Giustizia: lo svuota-carceri dimentica la ex Cirielli di Alessandro Calvi Il Riformista, 19 gennaio 2012 Oggi al Senato il voto sul pacchetto del Guardasigilli. Ma la prescrizione rimane un tabù. Non ci sono state sorprese. Anche il Senato, come già aveva fatto il giorno prima la Camera, ieri ha approvato la relazione del Guardasigilli Paola Severino sullo stato della giustizia con il voto di Pdl, Pd e Terzo polo. E, certo, questo doppio voto sulla giustizia è un segnale, e i segnali in politica contano; poi, però, c’è da considerare anche la sostanza. I segnali che i partiti si lanciano in queste ore, infatti, guardano altrove, non al tavolo sulla giustizia. Per quello, meglio guardare al destino del pacchetto svuota-carceri. E allora il discorso cambia. È evidente a tutti che, segnali a parte, per affrontare l’emergenza carceri una delle prime cose da fare sarebbe rimettere le mani sulla ex Cirielli, una delle tante leggi ad personam dell’era Berlusconi. Questa, in particolare, era pensata per accorciare i termini della prescrizione. E, però, quella stessa legge, e in particolare l’intervento sulla recidiva, ha avuto come effetto collaterale quello di congestionare le carceri, rendendo molto difficile l’applicazione di misure alternative. Se poi si aggiungono gli effetti di un’altra legge molto cara al centrodestra, la Fini-Giovanardi, che invece ha aumentato gli ingressi in carcere, ecco che si chiariscono i termini del problema. Bene ha fatto, dunque, il presidente dell’Anm Luca Palamara a chiedere un intervento sulla ex Cirielli dalle pagine del Sole 24 Ore, seppure con una diversa premessa ma rimanendo comunque tra i pochi a porre apertamente il problema. È però evidente che, per i partiti, questa strada sia ora del tutto impercorribile. La dimostrazione la si potrebbe avere quando il governo presenterà il prossimo pacchetto di riforme sulla giustizia, questa volta nella forma del disegno di legge. Qui dovrebbero trovare spazio alcuni temi oggetto di emendamenti presentati al decreto svuota-carceri - i processi contro gli irreperibili, la messa alla prova o la Bossi-Giovanardi, ad esempio - che dovrebbero essere ritirati oggi. Difficile che invece trovi spazio qualcosa circa la ex Cirielli. Ma la dimostrazione più lampante si è già avuta in queste ore ed è nel clima che ha accompagnato il doppio voto parlamentare sulla relazione del Guardasigilli, nel contenuto di quella relazione e, infine, nell’assenza di rilievi di qualsiasi tenore da parte delle forze politiche, limitate a un minimale: “11 Senato, udite le comunicazioni del ministro della Giustizia, le approva”. Lo stesso era accaduto alla Camera. Poi, ciascuno - Pd, Pdl, terzo Polo - se l’era cantata a modo suo. “Clamoroso”, aveva detto Pier Ferdinando Casini. Non tanto clamoroso, però, se si considera che nel testo della Severino - a causa di taciti e meno taciti veti incrociati dei partiti - mancava tutto quanto avrebbe potuto scaldare i toni. Altrimenti, quel testo non sarebbe passato e, anzi, avrebbe messo in seria difficoltà lo stesso Mario Monti. Per tutto ciò, era chiaro che sorprese non potevano esserci, come invece ci sono state sul decreto svuota-carceri. In questo caso, i partiti si sono tenute libere le mani, tanto da farlo arrivare in aula in una versione molto diversa rispetto a quella approdata in commissione. Il guardasigilli ha fatto buon viso a cattivo gioco, pur messa di fronte al cambiamento di uno dei cardini del suo testo, ossia l’utilizzo delle camere di sicurezza. Meglio i domiciliari, hanno deciso i senatori. E tant’è, seppure il cambio in corsa con emendamento Pd-Pdl ha rischiato di allargare le maglie della applicazione dei domiciliari anche a reati gravi. Su questo si è ulteriormente lavorato, in vista della approvazione prevista per oggi in aula, trovando una soluzione adeguata. Peraltro, nella nuova formulazione del testo verrà richiesto un certo sacrificio anche ai magistrati, oltre che alle forze dell’ordine. Tutto ciò, però, rischia di non bastare. Dice, infatti, Pierluigi Bersani: “Se questo governo riuscirà a cambiare l’agenda degli interventi sulla giustizia, e cioè a occuparsi prima dei problemi strutturali, porterò il mio partito a qualsiasi convergenza”. Bene, ma il resto, a partire dalla ex Cirielli, rappresenta un macigno che, se non rimosso, restringe di molto la via scelta per affrontare le emergenze giustizia e carceri. E, seppure un’agenda “strutturale” mette al sicuro la vita del governo, di fatto ne depotenzia l’azione. Giustizia: rinviato l’esame del decreto carceri, in Senato si cerca una soluzione condivisa Agi, 19 gennaio 2012 Lunga riunione oggi in Senato, dopo lo slittamento alla prossima settimana del dl sul sovraffollamento carcerario, fra il ministro della Giustizia, Paola Severino, e i due relatori - Berselli (Pdl) e Maritati (Pd) - del provvedimento. Un incontro a cui ha preso parte, fra l’altro, anche l’ex Guardasigilli Nitto Palma, le cui parole, stamattina in Aula, sono suonate all’orecchio della capogruppo dei senatori Pd, Anna Finocchiaro, “un’orazione funebre” al provvedimento. “Si sta lavorando ad una soluzione concordata per approvare un provvedimento mantenendo la compattezza del Pdl e del Pd”, spiega ai giornalisti il presidente della commissione Giustizia, Filippo Berselli, lasciando la sala del governo. Sul tappeto tre proposte: quella del governo che introduce le camere di sicurezza come possibile “spazio” per gli arrestati in attesa di convalida; quella dei relatori che modulano le 48 ore di attesa del primo provvedimento del magistrato fra domiciliari, celle di sicurezza, ed istituti penitenziari; quella del pidiellino ed ex ministro della Giustizia, Nitto Palma, che modula lo stesso passaggio fra domiciliari e casa circondariale in base alla disciplina degli arresti. Riunione emergenza su nodi tecnici e politici, rinvio a martedì Battuta d’arresto, nell’aula del Senato, per la maggioranza che sostiene il governo Monti e a farne le spese, per primo, è il decreto legge sulle carceri del Guardasigilli Paola Severino. Infatti, con scrutinio segreto chiesto dalla Lega, sono spuntati 27 franchi tiratori, tra i quali ci sarebbero soprattutto i ‘falchì del Pdl desiderosi di tornare alla precedente alleanza con il Carroccio. Il governo è corso ai ripari rinviando l’iter del dl al prossimo martedì e Severino, vista la difficoltà della navigazione, ha subito convocato una riunione d’emergenza con i relatori del decreto, Alberto Maritati e Filippo Berselli, per cercare una via d’uscita al groviglio di nodi politici e tecnici venuti a galla. La cartina di tornasole della fronda malpancista è stato il voto sull’emendamento presentato dai leghisti Sandro Mazzatorta e Sergio Divina che chiedevano la soppressione dell’articolo 1 del dl, quello sull’uso delle camere di sicurezza. È questa, in vero, la norma più contestata del provvedimento che mira a deflazionare il sovraffollamento dei penitenziari disponendo la detenzione nelle questure e nelle caserme di chi è colto in flagrante a commettere reati non gravi e deve attendere la conferma del fermo. Contro questa disposizione, sulla quale non sono mancate le obiezioni delle stesse forze di polizia per l’inadeguatezza delle celle e la mancanza di uomini da destinare alla vigilanza, ha manifestato forti critiche l’ex ministro della giustizia Nitto Palma tirando acqua al mulino della Lega. La capogruppo del Pd Anna Finocchiaro lo ha subito accusato di essere ‘un Marco Antonio che porta sulle braccia il cadavere del decretò. Secondo Finocchiaro dietro l’intervento di Palma si nasconde “un dubbio, un disagio, un embrione di scelta politica per bloccare questo provvedimento”. Per questo, ha insistito, “bisogna votare l’emendamento soppressivo della Lega e respingerlo: se la maggioranza lo farà, vorrà dire che la mia preoccupazione politica è domabile. Altrimenti le mie previsioni sono, ahimè, realistiche!”. La votazione è finita a 198 sì, 52 no, e tre astenuti. I voti della Lega al Senato sono 25: dunque 27 franchi tiratori si sono aggiunti all’emendamento Mazzatorta-Divina determinando l’impasse del decreto. I lavori riprenderanno martedì pomeriggio. L’ex Guardasigilli leghista Roberto Castelli ha avuto buon gioco a commentare il rinvio sottolineando che “la maggioranza del governo Monti non riesce ad andare avanti perché ci sono due pezzi della stessa maggioranza molto diversi, e ci sono grossi malumori nel Pdl per il sostegno a questo esecutivo sempre più connotato come di centrosinistra”. Palma: non voterò mai sì a domiciliari per scippatori Uno scontro tutto di merito, superabile con una soluzione tecnica: così l’ex ministro della Giustizia Nitto Palma (Pdl) descrive la sua presa di posizione sul decreto Severino che affronta il tema del sovraffollamento delle carceri. Dopo aver partecipato a palazzo Madama a un vertice con il ministro e i relatori (Pdl e Pd) del provvedimento arenatosi stamane nell’aula del Senato, Palma, la cui posizione è sostenuta anche dall’ex sottosegretario Giacomo Caliendo, anche lui senatore Pdl, ha spiegato ai cronisti che lui “condivide il principio” contenuto nel decreto ma ha aggiunto: “Nella norma chiamata in causa dall’emendamento dei relatori che prevede la custodia degli arrestati in prima istanza ai domiciliari sono ricompresi reati per i quali c’è l’arresto obbligatorio in flagranza, come il furto in appartamento, il furto con strappo e il 73 (del Testo unico sulle droghe, ndr) che sono reati di grande allarme sociale, per i quali non voteremo mai, o almeno, io non voterò mai l’arresto domiciliare, a meno che non resti al pubblico ministero il potere di deciderli”. Secondo Palma, tuttavia, nella riunione col ministro “abbiamo fatto un approfondimento, mi sembra che si possa raggiungere un accordo”. Di tutt’altro avviso Alberto Maritati (Pd), relatore del provvedimento insieme a Filippo Berselli del Pdl: “È un problema politico interno al Pdl, va risolto”. Giustizia: svuota-carceri o indulto mascherato, la maggioranza c’è di Fabrizio D’Esposito Il Fatto Quotidiano, 19 gennaio 2012 Martedì alla Camera, ieri al Senato. In Parlamento, la nuova maggioranza tripartisan, o Grande Coalizione, che sostiene il governo si materializza non sull’economia ma sulla giustizia. Fino a due mesi fa sarebbe stato impensabile vedere Donatella Ferranti, capogruppo Pd in commissione Giustizia, sottoscrivere un documento unitario insieme con il suo omologo del Pdl: l’avvocato Enrico Costa, autore o relatore di varie leggi ad personam del berlusconismo. Invece è accaduto. Sostiene Federico Palomba dell’Italia dei Valori: “La giustizia era fuori dall’accordo sul risanamento economico. Adesso non più e il Pdl ha messo un’ipoteca forte su questo tema e Terzo Polo e Pd si sono accodati. Perché? È davvero inquietante pensare a un patto tra Pd e il partito delle leggi ad personam. Cosa nasconde?”. Già cosa nasconde? Anche perché, l’altro giorno, la relazione del guardasigilli Paola Severino (vicinissima al suocero costruttore-editore di Casini, Caltagirone) era solo un’enunciazione di principi sullo stato della giustizia in Italia. Una relazione molto “democristiana per avere la botte piena e la moglie ubriaca”. come dice Antonio Di Pietro, che ieri ha scritto una lettera alla Severino. Motivo: l’apprezzamento dello stesso guardasigilli per la risoluzione dell’Idv, che in dieci pagine propone, per esempio, la reintroduzione del reato di falso in bilancio per combattere la corruzione. A quel punto, però, è scattato il veto del Pdl del Cavaliere: no categorico al documento dell’opposizione dipietrista. Così la Severino ha contattato gli esponenti dell’Idv per comunicare il parere negativo del governo alla risoluzione: “Mi dispiace, sono d’accordo con voi ma se dico sì si rompe la maggioranza”. Insomma, la maggioranza è sempre più politica e si comincia con la giustizia, il nodo cruciale del ventennio breve di Silvio Berlusconi. Per arrivare fino a dove? Nota ancora Palomba: “Io e Di Pietro riproporremo il falso in bilancio. Il Pd continuerà ad accodarsi al Pdl?”. Non solo. Le larghe intese che Pier Ferdinando Casini chiama ironicamente “Andrea” quando i suoi colleghi di maggioranza si imbarazzano per la definizione di “maggioranza politica” avranno a breve un primo e impegnativo banco di prova da superare insieme, nel bene e nel male: il decreto della Severino (adesso al Senato) contro il sovraffollamento delle carceri e che di fatto condona gli ultimi diciotto mesi di vena. Un indulto mascherato, come lo chiamano molti, anche se il ministro smentisce categoricamente. Negli ambienti della maggioranza non più tecnica, l’approvazione delle mozioni di martedì e ieri in Parlamento sono la prova generale per il condono mascherato. Il timore che serpeggia, quindi, è l’apertura di una via, o autostrada, indulgenziale ad altri provvedimenti. Soprattutto per la casta inquisita che vanta numerosi esponenti tripartisan. Basta sentire le parole di Di Pietro contro la “doppia faccia” della Severino: “Constato con estrema amarezza la doppia faccia del ministro della Giustizia, che da un lato fa un discorso condivisibile sul sistema, ma poi dimostra che quei provvedimenti necessari per cambiare le cose non vuole farli. Metà del Parlamento vuole che le leggi sulla giustizia non si facciano altrimenti finirebbe a San Vittore. Ma il ministro Severino, con il suo atteggiamento, finisce per esserne complice”. Oppure registrare l’esultanza di Stefania Craxi, uscita dal Pdl e oggi vicina al Terzo Polo su posizioni “ riformiste” : “Finalmente la giustizia italiana imbocca la strada giusta”. La Craxi torna alla carica pure per chiedere la separazione delle carriere dei magistrati, altro pallino del berlusconismo sempre condiviso dai dalemiani del Pd. Il paradosso è che il partito di Bersani si difende dall’accusa di inciucio ribaltando i sospetti. Nel senso che l’approvazione unitaria delle mozioni viene interpretata come la fine della stagione delle leggi ad personam: processo breve e lungo, intercettazioni, per non dimenticare la riforma “epocale” di Alfano. Ammette un centrista a taccuino chiuso: “Diciamo la verità, è iniziata una stagione di normalizzazione. Era ora”. Scrive sul blog Massimo Donadi, capogruppo dell’Idv alla Camera: “Abbiamo chiesto al governo di schierarsi con decisione e avviare una lotta senza quartiere contro la corruzione e l’evasione. Abbiamo chiesto l’immediato ripristino del delitto di falso in bilancio. A pensar male si fa peccato ma molto spesso si indovina. Forse può essere quest’ultima una delle principali ragioni del veto Pdl, ma se così fosse, dalla votazione di martedì, si potrebbero trarre solo funesti presagi”. Previsione finale: se la legislatura finirà nel 2013, il patto tripartisan sulla giustizia non conterrà nulla che dispiaccia a Berlusconi, che è ancora il vero padrone del Pdl. Conclude Palomba: “Lunedì Alfano, Bersani e Casini sono stati a pranzo con Monti. Martedì hanno votato insieme sulla giustizia. Vorrà dire qualcosa, o no?”. Giustizia: l’amnistia necessaria… una risposta ad Alessandro De Nicola di Marco del Ciello Notizie Radicali, 19 gennaio 2012 Alessandro De Nicola, in un articolo dal titolo “Dura Lex sed Lex” apparso sul settimanale L’Espresso del 4 gennaio 2012, manifesta la sua contrarietà a qualsiasi provvedimento di clemenza nei confronti dei detenuti. De Nicola ammette l’esistenza di un’emergenza carceri, ma pensa che l’amnistia non sia la soluzione migliore e che, anzi, possa mettere in pericolo la sicurezza dei cittadini. Scrive infatti che “vi è un legame diretto tra rilascio di detenuti e successivo aumento della criminalità”, ma a seguito dell’indulto approvato dal Parlamento nel 2006 non c’è stato nessun aumento dei crimini. Almeno secondo i dati del ministero dell’Interno. Ed è pur vero che “una delle funzioni essenziali della pena è la rieducazione e difficilmente si rieduca qualcuno dandogli la sensazione di impunità. Un’altra è la prevenzione generale del crimine”, ma dobbiamo chiederci se oggi in Italia la pena carceraria svolga effettivamente queste due funzioni, secondo quanto previsto dalla Costituzione e dalle leggi. Il 68% delle persone che hanno scontato per intero la loro pena commette un crimine entro cinque anni dal rilascio. Sette su dieci non vengono quindi rieducati. Ma il dato che deve davvero farci riflettere è che tra i detenuti che hanno beneficiato dell’indulto del 2006 solo il 33% ha commesso un nuovo reato nei cinque anni successivi. La riduzione di pena ha ridotto anche il tasso di recidiva e di più del 50%. I numeri ci dicono che più tempo un detenuto trascorre in carcere minori sono le sue possibilità di riabilitarsi. In pratica il carcere ha un effetto negativo sulla rieducazione del condannato e la prevenzione speciale è una chimera. Con la prevenzione generale il discorso non va molto meglio. De Nicola scrive correttamente: “il delinquente “razionale” fa un calcolo implicito e moltiplica il beneficio che riceve dal commettere un delitto per la pena che gli viene comminata e la probabilità di essere beccato e di scontarla”. Ma qual è questa probabilità di essere beccato? Oggi in Italia il 5%, perché questa è la percentuale di reati che vengono effettivamente perseguiti dalla magistratura. Se io rapino una banca ho diciannove possibilità su venti di farla franca, praticamente ho più probabilità di avere un infarto che di essere arrestato. Senza scomodare il Nobel Gary Becker, già il nostro Beccaria aveva capito che la deterrenza dipende dalla certezza della pena, certezza che oggi non esiste, con buona pace della prevenzione generale. La pena carceraria non ha né la funzione di prevenzione speciale, né la funzione di prevenzione generale, per cui gli effetti sulla sicurezza dei cittadini di un’eventuale amnistia sarebbero nulli o addirittura positivi, come dimostra l’esperienza dell’indulto del 2006. Nello stesso articolo, però, De Nicola propone anche due soluzioni alternative al problema del sovraffollamento carcerario, di cui pure riconosce la gravità e l’urgenza. La prima è il braccialetto elettronico, che è già in uso in Italia da circa un decennio ma si è rivelato del tutto inefficace a causa di inconvenienti tecnici. La seconda proposta, più articolata, prevede invece che “si crei allora una partnership coi privati per far riadattare le centinaia di caserme inutilizzate (luoghi chiusi e protetti, pensati per contenere un numero elevato di maschi adulti), trasformarle in prigioni per rei a bassa pericolosità sociale o a fine pena affidando agli imprenditori i servizi di gestione delle stesse, esclusa la sorveglianza” e ha se non altro il merito di un certo realismo. Chi propone sic e simpliciter la costruzione di nuove carceri di norma trascura i tempi di realizzazione (quattordici anni in media per un nuovo istituto) e i costi, mentre De Nicola si sforza di calibrare un progetto che tenga conto anche dei vincoli di bilancio. Io personalmente sono contrario ad affidare ai privati funzioni statali che implichino l’uso della violenza, ma il punto in questione è che questa soluzione non risolve comunque il problema del sovraffollamento. Scrive De Nicola che è “una soluzione adottata da molti Paesi evoluti e gli studi effettuati ne attestano, in generale, la validità economica” e, se guardiamo all’esperienza degli Stati Uniti in questo settore, vediamo che effettivamente i privati che possiedono o gestiscono istituti di pena, così come tutte le aziende dell’indotto, ottengono in generale buoni profitti. Ma vediamo anche che, contro ogni previsione, il sovraffollamento è peggiorato dopo la privatizzazione. Negli ultimi trent’anni, infatti, i detenuti sono triplicati: un aumento del 200% a fronte di una crescita dei reati solo del 7%. Oggi gli Stati Uniti hanno una popolazione carceraria di due milioni di individui, di gran lunga superiore in percentuale a qualunque altro paese del mondo (salvo forse la Cina, per cui non disponiamo di dati affidabili). Solo il 4,2% della popolazione mondiale risiede in questo paese, ma il 22,2% dei detenuti di tutto il mondo è ospitato nelle carceri americane. Al punto che nel maggio del 2011 la Corte Suprema ha riconosciuto che le condizioni di detenzione in California non erano compatibili con la Costituzione, proprio a causa del sovraffollamento, e ha ordinato a questo Stato di rilasciare 40.000 detenuti. Non mi sembra proprio un modello da seguire. Su un punto devo invece dare ragione a De Nicola, quando scrive: “non appena le celle si svuotano, in brevissimo tempo si riempiono di nuovo superando il numero precedente di ospiti”. L’amnistia è infatti un provvedimento emergenziale, che fornisce una soluzione temporanea al problema, ma finché in Italia saranno in vigore leggi criminogene come la Fini-Giovanardi e la Bossi-Fini e finché avremo un codice penale ipertrofico con oltre settecento reati, dovremo convivere con il sovraffollamento. Proprio per questo i radicali, e anche il ministro Severino, affiancano sempre alla proposta di amnistia un vasto programma di depenalizzazioni. Una riforma del codice penale di questa portata richiede però un ampio dibattito parlamentare e, io credo, anche il coinvolgimento dell’opinione pubblica. Richiede cioè tempo, mentre le gravi violazioni della legge e dei diritti umani che si verificano ogni giorno nelle nostre carceri impongono un intervento immediato. L’amnistia quindi, lungi dall’essere un regalo ai criminali, è il primo passo, inevitabile e necessario, per qualsiasi seria riforma della giustizia penale. Giustizia: disegno di legge di Lanfranco Tenaglia (Pd); niente più carcere per i reati minori di Francesco Grignetti La Stampa, 19 gennaio 2012 I deputati esperti di giustizia ne hanno discusso tra loro anche ieri in un comitato ristretto e la settimana prossima dovrebbero venire allo scoperto. La nuova maggioranza trasversale è pronta a una nuova legge per depenalizzare i reati quando siano di “particolare tenuità”. Caso classico, la mela rubata in un supermercato. Il processo nemmeno partirebbe. Tutto subito in archivio. Detto questo, il confine della “particolare tenuità” è abbastanza vago e rimesso alla discrezione dei magistrati. Finora era una semplice attenuante. In futuro, se questo ddl che porta la firma di Lanfranco Tenaglia, Pd, divenisse legge, sarebbe una corsia privilegiata per chiudere molti processi sul nascere. “Sarebbe - dice - una misura di buon senso. Tante volte non c’è bisogno di un lungo e costoso processo, addirittura con tre gradi di giudizio, a fronte di casi di impatto minimo sulla società”. Ma c’è un ma. La Lega Nord s’è già messa di traverso. Ai leghisti non piace questa norma buonista che porterebbe all’archiviazione senza processo per tanti piccoli reati. Sono pronti a cavalcare il caso. Se protestano già contro un provvedimento in fondo inoffensivo come l’allargamento della legge svuota-carceri (si va ai domiciliari quando mancano 18 mesi alla fine della pena), che pure avevano approvato quando erano al governo (e valeva solo per gli ultimi 12 mesi), e gridano all’amnistia mascherata, figurarsi di fronte a una legge che farà finire in archivio, senza condanne, chissà quanti procedimenti per reati minori. In verità l’archiviazione d’ufficio per i casi di “particolare tenuità” è già una regola nei processi minorili e nei procedimenti davanti al giudice di pace. Viene adottata in un buon 20 per cento di quei procedimenti. Dice ancora Tenaglia: “Non è possibile, però, fare nessuna stima per il processo penale ordinario. Di sicuro non varrebbe per reati di grande impatto quali l’omicidio, la rapina o anche i reati contro la pubblica amministrazione che di per sé non possono definirsi “tenui”. Può funzionare invece per il furto di una mela, per una diffamazione, per le piccole calunnie, per tanti piccoli reati contro il patrimonio. Non sarebbe mai applicabile nel 20 per cento dei casi”. Al ministero della Giustizia, una norma del genere non dispiace. La ministra Paola Severino l’annovera tra le possibili riforme dall’effetto deflattivo del processo penale. E per una volta sono d’accordo anche eterni duellanti come Enrico Costa, Pdl, e Donatella Ferranti, Pd. Costa però ci tiene a non concedere eccessiva discrezionalità ai magistrati e vorrebbe meglio definire quando un caso è “tenue” oppure no per non dare ad alcuno una licenza di furto. Ferranti, a sua volta, chiede che ci sia comunque un coinvolgimento delle parti lese e una forma di risarcimento del danno, quantomeno in forma di lavori socialmente utili. Entro una settimana, comunque, la commissione Giustizia della Camera dovrebbe licenziare una legge che andrà in Aula a marzo. La Lega, come detto, è all’opposizione. “Noi siamo contrari”, spiega Carolina Lussana, leghista. I leghisti erano già riusciti a condizionare la maggioranza di centrodestra un anno fa alla prima uscita di Tenaglia, quando al ministero della Giustizia c’era Angelino Alfano e il Pdl era più che bendisposto. I leghisti sentono odore di buonismo nei confronti di nomadi e clandestini vari. Né l’esempio della mela rubata al supermercato li commuove più di tanto. “C’è - dice ancora Lussana - un eccesso di discrezionalità nel meccanismo dell’archiviazione. Noi riteniamo che questo tipo di depenalizzazione non possa essere concessa tout court. Se proprio si deve procedere a qualche forma di depenalizzazione, discutiamo. Ma va trovata una altra forma di sanzione. Se c’è stato un reato, non è accettabile fare come se niente fosse stato”. Giustizia: Bernardini (Ri); da governo solo palliativi, l’amnistia già c’è con le prescrizioni Adnkronos, 19 gennaio 2012 “Noi riteniamo che i provvedimenti illustrati dal ministro Severino siano del tutto insufficienti, sono dei palliativi”. Lo dice la radicale Rita Bernardini a “Una domanda a...”, sul sito Ign/Adnkronos. “Credo - aggiunge - che per parlare del problema carceri dovremmo parlare del problema della giustizia. Se pensiamo allo stato di diritto e alla democrazia, il nostro paese è profondamente ferito. In Italia ci sono oltre 5 milioni di procedimenti civili e altrettanti penali. Questo vuol dire che ci sono milioni di persone che ruotano intorno alla giustizia, considerati i tempi, che non risolvono i propri problemi. Quando si affrontano questi problemi con l’aspirina, non ci siamo. Questo paese è economicamente in ginocchio anche per questo”. “Ci sono 68mila detenuti in 45mila posti. Le misure che vengono proposte per affrontare il problema delle carceri, come quella di poter scontare ai domiciliari gli ultimi 18 mesi di detenzione, in realtà, come ha detto lo stesso ministro, faranno uscire 3.300 persone in un anno -denuncia Bernardini. Il segretario dell’Osapp, Leo Beneduci, ci diceva che nelle 206 carceri italiane usciranno 70 detenuti al giorno. Quindi è chiaro che sono misure che non servono. Palliativi, appunto”. “Noi proponiamo amnistia e indulto per una riforma strutturale della giustizia - conclude. Parliamoci chiaro: l’amnistia già la fanno ma senza assumersi alcuna responsabilità politica. La fanno con le prescrizioni che a ritmo di 180mila l’anno annullano i processi”. Giustizia: Idv Parlamento Europeo; Governo italiano assicuri dignità umana dei carcerati Ansa, 19 gennaio 2012 “Chiediamo al Governo Italiano che vengano assicurate condizioni di detenzione che rispettino la dignità umana, che colpiscano le violazioni alla stessa e che permettano come fine ultimo la riabilitazione dei detenuti”: è l’appello della delegazione dell’IdV al Parlamento europeo e del dipartimento Giovani IdV, che hanno espresso oggi ‘preoccupazione per le condizioni attuali del sistema carcerario italianò. “Da anni le prigioni italiane versano in una situazione di assoluta inadeguatezza e spesso i carcerati sono costretti a vivere la loro giornata al di sotto della soglia di dignità umana”, hanno spiegato in un comunicato. “Come accertato dalla Commissione europea, oltre all’aumento della popolazione carceraria, fenomeni quali la presenza di detenuti con disturbi mentali e fisici, casi di decesso e di suicidio, nonché la presenza di un elevatissimo numero di detenuti in attesa di giudizio, sono diventati una realtà sia in Italia che in Europa”, prosegue la nota. “Deprechiamo - hanno sottolineato gli eurodeputati e i Giovani IdV - il disagio e la sofferenza delle carceri causate da queste condizioni e denunciamo con forza l’assenza di strumenti di redenzione e di rieducazione ricordando che le attività di lavoro e formazione all’interno del carcere, premessa fondamentale per il reinserimento nella società, sono state negli anni gradualmente ridotte”. Giustizia: Li Gotti (Idv): passato nostro Odg per assunzioni agenti di Polizia penitenziaria Dire, 19 gennaio 2012 “È una vittoria dell’Italia dei Valori l’Odg passato in Aula sul decreto carceri che impegna il Governo ad assumere nuovo personale di Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri, Finanza e agenti di Polizia penitenziaria”. Lo dice il senatore Luigi Li Gotti, capogruppo dell’Italia dei Valori in commissione giustizia, che aggiunge: “Assunzioni sacrosante che avrebbero dovuto essere finanziate grazie ai risparmi di spesa per l’adozione di misure alternative alla detenzione”. “Trattandosi di un impegno gravante sul bilancio - prosegue, il ministro della Giustizia Paola Severino aveva dato inizialmente parere contrario. Ho tenacemente difeso la necessità di intervenire per rimediare alla grave situazione di sotto organico in cui versano le forze di pubblica sicurezza. Ci auguriamo che l’accoglimento dell’Odg si traduca in un impegno concreto e non solo formale al fine di assumere nuovo personale, in particolare proprio a favore del sistema carcerario la cui pianta organica è deficitaria di circa 7000 unità: una condizione allarmante e inaccettabile”. Giustizia: Odg Lega; accordi rimpatrio detenuti stranieri e piano carceri in federalismo Italpress, 19 gennaio 2012 “Proseguire ed ulteriormente sviluppare la politica di sottoscrizione di accordi bilaterali con i Paesi di provenienza dei flussi migratori, al fine di consentire che i detenuti stranieri condannati per un reato commesso nel nostro territorio possano scontare la pena nel loro Paese di origine, e contemporaneamente a promuoverne il monitoraggio, per garantire effettività agli impegni assunti in tema di esecuzione della pena in condizioni di reciprocità”. È quanto si legge nell’ordine del giorno al decreto svuota-carceri presentato dalla Lega Nord a firma Sergio Divina, Sandro Mazzatorta e Roberto Mura al fine di “migliorare durante il periodo di detenzione le modalità di identificazione dei detenuti extracomunitari e di acquisizione dei documenti abilitativi al rimpatrio onde rendere possibile l’immediata espulsione senza necessità di trattenimento nei Cie”. Nell’Odg si propone anche di “promuovere la cooperazione tra il ministero della Giustizia, del Lavoro e Politiche sociali e della Salute, al fine di migliorare le condizioni di permanenza in carcere dei detenuti, sia favorendo lo svolgimento all’interno o all’esterno degli istituti penitenziari di attività lavorative sinergiche con il mercato del lavoro ed utili alla collettività, sia completando il processo di trasferimento delle funzioni di medicina penitenziaria al Servizio sanitario nazionale”. Nell’Odg si chiede anche di considerare prioritaria la realizzazione del piano carceri tra ministero Giustizia, Regioni ed Enti locali “in sinergia con il processo di federalismo demaniale, in modo che sia promosso il coinvolgimento degli enti locali territorialmente competenti nella gestione dell’edilizia penitenziaria”. Bricolo (Ln): maggioranza divisa e sempre più debole “La maggioranza è sempre più debole: nonostante la sua forza numerica non è riuscita ad approvare nella giornata di oggi, al contrario di quanto aveva annunciato, il decreto svuota-carceri. Il nostro emendamento ha avuto il merito di far emergere tutte le divisioni dei partiti che sostengono il Governo Monti su questo decreto. Siamo soddisfatti per questo risultato: è ora che si esca dall’ipocrisia. Nel merito, per quanto ci riguarda, continueremo la nostra battaglia contro un provvedimento che non condividiamo e che deve essere almeno modificato”. Lo dichiara Federico Bricolo, capogruppo della Lega Nord al Senato. “Invece di aprire le porte ai delinquenti con questo pseudo indulto, il Governo farebbe meglio a percorrere altre strade. Attuando, tanto per cominciare, il nostro piano per l’edilizia carceraria e realizzando gli accordi bilaterali per far scontare nei paesi d’origine le condanne dei detenuti stranieri che sono il 36% della popolazione carceraria. Noi abbiamo presentato un pacchetto di emendamenti - conclude Bricolo - che sottoporremo la prossima settimana in Aula. Su molti di essi abbiamo chiesto, ottenendolo, il voto segreto. Vedremo come si comporteranno le altre forze politiche alle prove dei fatti”. Giustizia: Rapporto Istat; Italia sotto media Ue per omicidi, carceri tornano sovraffollate Asca, 19 gennaio 2012 Con circa un omicidio volontario ogni centomila abitanti, l’Italia si colloca nel 2009 al di sotto della media dell’Unione europea (1,2 omicidi). Il trend è decrescente dal 1991. È quanto emerge dal rapporto “Noi Italia” diffuso oggi dall’Istat. Nel 2009 le rapine denunciate alle autorità sono quasi 36 mila, pari a 59,5 ogni centomila abitanti, in forte calo rispetto all’anno precedente. Nel confronto europeo, l’Italia si posiziona per la prima volta nel 2009 al di sotto della media dei 27 paesi dell’Unione. Nel dettaglio regionale, il livello più alto di rapine si registra in Campania (176,6 per centomila abitanti nel 2009), quello più basso in Basilicata (7,8 rapine per centomila abitanti). Nel 2009, i furti denunciati sono stati poco più di un milione e 300 mila, 2.189,8 per centomila abitanti, in calo (come nel 2008) dopo una crescita ininterrotta tra il 2003 e il 2007. Per il complesso dei furti il Mezzogiorno è caratterizzato da valori costantemente più bassi rispetto alla media nazionale. Nel 2009 i condannati per delitto sono 257.282, cioè 426,4 persone ogni centomila abitanti, in leggera diminuzione rispetto all’anno precedente (-1,5%). I reati per cui si è registrato il maggior numero di condannati sono il furto (48,9 condannati per centomila abitanti - in netta diminuzione rispetto al 2008), la violazione delle leggi in materia di stupefacenti e sostanze psicotrope (47,6), il riciclaggio e ricettazione (33,1) e la violazione delle norme in materia di immigrazione (30,4). Alla fine del 2010 si contano quasi 68 mila detenuti, circa 112 persone ogni centomila abitanti, in crescita rispetto all’anno precedente. Nel 2011 più di una famiglia su quattro (26,6%) segnala la presenza di rischio di criminalità nella zona in cui vive, ma la percezione di questo rischio risulta in calo. Dopo soli 5 anni si ripropone emergenza sovraffollamento “Dopo soli cinque anni si ripropone l’emergenza sovraffollamento delle carceri”. Il problema, ampiamente all’attenzione del governo e delle forze politiche, viene sottolineato anche nel rapporto Noi Italia, a cura dell’Istat. “Il numero di detenuti presenti negli Istituti di prevenzione e di pena per adulti è risultato pari, alla fine del 2010, a 67.961 unità, circa 112 persone ogni 100 mila abitanti - si legge nel documento. Sebbene nell’anno 2006 sia stato approvato un provvedimento di clemenza di carattere generale (indulto, Legge 241/2006), che ha portato alla scarcerazione del 44,2 per cento dei detenuti (da 60.710 a 33.847 presenti), a poco più di cinque anni di distanza si è tornati ad una situazione di emergenza dovuta al sovraffollamento: per ogni 100 detenuti che gli istituti di prevenzione e pena dovrebbero ospitare, ve ne sono mediamente 151. Degli individui che compongono la popolazione carceraria una parte rilevante, se si considera la diversa presenza quantitativa in Italia, è costituita da persone di cittadinanza straniera (il 36,7 per cento) - rileva l’Istat. Ciò è anche dovuto alla minore possibilità per loro di accedere alle misure alternative”. Firenze: detenuto di 29 anni si impicca nel carcere di “Solliccianino” Dire, 19 gennaio 2012 Suicida giovane detenuto lucchese di 29 anni, impiccandosi con le tende della finestra. Doveva uscire a giugno 2014, in carcere per reati di rapina e spaccio di stupefacenti. Suicidio nel carcere Gozzini di Firenze, accanto a Sollicciano. Si è tolto la vita un giovane detenuto lucchese di 29 anni, impiccandosi con le tende della finestra. Il recluso sarebbe dovuto uscire a giugno 2014 e si trovava in carcere per reati di rapina e spaccio di stupefacenti. “La notizia dell’ennesimo detenuto suicida - commenta il Sappe (sindacato di polizia penitenziaria in una nota) - è sempre, oltre che una tragedia personale e familiare, una sconfitta per lo Stato. Quella delle morti in carcere, per suicidio o per cause naturali, si sta configurando come una vera e propria ecatombe. E se il drammatico numero non sale ulteriormente è grazie alle donne e agli uomini della polizia penitenziaria, che quotidianamente sventano numerosi tentativi di suicidi”. Al Gozzini sono ospitati circa 130 reclusi, in stato di sovraffollamento. Si tratta del secondo suicidio dall’inizio dell’anno a Firenze. Il Garante: ennesimo suicidio di un giovane detenuto Franco Corleone, Coordinatore dei Garanti territoriali e Garante dei diritti dei detenuti del Comune di Firenze, ha dichiarato: “Gabriele è morto a 28 anni. Non ha retto alla fatica di vivere e soprattutto al peso di una giustizia per lui insopportabile. Questa morte non può essere attribuita al sovraffollamento ma a ragioni più profonde e per questo chiede il massimo rispetto. Da questo punto di vista il dolore sincero dei suoi compagni, della direttrice e degli educatori, mi ha profondamente angosciato. A maggior ragione in questo caso si impone una riflessione sul senso della pena e sul carcere per persone fragili, che avrebbero bisogno di speranze di vita e non l’oppressione dei muri di una istituzione totale. Se si continuerà a pensare che il carcere possa essere il nuovo welfare, dovremo aspettarci altre tragedie. Mi preoccupa che il disegno di legge in discussione al Senato sulla detenzione domiciliare, trascuri completamente il destino dei tossicodipendenti e le conseguenze criminogene della legge sulla droga”. Firenze: Perduca (Radicali); carcere di Sollicciano va sfollato, situazione insostenibile Agenparl, 19 gennaio 2012 Di seguito la dichiarazione del Senatore Radicale Marco Perduca, membro della Commissione Giustizia del Senato. “Dopo il suicidio di un 31enne fiorentino della settimana scora, oggi un detenuto di 29 anni di Lucca si è tolto la vita nel carcere fiorentino di Solliccianino impiccandosi con le tendine delle finestre. La notizia, come al solito, non trapela da parte del Dipartimento per l’Amministrazione Penitenziaria (Dap), ma grazie al Sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe). L’uomo era condannato per rapina e spaccio di stupefacenti e avrebbe terminato di scontare la pena a giugno 2014. Il 2012 è iniziato con un’impennata di suicidi e morti nelle carceri a ulteriore testimonianza, se mai ce ne fosse stato bisogno, delle condizioni inumane, crudeli e degradanti in cui sono ristretti i detenuti a Firenze come nel resto d’Italia. Occorre che il Dap prenda in considerazione uno sfollamento straordinario di Sollicciano perché non potrebbero essere gli ultimi atti di disperazione che avvengono in quell’istituto. Allo stesso tempo auspico che i magistrati di sorveglianza vogliano assumersi la responsabilità di far applicare tutte le legge e non solo il decreto Severino oggi bloccato al Senato su richiesta del Governo, per ridurre i danni del patente stato di illegalità costituzionale in cui versa tutto il pianeta carcere. Concordo con quanto affermato dal segretario generale del Sappe, Donato Capece circa la necessità di “un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere” spero che queste tragiche notizie sveglino la coscienza di “molti parlamentari a oggi troppo tecnicamente e poco politicamente coinvolti nella faccenda”. Modena: il carcere di Sant’Anna scoppia, 200 detenuti in più pochi agenti e mezzi fuori uso Dire, 19 gennaio 2012 Nel carcere di Modena, oggi i detenuti sono quasi il doppio rispetto alla capienza prevista (411 contro 220), e due su tre sono stranieri, mentre circa la metà è in attesa di giudizio. Per quanto riguarda l’organico di Polizia penitenziaria, invece, all’appello mancano 51 agenti rispetto al numero previsto. La metà dei mezzi di servizio, inoltre, è fuori uso. Sono i dati forniti questa mattina dal Pd di Modena, in occasione della presentazione dell’incontro di stasera con la senatrice Anna Finocchiaro (20.45 a Palazzo Europa), dal titolo “Carceri, uscire dall’emergenza”. Si tratta di una situazione allarmante, che il segretario comunale del Pd, Giuseppe Boschini, non esita a definire “un inferno”, al punto che all’interno della struttura, “anche le guardie finiscono per scontare la pena: basti pensare al numero dei suicidi degli agenti”. Ma la casa circondariale Sant’Anna, come fa notare Boschini, non è l’unica struttura penitenziaria presente nella provincia. Ci sono anche la Casa di recupero di Castelfranco Emilia (mai compiutamente messa in funzione), e la Casa di lavoro di Saliceta San Giuliano, dove si sconta il cosiddetto “ergastolo bianco”, cioè la prosecuzione della detenzione anche dopo la fine della pena, per difficoltà di reinserimento nella società. Entrambe le strutture hanno una dotazione di organico insufficiente (rispettivamente -17% e -29%). Secondo il Pd di Modena, la prima cosa da fare è utilizzare il nuovo padiglione del carcere Sant’Anna, che è pronto ad accogliere 150 detenuti, per accogliere quelli già presenti e migliorare le loro condizioni di vita. L’altra condizione, però, è aumentare il numero degli agenti. “Quel padiglione potrà aprire solo a due condizioni: che arrivino altri agenti, e che i 150 posti siano occupati dai detenuti del Sant’Anna, in modo che non si trasformi in un altro inferno”, dice Boschini. “Non si può certo pensare di ospitare altri carcerati provenienti dall’esterno. Gli ultimi dati (aggiornati all’inizio di questa settimana) vedono la presenza di 411 detenuti rispetto ai 220 originariamente previsti - fanno sapere Boschini e Davide Baruffi, segretario provinciale - in gran parte si tratta di stranieri (68%)”. Per quanto riguarda i mezzi di trasporto, secondo i dati forniti dai sindacati di Polizia penitenziaria, l’ultima vettura acquistata risale al 2005, mentre la più vecchia è stata immatricolata nel 1994. Ma su 13 mezzi in dotazione, ben sette sono classificati come “fuori uso” o “guasti”. Bologna: nuove ispezioni all’Ipm del Pratello, al setaccio non solo il carcere La Repubblica, 19 gennaio 2012 L’ispettore del Ministero è tornato al Pratello, questa volta per vedere come funzionano il centro di prima accoglienza - dove i ragazzi sono sistemati prima di entrare nel carcere - e la comunità, che accoglie un’altra decina di ragazzi da seguire. Francesco Cascini è lo stesso ispettore che a dicembre era entrato a sorpresa nelle celle e aveva raccolto testimonianze dei detenuti sulle violenze commesse dai ragazzi più grandi sui più deboli e sugli abusi commessi da agenti di polizia penitenziaria, compreso l’uso illegale delle celle di isolamento, l’impiego delle manette, le botte. Il Ministero della Giustizia e il Dipartimento della giustizia minorile accelerano la svolta al Pratello dopo la rimozione del direttore del Centro Giuseppe Centomani, il direttore del carcere Lorenzo Roccaro e il capo della polizia penitenziaria Aurelio Morgillo. Vogliono vedere chiaro in ogni angolo della giustizia dei minori di Bologna, dopo i 25 fascicoli aperti dal procuratore Ugo Pastore e quelli di competenza del pm Antonello Gustapane. Le indagini sono servite a dare la svolta e ora, dopo le rimozioni, è arrivato nuovo personale amministrativo per aiutare i neodirettori Paolo Attardo e Francesco Pellegrinoa districarsi tra le carte, i contratti e i conti che erano gestiti da Centomani, sui quali sembrano esserci delle ombre. Un impiegato è stato anche condannato nel settembre scorso in primo grado dalla Corte dei conti a pagare 4.000 euro per un ammanco, ma lui si difende dicendo di essere stato messo nei guai da Centomani che gli aveva “ordinato” di fare i prelievi: in effetti, non avrebbe dovuto essere lui a trattare il denaro di cui non aveva documentato la spesa, compresi 435 euro di un minore detenuto. Ma c’è soprattutto un’altra inchiesta seguita dalla Procura ordinaria, che cerca di far luce su eventuali irregolarità nella gestione dei contratti e degli appalti del periodo di Centomani. Un’inchiesta ancora top secret, nata dalla denuncia di una impiegata del Pratello che ha visto da vicino alcune cose che non le sono sembrate regolari e che nel frattempo ha chiesto il trasferimento in altro ufficio giudiziario. Per dare una sterzata definitiva alla vecchia gestione, è arrivato a Bologna anche il direttore dei Beni e Servizi del Centro giustizia minorile di Roma, Emanuele Caldarera. Servono risorse. Il problema ancora irrisolto è la ristrutturazione dei locali che dura, tra sospensioni e ritardi, dal 1999, e non è ancora ultimata. Una ristrutturazione che secondo le stime è costata finora oltre 10 milioni di euro. Ci sono poi da fare interventi per mettere in sicurezza il carcere, come evidenziato in una parte dell’ispezione di dicembre, che ha indotto il ministro Severino a mandar via tre dirigenti. Sarà installato un sistema di videosorveglianza, sarà aperto il secondo piano già pronto ma mai utilizzato, in modo da poter sistemare in spazi più ampi i ragazzi, saranno ultimati i lavori nelle cucine per sfornare pasti più adeguati. E fra le tante cose a favore della sicurezza, saranno cambiate le finestre in modo che non possano essere staccate. Secondo le denunce, è successo pure che gli agenti le staccassero per fare stare al freddo i detenuti in punizione. Bologna. Sappe; il Dap ora cambia in massa gli agenti del Pratello, è “deportazione” Dire, 19 gennaio 2012 Dopo il ricambio dei vertici da parte del ministro Paola Severino, lo scandalo che ha investito il carcere minorile del Pratello di Bologna potrebbe riservare anche un’altra mossa a sorpresa: il ricambio totale di tutti gli agenti penitenziari che fino ad oggi hanno prestato servizio in via del Pratello. A far pensare ad un’intenzione di questo tipo da parte dell’Amministrazione penitenziaria, è il fatto che a tutte le carceri per adulti, oggi, sarebbe stato diramato un “interpello” (ovvero una sorta di circolare) in cui si chiede di trovare tre ispettori, due sovrintendenti e 22 agenti disponibili a essere trasferiti nel carcere minorile di Bologna. Ne dà notizia, con un comunicato, il sindacato Sappe, a dir poco stupito da quello che considera “un fatto senza precedenti” e, di più, giudica “una deportazione di massa”. Il segretario aggiunto, Giovanni Battista Durante, afferma: “Non può trattarsi di un normale incremento di organico e, anche alla luce delle notizie informali circolate nei giorni scorsi, abbiamo ragionevoli motivi per temere che sia stata programmata una vera e propria deportazione di massa, tesa a trasferire 27 appartenenti al corpo di Polizia penitenziaria dall’istituto penale minorile di Bologna a non precisate destinazioni”. Per il Sappe l’iniziativa è senz’altro da ricollegarsi ai rilievi del ministero di Giustizia, che portarono al trasferimento del comandante della Polizia penitenziaria, del direttore dell’istituto e del direttore del centro giustizia minorile dell’Emilia-Romagna. “Se dovesse avvenire una cosa del genere - scrive ancora Durante - si tratterebbe di un fatto senza precedenti nella storia della giustizia minorile”. Il sindacato parla anche di “audacia”, per la decisione di trasferire tutti gli agenti in servizio al Pratello, se fosse proprio così. Se non altro perché fino ad oggi c’è stata una “assoluta disattenzione che per anni ha caratterizzato la gestione dell’amministrazione della Giustizia minorile, soprattutto a Bologna”. Lo stesso sindacato aveva segnalato “disfunzioni e lotte interne, che non facevano altro che nuocere all’intera istituzione”. Questa situazione ha fatto sì che, all’interno del Pratello, “il personale di Polizia penitenziaria sia sempre stato abbandonato a se stesso, probabilmente impedito nelle proprie prerogative e nell’esercizio delle proprie funzioni”. Secondo il Sappe, “il ministro della Giustizia dovrebbe prendere atto di tutto questo e chiedere conto della loro gestione ai vertici della giustizia minorile che, con ogni probabilità, hanno fatto il loro tempo” afferma Durante. “Come sindacato non possiamo che stigmatizzare questa paventata ipotesi di deportazione di massa, senza che, per altro, siano state rese note le motivazioni, sia agli interessati, sia alle organizzazioni sindacali”. Il Sappe non starà a guardare: “Nei prossimi giorni, se si renderà necessario, metteremo in atto ogni forma di protesta consentita dalla legge”, annuncia Durante nella nota. Avellino: Uil; rissa fra detenuti sedata dalla polizia penitenziaria Adnkronos, 19 gennaio 2012 “È solo grazie al tempestivo ed efficace intervento dei baschi blu in servizio ad Avellino che si è potuto evitare che un violento alterco intercorso tra un detenuto extracomunitario ed un detenuto italiano potesse trasformarsi in una rissa dalle proporzioni e dalle conseguenze inimmaginabili”: questo il commento di Eugenio Sarno, segretario della Uil-Penitenziari, alla notizia di uno scontro fisico avvenuto nel cortile passeggi tra due detenuti nel carcere di Bellizzi Irpino, in provincia di Avellino. “Quando dai passeggi è scattato l’allarme - riferisce Sarno - tutto il personale di polizia penitenziaria disponibile si è recato sul luogo per fronteggiare l’ennesima criticità. Questo litigio fa seguito a una vera e propria rissa scoppiata sempre ad Avellino, tra alcuni detenuti classificati ad alta sicurezza. La sequela di violenza può essere interpretata come una spia di un malessere vero che attraversa la struttura. Chi ha responsabilità regionali e nazionali nell’amministrazione penitenziaria - chiede il sindacalista - formuli la diagnosi e individui la terapia, prima che sia troppo tardi”. Pistoia: la denuncia dei Radicali; nel carcere celle sovraffollate e servizi inadeguati Il Tirreno, 19 gennaio 2012 Celle sovraffollate, niente mensa, mancanza di attività ricreative, sportive o formative per i detenuti, carenze nell’assistenza medica, guardie carcerarie sotto organico. Il rosario dei problemi del carcere di Santa Caterina in Brana è più o meno sempre lo stesso: a sgranarlo, ieri, la consigliera regionale Caterina Bini (Pd) e Nila Orsi, coordinatrice dei Radicali di Pistoia, che insieme a Walter Tripi (Giovani Democratici) si sono recate in visita alla Casa Circondariale pistoiese, dove hanno avuto un incontro con il direttore Vincenzo Tedeschi ed hanno poi potuto visitare la struttura. Attualmente il carcere pistoiese ospita 141 detenuti: troppi sia per la capienza ufficiale (74 persone) sia per quella dichiarata ieri dal direttore (circa 100). “Ero già stata in visita al carcere - sintetizza Nila Orsi - e devo dire che non ho trovato nulla di nuovo”. Il sovraffollamento fa sì che nelle celle per tre persone non ci sia posto per tutti i detenuti se questi stanno contemporaneamente in piedi. L’ambulatorio è piccolo e utilizzato per qualunque esigenza medica. Inoltre non c’è una mensa: i detenuti sono costretti a consumare i pasti nelle loro celle. “Al direttore - spiega Caterina Bini - ho detto che la Regione, tramite le Asl, stanza dei fondi per i servizi sanitari. Mi ha spiegato che l’opportunità era già stata colta e che i lavori di ampliamento dell’ambulatorio stanno per iniziare. Ho detto che torneremo a controllare”. “Gli enti locali e il carcere, se collaborano, possono fare qualcosa per migliorare le condizioni di vita dei detenuti - aggiunge Nila Orsi - ma è chiaro che le amministrazioni vanno pungolate in questo senso. Noi ci impegniamo a farlo in incontri che abbiamo in programma con la Provincia e con il Comune”. Bari: Ugl; rischio di chiusura per il carcere di Altamura? Comunicato stampa, 19 gennaio 2012 Esattamente una settimana fa (l’11 gennaio scorso), durante un incontro avvenuto tra la direzione del carcere di Altamura e le organizzazioni sindacali della Polizia Penitenziaria, è stato lanciato un grido di allarme circa la gravissima carenza di personale di Polizia ivi presente. Pensionamenti, pianta organica assolutamente inadatta rispetto ai detenuti presenti e al carico di lavoro di istituto, turni massacranti, cui si aggiunge il lavoro straordinario, sono le criticità che inducono l’Ugl-Polizia Penitenziaria ad attirare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla struttura altamurana, sobbarcatasi anche della ricezione dall’oggi al domani di buona parte dell’utenza proveniente dal dismesso carcere di Spinazzola, come se gli istituti di pena fossero vasi comunicanti. Presso la struttura lavorano appena 36 poliziotti, compreso il commissario-comandante, un organico inferiore a quello formalmente previsto, tarato per ricevere appena 40 detenuti a dispetto degli 80 tuttora ospitati, oltre ai circa 20 semiliberi ivi ristretti. Ciò determina la programmazione del servizio con turni sistematicamente ad otto ore, ponendo a rischio i livelli minimi di sicurezza. Come l’Ugl-Polizia Penitenziaria ha più volte detto, la condizione delle carceri pugliesi è indubbiamente da codice rosso, non solo per lo schiacciante sovraffollamento che affligge gli istituti della Regione, quanto soprattutto per gli effetti negativi che esso riverbera sul lavoro della Polizia Penitenziaria che sopporta un carico di lavoro sostanzialmente doppio. Di conseguenza appare ineludibile un intervento dell’Amministrazione Penitenziaria, volto a rideterminare gli organici di tutti gli istituti pugliesi, poiché la situazione di Altamura non è eccezionale, ma oramai caratterizza tutti gli istituti. Altamura, però, a dispetto delle altre carceri, risente maggiormente di questa penuria di risorse umane per le dimensioni dell’istituto, essendo assolutamente necessario rinforzarne l’organico con almeno 6/7 unità. Il silenzio, ad oggi, del Provveditorato sulla situazione del carcere di Altamura, non ci fa ben sperare, ed è per questo che invochiamo l’intervento del Garante dei detenuti, Piero Rossi, affinché effettui un’opera di moral suasion sull’Amministrazione Penitenziaria, al fine di rimediare ad una situazione che, con i dovuti distinguo, ricorda quella che ha caratterizzato il dismesso carcere di Spinazzola. Siamo coscienti del fatto che le risorse umane e strumentali a disposizione dell’Ufficio del Garante possano essere inadatte, ma confidiamo che almeno da parte sua ci sia un feedback positivo, visto che sovente l’Amministrazione Penitenziaria non sente o fa finta di non sentire… Rovigo: era evaso a maggio dal carcere di Padova, ergastolano si costituisce “via fax” Il Piccolo, 19 gennaio 2012 “Mi costituisco nel carcere di Rovigo”. Ha scritto queste parole Fulvio Penco, 56 anni, l’ergastolano triestino fuggito dal carcere di Padova. A ricevere il fax è stato il magistrato di sorveglianza di Venezia. Dopo poche ore l’uomo ha suonato il campanello della casa circondariale di Rovigo. Agli investigatori della squadra mobile di Padova e Rovigo, subito arrivati, ha detto che nel periodo di latitanza si era avvicinato alla preghiera e che intendeva iniziare una nuova vita. Altro non ha aggiunto. La fuga risale al 16 maggio scorso quando Penco non aveva più fatto rientro da un permesso premio di sei giorni per buona condotta ed era uscito dal carcere Due palazzi di Padova, dove stava scontando la condanna a vita inflittagli nel 1986 per l’omicidio di un’insegnante che volontariamente si dedicava al ricupero degli ex detenuti. Così quando gli agenti della penitenziaria hanno capito che non si trattava di un banale ritardo, hanno dato l’allarme. L’evaso è stato cercato dappertutto ma in particolare nel Veneto, in Toscana e a Trieste, la sua città. Ma nonostante le serrate ricerche, l’uomo è rimasto latitante fino ai primi giorni di gennaio, quando ha inviato alla Procura di Padova una lettera dal contenuto farneticante nei confronti di un alto magistrato della Sorveglianza di Venezia. Poi gli elementi raccolti dagli investigatori grazie alla provenienza della lettera, hanno permesso al pm di Padova Paolo Luca di incaricare la squadra mobile della sua cattura. In breve gli agenti hanno concentrato le ricerche nella zona della provincia di Rovigo e nel paese di Lendinara in particolare. In breve poliziotti delle squadre mobili di Padova e Rovigo hanno effettuato accertamenti in quella zona, specie nei luoghi di accoglienza, pressando Penco al punto che questi ha deciso preso contatto, inviando un fax direttamente al presidente dell’Ufficio di Sorveglianza di Venezia, informando appunto che in breve si sarebbe costituito al carcere di Rovigo. Fulvio Penco era in carcere per scontare una condanna a vita. Aveva ucciso Albertina Brogliati, un’insegnante bellunese che nel 1985 aveva sessant’anni e che si dedicava al volontariato sociale, aiutando a studiare detenuti ed ex detenuti. La donna era stata trovata esanime nella sua abitazione, uccisa con numerosissime pugnalate. I sospetti erano caduti addosso al suo allievo Fulvio Penco, allora trentenne. Che venne catturato dagli agenti della Polizia ferroviaria di Livorno un mese dopo il delitto. Aveva in tasca una pistola calibro 7.65 con il colpo in canna. Albertina Brogliati era una donna molto conosciuta nel Bellunese perché è stata una delle poche prigioniere del lager di Merano a riuscire a sfuggire ai nazisti. Era stata arrestata assieme alla madre e rinchiusa nel carcere di Belluno per rappresaglia dal momento che un’azione dei partigiani aveva liberato 70 persone tra cui il capitano di fanteria Francesco Pesce - Milo, condannato a morte e in attesa di essere fucilato. Dal carcere di Belluno, Albertina Brogliati fu trasferita a Bolzano, poi a Bressanone: infine fu rinchiusa nel lager di Merano da dove riuscì ad evadere. Fu maestra, volontaria nelle carceri, aiutò i detenuti a studiare e a riscattarsi. Poi sulla sua strada incontrò Fulvio Penco. Alghero: futuro da arbitri per venti detenuti La Nuova Sardegna, 19 gennaio 2012 Da detenuti a giudici. Giudici di gara, s’intende. Da quest’anno una ventina di “ospiti” del carcere di San Giovanni avranno la possibilità di diventare arbitri professionisti o allenatori grazie a un curioso e interessante progetto di risocializzazione attraverso lo sport, chiamato “Educhiamo fischiando”. L’iniziativa rientra tra gli interventi promossi dalla Fondazione Banco di Sardegna ed è realizzata dall’Endas in accordo con il servizio sociosanitario della Asl di Sassari. “Il corso durerà un anno - spiega il direttore del carcere Elisa Milanesi - ed è rivolto a detenuti appassionati di sport e desiderosi di trovare un nuovo e personale significato esistenziale”. Il progetto nasce dall’idea di utilizzare lo l’attività agonistica come strumento d’inserimento sociale e lavorativo. “Il lavoro - continua Milanesi - oltre a essere un mezzo di sostegno lecito rappresenta un forte punto di partenza per un detenuto o ex detenuto che intenda evitare di commettere nuovi reati”. Alla realizzazione del corso parteciperanno gli agenti della polizia penitenziaria, psicologi, educatori e istruttori sportivi. Venezia: teatro; replica spettacolo “Le Troiane” presso la Casa di reclusione femminile Ristretti Orizzonti, 19 gennaio 2012 Lo spettacolo teatrale “Le Troiane”, libero adattamento dall’omonima tragedia di Euripide e diretto da Michalis Traitsis di Balamòs Teatro che ha concluso il progetto teatrale “Passi Sospesi” presso la Casa di Reclusione Femminile di Giudecca per l’anno 2011 lo scorso Dicembre, sarà replicato sabato 21 gennaio 2012, alle ore 14.00, presso l’Istituto Penitenziario Femminile della Giudecca (ingresso riservato agli autorizzati). Il progetto teatrale “Passi Sospesi” è attivo negli Istituti Penitenziari di Venezia dal 2006 ed è diretto da Michalis Traitsis, sociologo, regista e pedagogo teatrale di Balamòs Teatro. Al laboratorio teatrale presso la Casa di Reclusione Femminile per l’anno 2011, hanno collaborato Fabio Mangolini (presidente della Fondazione Teatro Comunale di Ferrara attore e regista), Maria Teresa Dal Pero (attrice e cantante), Davide Iodice (attore e regista), Giuseppe Lipani (studioso di teatro), Massimo Burigana (coreografo), Marco Valentini (videomaker) e Andrea Casari (fotografo). “Le Troiane” è l’immagine di una città, Troia, devastata da una interminabile guerra. “Le Troiane” è l’immagine di un Coro di donne piangenti, private di tutto, sposi, figli, patria, libertà, speranza, mentre aspettano di essere sorteggiate come schiave e di essere quindi deportate. “Le Troiane” è l’immagine della violenza dei vincitori quando si riversa su quanti le guerre non le combattono direttamente ma le subiscono, soprattutto donne e bambini. “Le Troiane” è una tragedia in cui le donne raccontano il dolore dei vinti. Tutto è già accaduto, l’azione drammatica è tessuta di ricordi, di sogni, di violenza, di sguardi smarriti che sostanzia l’attesa delle donne prigioniere. In quel lembo di terra tra il mare e le macerie di Troia, tra i vincitori che partono e la città che brucia, le Troiane parlano, raccontano, urlano, bisbigliano, lasciano che la guerra e il dolore risuonino nella loro anima. Non c’è tempo per azioni, ma solo una sospensione del tempo che diventa interminabile attesa. “Le Troiane” può essere vista come la tragedia dello sradicamento. Non c’è sradicamento più devastante di quello che non solo costringe un popolo ad abbandonare la propria terra, ma perfino lo priva, attraverso la distruzione della stessa, della speranza di potervi un giorno tornare. Non c’è sradicamento più violento di quello che non solo divide gli uomini dalle donne, i figli dalle madri, i vivi dai morti, ma anche separa dal proprio suolo, e distrugge una comunità dalla scena del mondo. Euripide non propone soluzioni, non esprime giudizi espliciti, lancia solo spunti di riflessione, mostra una sensibilità singolare, apre nuove possibilità di interpretazione della realtà, talora contraddittoria. La sua poesia cosi attuale, insegna anche oggi a non restare indifferenti. Il progetto “Passi Sospesi” per l’anno 2011 è stato finanziato dal Ministero della Giustizia e lo spettacolo “Le Troiane” sarà replicato davanti ad un pubblico “interno” ed esterno (educatori, assistenti sociali, volontari, operatori sociali, docenti universitari, registi, critici teatrali, registi, studenti universitari e una classe del Liceo Foscarini di Venezia). Tutto il processo del laboratorio è stato documentato tramite la produzione di materiale fotografico (Andrea Casari) e la produzione di un video (Marco Valentini). Gli ultimi tre anni i video documentari del progetto teatrale “Passi Sospesi” sono stati presentati alla Mostra di Venezia, nell’ambito dell’iniziativa “L’esperienza del progetto teatrale Passi Sospesi negli Istituti Penitenziari di Venezia”. Balamòs Teatro opera anche nella Casa Circondariale di Santa Maria di Venezia, dove quest’anno ha concluso il laboratorio teatrale nel luglio 2011 con un progetto speciale; una rappresentazione teatrale dal titolo “Storie italiane”, realizzata dal gruppo degli allievi detenuti dell’Istituto Penitenziario insieme ad un gruppo di allievi del laboratorio teatrale del Centro Teatro Universitario di Ferrara. “Storie italiane” è stato presentato presso la sala polivalente dell’Istituto Penitenziario Veneziano, ed è stato un lavoro che ha offerto alcuni spunti di riflessione su alcuni episodi, visioni, sogni e immaginario dell’Italia dell’ultimo secolo. Un Italia vista da “dentro” e “fuori”, un’Italia del passato recente e del prossimo futuro, infine un Italia, o almeno una parte dell’Italia, che si interroga su se stessa. Il progetto teatrale “Passi Sospesi” continuerà il suo nuovo percorso nel 2012 con finanziamenti della Regione Veneto con l’obiettivo di ampliare, intensificare e diffondere la cultura teatrale all’interno degli Istituti Penitenziari di Venezia. info: www.balamosteatro.org - 328 8120452.