Giustizia: il decreto Severino è solo palliativo, l’amnistia è unica cura efficace di Andrea De Liberato www.libertiamo.it, 29 gennaio 2012 Le prime tre cariche dello Stato sono d’accordo su una cosa: lo stato delle carceri italiane è del tutto intollerabile. Il Presidente Napolitano ha parlato, già quest’estate, della necessità di porre rimedio al problema come di una “prepotente urgenza” e sono seguiti, negli ultimi mesi e settimane, gli appelli di Renato Schifani e di Gianfranco Fini. Oltre sessantacinquemila detenuti affollano oggi le carceri che ne potrebbero ospitare al massimo quarantatremila, mancano oltre ottomila agenti di custodia, tutte le altre figure professionali (medici, educatori, psicologi, infermieri, magistrati di sorveglianza) sono sotto organico. Tra un quinto e un quarto di quanti stanno in galera - poco meno della metà del totale dei detenuti è infatti in attesa di giudizio - sappiamo già (statisticamente) che saranno assolti. Il carcere italiano, insomma, “funziona” mettendo a preventivo una quota abnorme di ingiuste detenzioni, scontate per lo più in condizioni disumane. Il recente decreto presentato dalla ministra Severino è solo un timido passo in avanti. La chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (Opg) e l’estensione della detenzione domiciliare, che contribuirà ad evitare il triste fenomeno delle “porte girevoli” e manderà anticipatamente a casa qualche migliaio di detenuti, rappresenta la terapia antalgica, non la cura sistemica. Tratta alcuni sintomi dolorosi, ma non la malattia, né le sue cause, visto che lo sfascio delle carceri è legato a quello del sistema penale (cioè a come non funziona la giustizia, al modo in cui è intesa e malintesa la pena, alla funzione impropria che è ormai “di fatto” socialmente attribuita alla detenzione…). L’arretrato da smaltire ammonta ormai a circa nove milioni di processi, 5,5 civili e 3,4 penali. Quelli penali, in parte, non saranno mai celebrati e saranno interrotti dall’”amnistia di classe” della prescrizione. Quelli civili, appesantiti da ritardi secolari, contribuiranno a rendere l’Italia un Paese sempre meno competitivo. La Banca d’Italia, in un recente studio, ha stimato che l’inefficienza della giustizia civile costa l’uno per cento del Pil (in Italia un credito commerciale si recupera in 1.120 giorni contro i 394 della Germania). L’amnistia, da questo punto di vista, non è una “resa”, ma una via d’uscita dal circolo vizioso dell’inefficienza. Non è la “riforma”, ma la premessa essenziale per fare le riforme che servono, nel civile, come nel penale. Lo ha ammesso apertamente Antonio Buonaiuto, Presidente della Corte d’Appello di Napoli, che ha dichiarato mercoledì scorso che “il rimedio principale sarebbe un’amnistia per eliminare gli arretrati che sono un debito pubblico, un fardello che abbiamo. Naturalmente si lascerebbero fuori i reati più gravi, ma bisogna avere il coraggio di dirle queste cose…” È un’opinione sempre più diffusa fra gli addetti ai lavori, i magistrati, gli avvocati, le forze dell’ordine, la polizia penitenziaria: ormai da tempo non è più il solo Marco Pannella a proporre la necessaria amnistia. La ministra Severino ha giustamente ricordato che la responsabilità è del Parlamento: la sovrana assemblea della Repubblica che, qualche mese fa, si è perfino rifiutata di discutere del problema, e che non sembra, per così dire, propensa ad esaminare la soluzione. Ma l’amnistia sarebbe davvero, come dicono i radicali, anche una “amnistia per la Repubblica”, per restituire cioè il sistema penale ad una ragionevole efficienza e difendibile legalità. Giustizia: il ministro Severino si fa strada fra polemiche ed emergenza sovraffollamento di Claudia Parmiggiani Paperblog, 29 gennaio 2012 Decreto carceri approvato: il ministro Severino si fa strada fra polemiche ed emergenza sovraffollamento. L’incubo paventato dalla Lega che gli “incontrollabili istinti criminali” dei detenuti siano liberati e che si insidino tra le fila della gente comune ha preso corpo nell’approvazione del pacchetto carceri, approvato al Senato con 226 voti favorevoli, 40 contrari (Lega e Idv) e 8 astenuti. Agitato da considerazioni quasi lombrosiane della criminalità e della devianza più che da un serio interesse per la sicurezza sociale, il Carroccio si muove in direzione contraria al provvedimento e interpreta forse il timore dei più che la soluzione adottata dal guardasigilli Severino sia rischiosa e dannosa per la popolazione. È in particolare l’emendamento che decide la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg) entro il 31 Marzo 2013, passato con 175 voti favorevoli, a scuotere gli animi e a creare perplessità. Il ministro Severino ricorda amaramente che la questione riguardante la misura cautelare più grave all’interno del nostro ordinamento deve essere trattata con l’adeguata attenzione e cura, si tratta di un punto delicato del sistema giudiziario oltre che di un indice importante per valutare il livello di sviluppo di una civiltà. Non si parla quindi soltanto di individui di cui è permesso calpestare ogni residuo di dignità. Aspetto afflittivo e aspetto rieducativo della pena vanno bilanciati. Il ministro fa riferimento soprattutto a coloro che, pur rimanendo rinchiusi negli Opg, da tempo non sono più ritenuti socialmente pericolosi; costoro dovranno essere dimessi e presi in carico dai Dipartimenti di salute mentale dislocati nel territorio. Per le 1500 persone detenute negli ospedali psichiatrici nasceranno nuove strutture, interamente a carattere ospedaliero e con una rete di vigilanza esclusivamente esterna perché siano adeguatamente curati. Si privilegia la cura, ma non mancherà la vigilanza. Rassicurando poi la Lega il ministro spiega: “Il decreto cerca di contemperare le esigenze di alleggerimento della popolazione carceraria con la tutela della sicurezza sociale. Non può uscire dal carcere nessuna persona la cui posizione non sia stata valutata da un giudice, che in 48 ore e non più in 96 ore come ora, avrà davanti a sé tre chance: quella degli arresti ai domiciliari, della custodia in celle di sicurezza, dell’arresto in carcere”. Il provvedimento deve essere convertito in legge entro il 20 febbraio e deve ora passare alla Camera per la conversione definitiva. Il fine di questo pacchetto legislativo è di evitare l’intasamento delle carceri, che accolgono l’affluenza critica di circa novemila detenuti l’anno per poi uscirne spesso dopo un brevissimo periodo di detenzione, costituendo un inutile aggravio, sia economico che umano, per il sistema. Si stabiliscono gli arresti domiciliari come destinazione prioritaria per questi detenuti e qualora non sia possibile il domiciliare o le celle di sicurezza e il pm disponga il carcere, l’arrestato andrebbe condotto nell’istituto penitenziario più vicino. Un provvedimento preso in una situazione di emergenza e portata all’estremo, quale quella delle carceri italiane, mostra sicuramente il fianco a numerose critiche: credere nel trattamento umanitario dei detenuti e nella finalità rieducativa della pena in molti casi è impensabile, ma un sistema civile garantisce anche questo. Va da sé che questo provvedimento debba andare di pari passo con lo sfoltimento dell’abnorme cifra di cause pendenti che giacciono nei tribunali e con tempi di tutela giurisdizionale più brevi, è di questi fattori che ha bisogno un sistema di giustizia per essere efficiente. Giustizia: liberalizzazioni e carceri private, pareri negativi da sindacati e associazioni di Davide Pelanda www.articolotre.com, 29 gennaio 2012 Non è certo una novità quello del project financing per le carceri, vale a dire l’ingresso dei privati per la realizzazione e la gestione di strutture penitenziarie: nella storia della nostra Repubblica già finanziaria per il 2001 del Governo Amato lo prevedeva. Oggi ritorna in auge nel Governo dei tecnici guidato da Mario Monti. Ed in molti sono le voci contrarie a questa bizzarra proposta “all’americana”. “Da tempo l’immobilismo delle istituzioni ha creato una vera e propria emergenza umanitaria nel sistema penitenziario. Con il decreto legge sulle liberalizzazioni e il project financing, lo Stato italiano dichiara definitivamente il proprio disimpegno. Siamo alla privatizzazione delle carceri. Il Governo dei tecnici ha trovato una soluzione per l’emergenza: esternalizzare i problemi per ridurre i costi. Un errore sul quale chiediamo un immediato incontro con la Ministra Severino”. A parlare così è Fabrizio Fratini, Segretario Nazionale Fp-Cgil. Ma può funzionare questa idea in Italia? Ad esempio Debora Billi su www.megachipdue.info si domanda come ciò si possa fare “con infiltrazioni mafiose a tutti i livelli ed in special modo nell’edilizia? Che le carceri saranno gestite dai delinquenti. Quelli di serie A, naturalmente, perché quelli di serie B saranno il “prodotto”, ovvero coloro su cui si farà business. Un tot a carcerato. E il carcere, naturalmente, dovrà essere sempre pieno altrimenti non conviene: non buttate più cartacce per terra, mi raccomando.” Per Riccardo Polidoro, presidente “Il Carcere Possibile Onlus”, invece “la strada intrapresa potrebbe essere quella giusta, ma va immediatamente chiarito che non è quella per risolvere il problema del sovraffollamento (che ha altre soluzioni), ma per chiudere finalmente strutture fatiscenti, in cui l’Ordinamento Penitenziario non può trovare applicazione. Non è corretto, come si legge nel Decreto che tale norma deve essere finalizzata a “realizzare gli interventi necessari a fronteggiare la grave situazione di emergenza conseguente all’eccessivo affollamento delle carceri”, sarebbe stato meglio scrivere che “lo scopo della Legge è eliminare le condizioni di degrado in cui si trovano a vivere i detenuti in alcune strutture esistenti, che vanno soppresse”. Stefano Anastasia e Alessio Scandurra dell’Associazione Antigone dicono che questa della privatizzazione delle carceri italiane “è una ricorrente tentazione di un ceto politico di governo che non vuole o non può decriminalizzare e non ha i mezzi per far fronte al sovraffollamento penitenziario da esso stesso stimolato, subito o assecondato”. Una scelta quella del Governo Monti giudicate come un eccesso di liberismo ma anche una “scelta arrivata - come dice sempre il sindacalista della Fp-Cgil Fabrizio Fratini - nella fase più critica per il sistema, con il numero di detenuti ormai pericolosamente vicino alla soglia dei 70mila, e all’indomani della sostanziale impasse registrata sul ddl carceri. Da un lato non si interviene per limitare le storture del sistema, molte delle quali causate dai provvedimenti propagandistici del Governo Berlusconi e dell’ex ministro Alfano, soprattutto per quel che riguarda i detenuti in attesa di giudizio o ad esempio quelli ristretti a causa delle leggi Bossi-Fini e Fini-Giovanardi. Dall’altro non si investe nel sistema e lo si lascia in pasto ai privati, ignorando il richiamo della Corte dei Conti che sul tema delle esternalizzazioni ha chiaramente fatto emergere il maggior costo per la collettività rispetto alla gestione pubblica. Si lascia il campo con disonore: un disastro”. Forse che, come dice in ultimo Debora Billi dal sito Megachip, “un provvedimento del genere avrebbe meritato un dibattito pubblico in un “Paese normale”. Che una simile cessione di democrazia, di controllo e di libertà da parte dello Stato dovrebbe essere ben conosciuta dai cittadini e dall’opinione pubblica, e non infilata di soppiatto tra gli articoli mentre il gregge è distratto a pensare ai taxi”. Giustizia: Ionta; il sovraffollamento lede la dignità anche nelle celle c’è il diritto al pudore di Annalisa Cuzzocrea La Repubblica, 29 gennaio 2012 “Quello delle carceri non è solo un problema di sovraffollamento, è un problema di dignità della detenzione”. Franco Ionta, capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, conosce bene il grido di dolore che si è levato dai tribunali di mezz’Italia. Il ministro Severino ha definito le carceri un test di civiltà per il Paese. L’Italia è molto indietro? “Quando una persona - aldilà delle responsabilità accertate o da accertare - si trova in una struttura penitenziaria, ne devono essere salvaguardate la vita, la salute e la dignità. Così come il lavoro che fa la polizia penitenziaria deve essere dignitoso e ritenuto tale dalla società”. Le carceri italiane possono accogliere 43mila persone. Quante ce ne sono oggi? “Abbiamo 66.800 detenuti, e se nel dicembre 2010 non fosse stata introdotta una legge di grande saggezza - quella che consente di scontare ai domiciliari l’ultimo anno di pena – il problema sarebbe ancora maggiore. Il 42 per cento di detenuti è in attesa di giudizio, e si trova in condizione di non essere rispettato nella sua dignità”. In che modo? “Dormire e condividere gli ambienti igienici con troppe persone rende inaccettabile anche la quotidianità. Cucinarsi un pranzo, leggere un giornale, prendersi un caffè, lo svolgimento ordinario della vita - seppure da detenuto - non dev’essere ostacolato da un’eccessiva promiscuità. La cessazione della libertà non può essere accompagnata da un di più. Non dico che debba esserci una cella per ogni detenuto, ma non è neanche giusto che ci siano troppe persone in una stessa cella”. Quante ce ne sono oggi? “Dipende, in quelle piccole due. In altre, fino a 8”. Qual è la situazione che la preoccupa di più? “Vorrei fare un esempio di eccellenza, perché bisogna lavorare in questo senso. Il carcere di Trento, che abbiamo inaugurato l’anno scorso, dimostra come se c’è dietro un’idea intelligente di detenzione le condizioni migliorano. Con meno persone per cella, servizi ben separati dalla parte abitativa, la possibilità di aprire elettronicamente cancelli e porte, alloggi per il personale”. Cosa deve cambiare? “Il carcere non può essere un contenitore del disagio sociale. E deve essere collegato con altre strutture territoriali. Penso alla sanità penitenziaria, che è un problema nel problema. E agli ospedali psichiatrici giudiziari, che dobbiamo riuscire a trasformare in luoghi di cura”. C’è il dramma dei suicidi. A volte legati alla tossicodipendenza. “Bisogna intervenire limitando l’afflusso in carcere, con una modalità per gli arresti in flagranza che eviti che 100mila persone attraversino una struttura penitenziaria. E aumentare il deflusso, scontare fuori - invece di dodici - gli ultimi 18 mesi di pena. Ovviamente escludendo tutti i reati che hanno un tasso di alta pericolosità sociale. Perché ogni suicidio è una sconfitta per lo Stato, né mi consolano i raffronti con gli altri paesi. L’anno scorso si sono uccisi in carcere oltre 60 detenuti, e 8 agenti di polizia penitenziaria. Troppi”. Bisogna intervenire sulla custodia preventiva? “Già nel codice attuale la misura cautelare in carcere dev’essere l’ultima delle misure, quando nessun’altra può fronteggiare le esigenze processuali”. Giustizia: Marco Boato; l’unica soluzione è l’amnistia… di Ettore Colombo Il Messaggero, 29 gennaio 2012 Sociologo e giornalista, ex parlamentare dei Verdi, Marco Boato è un garantista a tutto tondo. Oggi, per Boato, è venuto il momento di riproporre una battaglia storica, per lui, quella dell’amnistia: “Ne parlano solo i Radicali, ma i tempi sono maturi perché il Parlamento inizi a discuterne seriamente. Con il governo Monti, tutto è cambiato, anche il clima politico. E la ministra Severino sta operando bene, in modo accorto. Ora è necessario che, dopo gli appelli del Capo dello Stato, il Parlamento riprenda in mano questa battaglia. Solo così si risolveranno i tanti guai della giustizia italiana”. Professore, partiamo dall’apertura dell’anno giudiziario. Il clima è cambiato, pare. “Sì, la nascita del governo Monti e la fine dell’antagonismo tra i due maggiori partiti sta facendo in modo che anche l’approccio ai problemi della giustizia sta cambiando. Del resto, la situazione è catastrofica, come si evince dalla relazione del presidente della Corte di Cassazione Ernesto Lupo. Siamo a una situazione di pre-bancarotta. Abbiamo davanti un anno e pochi mesi per cercare di evitarla. I partiti s’impegnino perché il tempo è poco e i problemi gravissimi”. Quali sono i principali mali della giustizia italiana? “Lo spaventoso arretrato dei processi nel campo della giustizia civile e, un po’ meno, in quello della giustizia penale. Poi, anzi per primo, il sovraffollamento delle carceri”. Come si sta muovendo il ministro Severino? “Bene. Le prime misure messe condivisibili e importanti, ma bisogna fare di più. Il problema del sovraffollamento carcerario è drammatico: siamo all’assurdo di persone che stanno in carcere pochi giorni per nulla. Bisogna consentire ai detenuti per reati minori e di non particolare allarme sociale di scontare la loro pena ai domiciliari. Ma per affrontare alla radice il problema serve che il Parlamento riprenda in mano il tema dell’amnistia, bandiera sacrosanta che oggi viene agitata soltanto dai Radicali. Del resto, il ministro Severino ha detto che il governo non prenderà iniziative, su questo, ma anche che non si opporrà se lo facesse il Parlamento. Bisogna agire subito. L’errore dell’ultimo governo che ci provò, il Prodi due, fu di fare soltanto l’indulto, senza accompagnarlo a una vera amnistia, che è anche l’unico modo di sfoltire l’enorme mole di processi pendenti davanti ai tribunali e far ripartire la macchina della giustizia. So bene che, dalla riforma costituzionale dei primi anni Novanta, serve una maggioranza molto ampia, in Parlamento, per approvare un’amnistia, ma è l’unica misura da prendere. Inoltre, un simile provvedimento andrebbe accompagnato da una depenalizzazione sostanziale dei reati minori, in base al principio giuridico del diritto penale minimo”. Il Senato ha da poco approvato una depenalizzazione dei reati minori. Non basta? “Il Senato ha preso una decisione sacrosanta, ma non sufficiente. Non si tratta di un vero svuota-carceri, ma solo della riduzione temporanea di qualche migliaio di detenuti. Le carceri italiane stanno scoppiando, bisogna fare presto l’amnistia”. Lega e Idv si oppongono… “Si tratta di settori giustizialisti e irresponsabili che resteranno, spero, minoritari. L’Italia è fuori legge per quanto riguarda l’universo carcerario e viola in modo sistematico l’articolo 27 della Costituzione. Napolitano ha parlato in modo chiaro, circa un anno fa, della drammatica situazione delle carceri, dimostrando di avere piena consapevolezza del problema. Ora bisogna agire. Anche perché ora o mai più”. Quali gli altri problemi della giustizia? “I tempi lentissimi e la sostanziale inefficienza della macchina della giustizia. La sola e vera amnistia che si mette in atto è quella che arriva con la prescrizione perché i processi, nella loro stragrande parte, cominciano e non finiscono mai. Inoltre, il numero degli avvocati italiani è davvero abnorme”. Giustizia: Radicali; mobilitazioni per amnistia in occasione inaugurazioni anno giudiziario Tm News, 29 gennaio 2012 Ieri in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, i Radicali sono intervenuti alle cerimonie in tutta Italia e hanno organizzato in varie regioni delle contro-inaugurazioni davanti alle sedi delle Corti di appello. Le iniziative sono state decise per “ribadire l’urgenza di un’amnistia per la Repubblica, per sbloccare un sistema giudiziario al collasso, che ogni anno costa all’Italia un punto di Pil e centinaia di condanne da parte dell’Unione Europea, e riportare a un minimo di legalità le nostre carceri, dove continua a consumarsi la strage di diritto e di vite”. A prendere la parola alla cerimonia di Napoli il segretario di Radicali Italiani Mario Staderini, a Trieste la deputata radicale Rita Bernardini, a Firenze il senatore Marco Perduca, a Genova Deborah Cianfanelli della direzione di Radicali Italiani, a Potenza Maurizio Bolognetti, segretario di Radicali Lucani. Previste manifestazioni anche davanti alla Corte di Appello di Ancona, Bologna Cagliari Catania Lecce Milano Salerno e Torino. “Il Presidente della Corte di Cassazione ha illustrato la fotografia di una giustizia in bancarotta, che viola i diritti umani e danneggia il sistema produttivo - afferma Staderini - è tuttavia inutile continuare a snocciolare numeri e a spendere parole sull’emergenza senza far seguire i fatti, ovvero quelle riforme necessarie a far ripartire la macchina della giustizia. Prima tra tutte l’amnistia, l’unico intervento che consentirebbe nell’immediato un taglio drastico dell’arretrato di 10 milioni di processi pendenti e il ripristino di un minimo di Stato di diritto. Senza dimenticare quella follia che è la legge Fini-Giovanardi, che in nome di un proibizionismo fallimentare assorbe l’attività di polizia e dei magistrati, riempiendo le carceri con 28 mila detenuti sul 68 mila”. Alfonso Papa con i Radicali: amnistia precondizione necessaria per riforma Alcune decine di aderenti al partito dei Radicali ha manifestato questa mattina all’estero di Castel Capuano, a Napoli, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario. I Radicali hanno richiamato l’attenzione sulle condizioni delle carceri. Con loro anche il deputato Pdl ed ex magistrato Alfonso Papa: “Sono venuto a testimoniare la situazione di migliaia di persone che in Italia non hanno voce perché ostaggio di una tortura di Stato che si chiama carcere”, ha dichiarato Papa. L’amnistia, ha aggiunto, “non è un colpo di spugna, ma l’unica precondizione necessaria per qualunque percorso di riforma. Oggi amnistia significa ripristino della legalità e chi ha la possibilità di esprimere una voce in questa direzione deve farlo”. “È significativo - ha proseguito Papa - che quest’anno all’inaugurazione dell’anno giudiziario pressoché tutti i vertici della magistratura hanno concordato sulla necessita di un intervento urgente sul tema del carcere. Il 42% delle persone nelle carceri, sono in attesa di giudizio, in violazione del principio di non colpevolezza, chi sta espiando vive una pena nella pena per la condizione in cui si vive nelle carceri italiane”. “La carcerazione preventiva in Italia è anti-costituzionale perché vale la presunzione di innocenza per ogni persona indagata. Attualmente il 42% delle persone in carcere non hanno ancora una sentenza di primo grado, mentre il 50% di quelli che entrano in galera ne escono da assolti - ha detto Papa. I detenuti che espiano una pena in questo paese lo fanno in una condizione disumana, in Italia il carcere rappresenta una tortura di Stato”. Alfonso Papa è stato detenuto al carcere di Poggio Reale 101 giorni nell’ambito dell’inchiesta detta P4. “Non bisogna scandalizzarsi se un parlamentare non va in carcere - spiega l’onorevole - ma bisogna farlo ogni volta che un presunto colpevole varca la soglia della cella: occorre ripristinare la legalità”. Giustizia: il ministro Severino; sovraffollamento intollerabile delle strutture carcerarie Tm News, 29 gennaio 2012 “Le difficoltà accomunano in larga parte il distretto di Catania alla maggioranza degli altri distretti di Corte d’Appello, quanto agli effetti negativi del blocco delle assunzioni, alla scarsità delle risorse finanziarie disponibili ed all’insufficienza delle strutture edilizie carcerarie”. Lo ha detto il ministro della Giustizia Paola Severino intervenendo al palazzo di Giustizia di Catania, alla cerimonia d’inaugurazione dell’anno giudiziario. “Le preoccupazioni mie personali e dell’intero Governo sulla situazione carceraria - ha detto la Severino - sono note e sono già stati illustrati i provvedimenti adottati sin dall’esordio dell’esecutivo per farvi fronte. Provvedimenti sui quali in questi giorni ho avvertito un’ampia condivisione, che lascia ben sperare sulla possibilità che raggiungano il principale scopo di allentare la tensione carceraria che consegue al sovraffollamento ormai intollerabile delle nostre strutture carcerarie”. “Questa situazione - ha proseguito il ministro -rende difficile non soltanto la vita del detenuto, ma anche quella degli operatori che con lui condividono spazi, problemi e non poche sofferenze”. “Dallo stato delle carceri si misura il livello di civiltà di un Paese - ha concluso - e chi anche per chi si è macchiato di delitti gravissimi, come quelli legati alla criminalità organizzata, l’espiazione della pena e la custodia cautelare in carcere devono rappresentare il simbolo, lo strumento, attraverso il quale si riafferma il principio che lo Stato non ripaga mai con la vendetta, ma vince con le armi del diritto e dell’applicazione scrupolosa delle regole della legge”. Evitare legislazioni di emergenza e studiare misure alternative al carcere Come trovare l’equilibrio fra la crescente sensazione di insicurezza dei cittadini e la necessità di svuotare le carceri e abbreviare i tempi della giustizia? Per il ministro Paola Severino, essenziale è evitare la legislazione d’emergenza e valutare bene i reati di cui si parla per applicare misure alternative al carcere dove sia possibile. “Un punto di equilibrio può essere trovato” dice il Guardasigilli “nella previsione di misure alternative che, filtrate sempre dal giudice, consentano di valutare la pericolosità dell’individuo” perché “una sanzione fortemente afflittiva come quella penale deve essere applicata solo quando altre sanzioni siano inefficaci”. “Ciò che invece si deve evitare” avverte il ministro “è la rincorsa alla legislazione cosiddetta di emergenza per affrontare l’allarme sociale suscitato dai singoli casi”. Del resto, osserva, “questo governo ha tempi che ci obbligano a selezione le sole priorità realizzabili nel breve termine”. Giustizia: proposta di legge bipartisan; mille € di sgravi fiscali per chi assume ex detenuti Ansa, 29 gennaio 2012 Mille euro di credito d’imposta a chi assume un detenuto; Iva agevolata alle amministrazioni pubbliche che si avvalgono di imprese e cooperative sociali che impiegano carcerati; agevolazioni fiscali anche per gli stessi detenuti in base alle ore lavorate. Approderà in Aula alla Camera a febbraio una proposta di legge per il reinserimento lavorativo dei detenuti. Il testo, che mette insieme quattro proposte di legge di Pdl, Udc e Api ed è stato elaborato da Alessia Mosca del Pd dovrebbe avere il via libera della commissione Lavoro di Montecitorio la prossima settimana per poi approdare in Assemblea. “L’iter in commissione - sottolinea Mosca - è stato rapidissimo e sono fiduciosa che si arrivi a un via libera bipartisan”. Per il provvedimento verranno stanziati 6,5 milioni di euro per metà dal ministero della Giustizia e per metà da quello del Lavoro. Le agevolazioni verranno concesse fino ai due anni successivi all’uscita dal carcere. Il primo impatto positivo della norma, sottolinea Alessia Mosca, si avrà sulla sicurezza: “È dimostrato - spiega la deputata - che per i detenuti che partecipano al lavoro la recidiva si abbatte passando dall’80% al 10% dei casi”. Inoltre, sottolinea ancora il deputato del Pd: “Un detenuto che lavora costa meno allo Stato”. “Il miglioramento dello stato delle carceri è una delle priorità del governo. Oltre 28mila persone sono detenute in attesa di giudizio. E gli errori giudiziari, solo nel corso del 2011, hanno causato rimborsi per 46 milioni di euro per ingiusta detenzione. Per questo ricordiamo che la custodia cautelare in carcere deve essere l’extrema ratio e deve essere accuratamente valutata”, ha detto ieri Maria Stefania Di Tomassi, capo dell’ispettorato generale del ministero della Giustizia. Giustizia: Stefano Cucchi morto dopo un pestaggio… ecco la perizia-choc della famiglia di Luca Lippera Il Messaggero, 29 gennaio 2012 Altro che decesso naturale, altro che lesioni trascurabili, altro che destino. La fine di Stefano Cucchi è stata determinata dai colpi che ricevette al viso e alla schiena e dalla successiva negligenza dei medici che lo ebbero in cura. I periti della famiglia, alla ventiquattresima udienza del processo, contestano senza peli sulla lingua le conclusioni dei consulenti della Procura. Cucchi non mori perché il caso a volte si accanisce ma “per una serie incontestabile dì eventi”. “Finalmente - ha detto in una pausa del dibattimento Ilaria Cucchi. 38 anni, sorella della vittima - arriva una spiegazione scientifica e ascoltiamo la verità”. Per ore ieri - Rebibbia, Aula A - quattro schermi hanno rilanciato senza sosta le foto di Cucchi al momento dell’arresto, Cucchi dopo la morte, Cucchi sul tavolo dell’autopsia, prima, durante e dopo. “Il giorno prima dell’arresto - ha ricordato la donna - mio fratello era in palestra sul tapis-roulant. Poi è successo quello che è successo”. Cucchi morì nell’ottobre del 2009 al reparto carcerario dell’ospedale “Pertini” sei giorni dopo un fermo per droga. Gli imputati principali del processo sono i medici che lo seguirono e tre agenti della Polizia Penitenziaria. I primi sono accusati di aver abbandonato il paziente senza cure adeguate, gli altri di averlo picchiato in una cella del Tribunale. I consulenti del pubblico ministero, tutti docenti dell’Istituto di Medicina Legale della “Sapienza”, nelle ultime udienze hanno ripetuto per ore un mantra: le lesioni sul corpo di Cucchi non erano assolutamente fatali e il detenuto morì per negligenza dei sanitari che trascurano le condizioni di un paziente debilitato da anni di tossicodipendenza. Vittorio Fineschi, 52 anni, docente di Medicina Legale a Foggia, capo del team ingaggiato dai Cucchi, ieri ha detto chiaro e tondo di pensarla in modo sideralmente opposto. Fabio Anselmo, legale della famiglia, ha chiesto che “a questo punto l’imputazione contro gli agenti sia trasformata in omicidio” (ora è lesioni, ndr). “Al di là delle ipotesi - ha detto Fineschi - ci sono i fatti. Medici diversi constatarono le ecchimosi sul volto e alla schiena. Una radiografia ha certificato una frattura a una vertebra lombare e l’autopsia ha confermato tutto questo. Sono elementi incontestabili da cui nasce una convinzione: le lesioni subite da Cucchi sono intimamente legate al decesso”. Il pestaggio ricostruito dall’accusa sarebbe dunque l’innesco della tragedia. “Con il passare delle ore - ha proseguito Fineschi - la lesione alla vertebra ha alterato il funzionamento della vescica. In ospedale non ci si rese conto della situazione. Il catetere messo al detenuto finì fuori sede, le urine si accumularono”. L’autopsia ha accertato un ristagno: un litro e mezzo. “Questa condizione - ha sostenuto lo specialista - ha provocato un problema di circolo sanguigno e la morte”. Causa ultima: “Edema polmonare acuto in un soggetto poli-traumatizzato in decubito coatto con quadro di insufficienza cardiaca”. Dietro i termini un po’ professorali si nasconde la totale divergenza di vedute tra parte civile e Procura. I periti non concordano su nulla. Quelli del pm ad esempio pensano che la frattura alla vertebra risalisse a molto tempo fa perché “c’era callo osseo” e perché “se ne parla in una vecchia cartella clinica”. I consulenti dei Cucchi la ritengono così recente da aver causato i danni alla vescica e tutto il resto. Per i giudici non sarà un gioco districarsi in un tale labirinto. Prossima udienza il 9 febbraio. Di certo quella di ieri ha fornito frecce all’arco dei Cucchi. “Non so perché i consulenti dell’accusa abbiano certe posizioni - ha detto la sorella di Stefano. Non voglio pensare né a disegni né ad altro. Ma i nostri periti stanno fornendo spiegazioni scientifiche che gli altri non ci hanno dato”. Sguardo luminoso, volto sollevato. Veneto: lo scorso anni 8 detenuti suicidi, 61 tentati suicidi, 347 episodi di autolesionismo Tm News, 29 gennaio 2012 Dalla relazione del presidente del Tribunale di Sorveglianza emerge ancora una volta il problema annoso del sovraffollamento carcerario con il corteo di suicidi, di tentati suicidi e di episodi di autolesionismo, spia del malessere dei detenuti. La situazione emerge dalla relazione del presidente vicario della Corte d’Appello di Venezia, Vittorio Rossi nel corso dell’inaugurazione dell’Anno Giudiziario del distretto Veneto. Rossi ha focalizzato il problema proprio sul sovraffollamento e sulla mancanza di uno spazio di vivibilità. Nel distretto, ha spiegato il presidente vicario della Corte d’Appello di Venezia, nel periodo dal primo luglio 2010 al 30 giugno 2011, si sono verificati ben 347 episodi di autolesionismo, 61 tentati suicidi e 8 suicidi. Nelle carceri venete la prevalenza di detenuti è straniera: marocchini, tunisini e albanesi. Dall’ispezione eseguita dal presidente del Tribunale di Sorveglianza nella casa circondariale di Padova il primo ottobre 2010 è risultato che lo spazio a disposizione dei singoli detenuti supera di poco il metro quadrato, limite di gran lunga inferiore ai tre metri quadrati stabiliti dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo quale limite invalicabile al di sotto del quale il trattamento penitenziario diviene inumano o degradante. Il dato è stato sottolineato nella sua relazione del presidente vicario della Corte d’Appello di Venezia, Vittorio Rossi nel corso dell’inaugurazione dell’Anno Giudiziario a Venezia. Lazio: estremamente grave la situazione di sovraffollamento nelle carceri Agi, 29 gennaio 2012 “È estremamente grave la situazione di sovraffollamento nelle carceri del Lazio”. Giorgio Santacroce, presidente della corte di appello di Roma, parla di 6.591 detenuti nell’intera regione su una capienza prevista di 4.856 posti. “Il problema - spiega - è aggravato dalla carenza di personale di polizia penitenziaria e dalla riduzione delle risorse finanziarie destinate alle figure dell’area trattamentale (educatori), a riprova che il tempo della detenzione assolve prevalentemente la funzione retributiva della pena, a detrimento di quella rieducativa”. Per Santacroce “il recentissimo decreto legge voluto dal nuovo ministro della Giustizia, che estende da 12 a 18 mesi il residuo di pena detentiva da scontare in ambito domiciliare, escludendo i reati più gravi, va senz’altro nella direzione giusta ed è sicuramente pratica ed efficiente anche se riguarda un numero esiguo di detenuti (tra 3.000 e 4.000) a fronte di una popolazione carceraria complessiva che supera le 68mila unità”. Campania: nelle carceri della regione oltre 8mila detenuti, situazione drammatica Agi, 29 gennaio 2012 “La situazione delle carceri in Italia è drammatica ma sono poche le iniziative per limitare le sofferenze di chi è recluso”. È l’intervenuto del giudice Raffaele Maggi, presidente della Tribunale che emise la storica sentenza del processo “Spartacus”, segretario del movimento Unicost dell’Associazione nazionale magistrati del distretto di Napoli. Questa mattina nel corso dell’inaugurazione dell’anno giudiziario a Castel Capuano a Napoli ha rimarcato l’esigenza di “intervenire il prima possibile”. In Campania ci sono attualmente 8mila detenuti ripartiti in 17 istituti mentre il numero dei suicidi nel 2011 è stato di 62. “Nel carcere di Poggioreale sono attualmente presenti 2.603 detenuti a fronte di un massimo tollerabile di 1.900 - spiega Maggi. Tra questi il 70% circa non è recluso in forza di sentenza definitiva ma di provvedimenti cautelari o di primo grado. Partecipano a progetti educativi solo 320 detenuti e dal mese di febbraio prossimo le ore disponibili per i colloqui con gli psicologi saranno soltanto 10 al mese”. La situazione non migliora poi nel carcere di Santa Maria Capua Vetere dopo sono presenti 952 detenuti su un massimo tollerabile di 600. Tra questi, ben 614 sono in attesa di sentenza definitiva, 200 sono stranieri, 170 risultano tossicodipendenti. “Lo scandalo permanente negli Opg è divenuto di comune conoscenza collettiva ma tutti gli operatori segnalano la totale carenza di strutture territoriali adeguate a raccogliere e curare chi finalmente ne verrà fuori”. Per questo il magistrato auspica che siano maggiori i ricorsi alle misure alternative ma prima ancora alla riforma sostanziale della recidiva. “Occorre infine investire nelle risorse e nell’assistenza per poter rilanciare i percorsi di risocializzazione. Il carcere - conclude Maggi - non potrà diventare un luogo di ulteriore moltiplicazione del disagio che investirà la realtà sociale che lo circonda e che volutamente lo dimentica”. “Nelle carceri ci sono numerosi tentativi di introdurre sostanze stupefacenti, questo perché mancano occasioni positive di socializzazione”. A dirlo è Raffaele Maggi, giudice del processo “Spartacus” e segretario di Md (e non Unicost come scritto in precedenza), commentando il dossier che lui stesso ha preparato per l’inaugurazione dell’anno giudiziario nel distretto di Napoli. “L’allocazione dei detenuti sul territorio nazionale non sempre corrisponde a logiche di tutela dei rapporti familiari e di continuità dell’assistenza sanitaria - spiega il magistrato -. Tra i molti casi potremmo citare quello di Roberto, trasferito dal Lazio a Secondigliano. È malato di tumore con gravi problemi cardiaci. L’ospedale Pertini di Roma lo aveva già operato una prima volta ed è disponibile ad un nuovo intervento che non viene eseguito in virtù del trasferimento”. Emilia Romagna: condizioni intollerabili, non si possono perdere vite umane per questo Dire, 29 gennaio 2012 “La perdita di una sola vita, quando può essere correlata alla disperazione per intollerabili condizioni di detenzione, è circostanza che dovrebbe impegnare tutti a cercare soluzioni condivise che possano, quanto meno, attenuare la gravità della situazione carceraria”. Ha trovato spazio anche per parlare della drammatica situazione delle carceri in Emilia-Romagna il procuratore generale Emilio Ledonne, che oggi ha dedicato a questo tema un passaggio del discorso pronunciato all’inaugurazione dell’anno giudiziario. Ledonne sottolinea i dati del sovraffollamento (al 15 dicembre 2011 c’erano 4.053 detenuti contro i 4.040 di capienza massima tollerabile, e con una scopertura di 618 posti di Polizia penitenziaria) ma soprattutto ricorda i “quattro suicidi in carcere e i numerosi tentativi di suicidio, fortunatamente sventati dal pronto intervento degli agenti in servizio”. Questi fatti, dice Ledonne, “confermano la gravità della situazione, per la quale non è stato trovato finora alcun serio rimedio”. Pienamente d’accordo con Ledonne è il segretario generale aggiunto del Sappe, Giovanni Battista Durante, che oggi pomeriggio in una nota ricorda come “la situazione delle carceri, come denunciamo quasi quotidianamente, sia divenuta ormai intollerabile a causa del sovraffollamento e della carenza di personale di polizia penitenziaria”. L’Emilia-Romagna, poi, è una delle regioni con il maggior sovraffollamento, “pari a circa il 180% della capienza regolamentare”. Nel solo carcere di Bologna, dice Durante, “ci sono circa 1.200 detenuti, per 470 posti regolamentari” e ne lavorano solo 100 (meno del 10%). Quanto agli agenti, “mancano circa 200 unità”. Critiche anche le condizioni del reparto femminile: tra le 70 detenute c’è anche una mamma con un bambino di età inferiore ai tre anni che sta in cella con lei. Secondo Durante, “gli unici aspetti positivi che si possono registrate nel carcere di Bologna, per quanto riguarda i carichi di lavoro della polizia penitenziaria, riguardano il fatto che gli arrestati che devono essere sottoposti al processo per Direttissima non vengono portati in carcere, ma restano nelle celle di sicurezza”, e che “le udienze di convalida, grazie alla sensibilità dimostrata dai giudici, si svolgono tutti i giorni in carcere, tranne il sabato”. Ma nel complesso, “le condizioni di vita nelle carceri emiliane, come in quelle di tutto il Paese, sono ormai intollerabili, così come definite dal procuratore Ledonne”. E ne sono prova i tanti eventi critici, come “i suicidi che lo scorso anno sono stati 66, dei quali quattro in Emilia-Romagna”. Negli ultimi 12 anni, prosegue Durante, “i suicidi in Italia sono stati 692, con un tasso che supera del 20% quello della restante popolazione”. Questo problema riguarda anche la Polizia penitenziaria, mette in guardia Durante: “Negli ultimi 10 anni i suicidi sono stati più di 100 ed hanno interessato anche l’Emilia-Romagna, con due casi, negli ultimi due anni, a Ferrara”. Puglia: il presidente Vendola; la situazione delle carceri è medievale Ansa, 29 gennaio 2012 “È una vergogna assoluta, frutto del fatto che in Italia si è pensato di anno in anno di risolvere gigantesche questioni sociali affidandosi alla recrudescenza delle pene, immaginando di inseguire ciò che si presenta in maniera complicata e inedita con l’idea che il Codice penale debba governare la realtà”. Lo ha detto il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, a margine della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario di Bari. “Noi ci troviamo galere piene di persone che non hanno bisogno tanto della privazione della libertà personale ma dell’accompagnamento - ha detto Vendola - avrebbero bisogno di servizi sociali, di una possibilità di vita, di lavoro. Se le galere diventano una discarica sociale in cui far precipitare tutto quello che è brutto, sporco e cattivo, che disturba la quiete pubblica, che turba il decoro piccolo-borghese, vuol dire che stiamo regredendo verso un moderno Medioevo. E soprattutto le carceri sono piene di poveri, perché o si combatte la povertà o si combattono i poveri. E in Italia, come in tanta altra parte del mondo, si preferisce combattere i poveri piuttosto che la povertà”. Liguria: Sappe; oggi nelle carceri della regione ci sono più detenuti che nel 2010 Ansa, 29 gennaio 2012 “Non cala affatto il numero dei detenuti in Liguria, anzi rispetto al 2010 sono aumentati di oltre 200 unità: il 31 dicembre 2011 c’erano nelle celle delle prigioni liguri 1.807 detenuti rispetto ai 1.130 posti letto regolamentari. Detenuti che, lo stesso giorno del 2010, erano 1.675. Marassi, ad esempio, il carcere più grande della Regione, attesta le sue presenze sempre sulle 800 unità. È positivo il decreto legge del Governo perché impedirà di far entrare in carcere le persone con detenzioni breve e brevissime fino a 3 ed 8 giorni ma non è certo un provvedimento svuota carceri”. Lo dichiara Roberto Martinelli, segretario generale aggiunto del Sindacato di Polizia Penitenziaria Sappe, a margine della cerimonia per l’inaugurazione dell’anno giudiziario in corso di svolgimento oggi a Genova. “Al 31 dicembre 2011 i detenuti usciti e collocati ai domiciliari in Liguria, in base alla legge 199/2010, sono stati 152, dei quali 10 donne; gli stranieri usciti sono stati 55, dei quali 6 donne. A livello nazionale coloro che hanno beneficiato della legge 199/2010 sono stati 4304, (dei quali 288 donne; 1.155 sono stati gli stranieri, dei quali 108 donne), più 976 che ne hanno beneficiato dalla libertà, (dei quali 65 donne; gli stranieri sono stati 74, di cui 10 donne), per un totale di 5.280 unità. Dall’analisi dei dati emerge che c’è stata una lieve flessione generale grazie alla legge 199/2010. A livello nazionale, infatti, senza quella legge i detenuti avrebbero raggiunto le 73.000 presenze. Ancora pressoché inefficaci le misure relative alle celle di sicurezza. Un dato confortante ci arriva da Marassi, Spezia e Chiavari, dove, sembra, il provvedimento abbia sortito gli effetti sperati, poiché gli arrestati non vengono portati in carcere. Forti carenze continuano a registrarsi sul fronte del Personale di Polizia Penitenziaria: mancano sempre circa 400 unità di personale (agenti, sovrintendenti ed ispettori) in Liguria e a livello nazionale ne mancano 6.262. E resta purtroppo alto il numero di tentativi di suicidi di detenuti, per fortuna sventati in tempo dai Baschi Azzurri, come quello delle aggressioni subite dai nostri Agenti”. Martinelli ritiene si debba ragionare sulla “necessità di realizzare a Genova un nuovo carcere o meglio ancora una vera e propria cittadella penitenziaria, in cui prevedere anche un carcere minorile che oggi in Liguria non c’è”. Martinelli si sofferma infine sulla triste realtà dei bimbi in carcere con le mamme detenuti ed all’asilo nido del carcere di Pontedecimo. Firenze: 27enne appena attestato si impicca nelle “camera di sicurezza” della questura Ansa, 29 gennaio 2012 Ha strappato una striscia di coperta, se l’è legata al collo e ne fissato, l’altro capo, alla grata della porta blindata di una delle camere di sicurezza della questura di Firenze. Si è ucciso così Youssef Ahmed Sauri, marocchino di 27 anni, ieri sera, intorno alle 23. Era stato arrestato nel pomeriggio per ubriachezza, lesioni e resistenza a pubblico ufficiale. Il caso ha subito sollevato polemiche da parte dei sindacati di polizia in relazione al contestato articolo 1 del dl “svuota carceri” che prevede la custodia nelle celle di sicurezza della polizia per gli arresti in flagranza, in attesa di convalida, nel caso in cui l’arrestato non abbia un domicilio. Il marocchino era stato bloccato presso l’ospedale di Santa Maria Nuova da parte degli agenti di una volante, chiamata dai medici del pronto soccorso dove l’uomo era stato portato in stato di ubriachezza nel pomeriggio, dando in escandescenze. Portato in questura, l’uomo era stato chiuso in una camera di sicurezza. L’allarme è scattato alle 23,20, nel corso del normale controllo delle celle. I primi a soccorrerlo sono stati gli agenti del corpo di guardia della questura fiorentina e poi i sanitari del 118 che ne hanno tentato a lungo, ma inutilmente, la rianimazione. Siulp e Silp non hanno esitato a indicare l’inadeguatezza delle strutture disponibili per la custodia degli arrestati, situazione che, secondo i sindacati, non consentirebbe di attuare il decreto del Governo nella parte che prevede la permanenza nelle camere di sicurezza degli arrestati in flagranza di reato. “Quanto accaduto ieri è, se mai ve ne fosse stato bisogno - afferma Riccardo Ficozzi, segretario del Siulp -, la chiara riprova di quanto il provvedimento di legge sia assurdo ed inattuabile e di quanto, almeno la questura di Firenze, non sia in condizione di dare attuazione al provvedimento senza correre il rischio concreto che, episodi analoghi a quelli accaduti ieri sera, possano ripetersi. I cittadini tratti in arresto - ricorda il Siulp, infatti, vengono “trattenuti” in camere di sicurezza allestite nel sotterraneo della questura e sorvegliate, solo all’esterno, tramite una telecamera, da personale che ha mille altre incombenze (sorveglianza dell’intero plesso presso cui è ubicata la questura, accesso cittadini per ufficio denunce, accesso ed uscita veicoli, ecc.). “E pensare - aggiunge il Silp Cgil - che si volevano utilizzare proprio le celle degli uffici di Polizia per decongestionare le fatiscenti carceri. Una soluzione tutta italiana che preoccupa gli operatori di polizia fiorentini, perché, alla luce dei fatti, si ha la sensazione (certezza) che chi deve intervenire non abbia chiaro il quadro complessivo nel quale operano quotidianamente le forze dell’ordine a Firenze come altrove”. Coisp: il decreto “svuota-carceri” sarà il “riempi-cimiteri” “Di chi è la colpa della morte del giovane marocchino che si è tolto la vita in una camera di sicurezza della Questura di Firenze? Dei nostri colleghi costretti a dare un’occhiata ogni tanto al monitor puntato sulla porta della cella, mentre svolgevano tanti altri compiti, o dei ragionieri al governo che usano la calcolatrice per tagliare persino il costo della tutela della vita umana?”. A chiederselo è Franco Maccari, Segretario Generale del Coisp - il Sindacato Indipendente di Polizia, che prosegue: “Tra poche ore tutti si saranno dimenticati dello sfigato marocchino ubriaco, il cui cadavere sarà nascosto sotto il tappeto dai burocrati di governo. A pagare le spese saranno soltanto gli agenti di turno, che saranno costretti a dimostrare nelle sedi competenti di non avere, come è ovvio, alcuna responsabilità. Quanto è avvenuto a Firenze è una tragedia annunciata, per certi versi inevitabile, e destinata a ripetersi chissà quante altre volte! Perché le camere di sicurezza delle Questure non sono luoghi vigilati come le celle di un carcere, né possono esserlo, perché non ci sono mezzi e risorse, e perché il personale è generalmente insufficiente persino a garantire il controllo del territorio e l’attività di indagine. Stiamo parlando, tra l’altro, di personale formato - e costato - per arrestare i criminali e per garantire la sicurezza dei cittadini, non certo per guardare la porta di una cella e fare da baby-sitter a ladri di polli e ubriaconi! Il Governo non perda altro tempo e riveda questo provvedimento stupido e scellerato, altrimenti dovrà assumersi la responsabilità di nuove tragedie. E il decreto svuota-carceri dovrà essere ribattezzato decreto riempi-cimiteri”. Radicali: terzo detenuto che si toglie la vita dall’inizio dell’anno a Firenze “Proprio mentre nella nuova struttura della giustizia fiorentina si inaugurava l’anno giudiziario, in una camera di sicurezza della Questura di Firenze si impiccava un 27enne marocchino, il primo dell’anno in una camera di sicurezza a Firenze, ma il terzo suicidio dell’anno nella città”. Lo afferma in una nota il senatore Radicale Marco Perduca, membro della Commissione giustizia. “Se mai ce ne fosse stato bisogno - aggiunge, questa tragica vicenda più che porre dubbi, seppur fondati, sulle camere di sicurezza, ci denota e connota ancora una volta chi oggi occupa il sistema penale, specie se non italiani: persone con consumo problematico di sostanze stupefacenti, abbandonate a se stesse in permanente entrata e uscita dalle carceri. Stamani anche a Firenze magistrati e avvocati hanno concordato nell’analisi del, pessimo, stato della giustizia italiana, è da auspicare che questo terzo suicidio non sia avvenuto invano e che si ponderino espressioni come inaccettabile e intollerabile perché dovrebbero portare a ferme e radicali assunzioni di responsabilità”. Torino: detenuto 33enne muore per scoppio di ovuli droga che aveva ingerito Ansa, 29 gennaio 2012 Un detenuto di 33 anni, Uche Chidi, di nazionalità nigeriana, è morto nel carcere “Lorusso e Cutugno” di Torino a causa della rottura di uno o più ovuli di droga che aveva ingoiato prima di essere arrestato. Arrestato per detenzione e spaccio, era rinchiuso nella sezione “filtro” del padiglione A del carcere, dove vengono sistemati i detenuti che hanno ingerito ovuli pieni di sostanze stupefacenti. Sono stati inutili i soccorsi prima, del personale medico del carcere poi del 118. “Purtroppo - commenta Leo Beneduci, segretario generale dell’Osapp - nelle carceri si continua a morire - e dal ministro della Giustizia arrivano sempre le stesse proposte che aveva già fatto il governo precedente, non registriamo novità o soluzione per porre fine alla strage nelle carceri. Altrettanto grave - conclude Beneduci - continua ad essere la carenza di personale di polizia penitenziaria e il silenzio ormai da tempo da parte dell’Ufficio Centrale del Personale del Dipartimento”. Viterbo: detenuto tenta di impiccarsi, salvato da un agente della polizia penitenziaria Asca, 29 gennaio 2012 È stato salvato per un soffio dal pronto intervento di un agente della polizia penitenziaria un detenuto sulla trentina di origini bosniache che nel pomeriggio di martedì, 24 gennaio, intorno alle 17 ha tentato di uccidersi. Stando alle prime ricostruzioni, l’uomo avrebbe tentato di impiccarsi nel penitenziario, dove sta scontando una pena. L’immediato intervento dell’agente che lavora nel reparto detentivo ha scongiurato il peggio. Il detenuto è stato inizialmente soccorso dai sanitari del carcere che hanno dato le prime cure. L’uomo è stato poi trasferito all’ospedale Belcolle di Viterbo e ricoverato per ulteriori accertamenti. Il detenuto è stato dimesso in giornata e sarebbe fuori pericolo. Alla base del gesto pare ci siano gravi problemi familiari. Firenze: Opg Montelupo; slitta ultimatum, ma Nas arriveranno probabilmente già domani Il Tirreno, 29 gennaio 2012 Slitta l’ultimatum dato per l’Opg dalla commissione parlamentare d’inchiesta sul servizio sanitario nazionale presieduta da Ignazio Marino (Pd). Entro ieri l’Opg doveva adeguare i locali in modo da avere nell’ex villa medicea, dove al momento si trovano circa 120 internati, una struttura psichiatrica riabilitativa. L’amministrazione penitenziaria non ha fatto niente e lo aveva già comunicato dai primi di gennaio. Ieri la commissione, accompagnata dai carabinieri dei Nas, non ha bussato all’Ambrogiana. Lo farà la prossima settimana, probabilmente già a partire da lunedì. E a quella data dovrà anche decidere se sequestrare l’Opg come aveva annunciato nelle settimane scorse il presidente della commissione Marino. Le caratteristiche dell’Opg non sono variate affatto: esiste ancora il sovraffollamento, così come non sono state ancora adeguate le celle poste sotto sequestro per carenza di criteri di vivibilità. Quando a luglio il presidente Marino le pose sotto sequestro le condizioni igieniche erano carenti. Molti degli internati ospitati in queste celle, quelle dove non sono stati fatti lavori di ristrutturazione, erano costretti a vivere in spazi dove allo stesso tempo mangiavano, dormivano e facevano i loro bisogni fisiologici protetti solo da parapetti piccoli e bassi. E, di fronte a queste inadempienze, il pacchetto di prescrizioni firmate dalla commissione d’inchiesta parla chiaro: si dice che, in sostanza, se non vengono fatti gli adeguamenti e vengono violate le disposizioni della commissione scatta la denuncia all’autorità giudiziaria. Tanto più che anche Marino si era detto pronto al sequestro di parti o dell’intero Opg in caso di inottemperanze. Nel frattempo al Senato è stato approvato, nel quadro della legge sui carceri, l’emendamento sulla chiusura degli Opg. “È evidentemente un passo storico per il nostro paese - spiega Marino - chiudiamo gli Ospedali psichiatrici giudiziari, chiudiamo strutture che per ottant’anni sono rimaste uguali a sé stesse, diventando il luogo in cui celare ciò che per alcuni erano solo rifiuti umani. “L’emendamento discusso lo permette - va avanti. Questa norma è un passo epocale per dire un no netto: il nostro paese non può e non vuole tollerare che esista un inferno dei dimenticati”. Secondo l’emendamento tutte le strutture italiane di questo tipo dovrebbero chiudere entro il 31 marzo 2013. “La legge, così come approvata dal Senato - aggiunge Marino - indica le caratteristiche e sancisce tempi certi per l’individuazione delle nuove strutture, interamente a carattere ospedaliero con una rete di vigilanza esclusivamente esterna, che permetteranno di superare gli Ospedali psichiatrici giudiziari. Questo voto responsabilizza tutti, Stato Regioni, magistratura: nessuno potrà più dire “io non sapevo o io non posso”, perché queste 1.500 persone internate, nella maggior parte dei casi senza garanzia delle cure e senza rispetto della loro dignità, devono da tutti noi essere percepite come una ferita ed una vergogna nel nostro vivere civile”. Soddisfatta del lavoro svolto anche la senatrice Donatella Poretti dei Radicali che fa parte della commissione d’inchiesta . “Il lavoro della commissione d’inchiesta iniziato a giugno 2010 ha visto l’aula del Senato approvare la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari con un atto di civiltà e di dignità della politica, parlamento e governo insieme - spiega - eccezion fatta per la Lega nord che ha preferito la demagogia della paura del criminale assassino in libertà”. “La legge in realtà stabilisce un percorso di cura per chi accusato di un reato, condannato o prosciolto che sia - continua la senatrice Poretti - nella piena applicazione dei principi costituzionali del diritto alla salute e alla funzione rieducativa della pena, considerando altresì la necessità di salvaguardare la sicurezza della società laddove si prevede che, ove necessario, le strutture sanitarie abbiano anche una sorveglianza esterna”. Aversa (Ce): Opg verso la chiusura, detenuti psichiatrici saranno ricoverati in Centro Asl Il Mattino, 29 gennaio 2012 “Passa al Senato il decreto legge del governo sulle carceri che prevede anche la chiusura degli Ospedali Giudiziari. Ora bisogna lavorare in tempi brevi per chiudere per sempre quel luogo di sofferenza che è l’Opg di Aversa”. Lo ha dichiarato Nicola Caputo Consigliere regionale Pd e Presidente della Commissione Trasparenza. “Dopo decenni di impegno vediamo finalmente un risultato che va nella direzione giusta, merito del lavoro del Ministro Severino e dei tanti che negli ultimi anni si sono battuti per la cancellazione di questi autentici luoghi di orrore”. “Gravi criticità in merito al servizio sanitario nazionale erano state sollevate dalla Commissione Parlamentare di inchiesta presieduta dal Senatore Marino che considera il risultato ottenuto al Senato un “passo epocale”. “Le condizioni dell’Opg di Aversa, che ho avuto modo di visitare in più occasioni, sono tra le peggiori di tutto il Paese. Nonostante gli sforzi, le petizioni, le interrogazioni non si è mai riusciti a garantire condizioni umane per i degenti. Il nostro obiettivo è che si realizzi un rapido percorso di chiusura e dimissione, considerando il fatto che la metà degli internati potrebbero già non stare in quell’inferno, ma in strutture esterne”. “Il Decreto prevede che i detenuti psichiatrici dovranno essere affidati ad apposite strutture organizzate dalla sanità delle regioni. In Campania esistono due Sir, ovvero strutture intermedie, una si trova nel territorio di Piedimonte e l’altra a Marzanello. Queste strutture - continua Caputo - potrebbero agevolare un veloce processo di dismissione protetta dei degenti accompagnato da programmi di reinserimento sociale degli internati al fine di arrivare alla chiusura della struttura di Aversa”. “Spero che il varo definitivo del provvedimento non trovi ostacoli alla Camera. Su questo tema - conclude Nicola Caputo - non si possono istruire sterili battagli ideologiche. Non si può giocare sulla dignità umana e sui diritti delle persone in qualsiasi situazione essi si trovino”. Centro Asl sarà residenza per detenuti psichiatrici La residenza sanitaria per anziani, a Mariconda (Sa), diventerà un centro residenziale per detenuti psichiatrici. Lo ha reso noto il Comune, con una nota che stigmatizza “la decisione unilaterale dell’Asl” e invita l’azienda a tornare sui suoi passi, annullando tutti gli atti adottati in questa direzione. La nuova destinazione dovrebbe entrare in vigore a marzo, sommandosi alle funzioni già presenti e, secondo Palazzo di Città, sovraccaricando il quartiere. Nella struttura di via Asiago ci sono già la residenza psicogeriatrica, il day hospital di psichiatria, il servizio geriatrico, gli ambulatori di cure odontoiatriche per disabili e alcuni uffici amministrativi. Aggiungervi il centro sanitario per i detenuti con problemi psichici (che fa fronte all’abolizione degli ospedali psichiatrici giudiziari) è secondo l’Amministrazione “una decisione grave e inaccettabile, che rischia di concentrare tutti i detenuti psichiatrici ricoverati negli ospedali giudiziari della provincia in una struttura inadeguata, anche sotto il profilo della sicurezza, e in un contesto territoriale nel quale da anni l’Amministrazione comunale è impegnata a migliorare la qualità della vita dei residenti”. All’Asl si rimprovera non solo la scelta ma anche il metodo con cui è stata condotta, “senza concertazione istituzionale”. Anche per questo si invita a un passo indietro, chiedendo che il Comune “sia coinvolto in ogni determinazione che abbia una così forte ricaduta sulla sicurezza dei quartieri e dei cittadini”, e ribadendo la disponibilità ad aprire un confronto con la direzione aziendale dell’Asl per trovare ai detenuti psichiatrici “un’idonea sistemazione, dal punto di vista strutturale e dei servizi, in ragione del loro complesso stato di salute”. Reggio Emilia: l’alternativa agli Opg c’è… adesso si proceda La Gazzetta di Reggio, 29 gennaio 2012 A intervenire sulla chiusura degli Opg sono anche Beppe Pagani (Pd) e Daniele Marchi (operatore della Coop sociale L’Ovile). “Una vicenda - si legge in una nota - che assieme a quella delle carceri nutre la propaganda di quella politica che cerca dei “diversi” per farne dei nemici. Eppure è una scelta politica che fa del 2013 (anno entro il quale gli Opg dovranno essere chiusi) un anno non meno storico di quel 1978, indissolubilmente legato al nome di Franco Basaglia”. “È indubbiamente significativo - proseguono Pagani e Marchi - che sia stata la politica a fare la scelta di chiudere queste strutture, in cui il paradosso della cura e della custodia è aggravato da condizioni di vita non tollerabili, che il sovraffollamento penitenziario rende disumane, con buona pace del terzo comma dell’art 27 della nostra Costituzione. Ma accanto alla soddisfazione per questa scelta, va posta molta prudenza dettata dalla consapevolezza che per il superamento degli Opg le norme sono necessarie, ma non sufficienti. È un percorso per il quale le nostre comunità e i nostri territori, ancor più di quanto già fanno, dovranno imparare a confrontarsi con la sofferenza che il cosiddetto folle-reo porta con se: per il disagio psichico che vive e per il peso della responsabilità del reato, spesso gravissimo, che ha commesso. Accogliere, curare e riabilitare queste persone significa credere nella loro possibilità di essere nuovamente positive per sé e per la società; in questo sarà necessario porsi in maniera molto seria la questione delle vittime: per non dimenticarle mai, per non lasciarle sole in un dolore spesso indicibile. Tenere insieme tutti questi elementi, in un sistema veramente curante ed in una comunità accogliente, è la vera sfida che la chiusura degli Opg ci pone”. “Inaspettatamente, come spesso accade per le cose più importanti, è successo: il Senato ha deciso che gli Ospedali psichiatrici giudiziari “le cui condizioni offendono la coscienza civile del Paese”, chiuderanno il 31 marzo 2013. Gli ultimi “matti”, dimenticati dalla giustizia ed offesi dallo Stato che ha continuato ad internarli per 30 anni dopo l’approvazione della legge 180, che nel ‘78 chiuse i manicomi, usciranno dall’inferno di Reggio Emilia, Barcellona Pozzo di Gotto, Aversa, Montelupo Fiorentino”. A dirlo è Gianluca Borghi, ex consigliere regionale, oggi referente del comitato “Stop Opg”. Che prosegue: “Usciranno se le Regioni e gli enti locali avranno nel frattempo predisposto servizi alternativi, in grado di accoglierli e riportarli alla vita, “introducendo una nuova organizzazione dell’assistenza sanitaria conforme ai piani sanitari regionali, realizzando un più stretto raccordo tra magistratura e servizi psichiatrici territoriali, nonché elaborando linee guida funzionali ad agevolare un più frequente ed omogeneo ricorso alle misure alternative all’internamento” (dal testo del documento approvato dal Senato). Oltre mille persone, 250 solo a Reggio, entreranno in comunità di accoglienza nelle quali un percorso terapeutico li porterà a superare celle, letti di contenzione, sedazione continua ed isolamento per cercare poi di rientrare nel proprio contesto di vita famigliare e di comunità”. “Non partiamo dal nulla, anzi: a Sadurano, sulle colline forlivesi, l’utopia è da anni concreta esperienza di accoglienza e riabilitazione nella comunità di don Giorgio Ciani, dove ex internati all’Opg di Reggio vivono in una residenza protetta con forte presidio terapeutico. Tra loro anche autori di omicidio, a dimostrazione che ad ogni persona può, deve, essere concessa una opportunità di riscatto. E, prima ancora, don Daniele Simonazzi a Reggio, ha dimostrato da anni come sia possibile accogliere e riabilitare ex internati in gruppi appartamento protetti. Con la chiusura degli Opg calerà il sipario su una vergogna insopportabile che ha lasciato sopravvivere (e spesso morire) gli ultimi della nostra società in condizioni non descrivibili né immaginabili. C’è molto di simbolico nella storica decisione assunta a larghissima maggioranza dal Senato: nel momento in cui peggiore è la condizione delle carceri italiane, e della nostra regione, la politica ha saputo tornare a rappresentare cambiamento e speranza, ed il fatto che questo accada chiudendo gli Opg, rende la decisione ancor più significativa”. Conclude Borghi: “Ora si proceda, subito: gli internati emiliano-romagnoli sono non più di 40, e una, al massimo due altre piccole comunità sul modello di Sadurano consentiranno alla nostra Regione di farsi trovare pronta all’appuntamento del 2013. Protocolli riabilitativi, integrazione con i servizi sanitari e territoriali, destinazione di risorse dedicate dal Fondo sanitario regionale, accordi con le altre regioni: tutto questo dovrà essere deciso dalla Conferenza Stato-Regioni nei prossimi mesi per non vanificare l’impegno assunto dal parlamento”. Nelle intenzioni politiche anche della Regione, il riutilizzo - a catena - dell’edificio (svuotato) dell’Opg per “alleggerire” il sovraffollamento del carcere della Pulce, che strutturalmente gli è affianco. Trapani: i detenuti di Favignana a scuola di ristorazione La Sicilia, 29 gennaio 2012 Un laboratorio per i detenuti del carcere di Favignana, che potranno imparare a lavorare nel mondo della ristorazione grazie al progetto denominato “La linea: dall’esclusione all’inclusione sociale dei soggetti in esecuzione di pena”. Il primo appuntamento si è già svolto la scorsa settimana fa e altri ne sono previsti da qui ai prossimi mesi. Un progetto innovativo, che mira a dare un’opportunità seria a persone disagiate che, per sfortuna o per scelte errate dovute a variabili complesse, sono incappate in errori di vita prima e della giustizia dopo e che mira a far di loro aspiranti mastri pastai e lavoratori nel mondo della ristorazione. Un’opportunità dai nobili fini sociali quella offerta dal progetto: “La linea” realizzato da una associazione temporanea di scopo che hanno costituito la struttura formativa capofila In.Form.House, la Omina service e l’Istituto per la promozione e formazione professionale, finanziato dall’Assessorato regionale alla Famiglia e alle Attività sociali attraverso il Fondo sociale europeo 2007/2013. Da venerdì 20 gennaio, quindi, viene data l’opportunità ai detenuti della casa circondariale di Favignana di entrare a fare parte dei percorsi formativi di “Cucina pietanze tipiche mediterranee” e “Tecniche di lavorazione e produzione artigianale di pasta fresca e condimenti tipici siciliani”. Gli allievi dovranno imparare tutte le tecniche legate al mondo dell’arte culinaria siciliana e della produzione e lavorazione della pasta fresca. “Il progetto - dice il direttore Nicola Gambino - è stato ideato, strutturato e articolato con il preciso intento di favorire il processo di inclusione sociale e di adozione di modelli di vita socialmente accettabili da parte dei soggetti in esecuzione di pena. Infatti, oltre alla formazione lo stesso progetto prevede per i detenuti l’opportunità di potere partecipare a una azione di work experience attivando metodologie innovative che possano facilitare l’ingresso nel mercato del lavoro sia in attività interne all’istituto penitenziario sia all’esterno per i soggetti in misura alternativa. Effettuata la fase formativa si prevede, previa autorizzazione dell’Ufficio di Esecuzione penale esterna di Trapani, il coinvolgimento dei detenuti nelle attività commerciali del Comune di Favignana, all’esterno della struttura penitenziaria”. L’opportunità è stata accolta con favore dagli stessi detenuti che già all’interno delle carceri hanno svolto dei laboratori teatrali attraverso un percorso narrativo che tempo fa permise loro anche di pubblicare una raccolta di autobiografie e una mostra di oggetti artigianali inaugurata la scorsa estate in piazza, sempre a Favignana, alla presenza dei loro familiari. All’interno della nuova casa circondariale, che è stata inaugurata lo scorso mese di settembre e della quale è direttore Paolo Malato, si trovano all’incirca 120 detenuti di età compresa tra i 23 e i 65 anni. Lucca: più assistenza psicologica per i detenuti nel carcere di S. Giorgio Il Tirreno, 29 gennaio 2012 Più ore per l’intervento dello psichiatra e dello psicologo, maggiore concertazione per realizzare percorsi che prevedano il reinserimento dei detenuti una volta fuori dal carcere e rivitalizzazione del Protocollo sul carcere firmato da Provincia, Comuni, associazioni di volontariato, cooperative e associazioni di categoria nel 2008. Sono queste le proposte che verranno presentate lunedì sera al consiglio comunale sul carcere: richieste attuabili in tempi brevi per dare risposte concrete ai detenuti e ai lavoratori del carcere San Giorgio. Questa, almeno, è la posizione della commissione sociale, a lavoro da ieri per presentare un ordine del giorno condiviso da tutti i gruppi consiliari nella seduta consiliare di lunedì, alla quale parteciperanno Don Beppe Giordano, cappellano del carcere, il direttore della struttura, Francesco Ruello e il segretario provinciale del Sappe, il sindacato autonomo di polizia penitenziria, Alfredo Cacciatori. “Stiamo lavorando a questa bozza - spiega Antonio Sichi, capogruppo Sel - per arrivare in aula con una proposta condivisa da tutti. L’idea è di avanzare proposte concrete, realizzabili di concerto con la Provincia, l’amministrazione comunale e l’Asl. Per quanto riguarda la struttura del carcere, molto precaria, sono necessari fondi che dovrebbe stanziare il ministero di Grazia e giustizia ed è chiaro che questo è un intervento molto lungo e che non dà risposte nell’immediato”. Per questo - prosegue Sichi - sarebbe “opportuno, intanto, potenziare il supporto psichiatrico e psicologico nel carcere, realizzare progetti per assicurare un percorso formativo ai detenuti e una qualche forma di reinserimento nella società. Ad esempio i detenuti potrebbero essere coinvolti in attività di giardinaggio in accordo con l’Opera delle Mura: questo permetterebbe loro di avere una qualche forma di autonomia economica dentro San Giorgio per far fronte alle esigenze minime”. L’avvocato Silvana Giambastiani, del Gruppo Volontari Carcere, ricorda l’esistenza del protocollo disatteso: “L’accordo riguarda i problemi del carcere ed è volto a favorire l’inserimento delle persone detenute, in esecuzione penale esterna ed ex detenute nella comunità lucchese. Rappresenta uno strumento innovativo che vede soggetti pubblici e privati impegnati nel reinserimento sociale e sostegno alle persone detenute: avrebbe tutti i requisiti per funzionare, ma ad oggi questo non è avvenuto”. Un impegno in questo senso viene preso anche dalla Prefettura che assicura, grazie alla collaborazione dell’Asl, tentativi per migliorare la qualità dell’aria nelle celle per fumatori, una migliore sanificazione degli ambienti detentivi e la possibilità di fornire alla cucina del carcere elettrodomestici o utensili dismessi dalle mense pubbliche. Lucca: detenuto sale sul tetto del carcere e getta tegole in strada Ansa, 29 gennaio 2012 Un extracomunitario detenuto del carcere di Lucca stamani è salito sul tetto lanciando tegole addosso agli agenti che si trovavano di sotto. Lo riferisce il sindacato di polizia penitenziaria Sappe con una nota. “Solo grazie all’intervento e alla professionalità dei colleghi si è scongiurato il peggio”, scrive il Sappe, riportando anche che il detenuto ha perfino “minacciato di tagliarsi”. Dopo una lunga trattativa, circa quattro ore, il detenuto è sceso dal tetto. Il Sappe ha sottolineato “le criticità esistenti nella struttura di Lucca, denunciate in più occasioni - per ultimo le recenti aggressioni subite dai colleghi - e la richiesta di trasferire i detenuti più facinorosi che non si riescono a gestire, per l’inadeguatezza della struttura e per il sovraffollamento esorbitante dei detenuti”. Roma: Antigone; martedì conferenza stampa per dire “no” a privatizzazione delle carceri Adnkronos, 29 gennaio 2012 È in programma martedì a Roma, presso la Sala Nassirya del Senato, una conferenza stampa promossa dall’associazione Antigone “nella quale verranno esposti i motivi giuridici, politici e sociali di contrarietà alla privatizzazione degli Istituti penitenziari consentita dall’art. 43 del Decreto Monti sulle liberalizzazioni e attualmente in discussione al Senato”. Verranno illustrati i meccanismi di funzionamento delle carceri private nei Paesi in cui sono presenti, “nonché le riserve al riguardo delle Nazioni Unite”. Illustrerà le ragioni del “no” Patrizio Gonnella (Antigone). Interverranno Stefano Anastasia (Università di Perugia), Salvatore Chiaramonte (Cgil-Fp), Franco Corleone (Coordinamento nazionale garanti territoriali dei diritti dei detenuti), Riccardo De Facci (Cnca), Fabio Gui (Forum salute in carcere). Saranno presenti senatori di vari gruppi parlamentari. Voghera (Pv): il carcere apre il teatro per uno show musicale La Provincia Pavese, 29 gennaio 2012 Si è tenuto ieri mattina, nel teatro del carcere di Voghera, lo spettacolo teatrale Armonia della Memoria. A portare in scena un progetto composito, realizzato con l’unione di musica e poesia è stato Davide Ferrari (attore e insegnante di teatro presso il supercarcere) insieme alla violinista Alice Marini e al bassista Andrea Garavelli. “Non è necessario - ha detto Ferrari - avere un grande livello culturale per comprendere la poesia. Questa, infatti, molto spesso non è fatta per essere capita, ma solo per essere custodita e portata con noi, dandoci comunque qualcosa”. Allo spettacolo, realizzato per quasi cento detenuti a regime di media e alta sicurezza, sono stati invitati anche il sindaco Carlo Barbieri, il Presidente del consiglio comunale Nicola Affronti, il consigliere Maurizio Schiavi, la direttrice del Museo Civico Simona Guioli e il presidente di Apolf Pavia Maria Assunta Cescon. “L’obbiettivo che perseguiamo - ha detto la dottoressa Maria Gabriella Lusi, direttore della Casa Circondariale - e per cui ci impegniamo tutti i giorni, è quello di rendere la vita dentro queste mura un’esperienza varia, che permetta realmente di essere rieducati”. Viterbo: un concerto per i detenuti di Mammagialla, orchestra del Tuscia Operafestival www.tusciaweb.eu, 29 gennaio 2012 L’amministrazione comunale e la casa circondariale di Viterbo hanno organizzato, in collaborazione con il Tuscia Operafestival, un concerto sinfonico per la popolazione carceraria. L’iniziativa si è svolta lo scorso 20 gennaio nella sala teatro del carcere viterbese, alla presenza del sindaco Giulio Marini e della direttrice dell’istituto penitenziario Teresa Mascolo. Presenti anche gli assessori Enrico Maria Contardo e Claudio Ubertini. Diretta dal maestro Stefano Vignati, l’orchestra sinfonica del Tuscia Operafestival e del progetto di alta formazione Prove d’orchestra ha dato vita a un emozionante concerto. Oltre un’ora di grande musica per un pubblico che ha saputo apprezzare e applaudire con entusiasmo i brani proposti. “L’evento musicale organizzato con la casa circondariale è solo il primo di una serie di appuntamenti che coinvolgeranno la popolazione carceraria - ha commentato il sindaco Marini a conclusione del concerto -. In occasione del recente incontro con la dottoressa Mascolo, avvenuto circa quindici giorni fa, avevamo già parlato di iniziative sociali e culturali rivolte ai detenuti. Mi è sembrato che il concerto sia stato accolto con entusiasmo. Ed è intenzione di questa amministrazione proseguire questo cammino condiviso con la casa circondariale di Viterbo”. Libia: da Misurata nuove prove di torture contro i sostenitori di Gheddafi Tm News, 29 gennaio 2012 Nuove prove raccolte dalla Bbc rivelano che fedelissimi di Gheddafi, detenuti in un carcere di Misurata, in Libia, hanno subito torture e maltrattamenti. Alcuni detenuti hanno infatti raccontato a un giornalista dell’emittente britannica di essere stati picchiati e sottoposti all’elettroshock dopo la loro cattura da parte delle forze che hanno rovesciato il regime dell’ex dittatore. Come riporta il sito web della Bbc, il capo del Consiglio militare di Misurata ha però smentito queste accuse, mentre Navi Pillay, alto commissario Onu per i Diritti Umani, ha chiesto al governo di transizione libico di prendere il controllo di tutte le prigioni del paese. All’inizio della settimana l’Ong Medecins Sans Frontieres aveva annunciato la sospensione delle sue attività in un carcere di Misurata a causa dell’allarmante aumento di casi di torture. Un giornalista della Bbc è poi riuscito ad accedere alla prigione in questione e a parlare con i detenuti, i quali gli hanno riferito dei maltrattamenti subiti. Gli abusi non sarebbero stati compiuti all’interno del carcere, ma durante gli interrogatori in altri centri o prima del trasferimento nella prigione.