Giustizia: per sociale e welfare il 2012 è stato un anno deludente, ecco il bilancio Dire, 30 dicembre 2012 Cosa è avvenuto nel 2012 per il sociale? E soprattutto: cosa non è avvenuto o è rimasto in sospeso? È proprio quella della sospensione l’immagine che emerge passando in rassegna gli eventi principali dell’anno in materia di welfare e disagio sociale. Se nei consuntivi tematici di dicembre si parla solitamente di “bilancio in chiaroscuro” o di “luci e ombre”, in questo caso lo scenario è ben poco luminoso. Investite dalla crisi, le politiche sociali italiane hanno rivelato tutta la loro fragilità. Basato essenzialmente su un sistema di erogazioni monetarie, spesso inefficaci, il nostro welfare paga la riduzione dei servizi pubblici di assistenza, già tra i più scarsi per numero in Europa, mentre il ruolo di supplenza delle famiglie, con i loro risparmi, sta venendo meno a causa di un impoverimento sempre più diffuso. È deludente dunque il quadro che si delinea in questo Speciale 2012, dove abbiamo selezionato dieci aree del welfare e del disagio tra quelle più dense di avvenimenti: i fondi per le politiche sociali, l’immigrazione e la cittadinanza, la disabilità e la non autosufficienza, il volontariato e terzo settore, i fondi speciali per le povertà estreme, i senza dimora, il carcere e gli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg), il servizio civile, i rom, il gioco d’azzardo. Per la prima volta dopo quattro anni sono stati parzialmente rifinanziati il fondo per le politiche sociali (300 milioni) e quello per la non autosufficienza (tra 275 e 315, a seconda di quanto sarà recuperato dai controlli sul “falsi invalidi”, e con l’incognita della parte riservata ai malati di Sla). Ma in generale gli interventi sono apparsi più il frutto di una scelta contingente che di una vera inversione di tendenza. Tanto più che i circa 600 milioni sono stati imputati al fondo omnibus di competenza di Palazzo Chigi e non a un capitolo specifico. Nessuna risposta strutturale alle povertà estreme è stata invece varata nel 2012. Nell’anno in cui si sono accumulati i dati più allarmanti sulla crescita degli indigenti in Italia, e in generale sulla fascia delle persone a “rischio di povertà o esclusione sociale” (che ha raggiunto il 28,4 per cento), al di là della tradizionale rete di risposte attivate dal volontariato e dalla chiesa si sono potute tirare le somme solo di tre fondi straordinari (due pubblici e uno privato). Interventi comunque marginali e attivati negli anni precedenti. Mentre sembra aver funzionato il fondo “nuovi nati”, dove però non c’erano limitazioni di reddito dei beneficiari, per la Social card, sommersa dalle critiche ormai da quasi tutti, si aspetta la partenza della sperimentazione in 12 grandi città: non risolverà il problema degli indigenti, ma potrebbe finalmente ispirare le politiche per interventi più efficaci da fare in futuro. Sempre in tema di povertà estreme, il 2012 è stato anche l’anno del primo censimento dei senza dimora in Italia: 50 mila persone, un numero oltre le aspettative e considerato solo la fascia più esposta di un grave disagio che interessa molte più persone. Sull’immigrazione, nell’anno della nuova sanatoria, e quando i dati parlano di una stabilizzazione del fenomeno almeno in termini numerici, è rimasta irrisolta la questione della cittadinanza ai bambini e giovani nati in Italia da genitori stranieri. Ingorghi parlamentari, ma soprattutto opportunità politiche, hanno determinato il rinvio. Nulla di fatto anche per il diritto di voto alle amministrative, nonostante la presentazione di due leggi di iniziativa popolare. E mentre l’Italia è stata condannata da Strasburgo per i respingimenti, in compenso si è intervenuti sulla “macchina degli irregolari” estendendo da sei mesi a un anno il periodo entro cui si può ricercare un nuovo lavoro senza perdere il permesso di soggiorno. È stata poi adottata la Carta blu per gli immigrati qualificati e si è almeno cominciato a parlare di abbassare a 12 mesi (da 18) il periodo massimo di detenzione nei Cie. Sulla disabilità sono proseguite la “caccia” al falso invalido e la apparente “guerra tra poveri” tra diverse categorie di disabili gravi e gravissimi, con buone notizie solo dal fronte del lavoro, ma con pesanti questioni sospese su inserimento scolastico, riconoscimento dei “caregiver” e definizione dei livelli essenziali di assistenza. Con sullo sfondo un fermento sempre più forte delle associazioni e delle famiglie, che nell’anno ha generato diverse manifestazioni clamorose a Roma e in tutta Italia. Il terzo settore esce con varie ammaccature dal 2012: una conferenza sul volontariato e una sulla cooperazione internazionale dense solo di promesse e buone intenzioni, l’agenzia per le onlus cancellata, la legge sul 5 per mille ancora mancata e il rinvio di un solo anno dell’aumento dell’Iva per alcune prestazioni delle cooperative sociali. Un bilancio molto magro. In carcere è rimasto quasi del tutto irrisolto il problema del sovraffollamento, nonostante il decreto “svuota carceri”, e si è mantenuto sugli stessi livelli il dramma dei suicidi. Mentre per gli Opg è tornata in discussione la data del 31 marzo 2013, in cui appare ora a rischio la prevista chiusura delle sei strutture. Nel servizio civile si sono invece trovati alcuni fondi per far partire qualche migliaio di volontari nel 2013 e 2014, ma sono rimasti irrisolti tutti i vecchi problemi di precarietà di questo importante strumento per la crescita dei giovani. Qualcosa si è mosso per i rom, dove i contrasti legali ancora irrisolti sulla dichiarazione dello “stato di emergenza” hanno almeno tenuto alta l’attenzione sugli sgomberi, insieme al varo del Piano nazionale del governo sul fenomeno che esplicitamente dichiara di voler “superare” il modello dei campi. Sgomberi e discriminazioni, tuttavia, sono proseguiti anche se con meno intensità degli anni precedenti, ed è emersa qua e là anche qualche buona notizia. Si è mosso qualcosa, infine, anche sul gioco d’azzardo: il decreto Balduzzi, seppure indebolito fino all’ultimo dalla pressione delle lobby, ha introdotto le prime limitazioni alla “slot machine selvaggia” e riconosciuto ufficialmente la “ludopatia”. Un cartello di associazioni e un interessante movimento di sindaci hanno fatto il resto, la presa di coscienza è in atto ma la battaglia si annuncia molto lunga. Al prossimo Parlamento il compito di raccogliere le sollecitazioni della società civile e regolamentare un fenomeno che presenta in Italia cifre preoccupanti. Giustizia: la legge di stabilità e la morte dell’articolo 27 della Costituzione di Francesco Lo Piccolo www.huffingtonpost.it, 30 dicembre 2012 Il presidente del Consiglio Monti è salito al “colle”, i parlamentari hanno fatto i bagagli e disdetto i contratti d’affitto dei loro appartamenti romani. Certo non tutti: i matusa del parlamento già sognano nuove avventure con nuove coalizioni. Pessima uscita di scena, non c’è che dire. “Nell’ultimo giorno utile” è stato affossato il decreto sulle misure alternative alle carceri. Grazie alla Lega (che ha inscenato la sua oscena protesta) e a Italia dei valori (sic). E pensare che il ministro della Giustizia Paola Severino aveva annunciato che non si sarebbe mossa dal Senato fino all’approvazione del provvedimento. In realtà, dopo la decisione del presidente del Senato Renato Schifani di rimandare il testo in commissione Giustizia di Palazzo Madama, anche lei ha ceduto e se ne è andata. Ma le brutte figure di questi parlamentari d’annata non sono certo finite. Qui di seguito la denuncia di un gruppo di associazioni che si occupano di carcere e giustizia, denuncia che condivido e sottoscrivo: Il grande Benigni può declamare articoli della Carta costituzionale finché vuole: da oggi però “la più bella del mondo” ha un articolo in meno. Anche se non molti se ne accorgeranno, perché è un articolo che non ha mai goduto di grandi fortune. In queste ore si è decretata la morte dell’articolo 27 della Costituzione Italiana. O perlomeno del suo terzo comma. Ricordate? Quello che recita - poche parole, sintesi di grande umanità e di una grande civiltà del diritto - “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Bene, questa rieducazione è destinata a rimanere lì, sulla carta. Costituzionale, ma pur sempre carta. Mentre le carceri vanno a rotoli (ma è la dignità del nostro Paese che va a rotoli), mentre il sovraffollamento permane inesorabile, mentre si incrementa la fila di chi abbraccia Marco Pannella sotto gli obiettivi dei fotografi e con tanta umana partecipazione, di nascosto, in tutta fretta e all’ultimo minuto, al di là dei proclami di facciata, a prevalere sono gli interessi personali e i calcoli elettorali. I pochissimi euro previsti nel decreto stabilità per rifinanziare la Legge Smuraglia, riguardante il lavoro penitenziario, vengono letteralmente scippati. Pochi soldi, vale la pena ricordare, che servirebbero a porre un argine allo scandalo e a una spesa - questa sì - senza fondo, determinata da un semplice prodotto: 67mila detenuti per una spesa complessiva pro capite al giorno di 250 euro. Lasciamo il compito a chi leggerà questo comunicato di fare in proprio la moltiplicazione. Noi ricordiamo solo due cose: che il prodotto, calcolato su 365 giorni all’anno, dà un risultato di dieci cifre, e che il lavoro penitenziario è il principale presidio medico che argina questa emorragia mortale. Emorragia non solo per il senso di umanità, ma quanto meno per le casse dello Stato. Ci diranno che non è l’unica voce sacrificata e che ci sono tanti problemi più importanti fuori dal carcere. Ma rimane veramente difficile capire il perché di un simile taglio. Ormai anche i bambini sanno che investire in rieducazione e recupero dei detenuti fa risparmiare una valanga di soldi e porta sicurezza sociale. Rubare è un termine appropriato al mondo del carcere, chi ruba è normalmente definito un ladro. Chi ha scelto di non rifinanziare la legge Smuraglia ha rubato qualcosa. Ma non ai detenuti: a tutti noi. Firmato: Consorzio Rebus - Veneto, Associazione Antigone - Italia, Cooperativa Alice - Milano, Ristretti Orizzonti - Padova, Cooperativa Men At Work - Roma, Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII - Servizio Carcere - Italia, Cooperativa Gulliver - Perugia, Associazione Il granello di Senape - Padova, Cooperativa Ecosol scs - Torino, Consorzio Pinocchio Group - Brescia, Cooperativa Altracittà - Padova, Cooperativa sociale 153 Onlus - Perugia, Associazione Incontro e Presenza - Milano, Cooperativa Giotto - Padova, Consorzio Tenda - Montichiari (Bs), Cooperativa Nesos - Porto Azzurro (Li), Cooperativa Il Cerchio - Venezia, Cooperativa Work Crossing - Padova. Giustizia: Severino; detenuti scesi sotto quota 66mila, ma amarezza per no ddl alternative Agi, 30 dicembre 2012 “A novembre del 2011, quando ho assunto l’incarico, i detenuti erano oltre 68mila, oggi siamo riusciti a scendere sotto il muro dei 66mila: l’ultimo dato, ricevuto proprio oggi, è quello di 65.752”. Lo ha detto Paola Severino, ministro della Giustizia, intervenendo a “Baobab” su Radio Uno. “Questo - ha ammesso - mi rasserena un po’ perché vuol dire che i provvedimenti assunti a gennaio, che prevedevano il prolungamento del periodo di fine pena che si può trascorrere ai domiciliari e l’eliminazione del fenomeno di entrate e uscite dal carcere nel giro di 2 - 3 giorni, hanno cominciato a dare i loro risultati. E sono misure strutturali, destinate a continuare a produrre risultati nel tempo”. La guardasigilli ha confessato di essere “amareggiata”, invece, per il mancato varo del ddl sulle misure alternative alla detenzione. “Era stato approvato con larga maggioranza alla Camera - ha ricordato - e io speravo, forse ingenuamente, in un risultato simile al Senato. Però mi ha molto confortato la telefonata, l’altro giorno, di un senatore che non aveva sostenuto il provvedimento e che mi ha detto non ti avvilire, perché i semi che sono stati gettati germoglieranno. È quello che io spero per la prossima legislatura, che sia maturata l’idea che il carcere debba essere l’extrema ratio e che le misure alternative debbano essere applicate in modo più esteso così come accade negli altri Paesi europei”. Il problema è che “a fine legislatura si pensa più che altro alle elezioni, si cerca di concentrare tutta l’attenzione su temi che possano avere una maggiore condivisione elettorale. Evidentemente questo non era tra quelli, purtroppo”. Altro provvedimento sfumato, quello sul finanziamento del lavoro carcerario. “Era l’altro grande tema sul quale mi ero molto soffermata - ha confermato Paola Severino - Il lavoro carcerario abbassa le possibilità e i rischi di ricaduta nel reato in maniera assolutamente significativa e oltretutto crea un ponte tra il detenuto e la società perché dimostra alla società che il detenuto può continuare a lavorare e potrà trovare risorse lavorative una volta che avrà terminato l’espiazione della pena. Sto insistendo molto perché anche in questo periodo finale del nostro governo si trovino le risorse per questo, spero che in qualche piega del bilancio ci sia qualche piccolo risparmio sul quale poter contare”. Un’altra soluzione “estremamente seria e auspicabile in Italia”, continua il ministro citando la sua visita delle detenute e dei loro figli nelle carceri romane alla vigilia di Natale, è “pensare di moltiplicare le case famiglia. Ho sentito le storie, dolorosissime, di madri che hanno 5 o 6 figli fuori dal carcere e non sanno che tipo di affidamento abbiano avuto. Certo - afferma - sono donne che hanno sbagliato, ma disperazione più profonda non si può avere”. Infine, un cenno sul suo futuro dopo il governo: “sarà il mio passato, tornerò a fare ciò che facevo: insegnare all’università e l’avvocato”. Giustizia: Berlusconi; carceri sono vergogna, cauzione al posto di detenzione preventiva Dire, 30 dicembre 2012 “Soltanto quando uno è toccato di persona, allora capisce pienamente: come è capitato a me con il cancro. Credo che per esserci 4 milioni di processi civili in corso e altri 4 milioni di penali, gli italiani non siano abbastanza sensibilizzati su questo disastro. Come la situazione delle carceri: che è indecente. Intollerabile. Totalmente inaccettabile”. Lo dice Silvio Berlusconi in una intervista all’emittente televisiva “Canale Italia”, che sarà mandata in onda integralmente nelle prossime ore. “La giustizia - aggiunge Silvio Berlusconi - ti leva la libertà se hai commesso un reato, ma non può toglierti anche la salute e la dignità, come invece fa in questo Paese. Le carceri italiane sono una vergogna mondiale. Abbiamo posti letto del tutto insufficienti. Ne mancano oltre 25 mila sulla attuale capienza complessiva. E su 65 mila detenuti, una percentuale enorme è in attesa di giudizio! Sono cose indegne di un Paese civile. Si può togliere la libertà ad una persona accusata di un delitto grave, per esempio un fatto di sangue, che suscita allarme sociale vero per la pericolosità del fatto contestato. Ma oggi si buttano in galera persone che la giustizia non è in grado di processare. Nei Paesi civili si va in carcere “dopo” la condanna, non prima. E lì c’è l’istituto della cauzione, che prende il posto della carcerazione preventiva. E questa misura va introdotta nel nostro Paese, se ci vogliamo definire civile. E questo è uno dei punti importanti del mio programma di governo”. Giustizia: il ministro Balduzzi sente Pannella; il prossimo Parlamento valuti un’amnistia Asca, 30 dicembre 2012 Il Ministro della Salute, Renato Balduzzi, ha sentito al telefono il leader radicale Marco Pannella dopo la sospensione del suo sciopero della fame e della sete per richiamare l’attenzione delle Istituzioni sull’emergenza carceri in Italia. Balduzzi ha espresso a Pannella “rispetto assoluto” per la sua forma di protesta “estrema ma meritoria, sulla quale nessuno ha il diritto di ironizzare, e che ha fatto riaccendere i riflettori su questo problema drammatico”. Secondo il Ministro “il prossimo Parlamento non potrà fare a meno di discutere seriamente un provvedimento di amnistia, valutando con giudizio a quali reati estenderlo, per esempio quelli non violenti come il reato di clandestinità”. Il Ministro sottolinea come “l’attuale situazione di sovraffollamento delle carceri e l’altissimo numero di suicidi ci dicono che dobbiamo dare ancora piena attuazione all’articolo 27 della Costituzione”, che stabilisce che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Per Balduzzi “l’applicazione del principio della pena come rieducazione è l’unico modo per dimostrare che lo Stato, quando amministra legittimamente la giustizia, non è un carnefice, non butta via le persone, ma tende loro una mano perché, una volta pagato il loro debito, possano avere un’opportunità di vita onesta. In questo senso la sanzione del carcere deve essere in molti casi l’extrema ratio, mentre vanno incentivate le pene alternative”. “Strade percorribili”, queste, “a patto di assicurare condizioni di detenzione pienamente dignitose e di tenere aperti canali di dialogo dentro il carcere e tra carcere e esterno: i 60 suicidi del 2012, una frequenza diciannove volte superiore a quella delle persone libere, raccontano purtroppo di un muro troppo spesso invalicabile che va abbattutto”. Inoltre, conclude il Ministro, “la prevalenza fra i detenuti di situazioni di povertà e disagio, con un alto numero di stranieri, ci deve spingere a lavorare di più in termini di prevenzione e di risposta sul piano della solidarietà sociale, specialmente in tempo di crisi”. Bondi: situazione incivile impone ricerca di una soluzione “La situazione delle carceri, che rappresenta un indice di inciviltà del nostro Paese, impone la ricerca di una soluzione che tutti a parole invocano”. Lo dichiara Sandro Bondi, coordinatore del Pdl. “La testimonianza morale di Marco Pannella - aggiunge Bondi - non ha lasciato insensibili tutti coloro che, a partire dai cattolici, vogliono vivere in un Paese in cui sia garantito il diritto e una pena certa e giusta che non significhi calpestare la dignità delle persone”. Della Monica (Pd): problema sempre più urgente “Oggi, secondo consuetudine, con il senatore Passoni ho visitato il carcere di Sollicciano a Firenze, dove abbiamo incontrato la direzione, il personale di custodia e una delegazione di detenute e detenuti”. Lo dichiara la senatrice Silvia Della Monica, capogruppo del Pd in commissione giustizia al Senato. “Purtroppo - aggiunge - i problemi sono sempre gravissimi e irrisolti. Il sovraffollamento ha raggiunto livelli sempre meno tollerabili, mentre la selezione dei destinatari delle misure detentive continua ad avvenire secondo criteri largamente discriminatori e lo Stato non riesce a garantire i diritti fondamentali del detenuto. Tutto questo mentre l’impegno e il sacrificio della direzione e del personale di polizia penitenziaria è massimo, ma non può cambiare un sistema”. Giustizia: Di Giacomo (Sappe); dal 7 gennaio protesta a oltranza davanti al Parlamento Ansa, 30 dicembre 2012 Il presidente dell’associazione “Cultura e solidarietà” e consigliere nazionale del Sindacato autonomo della polizia penitenziaria (Sappe) Aldo Di Giacomo, da quindici giorni in sciopero della fame per sensibilizzare il mondo della politica sul “grave problema della giustizia”, dal prossimo 7 gennaio attuerà anche lo sciopero della sete. La protesta, spiega Di Giacomo, che è anche segretario regionale del Sappe in Molise, sarà “a oltranza” e avverrà davanti alla sede del Parlamento. “Il mondo della politica - sottolinea il sindacalista - ha perso un’altra occasione per dimostrare interesse al problema della giustizia, sotterrando di fatto il Ddl sulle misure alternative alla detenzione. Sicuramente la strada intrapresa dal Governo era quella giusta, ma ancora una volta il mondo della politica, incapace e insensibile alle problematiche del nostro Paese, ha reso un’altra legislatura vuota di contenuti su un tema così importante e di urgente soluzione”. Giustizia: Beneduci (Osapp); siamo con Ingroia, contro l’Agenda Monti Ansa, 30 dicembre 2012 “La nostra rivoluzione al fianco di Antonio Ingroia inizia con l’opporci all’Agenda Monti, che per esempio ha stanziato 500 milioni di euro per la costruzione di nuove carceri e neanche un euro per migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei poliziotti penitenziari negli attuali carceri”. Lo afferma Leo Beneduci, segretario generale dell’Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria (Osapp), il giorno dopo l’incontro con l’ex procuratore aggiunto di Palermo che oggi ha annunciato la sua candidatura. Nell’incontro “abbiamo individuato 4 protocolli - spiega Beneduci - riguardanti polizia penitenziaria, carceri, giustizia e sicurezza da affidare a un programma di un nuovo soggetto politico in vista delle prossime elezioni. I cittadini non sanno quanto costano le carceri italiane e quanto costeranno ancora di più in futuro”. Per la polizia penitenziaria, invece, “mezzi sono fatiscenti e pericolosi, divise vecchie e sbiadite, missioni di servizio previste per legge non pagate. Però stranamente si trovano i soldi per costruire nuove carceri, con impiego di consulenti esterni all’amministrazione penitenziaria. Con 500 milioni di euro potremmo costruire alloggi di servizio e moderne scuole per i nostri figli e soprattutto comprare mezzi per far viaggiare i nostri poliziotti in maniera più sicura. Per il sovraffollamento basterebbe utilizzare i detenuti condannati in lavori di pubblica utilità a favore delle città. Vi assicuro che potrebbe far risparmiare ai cittadini centinaia di migliaia di euro attraverso la manutenzione del verde pubblico e del manto stradale. Sono dichiaratamente favorevole a una rivoluzione civile nella società”, conclude Beneduci. Giustizia: Bernardini; caso Crespi anomalia italiana, il 42% dei detenuti in attesa giudizio www.clandestinoweb.com, 30 dicembre 2012 Nella sede del Partito Radicale si è svolta oggi la conferenza stampa sul Caso Ambrogio Crespi, detenuto da 81 giorni in custodia cautelare presso il carcere di Opera con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Alla discussione sul tema “Uso o abuso dello strumento della custodia cautelare in carcere? Un esame ragionato degli elementi a disposizione della magistratura milanese e una riflessione sull’uso patologico della custodia in carcere in Italia” sono intervenuti l’onorevole Rita Bernardini, Marco Pannella, Giuseppe Rossodivita (membro del collegio difensivo di Ambrogio Crespi) e il fratello di Ambrogio, Luigi Crespi (al 48° giorno di sciopero della fame). “Questa vicenda mi ha subito ricordato quella di Enzo Tortora, che mi ricordo, diceva sempre “sono in carcere per pentito dire” e non per sentito dire” ha spiegato l’onorevole Bernardini. “La situazione comincia a diventare pericolosa e si può estendere. Io ho conosciuto Ambrogio per una battaglia comune che abbiamo sostenuto sul carcere e sulla giustizia, una battaglia comune sulla rimozione dell’illegalità nelle carceri italiane, sulla custodia cautelare (di cui ci siamo occupati sin dall’inizio di questa legislatura), e sul 41 bis di cui noi Radicali ci siamo occupati con coraggio, presentando una riforma”. Poi un esame sulla situazione drammatici italiana: “viviamo una anomalia per cui nelle nostre prigioni il 42% dei detenuti è in attesa di giudizio; di questi, ben 14.000 sono in attesa di primo giudizio, dato abnorme rispetto alla media dei paesi Europei (dove - nell’Europa a 46 - è attorno al 25%)”. Lettere: la privazione della libertà personale, fatta in modo illegale, va risarcita sempre… di Giulio Petrilli Ristretti Orizzonti, 30 dicembre 2012 Da oggi, 30 dicembre 2012, inizio uno sciopero della fame e della sete totale, contro l’assurda ordinanza della Corte d’appello di Milano, che non risarcisce il carcere ingiusto. Da oggi inizierò uno sciopero della fame e della sete totale, per protestare contro l’ingiusta ordinanza della corte d’assise di Milano che qualche mese fa ha rigettato la mia istanza di risarcimento per ingiusta detenzione, in quanto venni assolto, dopo sei anni di carcere, dall’accusa di partecipazione a banda armata con funzioni organizzative. La motivazione addotta dalla corte d’appello è che, frequentando esponenti dell’antagonismo illegale, ho tratto in inganno gli inquirenti. Quello che più sconvolge nella sentenza, è che i giudici hanno affermato chiaramente che a loro non interessa il giudizio penale, cioè la mia assoluzione. Non si passa più a valutare le sentenze, ma si emettono giudizi morali, in base ai quali si concede o meno il risarcimento per ingiusta detenzione. Questa mia forma di protesta, nasce dal fatto, che quando si emettono simili ordinanze, il diritto non viene più relegato ad elementi di prova, ma a valutazioni soggettive extragiudiziarie, tanto che c’è il disinteresse sul giudizio penale e sulla sentenza assolutoria. A questo punto essere assolti o condannati cambia ben poco, ai fini di stabilire o meno, se una persona ha diritto al risarcimento per ingiusta detenzione. Rispetto a questa palese ingiustizia, oltre fare ricorso nelle sedi opportune, a iniziare dalla Corte di Cassazione, dove ho già provveduto a fare ricorso nel luglio scorso. Comunico, che in caso di un eventuale esito negativo, proseguirò inoltrando ricorso alla Corte Europea di Strasburgo e anche alla sezione Diritti Civili delle Nazioni Unite. Questo mio sciopero della fame e della sete, è una denuncia di questa palese violazione del diritto. La privazione della libertà personale, fatta in modo illegale, va risarcita sempre, questo concetto è la base del diritto, non si può non affermare questo principio. Altrimenti c’è l’arbitrio. Come nella mia ordinanza. Campania: Ospedali psichiatrici giudiziari, via al piano dismissioni di Maria Pirro Il Mattino, 30 dicembre 2012 La riforma ordinata dal ministro Balduzzi assegna alla Campania 22 milioni per strutture e personale. Il coordinatore Nese: tempi più lunghi ma abbiamo già individuato i Comuni. Ospedali da un lato, carceri dall’altro. Sono sei in tutt’Italia, di cui due in Campania, a Napoli e Aversa. Come i manicomi criminali, oggi sembrano spazi inadatti per curare i pazienti detenuti. Ma raccontano un dramma collettivo, ancora senza fine. Quello dei malati, condannati per reati più disparati o imputati in attesa di sentenza, che da anni (a volte da molti anni) vivono negli Opg, gli Ospedali psichiatrici giudiziari. È un’emergenza silenziosa che avrebbe dovuto essere superata nel primo trimestre del 2013, ovunque i tempi slittano: le nuove strutture d’accoglienza rimangono da adeguare, il cronoprogramma è rinviato per decreto e la maggioranza degli internati non ha alternative. A distanza di un anno dalla legge sulla dismissione, “Il Mattino” ha analizzato la situazione in Campania: per illustrare cosa è stato fatto e cosa è cambiato attraverso i dati delle presenze, il piano d’azione promosso dalla Regione, i progetti presentati dalle Asl, il monitoraggio delle associazioni e la testimonianza di un protagonista della video-denuncia promossa dalla commissione parlamentare presieduta da Ignazio Marino. Un volto, allora senza nome, simbolo delle mille facce del disagio di adesso. La dismissione degli Opg è infatti programma, ma non subito. “Con il decreto Balduzzi, che ha ridefinito le modalità per utilizzare le risorse finanziarie previste dalla legge 9 del 17 febbraio 2012, si è determinato un nuovo punto di partenza. Ciò significa che la scadenza per adeguare le strutture residenziali sanitarie, fissata per il prossimo 1° febbraio, è di fatto superata”, dice Giuseppe Nese, coordinatore del gruppo di lavoro regionale per il superamento degli Opg. Si parla di marzo 2013 anche se forse ci sarà una ulteriore proroga. In Campania l’importo complessivo assegnato per gli interventi è di 18,3 milioni e i fondi per il personale, stanziati nel 2012, superano di poco i 4 milioni. Sono tre strutture residenziali maschili da attivare nella provincia di Napoli: nell’ex ospedale partenopeo Gesù e Maria, ad Acerra e Cicciano. Le altre a San Nicola Baronia per l’Irpinia, ad Arpaise per il Sannio, a Capaccio per l’area salernitana, a Francolise per la zona casertana. In quest’ultima provincia è anche prevista l’unica struttura residenziale femminile, a Calvi Risorta. “Prima, però, saranno attivate le sezioni di salute mentale nel carcere di Sant’Angelo dei Lombardi, Benevento, Salerno, e Secondigliano e, per le donne, nel centro penitenziario di Pozzuoli, mentre l’articolazione di Santa Maria Capua Vetere da luglio è operativa”, spiega Nese. Ma in queste sezioni, è l’obiezione di Mario Barone, presidente campano dell’associazione Antigone, “finirà chi non ha la possibilità di essere dimesso, con il paradosso di un sistema che chiude gli Opg e apre le porte del carcere ai sofferenti psichici”. Intanto, a giudicare dai dati del monitoraggio regionale il numero degli internati è in costante calo. Tra maggio 2010 e dicembre 2012, sono passati da 393 a 276, di cui 162 oggi si trovano ad Aversa e 114 a Napoli. In tutti gli Opg italiani il numero di malati di competenza della Regione è persino inferiore: sono 121 (ed erano 247 a maggio 2010). Anche negli ultimi mesi sono però emerse storie come quella di A.L.P., 30 anni, da 5 in attesa di giudizio. La sua vicenda ad ottobre rivelata da Il Mattino, grazie alla denuncia di Antigone, ha spinto due senatori a presentare una interrogazione parlamentare. E se sfuma il chiarimento atteso in Aula, con lo scioglimento delle Camere, “A.L.P. è stato trasferito, da Secondigliano all’Opg di Reggio Emilia, perché in quella zona abitano i suoi cari: almeno questa è una buona notizia”, dice Barone. Tanto resta da fare: “Sono stato nell’Opg di Barcellona Pozzo di Gotto e, in precedenza, ad Aversa, per l’applicazione della misura di sicurezza, con l’indicazione di semi - infermità mentale, eseguita dopo che avevo già trascorso 30 anni in carcere e per due ero stato fuori”, racconta Ezio Rossi, tra i protagonisti della video - denuncia prodotta dalla commissione parlamentare d’inchiesta. È tornato in libertà a giugno scorso. Come dimenticare: “Si esce da quei posti come un bambino che ha paura della sua ombra”. Rossi ora lavora al progetto “Luce e libertà” promosso dalla “Comunità di Messina”: “Mi sto rifacendo una famiglia e ho aperto una cooperativa di aiuto sociale per la manutenzione giardini. Così continuo a essere vicino alla gente che è lì. Non devono più esistere luoghi simili, in Italia, nel 2013. Non è giusto, non è tollerabile”. Sepe: “Gli internati? Ospitiamoli nei conventi”, di Rosanna Borzillo L’arcivescovo: superare il muro del pregiudizio, nessuno si senta escluso. Il cardinale al pranzo che la Comunità di Sant’Egidio ha offerto nell’Opg di Secondigliano. La tavolata è apparecchiata per il pranzo di Natale, il salone addobbato per le feste, c’è la musica, i festoni e l’albero con le luci, gli invitati sono ospiti “speciali”: i detenuti psichiatrici dell’Opg di Secondigliano. Sono 62 su 114 detenuti internati, quelli che il salone poteva contenere e che erano in condizioni di salute tali da partecipare alla festa promossa dalla Comunità di Sant’Egidio, con il cardinale Crescenzio Sepe, il presidente Stefano Caldoro, il direttore dell’Ospedale psichiatrico giudiziario Stefano Martone, il presidente della Corte d’Appello Antonio Buonajuto, il presidente del Tribunale di Sorveglianza Carminantonio Esposito, i cappellani don Franco Esposito e don Raffaele Grimaldi. Siamo alla vigilia della chiusura degli Opg: per i detenuti internati si dovrebbero prospettare nuove soluzioni. “Stiamo pensando - rivela Sepe - di utilizzare qualche istituto religioso per ospitare gli internati, una volta dismessi gli Opg e di impiegare alcuni di loro come giardinieri, uomini delle pulizie. Occorre superare il muro di pregiudizio che li accompagna: ma è nostro dovere provarci e tendere una mano a questa umanità affinché non si senta esclusa”. Il clima è quello della festa, con un menu natalizio (a base di mozzarella, pizza di scarole, sartù di riso, polpettine al latte, funghi e purea di patate, frutta di stagione, frutta secca natalizia, pandoro, cioccolatini, bibite e acqua), accompagnato da canzoni napoletane e balli. “È il modo per farli sentire in famiglia - spiega il direttore Martone - del resto le strutture che la nuova legge prevede sono proprio delle case - famiglia dove ogni internato dovrebbe avere un percorso di cura individuale, nel rispetto del paziente”. Gli ospedali psichiatrici giudiziari, ha spiegato Antonio Mattone, portavoce della Comunità di Sant’Egidio, “dovrebbero chiudere entro il 31 marzo 2013 ma ci sarà una proroga perché non si è pronti per soluzioni alternative”. “La norma - continua Mattone - prevede che gli internati vengano riabilitati oppure accolti in strutture come le case famiglia. Nel caso in cui ciò non accada, sono previsti padiglioni all’interno delle carceri: e certamente questa non è la soluzione ottimale: Il rischio è che da internati diventino dimenticati”. Alle Regioni spetterà il compito, tramite le proprie Aziende sanitarie, di concerto con i dipartimenti di salute mentale di prendere in carico e di assistere dal punto di vista socio - sanitario gli internati. “Siamo impegnati - conferma il presidente Caldoro - a cercare soluzioni e strutture idonee di aiuto e sostegno sul territorio”. Ma ieri era la giornata della festa e della collaborazione tra volontari, agenti di polizia, personale perché per gli internati fosse davvero un giorno speciale. Plauso anche del presidente del tribunale di Sorveglianza Esposito che ha ringraziato “i volontari il cui insostituibile impegno sostiene il lavoro delle Istituzioni”. I detenuti hanno regalato a Sepe e a Caldoro un libro con le loro poesie dal titolo “Senza fine”, mentre l’arcivescovo ha portato sigarette per tutti. Poi, arriva Babbo Natale con in regalo una felpa per ciascuno. E per gennaio, in programma, l’inaugurazione di un campo di calcetto: per gli internati è prevista, oltre alla benedizione di Sepe, la presenza di un giocatore del Napoli che darà il primo calcio inaugurale. Lupo: attenzione a non escludere le nuove residenze dal tessuto sociale Emilio Lupo è segretario nazionale di Psichiatria democratica, protagonista del tramonto dei manicomi a Napoli. Oggi in prima linea per la chiusura degli Opg. Perché è importante provvedere subito? “Non sono né luoghi di detenzione né luoghi di cura. Gli Opg sono luoghi di afflizione anzitutto perché scollegati dal territorio. Qualunque persona subisca una pena non dovrebbe perdere il contatto con la propria comunità come accade in queste strutture che segnano la distanza. Sono luoghi in cui le persone vengono dimenticate. Ma noi non dovremmo avere paura di quello di cui siamo capaci tutti noi e dobbiamo fare i conti con queste realtà. Come dice la Costituzione, siamo chiamati a farcene carico”. Al posto degli Opg sono previste strutture residenziali sanitarie, almeno una per provincia… “Non vorrei si riperpetuasse quest’estremismo dell’espulsione dalla società nelle nuove strutture. Creare centri standard, di 20 posti letto, come prevede la nuova normativa, non può bastare ed è per altro anti - economico. È dall’analisi dei bisogni delle persone internate e dalla previsione di programmi individualizzati che coinvolgano operatori, famiglie e comunità e rendano queste luoghi di intermediazione. Spostare le significa risolvere i problemi. E il servizio pubblico deve mantenere la sua centralità”. A distanza di un anno dalla legge sulle dismissioni: ritiene che la situazione sia migliorata come lascia intendere il calo di presenze? “La situazione è sicuramente migliorata, ma i luoghi di costrizione non sono mai belli. E il livello di civiltà in un Paese si misura anche su queste cose. Per questo continueremo a fare pressioni affinché si faccia presto e bene: non vorremmo che la campagna elettorale lasci fuori problematiche urgenti e drammatiche come le condizioni negli Opg e nelle carceri, facendo prevalere la mentalità del “rinchiudere per punire” e non la cultura dell’integrazione possibile”. Psichiatria democratica aveva proposto una task - force nazionale per rendere omogeneo il processo di dismissione ed evitare ritardi. Risposte? “Nessuna, ma restiamo disponibili a qualsiasi tipo di collaborazione istituzionale”. Nel limbo degli Opg Il numero degli internati in Campania è in costante calo. Tra maggio 2010 e dicembre 2012, sono passati da 393 a 276, di cui 162 oggi si trovano ad Aversa e 114 a Napoli. In tutti gli Opg italiani il numero di malati di competenza della Regione è inferiore: sono 121 (ed erano247 a maggio 2010). Le condizioni di vita all’interno degli ospedali psichiatrici giudiziari è stata al centro di un dossier di una Commissione parlamentare d’inchiesta che ha riferito anche al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Toscana: il Presidente della Regione Enrico Rossi; ha ragione Pannella, serve un’amnistia Dire, 30 dicembre 2012 “Io penso che sia giusta la proposta di arrivare ad una nuova amnistia e poi ad una legge forte sulle misure alternative. Noi mettiamo in carcere l’85 per cento dei condannati, in altri Paesi europei su 100 condannati il 75 per cento ha pene alternative”. Lo ha detto il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, intervistato da Radio Radicale. Nei giorni scorsi Rossi, insieme a consiglieri regionali del Pdl, del Pd, e anche al sindaco di Firenze Renzi, ha firmato un documento di sostegno alla battaglia di Pannella. Nel documento si sostiene anche la necessità di una misura di amnistia. “Oltretutto il carcere costa tantissimo, senza contare che tenere così le persone è un segnale pesante di arretramento”, ha detto Rossi. “Quando cariche istituzionali come la mia o quella del sindaco Renzi richiamano l’attenzione a fare qualcosa di concreto, mi sembra una notizia importante”, ha detto il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi. “Bersani ha preso, con il suo socialismo umanitario, in grado a volte di scartare, ha assunto il tema della cittadinanza a chi nasce in Italia come un tema decisivo, e lo ha fatto con semplicità. Ebbene: io non so come, occorrerà pensarci, ma mi piacerebbe che si trovasse una frase analoga per dare un segnale forte sul tema della condizione delle carceri”, ha detto Rossi. “La battaglia che fa Pannella è assolutamente giusta. Una amnistia controllata, mirata, penso sia giusta. Nel 2005 - 2006 contro l’indulto si scatenarono tutti i mestatori della paura, e come abbiamo visto non è successo nulla. Quando si parla di carcere come discarica sociale può sembrare una parola astratta, poi uno entra in un carcere e la capisce”, ha concluso il governatore della Toscana. Lazio: la Presidente Polverini; auspico una riforma delle carceri in prossima legislatura Ansa, 30 dicembre 2012 “Mi dispiace che il governo, prima delle dimissioni, non sia riuscito ad approvare il provvedimento svuota carceri. Un impegno che tutti prendono, ma che non viene mai portato a termine, mi auguro che sia varato con la prossima legislatura”. Lo ha detto la presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, parlando ai detenuti Di Regina Coeli che nel pomeriggio hanno assistito al concerto di Luisa Corna, nell’ ambito dell’iniziativa “È Natale per tutti”, promossa e organizzata dalla Regione Lazio. “Anche quest’anno con questa manifestazione - ha aggiunto Polverini - abbiamo voluto organizzare nelle carceri del nostro territorio momenti di musica e spettacolo in occasione delle festività per dimostrare la vicinanza ai detenuti della nostra regione. Ringrazio la polizia penitenziaria e le direzioni delle carceri con cui in questi tre anni abbiamo avuto una importante collaborazione e i tanti artisti che con entusiasmo ogni anno partecipano a questo evento di solidarietà”. Ad assistere all’esibizione di Luisa Corna, insieme con Polverini, anche l’assessore regionale alla Sicurezza, Giuseppe Cangemi, il provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria del Lazio, Maria Claudia Di Paolo, e il vice direttore di Regina Coeli, Rosella Santoro. “È Natale per tutti”, giunta alla terza edizione, coinvolge tutti gli istituti penitenziari del Lazio dove si alternano concerti e spettacoli di artisti comici. Durante il concerto Luisa Corna e i suoi musicisti hanno spaziato da canti gospel a brani tratti dal repertorio di cantautori italiani. “In realtà - osserva Della Monica - deve cambiare la legislazione: servono interventi strutturali che il Pd ha sollecitato da tempo e che le altre forze politiche non ci hanno consentito di realizzare: la riforma della legge Cirielli in materia di recidiva, la riforma della legge Fini - Giovanardi in materia di tossicodipendenza, la riforma della legge Bossi - Fini in materia di immigrazione. Servono risorse per la rieducazione e il lavoro in carcere”. “È grave pertanto - prosegue - che sia stata definanziata la legge Smuraglia per le agevolazioni al lavoro dei detenuti. Ovviamente anche questo non è sufficiente. Ciò che occorre è soprattutto un cambio di passo: il carcere non è l’unica risposta alla devianza. Per questo è particolarmente grave che non siano state approvate le misure proposte dal Ministro Severino e sostenute dal Pd in materia di messa alla prova e di misure alternative alla detenzione. Queste saranno le misure che proporremo nel prossimo governo e al futuro Parlamento, dove ci auguriamo di non essere più ostacolati”. Basilicata: Bolognetti (Ri) e Benedetto (Idv) hanno visitato il carcere di Matera... sì amnistia Il Velino, 30 dicembre 2012 Maurizio Bolognetti della direzione Radicali Italiani e Nicola Benedetto, Consigliere regionale lucano dell’Italia dei Valori hanno visitato ieri mattina, 29 Dicembre, alle ore 11,00 la casa cirondariale di Matera. “Ciò che ha motivato questa nostra iniziativa - ha detto Bolognetti - è stata innanzitutto la volontà di verificare quelle che sono le condizioni di questa struttura penitenziaria e, per fare questo, abbiamo ascoltato la comunità che al suo interno vi lavora. Le ragioni, invece, più in generale che, da anni, spingono, soprattutto noi Radicali a visitare le carceri italiane sono le note e precarie condizioni in cui queste versano. Negli ultimi due decenni in Italia - precisa il Radicale - si sono suicidati più di 1.300 detenuti e oltre 100 agenti di polizia. Non può essere un caso. Ci sono, esattamente, pensate - fa sapere - 67,000 detenuti: ossia 20,000 carcerati in più rispetto alla capienza massima delle nostre patrie galere”. Unico modo che Bolognetti intravede al momento per arginare, questo problema è l’Amnistia per la Repubblica e l’indulto per i detenuti. “L’Italia - rincara Bolognetti è uno stato criminale; già condannato da 30 anni dalla Corte di Giustizia Europea per la non ragionevole durata dei processi e per le condizioni di detenzione. Violiamo la dichiarazione universale e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo; violiamo l’articolo 27 del dettato Costituzionale ed in più - conclude - spesso - c’è anche un abuso della carcerazione preventiva”. Bolognetti e Benedetto hanno concordato, poi, sul fatto che la situazione in cui vivono i detenuti materani è, da considerarsi, invece, paragonandola al sistema carcerario italiano, assolutamente accettabile. Bolognetti e Benedetto: sì ad amnistia “Servizi standard come da regolamento, popolazione carceraria in sovrannumero che contrasta con l’organico sottostimato degli agenti di polizia penitenziaria e alcune criticità da superare”. Sono i riscontri del segretario dei Radicali Lucani, Maurizio Bolognetti, e del vicepresidente del consiglio regionale di Basilicata, Nicola Benedetto (Idv), i quali oggi hanno visitato la casa circondariale di Matera. “È opportuno - ha detto Bolognetti - che si attui in concreto un provvedimento di amnistia, sollecitato da più parti, quale elemento riformatore della giustizia che può e deve avere ricadute positive sulla situazione carceraria. Quella di Matera è senz’altro una situazione migliore rispetto ad altre che evidenziano difficoltà e problematiche diverse, ma la questione amnistia deve essere prioritaria in Basilicata come in tutto il Paese, in quanto le carceri vivono una situazione di illegalità”. Bolognetti e Benedetto, quest’ultimo iscritto anche al partito radicale transnazionale, hanno incontrato reclusi, agenti e il direttore della casa circondariale Maria Teresa Percoco. “Gli standard rilevati - ha evidenziato Benedetto - sono buoni e rispondenti al regolamento, con i servizi in cella. La questione della vita nella comunità carceraria, che coinvolge i diversi soggetti che vi operano, va posta all’attenzione delle istituzioni affinché diritti, tutele, giustizia e opportunità di reinserimento vengano affrontate e risolte con impegno e in maniera adeguata”. Tra le criticità sollevate figurano la necessità che un recluso di mezza età, con problemi psichici, sia curato in una struttura alternativa e la necessità di verificare l’efficienza di un impianto della cucina. La popolazione carceraria è di 152 persone, rispetto ai 107 previsti dal regolamento, e di questi 31 stranieri. Sono 49 i detenuti che lavorano e sette i tossicodipendenti. Gli agenti sono 108 rispetto a un organico previsto di 130. Como: al Bassone interventi di manutenzione e ristrutturazione con il lavoro dei detenuti Il Giorno, 30 dicembre 2012 Utilizzando le “Doti” della Regione Lombardia, sono stati realizzati lavori di manutenzione e di ristrutturazione, con la creazione di nuovi spazi, grazie alla manodopera prestata gratuitamente dai detenuti. Suddivisi in corsi per operatore edile polivalente, al lavoro da aprile per tutto l’anno, con il sostegno delle “Doti” della Regione Lombardia, hanno svolto lavori di muratoria, imbiancatura, creato nuovi spazi per le attività comuni e per il nido della sezione femminile. Un progetto di formazione grazie al quale una cinquantina di detenuti della casa circondariale Bassone di Como, ha svolto lavori di manutenzione e di realizzazione di nuovi spazi comuni. Così è stato realizzata una zona religiosa che comprende la cappella con sagrestia e uno spazio di preghiera per i detenuti musulmani quasi terminato, ma anche le aule scolastiche all’interno del polo didattico - due aule di cui una per lavandino per i corsi professionali, la sala professori e la nuova biblioteca - una nuova palestra, il polo lavorativo per le attività artigianali: di quest’ultimo fa parte uno spazio di una sessantina di metri quadrati. Sono stati imbiancati numerosi spazi della caserma che ospita gli agenti di polizia penitenziaria. Infine, al femminile, i lavori hanno portato a ricavare un’aula laboratorio con bagno dove prima c’era un magazzino, e una stanza con mensa per i più piccoli al nido, la parte di sezione che ospita le madri detenute con figli fino a sette anni di età. Il corso che sta terminando in questi giorni, ha inoltre consentito di ritinteggiare aree del maschile e del femminile, tra cui corridoi, bagni, docce e scale, oltre all’ampliamento di un magazzino del maschile. Il progetto - che ha ottenuto un finanziamento di 180mila euro dalla Regione - è stato coordinato da Vincenzo Caruso dell’agenzia Prodest di Busto Arsizio e da Cristina Bellemo, dell’agenzia Esip di Como, architetto che ha seguito i lavori. I detenuti che hanno chiesto di poter accedere ai corsi, sono stati suddivisi in gruppi da dodici persone, che hanno lavorato per sei ore al giorno, senza alcuna retribuzione, ma solo con la finalità di imparare una professione. “È stato fatto un colloquio attitudinale e motivazionale - spiega Vincenzo Caruso - tra coloro che avevano già superato lo screening interno. Dovevano avere propensione all’apprendimento e la capacità di lavorare in sinergia con altre persone. Alcuni avevano già alle spalle esperienze nel settore edile, altri hanno imparato seguendo i corsi”. Ogni detenuto ha affrontato un percorso da 120 ore, per un totale di otto corsi che si sono ripetuti a partire da aprile, seguiti da tutor e docenti per i quali è stato erogato il finanziamento. Alla fine, ognuno di loro ha ottenuto un attestato rilasciato da enti accreditati. “I partecipanti ai corsi - spiega Cristina Bellemo - hanno seguito lezioni preliminari sulla sicurezza, tenute da un geometra, per passare poi all’apprendimento di lavori di edilizia, dall’utilizzo del mattone fino all’intonaco. La formazione era per operatore edile polivalente, e li ha portati a realizzare lavori di muratura e di manutenzione di vario genere. In alcuni casi, si è trattato di un vero e proprio insegnamento da zero, che ha saputo dare ottimi risultati dal punto di vista della prospettiva professionale”. Cagliari: Sdr; per carcere di Buoncammino il 2012 si chiude con record sovraffollamento Ansa, 30 dicembre 2012 “Il 2012 si conclude senza sostanziali novità sul fronte carcerario in Sardegna. Irrisolti i problemi di sovraffollamento nell’Istituto cagliaritano di Buoncammino dove si è toccato il massimo storico di 560 detenuti contro 380 posti regolamentari e dove anche per le Festività, nonostante 53 permessi premio, sono state registrate 524 presenze (18 donne). Particolarmente difficile la condizione degli anziani ammalati, ricoverati nel Centro Clinico anche con letti a castello, e di Stefanina Malu, la nonnina di 79 anni, ancora dentro una cella della sezione femminile”. Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, in un resoconto sull’attività del sodalizio impegnato sul fronte dei diritti dei reclusi. “L’attività dell’associazione - sottolinea Caligaris - ha permesso di effettuare circa 500 colloqui e di accrescere ulteriormente i numeri dell’archivio con oltre 370 profili di cittadini privati della libertà con i quali sono stati intrattenuti rapporti diretti e/o epistolari e con segnalazioni da parte di familiari anche di detenuti sardi reclusi in Istituti della Penisola. L’impegno profuso tuttavia non è bastato a colmare la solitudine di una sessantina di persone che, lontane dai parenti o abbandonati, non effettuano colloqui e sono privi di alcun sostegno”. “Anche quest’anno - ricorda Caligaris che ha effettuato con il segretario Gianni Massa e alcuni soci diversi sopralluoghi nella nuova struttura - è trascorso inutilmente per quanto riguarda la consegna della nuova mega struttura carceraria in fase di realizzazione nel territorio di Uta. Anzi si sono acuiti i conflitti di carattere sindacale per il mancato regolare pagamento dei salari ai lavoratori da parte dell’impresa “Opere Pubbliche. Neppure la visita del Ministro della Giustizia Paola Severino è riuscita a rimuovere gli ostacoli che impediscono di portare a termine in tempi certi la Casa Circondariale che ospiterà 650 detenuti, 90 dei quali in regime di “41 bis”. A questi ultimi è vietato guardare la tv, parlare con altri detenuti, leggere, scrivere, uscire dalla cella. È concessa una sola visita al mese per i familiari attraverso un vetro e il tramite di un telefono”. “Insoddisfacente il numero degli Agenti di Polizia Penitenziaria che, in una realtà complessa, sovraffollata e delicata come quella della Casa Circondariale di Buoncammino svolgono - evidenzia la presidente di SdR - un irrinunciabile ruolo di mediazione e favoriscono quel dialogo in grado di ridurre il rischio di atti di autolesionismo e reazioni inconsulte. Il permanere della carenza di 60 persone in divisa rischia di avere risvolti umani e della sicurezza particolarmente critici”. “In fase di assestamento ma non ancora a regime - conclude Caligaris - il passaggio della Sanità Penitenziaria all’Azienda Sanitaria Locale n. 8. Si è registrata, nonostante tutto, una notevole difficoltà a garantire un livello di assistenza accettabile e i detenuti per diverse settimane sono rimasti privi di figure professionali indispensabili come il chirurgo, il dentista, l’otorino e il cardiologo. È peraltro ancora irrisolto il problema degli operatori socioassistenziali (OSS) incaricati di accudire i detenuti con particolari disabilità o costretti a muoversi con la sedia a rotelle in occasione delle visite e/o dei ricoveri in ospedale o per recarsi in Tribunali per le udienze”. Foggia: 3 bambini in cella con le madri, uno di soli 10 giorni La Gazzetta del Mezzogiorno, 30 dicembre 2012 Il “cielo a quadretti” ha l’insolita faccia di tre bebè, detenuti anche loro senza saperlo e senza colpe. Loro sono il paradosso dell’innocenza: trovarsi dietro le sbarre senza saperlo e senza aver fatto nulla se non essere venuti al mondo. La storia dei tre micro-detenuti che fanno tenerezza (soli dieci giorni uno, e due anni gli altri: due femminucce e un maschietto) ha come teatro la sezione femminile del carcere di Foggia insieme alle loro madri detenute che non sanno a chi affidarli. Un caso che trova una sua spiegazione nel fatto che la sezione femminile del penitenziario è una delle poche in Italia ad essere dotata di un “nido”. Un caso portato all’attenzione dell’opinione pubblica dall’associazione radicale “Mariateresa Di Lascia” che adesso sollecita l’intervento del garante regionale per i detenuti, Pietro Rossi. “Camminano per ore, mano a mano con la mamma in un piccolo corridoio e pensano che quelle quattro mura siano il mondo. Il maschietto ha poco più di un anno, ha il visetto tondo e gli occhi allungati, lui se ne sta in braccio alla mamma e a tratti sorride: sta lì da due mesi. La più piccola ha dieci giorni, sta lì con la madre incensurata in attesa di giudizio: è come se non fosse mai nata, il mondo non l’ha ancora visto e il mondo non sa che lei è arrivata, sta chiusa lì. Tutto ciò accade a Foggia, in Italia, in Europa nel 2012”, racconta Maria Rosaria Lo Muzio. I radicali in delegazione hanno fatto visita alla vigilia di Natale al carcere di Foggia insieme al consigliere regionale pidiellino Giandiego Gatta. I radicali rimarcano come lo scorso 5 dicembre il ministro della Giustizia Paola Severino abbia emanato un decreto con allegata la “carta dei diritti e dei doveri dei detenuti e degli internati” per sancire quali sono i diritti delle madri detenute con figli piccoli. Al paragrafo “detenute gestanti, puerpere e madri con prole” la carta dei diritti ricordano i radicali recita testualmente: “non può essere disposta né mantenuta la custodia cautelare in carcere nei confronti di donne incinte o madri con prole di età non superiore ai sei anni, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza. L’esecuzione penale è differita nei confronti di donne incinte o madri di infanti; può altresì essere differita l’esecuzione penale nei confronti di madri con prole di età inferiore ai tre anni; l’esecuzione della sanzione della esclusione dalle attività in comune è sospesa nei confronti delle donne gestanti e delle puerpere fino a sei mesi e delle madri che allattano. I radicali si chiedono quindi se per il “caso Foggia” esistano “esigenze cautelari di eccezionale rilevanza”, anche se le pene minime che due delle madri devono scontare, fanno presumere che tali esigenze non ci siano; sarebbe piuttosto interessante capire come mai non sia stata trovata per queste due madri e i loro bambini una soluzione alternativa, come quella presso gli istituti a custodia attenuate prevista dalla stessa carta dei diritti”. In Puglia da più di un anno c’è un garante regionale per i detenuti eletto dal consiglio regionale: “Se pure non ha veri e propri poteri, ha comunque” rimarca la Lo Muzio “prerogative importanti, poiché riceve segnalazioni sul mancato rispetto della normativa penitenziaria, sui diritti dei detenuti eventualmente violati o non attuati”. Padova: agenti penitenziari aggrediti da un detenuto con problemi psichici Il Mattino di Padova, 30 dicembre 2012 Due guardie penitenziarie aggredite a pugni da un detenuto con problemi psichici. È accaduto giovedì mattina alle 11 nella sezione penale del carcere Due Palazzi. Si tratta di un marocchino trentenne rinchiuso per reati legati al mondo della droga. Non appena i suoi tre compagni sono usciti si è barricato all’interno della cella (che dovrebbe contenerne due). Quando sono arrivati un ispettore e un agente per tranquillizzarlo lui ha reagito formando una sorta di fiamma ossidrica con il gas del fornelletto da campeggio. Le due guardie sono entrate e sono state colpite a calci e pugni: inoltre ha lanciato contro altri agenti giunti in soccorso dei primi, i suoi escrementi che aveva già preparato. Ora è stato messo in isolamento ed è in attesa di essere trasferito in altro istituto. Da quel che si è appreso ha compiuto questo gesto perché voleva rimaner solo in cella. “La situazione è ormai insostenibile” denuncia Giampietro Pegoraro della Fp Cgil “Nessun politico, nemmeno ora che siamo in campagna elettorale ha fatto proposte in merito al problema del sovraffollamento delle carceri italiane. Non lo si può più tollerare né per i carcerati, né per chi lavora all’interno. Le guardie che andavano ad aiutare i colleghi sono state accolte dagli altri detenuti al grido di “assassini, assassini”. La situazione è insostenibile”. Cagliari: “Legalità e inclusione attraverso il lavoro”, progetto per reinserire gli ex detenuti La Nuova Sardegna, 30 dicembre 2012 Il Comune di Buggerru è capofila del progetto “Legalità e inclusione attraverso il lavoro” destinato ai residenti a Buggerru, Portoscuso e Sant’Anna Arresi. Il responsabile dell’area sociale del Comune ha fatto pubblicare il bando per la presentazione delle domande di ammissione al progetto. Ventiquattro i posti a disposizione, 8 per ogni comune d riservati a soggetti a rischio devianza come gli ex detenuti o a rischio ricaduta come le persone affidate al servizio sociale del ministero della giustizia. Potranno presentare domanda anche i cittadini destinatari di provvedimenti di restrizione della libertà o anche famiglie dove sono presenti giovani con genitori sottoposti a provvedimenti di restrizione delle libertà. Il progetto è aperto anche ai soggetti ad alto rischio sottoposti a provvedimenti di recupero sociale. Per i 24 soggetti ammessi al percorso di inserimento lavorativo, della durata di 8 mesi è prevista l’assegnazione di borse lavoro di mille euro mensili.. L’impegno richiesto ai beneficiari delle borse lavoro sarà pari a 36 ore settimanali, suddivise in cinque o sei giorni lavorativi, per un totale di 8 mesi. Per informazioni rivolgersi alla segreteria del comune. Nuoro: l’Asl assisterà i detenuti della Casa Circondariale di Macomer La Nuova Sardegna, 30 dicembre 2012 Anche la Casa Circondariale di Macomer è stata inserita nel nuovo progetto di assistenza sanitaria per i detenuti della Asl di Nuoro. Si tratta di un passaggio epocale, dopo quasi mezzo secolo alle dipendenze del ministero della Giustizia, che vede la medicina penitenziaria passare al servizio sanitario nazionale. I detenuti avranno quindi diritto alle stesse prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione previste per i cittadini in libertà. L’Azienda sanitaria di Nuoro sta facendo uno sforzo importante per garantire questo fondamentale servizio a chi è meno fortunato. “Il passaggio al SSN - conferma il direttore generale dell’Asl di Nuoro, Antonio Maria Soru - non è un obiettivo e neanche un traguardo. È invece il punto di partenza per rilanciare in termini finalmente adeguati la professionalità del medico e dell’infermiere penitenziario, a tutela della popolazione detenuta. È stata fatta una scelta giusta nei confronti di un mondo spesso ignorato e dimenticato dalla cosiddetta società civile, che lo è veramente solo nella misura in cui si occupa di tutti i cittadini, nessuno escluso. I tre penitenziari afferenti alla Asl, Macomer, Badu ‘e Carros e Mamone - aggiunge Soru, ora sono in rete tra loro e tutti gli specialisti delle varie branche mediche che faranno capo alle singole strutture aziendali potranno effettuare i loro accessi nei penitenziari ogniqualvolta sarà richiesto il loro intervento”. L’ultima novità in tema di assistenza sanitaria penitenziaria riguarda la salute mentale, che è stata voluta dalla Regione Sardegna. Gorizia: Consigliere regionale Antonaz; il carcere di via Barzellini è una struttura inumana Il Piccolo, 30 dicembre 2012 “Questa struttura va chiusa: non è umano e civile mantenerla aperta in questo modo”. È chiaro e definitivo il consigliere regionale Roberto Antonaz al termine della sua visita al carcere di via Barzellini, conclusasi ieri poco dopo mezzogiorno assieme a Paolo Sergas del Forum per Gorizia. C’è amarezza negli occhi del consigliere regionale: “Confesso che ogni volta che vengo in visita alla Casa Circondariale di Goriziane esco sconvolto: non riesco mai ad abituarmi ad una realtà difficile da spiegare, perché solo vedendo quello che c’è qui dentro si può capire. I detenuti vivono in condizioni davvero al limite: invito la stampa a richiedere il permesso di entrare nella struttura facendo apposita domanda al Ministero. Gli organi di informazione devono entrare in questi luoghi e raccontare alla gente come si vive all’interno di un carcere”. A descrivere nei dettagli la situazione è Sergas: “Ci sono anche 6 detenuti in celle create al massimo per 2 persone - evidenzia - gli ospiti di questa struttura hanno la possibilità di farsi una doccia tre volte alla settimana, passando la loro giornata quasi interamente in questi spazi ristretti: tutti non vedono l’ora di uscire. Va detto che le loro sofferenze sono attenuate più possibile dal personale che lavora all’interno del carcere: tutti sono molto preparati e disponibili”. “E questo nonostante i lavoratori stessi della Casa Circondariale siano costretti, visti i tagli operati dallo Stato, a subire dei disagi lavorando su tre turni invece che su quattro”, aggiunge Antonaz. Che continua: “Ho avuto corrispondenze con diversi detenuti in questi anni: se la situazione delle carceri in Italia è drammatica, a Gorizia lo è ancor di più. Oltre al problema sovraffollamento, infat - ti, bisogna fare i conti con una struttura fatiscente e costantemente bersagliata dall’umidità: le docce, ad esempio, sono state rifatte due anni fa, ma oggi sono già rotte e piene di muffa. A breve sarà indetta una nuova gara d’appalto per la manutenzione dell’edificio stimata in un milione di euro: ma l’unica soluzione sarebbe la chiusura della struttura. Se la civiltà di uno Stato e di una regione si vedono dalle condizioni delle carceri, qui siamo messi molto male. Basterebbe depenalizzare le leggi Fini - Giovanardi sull’utilizzo delle droghe e Fini - Maroni sull’immigrazione, e questa struttura si svuoterebbe: chi è a Gorizia ha condanne non superiori ai 5 anni e nella quasi totalità dei casi si tratta di gente arrestata per consumo di droga o reato di clandestinità”. Venezia: a “Passi sospesi”… il teatro apre anche le carceri di Vera Mantengoli La Nuova Venezia, 30 dicembre 2012 Qualche giorno fa, all’interno della Casa Circondariale Santa Maria Maggiore, si è salutato l’anno con lo spettacolo “Appunti di Antigone”. Il dramma è stato realizzato dal responsabile del progetto teatro in carcere “Passi Sospesi”, il regista e attore greco Michalis Traitsis, in collaborazione con alcuni detenuti di Venezia e con gli studenti di Balamòs Teatro dell’Università di Ferrara. Un evento avvenuto nel silenzio, ma con un’eco intensa che ha attraversato le mura, un pò come accadde all’inizio dell’avventura di Traitsis, ai piedi del penitenziario di Salonicco. Qui, in una rocca che domina la città, il regista si sedeva per ascoltare una musica irresistibile. Erano le storie cantate dai detenuti che raccontavano la loro tristezza. Questa musica, conosciuta come rebetika, è diventata molto di moda oggi, ma a quel tempo era soltanto la voce di chi non aveva più nulla da condividere con il mondo. Era sempre stato colpito da quello che poteva accadere all’interno del carcere il giovane Michalis, ma la voglia di viaggiare e studiare prese il sopravvento e lo spinse in Italia, dove studiò giornalismo e sociologia. La sua passione più grande era il cinema e non avrebbe mai pensato di fare teatro se non fosse stato per un fatale provino. “Gli attori avevano disegnato un cerchio per terra”, racconta Traitsis, “se volevo entrare dovevo varcare il limite, altrimenti rimanere fuori. Il mio amico mi spinse, e appena fui dentro qualcosa cambiò. Bisognava improvvisare e per la prima volta mimai un uccello in volo e fui così emozionato da non poter più vivere senza il teatro”. La passione per la scena si sprigiona: dal Teatro Atarassia al Teatro Nucleo, in giro per il mondo con uno spettacolo di punta, il Don Chisciotte. Traitsis si ritrova così a discutere dei fatti di cronaca attraverso il linguaggio del corpo parlando di Piazza Tienamen, di Sacco e Vanzetti e della violenza. Il destino lo conduce a lavorare nel carcere di Pesaro con il regista e amico Vito Minoia. È con lui che ha elaborato la proposta affinché il carcere nel teatro diventi una pratica stabile e diretta dal Ministero. “Io”, prosegue, “essendo di origine greca, posso capire molto bene come si sentono gli stranieri che arrivano qui. Il teatro può fare moltissimo per aiutare a esprimere i sentimenti e per immaginarsi in un altro modo”. Un giorno del 2005, mentre stava imbiancando le pareti della sua casa a Ferrara, capita nelle frequenze di “Radio Anch’io” e sente parlare la ex direttrice delle carceri, Gabriella Straffi. “Ma questo è davvero un carcere all’avanguardia”, pensa ascoltando la descrizione del carcere femminile della Giudecca, “manca il teatro!”. Così, detto fatto, parte e viene a Venezia per proporre i laboratori che dal 2006 proseguono, proprio dentro le mura della nostra città, al maschile e al femminile dove Traitsis riesce anche a portare personaggi di spicco come Mira Nair, Giuliano Scabia e Pippo Del Bono, ma il dono più grande che Traitsis ha portato con sé da quei giorni in Grecia è uno che nel carcere è introvabile: la speranza. Libri: “I giorni scontati. Appunti sul carcere”, a cura di Silvia Buzzelli di Roberto Carnero Il Sole 24 Ore, 30 dicembre 2012 L’universo carcerario continua a essere un mondo separato, di cui si parla quasi soltanto per le emergenze che di volta in volta esso presenta (e che sono poi, drammaticamente, quasi sempre le stesse da diversi decenni): sovraffollamento, proteste, suicidi, eccetera. Invece quanto accade quotidianamente oltre le sbarre, i problemi più urgenti dei detenuti, ma anche il lato bello, le speranze, le risorse, i progetti della popolazione carceraria rimangono per lo più sconosciuti alla società civile nel suo complesso. È dunque particolarmente prezioso un volume curato da Silvia Buzzelli, “I giorni scontati. Appunti sul carcere”. La curatrice - che è docente di Diritto penitenziario e procedura penale europea e sovranazionale presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca - ha coordinato e raccolto gli interventi di un folto gruppo di studiosi (direttori penitenziari, educatori, professori universitari, ricercatori, giuristi): Mauro Palma, Claudia Pecorella, Fabio Cassibba, Elena Lombardi Vallauri, Stefania Mussio, Elena Zeni, Ercole Ongaro, Marco Verdone, Massimo Filippi, Luigi Lombardi Vallauri. La riflessione collettiva muove da una constatazione un po’ paradossale: se si cerca su un qualsiasi vocabolario il verbo “scontare” e l’aggettivo “scontato”, quasi tutti i significati riconducono al carcere. Al centro dell’indagine c’è la consapevolezza della presenza di un’istituzione “totale, burocratica, contraddittoria e ipocrita, che si prefigge l’obiettivo di punire senza infliggere sofferenza”. Quanto all’assenza di sofferenza, obiettivo, purtroppo, spesso disatteso. È Mauro Palma, già presidente di Antigone (la “ong” che storicamente si occupa dei problemi carcerari) e in seguito del Comitato europeo per la prevenzione della tortura e dei trattamenti inumani e degradanti, a indicare quella che appare, nel nostro Paese ma non solo, come l’unica strada sensata da percorrere: “L’intervento urgente che oggi si richiede ai sistemi detentivi sovraffollati, oltre a quello di garantire condizioni rispettose della dignità delle persone, è quello di incidere in entrambe le direzioni: quella della riduzione degli ingressi con l’adozione di altre misure ugualmente di contenimento e controllo, ma non direttamente privative della libertà, e quella dell’accentuazione delle possibilità di percorsi che attenuino la misura detentiva riportando verso quel riannodare il legame con la società, reciso dalla commissione del reato, che possa altresì diminuire il rischio di recidiva”. A essenziale completamento di questo interessante progetto collettivo, viene presentato un documentario di Germano Maccioni (allegato al volume in dvd), “un film nel carcere, non sul carcere”, come nota opportunamente Silvia Buzzelli. Perché forse per capire veramente il “labirinto” carcere, bisognerebbe provare ad accedervi lasciandosi alle spalle il piano giuridico e legale, per affidarsi alla voce e allo sguardo dell’immaginazione artistica. Bulgaria: ministro Giustizia; nuovo Codice penale verrà discusso con Ong e cittadini Nova, 30 dicembre 2012 Il ministro della Giustizia bulgaro, Diana Kovacheva, sta lavorando alla messa a puto di un nuovo Codice penale, che verrà discusso con le Organizzazioni non governative e i cittadini. La Kovacheva, citata dall’agenzia “Novinite”, si impegnata a non portare il testo del nuovo codice davanti al consiglio dei ministri senza prima averlo sottoposto agli esponenti della società civile e averne valutato le opinioni. Fra le altre priorità del suo dicastero, il Guardasigilli ha citato la definizione di un programma di preparazione per i magistrati che devono occuparsi di questioni riguardanti i minorenni, e il miglioramento delle condizioni di vita nelle carceri del paese. Iran: giustiziate cinque persone, condannate a morte per stupro e narcotraffico Aki, 30 dicembre 2012 Cinque persone, tra cui un 27enne afghano, sono state giustiziate tramite impiccagione oggi in Iran. Lo riferisce l’agenzia d’informazione Irna, secondo la quale il cittadino afghano M.M., era stato condannato a morte per traffico di droga ed è stato giustiziato nel carcere di Damghan, nel nord del Paese. Le altre esecuzioni sono avvenute nella prigione di Yazd, nell’Iran centrale, dove sono saliti al patibolo tre detenuti colpevoli di stupro e uno di narcotraffico. Nella Repubblica Islamica reati come l’omicidio, lo stupro, il narcotraffico e l’adulterio sono punibili con la pena di morte. Medio Oriente: 3.850 palestinesi arrestati dagli israeliani nel 2012, di cui 880 sono bambini InfoPal, 30 dicembre 2012 Dati ufficiali palestinesi hanno rivelato che nel 2012 le autorità di occupazione israeliane hanno arrestato più di 3.848 palestinesi, tra cui 881 bambini e 67 donne, 11 membri del Consiglio legislativo e nove ex detenuti, che erano stati liberati nell’ambito dell’accordo di scambio del 2011. Oltre a decine di accademici, giornalisti, insegnanti, figure di spicco in campo politico, professionale e della società palestinese. I dati diffusi dal Dipartimento di Statistica presso il ministero degli Affari dei detenuti di Ramallah dimostrano che nell’anno in corso, la media degli arresti mensili è stata di 321 palestinesi, quella giornaliera di 11. Il ministero ha reso noto che gli arresti hanno toccato tutti i segmenti della società palestinese, e hanno riguardato perfino i feriti, i malati e gli anziani. Esso ha sottolineato che “al contrario di quanto dichiara l’occupazione, la maggior parte degli arresti non ha niente a che fare con la questione della sicurezza, bensì si è trattato di mera rappresaglia contro il popolo palestinese e la sua leadership”. Inoltre, i dati dimostrano che gli arresti contro i palestinesi si sono intensificati a partire dal mese di novembre, cioè da quando Israele ha lanciato la sua ultima aggressione contro la Striscia di Gaza. Di fatto, in quel mese, il numero dei palestinesi arrestati ha raggiunto 535, mentre a dicembre, il numero è sceso a 455.