Giustizia: il ministro riceve una delegazione del Cartello “Sovraffollamento: che fare?” Ristretti Orizzonti, 12 gennaio 2012 Una delegazione, composta da Patrizio Gonnella, Ornella Favero, Franco Corleone, Stefano Anastasia, Franco Uda, in rappresentanza del Cartello “Sovraffollamento: che fare” (A buon diritto, Acli, Antigone, Arci, Beati i costruttori di pace, Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia, Cgil, Coordinamento dei garanti dei diritti delle persone private della libertà personale, Funzione pubblica Cgil, Forum per il diritto alla salute delle persone detenute, Forum droghe, Giuristi democratici, Jesuit Social Network, Ristretti Orizzonti, Unione Camere penali italiane, Magistratura democratica, Vic volontari in carcere Caritas) ha incontrato oggi, 12 gennaio, il ministro della Giustizia Paola Severino. Nel corso dell’incontro, lungo e cordiale, sono stati posti all’attenzione del ministro i temi relativi alle cause che producono il sovraffollamento e le proposte del Cartello in materia. È stata in particolare sottolineata la necessità di modificare la legge Fini Giovanardi sulle droghe, la ex Cirielli sulla recidiva e la Bossi Fini sull’immigrazione, che più hanno contribuito a riempire le carceri, nonché di ridurre l’uso della custodia cautelare e di potenziare le misure alternative. Quanto alle condizioni di vita negli istituti di pena, oggi poco rispettose della dignità delle persone detenute e del personale che vi lavora, il Cartello ha proposto tra l’altro di intervenire aumentando le ore dei colloqui e le telefonate, perché rafforzare i legami famigliari costituisce anche una delle poche forme di prevenzione dei suicidi. Il ministro, che nel corso dell’incontro era accompagnato da Simonetta Matone, magistrato e Vice Capo del Dap, ha apprezzato le proposte, segnalando la possibilità che alcune di queste entrino nel decreto legge sulle carceri in discussione al Senato, e ha condiviso la necessità di un confronto permanente con le associazioni e le altre realtà che si occupano da anni di questi temi e mettono a disposizione le loro competenze. Giustizia: sul problema delle carceri continua a regnare la confusione di Matteo Mascia Rinascita, 12 gennaio 2012 Il Dap difende la politica del governo mentre alla Camera si preferisce parlare di riforma del condominio. Sui temi della giustizia continua a regnare incontrastata la confusione. Una situazione che non aiuta a risolvere uno scenario sempre più complicato. Il decreto “svuota carceri” proposto dal guardasigilli Paola Severino non può certo essere accolto come una misura rivoluzionaria. Il provvedimento avrà infatti una portata quasi insignificante. Un’analisi condivisa da diversi esponenti politici e dai sindacati del corpo di Polizia penitenziaria. Invece il capo del Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria ha preferito assumere una linea apologetica nei confronti dell’esecutivo. Franco Ionta ha ridimensionato le dichiarazioni dei sindacati di Polizia e di alcuni rappresentanti dei Carabinieri e della Guardia di Finanza. Organizzazioni che hanno sottolineato la pericolosità di sostituire la custodia in carcere degli indiziati di reato con la loro permanenza presso le camere di sicurezza di Questure o stazioni dei Carabinieri. Tali strutture sono infatti ben poche e la sorveglianza verrebbe affidata a personale non addestrato per questo compito. Una soluzione all’italiana che potrebbe - paradossalmente - aggravare una situazione già difficile. “Per risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri è necessario lo sforzo di tutte le forze di polizia”, ha invece dichiarato Ionta durante l’audizione in Commissione giustizia del Senato. “Capisco le resistenze delle altre forze di polizia - ha aggiunto il magistrato - però ciascuno deve fare uno sforzo per consentire una deflazione del sistema penitenziario e, con un piccolo sforzo di tutte le forze di polizia, arrivare ad una gestione più ragionevole e dignitosa per i detenuti”. “Di fronte ad una situazione che vuole che l’arrestato - ha spiegato Ionta - sia nella disponibilità della polizia giudiziaria che ha operato l’arresto e che soltanto a seguito di misure cautelare varchi le porte del carcere invece si assiste in molte zone dell’Italia ad un fenomeno opposto: la gran parte finisce nelle strutture penitenziarie, pochissime invece vengono trattate come l’articolo 558 detterebbe di fare”. Insomma, all’improvviso il capo del Dap si è accorto di un abuso nella custodia cautelare. C’è però un particolare che non dovrebbe sfuggire ad un giurista del suo calibro. La custodia cautelare in una camera di sicurezza è pur sempre una privazione della libertà dell’individuo. Poco importa se questa viene perfezionata tra le mura di una stazione dei Carabinieri di provincia e nelle celle di isolamento di un carcere di massima sicurezza. C’è poi un altro dettaglio non trascurabile che non sembra rientrare tra gli argomenti del numero uno del Dap. Le persone ristrette nelle camere di sicurezza sono quelle colte - nella quasi totalità dei casi - in flagranza o quasi flagranza. Condizione che permette l’arresto - spesso obbligatorio secondo il dettato del codice penale - agli agenti o agli ufficiali di polizia giudiziaria. Il vero problema è nell’abuso di carcerazione preventiva da parte della magistratura. Misura spesso usata per spingere l’indagato a collaborare, un fine che non è certo contemplato dalla norma e non era nelle intenzioni di chi varò la grande riforma del codice di procedura. Senza una riforma dell’articolo che regolamenta la custodia non si andrà molto lontano e non si risolverà il problema del sovraffollamento. Una necessità che non sembra condivisa dai componenti della commissione Giustizia della Camera, dove però l’aula presieduta dall’avvocato di Fli Giulia Bongiorno dovrebbe occuparsi della discussione sulla legge per riformare la normativa sulla gestione… dei condomini. Occorre trattare delle carceri: non è certo un problema di ordinaria amministrazione. Giustizia: via libera al decreto legge svuota carceri da Commissione del Senato di Nicoletta Cottone Il Sole 24 Ore, 12 gennaio 2012 Fino al 2013 gli ultimi 18 mesi di detenzione si sconteranno ai domiciliari. Gli ospedali psichiatrici giudiziari chiuderanno dal 2013. La commissione Giustizia del Senato ha dato via libera al decreto legge svuota carceri, che approderà in aula a Palazzo Madama in prima lettura mercoledì prossimo. La commissione ha approvato alcune modifiche: fino al 31 dicembre 2013 gli ultimi 18 mesi di detenzione si sconteranno ai domiciliari, anche per i recidivi. Inoltre gli ospedali psichiatrici chiuderanno dal 2013. Contro il decreto legge hanno votato Idv e Lega. La commissione Giustizia di palazzo Madama ha chiuso i lavori dopo un pomeriggio ad alta tensione nel quale dopo una lunga sospensione è stato ritirato un emendamento del Governo che mirava a introdurre nel decreto legge una delega all’Esecutivo, fortemente contestata dai membri della commissione. Berselli (Pdl): arrestati a casa e non in cella “La grande novità - ha sottolineato Filippo Berselli (Pdl), presidente della commissione e relatore del provvedimento con Alberto Maritati del Pd - è rappresentata dall’emendamento mio e di Maritati, approvato con una maggioranza larghissima, nel quale spostiamo l’attenzione del legislatore dal carcere alla casa. Oggi ci sono 21 mila persone che entrano in carcere per pochi giorni e poi escono, senza nessun vantaggio per la collettività né per loro stessi”. Se il testo passerà in questa nuova versione, la polizia potrà mandare direttamente a casa questi arrestati per reati minori, in attesa del processo per direttissima, e solo in subordine verranno utilizzate le camere di sicurezza di questure e caserme, come prevede il decreto nel testo approvato dal Consiglio dei ministri. “Se a questi aggiungiamo i tremilacinquecento (condannati, ndr) che ci aspettiamo che non vadano in carcere o escano per effetto della norma sulla pena residua da scontare ai domiciliari, stiamo facendo molto - conclude Berselli - per affrontare questo problema del sovraffollamento delle carceri”. Sulla detenzione ai domiciliari dei recidivi l’Idv vota contro L’Idv ha votato contro perché “considera inaccettabile che la detenzione domiciliare sino a 18 mesi di pena residua possa essere applicata, in deroga dell’articolo 47 dell’ordinamento penitenziario, anche ai recidivi”, ha detto il senatore Luigi Li Gotti, capogruppo dell’Italia dei valori in commissione Giustizia. “È ipocrita lasciare in piedi l’ordinamento penitenziario, ossia ritenere che sia giusto il divieto della detenzione domiciliare ai recidivi ma, nel contempo, ritenere che per due anni questo divieto non si applichi, in quanto la norma introdotta avrà vigore sino al 31 dicembre 2013. Se una norma é valida, per motivi anche di tutela della sicurezza, non può decidersi che per due anni non sia valida, così violandosi quelle regole di tutela della collettività che pure vengono ritenute in vigore, ma derogate”. I manicomi criminali chiuderanno dal 2013 Gli ospedali psichiatrici giudiziari chiuderanno dal 2013. Oggi la commissione Giustizia del Senato ha approvato all’unanimità l’emendamento per la chiusura entro il 31 marzo 2013. “Un punto fermo che dovrà essere confermato dall’aula del Senato la prossima settimana ma che rappresenta una conquista, dopo due anni di lavoro della Commissione d’inchiesta che presiedo”, ha commentato Ignazio Marino, senatore del Pd e presidente della Commissione d’inchiesta sul Servizio sanitario nazionale, che da tempo sta lavorando alla chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari e che ha presentato insieme al relatore, Alberto Maritati, l’emendamento approvato. Marino: superato l’orrore degli Opg “Possiamo così sperare di superare definitivamente, grazie al favore dell’intera Commissione Giustizia e del suo presidente Filippo Berselli, l’orrore dei manicomi criminali che tanto ha indignato anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano”, ha sottolineato Ignazio Marino . “Dispiace registrare la mancanza di una piena adesione al testo da parte del Governo - aggiunge Marino - ma auspico che l’esecutivo esprima un forte e dichiarato appoggio in aula”. Al momento di dare il parere, infatti, il sottosegretario Andrea Zoppini si è rimesso alla valutazione della commissione. Giustizia: Idv; no a disegno di legge, inaccettabile domiciliari per recidivi Dire, 12 gennaio 2012 “L’Italia dei Valori ha votato contro il decreto svuota carceri alla conclusione dei lavori della commissione Giustizia del Senato. In particolare, l’Idv considera inaccettabile che la detenzione domiciliare sino a 18 mesi di pena residua possa essere applicata, in deroga dell’art. 47 dell’ordinamento penitenziario, anche ai recidivi”. Lo afferma il senatore Luigi Li Gotti, capogruppo dell’Italia dei Valori in commissione Giustizia. “È invero ‘ipocrità- aggiunge- lasciare in piedi l’ordinamento penitenziario, ossia ritenere che sia giusto il divieto della detenzione domiciliare ai recidivi ma, nel contempo, ritenere che per due anni questo divieto non si applichi, in quanto la norma introdotta avrà vigore sino al 31 dicembre 2013. Se una norma è valida, per motivi anche di tutela della sicurezza, non può decidersi che per due anni non sia valida, così violandosi quelle regole di tutela della collettività che pure vengono ritenute in vigore, ma derogate”. Giustizia: Sbai (Pdl), indulto non risolve emergenza, servono nuove strutture e rimpatri Agenparl, 12 gennaio 2012 L’emergenza carceri non si risolve con l’indulto, ma con la ricollocazione dei detenuti nelle nuove strutture penitenziarie già ultimate e con accordi bilaterali per il rimpatrio dei detenuti stranieri. Lo afferma la deputata del Pdl Souad Sbai in una interrogazione parlamentare al Ministro della Giustizia Paola Severino e al Ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri. “Secondo i dati fomiti dal ‘Partito per gli operatori della sicurezzà, gli istituti penitenziari già ultimati, alcuni perfino arredati e vigilati, sarebbero già 40 (www.posd.it) - scrive la Sbai - ricollocando in queste nuove strutture i detenuti si potrebbe risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri e delle condizioni di vita dei detenuti stessi; per quanto riguarda i detenuti stranieri, circa 25.000, occorrerebbe studiare accordi bilaterali per il rimpatrio in caso di reati le cui pene possono essere scontate anche in patria”. La Sbai chiede “come il Governo intenda agire per tutelare le vittime dei reati di cui si paventa la possibile estinzione della pena”. Giustizia: Ignazio Marino; la Commissione giustizia ha approvato chiusura Opg Il Velino, 12 gennaio 2012 “Oggi la Commissione Giustizia del Senato ha approvato all’unanimità l’emendamento per la chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari”. Lo ha detto Ignazio Marino, senatore del Pd e presidente della Commissione d’inchiesta sul Servizio sanitario nazionale, che da tempo sta lavorando alla chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari e che ha presentato insieme al relatore, Alberto Maritati, l’emendamento approvato. “La data certa contenuta nella norma - ha spiegato - è il 31 marzo 2013, un punto fermo che dovrà essere confermato dall’aula del Senato la prossima settimana ma che rappresenta una conquista, dopo due anni di lavoro della Commissione d’inchiesta che presiedo. Possiamo così sperare di superare definitivamente, grazie al favore dell’intera Commissione Giustizia e del suo presidente Filippo Berselli, l’orrore dei manicomi criminali che tanto ha indignato anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Dispiace registrare la mancanza di una piena adesione al testo da parte del governo - ha concluso Marino - ma auspico che l’esecutivo esprima un forte e dichiarato appoggio in aula”. Giustizia: il “no” dell’Anm all’amnistia… di Valter Vecellio L’Opinione, 12 gennaio 2012 “Penso che l’amnistia non serva a risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri, fenomeno legato prevalentemente alle modifiche normative intervenute negli ultimi anni, ovvero ai cosiddetti pacchetti sicurezza. I quali hanno portato a un rilevante aumento di persone che devono transitare in carcere. L’amnistia, quindi, non servirebbe a risolvere il problema del numero dei detenuti e accentuerebbe quel sentimento di ineffettività del sistema penale, che già rappresenta un problema grave per la giustizia italiana”. Così il segretario dell’Associazione Nazionale dei Magistrati Giuseppe Cascini, che rinnova il suo no a un provvedimento di amnistia. Cascini è persona intelligente e sicuramente informata. Dunque continua a menar il can per l’aia, e dà il suo contributo per eludere la carne della questione. Che, come non si stanca di ripetere Marco Pannella non è tanto (o solo) il sovraffollamento delle carceri, quanto la situazione di cronica, continuata e persistente illegalità dello Stato italiano: la lungaggine dei processi che ci procura condanne su condanne a livello europeo; l’impressionante quantità di processi che ogni anno vanno letteralmente al macero per prescrizione (mai una parola su questa amnistia di clandestina e di classe, vero segretario Cascini?). Rita Bernardini ha reso nota una situazione letteralmente scandalosa che si è consumata a Bologna, e che meriterebbe l’invio di ispettori da parte del ministero, e di attenzione da parte di giornalisti ed editorialisti, oltre che chiarimenti da parte dei diretti interessati: l’esistenza di un armadio “della vergogna” dove erano stati ammassati centinaia e centinaia di fascicoli, con procedimenti che poi, appunto, per via della prescrizione, sono finiti in carta straccia: chi ha deciso, con quale criterio, e perché quei fascicoli dovevano finire al macero? E solo a Bologna esiste l’armadio della “vergogna”? È questo il problema, e aggiunto a questo, l’allucinante situazione della giustizia civile. Vedremo tra qualche giorno, in occasione delle aperture degli anni giudiziari, come i procuratori descriveranno e denunceranno la situazione Cascini e la magistratura associata accettano questa amnistia di clandestina e di classe, di cui beneficia solo chi si può permettere un bravo avvocato capace di slalom tra le mille norme dei codici, oppure può contare su “buone amicizie”. Ma Cascini (e la magistratura associata) di questo non si occupa. Piuttosto si preoccupa di dirci che l’amnistia “non servirebbe a risolvere il problema del numero dei detenuti e accentuerebbe quel sentimento di ineffettività del sistema penale, che già rappresenta un problema grave per la giustizia italiana”. Qui è inevitabile un inciso che però non è solo un inciso. “Accentuerebbe quel sentimento di ineffettività del sistema penale”, dice Cascini; e quell’”ineffettività” dice tutto, davvero tutto. Questo tetragono e ostinato no della magistratura associata all’amnistia come si spiega? È evidente che si vuole esercitare, continuare ad esercitare, un controllo; e ci si perdonerà il paragone che qualcuno forse troverà azzardato. Esattamente come le gerarchie vaticane dicono no a testamento biologico, eutanasia, possibilità di poter determinare autonomamente se e come e quando una vita non merita più di essere considerata tale - ed è un no che intende ribadire un formale controllo sulla gestione dei corpi, perché si sa benissimo che la pratica quotidiana è altra, e la si accetta purché si rispetti il comandamento del “si faccia, ma non si dica” - così nei tribunali e nelle aule di giustizia: lo sanno anche loro, i “sacerdoti del diritto”, e meglio di tutti noi, che ogni giorno si consuma l’amnistia clandestina e di classe; ma a loro, ai “sacerdoti del diritto”, va bene così, che sia appunto clandestina e di classe, senza regole certe, e siano loro, almeno in teoria - ma anche nella pratica, si può esser certi - a gestire questa amnistia; e per continuare a gestire questa amnistia, ecco che occorre dire no a quella palese, chiara e con regole che si propone di cominciare a sanare una situazione che è insostenibile dal punto di vista del cittadino, ma che vede loro, “i sacerdoti del diritto”, come dei dominus. E si spiega benissimo, dunque, la posizione dei Cascini e dell’Anm. Altro che “ineffettività”! Ed è di un certo significato la presa di posizione dell’arcivescovo di Firenze, monsignor Giuseppe Betori, che a quanto pare non ha avuto l’eco che avrebbe meritato. “Chi ha responsabilità nel Governo della cosa pubblica del paese deve favorire condizioni di vita più umane nelle nostre carceri”, ha detto Betori, nel corso della messa celebrata nella cattedrale di Santa Maria di Fiore, ricordando la morte di un giovane detenuto che si è tolto la vita nel carcere fiorentino di Sollicciano, “la cui esistenza affidiamo alla misericordia del Padre”. “Questi giorni, così difficili e oscuri, sono stati segnati nella nostra città da una tragedia che ha ferito i nostri cuori” aveva detto Betori poco prima riferendosi proprio alla morte del giovane. Lo scorso 31 dicembre, ricorda l’Ansa, durante l’omelia per il Te Deum di ringraziamento, Betori parlando della difesa della dignità umana aveva sollevato il problema del sovraffollamento delle carceri. Un problema che, di fatto, “impedisce che possano essere luogo di recupero comportando invece il venir meno di diritti inalienabili della persona e l’affermarsi di un contesto diseducativo”. Da qui la necessità “di una seria riforma del sistema penale” che “deve sanare queste situazioni che un paese civile non può ammettere”. La presa di posizione di Betori la si segnala, assieme alle altre dei giorni passati, al segretario Cascini, alla magistratura associata e alla loro paventata “ineffettività”. A tutti noi invece si segnala che monsignor Betori ha celebrato messa per un detenuto suicida, “la cui esistenza affidiamo alla misericordia del Padre”. Quella messa, quella misericordia e quel conforto cristiano che vennero invece negati dal cardinale Camillo Ruini a Piergiorgio Welby e alla sua famiglia. Giustizia: la Camera salva Cosentino, la Lega si spacca Agi, 12 gennaio 2012 La Camera salva Nicola Cosentino e respinge la richiesta di arresto avanzata dai pm di Napoli secondo i quali avrebbe favorito il clan dei Casalesi. L’ex sottosegretario però, come già preannunciato prima del voto, decide di dimettersi da coordinatore del Pdl campano per difendersi in tribunale da quelle che lui stesso definisce “accuse infamanti” ribadendo di essere “vittima di una aggressione mediatica, politica e giudiziaria”. Determinanti per il “no” all’arresto i voti dei Radicali e della Lega, che si spacca tra maroniani, favorevoli alla carcerazione preventiva, e “cerchio magico”. A far presagire l’esito del voto di oggi erano arrivate ieri sera le parole di Umberto Bossi, che a sorpresa e a differenza di quanto stabilito dalla segreteria di lunedì scorso, ha annunciato la libertà di coscienza. Linea ribadita oggi nel corso di una riunione del gruppo descritta come movimentata. Cosentino è salvo per 11 voti, ma ha potuto contare sul sostegno di una cinquantina di deputati in più rispetto a quelli che sulla carta avrebbero dovuto votare contro l’arresto, visto che i no sono stati 309 e i sì 298. Esulta il Pdl, con Silvio Berlusconi che valuta la votazione “una decisione assolutamente giusta, in linea con la Costituzione”. Ora, aggiunge il Cavaliere, “Cosentino affronterà il processo da uomo libero, come è giusto che sia. Questa è la regola prevista dalla Costituzione di un Paese civile, in cui nessuno, salvo casi eccezionali, può essere arrestato e tenuto in carcere prima di essere processato”. Papa (Pdl): ora si pensi a detenuti in attesa giudizio “Oggi è stata scritta una pagina nobile del Parlamento. Si riafferma il diritto sancito dalla Costituzione di affrontare il processo da uomini liberi; un diritto messo in crisi dal clima giustizialista e forcaiolo di questi giorni”. Lo dichiara in una nota il deputato del Pdl Alfonso Papa. “Affronti Cosentino - prosegue - il processo senza ferri ai polsi e si impegni la democrazia italiana affinché ciò possa accadere per le migliaia di persone dimenticate, che languono nelle celle mortifere delle carceri italiane espiando una pena che nessun giudice ha ancora comminato e che nella metà dei casi li vedrà assolti”. Capezzone (Pdl): pagina garantista, ora rivedere custodia cautelare “La Camera dei Deputati ha scritto oggi una positiva pagina di garantismo, che fa onore al Parlamento italiano. Ora sarebbe davvero importante ridiscutere il tema della custodia cautelare, che in Italia conosce eccessi illiberali e dolorosi. È assurdo che quasi la metà dei detenuti italiani sia in carcere in attesa di giudizio, ed è ancora più assurdo (e doloroso) che poi un numero elevatissimo di queste persone risulti innocente. Chi le risarcirà per il carcere ingiustamente patito?”. Lo chiede in una nota Daniele Capezzone, portavoce del Pdl. “Ecco perché, a mio avviso, il carcere preventivo deve essere una assoluta eccezione, una extrema ratio. In carcere si deve andare, come regola, dopo il processo, non prima, a meno che non vi siano evidenti ragioni di pericolosità del soggetto - aggiunge. E questo deve valere per tutti, parlamentari e non. Occorre che la sinistra ritrovi la sua anima garantista, soffocata da anni e anni di egemonia giustizialista e manettara”. Augusta (Sr): detenuto di 46 anni si suicida nel carcere di Brucoli Ansa, 12 gennaio 2012 Un detenuto campano di 46 anni si è tolto la vita nel carcere di Brucoli, ad Augusta, nel Siracusano, impiccandosi nella sua cella. Il fatto è avvenuto nella serata di ieri ma è stato reso noto questa sera con una nota del vicesegretario nazionale dell’Ugl Polizia penitenziaria, Sebastiano Bongiovanni. L’uomo era giunto nel carcere di Brucoli da pochi giorni, proveniente da un altro istituto di pena. Al suo arrivo era stato posto in regime di isolamento per effetto di una sanzione accessoria inflittagli dal consiglio di disciplina del carcere nel quale si trovava prima del suo trasferimento. Nessuna indicazione, sin qui, circa la possibile motivazione del suicidio. A scoprire il corpo, ormai privo di vita, è stato un agente nel corso di un servizio di ispezione. “Riteniamo che tutto questo non accada per caso - si legge nella nota dell’Ugl. L’amministrazione sembra incapace di poter affrontare adeguatamente il problema del sovraffollamento e quello altrettante grave della carenza di organico della polizia penitenziaria”. Bari: persi i finanziamenti per costruire il nuovo carcere La Repubblica, 12 gennaio 2012 La doccia fredda arriva al Senato, durante la riunione della commissione Giustizia. L’occasione è l’audizione del capo del dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Franco Ionta. Si parla dell’emergenza carcere in Italia, della necessità di realizzare strutture penitenziarie “dignitose”. “Ho proposto l’utilizzo di fondi - spiega Ionta che erano inizialmente stanziabili per le carceri di Nola e Bari per andare ad intervenire su 17 padiglioni che sono in avanzato stato di costruzione e che possono trovare completamento entro il 2012”. Il capoluogo pugliese, quindi, stando almeno alle dichiarazioni di Ionta, rischia di perderei finanziamenti, più di 40 milioni di euro, stanziati dal precedente governo, per la realizzazione del nuovo carcere. Praticamente il Dap avrebbe elaborato un piano alternativo con un obiettivo: creare strutture penitenziarie in aree disagiate e quindi per questo sarebbero dirottati i fondi, inizialmente previsti per il capoluogo pugliese. Il piano di Ionta dovrà essere esaminato dal governo. Per il momento quello della perdita dei finanziamenti per Bari è solo un rischio al momento. A Palazzo di Città la notizia, rimbalzata da Roma, ha suscitato sorpresa e anche preoccupazione. Perché nei mesi scorsi l’amministrazione comunale ha accelerato sui tempi per l’individuazione della zona dove realizzare il nuovo carcere, chiedendo al consiglio comunale di pronunciarsi sul progetto della giunta. Il sindaco Michele Emiliano aveva investito della questione l’assise cittadina, sollecitando una presa di posizione, prima di trasmettere il parere a Ionta. Maggioranza e opposizione non avevano trovato un’intesa e così il governo cittadino aveva elaborato il proprio parere con una proposta: la realizzazione, così come prevedeva il progetto del Dap, di un nuovo carcere nella zona di Santa Rita, nel quartiere Carbonara. Un carcere “leggero” per i detenuti in attesa di giudizio in grado di accogliere 450 detenuti. Il Comune aveva però rilanciato chiedendo una struttura più grande, con il doppio della capienza, che avrebbe dovuto sostituire l’attuale struttura di corso Sicilia per la quale l’amministrazione cittadina era pronta a sostenere un progetto di riqualificazione. Ora, però, il rischio è che il piano del Comune rimanga sulla carta, con la perdita dei finanziamenti. Eppure il problema del sovraffollamento delle carceri rimane una delle emergenze principali della città e della Regione dove il numero dei detenuti è di gran lunga superiore alla reale capienza. Bari: presidente tribunale sorveglianza lancia allarme sulle condizioni del carcere Adnkronos, 12 gennaio 2012 Casi di scabbia, letti a castello alti quattro piani e sovraffollamento record, con 33 detenuti costretti a vivere come sardine in due celle minuscole. Le condizioni di vita nel carcere di Bari peggiorano di giorno in giorno. A lanciare l’allarme è il presidente del Tribunale di Sorveglianza, Maria Giuseppina d’Addetta che ha scritto una lettera-denuncia al ministero della Giustizia e al dipartimento dell’amministrazione penitenziaria per segnalare le diverse criticità che, a suo dire, metterebbero a rischio l’incolumità dei detenuti della terza sezione del penitenziario del capoluogo pugliese. Secondo quanto scrive il presidente, il 13 dicembre scorso, la popolazione detenuta nella casa circondariale era pari a 555 unità a fronte di una capienza tollerabile di 303 reclusi, con un esubero dell’83% di presenze. Il magistrato segnala anche la grave condizione di vita per 33 detenuti (quasi tutti extracomunitari) obbligati a condividere spazi angusti, appena due celle della terza sezione con un unico bagno. Il presidente denuncia anche la pericolosità dei letti a castello che hanno addirittura quattro livelli in altezza. Infine, lancia l’allarme scabbia chiedendo all’Asl di eseguire delle visite per accertare lo stato igienico-sanitario della struttura e l’adeguatezza delle misure di profilassi contro le malattie infettive e le condizioni igieniche e sanitarie dei detenuti. Asti: l’ex direttore del carcere non era a conoscenza dei soprusi a due detenuti www.atnews.it, 12 gennaio 2012 Oggi al processo a carico di cinque guardie carcerarie accusate di maltrattamenti a due reclusi sono state ascoltate le deposizioni di Domenico Minervini e del medico Giuseppe Ruta. Il processo proseguirà a fine gennaio. Ad Asti, oggi, cinque agenti della polizia penitenziaria del carcere di Quarto d’Asti sono comparsi in Tribunale con l’accusa di avere picchiato ripetutamente e torturato due detenuti. I fatti risalgono al 2004. Secondo l’accusa i detenuti Claudio Renne ed Andrea Cirino oltre ad essere picchiati erano stati tenuti per diversi giorni d’inverno in una cella di isolamento senza vetri alla finestra. I maltrattamenti sarebbero proseguiti fino a quando una educatrice che pretese di incontrare Renne per un colloquio, vedendolo malconcio, segnalò il caso alla direzione. Gli imputati sono: Cristiano Bucci, Marco Sacchi, Gianfranco Sciamanna, Davide Bitonto ed Alessandro D’Onofrio. L’indagine della magistratura astigiana è partita dalle dichiarazioni di un ex agente penitenziario. Oggi, il giudice ha ascoltato la deposizione del direttore della casa di pena astigiana, Domenico Minervini in forza alla struttura penitenziaria ai tempi dei fatti. Il dr. Minervini ha dichiarato di non essere mai venuto a conoscenza dei fatti citati dell’accusa. Anche il medico del carcere dr. Giuseppe Ruta ha dichiarato di non essere al corrente dei fatti. Il giudice ha sentito anche quattro degli imputati. Tutti hanno negato di avere aggredito i due detenuti in quanto per accedere alle celle di isolamento non era facile senza le autorizzazioni della direzione. Inoltre uno degli accusati si è giustificato in quanto all’epoca delle citate aggressioni era in ferie. Il processo riprenderà mercoledì 25 gennaio, alle 10, quando i giudici e gli avvocati della difesa Aldo Mirate, Alberto Pasta e di parte civile Mauro Caliendo faranno una visita al carcere ed in particolare alle celle di isolamento. Le altre udienze sono previste per il 26 e 27 gennaio. La sentenza è programmata per martedì 31 gennaio. Parma: Lega; dopo caso di scabbia sottoporre a visita medica tutti i detenuti Adnkronos, 12 gennaio 2012 La Regione Emilia Romagna sottoponga a visita medica tutti i detenuti. Questa la richiesta contenuta in un’interrogazione del consigliere regionale della Lega Nord, Roberto Corradi, presentata in seguito al caso dell’albanese detenuto presso il carcere di Parma e risultato affetto da scabbia. “Posto che la sanità nelle carceri dipende dal Servizio sanitario regionale - scrive Corradi - ritengo che la giunta dovrebbe prevedere un’accurata visita medica nei confronti dei detenuti, soprattutto al momento del loro ingresso in carcere”. “Non è ammissibile che il personale delle Polizia penitenziaria possa correre rischi di ordine sanitario connessi alle eventuali malattie di cui possono essere portatori coloro che sono destinati a periodi di reclusione” prosegue l’esponente del Carroccio, ricordando che il caso di Parma “non rappresenta un episodio isolato, è infatti noto che anche altre patologie che in passato si ritenevano ormai debellate, come la Tbc, oggi registrano una recrudescenza anche in ragione dei flussi migratori”. Sanremo (Im): arrestate mogli di due detenuti, accusa è di aver portato droga in carcere Agi, 12 gennaio 2012 “Portami la maglietta” oppure “La felpa XL, di colore viola” o ancora “Sì, ma fammi un prezzo medio” e via dicendo. Si tratta soltanto di alcuni esempi del codice che, secondo il Procuratore della Repubblica di Sanremo, Roberto Cavallone, Barbara Finazzi, 37 anni e Stefania Di Mercurio, 36 anni, rispettivamente mogli di Paolo Iuliano (detenuto) e Raffaele Vitale (ora in libertà vigilata), utilizzavano nelle loro conversazioni telefoniche, quando si riferivano alla droga che dovevano portare ai loro mariti, all’epoca entrambi in carcere e che consegnavano durante i colloqui. Quattro gli episodi contestati, che si riferiscono tutti all’aprile del 2011. Oltre alle due donne, stamani, in un blitz del commissariato e della Squadra Mobile di Sanremo è finito in carcere anche Patrizio Vella Galioni, 22 anni, incensurato, di Sanremo; mentre sono indagati in stato di libertà S.P., F.L., P.T. e naturalmente i due mariti, Vitale e Iuliano. Domani, presso il carcere di Marassi, a Genova, davanti al gip Giacalone, si terrà l’interrogatorio di garanzia per entrambe le detenute. Stefania Di Mercurio è difesa dall’avvocato Mario Ventimiglia, mentre Barbara Finazzi è assistita da Fabrizio Spigarelli. Galioni, finito in carcere perché trovato in possesso di diversa marijuana, e gli altri indagati in stato di libertà, secondo il castello accusatorio, sarebbero i pusher che cedevano la droga alle due donne che la portavano in carcere e la consegnavano durante i colloqui. Usa: un Giudice blocca grazia collettiva ex governatore Mississipi Tm News, 12 gennaio 2012 Un giudice del Mississippi ha in parte bloccato l’esecuzione di una controversa decisione dell’ex governatore dello stato che allo scadere della sua carica ha garantito la grazia ad oltre 200 persone condannate per reati tra cui omicidio, stupro e rapina a mano armata. Il repubblicano Haley Barbour, al suo secondo mandato come governatore e dunque non più rieleggibile, ha suscitato scalpore quando martedì ha reso noto di aver concesso la grazia ad una lunga lista di persone, quasi nello stesso momento in cui il suo successore, Phil Bryant (anche lui repubblicano) entrava in carica. Mercoledì sera, su richiesta del procuratore distrettuale Jim Hood, il giudice Tomie Geeen ha ordinato il blocco temporaneo del rilascio di 21 interessati dal provvedimento perché ci sarebbe stata una violazione della costituzione dello stato sui termini della richiesta di grazia da parte dei detenuti. La decisione dell’ex governatore è stata duramente criticata anche da suoi sostenitori e da parenti delle vittime. Tra i graziati già rilasciati dal carcere nello scorso fine settimana, cinque persone avevano lavorato all’interno della residenza del governatore. Quattro di loro erano state dichiarate colpevoli di omicidio tra il 1992 e il 2001 e un uomo era stato condannato all’ergastolo nel 1982 per rapina, dopo due precedenti condanne. “Le grazie erano intese per consentire loro di trovare lavoro e acquisire competenze professionali” ha dichiarato Barbour in un comunicato rilasciato mercoledì. La mia decisione si è basata su raccomandazioni della commissione di sorveglianza sulla libertà condizionale nel 90 per cento dei casi”. Turchia: oltre 40 arresti in nuove operazioni contro i separatisti curdi Nova, 12 gennaio 2012 Più di 40 persone appartenenti all’Unione delle comunità curde (Kck) sono state arrestate ieri nel corso di operazioni di polizia a Istanbul e nel sud-est della Turchia. Gli agenti delle forze dell’ordine turche hanno condotto le operazioni con l’intento di scovare elementi sospetti collegati al Kck nella provincia del sud-est di Diyarbakir. Venti sospetti erano stati già precedentemente arrestati il 10 gennaio scorso nel distretto di Silopi, nella provincia sudorientale di Sirnak, mentre altri 15, fra cui tre minorenni che hanno affermato di aver fatto parte della organizzazione della Gioventù del Kck, sono stati arrestati a Istanbul. Ad oggi nelle carceri turche sono detenuti un totale di 152 sospetti con l’accusa pendente di terrorismo e legami con il Kck, l’organizzazione civile sospettata di legami con il partito fuorilegge in Turchia Pkk. Birmania: annunciata nuova amnistia per 651 detenuti Agi, 12 gennaio 2012 La Birmania ha annunciato una nuova amnistia per 651 detenuti che prenderà il via domani. Il provvedimento di clemenza, deciso dal presidente Thein Sein, “mira alla riconciliazione nazionale e ad un processo politico inclusivo”, ha riferito una fonte ufficiale, senza però precisare se verranno liberati prigionieri politici. Già lo scorso ottobre le autorità avevano varato un’amnistia per 6.300 detenuti; tra questi circa 300, secondo i calcoli dell’opposizione, erano prigionieri politici. In totale, si stima che nelle carceri birmane siano rinchiusi 1.500 detenuti per motivi politici.