva chiusura di Saliceta e a un cambiamento di programma. La chiusura renderebbe anche più leggero il lavoro dell’Ufficio esecuzione penale modenese e alleggerirebbe i compiti del personale. Roma: Osapp; tre poliziotti penitenziari aggrediti a Regina Coeli, con l’estate carceri a rischio Comunicato stampa, 13 giugno 2012 “Tre separate aggressioni con lesioni a poliziotti penitenziari, da parte dello stesso detenuto di nazionalità eritrea, oggi presso la Casa Circondariale di Roma-Regina Coeli, nella 7’ e nell’8’ sezione detentiva e nell’ufficio matricola, quale grave sintomo delle perduranti tensioni dell’istituto romano”. ad affermarlo è l’Osapp (Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria) in una lettera a firma del segretario generale Leo Beneduci e indirizzata ai Gruppi Parlamentari di Camera e Senato. “Se consideriamo che gli episodi di violenza in carcere stanno aumentando (altre aggressioni ieri in Sicilia e in Piemonte) e che le condizioni di vivibilità degli istituti di pena stanno peggiorando giorno dopo giorno (66.650 detenuti per 45.560 posti pari a 21.000 eccedenze) - prosegue il sindacato - le premesse per un’estate estremamente calda nelle carceri italiane ci sono tutte e non sembrano esserci correttivi all’attuale degrado”. “Anche il tanto vantato piano straordinario di edilizia penitenziaria, come era facile immaginare, oltre che per l’eccessivo costo ha mostrato di essere pressoché irrealizzabile, così da essere quasi del tutto abbandonato - spiega ancora il leader dell’Osapp - e rispetto ad una Guardasigilli da tempo lontana dalle vicende penitenziarie, l’attuale Amministrazione centrale appare persa in progetti estranei alla realtà degli istituti di pena ed impreparata ad affrontare qualsiasi emergenza”. “Occorrerebbero, in sede legislativa, atti di urgente e concreta buona volontà a partire da un provvedimento di amnistia di cui le carceri e tutto sistema giudiziario non possono più fare a meno - conclude Beneduci - perché se le condizioni e le tensioni nelle carceri dovessero peggiorare ulteriormente i rischi ed i danni non sarebbero più a carico esclusivo dei poliziotti penitenziari ma dell’intera Collettività nazionale”. Enna: convegno promosso dall’Ugl “Detenuti da tutelare sempre…” La Sicilia, 13 giugno 2012 Il convegno promosso dall’Ugl Polizia di Stato e dall’Associazione “Avvocato Mario Bellomo” che si è svolto ad Enna ha avuto un discreto successo di pubblico. Alla tavola rotonda erano presenti il questore Salvatore Patanè, il vicario di Caltanissetta Giuseppe Acciaro, il vicario del prefetto Salvatore Caccamo, il colonnello capo del Centro della Dia di Caltanissetta Ferdinando Scillia, rappresentanti delle istituzioni locali e ancora delle diverse sigle sindacali. Oltre al messaggio del senatore D’Alia e del senatore Fleres, garante regionale dei diritti dei detenuti, i lavori hanno preso inizio con l’intervento del presidente della Corte d’appello di Caltanissetta Salvatore Cardinale che è stato anche procuratore a Enna. Il contributo e l’esperienza professionale dei relatori intervenuti, come le direttrici della casa circondariale di Enna e Nicosia, del cappellano Zangara, delegato regionale delle carceri e degli istituti minori, dello psichiatra e psicoanalista Monteleone, consulente del ministero al carcere di Bicocca a Catania, l’avvocato Giuseppe Dacquì del foro di Caltanissetta hanno messo in evidenza l’importanza della rieducazione dei detenuti nell’attuale sistema penitenziario. I detenuti vanno garantiti nei loro diritti fondamentali anche quando si trovino a scontare la pena in regime di massima sicurezza. Tanto è emerso dall’intervento del sindaco Paolo Garofalo parlando delle garanzie per i detenuti. Diversi i profili evidenziati, non soltanto giuridici ma anche sociali, culturali e religiosi. Quella promossa dall’Ugl Polizia di Stato e dall’Associazione Bellomo è una iniziativa che certamente interessa le forze di polizia che quotidianamente svolgono attività di prevenzione nella repressione dei fenomeni di criminalità. Per questo il segretario nazionale dell’Ugl Polizia di Stato Romano Amico ha ribadito l’importanza di promuovere anche nell’ambito sindacale attività formative e informative. Un prezioso contributo professionale è stato offerto dal magistrato di Sorveglianza, già presidente del Tribunale di sorveglianza di Caltanissetta, intervenuto a conclusione dei lavori che, nel mettere in luce il ruolo della magistratura nell’applicazione della pena, ha ribadito l’importanza di rieducare il detenuto coinvolgendo anche la famiglia. Nel corso dei lavori, condotti dal commissario regionale Sicilia Ugl Antonio Scolletta, è emersa l’importanza di fare rete fra tutti gli operatori che a diverso titolo concorrono a rieducare l’autore di un reato: educatori, assistenti sociali, cappellani, agenti di polizia, individuando proposte o progetti idonei al reinserimento sociale del detenuto. Pesaro: il Teatro Aenigma nell’ambito della manifestazione “L’Arte Sprigionata” www.viverepesaro.it, 13 giugno 2012 Giovedì 14 giugno all’interno della ricca iniziativa intitolata “L’Arte Sprigionata”, organizzata dalla Casa Circondariale di Villa Fastiggi e dalla Biblioteca San Giovanni di Pesaro, che prevede momenti di animazione con il coinvolgimento di diverse associazioni ed operatori che conducono attività a favore dell’Istituto penitenziario di Pesaro, Il Teatro Aenigma presenta gli esiti conclusivi di due laboratori di produzione scenica. Il primo, alle 18.30 è lo spettacolo, frutto dell’attività teatrale svolta presso la Scuola media dell’Istituto Comprensivo Galilei di Villa Fastiggi dal titolo “La vita… una maschera di sentimenti”. Gli alunni della III B guidati da Romina Mascioli, attrice e Vito Minoia regista del Teatro Aenigma, hanno sviluppato una sperimentazione a partire dal testo Quello che prende gli schiaffi del drammaturgo russo Leonid Adreiev, una riflessione sulla vita a partire dal confronto tra il mondo del circo e l’esistenza quotidiana. Il lavoro, a conclusione di un percorso che ha visto l’intreccio creativo delle energie positive dei ragazzi e di detenuti e detenute, si colloca in apertura di una seconda fase di ricerca che porterà all’allestimento di uno spettacolo dedicato alla biografia del clown Giacomo Cireni da parte della pluripremiata Compagnia penitenziaria Lo Spacco (l’evento è programmato per dicembre 2012). Alle 21 Performance poetica, saggio di un inedito esperimento proposto dalla Direzione educativa della Casa Circondariale di Villa Fastiggi al Teatro Aenigma e ad altri operatori che svolgono attività all’interno dell’Istituto. Per questo evento si sono incontrati il quartetto nazionale di fiati Les flutes joyeuses che in passato ha organizzato concerti in carcere, la Cooperativa L’officina, che conduce un laboratorio di scrittura creativa nella sezione femminile, il fotografo Umberto Dolcini. La performance, dalle atmosfere delicate, ha diversi spunti sui quali gli attori detenuti hanno sviluppato azioni legate spesso alla propria identità culturale o sensibilità: le poesie tratte dal libro E questo è quanto frutto del laboratorio di scrittura del 2011, alcuni brani dello spettacolo Drammi onirici realizzato dalla Compagnia Lo Spacco a dicembre scorso, le musiche proposte dal quartetto, di vari autori: Rossini, Biancamano, Tcherepin e altri. Ad intramezzare i due momenti, e in un certo senso a unirli, la proiezione del video Marco Cavallo a Villa Fastiggi che testimonia un momento molto intenso del laboratorio “La comunicazione teatrale” avviato a Villa Fastiggi con il coinvolgimento della scuola dal 2002. Nel filmato di Maria Celeste Taliani (produzione Teatro Aenigma) il Cavallo azzurro costruito nel manicomio di Trieste ai tempi di Basaglia, ha varcato i confini del carcere, condotto dai ragazzi della III B. L’evento straordinario è stato documentato ampiamente in un saggio di Vito Minoia per il numero 76 della rivista internazionale Africa e Mediterraneo (maggio 2012). La direzione della prestigiosa pubblicazione ha considerato l’esperienza all’avanguardia, fino a dedicargli la copertina del numero, specialmente incentrato sull’ arte “socializzante” come mezzo di dialogo interculturale. In occasione di questa festa della poesia in biblioteca, alcuni detenuti e detenute hanno avuto il permesso di uscire per recitare. Ciò va nella direzione di facilitare il reinserimento nella società di individui che ne sono stati separati da diverso tempo e di creare un legame vero tra un’istituzione, per diverse ragioni aliena e lontana dalla vita civile, e i cittadini. L’iniziativa è realizzata grazie alla collaborazione del Comune di Pesaro, della provincia di Pesaro e Urbino, della Regione Marche, dell’Associazione Osservatorio Permanente sulle Carceri di Pesaro, dell’assistente volontario Paolo Pagnoni. Si segnala inoltre la partecipazione del Teatro Aenigma alla Prima Rassegna Nazionale di teatro in carcere Destini Incrociati, che si terrà a Firenze dal 20 al 23 giugno prossimi. Vito Minoia, che è anche Presidente del Coordinamento Nazionale Teatro in Carcere fa parte della direzione artistica dell’evento insieme al filosofo Sergio Givone - da una settimana assessore alla cultura della Città di Firenze - e ai critici teatrali Gianfranco Capitta e Valeria Ottolenghi. La manifestazione prevede la presentazione di 16 spettacoli provenienti da 12 Regioni differenti e varie altre iniziative all’interno ed all’esterno di istituti penitenziari toscani, tra le quali anche una mostra fotografica con scatti di Franco Deriu sugli ultimi due spettacoli teatrali realizzati da Teatro Aenigma e Compagnia Lo Spacco a Pesaro: Lettere dal carcere (2010, opera che ha ricevuto il Premio Letterario Nazionale Gramsci) e Drammi onirici (2011). Grosseto: triangolare di calcetto al carcere Massa Marittima; detenuti, agenti e Croce rossa Il Tirreno, 13 giugno 2012 Guardie contro detenuti, uno di fronte all’altro, per darsi battaglia fino all’ultimo minuto... sul campo di calcetto. È in programma infatti per venerdì il terzo torneo triangolare, a cui parteciperanno una squadra di detenuti dell’istituto di Massa Marittima, una dei volontari della Croce Rossa e l’altra di forze dell’ordine. E si annuncia battaglia, perché i galeotti non sono mai riusciti a strappare la vittoria. Ma oltre a tutte le buone motivazioni che hanno portato la diocesi di Massa e Piombino a organizzare questo evento, quest’anno se ne aggiunge una in più: i ricavati saranno donati alle vittime del terremoto in Emilia Romagna. “Per noi è un’occasione per far conoscere il nostro istituto e le persone che ci prestano servizio - dice il direttore Carlo Mezzebo - ma anche per tenere alta l’attenzione sulle carceri”. Per questo è nato questo torneo di calcetto tre anni fa. È composto da tre partite, da mezz’ora ciascuna, che verranno disputate sui campi follonichesi dello stadio “Nicoletti”. La squadra della Croce Rossa, detentrice del titolo, è composta da una decina di volontari, quella delle forze dell’ordine da 12 persone (tra polizia penitenziaria, carabinieri, finanzieri e così via), mentre anche quella dei detenuti da dieci giocatori. È quest’ultima ad avere le maggiori motivazioni, visto che è ancora all’asciutto. In questo senso, uno di loro, Felice Cantelli, si è fatto carico della squadra. “Ci siamo allenati rispetto alle scorse edizioni - spiega - Lo spazio a disposizione dell’istituto non è molto, ma ci siamo arrangiati. La prima settimana di allenamenti è stata presa con troppa superficialità, ma poi ci siamo messi seriamente a prepararci”. Così via alla ginnastica, alla tecnica e anche alla tattica. “Abbiamo un gruppo disponibile che si è impegnato in questa attività” spiega il mister. I detenuti poi hanno un tifoso d’eccezione, il parroco del carcere massetano don Franco Guiducci. “Il mio è stato un supporto morale: ho detto che ci si può divertire anche seguendo le regole”. Il fischio d’inizio del torneo è alle 18, sotto la direzione di un arbitro Uisp. Immigrazione: a Trieste dieci anni di detenzioni illegali a danno dei migranti di Luigi Riccio Corriere Immigrazione, 13 giugno 2012 A Trieste, il trattenimento illegale dei migranti rappresenterebbe una prassi consolidata da almeno dieci anni. Ad imporlo, una circolar dell’ex questore Argirò della seconda metà del 2002 e poi confermata dai successivi questori. A rivelarlo Daniele Dovenna, segretario provinciale della Uil-Polizia, che denuncia: “Le disposizioni sono state puntualmente eseguite da tutti gli uffici di polizia della provincia” A Trieste, il trattenimento illegale dei migranti nei commissariati di polizia sarebbe da anni una prassi consolidata. E dietro questo costume non ci sarebbe la spregiudicatezza di singoli poliziotti bensì una circolare a uso interno, emanata dal questore Natale Argirò nel 2002 e riconfermata negli anni dai suoi successori. A sostenerlo è Daniele Dovenna, segretario provinciale della Uil-Polizia, che ha deciso di rompere il silenzio in seguito all’indagine avviata dalla magistratura dopo la morte della 32enne Alina Diachuk, avvenuta nel commissariato di Opicina lo scorso 16 aprile. La ragazza era stata scarcerata il 14 dopo aver scontato una condanna patteggiata per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. All’uscita dalla prigione era stata prelevata da una volante della polizia inviata da Carlo Baffi, responsabile dell’Ufficio Immigrazione della questura, e condotta nel commissariato, in attesa dell’espulsione. Ma era un sabato, gli uffici del giudice di pace erano chiusi e il trattenimento non era stato avallato da alcun provvedimento giudiziario. La detenzione era quindi illegale. E la donna è stata ritrovata impiccata in cella il 16 aprile. I media si sono concentrati soprattutto sulla storia personale di Alina e sul suo terrore di essere rimpatriata in Ucraina. Il pubblico ministero, Massimo De Bortoli, ha avviato un’indagine. L’attenzione è puntata su Carlo Baffi (attualmente in ferie obbligate) e altri due poliziotti: il primo è indagato per sequestro di persona e omicidio colposo, gli ultimi per mancata consegna (cioè per non aver vigilato correttamente su Alina). Nei loro uffici sono stati rinvenuti 49 fascicoli originali relativi a cittadini immigrati che sono stati illegalmente trattenuti in una cella, chiusi a chiave, anche per quattro giorni, in attesa che venisse convalidata un’udienza davanti al giudice di pace per definire l’allontanamento o l’espulsione. Ma l’idea che tutte le colpe ricadessero su singoli agenti e dirigenti non è andata proprio giù alla Uil-Polizia, che ha deciso così di rivelare l’esistenza della disposizione dell’allora questore Argirò. Tutto è cominciato nella seconda metà del 2002, poco dopo l’approvazione della legge Bossi-Fini. “La circolare imponeva di trattenere gli stranieri in attesa di espulsione fino all’udienza di convalida”, racconta Dovenna, “non specificava i tempi massimi entro cui trattenerli (per legge 48 ore, ndr). Ma ordinava di non liberarli fino a quel momento”. Le detenzioni illegali di immigrati nella provincia di Trieste sarebbero quindi la conseguenza di un ordine dall’alto. La morte di Alina ha avuto il “merito” di scoperchiare il vaso di pandora. “Dal 2002, la circolare è stata confermata e ribadita dai successivi questori e le disposizioni sono state puntualmente eseguite da parte di tutti gli uffici di polizia della provincia”. Roberto Adamo, segretario provinciale della Siulp-Cgil, interpellato sull’argomento ha affermato di non essere a conoscenza della circolare. La questura non ha rilasciato dichiarazioni. Al momento, dalle indagini, non è emerso alcun cenno alla circolare Argirò, ma è possibile che a questo punto le cose cambino. Alle responsabilità del singolo dirigente o agente si aggiungerebbero quindi quelle dei vertici, dei questori che si sono susseguiti fino all’attuale Giuseppe Padulano. Ma non solo. Secondo la Uil-Polizia, le disposizioni della circolare sarebbero state note anche all’autorità giudiziaria. Immigrazione: cronache dalla Sicilia, tra Centri d’accoglienza e burocrazia di Angela Michela Rabiolo Quotidiano di Sicilia, 13 giugno 2012 In Sicilia due Consigli territoriali devono far fronte a tutte le richieste di asilo. I ritardi diventano regola. I Cie sempre più simili alle carceri per sovraffollamento e condizioni igieniche. Cara e Cie, ovvero Centri Accoglienza Richiedenti Asilo e Centri Identificazione e Espulsione. Non sono prigioni, l’immigrato dovrebbe restare in queste strutture giusto il tempo di verificare i documenti o richiederli ma purtroppo a causa di lentezze burocratiche e all’aumento dei flussi migratori la permanenza si dilata per diversi mesi. Come è successo nel caso dei 24 ghanesi ospitati a Pian del Lago in provincia di Enna arrivati poco più di un anno fa. Lavoravano in Libia, erano pagati bene perché specializzati e sono stati salvati da una nave italiana quando è scoppiata la rivolta contro Gheddafi. Oggi vivono al Cara e alcuni hanno un contratto di lavoro, altri tengono pulita la città solo per darsi da fare e non lasciarsi impigrire in attesa che qualcuno dica loro se la domanda d’asilo è stata accolta. Ci si mette poi anche il carosello della politica che pur di titillare nelle masse la necessità di un nemico va contro le leggi votate in Parlamento. È il caso dei primi immigrati egiziani arrivati la scorsa estate e che sono stati immediatamente rimpatriati senza che si tenesse conto del loro status di richiedenti asilo. In questo caso i loro diritti non sono stati garantiti e si è andato contro all’art. 2 del Testo Unico sull’Immigrazione che in questa materia, nel solco dell’art. 10 della Costituzione, richiama anche Trattati e Convenzioni internazionali. Per fortuna la realtà fatta dalle persone è spesso più aperta e solidale, più avanti rispetto alle leggi e ai regolamenti. Sulla situazione dei rifugiati Christopher Hein, direttore del Cir (Consiglio italiano Rifugiati) fa notare molte incongruenze. “Nel 2010 i richiedenti asilo erano 10 mila, 17 mila nel 2009 e 30 mila nel 2008. Nel 2011 le richieste sono state solo 3 mila. Questo è l’effetto dei provvedimenti del governo Berlusconi”. Nel frattempo l’Alta Corte di Londra è chiamata a esprimersi sulla richiesta di bloccare il trasferimento di alcuni rifugiati politici in Italia. Allo stesso modo si stanno muovendo Olanda e Svezia mentre la Germania ha già bloccato con ordinanze di 41 tribunali diversi i rimpatri dei cosiddetti “dubliners”. Solo questo aiuta a capire che livello di considerazione l’Europa abbia dell’Italia. Hein ricorda “Che tutti i richiedenti asilo devono essere accolti anche in attesa che la loro domanda venga esaminata secondo la direttiva europea 2005/85/CE. L’accoglienza sulla carta avviene ma i tempi necessari per avviare la richiesta si dilatano per mancanza di risorse e anche per problemi con le varie ambasciate. I profughi allora finiscono nei Cara, mega centri a gestione del ministero dell’Interno -sempre più spesso affidati a strutture assistenziali private ndr - e se ottengono lo status vengono rilasciati e sostanzialmente abbandonati a se stessi”. Dal punto di vista legislativo, l’Italia si preoccupa di fronteggiare il fenomeno migratorio dagli anni ‘70 ma è tra il 1995 e il 1998 con la legge Turco-Napolitano (n.40/1998) e il T.U. (n. 286/1998) che vengono creati i Centri di Permanenza Temporanea poi diventati Cie con il pacchetto Sicurezza e l’Accordo di integrazione (leggi n. 125/2008 e n. 94/2009). Queste ultime allungano i tempi di permanenza fino a 180 giorni. Viene varato anche il decreto legislativo n. 159/2008 che modifica la legge di recepimento della direttiva europea sui rifugiati, la 2005/85/CE, introducendo restrizioni per i richiedenti asilo e norme per la revoca dello status. I richiedenti asilo, dopo aver fatto richiesta, passano ai Consigli Territoriali. Nel frattempo viene rilasciato un permesso che permette loro di lavorare perché i Cara sono strutture aperte, solo la sera vi è l’obbligo di rientro. In Sicilia i Consigli sono due, a Siracusa e Trapani. Questi devono far fronte a una richiesta che solo nel 2009 è di 6687 persone secondo i dati forniti dalle Questure al quarto rapporto dei Consigli Territoriali Immigrazione. Dal 1990 al 2011 secondo la Commissione nazionale per il diritto di asilo le richieste sono state 326.322. Negli anni 90 la provenienza dei richiedenti era per lo più europea per poi spostarsi sempre più verso Asia e Africa dove si sono aperti nuovi scenari di guerra che costringono le persone a scappare per sopravvivere. Sempre secondo le statistiche della Commissione, le richieste accolte sono diminuite nell’ultimo decennio. Se nel 1990 il 58% delle richieste veniva accolto, nel 2007 arriva all’8% e si mantiene stabile al ribasso sino al 2011. I Consigli territoriali siciliani si distinguono in mezzo agli altri per numero di richieste accettate: Trapani dal 1995 al 2011 ha accettato 6.299 richieste e ne ha respinte 3.741; Siracusa ne ha accettate 5.179 e rigettate 4.983. Per quanto riguarda i Cie siciliani, il dossier della Caritas Migrantes del 2010 rileva come tra il 2005 e il 2009 tra Agrigento e Lampedusa siano transitati 1824 persone di cui nel 2009 il 5,7% è stato trattenuto nel Cie e il 2,1% è stato rimpatriato. A Caltanissetta i transitati sono stati 2663 con il 6,6% trattenuti nei Cie, il 23,1% rimpatriati e 0,4% di richiedenti asilo. In totale in Italia nel 2009 sono transitati per i Cie 10.913 persone, il 100% è stato trattenuto e il 38% rimpatriato e solo il 3,5% ha ottenuto asilo. I Cie sono centri chiusi sempre più simili a una prigione dove però non è prevista una lunga permanenza. Fino a qualche mese erano interdetti ai giornalisti. Al loro interno la disperazione. Sono molti gli atti di autolesionismo, molti i tentativi di fuga. Poi il sovraffollamento e la conseguente deficienza dei servizi igienici. Il tutto per persone che magari non hanno commesso alcun reato se non aver affrontato un lungo viaggio pericoloso lasciandosi tutto alle spalle per inseguire il miraggio di tre pasti al giorno e un minimo di benessere per sé e per la famiglia rimasta in patria. Oggi ci sono proposte in Parlamento per chiudere definitivamente i Cie e lasciare i Cara in gestione alle associazioni. A queste vengono dati circa 40 euro per richiedente asilo; la cifra si raddoppia se si tratta di minori, tenuti in Italia fino alla maggiore età senza acquisire la cittadinanza. C’è il rischio che la disperazione dell’immigrato diventi fonte di speculazione sulla pelle di persone che sono tenute ogni giorno in attesa. Tunisia: ex presidente Ben Ali condannato a 20 anni per istigazione a omicidio Tm News, 13 giugno 2012 L’ex presidente tunisino Ben Ali è stato condannato a 20 anni di carcere per istigazione all’omicidio. A fine maggio il procuratore del tribunale militare di Kef, nordovest della Tunisia, aveva richiesto la pena di morte contro il deposto presidente, rifugiatosi in Arabia Saudita dal 14 gennaio 2011 e processato in contumacia per complicità in pluriomicidio volontario. Altri 22 imputati sono perseguiti per la morte di almeno 22 persone a Thala e Kasserine, due città del centro della Tunisia che hanno pagato un pesante tributo al sollevamento popolare che provocò la caduta di Ben Ali. Egitto: salute Mubarak migliora lievemente, ma teme medici lo vogliano morto Adnkronos, 13 giugno 2012 Le condizioni di salute dell’ex presidente egiziano Hosni Mubarak sono in lieve miglioramento. Lo riferiscono fonti della sicurezza egiziana secondo cui l’ex rais sta però rifiutando il cibo che gli viene somministrato nel carcere di Tora, al sud del Cairo, dove si trova dal 2 giugno scorso per scontare la pena dell’ergastolo. Mubarak, inoltre, non ha alcuna fiducia nei medici del carcere e, come spiega il suo avvocato Farid El-Deeb, ha paura che lo vogliamo uccidere. Oggi l’ex rais, 84 anni, ha assunto yogurt e succo di frutta, mentre gli sono stati somministrati liquidi e vitamine per via intravenosa. Accanto a Mubarak ci sono i suoi figli, come autorizzato dall’autorità carceraria. Siria: Tv di Stato; scarcerati 500 oppositori non coinvolti in attività di terrorismo Adnkronos, 13 giugno 2012 Le autorità siriane hanno scarcerato 500 prigionieri coinvolti nelle proteste contro il regime, ma che non erano accusati di "attività terroristiche". Lo ha reso noto la tv di Stato di Damasco. Lo scorso 16 maggio il regime aveva deciso la scarcerazione di altri 250 detenuti che erano stati arrestati durante la rivolta e che non si erano "macchiati di reati di sangue", ovvero non erano accusati di omicidio.