Giustizia: la soluzione dell’emergenza carceri… un “test di civiltà” per l’Italia di Paola Balducci, responsabile per il forum giustizia di Sel, Gazzetta del Mezzogiorno, 31 gennaio 2012 Arriva alla Camera, dopo l’approvazione da parte del Senato, il decreto legge destinato ad incidere positivamente sulla situazione di grave sovraffollamento delle carceri. Dopo gli ultimi anni in cui sembrava che il tema drammatico della condizione carceraria venisse in qualche modo archiviato, si riapre un percorso nuovo basato su due pilastri: efficienza della giustizia e emergenza carceri, definita dal ministro Severino “test di civiltà”. Quello delle carceri italiane è purtroppo un problema di ormai lunga tradizione, nonostante i principi costituzionali impongano un modello di esecuzione penale fondato sulla presunzione di non colpevolezza, sulla umanizzazione delle pene e sulla finalità rieducativa delle stesse. La Corte di Strasburgo ha già condannato più volte l’Italia per il mancato rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo in materia di esecuzione della condanne e il Parlamento Europeo, da ultimo con la Risoluzione 2897/2011, ha sollecitato gli Stati membri ad adottare misure urgenti per garantire che siano rispettati e tutelati i diritti fondamentali dei detenuti. In particolare, indicando come obiettivi primari il miglioramento delle strutture carcerarie e l’affermazione della garanzia che la detenzione preventiva rimanga una misura eccezionale da utilizzare nel rispetto di rigorose condizioni di necessità e proporzionalità, per un limitato periodo di tempo, in ossequio al principio fondamentale della presunzione d’innocenza. Temi ripresi con forza dal Primo Presidente della Cassazione nell’inaugurazione dell’anno giudiziario. I numeri dell’amministrazione penitenziaria non lasciano dubbi sulla necessità di una riforma urgente in materia. La popolazione carceraria ha raggiunto i livelli più alti dagli anni del secondo dopoguerra, determinando un grave squilibrio tra il numero di detenuti (67.953) e la effettiva capienza degli istituti penitenziari (45.000). Moltissime fattispecie penali inoltre, si presentano oggi come inutilmente vessatorie e contribuiscono ad aumentare pericolosamente la popolazione carceraria con incrementi che si collocano tra le 500 e le 1000 unità al mese. Tale situazione diventata insostenibile con il passare del tempo e l’aumento esponenziale dei suicidi in carcere ne è la cartina di tornasole Dai grandi numeri della popolazione carceraria emerge, altresì, il grave problema dell’alta percentuale dei detenuti in attesa di giudizio (14.639) e fra questi l’attenzione è richiamata dal fenomeno delle cosiddette sliding doors, una prassi che ha visto transitare attraverso le strutture carcerarie un numero considerevole di persone solo per brevi periodi. Secondo i dati del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, oltre 21.000 persone, arrestate o fermate, sono entrate nel circuito carcerario, dal quale, in mancanza di convalida o di ordinanza di custodia cautelare, sono usciti solo dopo pochi giorni. È evidente che gli effetti di questo fenomeno non possono che essere negativi, la permanenza in carcere oltre che mutile, perché assolutamente avulsa da qualsivoglia finalità rieducativa o di accresciuta sicurezza dei cittadini, risulta addirittura dannosa se si considerano le procedure spesso poste in essere dal sistema carcerario che si traducono in interventi molto invasivi della dignità personale. L’intervento di riforma, fortemente voluto dal nuovo Guardasigilli Paola Severino, finalizzato a contemperare le esigenze del sistema carcerario con la sicurezza dei cittadini non può che essere accolto con favore. Nell’ampia prospettiva di deflazionare i grandi numeri delle carceri, il provvedimento, estende a 18 mesi, dai 12 previsti dalla Legge 199/2010 (il provvedimento ed. svuota carceri), la possibilità di espiare, a seguito della valutazione del magistrato, l’ultima parte della pena detentiva in regime di arresti domiciliari, per i soggetti che rispondono di reati di non particolare gravità e che non siano sottoposti al regime di particolare sorveglianza. L’obiettivo della riforma è privilegiare l’aspetto curativo del trattamento penitenziario delle persone socialmente pericolose che saranno trasferite presso strutture sanitarie adeguate, idonee al contempo a garantire il livello di sicurezza che la legge prevede e ben lontane dagli istituti ad oggi ancora esistenti sul territorio nazionale, fatiscenti luoghi di segregazione inconciliabili con ogni modello di società civile. La riforma proposta dal Ministro Paola Severino, precisa e diretta, ha ripreso le tante proposte che nella precedente legislatura erano state poste in archivio dallo scioglimento anticipato delle Camere, rappresentando al contempo una ripresa e una tappa fondamentale di un percorso che ancora appare lungo e complesso. Fondamentale sarà adesso un intervento di più ampio respiro che affronti in maniera sinergica ed organica la questione della giustizia del nostro Paese migliorando il sistema carcerario, limitando il flusso in entrata e al contempo favorendone, nei limiti di legge, il deflusso. Un intervento articolato che parta dalla depenalizzazione dei reati bagatellari previsti attualmente dal sistema penale italiano, giungendo fino all’ampliamento delle ipotesi di reato perseguibili a querela di parte, passando attraverso l’introduzione di forme di anticipazione della definizione del processo come la messa alla prova e la definizione del processo per irrilevanza del fatto. Anche i provvedimenti sugli Ospedali psichiatrici giudiziari non devono e non possono essere considerati come misure isolate.ma dovrà necessariamente seguire un dibattito approfondito sulla disciplina giuridica delle misure di sicurezza, forse meno nota alle cronache, ma non per questo di scarsa rilevanza per il sistema giudiziario italiano. Solo così potrà dirsi finalmente aperta la strada ad un serio processo di sviluppo che si impone come necessità improcrastinabile per l’evoluzione del nostro Paese. Giustizia: bene la chiusura degli Opg, ma bisogna superare il “modello detentivo” www.unimondo.org, 31 gennaio 2012 Secondo le stime della campagna Stop Opg, che si batte da anni per la chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari, nei 6 Opg italiani sono internati, al 14 aprile 2011, 1.419 cittadini (1.323 uomini e 96 donne), ristretti in ossequio di vari articoli del codice penale, a cominciare dal 222. Il 26 gennaio l’aula del Senato, in sede di approvazione del decreto 3074 detto “svuota carceri” ha approvato un emendamento secondo cui gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari “le cui condizioni offendono la coscienza civile del Paese”, chiuderanno entro il 31 marzo 2013. Secondo il testo approvato gli enti locali dovranno predisporre servizi alternativi “introducendo una nuova organizzazione dell’assistenza sanitaria conforme ai Piani Sanitari regionali, realizzando un più stretto raccordo tra Magistratura e servizi psichiatrici territoriali, nonché elaborando linee guida funzionali ad agevolare un più frequente ed omogeneo ricorso alle misure alternative all’internamento”. Commenta Gianluca Borghi, referente del comitato Stop Opg: “Gli ultimi “matti”, dimenticati dalla giustizia ed offesi dallo Stato che ha continuato ad internarli per 30 anni dopo l’approvazione della legge 180, che nel 1978 chiuse i manicomi, usciranno dall’inferno di Reggio Emilia, Barcellona Pozzo di Gotto, Aversa, Montelupo Fiorentino… Oltre mille persone, 250 solo a Reggio, entreranno in comunità di accoglienza nelle quali un percorso terapeutico li porterà a superare celle, letti di contenzione, sedazione continua ed isolamento per cercare poi di rientrare nel proprio contesto di vita famigliare e di comunità”. La regione Emilia Romagna, grazie alla collaborazione tra enti locali e volontariato sociale, è all’avanguardia per la creazione di luoghi alternativi di cura per i malati psichici che hanno commesso reati. Afferma ancora Borghi: “Non partiamo dal nulla, anzi: a Sadurano, sulle colline forlivesi, l’utopia è da anni concreta esperienza di accoglienza e riabilitazione nella comunità di don Giorgio Ciani, dove ex internati all’Opg di Reggio vivono in una residenza protetta con forte presidio terapeutico. Tra loro anche autori di omicidio, a dimostrazione che ad ogni persona può, deve, essere concessa una opportunità di riscatto. E, prima ancora, don Daniele Simonazzi a Reggio, ha dimostrato da anni come sia possibile accogliere e riabilitare ex internati in gruppi appartamento protetti. Con la chiusura degli Opg calerà il sipario su una vergogna insopportabile che ha lasciato sopravvivere (e spesso morire) gli ultimi della nostra società in condizioni non descrivibili né immaginabili. Mario Tommasini, Alessandro Margara, Franco Corleone, Luigi Manconi, Ignazio Marino… in tanti, in tempi diversi, hanno contribuito a raggiungere questo risultato, ed a loro va il ringraziamento di tutti coloro che hanno combattuto, ritenendola pratica indegna di un paese civile, l’internamento di persone con infermità mentale. Se cosi sarà, dopo questi dieci lunghissimi anni di oblio nella affermazione di diritti e libertà individuali, forse proprio partendo dall’abisso degli Opg potrà aprirsi una nuova stagione di responsabilità ed impegno, come quella che negli anni 70 trasformò l’Italia in un Paese moderno grazie a straordinarie riforme legislative”. Il senatore del Pd Ignazio Marino, Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del Servizio Sanitario Nazionale, è molto soddisfatto: “Credo che si tratti di un passo storico per il nostro paese. Con questo decreto si va a rimarginare una ferita aperta negli anni 30 con l’introduzione del Codice Rocco. Questo ha stabilito che persone che hanno commesso reati e che sono considerate incapaci di intendere e volere venissero trattate alla stregua di animali. Chiusi in luoghi indegni, incatenati ai letti, in condizioni igienico sanitarie indescrivibili. Questi luoghi che ho avuto modo di visitare con sopralluoghi a sorpresa non sono rimasti un ricordo. Fino al 2011 ho avuto modo di filmarli, sono ancora una realtà della quale vergognarci. Persino il Consiglio d’Europa ha condannato con severità l’esistenza degli Opg parlando di “condizioni di tortura in Italia”. Con il decreto legge approvato al Senato della Repubblica negli scorsi giorni e che presto arriverà alla Camera il capitolo Opg verrà finalmente chiuso. Le persone ospiti di questi lager potranno essere, finalmente, curate e assistite con la disponibilità di psicologi e infermieri. Coloro che non rappresentano un pericolo sociale ma sono considerati incapaci di intendere e volere potranno essere curati nei centri di salute mentale dei loro territori. Coloro che, invece, sono considerati soggetti a rischio saranno seguiti nei centri specializzati e a norma come previsto dalla legge. Abbiamo lavorato due anni per predisporre il contenuto delle nuove norme. Esiste una copertura finanziaria di 225 milioni di euro che consentirà l’assistenza. Solo la Lega Nord che non ha letto il testo della legge può pensare che dopo la chiusura degli Opg sarà peggio”. Una posizione analoga a quella dei sindacati della sanità che si sono occupati della questione. “Un primo passo in avanti verso il superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, veri e propri luoghi di tortura. Il voto di ieri in Senato è un fatto importante perché prevede la chiusura dei 6 Opg attualmente esistenti, ma non crediamo che la soluzione possa essere la creazione di una struttura detentiva per ogni Regione. Il fatto che dentro queste strutture possa operare solo il personale del Sistema Sanitario Nazionale e che quello di Polizia Penitenziaria sia solo di supporto è una garanzia che da sola non basta. Va superato il modello detentivo”, con queste parole Rossana Dettori, Segretaria Generale dell’Fp-Cgil Nazionale, commenta l’approvazione in Senato del decreto contro il sovraffollamento delle carceri. Abbiamo registrato un primo passo in avanti, ma non lo riteniamo quello risolutivo. Serve una chiara svolta e la presa in carico degli internati da parte del Sistema Sanitario Nazionale in sinergia con gli enti locali. Se c’è la disponibilità di 180 milioni di euro per la costruzione di nuove strutture o la ristrutturazione di quelle attuali, li si investa in un solido sistema di assistenza indirizzato al reinserimento sociale. Va completato - conclude Dettori - il progetto di riforma e la rivoluzione culturale che Franco Basaglia ci ha lasciato in eredità”. Dal nuovo corso politico italiano giungono dunque inaspettati segni di speranza, per un’alternativa possibile che può nascere da provvedimenti fortemente voluti dalla società civile. Giustizia: Antigone; privatizzazione carceri, detenuti non siano guadagno per imprenditori Ansa, 31 gennaio 2012 Il trattamento penitenziario “non può essere affidato a chi ha scopo di lucro”. Non si possono affidare le opportunità di ritorno anticipato in libertà a “imprenditori privati che hanno interesse a trattenere detenuti essendo per loro un guadagno”. Inoltre “è palesemente incostituzionale affidare la gestione della salute dei detenuti a un imprenditore privato”. Sono queste alcune delle ragioni per cui l’associazione Antigone dice “no alla privatizzazione delle carceri”. Durante una conferenza stampa al Senato, il presidente Patrizio Gonnella ha chiesto che venga “cassata” la norma del decreto legge sulle liberalizzazioni, che introduce lo strumento del project financing per la realizzazione di infrastrutture carcerarie. In alternativa, ha sottolineato Gonnella, la norma deve essere “emendata per specificare meglio quali sono le funzioni essenziali non assegnate ai privati, cioè trattamento, salute, lavoro dei detenuti e management”. La richiesta di Antigone è stata accolta da alcuni senatori come il radicale Marco Perduca e il democratico Vincenzo Vita, pronti a “emendare” il testo o a presentare interrogazioni a riguardo. Oltre a portare l’esempio del carcere di Sassari, i cui lavori “mai finiti, erano stati appaltati a privati, all’Ati Anemone srl-Igit Spa”, Antigone è convinta che con la privatizzazione delle carceri si corra il rischio “di esplosione del sovraffollamento avendo i privati interesse economico ad avere carceri piene, di corruzione dei giudici per tenerle piene, di discriminazione dei detenuti a seconda di chi gestisce il carcere privato, di esplosione della violenza e di assoggettamento a lavoro forzato”. “Il testo - ha puntualizzato Stefano Anastasia dell’Università di Perugia - è impraticabile dentro il nostro ordinamento: non c’è profitto a meno che non si mettano in discussione i limiti”, le competenze dello Stato. “La nostra obiezione - ha aggiunto Gonnella - è di principio, ma anche legata al contesto italiano”. Bisogna “decidere di investire i soldi per mantenere quello che c’è e cambiare le leggi che producono carcerazione eccessiva”. “Lo spazio per i privati, se si vuole, c’è già, ha concluso Franco Corleone, del coordinamento nazionale garanti territoriali dei diritti dei detenuti, ma nell’ambito della detenzione domiciliare: si finanzino le misure alternative”. No alla privatizzazione delle carceri, via l’art. 43 del decreto liberalizzazioni (Redattore Sociale) Un secco “no” alla proposta di privatizzazione delle carceri prevista dal decreto liberalizzazioni. A ribadirlo questa mattina in una conferenza stampa in Senato è stato Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone, insieme a Stefano Anastasia dell’università di Perugia, Franco Corleone del coordinamento nazionale dei garanti dei detenuti, Salvatore Chiaramonte della Fp Cgil e Cecco Bellosi del Cnca. A essere preso di mira è in particolare l’articolo 43 del decreto che prevede il project financing per la realizzazione di infrastrutture carcerarie. Secondo i promotori del “no” il trattamento penitenziario non può essere affidato a chi ha scopi di lucro; non si possono infatti affidare le opportunità di ritorno anticipato in libertà a imprenditori privati che hanno interesse a trattenere i detenuti essendo per loro un guadagno. Tra i rischi quindi c’è quello del mantenimento delle carceri in una situazione di sovraffollamento “avendo i privati interesse nel tenerle piene”. A ciò si aggiunge il pericolo di corruzione dei giudici per avere più detenuti, di violenza, di assoggettamento al lavoro forzato e quello di discriminazione dei detenuti a seconda di chi gestisce l’istituto di pena. Un rischio quest’ultimo che se si verificasse porterebbe secondo Gonnella a una palese situazione di “incostituzionalità”, così come sarebbe incostituzionale affidare la salute dei detenuti a un imprenditore privato. “Quello che chiediamo è che questa norma sia cassata o almeno emendata specificando le funzioni che mai devono essere concesse ai privati - afferma il presidente di Antigone - .E queste funzioni sono quelle che riguardano il trattamento, la salute e il lavoro, ma anche il management perché i direttori degli istituti devono rimanere pubblici. Nel decreto, invece, è prevista solo l’esclusione della custodia”. “Il problema non è quello di aumentare il parco edilizio penitenziario - continua Gonnella ma di investire nella manutenzione di quello che già c’è e cambiare le leggi che producono carcerazione eccessiva”. Sono state poi ricordate le cosiddette “carceri fantasma”, i 38 istituti di pena mai finiti che già esistono ma non sono utilizzati e quelli di Rieti e Trento, sfruttati in maniera parziale. Un caso a parte, poi, è quello del carcere di Sassari, aggiudicato con procedura d’urgenza alla società di Diego Anemone. “Il testo del decreto è impraticabile nel nostro ordinamento - aggiunge Stefano Anastasia, docente dell’università di Perugia -. I detenuti godono di diritti fondamentali, primo fra tutti il diritto al trattamento, a cui corrisponde l’obbligo di prestazione da parte dello Stato che non può quindi delegare al privato alcune funzioni come l’assistenza sanitaria”. Salvatore Chiaramonte ha ricordato che la situazione delle carceri in questo momento è “emergenziale per il sovraffollamento al limite dell’inciviltà. E, inoltre, tutti gli strumenti a partire dal personale sono in drastico ridimensionamento. La risposta non è certo il project financing”, ha detto. Secondo Chiaramonte si deve ragionare piuttosto sullo svuotamento e “sulla depenalizzazione di alcuni reati creati dal governo precedente come il reato dell’essere immigrato, cioè di clandestinità, e i reati legati all’uso di sostanze stupefacenti”. Carlo Corleone ha sottolineato come uno degli ambiti dove andrebbe incrementata la presenza dei privati potrebbe essere, invece, quello delle misure alternative. “Crediamo che vadano aperti spazi ulteriori di accoglienza - aggiunge Bellosi - . E le risorse sono da 10 a 20 volte inferiori a quelle di un solo nuovo carcere. Occorre battersi anche perché con la chiusura degli opg non si passi da grandi a piccole strutture, che nella sostanza sono identiche”. Alla conferenza erano presenti anche i sentori Vincenzo Vita, Marco Perduca e Silvia Della Monica che si sono impegnati a presentare emendamenti per restringere il campo delle funzioni cedute ai privati. Gli emendamenti dovranno essere presentati entro il 10 febbraio, dopo dieci giorni inizierà invece la discussione in Senato. Giustizia: carceri privati, soppressione Dap e Polizia penitenziaria a ministero dell’Interno di Giovanni Battista De Blasis www.poliziapenitenziaria.it, 31 gennaio 2012 Come è ormai noto a tutti l’art. 43 del Decreto Legge sulle privatizzazioni ha introdotto il project financing per la realizzazione delle infrastrutture carcerarie. A norma di tale articolo è prevista una concessione ai privati, per una durata non superiore a venti anni, della gestione dell’infrastruttura (carcere) e dei servizi ad essa connessi, con esclusione della custodia. In altre parole, ad eccezione della Polizia Penitenziaria, verrebbero privatizzate tutte le figure professionali che operano nei penitenziari a partire dal direttore dell’istituto. In effetti, a rifletterci bene, l’ipotesi della privatizzazione delle carceri, che una volta ci faceva tanta paura, se interpretata in un certo modo ed applicata correttamente, non è affatto una cattiva idea. In buona sostanza si tratterebbe di far costruire un nuovo carcere ad una società privata che, una volta completata l’opera, assumerebbe anche la gestione della struttura sotto ogni aspetto (direzione, amministrazione, vitto, sopravvitto, rieducazione, istruzione, socialità, ecc. ecc.) ad eccezione dell’ordine e della sicurezza che rimarrebbe funzione esclusiva della Polizia Penitenziaria organizzata autonomamente e senza alcun rapporto gerarchico e funzionale con il direttore dell’istituto. Peraltro, questo tipo di gestione, se applicata a tutti gli istituti penitenziari, potrebbe comportare la possibilità di sopprimere tutti i provveditorati regionali e il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria per come sono attualmente concepiti. In alternativa, il Dap potrebbe essere trasformato in Dipartimento Sicurezza Penitenziaria rimanendovi in forza soltanto il Corpo. Oppure, sicuramente ancor meglio, la Polizia Penitenziaria potrebbe passare alle dipendenze del Ministero dell’Interno diventando una specialità della Polizia di Stato, alla stregua della polizia stradale o della polizia ferroviaria, peraltro, in tal modo, si risolverebbe anche la diatriba sulla custodia preventiva nelle camere di sicurezza delle quali ci andremmo ad occupare noi; come potremmo anche occuparci dei Cie per gli immigrati clandestini. Francamente sono convinto che una riforma del genere dell’esecuzione penale non potrebbe che portare benefici per tutti, a partire dalle condizioni di vita dei detenuti e fino alle condizioni di lavoro di tutti gli operatori, privati o pubblici che siano. Per altro verso, non mi sembra in alcun modo condivisibile l’allarmismo di chi intravede rischi di illegalità o di illegittimità costituzionale nella privatizzazione delle carceri o, almeno, in questo tipo di privatizzazione. Infatti, a mio avviso, mantenendo il Corpo della Polizia Penitenziaria la responsabilità dell’ordine e della sicurezza degli istituti di pena e ferma restando la competenza della Magistratura di Sorveglianza sul controllo della corretta esecuzione delle condanne, lo Stato, pur con l’ausilio dei privati, continuerebbe comunque ad esercitare la propria funzione costituzionale sulla esecuzione della pena. E pur tuttavia, lo stesso Stato risparmierebbe miliardi di euro l’anno con la soppressione del DAP e di tutte le sue appendici. Ne vogliamo almeno parlare? Giustizia: decreto-carceri; al via iter alla Camera per, verso ok a testo approvato al Senato Tm News, 31 gennaio 2012 Il decreto carceri sarà probabilmente approvato dalla Camera senza modifiche rispetto al testo licenziato dalla maggioranza Pdl-Pd-Terzo polo al Senato. Oggi la commissione Giustizia di Montecitorio, presente il ministro Paola Severino, ha dato il via all’esame del provvedimento con gli interventi dei relatori Donatella Ferranti (Pd) e Luigi Vitali (Pdl). Quest’ultimo, pur ribadendo il suo “spirito di collaborazione”, ha segnalato “alcune incongruenze” ed ha espresso la preoccupazione che la conversione in legge del provvedimento contro il sovraffollamento carcerario si risolva in una “norma-manifesto”. In particolare, Vitali ha messo in dubbio la reale possibilità di portare a termine entro il 31 marzo 2013 la chiusura Ospedali psichiatrici giudiziari, aggiunta dal Senato al testo del decreto; ha chiesto di “reperire le risorse” per pagare gli straordinari alle forze di polizia che dovranno sorvegliare gli arrestati se destinati alla cella di sicurezza in attesa dell’udienza di convalida o del processo direttissimo; ed ha sollevato un problema di ambiguità della norma nella parte che riguarda la possibilità che il pm scelga, per gli arrestati in flagranza per reati minori, la destinazione alle celle di sicurezza o al carcere per ragioni “di necessità e urgenza”. Troppa libertà di scelta, a suo parere, che rischia di rendere inefficace il provvedimento. Vitali e Ferranti hanno espresso dubbi sull’esclusione, decisa al Senato dopo lo scontro con l’ex ministro Pdl Nitto Palma, della destinazione ai domiciliari per gli arrestati per rapina semplice, estorsione semplice, furto con strappo e furto in abitazione. Una prescrizione così rigida, ha osservato l’esponente del Pd, potrebbe rendere “ineffettivo o inefficace il provvedimento”. Ma a fine dibattito, l’intervento del capogruppo del Pdl in commissione, Enrico Costa, ha messo in chiaro i termini della questione: dopo le tensioni a palazzo Madama, gli azzurri non possono e non vogliono toccare il compromesso raggiunto in prima lettura. “Rispetto ad aspetti che la commissione non consideri determinanti - ha osservato - è più importante che da questo ramo del Parlamento arrivi un segnale in coerenza con gli obiettivi indicati dal Governo”. Resta fermamente contraria la Lega: “Amnistia mascherata. Provvedimento inutile, laddove non è inutile è dannoso, laddove non è dannoso è inopportuno”, ha detto ai cronisti il capogruppo del Carroccio in commissione, Nicola Molteni. A fine riunione, la guardasigilli Severino ha spiegato ai deputati che i primi dati sull’applicazione del provvedimento sono “molto positivi” in relazione all’obiettivo di fermare il cosiddetto fenomeno delle porte girevoli, cioè degli arrestati che finiscono in carcere per soli tre giorni o poco più. Ma Vitali ha spiegato ai giornalisti che, dal momento che in questo primo mese è stato applicato il testo del Governo, bisognerà attendere la stima del ministero sull’impatto che avrebbe l’esclusione dei quattro reati indicati da Palma sui numeri delle persone tenute fuori dal carcere. E le “incongruenze”? La soluzione sarà quella di condensare i dubbi in uno o più ordini del giorno, e rinviare eventuali correttivi a qualche circolare applicativa del ministro o a successive, specifiche, proposte di legge. Giustizia: Fimmg; dal 9 al 12 febbraio scioperano i medici penitenziari Agi, 31 gennaio 2012 Si allarga l’adesione allo sciopero indetto dalla Fimmg a tutela della previdenza dei medici di medicina generale: dal 9 al 12 febbraio incroceranno le braccia anche i medici penitenziari. “I medici penitenziari ex Sias, convenzionati a tempo determinato, versano i contributi all’Enpam”, ha dichiarato a Fimmg Notizie il coordinatore nazionale Fimmg-Amapi, Pasquale Paolillo. “Per questa ragione condividono la preoccupazione e la protesta dei medici di medicina generale per le ricadute della manovra del Governo sul futuro del nostro Ente di previdenza”. I medici penitenziari iscritti alla Fimmg aderiranno allo sciopero con le seguenti modalità: 9 e 10 febbraio non accesso dei medici incaricati negli Istituti di penitenziari; 11 e 12 febbraio garanzie di copertura dei turni dei medici ex Sias (medici non strutturati). Per l’intero periodo saranno garantite solo le seguenti prestazioni indispensabili: urgenze, visite ai nuovi giunti e il nulla osta ai partenti in causa. Giustizia: Cancellieri; 1.238 immigrati in carcere per reato clandestinità a fine 2011 Adnkronos, 31 gennaio 2012 Nel 2011, gli stranieri “rintracciati in posizione illegale sul territorio nazionale sono stati 47.152” e quelli rimpatriati effettivamente sono stati 25.163, mentre erano “1.238 quelli detenuti per reato di immigrazione clandestina”, alla data del 31 dicembre scorso. Lo ha detto il ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri, nel seguito dell’audizione in commissione Affari costituzionali del Senato, sulle linee programmatiche del suo dicastero. Giustizia: il male-Fatto; perché un quotidiano diretto da un non forcaiolo s’ispira a Grillo? di Luigi Manconi Il Foglio, 31 gennaio 2012 Ma com’è possibile che un quotidiano importante e serio come il Fatto affronti la questione cruciale, e terribilmente politica, del carcere quale precipitato dolente e oltraggioso della crisi del sistema della giustizia, nella maniera in cui l’affronta? Stupisce che un giornale, guidato da un direttore intelligente e non forcaiolo come Antonio Padellare, al fine di criticare la norma che prevede un più ampio ricorso agli arresti e alla detenzione in regime domiciliare, ricorra al seguente argomento: “Da che mondo è mondo i delinquenti sognano di scontare la pena “in luogo diverso dal carcere. Possibilmente a casa propria” (mercoledì 25 gennaio). E perché allora non aggiungere anche: “Da che mondo è mondo l’uomo è una bestia”? E magari: “Da che mondo è mondo la femmina è un po’ mignotta”? Insomma, ci sarebbero argomenti di tempra migliore, più raffinati e soprattutto più robusti, per contestare i provvedimenti proposti dal ministro della Giustizia e dal Parlamento. Dunque, è mai possibile che una questione così significativa e dalle implicazioni etiche così profonde - l’idea stessa di pena e della sua esecuzione - venga sempre buttata in caciara? O, al più, trattata con argomenti di cortissimo respiro, quando non falsi, e tutti ispirati a una visione angusta e strumentale? Ma è possibile che per una qualche parte della sinistra le categorie giuridiche e i riferimenti ideali siano sempre quelli di giureconsulti della levatura di Beppe Grillo e Antonio Di Pietro? Ho parlato di implicazioni etiche non a caso: “Da che mondo è mondo” ci si interroga sul significato della pena, sulla sua fondazione giuridica e morale e sulle sue finalità. Dunque una pena equa e certa è l’esito di molte esigenze e di altrettanti vincoli. Non sola retribuzione simbolica né esclusivamente prevenzione generale, la pena deve rispondere in ogni caso a una sua moralità interna, dove proporzionalità ed efficacia, moderazione e flessibilità costituiscano condizioni ineludibili. E non allo scopo di umanizzare la pena (che è l’obiettivo minimo da perseguire), bensì di renderla coerente con i suoi presupposti e i suoi requisiti, che sono quelli propri di una sanzione legale. La quale, del resto, se venisse indirizzata solo verso l’afflittività, anziché verso il principio del reinserimento sociale, rischierebbe “di strumentalizzare l’individuo per fini generali di politica criminale (prevenzione generale) o di privilegiare la soddisfazione di bisogni collettivi di stabilità e sicurezza (difesa sociale), sacrificando il singolo attraverso l’esemplarità della sanzione” (Corte cost., sent. 313/90). D’altra parte già Hobbes affermava che “nel comminare le pene non bisogna preoccuparsi del male ormai passato, ma del bene futuro: cioè non è lecito punire se non con lo scopo di correggere il peccatore o di migliorare gli altri con l’ammonimento della pena inflitta”. Ne discendono conseguenze assai concrete. E ne discende, ad esempio, il fatto che la permanenza coatta in situazione domiciliare (in arresto prima del processo, in detenzione dopo) è, né più né meno, che una forma di reclusione. Ovvero di privazione della libertà. Di conseguenza, una delle misure massimamente afflittive previste dalla nostra Costituzione, dai nostri codici e dalla giurisprudenza. Tutto il resto è superfluo: e, nel diritto, ciò che è superfluo è di danno. Giustizia: la strana morte di Sauri Youssef nei “tuguri” della questura di Firenze di Salvatore Maria Righi L’Unità, 31 gennaio 2012 Un suicidio nelle celle della questura di Firenze, su cui indaga la procura, pone interrogativi sul decreto “svuota carceri”, con le forze di polizia al collasso per mancanza di fondi. “In quei tuguri, io non ci terrei nemmeno il mio cane”: non è certo un black-block, Riccardo Ficozzi, e nemmeno un criminale incallito. È, anzi, un poliziotto, oltre che un delegato Siulp, che nei “tuguri” ci lavora come tutti i colleghi, perché sono le celle di sicurezza della questura di Firenze. Alcuni budelli di cemento e ferro, gelati d’inverno e bollenti quando fa caldo, con un materassino di gomma steso sul cemento per giaciglio e una grata di ferro sopra la porta blindata per fare passare un può d’aria. O per appenderci un pezzo di coperta e farla finita, come dicono sia capitato a Sauri Youssef, 27 anni, marocchino senza fissa dimora e qualche precedente. Venerdì sera il gesto disperato, dopo un pomeriggio al pronto soccorso dell’ospedale Santa Maria Nuova, dove l’hanno portato agenti della Polfer che lo avevano trovato ubriaco alla stazione. All’uscita dal pronto soccorso, le escandescenze e una chiamata al 113, i poliziotti della volante gli trovano addosso un telefonino rubato: lo caricano sulla volante e lo portano in questura nella quale, tanto per dare un’idea dell’allegra situazione di centinaia di servitori dello Stato, il piatto piange così tanto che le donne delle pulizie riciclano i sacchetti della spazzatura, le poche volte che ormai passano lo straccio. Per non parlare degli otto ascensori fuori servizio su otto, cioè tutti, della caserma “Duca D’Aosta”, dove il reparto mobile non è poi più così mobile. Laggiù, in attesa della convalida dell’arresto che per legge deve arrivare entro 48 ore, il dramma di Sauri accade senza che nessuno se ne accorga, perché non ci sono telecamere che sorvegliano i “ristretti” nei loro cubicoli. Fino a qui la versione ufficiale, la procura ha aperto un fascicolo contro ignoti affidato a Valentina Manuali. Ieri è stata eseguita l’autopsia, per gli esiti previsti un paio di mesi anche se la prima versione parla di “strangolamento”. Il magistrato dovrà chiarire, prima di tutto, la dinamica del suicidio che Sauri avrebbe posto in essere dopo aver messo piede nella cella, e con una sbronza ancora nel sangue. Quindi con la lucidità necessaria a fare a pezzi la coperta, ricavarne una rudimentale fune, appenderla alla grata e infilarsela al collo a mo’ di cappio. Inoltre, l’altezza della porta blindata renderebbe abbastanza problematico issarsi e lasciarsi cadere nel vuoto, per un individuo adulto, ma è vero che in carcere c’è gente che si ammazza impiccandosi al lavandino. L’impiccagione “incompleta”, così si chiama quando il corpo non è del tutto sospeso, lascia però tracce eloquenti per un medico legale. C’è anche da dire che tra il 30-40% di detenuti maghrebini e in genere nordafricani che popolano le nostre carceri, il suicidio è evento molto raro, a differenza degli atti di autolesionismo che sono piuttosto diffusi, forse anche perché per l’Islam - come per le religioni abramitiche - è un peccato originale che preclude le porte del paradiso. Tra i 66 detenuti suicidi registrati lo scorso anno negli istituti di pena italiani, ci sono quattro tunisini, un marocchino, un algerino e un egiziano: circa il 4%. Ma, a parte quest’ultimo caso, si tratta di reclusi con una condanna definitiva, un po’ diversa dal fermo di polizia (in attesa di convalida) a cui è stato sottoposto Sauri Youssef. Peraltro, sarà da chiarire anche la dinamica del ritrovamento del corpo, perché quando è stato l’allarme, il marocchino era ormai agonizzante e i soccorsi non hanno potuto fare altro che constatarne il decesso. In attesa di essere chiarita nei suoi molteplici lati ancora poco chiari, la triste fine di Sauri è già fin d’ora una potente fionda puntata contro il decreto “svuota carceri” appena varato dal governo e in attesa del varo legislativo. Per alleggerire la situazione ormai esplosiva degli istituti di pena, la norma prevede appunto che le celle di sicurezza si sostituiscano a quelle delle prigioni e ospitino per 48 ore le persone fermate, in attesa della decisione del magistrato. Con esiti anche tragici, come lascia intuire il caso di Firenze, visto che parliamo di strutture dove perfino un bisogno corporale diventa un problema, perché l’uso dei servizi igienici è discrezionale, gli agenti non sono tenuti ad accompagnarvi i “ristretti” che quindi spesso sono costretti a stazionare accanto ai propri escrementi, in condizioni igieniche e sanitarie a dir poco critiche. Oltretutto, trattandosi di locali della questura, non sono previsti poteri ispettivi, al momento nemmeno deputati o istituzioni, a parte il Comitato contro la tortura del Consiglio d’Europa che però si muove ogni morte di papa, ed è costretto ad annunciare le proprie visite. E continuano a chiamarlo stato di diritto. Calabria: Nucera (Pdl); è urgente una revisione del sistema penitenziario regionale www.strill.it, 31 gennaio 2012 “È ormai indifferibile ed urgente una complessiva revisione del sistema carcerario calabrese”. È quanto afferma in una nota il Segretario Questore del Consiglio regionale della Calabria Giovanni Nucera. “La situazione delle carceri calabresi - ribadisce l’esponente Pdl - è giunta ormai a livelli drammatici. Una vicenda che avevamo ripetutamente denunciato ed evidenziato nel corso di alcuni incontri e convegni promossi assieme al Sappe, il Sindacato autonomo di Polizia Penitenziaria della Calabria. Ora è la stessa dirigente della Casa Circondariale di Reggio di Calabria, dr.ssa Maria Carmela Longo, a confermare e rilevare le pesanti ed insopportabili problematiche esistenti nel carcere reggino che rappresentano il paradigma dello stato delle carceri calabresi: sovraffollamento di detenuti, oltre ogni limite; carenze ed insufficienze strutturali, inadeguatezza degli organici di Polizia Penitenziaria”. Lo ha fatto nel corso della cerimonia di inaugurazione dell’Anno Giudiziario presso la Corte d’Appello di Reggio Calabria”. “La dr.ssa Longo - evidenzia Nucera - ha elencato luci ed ombre del carcere reggino, descrivendo gli interventi effettuati in questi anni destinati a ridurre i disagi per gli operatori carcerari, per i familiari dei detenuti e per gli stessi reclusi. Tuttavia restano, e stanno fortemente peggiorando, le difficoltà in cui versa il Reparto di Polizia Penitenziaria, sia sotto il profilo numerico che di condizioni di lavoro, e di dotazione di mezzi. Il quadro complessivo denunciato dalla dr.ssa Maria Carmela Longo - evidenzia il Segretario Questore del Consiglio regionale - è ormai giunto ad un livello insostenibile che regge grazie allo spirito di collaborazione tra Uffici di Procura e struttura carceraria, così come ha evidenziato la stessa direttrice del carcere. Ma è evidente - continua Giovanni Nucera - che la buona volontà presto non basterà più a risolvere i problemi, a fronte di già gravi carenze di personale, e quel che è peggio, dei tagli al trasferimento dei fondi destinati al funzionamento ed all’espletamento dei servizi di istituto”. “È ora di prendere veramente atto dell’esistenza in Calabria di una emergenza carceri”. “Un aspetto che denunciamo da tempo” - ha chiuso Nucera, ricordando l’Ordine del giorno fatto approvare dal Consiglio regionale nella seduta del 4 agosto 2010 con il quale impegnavamo il Presidente e la Giunta regionale ad intervenire presso il Governo, per la soluzione delle problematiche di sovraffollamento e di carenza di mezzi e personale nelle carceri calabresi. “Ma anche - ha ricordato - dando sostegno alle tante segnalazioni ed alle numerose richieste di immediati ed urgenti interventi straordinari che in questi anni il Sappe ha inviato ai Ministri di Giustizia e dell’Interno che si sono avvicendati nel tempo”. Emilia Romagna: no al decreto “svuota-carceri”… i criminali devono restare in galera di Fabio Filippi (Consigliere regionale Pdl) Modena 2000, 31 gennaio 2012 Il Governo Monti ha approvato un decreto, definito dalla stampa “svuota carceri”, che prevede l’uscita dai carceri italiani di 3.300 detenuti; questi ultimi potranno così trascorrere gli ultimi 18 mesi della condanna presso il loro domicilio. Questa decisione è destinata a creare problemi alla sicurezza dei cittadini in quanto con gli arresti domiciliari viene ad essere allentato il controllo sui carcerati e quindi maggiore diventa il rischio di una recidiva dei reati. Non siamo favorevoli a provvedimenti che facciano uscire i carcerati dai luoghi di detenzione prima di aver scontato la pena comminata loro. Stante la gravità della situazione, che vede un indice della criminalità in costante crescita, non è serio presentare ogni volta dei provvedimenti che rappresentano, di fatto, degli indulti mascherati, motivando tale decisione con il sovraffollamento delle carceri. L’unico modo per risolvere il problema del sovraffollamento è quello di accelerare i tempi della giustizia, rendere funzionanti le carceri costruite, ma tuttora inattive. Si dovrebbe inoltre, attraverso appositi accordi internazionali, far scontare nei loro paesi d’origine le pene comminate agli extracomunitari clandestini, per reati commessi in Italia; reati che rappresentano circa il 40 per cento del totale. La sola idea di un’amnistia o di un provvedimento di indulto costituisce un insulto ed una mancanza di rispetto nei confronti di tutti i cittadini che sono stati vittime di reati, spesso violenti, da parte dei criminali comuni. Già in passato un provvedimento di indulto aveva fatto uscire dalle carceri migliaia di delinquenti, che subito dopo sono tornati a delinquere; un provvedimento che ha suscitato indignazione e rabbia fra i cittadini. Molti dei delinquenti liberati sono poi stati di nuovo catturati, processati e riportati in carcere, a seguito dei nuovi reati commessi; il problema del sovraffollamento, quindi, è rimasto irrisolto. Tornare a parlare dunque di indulti o amnistie ci sembra immorale e politicamente indecente. Lo Stato deve, innanzitutto, assicurare ai cittadini onesti che lavorano e pagano le tasse, il rispetto delle leggi e la certezza della pena. Lazio: il Garante; detenuto 45enne morto a Regina Coeli tutte carceri regione sovraffollate Dire, 31 gennaio 2012 Duecentocinquanta detenuti in più in due mesi, duemila presenze oltre la capienza regolamentare. Numeri che portano, come corollario, l’impossibilità di garantire condizioni di vita accettabili nelle carceri, con spazi destinati alla socialità trasformati in celle, evasioni tentate e riuscite, risse fra reclusi e agenti di polizia penitenziaria costretti dai buchi di organico a turni di lavoro massacranti. È questo il drammatico quadro - aggravato dalla morte per cause naturali, stanotte, di un detenuto romano 45enne a Regina Coeli - della situazione nelle 14 carceri della Regione Lazio tratteggiato dal garante dei detenuti, Angiolo Marroni. È quanto si legge in una nota. Il garante, spiega il comunicato, ha reso note le ultime statistiche elaborate dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (Dap) relative alle presenze in carcere: nel Lazio i detenuti attualmente reclusi sono 6.846 (6.409 uomini e 437 donne), duemila in più rispetto alla capienza regolamentare di 4.838. “Le stime in nostro possesso - ha detto - sono addirittura più allarmanti dei numeri indicati, sabato scorso, dal presidente della Corte d’appello di Roma, Giorgio Santacroce, in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario, che aveva parlato di 6.591 reclusi nelle carceri del Lazio. Ma, al di là dei numeri, è quanto quotidianamente accade nelle carceri a confermarci la criticità della situazione. Dalla spettacolare fuga riuscita da Regina Coeli al detenuto ridotto in gravi condizioni dopo una rissa a Cassino, fino al tentativo di suicidio di un detenuto sventato il 28 gennaio da un agente di Polizia penitenziaria a Viterbo, tutto indica una situazione ormai prossima a sfuggire ad ogni tipo di controllo”. Rispetto all’ultima rilevazione diffusa dal garante, relativa a novembre 2011, i detenuti nel Lazio sono passati da 6.602 ai 6.846 attuali, con un incremento di 250 unità in soli 2 mesi. Rispetto ad un anno fa, gennaio 2011 - quando i detenuti erano 6.377 - si è registrato un incremento di presenze di 469 unità. “La drammaticità di questa situazione - ha aggiunto il garante - è che non sono solo le grandi carceri della Regione, come Regina Coeli e Rebibbia Nuovo Complesso a soffrire per il sovraffollamento, ma tutti gli istituti. Abbiamo, ormai, fatto l’abitudine alle segnalazioni di gravi carenze igieniche, di impossibilità di garantire forme di socialità e di attività volte al recupero del detenuto, di persone ospitate nei centri clinici per mancanza di spazi, della recrudescenza di malattie come tubercolosi e scabbia. In questo quadro, giudico un fatto estremamente positivo i reiterati richiami del ministro della Giustizia Severino sulla drammatica situazione delle carceri”. “Di una cosa, però, sono sicuro: ogni tipo di provvedimento svuota celle come quelli che si vanno proponendo in queste ore, avrà effetti solo palliativi se non sarà accompagnato da una profonda revisione del codice penale e di quello di procedura penale. Occorre, in sostanza, rivedere una legislazione che produce troppo carcere- ha concluso Marroni- Senza un intervento di questo genere, accadrà come nell’estate del 2008, quando gli effetti benefici dell’indulto furono cancellati in pochi mesi”. Piemonte: Radicali; voto di oggi è passo avanti per la nomina del Garante dei detenuti Notizie Radicali, 31 gennaio 2012 I Capigruppo calendarizzino subito il voto sul garante per le prossime seduta”. Oggi, dopo oltre due anni, in seguito all’azione nonviolenta dei Radicali Salvatore Grizzanti e Igor Boni che hanno condotto 11 giorni di sciopero della fame per sollecitare la Regione ad uscire dalla patente illegalità sulla mancata nomina del Garante, il Consiglio regionale ha votato per la prima volta sulla nomina. Su 53 consiglieri presenti, 21 hanno votato; dato che la maggioranza richiesta è dei 2/3 (almeno 40 consiglieri), il presidente Cattaneo ha dichiarato la votazione “non valida”. Prosegue intanto il digiuno a staffetta (continuerà fino alla nomina del Garante) che per questa settimana sarà attuato da: Gianni Pizzini, Antonella Nobile, Claudio Bellavita, Caterina Simiand, Alberto Ventrini, Silvja Manzi, Blanca Briceno, Silvio Viale e Roberto Tricarico. Dichiarazione di Salvatore Grizzanti e Igor Boni (Segretario e Presidente dell’Associazione radicale Adelaide Aglietta): “Quello di oggi è indubbiamente un passo avanti nella direzione giusta. È cominciata ufficialmente in Consiglio la procedura di nomina e non si può tornare indietro. Certo ora occorre che venga calendarizzato nuovamente il voto sulla nomina del Garante nelle prossime sedute, dove sarà sufficiente la maggioranza semplice (31 consiglieri) per rendere valido il voto. La fumata nera di oggi apre comunque la strada ad una soluzione positiva che dobbiamo conquistare passo dopo passo, per la dignità delle carceri e per la dignità della politica. Ribadiamo la nostra disponibilità ad incontrare i Capigruppo di tutte le forze politiche per spiegare loro le nostre ragioni, che sono quelle della legalità e del rispetto delle leggi da parte delle Istituzioni. Ringraziamo nuovamente i tanti cittadini che si stanno unendo in un digiuno a staffetta che proseguirà ininterrottamente fino all’acquisizione del risultato positivo che auspichiamo. Le tante parole sulla drammatica situazione delle carceri, spese dalle massime autorità del nostro Governo in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario, possono vedere in Piemonte una risposta concreta e tangibile. Non perdiamo questa occasione”. Firenze: “camere di sicurezza” sporche e orrende… Sollicciano al confronto è un residence La Repubblica, 31 gennaio 2012 Dopo il suicidio in camera di sicurezza, la polemica. Investe il “decreto svuota carceri” con cui il ministro della Giustizia Severino ha allargato la possibilità di detenere nelle celle di polizia e carabinieri persone arrestate per reati non gravi. “Il provvedimento di legge - tuonano Riccardo Ficozzi e Francesco Reale del Siulp locale, il sindacato di polizia che già lo aveva criticato nei giorni scorsi - è assurdo ed inattuabile, almeno presso la questura di Firenze, dove gli arrestati vengono “trattenuti” in camere di sicurezza allestite nel sotterraneo e sorvegliate, solo all’esterno, tramite una telecamera, da personale che ha mille altre incombenze (sorveglianza dell’intero plesso, accesso e uscita di veicoli e di cittadini all’ufficio denunce)”. Sulla stessa linea il Silp della Cgil per bocca del segretario provinciale Antonio Marocco: “Abbiamo più volte denunciato il degrado degli immobili e delle strutture delle forze dell’ordine a Firenze, che ha assunto livelli tali per cui non si può assicurare neanche l’incolumità di chi deve essere “custodito”. Ieri nelle celle della questura, per legge prive di finestre, hanno compiuto un sopralluogo il pm Valentina Manuali e uomini della polizia giudiziaria incaricati delle indagini. “C’è puzza, un luogo orrendo, in confronto Sollicciano è un residence” si è lasciato sfuggire uno. Il procuratore della Repubblica, Giuseppe Quattrocchi, difende però il decreto svuota carceri e puntualizza: “Guai strumentalizzare il suicidio di ieri, poteva accadere anche venti giorni fa, prima dell’entrata in vigore del decreto Severino, perché quel detenuto sarebbe comunque stato in camera di sicurezza in attesa di processo per direttissima” ha detto Quattrocchi. “L’evento è tragico ma il decreto Severino non c’entra. Anzi. Se strumentalizzato, questo episodio può essere utilizzato per contrastare una soluzione che da tempo, in una condivisa operazione tra capi degli uffici giudiziari, forze dell’ordine e il provveditore regionale degli istituti di pena dottoressa Giuffrida, cercavamo già di attuare per cercare di limitare gli ingressi in carcere. Ovviamente faremo l’autopsia, ma a quanto ci risultai soccorsi sono stati tempestivi e pare che il detenuto non fosse morto quando il 118 è stato chiamato per la prima volta”. Nella relazione all’apertura dell’anno giudiziario il presidente della corte d’appello di Firenze, Fabio Massimo Drago, ha espresso “piena condivisione” del provvedimento Severino che dovrebbe decongestionare carceri sovraffollate anche - secondo quanto ha detto il presidente del tribunale di sorveglianza Antonietta Fiorillo - “dagli arrestati in flagranza di reato condotti nei penitenziari che non hanno competenza alla custodia di tali soggetti, i quali, peraltro, escono nell’arco di qualche ora o pochi giorni”. Napoli: anche l’On. Alfonso Papa al sit-in dei Radicali “il carcere è una tortura” di Fabio Postiglione Notizie Radicali, 31 gennaio 2012 Giubbotto blu, coppola in testa e sigaretta. Ha il volto disteso Alfonso Papa. I suoi 101 giorni di carcere paiono essere lontani anni. Era a Poggioreale nel padiglione destinato agli incensurati e quella vita lo ha segnato per sempre. Il parlamentare del Pdl, arrestato su ordine di Montecitorio dopo un voto “rovente” in Aula, per l’inchiesta ribattezzata P4, ha deciso di essere presente all’inaugurazione dell’anno giudiziario a Castelcapuano a Napoli. Ha aderito al sit-in di protesta dei Radicali, movimento grande Napoli, che ieri mattina con il loro leader Mario Staderini, si sono assiepati in una cinquantina, in via dei Tribunali, con cartelli e striscioni che inneggiavano alla libertà, all’amnistia, alla liberalizzazione delle droghe leggere e alla non criminalizzazione degli extracomunitari. E c’era anche lui in prima fila. È anche entrato nel Salone dei Busti salutando qualche vecchio collega magistrato e ascoltando il discorso introduttivo del presidente della Corte d’Appello, Antonio Buonajuto. Poi qualcuno si è accorto della sua presenza e allora c’è stato via via l’assalto dei giornalisti che intendevano sapere il motivo della sua presenza. “Siamo qui per sollecitare un ripristino di legalità che significa amnistia”. “Sono stati gli stessi vertici della magistratura che hanno segnalato la necessità di un intervento”. “Intendiamo, in questa sede - ha spiegato il parlamentare del Pdl - dare voce alle decine di migliaia di persone che in Italia voce non hanno e che si trovano nelle carceri italiane: vogliamo testimoniare che il sistema carcerario nazionale è in perfetta simmetria con le difficoltà e le distorsioni del sistema giudiziario”. Secondo Papa, l’amnistia è “la precondizione per qualunque inizio di riforma in materia di giustizia e di carcere”. Secondo i dati riferiti dal parlamentare, il 42 per cento della popolazione carceraria italiana “si trova in condizioni di carcerazione preventiva, un esercito - ha affermato - di presunti non colpevoli che vivono una vera e propria tortura, un vero sequestro di Stato che è il carcere italiano”. Detenuti che, ha concluso Papa, “vivono mediamente in meno di tre metri quadrati, una superficie inferiore a quella che le nostre normative vigenti prevedono per l’allevamento dei maiali per cui bisogna avere almeno tre metri quadrati a capo”. L’Italia inoltre, secondo i dati del Parlamentare, è il paese con il più alto tasso di suicidi di detenuti e di personale. Riferendosi poi alla prerogativa parlamentare di concedere o meno l’arresto di un onorevole dopo che nei suoi confronti sia stata emesse un’ordinanza di custodia cautelare, Alfonso Papa non ha usato mezzi termini. “Il cittadino non deve stupirsi se non arrestano un Parlamentare, deve stupirsi ogni qualvolta arrestano un presunto colpevole. La maggior parte delle persone che entra in carcere ne esce da assolto, quasi il 50% delle persone che entrano in galera in custodia cautelare”. All’inaugurazione c’erano anche i vertici della Procura, tra i quali anche Giandomenico Lepore, coloro i quali avevano chiesto e ottenuto il suo arresto. Nessun faccia a faccia, nessuno commento a margine. Lucca: Marcucci (Pd); il carcere di S. Giorgio non è da paese civile, informerò il ministro di Fabrizio Vincenti La Gazzetta di Lucca, 31 gennaio 2012 Benvenuti nel carcere di San Giorgio: 185 detenuti, di cui 85 extracomunitari, 21 comunitari non italiani, solo 79 italiani, meno delle metà. Del totale generale, 83 sono tossicodipendenti, di cui 17 trattati con metadone, i casi psichiatrici in trattamento sono 11, le terapie ansiolitiche il 70% del totale. La capienza totale, secondo disposizioni standard europei, sarebbe di 90 posti. Praticamente la metà, oppure, fate voi, i detenuti sono il doppio del consentito. Lucca, è il caso di dirlo, è Italia anche nella situazione carceraria. Ma il quadro sconfortante, indegno di un Paese che si autodefinisce civile, non finisce qui, considerando che quasi una metà dei detenuti è in attesa di giudizio e che, statistiche nazionali alla mano, circa la metà di essi finisce per essere assolta. Solo per quanto riguarda gli abusi di custodia cautelare, in Italia, sono circa 2000 l’anno e danno vita, quasi sempre, a richieste di risarcimento danni che, naturalmente, non pagano l magistrati ma lo Stato, visto che la legge 117/88 che sanziona la responsabilità civile dei magistrati, nota come legge Vassalli, è rimasta disapplicata. Evidentemente non esiste solo la casta dei politici in Italia come qualcuno vorrebbe anche mediaticamente far apparire, anche se va precisato che in una parte dei casi la “colpa” dell’incarcerazione è da addebitarsi ad errori della difesa. Il quadro drammatico coinvolge ovviamente anche gli operatori della Polizia penitenziaria costretti a lavorare sotto organico e a contatto con una popolazione carceraria difficile, fatta principalmente di stranieri e tossicodipendenti contenuti in spazi ristretti, spesso che ricorrono ad atti di autolesionismo. Difficilissimo, disumano, lavorare in queste condizioni. Un inferno per reclusi e secondini che si trovano accumunati nelle tensioni, nei rischi, nelle difficoltà giornaliere, nella perdita di dignità come lavoratori o come uomini. Lucca, come detto, non fa eccezione. Anzi. La struttura è più che fatiscente e stracolma e in condizioni igienico sanitarie indecenti. Tutto questo è emerso ieri sera nel dibattito tenuto in Consiglio comunale e che si è concluso con un ordine del giorno approvato all’unanimità con il quale si impegna il sindaco a denunciare la situazione di sovraffollamento, a sollecitare la Usl a incrementare strutture di supporto psicologico e psichiatrico, a realizzare uno spazio attrezzato per i colloqui per facilitare l’incontro dei detenuti con le famiglie e ripristinare la palestra attualmente inagibile. E ancora: a rinnovare la Convenzione con i Gruppo Volontari Carcere, a denunciare in ogni sede istituzionale la grave situazione della struttura, valorizzare percorsi di formazione per il reinserimento sociale e professionale dei detenuti. Già, reinserimento: all’articolo 27 della costituzione repubblicana si parla come le pene “devono tendere alla rieducazione del condannato”. Per come stanno le cose, solo una delle tante ipocrisie italiche messe su carta (costituzionale): vi siete mai chiesti quanti escono da un’esperienza carceraria migliori di quando vi sono entrati? Forse sarebbe più rispettoso - e lo scriviamo noi che siamo fermamente e fieramente contrari alla pena di morte - condannare molti detenuti al patibolo. Marcucci (Pd): informerò il ministro Severino “Consegnerò al ministro Severino l’ordine del giorno approvato dal Consiglio comunale di Lucca sullo stato del carcere San Giorgio. Ai sindaci Favilla e Lunardini, torno a chiedere l’istituzione del Garante per i diritti del detenuto”. Così il senatore Andrea Marcucci (Pd) sulla situazione dell’istituto circondariale della città delle Mura. “Rispetto alla situazione nazionale, la struttura di Lucca è fatiscente - prosegue il parlamentare - è priva di sezioni di isolamento, ha spazi ricreativi inagibili. Da anni denuncio il sovraffolamento insopportabile delle celle, ora spero che siano possibili provvedimenti per rendere più dignitosa la detenzione e più sicuro il lavoro degli agenti. Ai sindaci Favilla e Lunardini, chiedo nuovamente di nominare il Garante dei diritti del detenuto. È una figura - conclude Marcucci - indispensabile per conoscere giorno per giorno la situazione del carcere”. Rovigo: bloccati i lavori del nuovo carcere, impossibile il completamento entro l’anno Il Gazzettino, 31 gennaio 2012 È allarme sulla costruzione del nuovo carcere con notizie scarse e poco precise sui lavori in corso. La paura è che la grande struttura si trasformi in una cattedrale nel deserto. Il rischio è che la casa circondariale non venga ultimata per i problemi della ditta costruttrice, la veneziana Sacaim, leader del settore e commissariata nell’agosto scorso. Così il sindaco Bruno Piva e una delegazione della Regione chiederanno lumi al Ministero di Giustizia a Roma su quanto sta succedendo nel cantiere sorto poco fuori città. Questa la decisione presa dal primo cittadino assieme all’assessore regionale Remo Sernagiotto in occasione della visita alla casa circondariale di via Verdi, viste le condizioni precarie in cui sono costretti a vivere i detenuti: 105 nella sezione maschile che avrebbe una capienza massima di 67 persone. “Il trasloco doveva essere fatto entro quest’anno - esordisce il sindaco - ma ci hanno riferito che ci sono dei rallentamenti che faranno slittare tutto. Non sappiamo com’è messo il primo stralcio e nemmeno se il secondo step di lavori è stato appaltato. Poi mancherà ancora l’arredo della struttura. Il problema è che non ci hanno dato indicazione precise e per questo ci recheremo al Ministero di Giustizia per avere notizie chiare sulla situazione”. Insomma la preoccupazione non è poca e così “su proposta unitaria si è deciso di richiedere le informazioni esatte sulla struttura per capire qual è lo stato dei lavori. Al momento quelle che abbiamo sono poche notizie e anche farraginose”. Piva esprime tutta la premura che Rovigo ha nel trasferire i condannati nella nuova struttura. “Prima di tutto si andrebbe a risolvere la situazione davvero terribile dei carcerati che ora sono stipati in celle sovraffollate. Mentre la sezione femminile è ancora “vivibile”, quella maschile è davvero in pessime condizioni: sono reclusi in 105 quando il carcere ha una capienza massima di 67 persone”. Non manca poi anche un lato pratico: “Quando si libererà la struttura di via Verdi, la città guadagnerà degli spazi preziosi. Poco più in là c’è pure il cimitero ebraico, proprio all’ombra della Rotonda, che al momento è mal tenuto, con erba alta e animali che vi hanno trovato rifugio. Quando il vecchio carcere sarà liberato potrà essere riqualificato assieme a questo cimitero che resterebbe aperto come luogo di storia e cultura come succede in altre città e non chiuso con cancelli come succede ora. Si verrebbe così a creare un unicum, un restauro di un’altra parte fondamentale della città”. Al fianco del sindaco l’assessore ai servizi sociali Gianni Saccardin che ha spiegato come ci siano alcuni progetti di recupero per i reclusi pronti per partire. “L’assessore regionale si è detto molto interessato, specialmente al corso per impianti elettrici per civili abitazioni. Chiederemo quindi ufficialmente la disponibilità a finanziare il progetto”. L’assessore regionale Sernagiotto ha visitato il carcere (Rovigo Oggi) Sovraffollamento, carenza di personale della polizia penitenziaria, azzeramento dei finanziamenti regionali per le attività svolte all’interno del carcere. Sono questi i problemi della casa circondariale di Rovigo. L’assessore regionale Remo Sernagiotto l’ha visitata sabato 28 gennaio insieme al consigliere regionale Graziano Azzalin. Proprio mentre il ministro Paola Severino all’inaugurazione dell’anno giudiziario, sabato 28 gennaio, a Catania ha sottolineato che “Dallo stato delle carceri si misura il livello di civiltà di un Paese anche perché lo Stato non ripaga mai con la vendetta ma vince con il diritto e l’applicazione scrupolosa di regole e leggi”, l’assessore regionale ai Servizi sociali Remo Sernagiotto ha visitato la casa circondariale di Rovigo, accompagnato dal consigliere regionale Graziano Azzalin, insieme alla direttrice della struttura Tiziana Paolini, al magistrato dell’Ufficio di sorveglianza Linda Arata, al direttore del Sert di Rovigo Marcello Mazzo ed al sindaco e l’assessore ai Servizi sociali di Rovigo, Bruno Piva e Gianni Antonio Saccardin. Il sovraffollamento e la carenza di personale della polizia penitenziaria sono i problemi della casa circondariale di Rovigo. Il carcere ha una capienza massima di 66 detenuti e una media di presenze giornaliere di oltre il doppio, con pesanti ricadute sia sul lavoro delle guardie che, soprattutto, sulle condizioni dei reclusi, con conseguenze anche gravi sul piano sanitario. A questo, si è aggiunto l’azzeramento dei finanziamenti regionali per le attività svolte all’interno del carcere. Proprio da questo punto di vista, tuttavia, Azzalin sottolinea che “l’assessore Sernagiotto, si è detto cosciente dei problemi e, pur nel momento di scarsa disponibilità in cui si trova la Regione, si è impegnato a intervenire, a partire dal sostegno al Comune per quanto riguarda le attività lavorative in carcere e di reinserimento, fondamentali per dare alla detenzione la funzione prevista dalla Costituzione”. Nel corso dell’incontro è stata affrontata anche la questione del nuovo carcere: “La casa circondariale di Rovigo - puntualizza il consigliere polesano - è una struttura vecchia e risente anche del fatto che molte risorse sono state dirottate nella realizzazione della nuova struttura, sul cui futuro ancora non si hanno certezze. È necessario fare sì che la nuova struttura sia resa operativa il prima possibile. Anche su questo Sernagiotto si è mostrato sensibile per una soluzione in tempi rapidi. Tutti questi aspetti, comunque, saranno al centro di un vertice sulle tematiche carcerarie e sul quadro generale che, come promesso dall’assessore, sarà presto convocato a Venezia”. Piacenza: Pollastri (Pdl); detenuti e lavoro, una risorsa da sfruttare per il territorio Il Piacenza, 31 gennaio 2012 “Una risorsa che consente agli Enti Locali di risparmiare e ai detenuti di avere un’alternativa al carcere che permetta di riappropriarsi del gusto della vita”, così Andrea Pollastri, che ha sottoscritto una risoluzione del Gruppo Regionale Pdl, per impegnare la Giunta di Viale Moro di favorire la stipula di convenzioni tra Comuni ed Tribunali per l’esecuzione di lavori di pubblica utilità d parte dei reclusi. Diverse leggi, varate soprattutto dai Governi di centro-destra (d.l. n. 274/2000, l. n. 145/2004, d.l. n. 272/2005, l. n. 120/2010), prevedono che il Giudice di Pace ed il giudice monocratico possano applicare, su richiesta dell’imputato, la pena del lavoro di pubblica utilità in cambio di uno sconto di pena. I Presidenti dei Tribunali, su delega del Ministro della Giustizia, stipulano convenzioni con Stato, Regioni, Province, Comuni o Enti di volontariato, su richiesta di questi ultimi, nelle quali si indicano specificamente le attività in cui può consistere il lavoro di pubblica utilità, i soggetti incaricati e le modalità di copertura assicurativa. Le attività previste riguardano prestazioni di assistenza sociale, protezione civile (tutela del patrimonio ambientale e culturale, prevenzione incendi, salvaguardia del patrimonio boschivo), custodia di musei, gallerie o pinacoteche, tutela della flora e della fauna, manutenzione di ospedali e case di cura o di beni del demanio (ivi compresi giardini, ville e parchi). “Questa opportunità - spiega Pollastri - diventa molto interessante per gli Enti Pubblici, che hanno vasti patrimoni da mantenere e scarsità di personale a disposizione. Per loro l’unica incombenza è l’attivazione di una polizza assicurativa che copra coloro che svolgeranno i lavori di pubblica utilità”. “Molti - chiosa l’azzurro - non sono a conoscenza della possibilità di impiegare attivamente i carcerati oppure hanno dei pregiudizi, spesso infondati, nei loro confronti: l’auspicio, con la nostra risoluzione, è che la Regione svolga un’attività di sensibilizzazione verso Province, Comuni ed Enti di volontariato affinché diano corso alla normativa, stante il valore, non solo economico, ma anche, e soprattutto, sociale che essa ha”. Nuoro: Sdr; l’ergastolano Giulio Cherchi da Badu ‘e Carros “ho bisogno di cure” Ristretti Orizzonti, 31 gennaio 2012 “Ha un tumore alla prostata che lo tortura da alcuni anni. Gli oncologi della Clinica Universitaria di Sassari hanno provveduto mentre si trovava nella Casa Circondariale “San Sebastiano” a garantirgli radioterapia, Tac e scintigrafia. Da quando è stato trasferito nel carcere di Badu ‘e Carros di Nuoro, poco meno di un anno fa, sono però cessati i periodici controlli. I farmaci che gli permettono di convivere con il carcinoma inoltre non gli vengono somministrati con regolarità e nonostante la grave malattia è in una cella con altre cinque persone”. Lo sostiene in una lettera indirizzata all’associazione “Socialismo Diritti Riforme” Giulio Cherchi, condannato all’ergastolo. L’uomo, che nonostante la grave malattia si è visto rigettare per due volte i domiciliari, chiede che gli vengano garantite le cure. “La salute - afferma Maria Grazia Caligaris - è un diritto costituzionale. Non può quindi essere negata a un cittadino seppure privato della libertà. Se non gli viene consentito di usufruire dei domiciliari per poter affrontare in condizioni migliori lo stress derivante da una malattia che abbassa le difese immunitarie e determina uno stato psicologico di vulnerabilità non può essergli impedito di fruire degli esami diagnostici, dei farmaci e dei controlli. Appare inoltre singolare che la possibilità di curarsi sia particolarmente condizionata - sottolinea Caligaris - dalla tipologia della struttura penitenziaria e dal luogo in cui è ubicata. È accaduto infatti che mentre Giulio Cherchi si trovava privato della libertà a Sassari poteva fruire delle visite mediche e delle terapie mentre ciò non avviene da quando si trova al Badu ‘e Carros di Nuoro”. “Sarebbe opportuno - conclude la presidente di Sdr - che la rinnovata attenzione da parte delle Istituzioni, in particolare del Governo di Mario Monti con il Ministro Paola Severino, e del Parlamento, ai diritti fondamentali dei cittadini che stanno espiando una pena non trascuri quanti loro malgrado sono ammalati gravemente e non possono superare una situazione così difficile se non sono garantiti in ogni struttura almeno i livelli minimi di assistenza”. Giulio Cherchi, 61 anni, di Noragugume, è stato arrestato nel 2009 in una Clinica Universitaria di Sassari mentre era in attesa di una visita medica. Era latitante dal 2003 quando la sentenza di primo grado lo aveva condannato all’ergastolo con l’accusa di aver ucciso nel 1998 Francesco Corda nell’ambito della faida di Noragugume che tra il 1998 ed il 2000 provocò otto morti. Cherchi è stato individuato quale responsabile del delitto in base ad alcuni residui di polvere da sparo e per non avere fornito un alibi credibile. Catanzaro: avviato progetto per la tutela dei minori detenuti Giornale di Calabria, 31 gennaio 2012 Ha preso il via ufficiale a Catanzaro il progetto “Percorso socio-sanitario per la tutela dei minori e giovani adulti sottoposti a provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria in area penale interna ed esterna”, promosso e finanziato dalla Regione Calabria Dipartimento Tutela della Salute Area Lea (Livelli Essenziali di Assistenza) nell’ambito del Piano Sanitario Nazionale 2009 Linea 6.3 Sanità Penitenziaria, che ha individuato l’Azienda Sanitaria Provinciale di Catanzaro per la sua realizzazione, in partenariato col Centro Giustizia Minorile per la Calabria e la Basilicata. L’Asp di Catanzaro è quindi la prima e l’unica Azienda sanitaria ad aver realizzato e avviato questo importante progetto in Calabria. La giornata inaugurale ha registrato la presenza di Antonio Montuoro referente Asp di Catanzaro per la Sanità Penitenziaria, Bernardo Grande direttore Ser.T. di Catanzaro, Francesca Cappuccio responsabile Servizio tecnico del Centro Giustizia Minorile, in rappresentanza del direttore del Cgm Angelo Meli, fuori sede per motivi istituzionali. È stato presente, altresì, Luciano Trovato presidente Tribunale Minorenni di Catanzaro che ha accolto i presenti sottolineando la valenza dell’iniziativa per le ricadute sia operative che giudiziarie. I rappresentanti dell’Asp, nel portare i saluti rispettivamente di Gerardo Mancuso, direttore generale Asp Catanzaro, e di Luigi Rubens Curia, dirigente regionale del Dipartimento Salute area Lea, hanno presentato l’iniziativa progettuale che prevede una serie di azioni finalizzate a sostenere il percorso educativo dei minori in trattamento, rivolte all’educazione alla salute come cura di sé: tra queste vi è il lavoro di rete, la formazione del personale minorile, la formazione-animazione dei minori penali tramite laboratori, la peer-education con realizzazione di spot di educazione sanitaria e la preparazione alla fuoriuscita dei minori dall’area penale. Il rappresentante del Centro giustizia minorile ha espresso soddisfazione per l’approvazione a Catanzaro di tale progettualità che nei mesi scorsi ha ricevuto il plauso ufficiale del Ministero della Giustizia, che rafforza il Dpcm 1 aprile 2008 sul trasferimento della sanità penitenziaria alle Asp e che darà risposte concrete alle innumerevoli esigenze correlate alla salute dei minori sottoposti a provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria, in particolare si auspica un rafforzamento del sistema sanitario penitenziario anche in ordine al trattamento dei minori affetti da disturbi neuro-psichiatrici, settore che necessita di particolare attenzione istituzionale. Presenti in platea per la giustizia minorile funzionari e assistenti di area pedagogica e di servizio sociale operanti nell’Istituto penale minorenni, nell’ufficio Servizio sociale minorenni e nel Centro polifunzionale diurno di Catanzaro e per il privato sociale responsabili, educatori e operatori delle comunità e dei Gruppi appartamento della Regione Calabria che ospitano minori nonché le associazioni operanti nei Servizi minorili. “Si tratta di un progetto importante - ha sottolineato il direttore Mancuso - in quanto garantirà una continuità dei percorsi di cura, dal momento dell’ingresso negli istituti di pena e nei Servizi minorili fino alle relative dimissioni. Un’azione che servirà ad attivare programmi di miglioramento continuo della qualità dei processi di cura e di trattamento, con particolare riguardo ai percorsi individualizzati socio-psicoterapeutico-riabilitativi dei minori e degli adulti sottoposti a misura restrittiva della libertà personale”. Brindisi: mostrò atti procedimento disciplinare a detenuto; Tar assolve ex direttrice carcere Agi, 31 gennaio 2012 Permise a un detenuto di visionare i documenti relativi ad un procedimento disciplinare attivato nei suoi confronti, ma non per questo può essere sottoposta alla “censura”. Il Tar di Lecce assolve, così, il vice direttore della casa circondariale di Taranto, Sonia Fiorentino, già direttore del carcere di Brindisi, accogliendo il ricorso presentato contro il provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria. La decisione della terza sezione del Tribunale amministrativo ha messo fine ad una vicenda che molta eco aveva avuto nell’ambiente penitenziario. L’amministrazione regionale, infatti, il 19 settembre scorso aveva censurato il comportamento della Fiorentino, ritenendo illegittimo il permesso dato a un detenuto di accedere al rapporto informativo e alla delibera del Consiglio di disciplina, che gli erano costati un ammonimento. A sostegno del provvedimento disciplinare, l’amministrazione regionale aveva portato il mancato interesse del detenuto a conoscere quegli atti, essendo ormai scaduti i termini per eventuali ricorsi, nonché il fatto che dopo il rilascio degli atti erano giunte minacce di morte agli agenti di polizia penitenziaria che avevano promosso l’azione disciplinare contro il detenuto. Valutazioni contestate dalla Fiorentino davanti ai giudici del Tar, che hanno accolto le sue ragioni, annullando la censura. Piacenza: in Tribunale detenuto da in escandescenze e ingoia pezzi di vetro Il Piacenza, 31 gennaio 2012 Momenti di tensione questa mattina in un’aula del Tribunale di Piacenza, dove un detenuto, processato per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, ha dato in escandescenze, insultando il pubblico ministero, il giudice e il suo avvocato. Sfuggendo per un attimo al controllo delle guardie ha poi rotto un occhiale ingoiandosi i vetri. Si trova ora sottoposto alle visite dei sanitari. L’uomo un nigeriano di 44 anni era già finito nei guai per spaccio in due distinte operazioni di polizia e carabinieri tra il maggio e il giugno 2010. Il difensore dell’uomo ha dichiarato che il suo assistito si trova in una condizione psicologica molto particolare, ma che non si aspettava una tale reazione. Il processo è stato interrotto e ora l’uomo rischia ora le accuse di reato per oltraggio e ingiurie. Larino (Cb): detenuti a lezione di primo soccorso con “salvati da dentro” Ristretti Orizzonti, 31 gennaio 2012 Si chiama “Salvati da dentro” ed è il nuovo progetto di formazione che si è tenuto nel carcere di Larino e rivolto ai detenuti, che hanno acquisito le basi del primo soccorso. La respirazione bocca a bocca, il massaggio cardiaco e tante altre manovre da eseguire in situazioni di emergenza nel modo giusto senza arrecare ulteriori danni all’infortunato. “Nozioni che ogni cittadino dovrebbe avere perché tutti potremmo trovarci nella situazione di dover prestare soccorso” è stato affermato. Le lezioni sono state tenute dalla sezione di Guardialfiera della Società Nazionale di Salvamento che già ha dato la possibilità a un detenuto di acquisire il brevetto di bagnino. Se n’è occupato Nicola Fratangelo che ha sottolineato l’entusiasmo con cui i detenuti hanno seguito il corso. L’idea è stata proprio quella del detenuto che presta la prima assistenza agli altri compagni in caso di malore o incidente. “Inculca a tutti un senso di responsabilità che va nella direzione di prendersi gli uni cura degli altri, proprio all’interno di una comunità, in cui spesso la convivenza è difficile e forzata” ha spiegato il direttore del carcere Rosa La Ginestra. I detenuti che hanno seguito il corso hanno ricevuto gli attestati di partecipazione durante una cerimonia a cui ha partecipato anche il dirigente della Protezione Civile regionale Antonio Giarrusso, che ha sottolineato l’importanza del volontariato e della formazione per prestare soccorso in sicurezza. Bari: progetto “Ceramista”: quando il mestiere si impara dietro le sbarre Puglia Live, 31 gennaio 2012 Qualifica professionale della Regione per un gruppo di detenuti della Casa Circondariale di Bari, grazie a un corso di formazione durato oltre un anno, gestito dalla cooperativa sociale Itaca. Il 3 febbraio l’evento finale, con l’assessore regionale Alba Sasso. Il nome del progetto è esplicito: “Ceramista”. È il corso di formazione, durato oltre un anno, che ha permesso a un gruppo di detenuti della Casa Circondariale di Bari di imparare l’arte della ceramica e, riacquisita la libertà, potersi spendere sul mercato del lavoro con una qualifica professionale dalla Regione Puglia. L’iniziativa, attuata dalla cooperativa sociale Itaca - da anni impegnata in progetti negli istituti di pena - con la preziosa collaborazione dell’Area Trattamentale della Casa Circondariale di Bari, è stata finanziata dal Fondo Sociale Europeo 2007-2013 (Asse III - Inclusione Sociale - Attività di Formazione negli Istituti di pena) tramite l’assessorato regionale alla Formazione professionale, politiche dell’occupazione e del lavoro. Tutti i dettagli saranno illustrati venerdì 3 febbraio, alle 15, nell’Auditorium della Casa Circondariale di Bari, nell’evento conclusivo con la presentazione alla stampa dei risultati e della mostra dei manufatti. Interverranno Alba Sasso, assessore regionale al Diritto allo studio e formazione professionale; Lidia de Leopardis, direttore Casa Circondariale di Bari; Giulia Veneziano, responsabile Asse III Inclusione sociale P.O. 2007/2013 Regione Puglia per il Fse; Piero Rossi, Garante dei detenuti - Regione Puglia; Alessandra De Filippis, presidente cooperativa sociale Itaca. Con loro, anche rappresentanti delle istituzioni, dell’équipe e dei partner di progetto, di una folta rappresentanza di detenuti e di alcuni testimoni privilegiati del territorio, per un momento di incontro, racconto e verifica dell’esperienza a più voci. In chiusura, lo spettacolo teatrale “Ridi, Ridi” scritto e interpretato da Renato Curci ed Enrico Castellaneta, comici e burattinai pugliesi che da anni spendono la loro arte in campo artistico e sociale a livello locale e internazionale. Nutrito il partenariato di progetto: Ministero della Giustizia - Direzione Casa Circondariale di Bari, Assessorato alla Solidarietà del Comune di Bari, C.P.I. Puglia - Servizio Politiche attive del lavoro - Cti di Bari, Confcooperative - Bari, Consorzio di Cooperative Sociali “Meridia”, Cooperativa Sociale “Crisi”, Confartigianato Upsa Bari, Ctp - Scuola media statale “Massari Galilei” di Bari, Istituto d’Arte “Luigi Russo” di Monopoli, aziende “Vallarelli F.sco & Figli” di Terlizzi e “Ceramiche Tradizionali” di Rutigliano. Aosta: l’auspicio dei volontari del carcere “gli emarginati nel cuore della fiera” Aosta Sera, 31 gennaio 2012 Dodici volontari dell’Avvc hanno turnato per tenere il banco in Piazza della Repubblica. Il loro compito era duplice: sensibilizzare la popolazione sulle problematiche del carcere e dall’altra “vendere” le opere realizzate dai detenuti. Libri in legno, animaletti, giocattoli ciotole e palette: sono le produzioni dei detenuti del carcere di Brissogne che l’Associazione di Volontariato carcerario della Valle d’Aosta ha portato alla fiera di Sant’Orso, edizione 2012. Nell’istituto di pena valdostano, infatti, da diversi anni è attivo un laboratorio di scultura tenuto da Egidio Seghesio e frequentato da una decina di detenuti. Dodici volontari dell’Avvc si sono dati, quindi, il cambio per tenere il banco nei due giorni di fiera. Il loro compito era duplice: da una parte sensibilizzare la popolazione e i visitatori sulle problematiche del carcere e dall’altra “vendere” le opere realizzate dalle persone detenute per raccogliere fondi per finanziare le tante iniziative che l’Associazione realizza nella casa circondariale. Il bilancio della due giorni è positivo, con alcune ombre: la posizione assegnata dal Comune di Aosta all’Avvc era fuori dal circuito consueto della fiera, ovvero in Piazza della Repubblica, di fronte all’area riservata agli attrezzi agricoli. “Ci dispiace perché il carcere è già ai margini della società e ci piacerebbe, per il futuro, che fosse almeno nel cuore della fiera” sottolinea Maurizio Bergamini, presidente dell’Avvc. “L’interesse e la solidarietà dei visitatori della fiera e di chi è passato davanti al nostro banco non sono mancati”. Aversa (Ce): museo manicomio criminale; macchine per elettroshock e foto lombrosiane Tm News, 31 gennaio 2012 Pesanti catene di ferro, apparecchi coercitivi simili a strumenti per la tortura e le macchine per l’elettroterapia, il famigerato elettroshock. Una galleria degli orrori conservata in un museo nell’Ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa “Filippo Saporito”, in Campania, che mostra a cosa andavano incontro i detenuti considerati pazzi e rinchiusi in quelli che tempo fa venivano chiamati manicomi criminali. La documentazione fotografica mostra decine di facce immortalate per archivio e nel nome delle teorie lombrosiane, diffuse nei primi anni del manicomio di Aversa, attivo dal 1876. L’ospedale, uno dei sei sparsi per tutta Italia, negli anni passati è stato più volte criticato per le condizioni disumane in cui venivano tenuti i pazienti e alla metà degli Anni ‘70 fu anche al centro di uno scandalo giudiziario, grazie alle rivelazioni di un detenuto. Attualmente ci sono circa 190 pazienti, quasi tutti per piccoli reati, alcuni addirittura ufficialmente liberi ma che non hanno altro posto in cui andare. Una situazione che durerà ancora per poco visto che il Senato ha stabilito che entro il 31 marzo 2013 gli ospedali psichiatrici giudiziari dovranno chiudere e tutti i detenuti trasferiti in strutture sanitarie regionali. Caltanissetta: cabaret per i detenuti nel carcere di S. Cataldo La Sicilia, 31 gennaio 2012 Giornata all’insegna dello spettacolo e dell’intrattenimento, venerdì scorso, per i detenuti della Casa di reclusione. Infatti, i ristretti hanno assistito ad un doppio appuntamento con il musical ed il cabaret, che ha visto protagonisti alcuni artisti locali, ma non solo. Alla presenza del comandante Alessio Cannatella, di personale del corpo di Polizia penitenziaria e degli educatori, infatti, si sono concluse le attività di un laboratorio teatrale tenuto da Salvatore Nocera. Tra i partecipanti, un gruppo di detenuti, che hanno contribuito all’allestimento di uno spettacolo con brani tratti dal musical “C’era una volta…Scugnizzi”, un’opera che tratta la storia di due ex ospiti di un istituto di correzione per minori, i quali una volta fuori prenderanno strade diverse. Successivamente il cabarettista Adriano Dell’Utri: l’attore vincitore dell’ultima edizione del programma tv “La sai l’ultima?”, ha allietato i presenti. Immigrazione: donna originaria Etiopia, cittadina italiana, s'impicca in centro accoglienza Ansa, 31 gennaio 2012 Una donna 51enne originaria dell’Etiopia ma con cittadinanza italiana si è impiccata nella notte in una casa d’accoglienza comunale di via Predoi all’Infernetto. Nella struttura era ospitato anche il figlio di 12 anni. A dare l’allarme stamattina poco prima delle 10 il personale della struttura trovando il corpo della donna. Sul posto la polizia. Tredicine: massimo supporto a figlio donna impiccata in centro accoglienza “La notizia della disgrazia avvenuta questa mattina al centro di accoglienza di via Pedrei mi ha profondamente addolorato. Non si conoscono ancora i motivi che hanno portato la donna ospitata dal centro a compiere un gesto così assurdo e le poche informazioni di cui disponiamo sono ancora sotto lo stretto riserbo del magistrato e del nucleo scientifico della Polizia di Stato che in queste ore stanno effettuando il sopralluogo. Ho parlato con i responsabili del centro e mi è stato spiegato che la donna era ospite oramai da 5 anni e viveva in maniera autonoma in un miniappartamento con il figlio. Sempre secondo quanto appreso dai responsabili che si occupavano di lei, la donna non soffriva di depressione. Ora il pensiero va naturalmente a suo figlio che in seguito allo choc è stato accompagnato in ospedale per ricevere il necessario supporto psicologico. Roma Capitale è a completa disposizione del ragazzo e dei suoi familiari per tutto l’aiuto di cui avrà bisogno per elaborare questa tragedia”. Lo ha dichiarato in una nota il presidente della commissione Politiche Sociali e Famiglia di Roma Capitale, Giordano Tredicine. Grecia: le carceri scoppiano, tre direttori chiudono le porte a nuovi detenuti Ansa, 31 gennaio 2012 I responsabili di tre carceri di massima sicurezza della Grecia si sono rifiutati di accogliere nuovi detenuti nelle loro strutture, denunciando un pericoloso sovraffollamento. In una lettera congiunta alle autorità giudiziarie, i tre responsabili hanno fatto presente di non avere possibilità di accogliere nuovi detenuti “anche solo temporaneamente a causa delle condizioni di sovraffollamento tali da costituire un rischio per la salute e la sicurezza”, si legge sul quotidiano greco Kathimerini. Le tre strutture in questione sono quelle di Korydallos, nella parte sudoccidentale di Atene e quelle di Halkida e Tripoli. “Non è rimasto altro spazio che quello dei bagni”, afferma Spyros Athanassiou, governatore della prigione di Halkida. Analoga la denuncia di Ioannis Anestis, governatore di Korydallos, dove lo scorso mese c’è stata una presa di ostaggi. Il carcere, pensato per 800 detenuti, ne accoglie attualmente oltre 2.320. Libia: Cnt respinge accuse di torture a detenuti “forse episodi isolati, ma non autorizzati” Tm News, 31 gennaio 2012 Il governo libico ha respinto con fermezza le accuse di torture nelle carceri, ai danni di prigionieri fedeli alle forze di Mouammar Gheddafi. Se anche delle torture fossero avvenute, il governo non ne sarebbe stato a conoscenza, ha dichiarato Achur Ben Khayyal, ministro degli Affari esteri libico nel corso del vertice dell’Unione africana in corso ad Addis Abeba, in Etiopia. La tortura, ha spiegato Khayyal, non fa parte delle pratiche previste dal Consiglio Nazionale di Transizione (Cnt) che si è impegnato a mettere la parola fine alle violazioni dei diritti umani dell’era Gheddafi: “Noi non abbiamo come politica quella di praticare la tortura, poiché il popolo libico ha già sofferto per queste pratiche, che noi respingiamo fermamente. Se vi sono stati dei casi di tortura, il governo li ignorava e certamente non ha dato la sua autorizzazione. Potrebbe essersi trattato di atti individuali, ma noi non abbiamo sentito parlare del rapporto menzionato”. Il riferimento è alle denunce presentate da alcune organizzazioni internazionali, come Medici senza frontiere e Amnesty international, secondo le quali si sono verificati diversi episodi di tortura nelle carceri di Misurata. Anche le Nazioni Unite, ricorda il quotidiano Le Monde, hanno espresso preoccupazione per le azioni delle cosiddette “brigate rivoluzionarie”, corpi speciali accusati di gestire prigioni segrete con migliaia di detenuti. Arabia Saudita: smentita la notizia che membri della famiglia reale siano detenuti in Iraq Nova, 31 gennaio 2012 L’Arabia Saudita ha smentito oggi le notizie apparse sulla stampa irachena secondo le quali alcuni detenuti sauditi condannati a morte in Iraq per terrorismo sarebbero “membri della famiglia reale saudita”. La smentita venuta dal principe Turky Mohammed bin Saud, sottosegretario del ministero degli Esteri saudita, che ha negato “categoricamente l’esistenza di qualsiasi prigioniero in Iraq appartenente alla famiglia regnante”. Gli iracheni, ha aggiunto il principe, “avrebbero dovuto appurare la verità dalle loro fonti prima di fare un annuncio del genere, che non ha alcun fondamento”. Turchia: sale a 105 numero di giornalisti in carcere, arrestato cronista di quotidiano curdo Tm News, 31 gennaio 2012 Aumenta a 105 il numero dei giornalisti turchi in carcere. La denuncia arriva dalla Ong turca Tgd, la Piattaforma per la solidarietà con i giornalisti in carcere. A finire dietro le sbarre per ultimo, lo scorso 28 gennaio, è stato Aziz Tekin, un giornalista curdo che collaborava per il quotidiano Azadiya Welat, che ha avuto a sua volta problemi con la giustizia della Mezzaluna. Il giornalista è stato arrestato con l’accusa di associazione a organizzazione terroristica, in particolare al Kck, l’Unione delle comunità curde, considerata associazione terroristica e che al suo interno comprenderebbe anche il Pkk, il Partito dei lavoratori del Kurdistan, che da anni lotta per la creazione di uno stato indipendente. “La Turchia è fra i Paesi con il più alto numero di giornalisti arrestati al mondo - si legge nel comunicato della Tgd. Con l’ultimo arresto il Paese rafforza la sua posizione ai vertici della classifica. Il partito per la Giustizia e lo Sviluppo )Akp, guidato dal premier Recep Tayyip Erdogan ndr) sta abusando della legge anti terrorismo”. Il comunicato ha anche ricordato che settimana scorsa un rapporto pubblicato da Reporters sans frontieres, ha piazzato la Turchia al 148mo posto su 178 nella classifica dei Paesi per quanto riguarda la libertà di stampa, retrocedendola di 10 posizioni rispetto allo scorso anno. La maggior parte dei giornalisti che vengono arrestati in Turchia lo sono a causa della loro presunta appartenenza non solo a organizzazioni terroristiche curde, ma anche all’organizzazione Ergenekon, che secondo l’accusa da anni lavorerebbe per sovvertire il governo guidato da Erdogan. Di Ergenekon farebbero parte non solo giornalisti, ma anche docenti universitari, militari, imprenditori, elementi dei servizi segreti deviati e intellettuali. Fra i reporter in prigione ci sono anche Ahmet Sik e Nedim Sener, penne note del giornalismo turco e conosciute per i loro toni critici nei confronti del governo Erdogan. Proprio il premier nei giorni scorsi è intervenuto nel dibattito sulla libertà di informazione nel Paese. “La Turchia non merita l’immagine negativa offerta al mondo dall’opposizione e da alcuni giornalisti e scrittori” ha spiegato, aggiungendo che il suo partito Akp, “non ha mai cercato vendetta nei confronti dei media ostili”. Secondo il premier turco per i Paesi occidentali capire il problema è difficile “perché loro non hanno giornalisti che coinvolti in golpe o che supportano e invitano a golpe”. Iran: donna convertita al cristianesimo condannata a 2 di carcere Adnkronos, 31 gennaio 2012 Leila Mohammadi, un’iraniana convertita al cristianesimo è stata condannata a due anni di reclusione dal Tribunale di Teheran per “aver attentato alla sicurezza nazionale, facendo propaganda anti-islamica e per aver compiuto attività di proselitismo organizzando riunioni clandestine nella propria abitazione”. Lo riferisce il sito attivo nell’ambito dei diritti umani Herana. La Mohammadi era stata arrestata lo scorso agosto dagli agenti dell’intelligence iraniana e rilasciata, dietro pagamento di una cauzione, dopo aver trascorso cinque mesi nel carcere di Evin a Teheran. Il legale della donna ha fatto sapere di aver presentato ricorso alla Corte d’appello. Secondo i siti di opposizione, nell’ultimo anno, oltre 200 iraniani convertiti al cristianesimo sarebbero stati arrestati in Iran. Decine di questi sono stati condannati a diversi anni di carcere per reati di opinione. La sharia non consente la conversione dall’Islam ad altre religioni. L’abbandono dell’Islam è punibile anche con la pena capitale. Negli ultimi anni in Iran sono aumentate in modo considerevole le conversioni, soprattutto dei giovani, dall’Islam ad altre religioni quali il cristianesimo, il zoroastrismo e la fede bahai. Il fenomeno ha suscitato le dure reazioni delle autorità politico-religiose della Repubblica islamica. Ucraina: l’ex premier Iulia Timoshenko sarà visitata in carcere da medici stranieri Ansa, 31 gennaio 2012 Una commissione sanitaria internazionale visiterà in carcere la ex premier ucraina, Iulia Timoshenko. Lo fa sapere la procura generale specificando che del gruppo faranno parte due medici tedeschi, tre canadesi e tre della Croce rossa internazionale. Non si conosce però ancora la data esatta della visita medica. Dietro le sbarre dal 5 agosto, l’eroina della Rivoluzione arancione soffre di forti dolori alla zona lombare della colonna vertebrale che la costringono a letto da mesi impedendole di camminare. Secondo i funzionari del sistema penitenziario, la Timoshenko si rifiuterebbe di essere curata dai medici del carcere e di essere visitata dalle commissioni sanitarie inviate appositamente del ministero della Salute ucraino. La sera del 6 gennaio, l’ex premier ha perso conoscenza nel carcere femminile di Kachanivska, dove è rinchiusa da fine dicembre e, stando al suo braccio destro, Oleksandr Turcinov, gli agenti della polizia penitenziaria sarebbero intervenuti solo dopo 20 minuti nonostante la compagna di cella cercasse di richiamare la loro attenzione battendo coi pugni sulla porta. A ottobre la Timoshenko è stata condannata a sette anni di reclusione per abuso di potere per dei controversi contratti per le forniture di gas siglati con Mosca. La sentenza, considerata politicamente motivata da numerosi osservatori, è stata confermata in appello a fine dicembre. Romania: canile sepolto da nevicata, detenuti mobilitati per liberare gli animali Apcom, 31 gennaio 2012 In Romania, un gruppo di detenuti del carcere di Jilava, sono stati mobilitati per dare una mano a liberare dalla neve le gabbie del canile di Glina. rimasto completamente sommerso dalla neve caduta abbondante in queste ore. La Romania e i Balcani sono infatti alle prese con un’ondata di gelo eccezionale. Le condizioni si erano fatte drammatiche per gli animali, con i cumuli alti fino a un metro attorno e dentro alle gabbie. Le temperature hanno raggiunto negli ultimi giorni medie di quindici gradi sottozero con picchi anche di -27: nel fine settimana alcune tempeste di neve a ripetizione avevano sommerso il rifugio e per questo si è deciso di evacuare il canile con l’aiuto dei detenuti del carcere. Norvegia: Breivik rilascerà un’intervista con tv straniera Adnkronos, 31 gennaio 2012 Anders Behring Breivik, il responsabile della strage di Oslo e dell’isola di Utoya, rilascerà la sua prima intervista televisiva. Lo rendono noto i media norvegesi riportano che le autorità della prigione dove è rinchiuso l’uomo che ha confessato di aver piazzato le bombe che il 22 luglio scorso hanno ucciso otto persone e poi di averne massacrate altre 69 nell’isola dove si svolgeva il campeggio dei giovani laburisti, stanno controllando le credenziali della troupe di una televisione straniera che ha ottenuto l’intervista. Goran Nilsson, vice direttore del carcere, non ha fornito il nome della televisione né specificato di quale nazione sia. Dal nove gennaio scorso Breivik può ricevere visitatori sotto speciali misure di controllo, ma finora, ha detto Nilsson, nessun familiare o amico del detenuto hanno fatto richiesta. Allo stesso modo ora il detenuto può leggere giornali, guardare la televisione e leggere le lettere che non gli erano state consegnate durante i mesi di isolamento. Il suo avvocato, Geir Lippestad, ha detto che aveva consigliato a Breivik di non rilasciare interviste fino al processo che inizierà il prossimo 16 aprile.