Giustizia: in Gazzetta legge che apre le porte del carcere a chi ha meno di 18 mesi di pena di Giorgio Costa Il Sole 24 Ore, 21 febbraio 2012 Fuori dai carcere, e passaggio ai “domiciliari”, per chi deve scontare una pena (anche residua) fino a 18 mesi; ampie possibilità di custodia cautelare presso la propria abitazione qualora l’arresto non sia stato disposto per furto in abitazione, scippo, rapina o estorsione; utilizzo di camere di sicurezza (senza crearne di nuove) per i reati più gravi in alternativa al carcere che potrà essere disposto dal pm; addio definitivo agli ospedali psichiatrici giudiziari con una spesa statale che ammonterà a 180 milioni di euro per le nuove strutture da realizzare e oneri di funzionamento annuo non inferiori ai 77,7 milioni. Sono questi i punti salienti della legge 9 del 17 febbraio 2012 (di conversione del Dl 211/2011) pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale di ieri, insieme alla legge n. 10 su processo civile e collegi sindacali delle imprese. Entrambi i testi sono in vigore da oggi. Il provvedimento cosiddetto “svuota carceri” è stato licenziato dalla Camera il 9 febbraio scorso con 385 sì, 105 no e 26 astenuti e il ministro della Giustizia Paola Severino fa chiarezza sul merito e gli intenti delle nuove norme: “Il decreto non è né un indulto mascherato, né una resa dello Stato alla delinquenza perché in ogni caso vi sarà un magistrato a valutare se la persona sia o meno meritevole di una modifica migliorativa del suo stato di limitazione della libertà”. Tra le novità più significative introdotte per ridurre la densità della popolazione carceraria in Italia (si veda l’articolo in questa pagina) vi è la misura, disciplinata dagli articoli 1 e 2 della legge, in forza della quale il pm dispone di regola che l’arrestato in attesa del giudizio direttissimo dinanzi al giudice monocratico sia custodito presso la propria abitazione (o comunque non in carcere). Ma se queste strutture non sono disponibili e l’arrestato è particolarmente pericoloso il pm dispone l’arresto presso le camere di sicurezza della polizia giudiziaria; in ogni caso si va in camera di sicurezza per i reati di cui all’articolo 380, comma 2, lettere e-bis ed f) di furto in abitazione, scippo, rapina ed estorsione (oppure in carcere se queste non sono disponibili ma non ai domiciliari). Una simile innovazione si ripercuote anche sulle udienze di convalida e sul dibattimento. La prima deve svolgersi nel luogo in cui l’arrestato o il fermato è custodito (eccetto il caso in cui è custodito nel domicilio o in casa privata); tuttavia, in caso di “eccezionali motivi di necessità o di urgenza” il giudice può dispone la comparizione davanti a sé; e la partecipazione la dibattimento, in qualità di testimone, di persone detenute presso un penitenziario deve avvenire a distanza. Buone notizie per chi ritiene di aver subito una ingiusta detenzione: infatti, il diritto all’equa riparazione spetta anche con riferimento ai procedimenti definiti prima del 24 ottobre 1989, ossia anteriormente all’entrata in vigore del cpp con sentenza passata in giudicato a partire dall’1 luglio 1988. L’altra parte importante della legge è rappresentata dall’epocale superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari che saranno chiusi a partire dal 1 ° febbraio 2013 (ed entro il 31 marzo prossimo saranno definiti i requisiti strutturali delle strutture destinate all’accoglienza). Al 31 gennaio scorso risultavano 1.264 internati in sei strutture adibite ad ospedali psichiatrici giudiziari (Aversa, Barcellona Pozzo di Gotto, Castiglione delle Stiviere, Montelupo Fiorentino, Napoli Sant’Eframo, Reggio Emilia). La loro chiusura, secondo il ministero, non comporterà il rilascio degli internati socialmente pericolosi che saranno, invece, ricoverati in strutture idonee alla terapia delle loro malattie mentali, ma anche adeguatamente sorvegliate per non mettere a repentaglio la tranquillità dei cittadini. Resta il capitolo dei costi non irrilevanti: di fatto - si legge nella relazione del servizio Bilancio dello Stato - serviranno 40 nuove strutture con un costo per posto letto pari a 80mila euro e un totale che si avvicina ai 180 milioni (da realizzare da parte delle regioni con risorse statali sempre che non siano sottoposte al vincolo del patto di stabilità) e una spesa di gestione superi 77,7 milioni per anno. Giustizia: aumentano i detenuti, ma cala la spesa pro-capite sostenuta dal Dap di Nino Amadore Il Sole 24 Ore, 21 febbraio 2012 C’è un dato che spiega la pressione continua sul sistema carcerario italiano: sono quasi 40mila i detenuti in attesa di giudizio e di questi circa il 60% è in attesa del primo giudizio e molti di questi entrano ed escono nel volgere di pochi giorni. Questa, oggi, la situazione secondo il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria guidato dall’ex pm antimafia Roberto Piscitello. Ed è questo il punto che va approfondito per capire bene la condizione dei 66.973 detenuti nei 206 istituti di pena del nostro paese: “I 50mila detenuti che transitano dalle nostre carceri - dice Piscitello - entra ed esce spesso prima di avere una condanna. Ovvero si trova all’interno di una fase che va dalla mancata convalida dell’arresto all’assoluzione di primo grado”. Ecco: ipoteticamente molte di queste 50mila persone che entrano ed escono dal carcere potrebbero essere innocenti e in ogni fase del procedimento impegnano le forze di polizia penitenziaria e le strutture: “Dall’immatricolazione del detenuto al momento della libertà che supponiamo possa avvenire entro i 4 giorni (96 ore previste fin qui dalla norma) la struttura carceraria è comunque impegnata. “Ho visitato oggi un carcere - dice ancora Piscitello - dove un detenuto nel volgere di un’ora è entrato ed è uscito. E ci sono casi in cui, come il carcere di Regina Coeli, il flusso di persone in entrata è in media di cento persone e di queste il 70% è destinato a uscire entro tre giorni: agenti e strutture varie sono comunque impegnate come se questi cento dovessero stare dentro più a lungo”. Ecco perché il giudizio sull’accorciamento dei tempi per arrivare alla convalida dell’arresto e l’uso di strutture alternative, secondo le previsioni, potrebbe portare un rapido beneficio al sistema penitenziario del nostro paese. Un sistema che, secondo alcuni calcoli, è allo stremo: l’ultimo suicidio registrato in cronaca è di ieri a San Vittore ma nel primo mese e mezzo di quest’anno sono stati già 10. In totale i detenuti che si sono tolti la vita dal 2001 a oggi sono stati 702, secondo i calcoli fatti dalla rivista Ristretti Orizzonti: la punta massima è stato nel 2009 con 72 morti mentre l’anno scorso sono stati 66. Dati che per l’amministrazione penitenziaria vanno trattati con equilibrio per evitare strumentalizzazioni e secondo alcuni, poi, il suicidio con il sovraffollamento non centra nulla. Detto ciò a fronte di una capienza regolamentare complessiva per 45.688 persone risulta una presenza effettiva di 66.973 detenuti secondo i dati del ministero al 31 gennaio) con situazioni veramente drammatiche in Lombardia (a fronte di un capienza regolamentare di 5.398 persone in 19 strutture sono effettivamente presenti 9.412 detenuti), c’è anche il Piemonte con una capienza regolamentare nelle 13 strutture della regione di 3.628 persone e una presenza effettiva di 5.070. O ancora la Puglia, dove la popolazione carceraria effettiva è quasi doppia della capienza regolamentare delle 11 strutture (4.533 su 2.463) oppure la Sicilia che ha 27 strutture con una capienza regolamentare di 5.454 a fronte di una presenza effettiva di 7.454 detenuti. Altro capitolo è quello dei costi, la cui elaborazione fatta su dati del ministero dell’Economia da Ristretti Orizzonti è ovviamente ferma al 2010. Solo a leggere l’analisi sugli ultimi quattro anni (dal 2007 al 2010) emerge tutto il paradosso della spesa per il nostro sistema: nel 2007 con 39.005 detenuti presenti sono stati impegnati 513,730 milioni (13.170 euro a testa nell’anno); nel 2008 con 48.693 detenuti presenti sono stati impegnati 522,139 milioni e una media di 10.732 euro a testa; nel 2009 su 58.127 detenuti presenti sono stati impegnati 371,617 milioni e 6.393 euro a testa in media; nel 2010 su 67.156 detenuti presenti sono stati impegnati 419,263 milioni e 6.243 euro a testa in media. E il numero dei detenuti tra 2007 e 2010 è cresciuto del 41,9%, mentre la spesa media annua per ciascuno di essi è diminuita di oltre il 18%. Giustizia: un altro suicidio in carcere; oggi il ministro Severino in audizione al Senato di Alessandro Calvi Il Riformista, 21 febbraio 2012 Ci saranno almeno 700 fantasmi, oggi pomeriggio in Senato. Sono quelli dei detenuti che dal 2000 ad oggi hanno deciso di togliersi la vita nel chiuso di una cella. Non è difficile immaginarli seduti accanto ai senatori che, in commissione Diritti umani, ascolteranno l’audizione del Guardasigilli Paola Severino. L’ultimo di questi fantasmi si è aggiunto al gruppo soltanto sabato scorso, ed è già il decimo dall’inizio dell’anno. Si chiamava Alessandro Gallelli. Aveva 21 anni compiuti da poco ed era detenuto da 4 mesi in attesa di giudizio nel carcere di San Vittore, a Milano. Si è impiccato con la giacca della tuta nel reparto di psichiatria dove doveva incontrare lo psicologo. Era accusato di violenza sessuale e molestie ai danni di ragazze minorenni. A darne notizia è stato l’Osservatorio permanente sulle morti in carcere, aggiungendo una circostanza: Gallelli, il quale si dichiarava innocente, avrebbe denunciato di aver subito violenze. Su questo punto, però, si è aperta una polemica. Secondo quanto riferito dall’Osservatorio, Gallelli avrebbe raccontato ai genitori di essere stato oggetto di abusi da parte di altri detenuti. “Il pestaggio - si fa osservare dall’Osservatorio - è infatti un triste “classico” del codice che vige in prigione nei confronti di chi è imputato di reati sessuali”. Lo stesso Osservatorio rileva poi che “dal carcere garantiscono comunque che il giovane era in isolamento e che quindi non poteva essere vittima di pestaggi o percosse”. Ieri i familiari del giovane sono rimasti in silenzio. Non altrettanto ha fatto il vertice del penitenziario milanese. “Lo escludiamo”, hanno fatto sapere a proposito della ipotesi che Gallelli sia stato fatto oggetto di abusi. E hanno aggiunto: questa vicenda “ci sta distruggendo anche perché non sembrava essere un soggetto a particolare rischio e nei giorni precedenti non aveva manifestato segnali che potessero far presumere un fatto come questo”. Inoltre, da fonti giudiziarie emergerebbe che nel marzo scorso il ragazzo era stato sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio e che di recente avrebbe manifestato comportamenti aggressivi nei confronti di altri detenuti. Presto sarebbe stato sottoposto a perizia psichiatrica, e ciò anche per valutare la sua compatibilità con il carcere. Lo aveva stabilito il Gup di Milano soltanto venerdì scorso, ossia il giorno precedente al suicidio. Non c’è stato il tempo. E, però, adesso sulla vicenda farà chiarezza la magistratura. Da sabato è al lavoro il Pm Giovanni Polizzi il quale ha aperto un fascicolo per ora senza ipotesi di reato. E anche via Arenula ha disposto che si accerti come si sono svolti i fatti. Qualunque sarà l’esito di queste indagini, una cosa è certa: si è da poco scollinata soltanto la metà di febbraio e già i suicidi in cella sono 10. È una strage assurda, infinita, che prosegue senza che nulla appaia in grado di fermarla. Poi ci sono anche gli agenti di custodia: dal 2000 sono 85 i suicidi, e anche in questo caso gli ultimi morti sono recentissimi, risalendo appena al 16 e al 18 febbraio scorsi. È chiaro che il Guardasigilli, nonostante abbia incassato il sì del Parlamento al decreto ribattezzato, a seconda dei punti di vista, svuota-carceri o salva-carceri, sarà chiamata a dare risposte a una situazione che si trascina da anni. E questo anche perché quella di oggi è l’ultima audizione di un ciclo che va avanti da circa un anno e che servirà, in tempi ormai abbastanza brevi, a fare il punto della situazione sulla situazione nelle carceri, sempre più esplosiva. E la Severino troverà anche chi squadernerà di nuovo sul tavolo il dossier amnistia. “Noi - dice Marco Perduca, radicale eletto in Senato nelle liste del Pd - riteniamo che la situazione sia al di fuori della legge, tanto che non si può più neppure parlare di emergenza carceri. È ormai il sistema giustizia che non funziona. Se non si parte da qui, è inutile discutere di singole questioni, siano esse il carcere o la responsabilità civile dei magistrati. Occorre che si affrontino i nodi tutti insieme, proprio perché ormai è il sistema ad essere fuori legge. Per questo l’amnistia rimane la prima riforma necessaria”. E di amnistia, oltre che del ricorso a pene alternative, ieri ha parlato anche un altro senatore pd, Francesco Ferrante. Giustizia: ancora suicidi tra le sbarre… anno nuovo, stessi problemi di Andrea Managò Il Fatto Quotidiano, 21 febbraio 2012 Sabato scorso Alessandro Gallelli, 21 anni, ha scelto un modo diverso di evadere dal carcere milanese di San Vittore: si è impiccato con una felpa nella cella del reparto psichiatrico del penitenziario dove era recluso. Era in carcere da ottobre dello scorso anno, accusato di violenza sessuale e stalking, il Tribunale del Riesame aveva respinto la richiesta di concedergli gli arresti domiciliari. II giorno prima della sua morte, il Gup di Milano, Paola Di Lorenzo, aveva disposto una perizia psichiatrica per accertarne Io stato di salute mentale. Con lui sale a 9 il conto dei detenuti che si sono suicidati dietro le sbarre dall’inizio del 2012, la maggior parte di loro sceglie di impiccarsi. Ma il bollettino di questa strage silenziosa non si ferma qui: dal primo gennaio nelle carceri italiane ci sono stati anche 5 decessi per cause naturali. In altri 23 casi gli agenti della Polizia penitenziaria sono riusciti ad intervenire appena prima che i detenuti si togliessero la vita. Per una triste coincidenza sabato scorso ha scelto di togliersi la vita, impiccandosi nel bagno di casa, anche un assistente capo della Polizia penitenziaria. Aveva 48 anni, prestava servizio nel carcere romano di Rebibbia e suonava nella banda musicale del corpo. Due giorni prima un altro agente si era sparato. Negli ultimi anni il numero dei suicidi tra i baschi azzurri ha subito un’escalation impressionante: 88 dal 2000 ad oggi, di cui 38 solo negli ultimi quattro anni. “Il nostro organico è ridotto all’osso, abbiamo 6.500 unità in meno rispetto agli effettivi necessari” spiega Eugenio Sarno, segretario generale della Uil penitenziaria “lavoriamo in condizioni al limite della legalità”. Poi incalza: “Senza voler strumentalizzare, ma due suicidi in meno di 48 ore non possono non essere oggetto di attenzione verso il malessere del personale, invece non vediamo atti concreti da parte di chi detiene responsabilità politiche ed amministrative”. Le carceri italiane scoppiano, strette tra sovraffollamento, strutture fatiscenti e lentezza della macchina giudiziaria, con il 42% dei detenuti in attesa di giudizio. Le ultime statistiche del ministero della Giustizia parlano chiaro: al 31 gennaio i detenuti erano 66.973, oltre 22 mila in sovrannumero rispetto alla capienza regolamentare prevista. Numeri che aiutano a comprendere meglio perché, in un anno, circa 500 agenti penitenziari abbiano riportato ferite con diagnosi superiori ai 5 giorni a seguito di aggressioni da parte dei detenuti. Per alleggerire la situazione nei giorni scorsi il Parlamento ha varato il cosiddetto decreto svuota carceri approntato dal governo Monti. Il provvedimento prevede la possibilità che una persona fermata per reati non gravi venga trattenuta, per le prime 48 ore, agli arresti domiciliari, poi nelle celle di sicurezza delle Questure e solo come estrema ratio nei penitenziari. In sostanza interviene sul sistema delle porte girevoli, che ogni anno vede transitare in cella oltre 20 mila persone per periodi compresi tra due e cinque giorni. Un meccanismo che crea sovraffollamento. “Non è né un indulto mascherato, né una resa dello Stato alla delinquenza” ha tenuto subito a precisare il Guardasigilli Paola Severino. Contestualmente ha annunciato 11.500 nuovi posti nelle carceri. “Questo decreto è un passo in avanti che va nella giusta direzione, ma va ripensata la politica della pena” commenta il segretario generale aggiunto del Sappe Roberto Martinelli “ad esempio per i tossicodipendenti, che sono circa il 30% della popolazione carceraria”. Secondo il Sappe “In una comunità di recupero potrebbero essere assistiti meglio ed avrebbero maggiori possibilità di reinserimento sociale. Il carcere non sia l’unica risposta che lo Stato da per garantire la sicurezza dei suoi cittadini”. Con l’attuale sistema della pena, lo scorso anno 61 detenuti si sono suicidati in carcere. Giustizia: il ministro Severino in audizione al Senato “ogni suicidio è sconfitta per lo Stato” Dire, 21 febbraio 2012 “Ogni suicidio dei detenuti è una sconfitta dello Stato”. Lo dice il ministro della Giustizia, Paola Severino, in audizione in commissione Diritti umani al Senato. Su una popolazione carceraria di 66.973 unità, spiega, “sono 13.756 i detenuti in attesa di giudizio, un dato impressionante per un giurista. Un conto stare in carcere per scontare la pena, altro starci aspettando di essere giudicati”, sottolinea il Guardasigilli. Inoltre, “l’avvilimento che può aggredire una persona in attesa di giudizio è maggiore di chi sta scontando la pena”. Ed è proprio questo avvilimento, conclude il ministro, che “porta al suicidio dei detenuti”. Dl non è débâcle stato o indulto mascherato “Non è un indulto mascherato né una débâcle dello Stato rispetto ad una delinquenza dilagante”. In audizione davanti alla Commissione diritti umani al Senato, il ministro della Giustizia Paola Severino torna a difendere il provvedimento “svuota carceri”. “Ci sarà sempre un magistrato - ha ribadito - a valutare se qualcuno deve essere tenuto in carcere o meno, non è possibile che escano persone pericolose. Se su questo punto ci sono ancora dei fraintendimenti, sono dovuti alla volontà di non capire”. Dopo decreto “porte girevoli” ridotte del 21% “Cominciano a vedersi i primi effetti del decreto svuota-carceri. Il fenomeno delle porte girevoli sì è ridotto del 21,57 per cento. Mi sembra un risultato non da poco”. Così il ministro della Giustizia Paola Severino nel corso di un’audizione in Senato sulla situazione carceraria in Italia. A febbraio 66.897 detenuti, capienza 43 mila posti “Il primo problema delle carceri riguarda le condizioni di custodia riservate ai detenuti che sono di assoluta emergenza a causa del sovraffollamento. Per questo ho pensato di affrontare il problema con un decreto legge”. Così il ministro della Giustizia Paola Severino nel corso di un’audizione in Senato sulla situazione carceraria in Italia. “Nel nostro Paese ci sono 211 istituti penitenziari comprese 5 case mandamentali - spiega il Guardasigilli. A febbraio la popolazione carceraria risulta essere di 66.897 detenuti e la capienza di 43 mila posti”. Un dato “impressionante” commenta Severino che stima in 13mila i detenuti in attesa di primo giudizio. “Un conto è stare in carcere per scontare la pena - dichiara il ministro -, altro è starci aspettando di essere giudicati”. Anche perché, “l’avvilimento che può aggredire una persona in attesa di giudizio è maggiore di chi sta scontando la pena” ed è una delle cause che “porta al suicidio e questa è una sconfitta dello Stato”, osserva Severino. Prime parole bambini in carcere sono “apri” e “superiore” Le prime parole che i bambini nati in carcere pronunciano sono “api”, che sta per “apri” e superiò”, ossia superiore, il termine con il quale i detenuti chiamano gli agenti di guardia. È quanto ha affermato il ministro della Giustizia Paola Severino durante la sua audizione alla commissione Diritti umani del Senato. Severino, parlando della condizione delle donne in carcere e in particolare delle madri con figli ha ricordato come ogni volta che si è recata in carcere ha visitato il reparto femminile ricevendone “un impatto durissimo” e “l’idea di un bambino che nasce in carcere e ci rimane fino a 3 anni è agghiacciante”. ‘Poi - ha aggiunto - a tre anni viene strappato alla madre con atroci sofferenze per madre e bambino”. Secondo il ministro, quindi, per affrontare questa situazione bisognerebbe ricorrere a sistemi di detenzione alternativa, a cominciare da domiciliari e case famiglie protette. Serve “tavolo verifica” nuovi provvedimenti L’insieme dei provvedimenti tesi a “dare sollievo ai detenuti e a garantirne il rispetto dei diritti fondamentali andrebbe accompagnato ad un tavolo di verifica capace di valutare i risultati effettivamente ottenuti”. Lo ha affermato il ministro della Giustizia, Paola Severino, al termine dell’audizione in Senato davanti alla commissione diritti umani. Del tavolo - ha proposto il ministro - dovrebbero far parte “polizia penitenziaria, sindacati, garanti dei detenuti, rappresentanti del ministero, associazioni e imprenditori interessati al lavoro carcerario”. Reato tortura è un tema da approfondire “È un tema che intendo approfondire, per capirne estremi e requisiti e perché finora non è stato dato seguito ai protocolli internazionali”. Lo ha affermato il ministro della Giustizia, Paola Severino, rispondendo in commissione Diritti umani alla domanda su una recente sentenza del tribunale di Asti su un caso di maltrattamento ai danni di due detenuti. “Credo che le resistenze all’introduzione di un reato di questo tipo siano di tipo soprattutto psicologico - ha ammesso il ministro - nessun Paese vuol sentirsi dire che all’interno dei suoi confini viene praticata la tortura”. In ogni caso, “il nostro è un codice molto ricco di fattispecie, in un modo o nell’altro una la si trova, anche se la tortura è una fattispecie molto precisa che implica una aggressione molto forte dei diritti umani”. Giustizia: Di Giovan Paolo (Pd); non solo sovraffollamento, ma rischio di lesione dei diritti umani Adnkronos, 21 febbraio 2012 “Concordo col ministro Severino: serve applicare le leggi in vigore, le Convenzioni, i Trattati internazionali, perché nelle condizioni attuali il rischio è non più solo il sovraffollamento ma la lesione dei diritti umani”. Lo ha affermato il senatore del Pd Roberto Di Giovan Paolo, presidente del Forum per la Sanità Penitenziaria, durante l’audizione in Commissione Diritti Umani al Senato del ministro Severino. “Alle leggi seguano le circolari e gli atti amministrativi. Appronteremo un documento di proposte per il programma di chiusura degli Opg. Infatti, dopo la recente approvazione della legge ci sarà prima importante tappa il prossimo 31 marzo con la circolare ministeriale organizzativa del dopo Opg - continua Di Giovan Paolo - Rinnovo, poi, l’invito al nostro convegno nazionale Le città e l’istituzione penitenziaria, che si terrà il 2 aprile a Firenze”. Giustizia: Sappe; ben venga confronto con ministro Severino su nuovi provvedimenti Adnkronos, 21 febbraio 2012 “Valuto positivamente l’annuncio del ministro della Giustizia che oggi ha annunciato l’intenzione di aprire un tavolo tecnico per verificare gli effetti dei provvedimenti approvati in materia di carceri. Auspico che il tavolo possa produrre altresì concrete soluzioni per una più complessiva rivisitazione del sistema dell’esecuzione della pena in Italia, che ponga al centro il fondamentale e prezioso ruolo svolto dal Corpo di Polizia Penitenziaria”. Lo rileva Donato Capece, segretario generale del sindacato autonomo di Polizia penitenziaria, Sappe. “Quando si parla di carcere - osserva in una nota - è sempre molto forte la tentazione di sviluppare ragionamenti ispirati a singoli eventi o a specifiche questioni, che occasionalmente ed improvvisamente fanno diventare interessante il dibattito sul mondo penitenziario. L’occasione suggerita oggi dalla Ministro Guardasigilli è ideale per una rivisitazione organica dell’intero sistema”. Il sovraffollamento delle strutture penitenziarie italiane, osserva ancora, “è certamente un problema storico ed è un problema comune a molti Paesi europei, che hanno risolto il problema in maniera diversa. Caratteristiche uniche del nostro Paese sono il flusso e i periodi di permanenza in carcere. Ogni giorno entrano ed escono centinaia di persone dal carcere, un movimento che comporta uno stress enorme del sistema soprattutto in una fase, quella dell’accoglienza, che è la più delicata e la più difficile da gestire: questo quadro complesso è reso ancora più difficile dalle caratteristiche della popolazione ristretta, in gran parte costituita da stranieri, tossicodipendenti e da persone con problemi mentali”. Moretti (Ugl): pronti a confronto su criticità “Siamo pronti a dare il nostro contributo affinché si superino le enormi criticità che compromettono i compiti istituzionali della Polizia Penitenziaria”. Così il segretario nazionale dell’Ugl Polizia Penitenziaria, Giuseppe Moretti, risponde alla proposta del Guardasigilli di aprire un tavolo tecnico per verificare gli effetti dei provvedimenti approvati in materia di carceri. ‘Il ministro Severino - aggiunge - accoglie così la nostra richiesta di essere parte attiva di un sistema di controllo sull’esecuzione penale, purché si mantengano inalterati i principi costitutivi del Corpo di Polizia Penitenziaria, dando quella spinta necessaria a riportare il livello di umanità della detenzione all’altezza di quello richiesto dalla nostra società”. “Chiederemo al ministro anche di fissare una data per l’attivazione di centri d’ascolto psicologico e di sostegno del personale, - continua Moretti in una nota - la cui urgenza è indiscutibile, considerando anche gli ultimi tragici suicidi verificatisi tra il personale di Polizia Penitenziaria”. “Nonostante gli Enti territoriali, come la Regione Lazio, abbiano infatti finanziato progetti sperimentali di counseling e l’Amministrazione penitenziaria abbia convenuto sulla necessità di aprire gli sportelli di ascolto, ad oggi - conclude Moretti - ancora non sono state attivate le idonee contromisure per sconfiggere questa grave piaga”. Giustizia: Associazione “Stop Opg”; la legge svuota-carceri peggiora la situazione Dire, 21 febbraio 2012 Il decreto “svuota carceri” del Governo Monti rischia di peggiorare ancora di più la situazione degli Ospedali psichiatrici giudiziari. A lanciare l’allarme è l’Associazione “Stop Opg” di Reggio Emilia, ascoltata oggi dalla commissione Sanità della Regione. L’associazione è preoccupata soprattutto dal possibile “effetto paradosso del decreto”, se dalla chiusura dei sei attuali Opg in Italia si passasse alla creazione di strutture regionali, i cosiddetti “mini-Opg”, senza l’attivazione di percorsi di presa in carico da parte delle Ausl. L’associazione infatti, oltre a “segnalare l’urgenza di una legge che abolisca gli articoli del codice penale sull’imputabilità del malato di mente autore di reato”, ha proposto al Governo e alla Conferenza delle Regioni di dare subito i finanziamenti previsti dalla legge sul carcere. Si tratta di 38 milioni di euro per il 2012 e di 55 milioni per il 2013, che servirebbero a finanziare i progetti di terapia riabilitativa individuale a favore degli internati negli Opg. Grazie a queste risorse, i Dipartimenti di salute mentale delle Ausl possono prendere in carico i soggetti da dimettere, “stabilendo criteri, vincoli e tempistiche di concerto con le Regioni”. A questo scopo, l’associazione reggiana ha avviato la campagna “Un volto un nome”, per sostenere la chiusura degli Opg e la “presa in carico” da parte delle Regioni tramite le Ausl. Nella struttura di Reggio Emilia, l’unica in Emilia-Romagna, si contano al momento 224 internati di cui solo 44 provenienti dalla regione. L’associazione ha ricevuto appoggio bipartisan da parte di Andrea Pollastri (Pdl), Franco Grillini (Idv), Gian Guido Naldi (Sel), Monica Donini (Fds), Marco Barbieri, Marco Carini e Palma Costi (Pd), che ha segnalato a sua volta la “drammatica situazione di due Case Lavoro” a Modena. Giustizia: da 1 a 5 anni di carcere… aumentano le pene per le frodi a danno delle assicurazioni Agi, 21 febbraio 2012 Aumentano le pene per le frodi a danno delle assicurazioni. lo prevede un emendamento al dl liberalizzazioni approvato questa mattina dalla commissione Industria. L’emendamento stabilisce il carcere da uno a cinque anni e non più da ‘da sei mesi a quattro annì perchi froda le assicurazioni danneggiando un bene assicurato o con una mutilazione della propria persona. Giustizia: l’Orso d’Oro per i fratelli Taviani… una “condanna” per le nostre carceri di Dimitri Buffa L’Opinione delle Libertà, 21 febbraio 2012 Dopo più di venti anni due registi italiani, i fratelli Taviani, hanno vinto un Orso d’oro alla sessantaduesima Berlinale parlando della terribile condizione delle carceri, e segnatamente dei detenuti in 41 bis, attraverso l’espediente narrativo di rappresentare tutto il backstage di una tragedia di Shakespeare, il “Giulio Cesare”, effettivamente allestita a Rebibbia dai detenuti sottoposti a quel regime come ex appartenenti a clan di mafia, camorra e ndrangheta o altre bande della criminalità organizzata. Il film è effettivamente bello e commovente soprattutto perché i detenuti, che all’inizio della pellicola si presentano con la propria fedina penale, prima in un’espressione dolce poi in una carica e molto dura, se non rabbiosa, usano la recitazione per lanciare il proprio urlo di disperazione e di libertà agognata. Durante la proiezione riservata alla stampa al Festival di Berlino, applausi e lacrime si sono mischiati durante i titoli di coda. Sia gli spettatori, sia i registi e gli attori (Cosimo Rega, Salvatore Striano, Giovanni Arcuri, Antonio Frasca, Juan Dario Bonetti, Vittorio Parrella, Rosario Majorana, Vincenzo Gallo, Francesco De Masi, Gennaro Solito, Francesco Carusone, Fabio Rizzuto, Maurilio Giaffreda) sapevano benissimo di interpretare sé stessi attraverso Shakespeare, grazie alla regia di Paolo e Vittorio Taviani. Nell’elenco ci sono due “estranei”, per così dire, al circuito infernale del 41 bis: uno è l’ex detenuto per camorra Salvatore “Zazà” Striano, condannato a 14 anni e sei mesi per traffico di droga, oggi libero e attore a tempo pieno, l’altro è Maurilio Giaffreda che in carcere ci sta ma come educatore teatrale. Bello, come si diceva, l’identikit iniziale dei personaggi che ricorda, mutatis mutandis, lo stesso tipo di introduzione ai personaggi usati in rock operas come “Jesus Christ Superstar”. Lo hanno spiegato agli stessi registi i responsabili del teatro dei detenuti di Rebibbia: “Per quanto riguarda le audizioni, da alcuni anni abbiamo adottato un metodo semplice ma estremamente efficace: chiediamo agli attori di identificare se stessi, come se fossero interrogati dalla polizia, poi chiediamo loro di dire addio a qualcuno che amano, dicendo loro che la prima volta devono mostrare il dolore e la seconda volta la rabbia. In questo caso, abbiamo avuto una sorta di pre-casting con Fabio Cavalli, che è il direttore artistico a Rebibbia”. Hanno spiegato a loro volta i Taviani che “questi detenuti-attori hanno dato se stessi per realizzare il film” e che quindi “a loro va il nostro pensiero, mentre noi siamo qui tra le luci, loro sono nella solitudine delle loro celle. E quindi dico grazie a Cosimo, Salvatore, Giovanni, Antonio, Francesco e Fabione. Anche un detenuto, su cui sovrasta una terribile pena, resta un uomo, grazie alle parole sublimi di Shakespeare; ci fa piacere vincere un premio in un festival come questo, che non ha un indirizzo generico, ma che al contrario ha un carattere molto specifico: cerca forze nuove e cerca forze che si appassionano a tematiche sociali”. Per una di quelle terribili coincidenze del fato, la notizia dell’Orso d’oro per “Casere deve morire” arrivava nei giorni più tremendi per i detenuti italiani: una settimana costellata da suicidi di detenuti e di guardie di custodia. Come ha spiegato il sindacalista Eugenio Sarno della Uil penitenziari in uno dei tanti comunicati che è costretto a stilare per fare la conta dei morti nelle patrie galere, “troppo spesso le nostre segnalazioni non trovano alcun riscontro. Questa insensibilità logora ed alimenta la rabbia e la frustrazione del personale”. Risultato? “Due suicidi di nostri colleghi, in meno di 48 ore (Formia e Sessa Aurunca)”. Ma il bilancio della settimana horribilis comprende anche altri morti in cella. Spiega Sarno infatti che “in questi ultimi giorni due detenuti, a Milano Opera e Cremona, hanno deciso di evadere per sempre dalla vita. Sono, quindi, otto i suicidi dall’inizio del 2012. Per non parlare delle due vite salvate dai baschi blu da tentati suicidi (Enna e Genova Marassi) che portano a circa trenta il numero dei detenuti strappati a morte certa dal primo gennaio ad oggi”. Ma se il cinema italiano con i fratelli Taviani, e le giurie di Berlino con le loro coraggiose scelte, hanno deciso di mettere la condizione carceraria italiana ed europea al primo posto dell’immaginario collettivo, non così può dirsi per la politica italiana. Che con la sola eccezione dei radicali italiani di Marco Pannella e Rita Bernardini, non ha il coraggio di pronunciare quell’unica parola, “amnistia”, che rappresenterebbe la conditio sine qua non per ogni seria riforma della giustizia penale. Se in aula durante il dibattito sul cosiddetto “svuota carceri” si sono sentite le demagogiche impostazioni di chi ha fatto ostruzionismo, Lega Nord e Italia dei Valori, quelle motivazioni che la Bernardini ha definito ‘ripugnanti” alla buona fede e all’onestà intellettuale della gente (e chi ha accesa Radio Radicale tutto il giorno ha potuto farsi una propria idea in proposito), in tv domenica da Lucia Annunziata anche la ministra Paola Severino sembrava più sensibile alle lacrime di coccodrillo di Di Pietro, per la ostentata malinconia dei bei tempi di “mani pulite” , che a quelle di disperazione dei detenuti. Per non parlare della conduttrice che non ha fatto una domanda che è una in quella “mezz’ora” sulla situazione carceraria italiana. A pensarci bene e a dirla tutta, questo Orso d’Oro per i fratelli Taviani potrebbe (fatto salvo il riconoscimento artistico) assumere lo stesso significato di una delle centinaia di condanne che la Corte europea dei diritti dell’uomo infligge al nostro paese proprio per come tratta i carcerati. Sardegna: Pili (Pdl); piano per il trasferimento di 2mila detenuti nelle carceri della regione Agi, 21 febbraio 2012 “È in atto in queste ore un piano di trasferimento di detenuti che punta a trasferire nei prossimi mesi 2000 detenuti dalla Penisola alla Sardegna. Un piano di trasferimento di massa che non ha minimamente affrontato la questione relativa alla carenza di personale, dalla sicurezza sanitaria alla chiusura delle vecchie strutture”. Lo ha detto il deputato sardo del Pdl Mauro Pili, che in una interrogazione al Ministro della Giustizia, denuncia il piano con cifre alla mano e con gli atti che proprio in queste ore si stanno compiendo. “L’amministrazione penitenziaria - sostiene Pili - da Alghero a Sassari, da Tempio a Massama (Oristano) sta mettendo in atto un piano relativo all’attivazione dei nuovi carceri sardi che prevede il trasferimento dal resto d’Italia in Sardegna di oltre 2.000 nuovi detenuti”. “L’amministrazione penitenziaria - dichiara Pili - ha disposto in gran segreto l’apertura del carcere di Nuchis a Tempio che in teoria dovrebbe sostituire quello della Rotonda che ospita 20 detenuti a fronte di 300 del nuovo carcere. Al nuovo carcere di Tempio - sostiene Pili - si aggiungerà nei prossimi giorni il nuovo carcere di Massama ad Oristano. Attualmente nella storica sede del penitenziario oristanese sono ospitati 120 detenuti, il nuovo carcere avrà una capienza di 240 e una tollerabilità di 480. Si tratta quindi di una nuova disponibilità di 360 posti”. “La consegna del carcere all’amministrazione penitenziaria - prosegue Pili - è stata fissata per il 29 di questo mese. Risultano praticamente in fase conclusiva i lavori di ampliamento del carcere nuorese di Badu e Carros a Nuoro che con l’apertura della nuova ala avrà a disposizione 150/200 nuovi posti destinati ai detenuti accusati e condannati per i delitti più efferati. Il nuovo carcere di Bancali di Sassari - aggiunge il parlamentare sardo - ha subito dei rallentamenti per via dell’adeguamento al 41 bis di 2 ali della struttura ma entro i prossimi tre/quattro mesi dovrebbe essere pronto per la consegna. Avrà una capienza tollerabile di oltre 900 detenuti a fronte di circa 180 attuali di San Sebastiano. Dunque una disponibilità di nuovi 720 posti. A questo quadro si deve aggiungere il nuovo carcere di Uta (Cagliari). Si tratta di almeno nuovi 1.000 posti tollerabili da cui occorre sottrarre in teoria gli attuali 500 detenuti del carcere di Buoncammino. Basterebbe sommare le nuove disponibilità per comprendere che la Sardegna sarà meta di oltre 2000 nuovi detenuti senza che nessuno ne sappia niente”. Sardegna: Pd; ingiustificato allarmismo di Pili sull’arrivo di 2mila detenuti dal nord Italia Adnkronos, 21 febbraio 2012 “L’allarmismo del deputato Pdl Mauro Pili sull’emergenza carceri in Sardegna è ingiustificato, inutile e forse anche dannoso”. Lo sostengono il segretario regionale del Pd della Sardegna Silvio Lai e il deputato Guido Melis, membro della commissione Giustizia della Camera, esprimendosi a proposito di quelle che definiscono le “fantasiose notizie circa un piano segreto per trasferire nelle carceri sarde 2mila nuovi detenuti”. Pili ieri, recandosi in visita al carcere di Macomer (Nuoro) dove un agente è stato aggredito da un detenuto, ha detto che sarebbero destinati alle carceri sarde dai 2.200 ai 2.400 detenuti provenienti dalle carceri del nord Italia. “Abbiamo assunto informazioni certe e autorevoli presso il Ministero della Giustizia - dichiarano Lai e Melis in una nota congiunta, - ricevendo circa i 2mila detenuti in arrivo una secca smentita. Né esistono i fantomatici piani segreti dei quali vocifera Pili”. “È vero che a giugno (in alcuni casi a dicembre) dovrebbero concludersi i lavori di costruzione o di ampliamento in diversi istituti isolani, ed è plausibile dunque che - crescendo i posti-letto - si abbia anche, oltre al miglioramento delle condizioni complessive della detenzione, anche qualche limitato e ragionevole aumento dei detenuti. Ma non certo nelle proporzioni allarmanti delle quali parla Pili”. “La situazione carceraria sarda, - proseguono - come più volte denunciato dal Pd (lo testimoniano sia gli atti del Consiglio regionale che quelli del Parlamento) è stata semmai a lungo lasciata marcire dal precedente governo Berlusconi, con casi di vero e proprio degrado che costituiscono una vergogna sul piano nazionale, quali quello di San Sebastiano a Sassari (si veda la nostra denuncia del 2010 in Procura) e quelli di Badu e Carros a Nuoro e di Buon Cammino a Cagliari”. “Stupisce - continuano - che il Pdl, che ha sostenuto convintamente e prolungatamente il ministro Alfano, si svegli solo ora per prendersela con il ministro Severino che, se non altro, ha avuto il merito di assumere misure per ridurre il sovraffollamento carcerario”. “La Sardegna non può certo diventare un’isola-carcere - aggiungono Melis e Lai -, aggiungendo questo handicap ai molti altri derivanti dalla devastante crisi economica che la affligge. Vigileremo, come sempre, perché gli istituti sardi non si riempiano oltre misura di detenuti di altre regioni. E se qualcuno dovrà essere trasferito, chiederemo la applicazione tassativa delle norme sulla territorialità della pena, perché vengano prioritariamente in Sardegna, com’è loro diritto, i sardi carcerati in altri istituti della penisola”. Milano: “Alessandro in carcere senza motivo”; famiglia detenuto suicida pronta a fare causa di Giacomo Valtolina Corriere della Sera, 21 febbraio 2012 Notte tra sabato e domenica. Al Policlinico arriva un giovane, Vincenzo. Chiede informazioni, cerca il posto di polizia. Sbatte contro la fredda burocrazia, cerca di mantenere il controllo. Suo fratello è morto in carcere, a San Vittore, nel pomeriggio. Ma nessuno dà spiegazioni né a lui né allo zio Marco, anch’egli in ospedale. “I carabinieri ci hanno chiamato quattro ore dopo - racconta il 24enne Vincenzo - dicendo di telefonare al cappellano della prigione”. Don Alberto comunica alla famiglia la tragedia: “Alessandro si è tolto la vita”. Un’ambulanza del 118 esce alle 17.49 e porta al Policlinico Alessandro Gallelli, 22 anni, calciatore di San Vittore Olona, in attesa di giudizio per reati minori. Morto con il collo spezzato in una cella del reparto di psichiatria. “Aspettiamo l’autopsia di oggi - precisa l’avvocato della famiglia, Antonio Romano -. Ma non crediamo al suicidio, pensiamo sia stato ucciso e siamo pronti a intraprendere azioni legali”. Anche perché “la detenzione non era necessaria”, sostiene l’avvocato. Reati minori, l’accusa: “Una rissa con la Polfer causa un biglietto del treno non pagato, consumo di marijuana, piccole molestie, disturbi psicologici (asocialità) non accertati dalle perizie” elenca il fratello. “L’hanno messo senza motivo in una cella di pochi metri quadri con il vetro rotto oltre le sbarre. I carabinieri di Cerro Maggiore hanno fatto pressioni - accusa - con rapporti minuziosi, reati mai accaduti, una violenza su una ragazza che non esiste. Non è possibile che si sia ucciso, tra 20 giorni sarebbe uscito per andare in comunità. Voleva rimanere nel mondo del calcio, non morire. Se è andato in carcere lui, ci può finire chiunque. Morti così non deve accadere mai più”. Intanto il penitenziario celebra il lutto. Don Alberto riporta: “Ho visto le lacrime negli occhi dei suoi ex compagni di stanza: il carcere distrugge i detenuti”. Milano: Magistrato Sorveglianza; a San Vittore affollamento insostenibile per un essere umano Il Messaggero, 21 febbraio 2012 Per Roberta Cossia, magistrato del Tribunale di Sorveglianza di Milano tra i massimi conoscitori dei problemi penitenziari, la morte del decimo detenuto da inizio anno è la sintesi fra tragedia personale e collasso del sistema. “Siamo in una situazione di emergenza epocale, il sovraffollamento tocca livelli insostenibili da dramma umano”. Come si vive a San Vittore? “Abbiamo fatto l’ultimo sopralluogo due settimane fa e ci siamo trovati di fronte a una situazione devastante. La popolazione carceraria è il triplo della capienza regolamentare, alcuni bracci sono chiusi per ristrutturazione. In queste condizioni parlare di rieducazione del condannato è utopia. È un discorso insensato quando in una cella sono ammassate sei o sette brande, dove i detenuti non hanno nemmeno il posto per stare in piedi. Per effetto di normative come la Cirielli e la legge sulla tossicodipendenza transita una quantità impressionante di detenuti che avrebbero potuto chiedere misure alternative. Così diventa difficile pensare a un trattamento rieducativo, che poi è l’unica finalità della pena prevista dalla costituzione, e resta solo la parte afflittiva della pena”. La soluzione? “Il ministro Severino ha posto la questione della rivisitazione del sistema delle pene, spero diventi un obiettivo per questo governo e mi auguro per tutti. Le pene vanno modulate per tipo di reato, la custodia cautelare non può essere l’unica sanzione possibile. Il decreto svuota carceri è una goccia in mezzo al mare: si rivolge a chi ha già un domicilio idoneo e si tratta di una percentuale veramente residuale”. Latina: Cangemi (Regione) visita Casa circondariale “verificato problematiche infrastrutturali” Dire, 21 febbraio 2012 “Prosegue il lavoro di attento monitoraggio delle criticità degli Istituti Penitenziari della Regione Lazio. Oggi ho voluto visitare la casa circondariale di Latina per verificare alcune problematiche infrastrutturali, peraltro già evidenziate dal direttore Nadia Fontana durante uno degli eventi musicali svolti nel periodo natalizio che abbiamo effettuato alla presenza della presidente Renata Polverini”. Lo ha dichiarato Giuseppe Cangemi, assessore agli Enti Locali e Sicurezza della Regione Lazio a margine della visita nel carcere pontino. “Alcuni di questi interventi che stiamo vagliando con il Provveditorato delle carceri del Lazio, riguardano alcune opere di ristrutturazione, tra cui anche la recinzione del campo sportivo. Ritengo che l’insieme di tali interventi potranno avere una doppia valenza perché si permetterà di migliorare lo svolgimento del proprio lavoro agli operatori, ed allo stesso tempo si permetterà una migliore qualità di vita ai detenuti - ha proseguito Cangemi. In generale, il quadro ormai noto legato alla crescita del numero dei detenuti nelle carceri della regione è un dato critico e segnalato ormai da tutti coloro che vivono il carcere, a cominciare dagli agenti di polizia penitenziaria. In questo scenario generale, proseguiamo l’ampia e complessa attività messa in campo dalla nostra Amministrazione regionale volta a garantire i diritti dei detenuti: una attività che ci vede fortemente impegnati per la formazione, il diritto allo studio, il reinserimento lavorativo, la solidarietà”. Cinema: ergastolano Cosimo Rega; dall’Orso d’Oro all’autobiografia Agi, 21 febbraio 2012 “Da quando ho conosciuto l’arte, stà cella è diventata una prigione”. Così Cosimo Rega riassume la sua condizione di detenuto nel trailer del film di Paolo e Vittorio Taviani, “Cesare deve morire” che ha conquistato l’Orso d’oro per il miglior film alle 62ma edizione del Festival del Cinema di Berlino. Fondatore della Compagnia di attori detenuti protagonisti del film dei Taviani, Cosimo Rega sconta a Rebibbia il carcere a vita, e l’unica via di fuga dalla sua cella in questi anni è stata l’arte, come attore e come scrittore. Dopo il successo internazionale del film dei Taviani, che ha portato all’attenzione europea il tema delle carceri italiane, arriverà a marzo, per la Robin edizioni, il suo primo romanzo “Sumino ‘o Falco, autobiografia di un ergastolano”, la drammatica storia di una rinascita, raccontata in totale sincerità e limpidezza. Dalla prima giovinezza all’ergastolo, dal primo amore alla caduta nel mondo del crimine, Cosimo Rega ripercorre la storia della sua vita, raccontando come un detenuto possa riconquistare una nuova condizione umana e sociale, attraverso lo studio, l’organizzazione culturale e artistica interna al carcere, la scrittura di un libro. Teatro: dal 21 al 24 febbraio anteprima di “Valijean”, musical sociale pensato per le carceri Adnkronos, 21 febbraio 2012 Dal 21 al 24 febbraio alle 21 al Teatro Matteotti di Moncalieri, nel torinese, andrà in scena l’anteprima nazionale di “Valjean”, musical teatrale di Fulvio Crivello, Sandro Cuccuini e Fabrizio Rizzolo, liberamente ispirato a Les Miserables di Victor Hugo. Lo spettacolo, ideato dall’Associazione 9430, propone una rivisitazione della vita del protagonista dell’opera, Jean Valjean, un uomo alla ricerca della propria identità a seguito di un lungo periodo di prigionia. Un musical dalla valenza sociale che, realizzato in collaborazione con la Città di Moncalieri e l’Istituzione Musicateatro Moncalieri, è sostenuto dai Provveditorati alle Carceri Italiane e dal ministero della Giustizia, con l’obiettivo di arrivare anche negli istituti penitenziari italiani, per mostrare ai detenuti quanto importante sia la determinazione in fase di riscatto personale. Infatti sulla scena viene posta l’attenzione sulle scelte morali ed etiche alla base del processo di affermazione della propria identità. Il musical è cantato dal vivo con pianoforte e interpretato da sei attori che ruotano intorno ad una struttura scenografica semplice ma simbolica: al centro del palcoscenico un carro, dove i protagonisti si trasformano e cambiano la scena che diventa carcere, telaio, barricata e trasporta la storia e la vita di Valjean. L’ingresso è a offerta libera e il ricavato sarà destinato a promuovere attività artistiche all’interno delle carceri. Immigrazione: niente più respingimenti in mare? attesa per sentenza della Corte di Strasburgo Redattore Sociale, 21 febbraio 2012 Giovedì 23 febbraio la Corte europea dei diritti dell’uomo deciderà sul caso “Hirsi e altri contro Italia”, che risale al 6 maggio 2009. Potrebbe essere la svolta nel destino delle carrette che attraversano il Mediterraneo. Potrebbe segnare una svolta nel destino delle carrette che attraversano il Mediterraneo: niente più respingimenti in mare aperto. Stop ai ritorni nei Paesi del nord Africa decisi dalle autorità italiane quando ancora i profughi sono sulle barche. Giovedì 23 febbraio, alle ore 10.30, la Corte europea dei diritti dell’uomo darà lettura della sentenza sul caso “Hirsi e altri contro Italia”: il 6 maggio 2009 a 35 miglia a sud di Lampedusa, in acque internazionali, le autorità italiane hanno intercettato una nave con a bordo circa 200 persone di nazionalità somala ed eritrea (tra cui bambini e donne in stato di gravidanza). I migranti sono stati trasbordati su imbarcazioni italiane e riaccompagnati in Libia contro la loro volontà, senza essere prima identificati, ascoltati né preventivamente informati sulla loro effettiva destinazione. Non è stato verificato se potessero chiedere asilo politico. Un respingimento frutto degli accordi bilaterali e del trattato di amicizia italo-libico siglati da Berlusconi e Gheddafi. Se la Corte di Strasburgo darà ragione ai “respinti” sarà una sentenza storica, sottolinea in un comunicato stampa il Cir (Centro italiano per i rifugiati): “Potrebbe vietare in modo definitivo e inderogabile le operazioni di respingimento di migranti intercettati o soccorsi anche in acque internazionali. La pronuncia della Corte marcherà un principio fondamentale di cui anche l’attuale Governo non potrà non tenere conto nel rinegoziare gli accordi di cooperazione con il Governo di Transizione Libico” dichiara Christopher Hein direttore del Cir. Dei 200 migranti, 24 (11 somali e 13 eritrei) sono stati rintracciati e assistiti in Libia dal Consiglio Italiano per i Rifugiati e hanno incaricato gli avvocati Anton Giulio Lana e Andrea Saccucci dell’Unione forense per la tutela dei diritti umani di presentare ricorso dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo. In Libia i migranti respinti hanno vissuto situazioni drammatiche. “La maggior parte di essi - denuncia il Cir - è stata reclusa per molti mesi nei centri di detenzione libici ove ha subito violenze e abusi di ogni genere. Due ricorrenti sono deceduti nel tentativo di raggiungere nuovamente l’Italia a bordo di un’imbarcazione di fortuna. Altri sono riusciti a ottenere protezione in Europa, un ricorrente proprio in Italia. Prima respinti e poi protetti, a dimostrazione della contraddittorietà e insensatezza della politica dei respingimenti”. “Oltre al giudizio che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo esprimerà sulle violazioni del diritto internazionale, dobbiamo comunque sottolineare che l’Italia ha una responsabilità morale diretta sulle conseguenze dei respingimenti. Le storie di violenza che i ricorrenti ci hanno raccontato, sono drammatiche. È evidente che i respingimenti sono stati la causa diretta per cui centinaia di rifugiati sono stati detenuti in Libia e per cui molti hanno perso poi la vita nel tentativo di raggiungere, di nuovo, l’Europa” dichiara l’avvocato Anton Giulio Lana, legale dei ricorrenti. Immigrazione: nel Cie di Trapani 231 “reclusi”, a fronte di una capienza massima di 204 posti Agi, 21 febbraio 2012 “Al momento nel Cie di Milo ci sono 231 immigrati reclusi a fronte di una capienza massima di 204 posti. La causa dell’eccessivo numero di presenze non mi è stata data. In più, tra i detenuti ci sono tunisini che hanno presentato richiesta d’asilo, e che quindi non dovrebbero stare lì, come anche alcuni minori. Sono ragazzini, sbarcati a Pantelleria: ho potuto verificare sulle loro carte d’identità le date di nascita, ma anche al solo guardarne i visi si notava che fossero piccoli. Mi hanno riferito inoltre che ci sono stati molti atti di autolesionismo tra gli ospiti della struttura”. Sarebbero queste le attuali condizioni e le “anomalie” del Centro di identificazione ed espulsione di contrada Milo, a Trapani, secondo il racconto della giornalista freelance Raffaella Cosentino che nel pomeriggio ha visitato la struttura di detenzione amministrativa, inaugurata la scorsa estate. Con lei, funzionari della prefettura e della questura. Si tratta del primo ingresso di un giornalista nel centro di Milo, reso possibile dalla revoca da parte del ministro per l’Interno Annamaria Cancellieri della circolare 1305 dell’ex ministro Maroni che vietava ai giornalisti l’accesso ai Cie. La reporter, tra le promotrici della campagna nazionale “LasciateCIEntrare” che vede il sindacato e l’ordine dei giornalisti, insieme a diversi parlamentari, impegnati nella battaglia per la riapertura effettiva alla stampa dei cancelli dei Cie, ha definito la struttura di Milo “una gabbia dorata”. Stati Uniti: esplode popolazione carceraria anziana, aumentano costi per strutture detentive www.eilmensile.it, 21 febbraio 2012 Il numero dei carcerati over 55 negli Stati Uniti aumenta vertiginosamente, e molte strutture detentive non sono preparate ad accogliere questi “ospiti”, che possono costare anche nove volte di più di un carcerato giovane: lo dice l’ultimo rapporto di Human Rights Watch (Hrw). Le complicazioni nella gestione dei carcerati che invecchiano vanno dalle precauzioni per i malati di Alzheimer o demenza senile, al reperimento di un numero sufficiente di celle per i prigionieri in sedia a rotelle, per assicurarsi che questi ultimi non vengano derubati o sfruttati dai carcerati più giovani. “L’età non dovrebbe diventare un passaporto per ottenere la libertà, ma quando i prigionieri sono così vecchi e infermi che non costituiscono più una minaccia alla sicurezza pubblica, dovrebbero venire rilasciati sotto la supervisione”, riferisce Jamie Fellner, autrice dello studio di Hrw, intervistata dal New York Times. “In assenza di una tale situazione, vanno stanziati molti più soldi per pagare adeguata assistenza a quelli dietro le sbarre”. Il rapporto rivela che il numero di uomini e donne oltre i 65 anni è cresciuto di 90 volte rispetto al tasso della popolazione carceraria, dal 2007 al 2010. Mentre i carcerati anziani sono aumentati del 63%, i carcerati totali sono cresciuti solo dello 0,7 percento. Prigioni statali o federali ospitano oggi 26.200 persone di 65 anni e oltre, e 124mila prigionieri oltre i 55. Messico: massacro in prigione Apocada, diversivo per mega fuga Tm News, 21 febbraio 2012 All’indomani della morte di 44 detenuti nella prigione Apocada in Messico, le autorità locali hanno espresso la convinzione che il massacro fosse stato appositamente organizzato per consentire la fuga dal penitenziario di 30 esponenti del potente cartello degli Zetas. Il governatore di Nuevo Leon, Rodrigo Medina, ha detto che “senza ombra di dubbio c’è stata una premeditazione”. “È stato tutto pianificato”, ha commentato. Medina ha spiegato che tutti i prigionieri detenuti durante la rivolta scoppiata in carcere erano appartenenti a un gruppo rivale degli Zetas, il cartello del Golfo. Le due organizzazioni criminali, ricorda oggi il Wall Street Journal, si combattono da oltre due anni per il controllo del traffico della droga negli stati nord-orientali di Nuevo Leon e Tamaulipas. Siria: relatori Onu; rilasciare attivisti diritti umani Ansa, 21 febbraio 2012 Quattro esperti indipendenti delle Nazioni Unite hanno oggi condannato il recente arresto in Siria di 16 persone, inclusi noti attivisti per i diritti umani, ed hanno espresso il timore che siano vittime di torture e maltrattamenti. “Le autorità siriane devono porre fine ad ogni spiacevole trattamento nei confronti dei difensori dei diritti umani e rilasciare tutti coloro che sono stati arbitrariamente arrestati e detenuti”, hanno affermato i quattro relatori in un comunicato congiunto pubblicato a Ginevra. Il 16 febbraio, le forze di sicurezza siriane avevano fatto irruzione negli uffici della Centro siriano per i media e la libertà di espressione (organizzazione per i diritti umani, che gode dello status consultivo delle Nazioni Unite) ed avevano arrestato il direttore Mazen Darwich, la blogger Razan Ghazawi ed almeno 14 altre persone, ricorda il comunicato di Margaret Sekaggya, Frank La Rue, Juan Mendez e El Hadji Malick Sow. Ieri si era poi saputo che Razan Ghazawi e altre sei donne sono state liberate. Secondo Sow, quanto accaduto a queste persone “è emblematico di un modello allarmante e ricorrente di arresti arbitrari in Siria dal marzo 2011”, data dell’inizio delle rivolte contro il regime e della violenta repressione. Israele: prigioniero palestinese Adnan mette fine a 66 giorni di sciopero della fame Nova, 21 febbraio 2012 Il detenuto palestinese Khader Adnan ha accettato oggi di metter fine al più lungo sciopero della fame mai portato avanti in Israele: la protesta era iniziata il 18 dicembre scorso, 66 giorni fa, ed stata sospesa in seguito alla decisione delle autorità israeliane di rilasciare il detenuto il 17 aprile prossimo. Israele ha evitato cos nuove polemiche sulla pratica del carcere preventivo di lunghezza indeterminata e salvato il 33enne detenuto da morte sicura. Come assicura infatti il suo avvocato difensore, gli organi vitali di Adnan stavano per smettere di funzionare. “È stato raggiunto un accordo: Khader metter fine allo sciopero della fame; i giudici non rinnoveranno più la misura di detenzione, di modo di consentire il suo rilascio per il 17 aprile prossimo”, ha dichiarato un portavoce del ministero della Giustizia israeliana. Alla luce di quest’intesa, la Corte suprema israeliana ha deciso di cancellare all’ultimo istante l’udienza di appello per ottenere la scarcerazione del detenuto, esponente del movimento della Jihad islamica di Jenin, in Cisgiordania. L’udienza avrebbe causato con tutta probabilità nuove polemiche e dure reazioni da parte delle organizzazioni per i diritti umani. Il governo israeliano ha sempre ritenuto “necessaria” la pratica del carcere preventivo, misura di sicurezza utilizzata nei casi in cui un processo pubblico potrebbe rivelare informazioni ritenute sensibili dalle forze israeliane. La detenzione amministrativa può essere prorogata ogni sei mesi, lasciando il detenuto in carcere per un periodo di tempo illimitato. Attualmente questa misura repressiva applicata nei confronti di 315 palestinesi. L’organizzazione internazionale Human Rights Watch aveva condannato in precedenza il provvedimento adottato nei confronti di Adnan. Il capo della politica estera europea, Catherine Ashton, aveva inoltre comunicato di seguire con grande preoccupazione gli sviluppi del caso. Più volte i militanti islamici avevano minacciato rappresaglie nel caso in cui il loro esponente fosse morto di fame nel letto d’ospedale al quale era ammanettato, controllato a vista. Minacce che erano state ribadite anche quest’oggi, prima della notizia dell’accordo raggiunto tra le parti. Cortei e manifestazioni di proteste avevano avuto luogo in Cisgiordania e in tutto il paese a favore di Adnan, che passerà alla storia come il detenuto che ha osato sfidare Israele. Ucraina: parlamentare Ue; ex primo ministro Yulia Tymoshenko vittima di abusi in carcere Asca, 21 febbraio 2012 La ex primo ministro dell’Ucraina, Yulia Tymoshenko, viene “sottoposta ad abusi e tormentata” durante la sua detenzione. A sostenerlo è una parlamentare europea della Repubblica Ceca, Zuzana Roithova, che ha effettuato una visita in Ucraina per stilare un rapporto sulle condizioni della Tymoshenko per conto del Parlamento europeo. “Adesso prendo più seriamente le preoccupazioni della sua famiglia che possa essere esposta agli effetti di sostanze tossiche per costringerla a sottomettersi alle pressioni del regime”, ha detto la Roithova all’agenzia CTK “è davvero sopposta ad abusi e tormentata. Le portano via le stampelle invece di curarla, non le somministrano gli analgesici e la sottopongono a ore di interrogatorio”. La Tymoshenko è stata trasferita nel carcere di Kharkiv lo scorso 30 dicembre per scontare una condanna a sette anni per abuso di potere. La ex premier ha sempre definito la sentenza come puramente politica e ordinata dal suo rivale, il presidente ucraino Viktor Yanukovych.