Giustizia: dal Senato primo sì al decreto carceri, chiusi gli ex manicomi criminali di Donatella Stasio Il Sole 24 Ore, 26 gennaio 2012 Entro il 31 marzo 2013 chiuderanno gli ospedali psichiatrici giudiziari, gli Opg, figli degli ex manicomi giudiziari, dove attualmente sono internate (ma sarebbe più appropriato dire rinchiuse o abbandonate) 1.500 persone, giudicate colpevoli di reati commessi senza avere “la capacità di intendere e di volere”. Al posto “dell’inferno dei dimenticati” nasceranno, sempre entro quella data, strutture nuove, interamente a carattere ospedaliero e con una rete di vigilanza esclusivamente esterna per curare questi malati psichiatrici nel rispetto della loro dignità umana. È questa la novità più importante introdotta nel decreto Severino sul carcere, approvato ieri dal Senato con 226 sì, 40 no (Lega e Idv) e 8 astenuti. Una maggioranza più alta del sì alla soppressione degli Opg, che ha avuto 175 voti favorevoli, 66 contrari e 27 astenuti. Un sì comunque storico che, se sarà confermato dalla Camera, impegna lo Stato, le regioni, la magistratura a cancellare concretamente l’orrore degli Opg, per usare la definizione del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Il Governo ha garantito la copertura finanziaria per la costruzione di nuove strutture che, quindi, dovranno essere avviate al più presto per evitare che un’altra riforma storica sul carcere rimanga nei fatti lettera morta. Scettica la Lega, che ha osteggiato la chiusura degli Opg agitando il fantasma degli “incontrollabili istinti criminali” degli internati. “Non ho mai pensato di mettere in libertà potenziali serial killer”, ha ribattuto il ministro della Giustizia, spiegando che “le persone socialmente pericolose, finché rimarranno tali, saranno custodite in luoghi in cui si privilegia la cura, ma ci sarà vigilanza. La vera questione - ha aggiunto - riguarda le persone non più socialmente pericolose, che verranno trattate diversamente”. Ma la Lega si è opposta duramente, al limite dell’ostruzionismo, anche a un’altra importante modifica proposta dai relatori Filippo Berselli (Pdl) e Alberto Maritati (Pd), approvata con 206 sì e 44 contrari (tra cui l’Idv), quella secondo cui gli arrestati in flagranza per reati di competenza del giudice monocratico debbono essere mandati non nelle celle di sicurezza, come stabilisce il decreto Severino, ma agli arresti domiciliari, fatta eccezione per i reati di furto in appartamento, scippo, rapina ed estorsione semplice. “Un cedimento nei confronti della criminalità, che consente a molti colpevoli di reati di stare comodamente a casa propria anziché in carcere” ha sentenziato la Lega, dimenticando che, secondo le statistiche ministeriali, oltre 2mila arrestati in flagranza vengono liberati nel giro di tre giorni perché l’arresto non viene convalidato dal giudice. Proprio per evitare questo ingorgo in carcere (ogni anno entrano circa 9mila persone e altrettante ne escono dopo detenzioni brevissime, stressando il sistema sia come costi che come risorse umane e sottoponendo gli arrestati a trafile umilianti), il governo aveva deciso di dirottare una parte degli arrestati nelle celle di sicurezza delle Questure, dimezzando però (da 96 ore a 48) il tempo di attesa per la convalida o per il giudizio direttissimo (a seguito dei quali l’arrestato viene liberato o va in carcere). Al Senato la maggioranza ha fatto un passo in più rispetto al governo, stabilendo i domiciliari come destinazione prioritaria, sia per ridurre il “flusso” in entrata in carcere (e quindi il relativo costo) sia per evitare all’arrestato il passaggio (discutibile) nelle celle di sicurezza nonché l’aggravio di costi che ne deriva (per la manutenzione delle celle e la vigilanza dell’arrestato). La modifica era stata avversata, però, da una parte del Pdl a cui aveva dato voce l’ex guardasigilli Francesco Nitto Palma contrario ai domiciliari (e favorevole al carcere o alle celle di sicurezza) per tutti i reati per i quali è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza e comunque per i reati considerati di “maggior allarme sociale”. La soluzione finale è dunque un compromesso, al quale ha dato via libera anche la commissione Bilancio precisando che, se non è possibile l’uso del domicilio o delle celle di sicurezza e il pm dispone il carcere, l’arrestato va condotto nell’istituto penitenziario più “vicino”. Il decreto Severino passa ora alla Camera, che ha tempi strettissimi poiché il provvedimento dev’essere convertito in legge entro il 20 febbraio. Il provvedimento, fra l’altro, porta da 12 a 18 mesi la pena residua che può essere scontata in detenzione domiciliare: una misura, questa sì, diretta a incidere sul sovraffollamento, sia pure soltanto per 3-4mila persone, perché si applica (fino a tutto il 2013) anche ai recidivi, rimasti fuori da ogni beneficio con la ex Cirielli: legge che il Pd avrebbe voluto modificare, ma a cui ha rinunciato perché non ci sono ancora le “condizioni politiche” per farlo. Severino alla Lega Nord: nessun serial killer in libertà “Nessuno ha mai pensato di mettere in libertà potenziali serial killer”. Si rivolge alla Lega Nord con queste parole il ministro della Giustizia, Paola Severino, contestando le paure agitate dal Carroccio in merito al decreto contro il sovraffollamento delle carceri. Il primo riferimento è alla chiusura che il provvedimento decreta degli ospedali psichiatrici giudiziari. “Non è vero che non ci siamo posti il problema delle persone socialmente pericolose. Queste, e finché saranno pericolose, saranno custodite in un luogo in cui si privilegia la cura ma in cui ci sarà anche la vigilanza - protesta il Guardasigilli. Piuttosto è vero che ci siamo posti il problema in termini contrari, e cioè quello di tutelare le persone che pur restando negli ospedali psichiatrici non sono più socialmente pericolosi, a volte anche da tempo”. Ma anche in generale il ministro contesta le critiche della Lega Nord in merito alla diminuzione della sicurezza che il decreto determinerebbe. “Il decreto cerca di contemperare le esigenze di allegerimento della popolazione carceraria con la tutela della sicurezza sociale. Non può uscire dal carcere nessuna persona la cui posizione non sia stata valutata da un giudice, che in 48 ore e non più in 96 ore come ora, avrà davanti a sé tre chance: quella degli arresti ai domiciliari, della custodia in celle di sicurezza, dell’arresto in carcere”. Per quanto riguarda poi la congruità delle camere di sicurezza Severino ricorda la verifica preventiva effettuata dal Viminale, che ha “individuato 1037 camere di sicurezza idonee”. Giustizia: intervista a Marino (Pd) “basta ospedali psichiatrici, svolta epocale di civiltà” di Claudia Fusani L’Unità, 26 gennaio 2012 Il presidente della Commissione sanitaria d’inchiesta: “Il voto parlamentare ridà la libertà ad almeno 600 persone giudicate non pericolose socialmente”. Uscirà Giovanni chiuso da 22 anni nell’Opg di Barcellona Pozzo Li Gotto che l’hanno trovato legato a una rete metallica, senza materasso e piena di ruggine con un buco in mezzo a mo’ di latrina. Uscirà Antonio che nel 1992 era entrato in un bar e simulando di avere una pistola in tasca, s’era fatto consegnare 7 mila lire. Al processo fu giudicato “incapace di intendere e di volere” e se lo sono dimenticato là dentro. Ne usciranno almeno 600 così, persone giudicate non più pericolose socialmente e però così scomode “il sistema” le ha parcheggiate negli ospedali psichiatrici. Saranno ristretti in strutture diverse, più nuove e più piccole, gli altri 700-800 detenuti. Chiudono i sei ospedali psichiatrici giudiziari. Giù il sipario, per sempre, sugli orrori denunciati dalla Commissione sanitaria d’inchiesta sull’efficienza del sistema sanitario nazionale presieduta dal senatore Ignazio Marino. Senatore, una nuova legge Basaglia? “Lo psichiatra Vittorino Andreoli parla di svolta epocale, di scelta di civiltà superiore a quella compiuta nel 1978 dalla legge Basaglia che chiuse i manicomi e istituì ì servizi di igiene mentale pubblici”. Lega e pezzi del Pdl dicono che il decreto Severino dopo i ladri mette in libertà anche i serial killer... “ La legge è stata votata all’unanimità in Commissione anche dalla Lega, ha avuto nel collega del pdl Michele Saccomanno uno dei sostenitori più convinti ed è stata presentata come emendamento nel decreto Severino sulle carceri dal presidente della Commissione Giustizia Filippo Berselli, pdl. Ogni deputato ne ha compreso la necessità e l’urgenza”. La svolta è arrivata con la documentazione video raccolta da lei, dalla senatrice radicale Poretti e da altri vostri colleghi quando vi siete presentati all’improvviso a Barcellona Pozzo Li Gotto, uno dei sei Opg in Italia? “Quelle immagini hanno confermato quello che molti sapevamo già. Dopo quelle immagini nessuno ha più potuto dire “non sapevo”. Credo che quel video (coraggiosamente trasmesso da Presa diretta su Rai 3, ndr) sia stato importante anche nel colloquio che ho avuto prima con il presidente Monti e poi con i ministri Severino e Balduzzi e nella loro decisione di fare della chiusura degli Opg una delle priorità del governo”. Quando ha incontrato Monti? “Il 2 gennaio alle 9 del mattino. Credo di essere stato il suo primo appuntamento di lavoro del nuovo anno. In due ore e mezzo abbiamo esaminato tutto il materiale raccolto in un anno dalla Commissione. Nei giorni successivi ho incontrato il ministro Severino (Giustizia, ndr) e Balduzzi (Sanità, ndr). Hanno ascoltato ogni singola osservazione, visionato ogni fotogramma. Non c’è stato bisogno di convincerli”. Cosa succede ora veramente? “Quando il decreto sarà legge (manca ancora il via libera della Camera, ndr) 600 persone non più pericolose socialmente tenute là dentro per mancanza di alternative saranno affidate dal magistrato di sorveglianza ai servizi di salute mentale del territorio”. E il territorio è in grado? Ce la fa? “Siamo in Italia, paese industrializzato, membro del G8, nessun altro paese sopporta una vergogna come la nostra. Quindi il territorio ce le deve fare”. Gli altri 7-800 che restano reclusi? “Saranno trasferiti in altre strutture, più nuove e idonee a questo tipo di detenzione. Ad esempio con psichiatri che incontrano i detenuti con cadenza settimanale regolare e non mezz’ora al mese come succede ad Aversa. E con farmacie che prescrivono le medicine: sempre ad Aversa il medico firmava le prescrizioni una volta all’anno”. Tempi? “L’emendamento dice che entro il 31 marzo 2013 le Regioni e l’amministrazione penitenziaria devono individuare le nuove strutture interamente a carattere ospedaliero. Il governo ha stanziato 252 milioni. Questo lavoro non può e non deve correre il rischio di essere rallentato e sono certo che ognuno farà tempestivamente la propria parte”. Soddisfatto? “È un passo importante nella storia della sanità e della psichiatria. Per quello che mi riguarda dà senso al mio mandato parlamentare. Resta il rammarico che per molte di loro siamo arrivati tardi”. Persone come Pietro, chiuso nell’Opg di Montelupo nel 1985 perché andava in giro vestito da donna e disturbava. Quando la Commissione l’ha scoperto, un anno fa, faceva bigiotteria con materiali riciclati. Sempre vestito da donna. Imbottito di farmaci. Giustizia: Radicali; solo chiusura Opg è l’unica vera novità significativa per illegalità carceri Notizie Radicali, 26 gennaio 2012 Dichiarazione dei Senatori Radicali Marco Perduca e Donatella Poretti: “Votiamo a favore della conversione in legge del decreto sul sovraffollamento in carcere principalmente, per non dire solo, perché grazie a un emendamento elaborato dalla commissione presieduta dal Senatore Marino, che purtroppo ha trovato una maldestra copertura da parte del Governo, si arriverà alla chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari entro il marzo del 2013. Per il resto si tratta di una misura che non è strutturalmente deflattiva - ancor meno dopo che, colla nostra astensione, son stati esclusi dai benefici dei domiciliari alcuni dei reati che maggiormente mandano in carcere, come furto da appartamento, furto con strappo, estorsione semplice e rapina semplice - e che quindi non affronta le gravissime condizioni in cui versa l’appendice della malagiustizia italiana che è il sistema carcerario nazionale. Ci riserviamo di tornare alla carica con maggiore insistenza su ciò che abbiamo ritirato dal voto o trasformato in ordine del giorno quando il governo presenterà un disegno di legge in materia di pene alternative. Giustizia: il presidente e Napolitano e la parola “clemenza” Il Foglio, 26 gennaio 2012 La tradizionale inaugurazione dell’anno giudiziario si presenta oggi con caratteri particolari. C’è la protesta dell’avvocatura che considera, non senza un eccesso di enfasi, i provvedimenti di liberalizzazione della professione forense come una specie di “rottamazione della giustizia”, ma anche il clima nuovo testimoniato dalla (pur lacunosa) mozione parlamentare comune tra i maggiori partiti sulla riforma della giustizia e dalle iniziative di Paola Severino sulle carceri che stanno superando positivamente l’esame assembleare. La situazione della giustizia resta gravissima, la massa dei processi arretrati rende inattendibile la giustizia penale e, nel campo civile, rappresenta un ostacolo di prima grandezza agli investimenti nel nostro paese. Dal punto di vista dei diritti dei cittadini, poi, basta vedere quante sentenze di condanna sono state inflitte ai tribunali italiani dalla Corte europea dei diritti umani, rammentate da una nota di Marco Pannella che sottolinea il vergognoso record raggiunto dalla malagiustizia nel nostro paese, per misurare la gravità della situazione. Sulle carceri, infine ma non per ultimo, se si può considerare lodevole l’attenzione e persino la denuncia della responsabile della Giustizia, non si può dimenticare che anche i provvedimenti adottati rappresentano soltanto una misura tampone temporanea e parzialissima. Saranno molto ascoltate come sempre e, in quest’occasione più di sempre, le parole del capo dello stato, che non ha mai pronunciato nel recente passato la parola “clemenza”, ma che potrebbe, nel nuovo clima politico e di fronte all’evidente emergenza carceraria, accennarvi autorevolmente. Sul versante dell’organizzazione degli uffici giudiziari, invece, sarebbe utile sviluppare in modo concreto le ipotesi di specializzazione del settore giudiziario che si occupa dei problemi delle imprese e definire in modo meno generico e demagogico la questione della “giusta causa” nei licenziamenti, che ridurrebbe in modo consistente la controversia sull’articolo 18. Una giustizia “europea”, nei tempi delle procedure, nel rispetto dei diritti, nell’umanità dell’esecuzione delle pene, sembra un obiettivo irraggiungibile, ma si possono compiere passi concreti, soprattutto se si supera il blocco conservatore dell’ordine giudiziario che ha impedito per decenni di legiferare in modo efficace. Chi diceva che non si poteva riformare la giustizia finché il premier era investito da procedimenti giudiziari, ora non ha più neppure quel furbesco alibi, il danno che la malagiustizia procura alla dignità dell’Italia e alla sua economia è evidente: è il momento di un messaggio alto e forte del Quirinale che incoraggi le volontà riformatrici troppo a lungo paralizzate. Giustizia: il ministro Severino; valutare con attenzione misura cautelare in carcere Agi, 26 gennaio 2012 L’adozione della “più grave delle misure cautelari previste dal nostro ordinamento”, ossia la detenzione in carcere, va valutata “sempre con particolare equilibrio ed attenzione”. Lo ha ribadito il guardasigilli, Paola Severino, che, nel corso del suo intervento in Cassazione, è tornata a parlare della crisi nei nostri penitenziari. “Non vi è dubbio che la responsabilità per le scelte fondamentali in materia - ha osservato - gravi sul governo e sul Parlamento, chiamati ad individuare un corretto equilibrio tra aspetto afflittivo e aspetto rieducativo delle pene”. Il guardasigilli ha voluto porre al centro delle attenzioni il disegno di legge con cui il Consiglio dei ministri ha previsto i conferimento al governo delle deleghe legislative in materia di depenalizzazione, di sospensione del procedimento connessa alla prova e di pene detentive non carcerarie: “misure - ha spiegato - che si auspica siano ampiamente condivise e destinate a determinare nel medio periodo una ulteriore deflazione delle presenze in carcere per quei soggetti dalle modeste e facilmente controllabili potenziali criminogene”. Ad oggi, sono oltre 28mila i detenuti in attesa di giudizio (42% del totale): in prevalenza si tratta di persone in attesa del primo processo. I detenuti rimessi in libertà senza che sia stata pronunciata almeno una decisione di primo grado nel 2010 sono oltre 18mila e nel 2011 hanno superato le 15mila unità. Amnistia? a ciascuno il proprio compito Per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri il ministro della Giustizia, Paola Severino, a margine dell’inaugurazione della giudiziario, ha sottolineato di aver fatto quello che si poteva con il varo del dl carceri approvato ieri al Senato. Alla domanda dei giornalisti sulla possibilità che venga varata anche una amnistia per allentare le tensione del sistema carcerario il ministro ha risposto: ‘Questi interventi non dipendono dal governo. Se il Parlamento - ha osservato Severino - troverà l’intesa e la maggioranza qualificata che serve per varare l’amnistia il governo sarà rispettoso della volontà del Parlamento, a ciascuna il proprio compitò. Passi avanti, ha sottolineato il ministro, sono stati fatti con il dl carceri: “Io ho fatto quel che potevo fare - ha detto - c’è stato al Senato e alla Camera poi un decreto legge che dovrebbe alleviare le sofferenze di chi è in carcere e che dovrebbe anche affrontare e riconoscere i diritti delle persone malate detenuti negli ospedali giudiziari. Passi avanti che come ministro e come ministero potevamo e dovevamo fare abbiamo dimostrato quanto importanti fossero”. Giustizia: Moretti (Ugl); bene Severino su ricorso più oculato a carcerazione preventiva Agenparl, 26 gennaio 2012 “Condividiamo il richiamo del ministro Severino ad una più oculata valutazione del ricorso alla carcerazione preventiva quale estrema misura cautelare. Ora si proceda celermente con ulteriori iniziative perché il personale di Polizia Penitenziaria è ormai allo stremo”. Così il segretario nazionale dell’Ugl Polizia Penitenziaria, Giuseppe Moretti, commenta l’intervento del Guardasigilli all’inaugurazione dell’anno giudiziario, aggiungendo che “quanto richiesto alla magistratura inquirente è da considerarsi un atto dovuto, in considerazione del fatto che la permanenza media nelle carceri non supera i sette giorni per i circa 20.000 ingressi registrati in un anno e che determinano quindi un sovraccarico enorme al sistema penitenziario, pregiudicando l’efficacia del lavoro assegnato agli agenti”. “Proprio nella prospettiva di un rilancio delle finalità collegate all’espiazione della pena - continua il sindacalista - che, come ha giustamente affermato il ministro, devono coniugare “il carattere umanitario del trattamento del condannato e la tutela del diritto dei cittadini alla sicurezza”, riteniamo valide anche le annunciate iniziative di depenalizzazione per quelle fattispecie criminose che non destano allarme sociale”. “In quest’ottica, registriamo con favore anche l’approvazione, da parte del Senato, del cosiddetto decreto svuota carceri, pur permanendo - conclude Moretti - delle riserve sulla chiusura definitiva degli Opg in relazione all’assenza di certezze per la riconversione delle strutture e la stabilizzazione del personale”. Giustizia: Lupo (Presidente Cassazione); la situazione carceraria italiana è tragica Il Sole 24 Ore, 26 gennaio 2012 La situazione carceraria italiana ha assunto dimensione tragiche. Lo ha sottolineato il primo presidente della Cassazione, Ernesto Lupo, nella relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario. Si tratta di una “priorità - ha sottolineato Lupo - su cui il Governo si è particolarmente impegnato e che voglio sottolineare”. Quelle delle carceri, ha proseguito il magistrato citando le parole del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, “è una realtà che ci umilia in Europa che ci allarma per la sofferenza quotidiana, fino all’impulso a togliersi la vita, di migliaia di esseri umani chiusi in carceri che definire sovraffollate è quasi un eufemismo”. Secondo Lupo “stipare 68mila detenuti in condizioni logistiche adeguate a 45mila persone è palesemente incompatibile con i principi dell’articolo 27 della Costituzione e dell’articolo 3 della Convenzione dei diritti umani”. Secondo il presidente della Cassazione “non sarà l’aumento, pure necessario, dei posti-carcere che condurrà il sistema al punto di equilibrio. Ciò che è indifferibile, è, da un lato, la riduzione al ricorso alla pena carceraria e alla custodia cautelare in carcere, e, dall’altro, l’aumento di misure alternative al carcere”. Giustizia: Ucpi; da presidente Lupo parole importanti e di drammatica attualità Il Velino, 26 gennaio 2012 Sono “importanti” le parole del primo presidente della Cassazione Ernesto Lupo, “laddove non solo ribadisce lo stato di emergenza delle carceri, sottolineando che l’equazione secondo cui maggiore sicurezza significa più carcere ‘è un abbagliò, ma soprattutto quando, concordando con quanto i penalisti hanno più volte sottolineato, ritiene necessario un intervento legislativo che preveda la custodia cautelare in carcere solo in caso di reati di particolare allarme sociale, e soprattutto la vieti quando i fatti siano risalenti nel tempo o non accompagnati da manifestazioni di attuale pericolosità”. È il commento dell’Unione camere penali italiane (Ucpi) all’intervento del presidente Lupo. Ancora “più importante”, rileva l’Ucpi, è l’appello ai giudici “a non inseguire una risposta illusoriamente rassicurante alla percezione collettiva di insicurezza, infliggendo la custodia cautelare come anticipazione di pena nell’intento di contrastare in questa maniera la lunghezza del processo”. Non è la prima volta che il Primo Presidente “ammonisce i giudici sul tema della libertà prima della condanna definitiva - incalzano i penalisti - a non inseguire le istanze di difesa sociale ma a rispettare in primo luogo il diritto fondamentale che dice che la custodia in carcere è l’extrema ratio. Di nuovo ancora importantissimo in questo contesto - aggiungono - è l’appello al legislatore e agli organi di stampa a non inseguire o blandire, l’opinione pubblica, per invocare sotto la spinta di diverse emozioni, un giorno maggior rigore e il giorno dopo il contrario”. Si tratta di parole di “drammatica attualità”, aggiunge l’Ucpi, “se si pensa al destino della normativa sull’arresto in flagranza e sul carcere discussa appena ieri che, proprio sotto l’influenza di queste suggestioni, è stata praticamente svuotata di contenuto con l’introduzione di limitazioni oggettive e soggettive che finiscono per vanificarne gli intenti”. “Di grande interesse” è il passaggio dove Lupo richiede “interventi di depenalizzazione e decriminalizzazione e anche un maggior ampliamento dei reati procedibili a querela, di nuovo una richiesta che si ritrova nei documenti congressuali dell’Ucpi”. Peraltro in un tempo di “mistica delle liberalizzazioni”, concludono i penalisti, “non è poi senza significato sottolineare che anche per il primo presidente della Cassazione, nel settore della giurisdizione occorre verificare se la sovrabbondanza di avvocati sia funzionale a soddisfare le esigenze di giustizia dei cittadini, e ciò con buona pace di coloro che invocano le iper-liberalizzazioni destinate ad allargare a dismisura la platea degli avvocati. Ciò che invece manca nella relazione di Lupo è un riferimento al principio costituzionale di terzietà del giudice, tuttora non realizzato nel nostro Paese”. Giustizia: Sappe; situazione grave determina tensioni e pericoli… verso lo “sciopero bianco” Adnkronos, 26 gennaio 2012 Una pubblica protesta per manifestare “l’ira dei poliziotti penitenziari rispetto all’indifferenza politica e istituzionale sulla grave situazione delle carceri italiane, che determina ogni giorno tensioni e pericoli” per gli agenti impiegati. Lo ha deliberato oggi la segreteria generale del Sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe), riunita in seduta straordinaria. Il Sappe lancia un appello al ministro della Giustizia, Paola Severino, chiedendole “di superare la situazione d’impasse sugli incarichi di competenza dei due sottosegretari di stato alla Giustizia - Salvatore Mazzamuto ed Andrea Zoppini - e la riconferma o meno dei vertici dell’amministrazione penitenziaria”. “Entro 90 giorni dal suo insediamento - spiega il segretario generale del sindacato, Donato Capece - la Guardasigilli deve confermare o meno i vertici dell’amministrazione penitenziaria e conferire le deleghe di competenze (anche relative al Dap) ai due sottosegretari. È impellente farlo perché le attività al Dipartimento sono ferme, proprio in attesa delle decisioni della ministro”. Capece aggiunge che l’ufficio di presidenza e la riunione dei componenti la segreteria generale del Sappe hanno votato all’unanimità la proposta di indire a breve una grande manifestazione di protesta a Roma, davanti alla sede del ministero della Giustizia, per denunciare la situazione penitenziaria “ben oltre - denuncia - il limite della tolleranza”. A prova di ciò “l’inquietante regolarità - sottolinea Capece - con cui avvengono episodi di tensione ed eventi critici nelle carceri italiane perennemente sovraffollate a tutto discapito dell’operatività e della sicurezza dei baschi azzurri. E nonostante ciò, il mondo istituzionale e politico non prende alcun concreto provvedimento risolutivo”. “Se non arriverà a breve una convocazione della ministro che ci chiarisca cosa davvero si intende fare per il carcere e per tutelare chi in esso lavora con mille difficoltà e pericoli come i nostri agenti - avverte il sindacalista - proclameremo nelle prossime ore, a macchia di leopardo sul territorio nazionale, lo sciopero bianco degli agenti della Polizia penitenziaria”. “In pratica, sarà applicato con estrema severità, e in tutte le sue parti - spiega Capece - il regolamento penitenziario, a tutto discapito delle attività trattamentali e scolastiche dei detenuti, dei loro trasferimenti presso le sedi giudiziarie e le altre carceri e degli stessi colloqui con i familiari. Ma ci faremo sentire anche sotto l’ufficio della Guardasigilli Severino, con una grande manifestazione di protesta”. Piemonte: Garante carceri; calendarizzato voto per 31 gennaio, Radicali sospendono il digiuno Notizie Radicali, 26 gennaio 2012 Oggi, alle ore 12:00, Salvatore Grizzanti e Igor Boni (segretario e tesoriere Associazione Radicale Adelaide Aglietta) sono stati ricevuti dal Presidente del Consiglio regionale Valerio Cattaneo e da tutto l’Ufficio di Presidenza del Consiglio. Durante l’incontro il Presidente Cattaneo ha comunicato agli esponenti radicali che il 31 gennaio prossimo è calendarizzato in aula il voto per la nomina del garante regionale dei detenuti. In questa prima fase occorrerà la maggioranza qualificata dei 2/3; se non si riuscisse a portare a buon fine la nomina, in una seconda seduta sarà sufficiente la maggioranza semplice. Cattaneo ha espresso il suo personale favore alla nomina del garante. I Radicali sono stati informati che la Commissione nomine ha proceduto ad una prima scrematura dei curricula pervenuti dai candidati a ricoprire il ruolo. I Radicali hanno consegnato nelle mani del Presidente l’appello per la nomina del Garante - a prima firma Emma Bonino (Vice-Presidente Senato) - sottoscritto da decine di personalità della politica, del sindacato e della società e anche dai parlamentari Magda Negri (Pd), Enrico Costa (Pdl), Gianluca Susta (Parlamentare europeo); Mauro Marino (Pd) e Maura Leddi Moiola (Pd). Per sollecitare il Consiglio al rispetto delle regole continua il digiuno a staffetta che vede coinvolti decine di militanti radicali, semplici cittadini e Consiglieri comunali di Torino e che proseguirà fino all’ottenimento del rientro nella legalità. Dichiarazione di Salvatore Grizzanti e Igor Boni: “Il Presidente Cattaneo è stato assai chiaro e ha convenuto con noi sulla necessità di uscire da questa inaccettabile situazione di stallo. Il 31 gennaio, a meno di nuovi accordi tra i Capigruppo, si procederà al voto sulla nomina del Garante. Speriamo vivamente che con fine gennaio termini questa vicenda, che vede da 2 anni e mezzo una legge inapplicata, proprio adesso, quando le carceri stanno vivendo una situazione di patente e stabile violazione dei più elementari diritti delle persone. Dall’inizio della nostra azione abbiamo detto che volevamo un calendario specifico per sospendere la nostra iniziativa. Oggi l’abbiamo ottenuto ed è per questo che dopo 11 giorni (faticosi) riprendiamo ad alimentarci, anche perché nel frattempo decine di militanti proseguiranno l’azione nonviolenta con un digiuno a staffetta. Senza dubbio abbiamo ottenuto una parziale vittoria ma la strada è certamente ancora in salita e colma di ostacoli”. Parma: Prc in visita; carcere con il doppio dei detenuti… bisogna cambiare cultura La Repubblica, 26 gennaio 2012 Una delegazione di Rifondazione comunista, con la consigliera regionale Monica Donini, ha svolto un sopralluogo in via Burla. Ecco i dati. “Unica struttura in Italia per paraplegici, ma gli attrezzi non funzionano”. Numero agenti previsti: 479. Agenti in servizio: 316. Capienza celle: 382 posti. Totale detenuti: 551. Benvenuti nel carcere di massima sicurezza di Parma, Italia: uno dei simboli della “malagiustizia” dello Stivale. Per un pomeriggio, come capita sovente, le porte del penitenziario si sono aperte a una delegazione di politici e associazioni. Monica Donini, consigliera regionale di Rifondazione comunista insieme a Pietro Paolo Piro del Prc di Parma, hanno messo la mano nella ferita del sistema civile italiano accompagnati dalla direttrice reggente Lucia Monastero e dal comandante commissario Andrea Tosoni. Con loro Giuliano Capecchi e Beatrice Salvadori del gruppo Liberarsi, da tempo in prima fila sui diritti degli ergastolani. La delegazione è uscita con una paginetta di dati fotocopiati e una convinzione, ancora più solida: “Il tema è quello dell’approccio culturale da cambiare - ha detto la Donini, nel corso di una conferenza stampa seguita alla visita - del reinserimento dei detenuti dopo la pena, della lentezza del procedimento penale che costringe centinaia di uomini e donne a sopportare il carcere prima ancora di essere stati giudicati, della difficoltà di un controllo democratico”. Gli occhi della Donini e degli altri hanno impresso immagini di vite sospese, in fondo dimenticate. A poche centinaia di metri dal centro di Parma c’è un posto in cui è a rischio il concetto stesso di umanità, lascia intendere la consigliera, membra della Commissione regionale Politiche per la salute: “Le criticità principali da noi riscontrate sono il sovraffollamento, la carenza di organico, la presenza di strutture importantissime per i detenuti paraplegici mai utilizzate e piene di polvere, così come di un centro medico diagnostico che si fatica ad attivare”. Pochi forse lo sanno, ma il carcere di Parma - l’unico penitenziario di massima sicurezza d’Emilia Romagna, con 56 condanne con regime di 41 bis - è il solo in Italia ad avere un sezione riservata ai condannati para e tetraplegici: “Il problema - dice la Donini - è che le ottime strutture presenti, come ad esempio una piscina per la riabilitazione, stanno lì a prendere polvere e ragnatele, mai utilizzate”. Impietoso poi il quadro tratteggiato dai numeri: da giovedì 26 gennaio faranno ingresso nel carcere ulteriori 80 detenuti “sfollati” - così si dice - da altre case circondariali portando così a 631 il numero dei carcerati presenti a Parma: il doppio quasi dei 382 previsti, anche se - va precisato - il penitenziario prevede una “capienza tollerata” di 625 posti. “Gli educatori? Solo 3 in servizio sui 7 previsti - riferisce la Donini - e tre sono pure, stavolta in linea con le previsioni, gli psicologi ma su una popolazione di detenuti affetti da patologie mentali pari a 61 detenuti”. Numerose le persone affette da malattie in generale: 31 da epatite C, 4 sono i sieropositivi oltre agli 83 tossicodipendenti. Pressoché sconosciute anche le figure di quei carcerati, presenti solo a Parma, che per tutta la giornata si occupano di compagni paraplegici: la loro missione è assistere i detenuti malati, in particolare di quelli assegnatigli. “Sono 173 infine - conclude la Donini - quelli in attesa di giudizio: gente che, ricordiamolo, potrebbe anche risultare innocente”. Carcere al collasso. E oggi arrivano 80 detenuti da Modena (Il Fatto Quotidiano) La capienza regolare sarebbe di 382 unità, ma ne ospita oltre 600. Manca anche il personale (316 invece di 479) e molte delle strutture sanitarie esistenti non vengono utilizzate. La denuncia dei consiglieri di Rifondazione Comunista: “La criticità parmigiana è purtroppo identica alla media italiana”. Al collasso delle carceri emiliano romagnole sembra non esserci fine. Chiude oggi il carcere di Modena per lavori di ristrutturazione e 80 detenuti vengono “sfollati” direttamente nel carcere di Parma, facendo duplicare il numero dei carcerati rispetto a quello previsto come regolamentare. È un vero e proprio grido di allarme quello che arriva dalla presidente della commissione regionale delle politiche per la salute, nonché consigliere regionale di Rifondazione Comunista, Monica Donini: è proprio lei che dal 2008 segue la salute dei carcerati, diventata di competenza dell’Ausl e non più del ministero di Grazia e giustizia. Ed è proprio lei che martedì pomeriggio, accompagnata da Pietro Paolo Piro (Prc Parma) e Beatrice Salvadori, dell’associazione Liberarsi, ha voluto visitare la struttura di via Burla. Con numeri e risultati che parlano da soli: il carcere di Parma ha una capienza regolare di 382 posti, ma in realtà, da oggi, avrà 631 detenuti, ovvero il doppio. La pianta organica degli agenti di polizia penitenziaria sarebbe di 479 unità: in realtà sono assegnati 400 posti e in servizio ce ne sono 316 (il tutto calcolato per 382 carcerati, e non certo il doppio). La situazione all’interno del carcere di Parma è critica: sovraffollamento, mancanza di personale, strutture sanitarie e riabilitative esistenti ma mai utilizzate. E la situazione sta per peggiorare: da domani, faranno il loro ingresso nella casa circondariale di via Burla altri 80 detenuti provenienti dal carcere di Modena. “Le criticità di Parma sono quelle che purtroppo si vedono ovunque perché è una piaga dell’Italia - spiega la Donini - Ci sono il doppio di carcerati e pochissimi operatori, tanto che non si possono portare a termine progetti sanitari, di istruzione, di recupero. Servirebbero 9 educatori: ce ne sono 3, così come di psicologi”. È necessario poi un cambiamento di cultura: “Molti vogliono ignorare lo status dei carcerati, in quanto persone colpevoli ma non è così - prosegue Donini - dei carcerati di Parma 379 hanno già ricevuto una condanna definitiva, 93 sono in attesa della sentenza di primo grado, 43 di quella di secondo e 36 di terzo. Ovvero 172 persone sono ancora innocenti”. E non solo: il carcere di via Burla in Emilia Romagna è unico per la sua vocazione sanitaria: “Esiste il centro diagnostico terapeutico che fa capo all’Ausl (quello per cui è stato trasferito a Parma Provenzano, ndr) che non funziona: non si riesce a farlo partire, perché c’è carenza di personale sanitario e sono cambiati i modi di somministrazione dei servizi”. Il tutto in una casa circondariale che ospita 83 tossicodipendenti, 4 sieropositivi (di cui 31 con epatite C), 61 con patologie psichiatriche e 9 paraplegici (unica struttura in Italia). “Senza contare che ci sarebbe un centro di riabilitazione, con piscina e tutto, completamente inutilizzato - conclude la Donini -, mangiato dalle ragnatele e dalla polvere: serve assolutamente l’intervento delle istituzioni, che devono creare una rete con le associazioni di volontariato”. La struttura di via Burla pur essendo regionalmente unica sotto molti aspetti (non ultimo è l’unico carcere di massima sicurezza), presenta numeri sconcertanti. Sovraffollamento esasperato e cronica mancanza di personale avevano provocato l’11 dicembre scorso una rivolta nella casa circondariale di via Burla con violente proteste da parte dei carcerati sfociate nell’incendio di lenzuola, lanci di bombolette di gas e cibo al di là delle sbarre, e l’intossicazione di un agente penitenziario. Torino: Fare Impresa; lezioni a detenuti con Agenzia delle entrate, Inps e Camera di commercio Adnkronos, 26 gennaio 2012 Ricominciare dalla legalità e imparare come avviare un’attività in proprio una volta usciti dal carcere. È l’obiettivo del progetto “Fare impresa per il domani” ideato da Agenzia delle Entrate, Inps e Camera di Commercio di Torino in collaborazione con la casa circondariale “Lorusso e Cotugno” del capoluogo piemontese. L’iniziativa prevede, a partire dal prossimo 30 gennaio, una lezione al mese direttamente in carcere in cui funzionari ed esperti spiegheranno ai detenuti come possono mettere in piedi un’attività, quali permessi servono e tutti gli aspetti amministrativi, fiscali e contributivi necessari. Una quarantina i detenuti iscritti al corso. “Un’occasione per facilitare la diffusione della legalità“ ha detto Rossella Orlandi, direttore regionale dell’Agenzia delle Entrate. Il progetto infatti ha il duplice scopo di garantire un’adeguata informazione ai detenuti ma anche di prevenire fenomeni di evasione fiscale e contributiva, anche involontaria, dovuta alla complessità dell’ordinamento tributario e previdenziale. “L’intenzione - ha aggiunto Pietro Buffa, direttore del carcere - di creare un’opportunità per i detenuti. Per molti di loro infatti il lavoro autonomo è un’opportunità reale viste le difficoltà a trovare un impiego una volta usciti dal carcere. Ed essere più consapevoli e preparati sul tema è fondamentale”. “Nel pieno della crisi economica l’Inps e le altre pubbliche amministrazioni - ha sottolineato Giorgio Peruzio, direttore vicario Inps Piemonte - offrono un approccio amichevole e di sostegno a chi vorrà fare impresa” soprattutto “Verso quanti hanno avuto problemi con la giustizia è questo un modo per dimostrare che lo Stato opera per il recupero anche quando deve imporre la giusta pena per i reati commessi”. “Noi crediamo che un progetto d’impresa, anche piccolo - ha concluso Guido Bolatto, segretario generale della Camera di Commercio di Torino - possa essere un modo positivo per ripartire e pensare al futuro e che, con la giusta informazione, le idee e la motivazione, dovunque possano nascere e crescere imprenditori consapevoli e di successo. Bologna: dopo tentato suicidio al Pratello, il Pd chiede l’intervento del ministro Severino Redattore Sociale, 26 gennaio 2012 La deputata del Pd, Sandra Zampa, chiede l’intervento del ministro della Giustizia, Paola Severino, sul caso del carcere minorile del Pratello. Ieri un giovane detenuto ha tentato il suicidio ed è stato salvato dalle guardie. “Il gesto disperato del giovane detenuto al Pratello è l’ennesima e gravissima riprova che occorre con urgenza interrogarsi sul sistema della giustizia minorile e sul senso della carcerazione. La mia preoccupazione è davvero grande per le sorti di quei minori di età detenuti in Italia e nel carcere minorile di Bologna”. Così Sandra Zampa, deputata del Pd e capogruppo in commissione Infanzia, commenta la notizia del tentato suicidio del giovane magrebino al Pratello “Nei mesi scorsi - ricorda la parlamentare in una nota - sono state presentate diverse interrogazioni sullo stato di difficoltà del Pratello a cui il precedente governo non ha mai risposto. Pochi giorni fa ho depositato altre due interrogazioni sulle recenti vicende che hanno interessato l’istituto di carcerazione minorile e consultato il ministro della Giustizia, Severino”. Ora, prosegue Zampa, “ritengo sia venuto il momento che il ministro personalmente si occupi di riportare al più presto, nell’istituto bolognese, un clima adatto a un luogo che non ha lo scopo di punire, ma di rieducare e restituire alla normalità tanti giovani in fragilissime condizioni psicologiche. Le loro vite sono responsabilità anche della politica e dobbiamo al più presto individuare una soluzione per il Pratello oggi e in seguito per la giustizia minorile nel nostro Paese. È una priorità più che urgente”. È stato congelato, nel frattempo, il trasferimento dei 27 agenti di Polizia penitenziaria dal carcere minorile del Pratello alla Dozza. Una comunicazione giunta dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, infatti, ha disposto che lo spostamento degli agenti al Pratello alla Dozza (i primi 9 dovevano spostarsi il primo febbraio) è stato sospeso fino a nuova disposizione. Lo rende noto Maurizio Serra della Fp-Cgil. “Ora speriamo che nel tavolo di confronto a Roma si possa risolvere e discutere la situazione, perché ad adesso non c’è nulla: nessuna contestazione e nessun addebito a questi agenti” sottolinea il sindacalista. Sabato Sappe, Fns Cisl e Cnpp manifesteranno davanti al Pratello per solidarietà con gli agenti destinatari dei provvedimenti di distacco presso la Casa circondariale di Bologna. Reggio Emilia: convenzione tra Comune e carcere, detenuti lavorano a manutenzione aree verdi Dire, 26 gennaio 2012 “Il valore del lavoro per la riabilitazione e il reinserimento dei detenuti è una chiave di volta per superare la situazione di difficoltà presente negli istituti penali italiani, che ci auguriamo che il governo affronti al più presto”. È con queste parole che l’assessore comunale alle Politiche sociali Matteo Sassi ha presentato, insieme al direttore degli istituti penali di Reggio Emilia Paolo Madonna e al dirigente dei Servizi manutenzione del Comune Alfredo Di Silvestro, una nuova convenzione sottoscritta oggi dalle due istituzioni che consentirà ai detenuti della Casa circondariale di essere impiegati in attività di supporto agli interventi di manutenzione delle aree verdi. Con la nuova convenzione il Comune affida per tutto il 2012 agli Istituti Penali di Reggio Emilia l’esecuzione di piccoli interventi di manutenzione sull’arredo del verde pubblico. L’Amministrazione Comunale si impegna a fornire ai detenuti le informazioni tecniche e le dotazioni necessarie allo svolgimento degli interventi e la direzione della Casa circondariale consentirà l’uscita a 4/6 detenuti divisi in squadre di due persone, per un impegno di 4 ore al giorno, dal lunedì al venerdì, dalle ore 8.30 alle ore 12.30. Il progetto, che sarà costantemente seguito da un referente della Casa circondariale e da due del Comune, è stato approvato come programma di trattamento dal magistrato di sorveglianza. I detenuti effettueranno la manutenzione degli arredi in legno nelle piste ciclopedonali e nei parchi comunali, con la stesura di impregnante e piccoli interventi sulle staccionate, su panchine, giochi e arredi in legno, compatibilmente con le garanzie di lavoro in sicurezza. Segnaleranno inoltre al Centro Chiamate comunale l’eventuale necessità di interventi straordinari di manutenzione. L’Amministrazione comunale coprirà i detenuti con un’assicurazione contro infortuni e per la responsabilità civile verso terzi. Il progetto è finanziato dal Comune con la somma di 5.000 euro, quale contributo alla Casa Circondariale. Il progetto è finanziato dal programma “Interventi rivolti alle persone sottoposte a limitazioni della libertà personale, promossi dai Comuni sedi di carcere”, ideato dalla Regione Emilia-Romagna. “Non si tratta di giustizia riparativa - ha detto Madonna - ma di un segnale di legalità rivolto ai cittadini, per affermare che il carcere può offrire utili occasioni di reinserimento ai detenuti”. Napoli: detenuti derubati, agente patteggia 2 anni; class action contro ministero giustizia Ansa, 26 gennaio 2012 Si è impossessato di collanine, braccialetti e anelli che i detenuti consegnavano al momento dell’ingresso in carcere, sostituendoli con oggetti falsi o di poco valore. Le denunce da parte di alcuni reclusi diedero avvio a una indagine che, anche con l’ausilio di una telecamera nascosta, ha smascherato l’autore dei furti, un agente penitenziario in servizio nel carcere napoletano di Secondogliano. Enrico D., di 45 anni, ha patteggiato davanti al gip Giuliana Taglialatela, 2 anni con sospensione della pena per peculato, falso e distruzione della documentazione relativa agli oggetti affidati in custodia nel penitenziario. I casi accertati dai magistrati della procura di Napoli sono 23. Il legale di alcuni detenuti indicati come parte offesa, l’avvocato Maria Laura Masi, ha annunciato l’avvio per conto dei derubati di una class action nei confronti del ministero della Giustizia. Al momento dell’arresto, lo scorso anno, nelle tasche dei pantaloni dell’agente di custodia vennero trovate due collanine, un braccialetto e una medaglia mentre nella sua auto e nella sua abitazione furono rinvenuti 600 euro in contanti e i documenti relativi agli oggetti. L’uomo, che era in servizio presso l’ufficio casellario, confessò di essersi appropriato dei preziosi sostenendo di averli rivenduti di volta in volta a un orefice di Aversa, in provincia di Caserta. Al processo ha espresso la volontà di risarcire il danno offrendo la somma di 1500 euro. Bolzano: Lega; detenuti lavorino per riparare i danni della rivolta Ansa, 26 gennaio 2012 “Il carcere di Bolzano a ferro e fuoco e i danni li paghiamo noi”. Lo afferma il consigliere della Lega Nord bolzanina, Claudio Degasperi che invita il Comune a chiedere agli stessi detenuti “di lavorare al rifacimento di quanto hanno distrutto, invece di nominare referenti del consiglio comunale affetti da buonismo”. Degasperi dice che “se i 60 magrebini avessero scontato la pena nel loro paese di origine non avremmo messo a repentaglio l’incolumità del medico, della sua infermiera e del personale addetto alla sorveglianz”. Secondo il leghista, “il carcere è da ricostruire perché fatiscente ma non così tanto da giustificare che i detenuti si permettano di bruciare i materassi. Siamo alle solite. I cittadini - continua Degasperi - ci segnalano come certi stranieri extracomunitari sfascino gli appartamenti delle case Ipes regalate loro dalla Provincia. Qui pensano di poter commettere reati e poi pretendere il pasto gratis, le sigarette, la tv in camera e i corsi per il tempo libero pagati dal Comune. Quei danni ora saranno a carico di tutta la comunità”. Pisa: dopo evasioni rimossi direttore e comandante, sindacati agenti proclamano agitazione Ansa, 26 gennaio 2012 Il direttore e il comandante degli agenti penitenziari del carcere di Pisa sono stati rimossi dall’incarico e destinati altrove dal dipartimento dell’amministrazione penitenziaria dopo l’evasione dei due detenuti, entrambi già arrestati, avvenuta il 9 gennaio scorso. E i sindacati hanno immediatamente contestato la scelta proclamando lo stato di agitazione al quale oggi ha aderito, secondo fonti sindacali, oltre il 90% del personale. “Il direttore Santina Savoca e il comandante di reparto Marco Garghella - spiega Francesco Perrone, segretario provinciale del Sinappe - sono stati destinati ad altro incarico e da Sanremo è arrivato un nuovo direttore a Pisa. È una decisione che non condividiamo perché scarica su due persone le responsabilità dell’amministrazione circa le carenze di sicurezza dell’istituto, mentre i sindacati a turno denunciano da mesi le inadeguatezze dei sistemi di sorveglianza insieme ad altre criticità”. La protesta è stata proclamata anche da Sappe, Osapp, Cgil, Cisl e Uil che in una nota congiunta sottolineano che questi problemi “sconosciuti ai vertici regionali e centrali dell’amministrazione, che, in più occasioni, si sono limitati a formali visite di cortesia, senza incidere per nulla sulle criticità manifestate”. Ma il tasto più dolente è il mancato funzionamento dei sistemi di allarme e in particolare della sala regia dell’istituto, fuori uso anche durante l’evasione avvenuta nel luglio 2010. “E cosa fa l’amministrazione? - si chiedono i sindacati. Anziché adoperarsi per garantire la perfetta funzionalità della sala regia, individua degli agnelli sacrificali da immolare sull’altare delle proprie mancanze”. Pisa: Sappe; agente in sciopero della fame trasportato all’Ospedale Comunicato stampa, 26 gennaio 2012 “È notizia di questi minuti che un collega del carcere di Pisa, a seguito della protesta in corso contro la grave situazione penitenziaria, è stato trasportato in autoambulanza al nosocomio cittadino. È grave e servono segnali forti dall’Amministrazione penitenziaria”. A comunicarlo è Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, la prima e più rappresentativa organizzazione di Categoria. È da ieri che il personale di polizia penitenziaria si è autoconsegnato e alcuni di loro addirittura stanno digiunando per la grave criticità dell’Istituto e per la rimozione, disposto dall’Amministrazione Penitenziaria, del Direttore e del Comandante ad altro incarico. Tutta la notte un contingente di personale di polizia penitenziaria si è fermata, dopo aver espletato il proprio turno di servizio, sino alle prime ore del mattino. Prima che la protesta possa sfociare ulteriormente è necessario che l’Amministrazione apra un confronto con le OO.SS. anche sulla criticità dell’intera regione, prendendo in considerazione anche l’opportunità di individuare un nuovo Provveditore Regionale. Il SAPPE sottolinea “Siamo vicini ai colleghi di Pisa che hanno deciso di esternare la loro rabbia “autoconsegnandosi” e rifiutando la somministrazione dei pasti, con alcuni di essi che addirittura stanno attuando lo sciopero della fame. Quanto disposto dall’Amministrazione Penitenziaria, a seguito dell’evasione dal carcere pisano di due detenuti, poi riacciuffati, è l’ennesima soluzione di rifugio adottata come sempre per cercare a tutti i costi un capro espiatorio e mascherare quell’inerzia e quelle incapacità Nazionali, regionali e locali della politica penitenziaria. Ancora una volta non possiamo condividere queste scelte approssimative. Le responsabilità le ha anche e soprattutto chi ha tolto il direttore titolare dalla guida dell’istituto (Vittorio Cerri) per parcheggiarlo nei più confortevoli uffici del Provveditorato di Firenze, mettendo così in capo alla direzione un funzionario senza alcun tipo di esperienza! Non solo. È da anni che denunciamo la grave criticità dell’Istituto Don Bosco di Pisa. Basti pensare che sono innumerevoli le denunce del Sappe sulla carenza di personale di polizia penitenziaria, sul sovraffollamento dei detenuti, sull’elevato rischio aggressioni e sulla fatiscente struttura, senza che siano mai stati effettuati significativi lavori di manutenzione in campo edilizio. Già qualche anno fa, a seguito di una visita all’interno dell’Istituto, segnalammo che alcuni reparti erano ai limiti della decenza e della salubrità per i poliziotti penitenziari, con le tinteggiature alle pareti e le infrastrutture interne risalenti a chissà quale legge finanziaria, con i cancelli richiudibili solo manualmente e la rara automazione, icona della razionalizzazione delle risorse, vittima della mancata manutenzione. Nonostante le nostre denunce e l’evasione del luglio 2010 nulla è stato fatto per migliorare la sicurezza dell’istituto e le condizioni di vivibilità dei poliziotti penitenziari. A nulla sono valse le innumerevoli richieste di convocazioni della Segreteria Regionale del Sappe al Provveditorato regionale sulla grave e persistenza situazione pisana. È da anni che Pisa, ma tutta la Toscana penitenziaria, è abbandonata a se stessa, con l’attuale Provveditore regionale perennemente assente. Ci si chiede: cosa aspetta il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ad avvicendare l’attuale Provveditore Regionale della Toscana?. Ancona: detenuti in cucina… progetto formativo per migliorare il vitto delle carceri Ristretti Orizzonti, 26 gennaio 2012 “La qualità del cibo nelle carceri delle Marche” è uno dei progetti promossi dal Garante regionale dei detenuti, professor Italo Tanoni, per migliorare le condizioni di vita dei reclusi. L’Autorità di garanzia, in collaborazione con la Direzione scolastica regionale e i Direttori di alcuni penitenziari, ha deciso di intervenire su un tema spesso al centro delle proteste dei detenuti. La proposta è quella di attivare dei corsi pratico-formativi rivolti agli addetti alle cucine, in sinergia con gli istituti alberghieri. Si parte da Montacuto, dove si svolgerà venerdì mattina la prima riunione per definire la programmazione, con Tanoni, la direttrice Santa Lebboroni, il dirigente scolastico dell’Istituto alberghiero Antonio Nebbia di Loreto, professor Gabriele Torquati, e Massimo Sideri, docente di laboratorio di cucina. Al progetto hanno aderito anche l’Istituto alberghiero Buscemi di San Benedetto del Tronto per il carcere di Marino di Ascoli, l’Istituto Varnelli di Cingoli per il penitenziario di Camerino e l’Istituto “Santa Marta” di Pesaro per la casa circondariale Villa Fastiggi. In una seconda fase saranno coinvolte anche le strutture carcerarie di Barcaglione e Fossombrone. Pordenone: primo recluso in camera di sicurezza della questura, i pasti arrivano dal ristorante Messaggero Veneto, 26 gennaio 2012 Celle modernissime, dotate di telecamere per la sorveglianza - che però non possono sostituire del tutto l’occhio umano - e pasti in arrivo dai ristoranti convenzionati con la questura. Chi viene sorpreso in flagranza di reato e viene portato nelle celle di sicurezza della Questura di Pordenone, se la passa decisamente meglio di chi viene tradotto in carcere. Se il Castello vive in uno stato di emergenza permanente, con celle inadeguate in termini di spazi per il numero di detenuti accolti e con una struttura che nel suo complesso è vetusta e fatiscente - anche perché non nasce per ospitare una struttura penitenziaria - le celle di sicurezza della Questura rispondono a tutti gli standard di legge e le battute, tra addetti ai lavori, si sprecano. E non solo quelle sulle celle visto che i pasti, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non arrivano dalla casa circondariale come avveniva una volta - i cui bilanci dipendono dal ministero della Giustizia - bensì dai ristoranti cittadini convenzionati con la Questura (quelli in cui l’amministrazione paga il conto ai dipendenti in particolari condizioni di servizio). Una sola eccezione è fatta per la colazione. Quella non arriva dal bar, bensì dalle macchinette della Questura. Ma anche là il detenuto di turno può trovare cappuccino e brioche. Cagliari: progetto “Day off”, una giornata di lavoro fuori dal carcere La Nuova Sardegna, 26 gennaio 2012 Day off, una giornata fuori, titolo impegnativo per un programma di rieducazione che riguarda il carcere e che risponde alle richieste del miglior dibattito sulla riabilitazione dei detenuti. Il programma sta andando avanti anche a Buoncammino nonostante le difficoltà. Le difficoltà sono il perenne sovraffollamento di detenuti che coincide in modo preciso con il sottodimensionamento costante della pianta organica degli agenti di custodia. Ecco perché ha un valore in più il fatto che Buoncammino abbia aperto le porte a questo programma di lavoro per lo staff degli educatori: perché ci vuole moltissima volontà per realizzarlo visto che le forze in campo da sole non bastano. Il day off aveva già dato la possibilità di far uscire i detenuti per progetti di lavoro fuori in campo archeologico. Adesso, con un’accurata preparazione, è cominciata la parte che riguarda la selezione di lavori negli ambiti in cui i detenuti ammessi al trattamento hanno commesso il reato per il quale sta scontando la pena. Una grande opportunità per il detenuto di comprendere a fondo e di avere piena consapevolezza del valore del percorso intrapreso, un grande lavoro da parte della comunità degli operatori che devono rendere possibile lo svolgimento del programma. Intanto all’interno del carcere vanno avanti i corsi di yoga, giochi di ruolo, solfeggio cantato ed è appena cominciato il corso di informatica, questo molto ambito soprattutto dai più giovani perché è davvero un’occasione per ricominciare a pensare al proprio futuro in termini professionali e di reinserimento. Uno sforzo anche l’organizzazione dei corsi interni al carcere perché uno dei problemi di Buoncammino è la mancanza di spazi per svolgere le attività. Stati Uniti: ex carcerato ottiene 22 mln come risarcimento per trattamento disumano subito Ansa, 26 gennaio 2012 Stephen Slevin, chiuso in una cella di isolamento per due anni nella prigione della contea di Dona Ana, nel New Mexico, ha ottenuto da una giuria federale un rimborso pari a 22 milioni di dollari per i trattamenti disumani subiti. Si tratta di un verdetto record nella storia delle cause per i diritti civili dei carcerati americani, cosi come eccezionale è stata la vicenda di Slevin. Arrestato nell’agosto del 2005 per semplice “guida in stato di intossicazione”, l’uomo è stato sbattuto in una cella e da allora è stato dimenticato: non ha mai visto un giudice, né un medico o un dentista. Slevin è stato costretto ad estrarsi i denti malati da solo, a vivere con le unghie dei piedi che si attorcigliavano nella carne perché non gli venivano date nemmeno delle forbicine, e con altri problemi di salute mai curati durante la prigionia. “Le guardie della prigione mi passavano accanto ogni giorno, mi guardavano deteriorare progressivamente e non hanno mai fatto nulla. Le mie richieste di un dottore o di un dentista non sono state ascoltate”, ha detto l’ex carcerato. L’uomo soffre di disturbi post-traumatici: “Non ho fatto causa per i soldi - ha precisato - ma perché il mondo sapesse come si può venire trattati”. Il sistema penitenziario del New Mexico non ha rilasciato alcun commento, ma l’avvocato di Slevin ha fatto sapere che i rappresentanti delle prigioni avevano cercato di mettere a tacere il caso offrendo rimborsi pecuniari prima che andasse in tribunale. Gran Bretagna: decolla il dibatto su carceri e giustizia di Claudio M. Radaelli Notizie Radicali, 26 gennaio 2012 Non solo in Italia. Anche Nel Regno Unito la discussione sulle carceri come appendice di questioni gravissime inerenti la giustizia incomincia a decollare. Il dato nuovo riguarda l’accelerazione della discussione, che si sta spostando dai circuiti scientifici e degli operatori specializzati all’opinione pubblica. Quotidiani come “Guardian” e “Independent” si affiancano ora anche alla “Bbc” nel promuovere il coinvolgimento della politica e dei cittadini su una questione che sta diventando intollerabile anche qui. Proprio questa settimana, il 23 gennaio 2012, la “Bbc Radio4” ha presentato uno speciale del programma Start of the Week con Andrew Marr dedicato al tema Justice. Andrew Marr da una trentina d’anni copre il dibattito politico sia in radio che in televisione, una specie di icona giornalistica inglese noto per il tono spassionato con cui incalza i politici su questioni spesso scomode per chi fa politica ma fondamentali per i cittadini. Start of the Week del 23 gennaio, disponibile anche in podcast, come dicevo era intitolato Justice (non Jails o Prisons) ma era dedicato alla questione carceraria. Questa mi pare un’interessante sinergia con il discorso politico dei radicali, che non a caso parlano di giustizia e di “amnistia per la repubblica” quando affrontano il tema carceri. Ma vediamo di cosa hanno parlato gli ospiti di Marr. Alla mezzora di discussione hanno preso parte diverse persone che hanno seguito le vicende carcerarie sia dall’interno, come John Podmore, che dall’esterno come organizzazioni politiche (Sharmi Chakrabati del movimento non-profit Liberty). E nello studio di Marr gli ospiti hanno anche avuto modo di parlare di una nuova commedia teatrale basata sulla Corte Penale Internazionale - una nuovissima commedia dove il famoso anti-eroe patafisico “Ubu Re” di Alfred Jarry viene portato alla International Criminal Court con esiti fra il satirico e il tragico. Il dato da cui partire sono i circa 88mila detenuti: in rapporto alla popolazione si tratta di un valore molto preoccupante, mai così alto nella storia. Sembra che di fronte a diversi problemi difficili da gestire, come immigrazione, comportamenti giovanili anti-sociali, e violenza urbana, la risposta sia quella di chiudere tutti dentro sperando che il problema passi. Ma non passa, anzi diventa un problema di legalità e di diritto, oltre che di giustizia in senso ampio (fairness). Al dibattito Shrami Chakrabati ha efficacemente sostenuto che mentre i politici continuano a batter la grancassa della law and order, trascurano la rule of law. Il contrasto fra queste due nozioni viene allo scoperto proprio nel nodo carcerario, espressione anche fisica, visiva e sociale. Gli ospiti di Marr hanno ricordato ancora una volta come la stragrande maggioranza delle ricerche sul caso inglese abbiano concluso che il carcere si caratterizza come una delle strategie meno efficienti per conseguire l’obiettivo della riabilitazione. Allora - la trasmissione ha insistito sul punto - dobbiamo chiederci per quali ragioni si cerchi nel carcere una soluzione e per quali problemi. Ammesso che sia una soluzione, non si tratta della soluzione di maggior efficacia se l’obbiettivo deve essere la riabilitazione. Anzi, diventa difficile trovare quale sia questo grande fine sociale dell’impennata delle carcerazioni, soprattutto se si osserva che i livelli di corruzione sono molto alti nelle carceri. La società inglese, che ha livelli comparativamente modesti di corruzione, sta producendo corruzione dentro le carceri, con possibilità di contagio (ovviamente i carcerati escono e tornano nella società). Infine, molto interessante anche il dato sui livelli di età che continuano a salire: ci sono tanti carcerati di 70 - 80 anni di età. Questi non hanno bisogno di carcere, ma di assistenza sociale. Metterli negli ospedali penitenziari ha un costo altissimo e non è socialmente giustificabile. Tutto questo lascia poco sperare in una situazione di congiuntura economica come quella attuale. Diventa molto improbabile che i ministri investano risorse nel miglioramento delle carceri, per esempio aumentando il budget per istruzione e corsi nelle prigioni. Conclusione: un deterioramento complessivo della condizione carceraria, una deriva pericolosa per la rule of law, un problema carceri che diventa problema di giustizia. Allora, come si potrebbe dire parafrasando il titolo di un documentario nuovissimo di Valentina Ascione e Simone Sapienza prodotto da “Radio Radicale”, non è just in Italy! Libia: detenuti torturati, Msf sospende lavoro in prigioni di Misurata La Presse, 26 gennaio 2012 Medici senza frontiere (Msf) ha sospeso il lavoro nelle prigioni di Misurata, in Libia, spiegando che i detenuti vengono torturati e viene loro negato l’accesso alle cure mediche. Msf ha fatto sapere in un comunicato che gli operatori umanitari avevano sempre più spesso visto pazienti con ferite “causate dalle torture subite durante gli interrogatori”. Da agosto scorso il gruppo ha curato a Misurata 115 persone con ferite legate a torture. Le autorità della città, ha riferito l’organizzazione, hanno ignorato le ripetute richieste di porre fine alla pratica di tortura e almeno una volta hanno negato cure urgenti a un detenuto. Combattenti di Misurata avevano svolto un ruolo fondamentale nella guerra civile che ha portato al crollo del regime di Muammar Gheddafi. Ai tempi del colonnello la tortura era un metodo ampiamente usato nelle carceri. Cuba: quattro detenuti italiani sono stati liberati grazie all’indulto concesso per visita Papa Ansa, 26 gennaio 2012 Quattro italiani sono stati liberati a Cuba grazie all’indulto concesso a 2.900 prigionieri, in vista della visita del Papa, e saranno rimpatriati, secondo quanto ha spiegato all’Ansa una fonte dell’ambasciata italiana. Due erano stati condannati per traffico di droga, uno per una truffa ed il quarto per un incidente stradale mortale. Secondo quanto rivelato dalla fonte, dopo questa liberazione, nelle carceri cubane restano tre italiani tutti coinvolti nello stesso delitto, nella città di Bayamo, a 900 chilometri ad est dell’Avana, in attesa dei risultati di un ricorso in appello. Alla fine di dicembre il governo di Raul Castro aveva annunciato la liberazione di quasi tremila persone, di cui 86 stranieri. Il presidente aveva posto in relazione la decisione con la visita di papa Benedetto XVI a marzo.